IL VIOLINO.

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    IL VIOLINO

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    Il violino è uno strumento musicale della famiglia degli archi, ha quattro corde accordate ad intervalli di quinta.


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    Si tratta del più piccolo tra i membri della famiglia, capace di realizzare note più acute rispetto agli altri strumenti che la costituiscono. La corda più bassa (e quindi la nota più bassa ottenibile) è il Sol2, il Sol subito sotto al Do centrale (Do3); le altre corde sono, in ordine crescente, il Re3, il La3 e il Mi4.
    Le parti per violino utilizzano sempre la chiave di Sol, detta comunemente chiave di violino. Quando devono essere eseguite note e passaggi particolarmente acuti si usa un'apposita indicazione che avvisa di trasportare le note interessate un'ottava sopra.
    Violinista è colui che suona il violino; l'artigiano che costruisce o ripara strumenti a corde è il liutaio.

    Com'è fatto

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    Le parti del violino [modifica]


    Violino
    La parte risonante del violino è costituita da una scatola cava (propriamente detta cassa armonica o di risonanza), in legno, costruita con grande accuratezza e precisione sia per quanto riguarda i materiali, sia per quanto riguarda le finiture e le dimensioni.
    La cassa armonica dello strumento, di lunghezza standard di 35,6 cm (tra i 34,9 e i 36,2 cm), di forma curva e complessa, (ricorda abbastanza la forma del numero 8), è costituita da una tavola armonica (detta anche piano armonico), di abete rosso e da un fondo, generalmente in acero montano, uniti da fasce in legno d'acero curvato. Il fondo può essere formato da un unico pezzo di legno (fondo unico), oppure da due pezzi affiancati. Le fasce vengono modellate a caldo con un apposito ferro. Sia fondo che piano armonico sono convessi e il loro spessore varia dal centro dei due piani verso il bordo esterno. Le elaborate curvature vengono ottenute con un certosino lavoro di scultura e a pochi millimetri dai bordi (che sporgono dalle fasce) viene intagliata una micrometrica "trincea" in cui viene inserito uno "spessore" formato da tre strati di essenze di legno (generalmente ebano - ciliegio - ebano) chiamato filetto; il filetto ha una funzione di "contenimento" delle fibre impedendo il propagarsi di eventuali crepe del legno dal bordo verso il centro, oltre che abbellire lo strumento sottolineandone le curve.
    Nel piano sono ricavate le uniche due aperture della cassa, due fessure chiamate effe per la loro forma che ricorda esattamente la lettera dell'alfabeto; in origine erano fessure ricurve a "C".
    Internamente, incollata per circa quattro settimi della lunghezza totale della tavola armonica, è situata la catena, un listello in legno di abete, lavorato e sagomato in modo che aderisca perfettamente alla curvatura interna del piano. Essa contribuisce a "distribuire" la pressione generata dalle corde tese (circa 6 kg per corda); in più distribuisce le vibrazioni prodotte dalle corde lungo tutto il piano armonico.
    Tavola armonica e fondo sono collegati tra loro tramite una sottile asticella cilindrica di abete posta all'interno della cassa armonica, detta "anima". Essa è incastrata in una precisa posizione, vicino al "piede destro" del ponticello; serve a trasmettere le vibrazioni al fondo dello strumento e, anch'essa, interviene distribuendo sul fondo la pressione impressa dalle corde. Il posizionamento corretto dell'anima è fondamentale per ottenere la migliore qualità sonora ed il giusto equilibro timbrico e di intensità fra le 4 corde.
    Nella cassa armonica è innestato superiormente il "manico", di acero, che termina nella cassetta dei piroli o cavigliera, ornata superiormente da un fregio ad intaglio chiamato riccio o ricciolo. Sulla faccia superiore del manico è incollata la tastiera, in ebano, sulla quale il violinista premerà le corde con le dita.
    Le estremità superiori delle corde vengono avvolte attorno ai "piroli" o "bischeri" nella cavigliera (che servono a tenderle e modificarne la tensione, quindi all'accordatura). Le corde passano su di un sostegno all'inizio del manico ("capotasto"), scorrono al di sopra della tastiera e si appoggiano sul "ponticello", una lama verticale, in legno di acero, che trasmetterà la vibrazione delle corde al piano armonico. Vanno infine a fissarsi alla "cordiera", collegata, per mezzo di un apposito cavo, al "bottone". Il ponticello ha due funzioni: trasmette le vibrazioni sonore alla cassa armonica, dove vengono amplificate e riflesse, uscendo infine dalle effe; mantiene le corde in una posizione arcuata, permettendo all'archetto di toccarne una sola.
    Il violino nella sua forma moderna è, nella sua essenza quanto mai "antica" ed artigianale (non contiene alcuna parte metallica al di fuori delle corde), una "macchina di precisione" in uno stato di delicatissimo equilibrio: le forme, i vari elementi ed anche i più minuti dettagli costruttivi, oltre alla grande cura nel montaggio, derivano da un affinamento rimasto quasi immutato da più di 500 anni. Le curvature di piano e fondo, la forma della catena e delle "effe" e lo spessore dei legni usati sono determinanti per la qualità e la personalità del suono dello strumento. Su questi parametri si può, in parte, anche intervenire a posteriori: spostare anche solo di un millimetro gli elementi "mobili" come anima e ponticello provoca cambiamenti evidenti: è la cosiddetta "messa a punto" dello strumento eseguita per ottenere caratteristiche sonore ricercate dal violinista o per ottimizzare la resa dello strumento.
    Va ricordato che anche la vernice, a base d'olio o di alcool e ricca di resine vegetali ed ingredienti di origine molto antica, può avere influenza sul suono dello strumento. I liutai sono da sempre alla caccia delle "ricette" giuste per le vernici. Sulla ricerca delle vernici e sulla loro influenza sul suono sono state create varie leggende.



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    Le parti dell'archetto
    Per approfondire, vedi la voce Archetto.
    L'archetto, più spesso semplicemente detto arco, è costituito da un'asticella di legno molto elastico, modellato e curvato a fuoco, ai cui estremi (detti punta e tallone) viene agganciato un fascio di crini di cavallo, tenuto teso da un meccanismo a vite chiamato nasetto. La bacchetta può avere sezione circolare per tutta la sua lunghezza (più frequente negli archi di grande pregio), oppure sezione ottagonale per più di metà arco smussandosi poi alla punta fino a raggiungere la sezione circolare. I crini vengono fatti sfregare sulle corde mettendole in vibrazione e producendo il suono. Per ottenere un maggiore attrito necessario per far vibrare le corde, il violinista passa i crini su di un composto di colofonia (detta comunemente "pece") ed altre resine che lascia sui crini una polvere fine e bianca con un lieve effetto adesivo.
    Materiali adottati
    Come accennato sopra, il piano armonico, la catena, l'anima ed altri piccoli rinforzi interni alla cassa vengono costruiti con l'abete rosso, un legno leggero, ma molto resistente ed elastico, adatto a trasmettere le vibrazioni, che a questo scopo viene selezionato di venatura diritta e regolare (famoso l'abete di risonanza della Val di Fiemme e anche della foresta di Paneveggio, in Trentino e quello della Valcanale e del Tarvisiano in provincia di Udine, utilizzato da secoli per la costruzione di strumenti). Fondo, fasce, manico - spesso anche il ponticello - sono in legno d'acero dei Balcani, un legno duro e più "sordo" il cui compito è quello di riflettere più che di trasmettere il suono; a volte vengono usati anche legni meno nobili come il pioppo, il faggio o il salice. le parti della montatura - come piroli, capotasto, cordiera, reggicordiera, bottone - sono realizzati in legno duro da ebanisteria, soprattutto ebano, palissandro o bosso, capotasto e reggicordiera a volte sono in osso, la tastiera è quasi sempre di ebano, la cordiera a volte è di metallo, plastica o carbonio. Alcuni strumenti antichi, erano rifiniti in avorio o riccamente intarsiati, ma anche oggi alcune parti possono essere rifinite con intarsi in osso o madreperla. La stagionatura dei legni è fondamentale per la qualità del suono e la stabilità dello strumento ed i legni più stagionati sono molto ricercati e quotati.


    Arco barocco in legno serpente


    Punte di archi moderni, il primo in legno ferro, gli altri in pernambuco
    Le corde un tempo erano fatte utilizzando budello animale, soprattutto di pecora, lavato, trattato ed arrotolato a formare un filo: questo genere di corde, con pochi adattamenti tecnologici, venne usato fino alla prima metà del XX secolo. Tali corde sono ancora usate abitualmente nelle "esecuzioni filologiche", nelle quali l'uso di strumenti e tecniche esecutive propri dell'epoca della composizione costituisce uno degli elementi guida dell'interpretazione musicale. Tuttavia, queste corde hanno una tendenza accentuata a perdere l'accordatura in conseguenza alle condizioni esterne (temperatura ed umidità) ed al riscaldamento prodotto dalla mano dell'esecutore, a deteriorarsi e a rompersi con maggior facilità rispetto alle corde moderne.
    Le moderne corde del La, Re e Sol sono dotate di un'anima in fibra sintetica (nylon, rayon, o anche carbonio), oppure in budello, circondata da un avvolgimento di seta e sempre rivestite esternamente con una sottile fascia di metallo (acciaio, alluminio, argento e persino oro) per conferire una maggiore massa all'insieme, così da permettere di produrre le note più gravi mantenendo la corda abbastanza sottile. La corda del Mi (la più acuta, detta cantino) è quasi sempre costituita da un unico sottile filo di acciaio armonico. Le corde con anima sintetica sono oggi utilizzate più frequentemente, dal momento che permettono di ottenere un suono intenso e brillante con maggiore durata e stabilità nell'accordatura. Per contro degradano più rapidamente rispetto a quelle con anima in budello. Il suono delle corde con anima in budello è più potente, caldo e morbido, ma il prezzo di vendita è più alto. La scelta viene generalmente fatta in base alle caratteristiche dello strumento, all'uso che se ne fa, al repertorio che si intende eseguire e alle preferenze individuali dello strumentista.
    Il legno utilizzato per la bacchetta dell'archetto è generalmente di origine tropicale (soprattutto il legno di Caesalpinia echinata chiamato comunemente pernambuco o verzino), ma oggi si sta affermando sempre di più la fibra di carbonio come materiale di ottimo rendimento e prezzo contenuto per la fascia di qualità media. Nel passato venivano anche usati altri tipi di legno, come il legno ferro o il legno serpente (Brosimum guianense), tipici degli archi del periodo barocco.

    Normalmente si scelgono crini di cavalli maschi, per ragioni oggettive: l'urina che bagna la coda della femmina li rende più deboli alla tensione e quindi risulterebbero meno adatti allo scopo.
    Acustica del violino
    È noto da molto tempo come lo spessore del legno e le sue proprietà fisiche incidano grandemente sul suono prodotto da uno strumento a corde come il violino. L'intensità ed il timbro del violino sono determinati dal modo in cui la cassa armonica si comporta da un punto di vista acustico, secondo gli schemi determinati dal fisico tedesco Ernst Chladni. I cosiddetti nodi (che corrispondo ai punti dove non si ha movimento) individuati tramite dei granelli di sabbia sparsi sulle placche mentre queste vibrano a certe frequenze, corrispondono a quello che viene chiamato "schema di Chladni". Questo procedimento di controllo e verifica delle vibrazioni e della risonanza viene utilizzato dai liutai per verificare il lavoro prima di terminare il montaggio dello strumento. La conoscenza della frequenza di vibrazione della tavola armonica e del fondo di un violino, può farsi per via teorica in base alle caratteristiche del legno ed agli spessori dello stesso.
    Dimensioni del violino
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    Un violino 1/16 accanto a un 4/4.
    Un violino di dimensioni standard è denominato intero o 4/4, ed è destinato a suonatori che hanno raggiunto le misure di un adulto; la sua lunghezza complessiva è generalmente di 59 cm, mentre lo standard per la lunghezza della cassa armonica è di 35,6 cm; questa dimensione è una standardizzazione delle esperienze dei costruttori del periodo della liuteria classica, presso i quali può variare dai 34 cm (il cosiddetto "violino 7/8") ai 38 cm. I violini di Antonio Stradivari hanno la cassa armonica lunga più di 36,2 cm nel periodo "sperimentale" (1691-1698), mentre si assestano tra i 35 ed i 35,8 nella maturità.
    I bambini che suonano il violino utilizzano strumenti di dimensioni ridotte, che, pur avendo le varie parti proporzionalmente più piccole, sono funzionalmente identici ai violini di dimensioni normali. Questi strumenti sono realizzati nei tagli di tre quarti (corrispondente a una lunghezza della cassa da 32 a 34 cm), mezzo (da 30 a 32 cm) e così via fino al sedicesimo.
    Occasionalmente, un adulto di piccola corporatura può usare un violino 7/8, anziché uno di dimensioni standard. Talvolta chiamati "violini da donna", hanno una cassa armonica lunga 34-35 cm.



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    Suonare il violino


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    Come si impugna l'arco
    L'arco si impugna con la mano destra all'estremità dove si trova il tallone o nasetto e viene fatto scorrere perpendicolarmente alle corde, circa a metà tra il ponticello e la fine della tastiera, mettendo in vibrazione la corda prescelta.
    L'altezza delle note è controllata dalla mano sinistra, regolando la lunghezza della parte vibrante della corda mediante la pressione delle dita sulla tastiera.
    Diteggiatura e posizioni
    A causa delle sue caratteristiche sonore, il violino non possiede tasti che delimitino il punto di appoggio delle dita[5], come invece avviene su altri strumenti a corda (tasti fissi nella chitarra, mobili nella viola da gamba). L'esecutore deve ottenere la posizione esatta delle dita sulle corde basandosi unicamente sulla propria abilità (la cosiddetta "memoria muscolare"), altrimenti il suono risultante sarà stonato o totalmente sbagliato. I violinisti vi si esercitano costantemente, in parte per addestrare le dita a raggiungere automaticamente la posizione corretta, in parte per migliorare l'abilità nel correggere il più rapidamente possibile eventuali differenze tra la nota desiderata e quella emessa.
    Le dita sono numerate convenzionalmente dal "primo" (l'indice) al "quarto" (il dito mignolo). Il pollice non tocca mai nessuna corda: viene usato solo come supporto per il manico per contrastare la pressione delle altre quattro dita. Le cifre dall'1 al 4 a volte compaiono sulle parti per violino, specialmente nelle edizioni a carattere didattico, per indicare quale dito deve essere usato.
    La posizione basilare della mano sinistra è più vicino possibile al capotasto ed è chiamata prima posizione. In prima posizione si può accorciare la zona vibrante della corda al massimo di un terzo della sua lunghezza, aumentando in questo modo l'altezza della corda di una quinta[6]. Per eseguire note più acute, si fa scorrere la mano sinistra sul manico del violino verso la cassa armonica (in direzione del viso dell'esecutore) e si premono le dita sulla tastiera nella nuova posizione. Il limite delle note alte raggiungibili dal violino è determinato in gran parte dall'abilità dell'esecutore. Un buon violinista può facilmente suonare più di due ottave su di una singola corda, e raggiungere un'estensione di quattro ottave con l'intero strumento.
    I violinisti spesso cambiano posizione sulle corde più basse, anche se ciò a prima vista sembrerebbe superfluo, non per raggiungere suoni particolarmente acuti, che si potrebbero eseguire più facilmente in prima o seconda corda, ma per motivi squisitamente sonori: infatti, questo permette di limitare i "cambi di corda" (cioè il passaggio da una corda ad un'altra) all'interno di una frase musicale in modo tale da rendere il timbro più uniforme, o di ottenere un suono particolare, dal momento che ciascuna corda dello strumento ha un diverso colore sonoro. Si tratta di una scelta interpretativa venuta in uso a partire dalla seconda metà del XVIII secolo[7]. Talora i compositori stessi prescrivono al violinista la corda da utilizzare per un certo passaggio. In altri casi la scelta della posizione è forzata dall'impossibilità di eseguire in altri modi certi accordi o passaggi particolarmente ardui.
    Corda vuota
    Un timbro particolare è quello risultante dal suono della cosiddetta corda vuota, ossia della corda senza che vi si trovi alcun dito della mano sinistra. La corda vuota dà il suono della nota corrispondente (Sol, Re, La, Mi), con una connotazione particolare, derivante dall'assenza dell'azione di smorzamento di un dito e dal fatto che non è possibile l'azione del vibrato[8]. A parte il Sol2 (che non può essere ottenuto in altro modo), le corde vuote vengono generalmente utilizzate per produrre un effetto particolare, oppure per comodità nei passaggi.
    Un effetto abbastanza singolare che viene ottenuto per mezzo della corda vuota è il bariolage. Per realizzarlo, il violinista esegue la stessa nota di una delle corde vuote (necessariamente il Re, il La o il Mi) sulla corda immediatamente più bassa, quindi sposta l'archetto con un movimento rapido ondeggiante, provocando alternativamente la vibrazione della corda vuota e di quella che riporta la pressione del dito della mano sinistra. Il suono ottenuto ha la stessa altezza, ma il timbro della corda vuota rispetto a quella dove si trova il dito risulta diverso. Il bariolage era un accorgimento particolarmente utilizzato da Franz Joseph Haydn che lo ha impiegato, ad esempio, nel suo quartetto d'archi Opera 50 n° 6, e nella Sinfonia n° 45 "Farewell".
    Raddoppio
    Il suono simultaneo di due corde si chiama raddoppio e viene spesso utilizzato dai compositori nella musica folk. Per realizzare un raddoppio è necessaria una grande coordinazione di movimenti e un'elevata precisione nella posizione della mano sinistra e della relativa diteggiatura: l'azione di più di un dito della mano sinistra richiede uno sforzo maggiore e grande esattezza per evitare di produrre una stonatura. A volte è necessario spostarsi su una posizione più alta, per poter posizionare correttamente le dita sulle corde. È possibile anche suonare su tre o su tutte e quattro le corde suonando l'accordo a mo' di arpeggio, ma in questo caso non si può parlare propriamente di raddoppio in quanto il suono simultaneo è ottenibile su non più di due corde (e quindi due note) per volta.
    Pizzicato
    Il pizzicato si ha quando il violinista non utilizza l'archetto ma "pizzica" la corda col polpastrello di un dito della mano destra (solitamente l'indice o il medio) in direzione parallela al ponticello, come l'arco, ma circa a metà della lunghezza della corda, ovvero al di sopra della tastiera. Il pizzicato comporta l'ottenimento di un suono ben diverso da quello prodotto con l'archetto, breve e rapido. Sulla partitura, il ritorno all'uso dell'archetto viene indicato con la parola arco.
    Talvolta il pizzicato può essere eseguito con la mano sinistra. In tal caso si indica con una croce sopra la nota. È possibile anche combinare il pizzicato con la mano sinistra e quello con la mano destra o eseguire il pizzicato mentre si suona con l'arco dando origine ad effetti particolari.
    Un particolare tipo di pizzicato è il pizzicato alla Bartók, che si esegue tirando con forza la corda verso l'alto, producendo un suono più deciso ed energico.
    Vibrato
    Per approfondire, vedi la voce Vibrato.
    Il vibrato è ciò che dà "vita" al suono del violino: senza vibrato il suono risulta molto "asciutto" e inespressivo. È un accorgimento utilizzato praticamente sempre dai violinisti e consiste nella variazione molto rapida, ma contenuta, dell'altezza del suono attorno alla frequenza esatta per esprimere la nota desiderata. Ciò viene ottenuto oscillando leggermente, in avanti e indietro (lungo la direzione della tastiera), il dito che preme sulla corda. Si tratta quindi di una voluta, rapidissima, successione di "stonature".
    Spesso si pensa che il vibrato possa in qualche modo nascondere una leggera stonatura della nota, dal momento che se il tono varia leggermente l'orecchio umano non dovrebbe afferrare eventuali imprecisioni. In realtà alcune ricerche a carattere sperimentale hanno dimostrato il contrario [9]. L'orecchio umano riconosce la media della frequenza di una nota (e delle sue variazioni) eseguita con il vibrato con la stessa precisione con cui riconosce quella di una nota ferma. Non è detto che i risultati ottenuti in condizioni sperimentali siano sempre del tutto compatibili con quanto risulti nelle esecuzioni dal vivo: l'effetto del vibrato, quando i tempi sono rapidi, può comunque mascherare alcune imperfezioni nella posizione e quindi nell'intonazione delle singole note. Tuttavia queste considerazioni hanno una certa importanza nell'ambito dell'insegnamento, che ora mette in guardia l'allievo sul fatto che le note stonate non necessariamente vengono nascoste con il vibrato.
    Non esiste un unico tipo di vibrato: esso è innanzitutto molto personale, dato che si tratta di un qualcosa di prevalentemente istintivo; inoltre il vibrato deve adattarsi al tipo di musica che si sta eseguendo. Se per la musica romantica è richiesto un vibrato abbondante ed energico, per la musica classica è necessario contenersi e trovare un vibrato continuo ma equilibrato. Alcuni generi musicali richiedono un uso limitato del vibrato: fino a non molto tempo fa si riteneva che dovesse essere insegnato come qualcosa di necessario e dato per assunto a meno che lo spartito non richiedesse espressamente il contrario; con l'avvento di uno studio più critico e filologico della musica musica barocca ci si è resi conti che il vibrato anticamente era un effetto, un vero e proprio abbellimento che la convenzione dell'epoca indicava di eseguire in casi ben specifici e non indiscriminatamente su di un intero brano musicale.
    Il vibrato viene anche considerato come un'impronta digitale dei grandi interpreti, proprio per la singolarità fisico/corporea di ogni esecutore che rende il suono personalissimo.
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    Armonici
    Gli armonici possono essere creati toccando la corda con un dito, senza però premerla sulla tastiera. Il risultato è un suono più acuto, dal momento che la presenza del dito blocca la nota fondamentale della corda; per questo la corda deve essere toccata esattamente in corrispondenza di uno dei nodi, con una divisione esatta della corda stessa. Per esempio, precisamente a metà, o un terzo: quando il dito tocca il nodo in uno di questi punti la corda vibra in modo diverso, in questi due esempi, rispettivamente, nelle due metà uguali e nelle due suddivisioni di un terzo e due terzi in cui si divide, risultando in un suono più alto di un'ottava nel primo caso e i di una dodicesima (ottava più quinta) nell'altro caso.
    Gli armonici sono segnati nella partitura con un piccolo cerchietto sopra la nota, che determina il tono dell'armonico stesso. Esistono due tipi di armonici, quelli naturali e quelli artificiali.
    Gli armonici naturali sono del tipo descritto nel primo paragrafo, si ottengono semplicemente toccando la corda con un dito in un punto nodale. Questa tecnica è relativamente facile, quindi adatta sia ai principianti, sia agli studenti di livello intermedio.
    Gli armonici artificiali, invece, sono molto più difficili da ottenere, normalmente sono alla portata soltanto dei violinisti che hanno già raggiunto un buon livello di padronanza con lo strumento e con questa tecnica in particolare. Questo metodo di realizzazione dell'armonico prevede che un dito prema normalmente la corda in un certo punto, per esempio la corda del Re per ottenere un "Mi", con un altro dito che tocchi la corda una quarta più in alto, in questo caso sulla posizione della nota "La". Quando il violinista preme la corda in un punto e la tocca leggermente con il quarto dito nella maniera descritta, viene toccato il nodo che si trova ad un quarto della lunghezza della parte della corda che vibra, provocando la vibrazione della corda in quattro parti, producendo un suono due ottave più in alto della note che viene suonata (nel caso descritto un "Mi"). La distanza tra le due dita deve essere assolutamente precisa, altrimenti l'armonico non suona. Inoltre, anche la pressione dell'archetto, oltre a quella delle due dita deve essere esattamente calibrata, pena la perdita del suono. Questo è il motivo della maggiore difficoltà della realizzazione degli armonici artificiali rispetto a quelli naturali.
    La notazione musicale degli armonici artificiali utilizza di norma due note sulla stessa astina: la nota più bassa utilizza una nota normale che indica dove la corda viene tenuta premuta con il primo dito, mentre la nota più alta utilizza una nota a forma di rombo, che indica la posizione dove la corda viene leggermente toccata con il quarto dito.
    Brani assai elaborati con l'utilizzo degli armonici artificiali si trovano nelle composizioni di tipo virtuosistico per violino, specialmente del XIX secolo e dell'inizio del XX come ad esempio nelle danze rumene di Béla Bartók o la Csárdás di Vittorio Monti.

    Accordatura

    Il violino viene accordato ruotando i piroli (chiamati anche bischeri) nel cavigliere. Dal momento che le corde sono avvolte intorno ad essi, il loro movimento aumenta o diminuisce la tensione. La corda del La viene accordata per prima, generalmente a 440 Hz (nelle orchestre si basano invece su 442 Hz), utilizzando un corista o un diapason; alternativamente si possono usare il tasto corrispondente sul pianoforte o accordatori digitali. Le altre corde vengono accordate in base alla prima, ad intervalli di quinta.
    È possibile installare sul violino delle viti di precisione, che tendono o rilasciano la corda di pochissimo. Questo tipo di accordatura è normalmente più semplice di quanto non lo sia l'uso dei piroli, quindi viene utilizzato in fase di studio dai principianti. In genere queste funzionano meglio e sono più utili per le corde in metallo, dal momento che la tensione è più alta; hanno però il difetto di appesantire la cordiera con qualche effetto negativo sul suono, motivo per cui nei concerti di professionisti questi dispositivi non vengono mai usati. Su molti violini questo ausilio viene utilizzato solo per il cantino (da cui il nome di tiracantino o tendicantino).
    Spesso delle piccole modifiche all'accordatura vengono fatte tirando una corda con un dito, per allentarla leggermente ed assestarla.
    L'accordatura Sol-Re-La-Mi è utilizzata per la stragrande maggioranza dei violini, tuttavia esistono altri sistemi che vengono impiegati occasionalmente, per esempio accordando la quarta corda in La, sia nella musica classica (dove questa tecnica è nota come scordatura) sia in alcuni stili folk.
    Manutenzione

    Violino nella sua custodia
    Ciascun violinista porta con sé le corde di riserva, per sostituirle nel caso in cui una si rompa. È necessario avere il ricambio di tutte le quattro corde, dal momento che le dimensioni differiscono, essendo più spesse le corde corrispondenti alle note più gravi. Con l'utilizzo ed il tempo le corde si degradano. Se suonate molto, il rivestimento esterno si consuma e si ossida oppure il budello viene attaccato dagli acidi del sudore trasmesso dalle dita del violinista. Con il tempo, in ogni caso, il budello si secca ed irrigidisce ed anche le anime delle corde in sintetico ed in acciaio perdono le loro proprietà iniziali. Il costo delle corde varia, così come la qualità della corda influenza il timbro del suono prodotto dallo strumento.
    Man mano che si suona il violino, l'archetto tende a perdere dei crini, per usura degli stessi durante lo sfregamento contro le corde, rendendone necessario un controllo periodico. Se l'arco viene impiegato poco, i crini comunque tendono ad invecchiare e divenire fragili, fino a spezzarsi da soli. Si può inoltre agire sulla tensione dei crini per mezzo di una vite sul tallone, che è la parte terminale dell'archetto, vicino all'impugnatura.
    Il violino di per sé non richiede manutenzione, ma dovrebbe ogni tanto essere controllato da un tecnico e pulito con delicatezza. Inoltre, le parti in legno non verniciato, quali l'ebano della tastiera o il legno sul collo, dovrebbero ogni tanto essere strofinate con un panno morbido bagnato con l'alcool per eliminare le tracce di polvere e sporco, facendo molta attenzione a non toccare la vernice che si macchierebbe gravemente. Una delle componenti di base della vernice è infatti la gomma-lacca che è estremamente solubile in alcool.
     
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  2. gheagabry
     
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    La vita è un pubblico concerto di violino nel quale
    voi dovete imparare a suonare lo strumento man mano che suonate.
    (Edward Morgan Forster)


    Il VIOLINO di STRADIVARI



    Ancora oggi gli strumenti ad arco di Antonio Stradivari sono considerati i migliori al mondo per la bellezza, la forza e la pienezza del suono: dei seicento sopravvissuti fino ai nostri giorni, alcuni sono adorati dai più grandi musicisti, altri quando vengono venduti all'asta realizzano incassi record. Toby Faber, in questo libro che si può definire un vero romanzo della musica, ci coinvolge raccontando la storia della vita di Antonio Stradivari e le vicissitudini di suoi cinque violini e un violoncello: il Khevenhuller, il Viotti-Marie Hall, il Paganini, il Messiah, il Lipinski, il Davidov.
    Nel romanzo, la storia di questi inestimabili strumenti si intreccia con la vita dei grandi musicisti, dei liutai, dei commercianti, dei nobili che li possedettero, li suonarono, li imitarono.
    Questi racconti, molti dei quali sono diventati leggenda, fanno da cornice all'eterno enigma sulla inimitabilità degli strumenti di Antonio Stradivari, per porre nuovamente al lettore le stesse domande: c'è la possibilità che un giorno vengano superati? E soprattutto, cosa li ha resi così speciali? Sin dai tempi di Jean-Baptiste Vuillaume, liutaio parigino noto per l'invenzione dell'ottobasso, gli strumenti ad arco e l'arte della liuteria vengono studiati con l'ausilio di metodi scientifici. Il "Cremonese", in particolare, recentemente è stato sottoposto a test di ogni genere ma solo per metterci di fronte all'ennesimo fallimento della scienza.
    Si è parlato di una "piccola era glaciale" che si verificò in Europa fra il 1645 e il 1715 e che ebbe effetti sulla densità del legno.
    Si è discusso sull'uso di una polvere speciale (studiata tramite una tecnologia che utilizza i raggi x), posta fra il legno e la vernice, che è stata identificata come "terra pozzolana", un tipo di terra vulcanica.
    Si racconta che Stradivari utilizzasse ceppi di legno scartati dalla marina veneziana e quindi impregnati dell'acqua salmastra, e di tante altre affascinanti ipotesi riportate da Faber. In realtà nessuna di queste è stata convalidata dalla scienza. Forse l'unica cosa certa è che nessuno strumento moderno ha avuto la possibilità di "maturare" un tempo abbastanza lungo da poter competere con uno Stradivari?
    O forse, come disse semplicemente Paganini, "Stradivari usava solo il legno degli alberi su cui cantavano gli usignoli"...
    (Grazia Rondini)



    “Il segreto di Stradivari…che cosa sia a rendere unico un violino Stradivari è rimasto a lungo un mistero….nessuna delle imitazioni moderne è mai riuscita ad avvicinare il suo inconfondibile suono. Uno nuovo studio sostiene che la chiave sta nella densità specifica del legno usato che influisce sulle vibrazioni. Stradivari è vissuto nella seconda metà del ‘600, un periodo in cui gli inverni erano più rigidi, le estati brevi, le primavere e gli autunni molto freschi….ciò produsse un cambiamento nel legno degli alberi di acero e di abete che erano usati per forgiare gli strumenti, e cioè fibre più compatte, con anelli di accrescimento ben proporzionati tra loro….Gli strumenti creati da Stradivari nel corso della sua vita sono poco più di 1000….di questi ne rimangono 650 circa…cinquanta dei quali perfettamente funzionanti”



    Svelato uno dei più grandi segreti della Storia della Musica. Dopo 33 anni di ricerche Joseph Nagyvary, dell'università del Texas ha scoperto che il suono meraviglioso degli Stradivari dipenderebbe dal trattamento antitarlo del legno. Un mix di sostanze - fra cui borace (utilizzato come detergente o antisettico), fluoruro, cromo e sali di ferro - che ha interagito con il legno e gli avrebbe conferito il suono ineguagliabile.
    A scoprire il segreto dei grandi artigiani vissuti circa tre secoli fa e' stato il gruppo di ricerca coordinato da biochimico Joseph Nagyvary all'università del Texas. Lo studio è stato pubblicato dalla rivista PlosOne. Il chimico ungherese è arrivato a questa conclusione dopo aver bruciato dei frammenti trattati dal liutaio quattro secoli fa per analizzarne la composizione chimica. Se non avessero sperimentato tutte quelle sostanze insieme per proteggere i loro strumenti musicali dai tarli i maestri cremonesi Antonio Stradivari e Guarneri del Gesù forse non sarebbero passati alla storia per l'unicità dei loro violini. Considerati i migliori strumenti a corda mai creati e stimati a prezzi altissimi, i violini dei due liutai italiani sono stati piu' volte esaminati con tecniche di risonanza magnetica che hanno dato poche risposte.
    Comunemente si ritiene che l'altissima qualita' sia dovuta alle irripetibili doti artigianali degli autori, alla scelta del legno e alla miscela di vernici utilizzate come impregnante.
    Dei circa mille violini realizzati da Antonio Stradivari ne restano 600, valutati circa cinque milioni di dollari ognuno. Degli archi fabbricati dal suo diretto concorrente in vita e in morte, il meno noto Guarneri del Gesu', ne restano 140, ritenuti dagli esperti di eguale valore......."Il borace ha una lunga storia come conservante, fin dagli antichi egizi che lo usavano per la mummificazione" spiega Nagyvary. In pratica, secondo lo studioso sia Stradivari sia Guarneri hanno cercato di trattare i loro violini per proteggerli dall'attacco dei tarli. Ma vi e' stato un effetto "collaterale" e le sostanze avrebbero "influenzato le proprietà meccaniche e acustiche del legno conferendo agli strumenti un suono senza eguali".
    (dal web)



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