PIANETI DEL SISTEMA SOLARE

ASTRONOMIA

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  1. gheagabry
     
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    Il sole li comanda,
    attira tutti quanti, portandoli con sé attorno alla Galassia.
    Duecentomila anni per fare un solo giro, un battito di ciglia,un attimo di tempo.
    Duecento e piú miliardi di stelle tutt'attorno; eppure tutto questo
    non é che un frammento di sabbia nell’immenso.
    Duecento e piú miliardi di galassie, disperse in uno spazio sconfinato.
    Si dice che infiniti gli Universi esistano al di fuori di quel nostro:
    son mondi paralleli dove tutto quel che puoi immaginare é giá avvenuto.
    Eppur sí grande e tanto sconfinato, l’Uomo sta misurando l’ Universo.
    (dal web)


    Alla scoperta di....


    VENERE



    “Splende Espero dalle dita di rosa
    tutte le stelle vincendo;
    e la sua luce posa
    sul salso mare
    e sopra le campagne fiorite,
    e la fresca rugiada discende
    e si aprono le rose
    e i teneri timi
    e il meliloto in fiore”
    [Saffo]



    Venere è il secondo pianeta in ordine di distanza dal Sole ed è anche il più vicino a noi. Spesso viene scambiato per una stella, o addirittura per un disco volante! Esso è visibile nelle vicinanze del Sole, per qualche tempo all'alba e per qualche tempo al tramonto, secondo il ciclo di cui abbiamo già parlato.
    Il pianeta deve il proprio nome al suo aspetto attraente; Venere era infatti la dea della bellezza e dell'amore nell'antica Roma.
    La luminosità di Venere non è dovuta solo alla sua vicinanza al Sole; il pianeta è ricoperto da una spessa coltre di nubi, che riflettono ben il 76 % della luce solare. Tutti i pianeti riflettono una parte della luce del Sole, ma questo è il valore più alto di tutto il Sistema Solare.
    Il pianeta ha dimensioni, massa e densità confrontabili con quelle terrestri. Tuttavia, mentre la Terra è il luogo ideale per lo sviluppo della vita, Venere è decisamente inospitale ....Infatti la sua atmosfera è composta per lo più di anidride carbonica e di acido solforico, un gas altamente tossico per gli esseri viventi.
    L'anidride carbonica è la maggiore responsabile dell' effetto serra, che è presente anche qui sulla Terra: i raggi solari che giungono al suolo non riescono ad essere riflessi all'esterno. Parte di questa radiazione, quella infrarossa, resta intrappolata al di sotto delle nubi e riscalda il pianeta.
    Inoltre il pianeta è vicino al Sole e quindi riceve una maggior quantità di radiazione.
    Per questi motivi su Venere la temperatura raggiunge i 475oC: una temperatura così alta da poter fondere un metallo!
    Inoltre l'atmosfera è composta da elementi "pesanti", quindi la pressione atmosferica è molto alta. Essa raggiunge le 92 atmosfere al suolo, pari alla pressione che c'è a 900 metri di profondità in mare. Un astronauta che si trovasse sul pianeta verrebbe schiacciato immediatamente.
    Venere non possiede né satelliti né anelli. Il pianeta si muove intorno al Sole lungo un'orbita quasi circolare, alla distanza di 108 milioni di chilometri; una rivoluzione completa dura 225 giorni terrestri.



    Gli antichi però non sapevano nulla di ciò che accade sul pianeta Venere e fin dalle ere primitive era la stella delle dolci confidenze. La prima beltà celeste che ispirava gli innamorati con la diretta impressione che il soave irraggiamento dell’astro produce sull’anima contemplativa.
    Per i Sumeri, Venere era Colei che mostra la via alle stelle. Dea della sera, favoriva l’amore e la voluttà; dea del mattino, presiedeva alle operazioni di guerra e alle stragi.
    Era figlia della Luna e sorella del Sole. Mostrandosi all’alba e al crepuscolo, si presentava come un legame fra le divinità del giorno e quelle della notte. Perciò suo fratello era il Sole e sua sorella la dea degli inferi. Dalla sua parentela con il Sole, di cui era sorella gemella, provenivano le sue qualità guerriere: era detta la valorosa o la Signora delle battaglie. Tutto questo in quanto stella del mattino. Ma in quanto stella della sera, era influenzata da sua madre, la Luna, che predominava facendo di lei la divinità dell’amore e del piacere. I sigilli assiri, come le pitture del palazzo di Mari (secondo millennio) le danno come attributo il leone. Nella letteratura religiosa la si chiama talvolta leone furioso o leonessa degli dei del cielo.
    In quanto dea dell’amore, regina dei desideri o anche colei che anima il godimento e la gioia, il suo culto si associava alla prostituzione sacra.
    Il suo mito comporta una discesa agli inferi, il che spiega il senso iniziatico del simbolismo venusiano: un re di babilonia la chiama colei che al levare e al tramontar del Sole rende buoni i miei presagi.
    Presso gli Assiri e i Sumeri, appare nei sogni ed emette profezie sull’esito delle guerre: «io sono l’Ishtar d’Arbela - dice la dea in un oracolo di Asarhaddon - davanti a te, dietro di te io marcerò, non temere niente!». Fra i suoi attributi figurano l’arco e la freccia, simboli di sublimazione.
    Il pianeta Venere è estremamente importante presso le antiche civiltà del Centro America e segnatamente presso i Maya e gli Aztechi, sia per l’organizzazione del calendario sia per la loro cosmogonia, intimamente legate. Presso gli Aztechi, gli anni venusiani si contavano a gruppi di 5, corrispondenti a 8 anni solari.
    Venere rappresentava Quetzalcoatl, risuscitato all’est dopo la sua morte all’ovest. Il dio del Serpente Piumato, in questa reincarnazione, era rappresentato come un arciere, temuto lanciatore di malattie, o come dio della morte, con il viso coperto da una maschera a forma di teschio. Non bisogna dimenticare che si tratta di un aspetto della dualità simbolica, morte e rinascita, contenuta nel mito di Quetzalcoatl. Il ciclo diurno di Venere, che appare alternativamente all’est e all’ovest (stella del mattino e stella della sera) ne fa un essenziale simbolo della morte e della rinascita. Queste due apparizioni del pianeta alle due estremità del giorno spiegano come la divinità Azteca Quetzalcoatl potesse anche essere chiamata il prezioso gemello.
    I Maya concepivano l’universo come inscritto in una grande piramide appoggiata sul dorso di un coccodrillo impegnato a nuotare nel mare cosmico. Quattro divinità, poi, sostenevano il firmamento, che era raffigurato come un grande drago a due teste, il cui corpo, una grande striscia celeste, recava incise le stelle. Fra cielo e terra si muovevano il Sole, la Luna e la brillante Venere.
    L’origine del Sole e di Venere, tra l’altro, era collegata al mito di due gemelli che avevano sconfitto i signori della morte in una partita a palla, e che si erano poi trasformati nei due corpi celesti.
    L’associazione di Venere con il Sole fa talvolta di questo astro divinizzato un messaggero del Sole, un intercessore fra questo e gli uomini. Così avviene presso gli indios Gherente del Brasile per i quali il Sole ha due messaggeri: Venere e Giove.
    Chasca, nella mitologia Inca, era il pianeta Venere, noto come il giovane dai lunghi e ricci capelli. Chasca era adorato come paggio del Sole che assisteva il dio nel suo sorgere e tramontare.
    In Asia, i Buriati vedono in quest’astro lo spirito tutelare dei loro cavalli. Gli fanno offerte in primavera quando marchiano i puledri e tagliano la coda e la criniera ai cavalli adulti. Venere, per questo popolo di pastori nomadi, è il pastore celeste che guida il suo gregge di stelle. Il ratto rituale della fidanzata si ricollega al suo culto.
    Per gli Ienisseiani è la più antica delle stelle e protegge tutte le altre.
    Secondo un leggenda degli Yakuti, è una vergine superba che ha le Pleiadi come amanti.
    Gli antichi Turchi la chiamavano Arlig (il guerriero, il maschio) o anche la Stella di luce e Coholban (il brillante, lo splendente).
    In Australia Venere, come stella del mattino, conosciuta dagli aborigeni come Barnumbir, era un importante segno per un popolo che si levava all’alba per accingersi alla caccia. Secondo la tradizione della Arnhem Land, Barnumbir aveva paura di annegare, così fu legata con un lungo laccio tenuto da due vecchie donne. La corda le impediva di salire troppo alta nel cielo e di annegare nel fiume della Via Lattea. All’alba le donne più vecchie la portavano in salvo in un cesto intrecciato.
    Barnumbir è anche identificata con Bralgu, l’isola della morte dove, quando una persona muore, il suo spirito è condotto. Da qui la cerimonia della stella del mattino è una importante parte dei rituali funerari, dove Barnumbir è rappresentata da un totem, un tronco con un mazzetto di piume bianche e lunghe corde terminanti in più piccoli mazzetti di piume a suggerire i raggi di luce.
    Nella civiltà classica, la divinità appare in ogni mitologia dotata delle migliori attrattive: non si vede quali ornamenti potrebbero rivaleggiare con quelli di Afrodite, protettrice dell’imene e prototipo perfetto di bellezza femminile. Sotto il suo simbolo regna nell’essere umano la gioia di vivere, nella festa primaverile dell’inebriamento dei sensi, come nel piacere più raffinato e spiritualizzato dell’estetica. Il suo regno è quello della tenerezza e delle carezze, dei desideri amorosi e della fusione spirituale, dell’ammirazione felice, della dolcezza, della bontà, del piacere e della bellezza, della pace del cuore...Era popolarmente ritenuta composta da due corpi separati: Lucifero (Eosphorus) come stella del mattino ed Espero come stella della sera.
    Nell’antica Roma, Venere rappresentava il fascino ed il desiderio sensuale; a lei era dedicata la primavera (la festa delle Veneralia cadeva il primo aprile).
    Nel mito greco, Afrodite nasce dalla schiuma del mare fecondata dal seme di Urano evirato dal figlio Crono (il nome Afrodite deriva da aphrs, schiuma e il suo soprannome Anadyomene significa colei che emerge dal mare) sulle coste dell’isola di Cipro e come attributo aveva il rame, ed il legame tra il rame ed il pianeta Venere è rimasto anche nell’alchimia.
    Il mondo degli astri, per l’alchimista, non è uno spazio vuoto nel quale splendono lontani corpi celesti, ma una sfera vivificata da entità possenti e piena di segni misteriosi per l’uomo comune. L’alchimia tende a far agire, sotto forma di metalli, le immagini terrene delle forze del cielo ed in funzione di questa aspirazione cerca di sollevare, insieme con i metalli che si purificano, anche l’uomo che li lavora. Ecco perché i simboli delle stelle e quelli dei metalli sono comuni all’alchimia ed all’astrologia.
    Il culto della dea dell’amore nell’accezione erotica è di origine pregreca: secondo Platone c’erano due differenti personificazioni dell’amore, una volgare (Aphrodite Pandemia), l’altra celeste (Aphrodite Urania). Essa era inoltre la protettrice della fertilità (Venus Genetrix a Roma).
    Venere è presente anche nei miti dei Nativi Americani.
    La mitologia degli indiani Pawnee è complessa e contiene molti riferimenti al cielo, al quale affidano un ruolo di primo piano nella creazione del mondo. Tirawahat è il dio supremo, padre e signore dell’universo che comanda i movimenti degli astri. Ha imposto il matrimonio fra la Stella del Mattino e la Stella della Sera (il pianeta Venere era da loro erroneamente distinto in due corpi), unione dalla quale è nata la donna. L’uomo era nato dall’unione di Sole e Luna. Alla Stella del Mattino era dedicato un rito che prevedeva il sacrificio di una giovane prigioniera, la quale, dipinta di rosso e di nero ad indicare il confine tra giorno e notte, viene trafitta con le frecce che la invieranno verso la Stella del Mattino, suo sposo celeste.Sempre tra i Pawnee si racconta come la Stella del Mattino sorveglia le anime dei morti mentre percorrono la Via Lattea.
    Tra i Pueblos si racconta di Cacciatore di cervi e di Fanciulla Grano Bianco, due giovani bellissimi che non avevano occhi che l’uno per l’altra. Un giorno la fanciulla morì, ma il giovane non volle lasciarla partire sola ed insieme sono stati trasportati in cielo, Cacciatore di Cervi come Venere (per la prima volta in senso maschile) e Fanciulla Grano Bianco come Mercurio.


    ......viaggiare.....


    La Piccola Stella


    La Luce Intermittente si intensificava ad ogni miglio spaziale che percorrevamo, ma non riuscivamo a capire da dove arrivasse.
    Ci fermammo a chiedere informazioni all’Orsa Maggiore, che sorrise e ci suggerì di seguire semplicemente il Sentiero Illuminato.
    Eravamo vicini al Sole Tramontante, che brillava di Bagliori Incandescenti, con i suoi Raggi che aspettavano l'Aurora per spandersi come Spade di Luce nelle mani di un Angelo Guerriero, quando ci accorgemmo di qualcosa che a sua volta brillava di Luce Propria.
    Era Venere. La Stella della Sera, viene chiamata. Dove dimorano gli Angeli del Mattino, che la proteggono con uno strato di Nuvole intense, quasi una fitta foschia, come quella che avvolge il Golden Gate di San Francisco nei timidi Mattini di Primavera.
    La sua luminosità, la faceva sembrare una Piccola Stella in attesa che il riflesso dell'Armonia Solare, la accarezzasse e la scaldasse, rendendola ancora più brillante.
    Noi la guardavamo sospesi a mezz’Aria, travolti da vortici di statiche Emozioni, intensificate dall’elettricità dei Fulmini che si abbattevano sulla sua superficie, spinti da Nuvole di Grazia.
    Arrivò finalmente l’Alba. Il Sole la raggiunse donandole il Calore che aspettava, surriscaldando la sua Atmosfera, composta da Acqua Evaporata.
    I Raggi del Sole la coccolavano dolcemente, alimentando la sua Luce che splendeva di bianco perlato, facendo sì che divenisse il Pianeta più Luminoso dell’ Universo.
    Il Viaggiatore sorrise.
    E il nostro Viaggio tra le Stelle continuò.





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    Il Pianeta Venere



    Venere e’ il secondo pianeta del sistema solare piu’ vicino al Sole e il pianeta piu’ vicino a noi. Il suo nome trae origine dalla sua bellezza. Venere, infatti, appariva agli antichi come il piu’ brillante tra i pianeti conosciuti e come l’oggetto piu’ luminoso in cielo, dopo il Sole e la Luna, osservabile ad occhio nudo. Per questa ragione gli diedero il nome "Venere", la Dea dell’amore e della bellezza per gli antichi romani.
    Le sue dimensioni e la sua massa sono paragonabili a quelle della Terra. Tuttavia, a causa della vicinza al Sole, Venere presenta una temperatura media superficiale di circa 500 gradi centigradi, molto piu’ elevata della temperatura media terrestre (di poche decine di gradi). L'elevata temperatura e' anche dovuta alla presenza di una grande quantita' di anidride carbonica presente nell'atmosfera del pianeta, che causa l'effetto serra, con conseguente riscaldamento della superficie. Oltre all'anidride carbonica, l'atmosfera di Venere e' costituita da ossido di carbonio, e acido solforico. Una simile atmosfera risulta per gli esseri viventi assolutamente irrespirabile.
    Venere si muove attorno al Sole ad una distanza di 108 milioni di chilometri, compiendo una rivoluzione completa ogni 225 giorni circa. Nella Tabella vengono riportate alcune caratteristiche fisiche di Venere.



    Distanza dal Sole 108 milioni di km (0,72 AU*, ossia 0.72 volte la distanza Terra-Sole)
    Diametro 12.104 km (0,95 volte il diametro della Terra)
    Massa
    4,7 x 1024 kg (0,80 volte la massa della Terra)
    Temperatura
    490 °C





     
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  2. gheagabry
     
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    I mille colori di Venere…




    di Marco Castellani, Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)-Osservatorio Astronomico di Roma


    E’ bella come un quadro, si potrebbe dire! Questa immagine di un emisfero di Venere è centrata sul polo nord del pianeta, ed è stata realizzata utilizzando più di dieci anni di osservazioni radar, culminate negli anni 1990-1994 nella missione Magellano.

    La instancabile sonda ha infatti acquisito immagini per più del 98% del pianeta. E’ proprio un mosaico di immagini di Magellano (la maggior parte delle quali ha una illuminazione dalla parte ovest) a formare la struttura di base del “dipinto” qui presentato. Alcune parti mancanti ai dati della sonda Magellano sono stati riempite con immagini ottenute con il radiotelescopio di Arecibo, in una regione centrata grosso modo sugli zero gradi di latitudine e longitudine, e altrove utilizzando toni grigi.

    L’immagine così composta è naturalmente a falsi colori, lavorata in modo da enfatizzare i dettagli e le caratteristiche più minute. Inoltre è stata codificata con colori appropriati per visualizzare l’elevazione. Alcuni dati mancanti riguardo le altitudini sono stati riempiti con valori ottenuti dalle sonde Venera russe, nonché dalle missioni Pioneer.

    Nel complesso, un ottimo esempio di fruttuosa cooperazione nell’ottenere uno splendido (e pittorico) risultato!

    NASA Press Release
     
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  3. gheagabry
     
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    Il vero mistero del mondo è il visibile, non l'invisibile.
    Oscar Wilde



    SATURNO




    Saturno è il secondo pianeta per grandezza dopo Giove, al quale assomiglia per molti aspetti. È uno dei pianeti più noti, grazie al suo spettacolare sistema di anelli che lo rende così caratteristico.

    Il pianeta orbita intorno al Sole ad una distanza di un miliardo e 429 milioni di Km, completando una rivoluzione in 29,5 anni: ogni stagione dura 7 anni terrestri. Esso ruota rapidamente attorno al suo asse: il giorno su Saturno dura solo 10 ore e 39 minuti.
    Anche Saturno è un pianeta gassoso, ed è il più "leggero" di tutti. La sua densità è di appena 0.7, minore di quella dell'acqua: se esistesse un oceano abbastanza grande da contenerlo, esso galleggerebbe!
    A causa della bassa densità e della rapida rotazione, Saturno è un pò schiacciato. La forza centrifuga dovuta alla rotazione, infatti, spinge verso l'esterno le regioni del pianeta che ruotano più velocemente, cioè quelle più vicine all'equatore, producendo una forma schiacciata ai poli.
    Il pianeta ha un colore giallastro, dovuto alle nubi che lo ricoprono. Come su Giove, anche su Saturno ci sono tempeste e vortici...L'atmosfera di Saturno è composta soprattutto di idrogeno ed elio, con un po' di metano, ammoniaca e vapore acqueo. Vi soffiano venti fortissimi, con velocità anche di 1.800 Km all'ora!
    Sotto l'atmosfera sta un grande strato di idrogeno liquido, come quello di Giove, e un piccolo nucleo solido al centro.Come Giove, anche Saturno non possiede una vera e propria superficie. Non c'è separazione tra atmosfera e interno del pianeta: scendendo verso il centro, si incontra gas sempre più denso e caldo.
    Saturno ha una massa pari a 95 volte quella della Terra. Come Giove, anch'esso si sta contraendo lentamente, generando energia. La temperatura nel centro è di 12.000 gradi...La sua somiglianza con Giove non finisce qui: anche Saturno possiede un campo magnetico molto intenso, con le polarità invertite rispetto a quelle del campo magnetico terrestre.
    Saturno possiede almeno 18 satelliti, dei quali il più grande è Titano. Esso è il secondo più grande satellite del Sistema Solare, dopo Ganimede...Titano è l'unico satellite del Sistema Solare a possedere un'atmosfera piuttosto densa. Essa contiene azoto e composti del carbonio, uno degli elementi che costituiscono le cellule degli esseri viventi, e la sua pressione è simile a quella dell'atmosfera terrestre.

    Prima che la Cassini arrivasse alla sua meta il sistema di Saturno era stato visitato solamente da tre sonde: Pioneer 11 (1979), Voyager 1 (12 novembre 1980) e Voyager 2 (25 agosto 1981). La sonda Voyager 1 esplorò da vicino il satellite Titano nel 1980, ma non riuscì a studiarne la superficie, in quanto si presentò nascosta da una fitta coltre di nubi.
    Le due missioni Pioneer aprirono la luce su che cosa si trovava oltre Marte, in quanto nessun occhio elettronico aveva mai fatto luce così da vicino ai pianeti esterni e il Telescopio Spaziale Hubble era di là da venire d'un decennio. I due Pioneer presero varie immagini, fecero misurazioni e iniziarono a dare risposte, ma è solamente con i Voyager 1 e 2 che la planetologia ha cominciato a fare i primi passi da gigante.



    .......i suoi anelli.......





    Saturno deve l'attenzione con la quale è stato scrutato nel corso dei secoli alla spettacolarità degli anelli che lo circondano. Questa struttura è la più appariscente tra quelle di questo tipo conosciute nel Sistema Solare. Composta da una miriade di anelli concentrici disposti su di uno stesso piano.
    Quando gli anelli compaiono di profilo, essi si riducono a una linea diritta e sottile per poi sparire del tutto, indicando in tal modo uno spessore valutabile a pochi chilometri. Sulla natura e sulla composizione degli anelli si sono formulate molte ipotesi. Uno degli argomenti più controversi verteva sul problema di stabilire se gli anelli fossero corpi solidi o sciami di particelle separate tra loro. La questione ha potuto essere risolta quando è stato possibile effettuare una misura della velocità dei margini esterni degli anelli stessi. Intatti, se gli anelli fossero stati dei corpi solidi essi avrebbero girato attorno a Saturno in modo simile a quanto fa una ruota rispetto al proprio asse: con una velocità lineare maggiore ai margini esterni rispetto a quelli più interni e vicini al pianeta.. Qualora invece gli anelli avessero avuto una struttura non omogenea di tipo particellare, allora, secondo le leggi di Keplero, le particelle costituenti il margine interno di ogni anello e quindi la parte della struttura più vicina a Saturno, avrebbero dovuto avere un moto più rapido di quelle poste al margine esterno. L'analisi degli spettri di Saturno e dei suoi anelli ha evidenziato come le parti esterne degli anelli si muovano con una velocità inferiore a quella delle parti più interne e come ogni sezione di ciascun anello abbia una velocità pari a quella che avrebbe un satellite del pianeta posto a quella distanza.Alcuni scienziati ipotizzarono una teoria piuttosto interessante secondo la quale nella fase embrionale della nascita di Saturno, una parte del gas della nebulosa che circondava il pianeta si condensò a formare particelle separate fra di loro, che si disposero poi ad anello attorno al pianeta stesso.
    Attualmente però la teoria accolta con maggiore favore ritiene che queste particelle siano i frammenti di uno o più satelliti disintegratisi per azione delle forze gravitazionali di Saturno. Secondo questa teoria, un satellite o un planetesimale si sarebbe tanto avvicinato a Saturno da cadere sotto l'influenza del suo forte campo gravitazionale. La parte del satellite più prossima al pianeta avrebbe teso a muoversi, nel suo moto di rivoluzione, più velocemente di quella esterna e quindi il satellite avrebbe collassato disintegrandosi.
    Questo evento produsse lo sciame di frammenti che poi assunse la caratteristica distribuzione appiattita ad anello per effetto delle proprietà orbitali e gravitazionali di Saturno.
    A complemento di questa ipotesi, alcuni modelli ipotizzano che gli anelli siano ancor oggi in una fase evolutiva e quindi si generino nuove particelle per collisione e frammentazione di particelle maggiori; altri modelli invece ritengono urti e collisioni estremamente improbabili e quindi il sistema sarebbe da ritenersi stabile
    Saturno ha un peso specifico inferiore a quello dell'acqua, ciò significa che potrebbe galleggiare in un ipotetico oceano in grado di contenerlo.





    Non credo che l'universo si possa spiegare solo con cause naturali,
    e sono costretto a imputarlo alla saggezza e
    all'ingegnosità di un essere intelligente.
    Isaac Newton



    ..... nella storia......


    Il primo astronomo ad osservarne la forma peculiare fu Galileo, che nel 1610 non riuscì a risolvere completamente la figura del pianeta circondato dai suoi anelli. Inizialmente il pianeta gli apparve accompagnato da altri due corpi sui lati, e pertanto lo definì "tricorporeo". Con le osservazioni successive - e l'uso di strumenti più sofisticati - la variazione dell'angolo visuale degli anelli gli mostrò via via aspetti diversi, che lo spinsero a chiamare bizzarro il pianeta. Galileo nei suoi schizzi ipotizzò varie soluzioni per la forma di Saturno, fra cui anche possibili anelli, che tuttavia erano tangenti la superficie del corpo celeste. Nei secoli successivi Saturno fu oggetto di studi approfonditi: nel 1649 un costruttore di telescopi marchigiano Eustachio Divini pubblicò per la prima volta una illustrazione dettagliata degli anelli di Saturno, successivamente nel 1655 l'astronomo Christiaan Huygens fu il primo ad intuire la natura anulare dei corpi visti da Galileo attorno al pianeta, e scoprì anche il satellite Titano. Giandomenico Cassini nel 1675 fu il primo a ipotizzare la natura degli anelli e vi individuò la prima suddivisione o lacuna, che ancora oggi porta il suo nome. Inoltre scoprì altre quattro lune saturniane: nel 1671 Rea, nel 1672 Dione e Teti nel 1684. La natura "granulare" degli anelli fu dimostrata per via teorica nel 1859 dal fisico scozzese James Clerk Maxwell.



    Nella Fisica Aristotele espone la sua concezione dell'universo, che concepisce diviso in due mondi qualitativamente diversi:
    il mondo terrestre, chiamato mondo sublunare, che comprende la Terra; esso è costituito da quattro elementi: la terra e l'acqua che, essendo pesanti, hanno un movimento rettilineo verso il basso, l'aria e il fuoco che, essendo leggeri, hanno un movimento verso l'alto. I due elementi più pesanti tendono a posizionarsi verso il centro dell'universo, costituendo il globo terracqueo; due elmenti leggeri costituiscono l'atmosfera che circonda la Terra. Il mondo sublunare è imperfetto e corruttibile, è il mondo del divenire e dei cambiamenti;
    il mondo celeste o sopralunare, che comprende la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno ed il cielo delle stelle fisse. Esso è costituito da un quinto elemento (o essenza): l'etere, che è invisibile, eterno ed inalterabile.
    Tutti i cieli sono retti da intelligenze divine.
    L'universo aristotelico era unico, chiuso, finito e limitato (limite = perfezione).




    La mia teoria scientifica preferita è quella
    secondo la quale gli anelli di Saturno
    sarebbero interamente composti dai bagagli andati persi nei viaggi aerei
    MARK RUSSEL



    ......nella mitologia.....



    Nella mitologia occidentale è presente con forza la figura del Padre Tempo, il Crono degli antichi Greci. Le parole "cronologia", "cronico" e così via derivano da questo nome. Crono era associato al pianeta Saturno (nome latino dello stesso dio), la più lontana "stella mobile" (pianeta) visibile a occhio nudo dai Greci e dai Romani.
    “Questo un secolo fu purgato, e netto,
    D'ogni malvagio, e perfido pensiero,
    Un proceder leal, libero, e schietto,
    Servando ogn'un la fe, dicendo il vero.
    Non v'era chi temesse il fiero aspetto
    Del giudice implacabile, e severo;
    Ma giusti essendo allhor, semplici, e puri,
    Vivean senz'altro giudice securi.”


    Ovidio – Metamorfosi

    Così Ovidio descrive l’Età dell’Oro nel libro I delle celebri “Metamorfosi.
    Il concetto di questo periodo aureo compare per la prima volta nel poema “Le opere e i giorni”di Esiodo poeta greco dell’VIII secolo a.c.
    Qui Esiodo tenta di dare un supporto etico al racconto mitologico teorizzando le Età dell’Oro, dell’Argento, del Bronzo, degli Eroi ed infine del Ferro che coinciderebbe ancora con il mondo attuale.
    Senza addentrarci nell’interessante resoconto esiodico ci interessa ora capire i significati di questa epoca prima, l’età aurea, il cui nostalgico ricordo, decantato da grandi filosofi e poeti greci come il già citato Ovidio e da Platone, arriva fino ai nostri giorni.
    Questa Età dell’Oro è il tempo associato a Cronos, dio greco che transita nella mitologia italica associandosi al latino Saturno, divinità delle messi e dell’abbondanza la cui sposa è Opi, dea della fertilità.

    Saturno è simbolo stesso e governatore dell’età aurea: colui che regna e garantisce quest’epoca mitologica di giustizia, misura, abbondanza e soddisfazione.
    Un periodo, si racconta, in cui era sempre primavera, in cui uomini e dei vivevano insieme, non vi era alcuna distinzione sociale, né necessità alcuna di regolamenti e leggi poiché gli uomini erano retti e rispettosi per natura e ciò permetteva loro di vivere in perfetta armonia con la natura e con gli altri uomini tanto da permettersi di non lavorare affatto nutrendosi dei frutti che la madre terra, in eterna pienezza della sue grazie, spontaneamente offriva loro.

    Si racconta poi nel poema di Esiodo come, passando attraverso le altre epoche, sia infine arrivata l’ultima generazione umana ancora vivente sulla terra nell’Età del ferro, un’epoca, ci racconta il poeta, in cui la natura umana è innatamente malvagia e l’unica possibilità di conquista della rettitudine è il lavoro che Esiodo mette in relazione soprattutto con l’agricoltura.
    Nella simbologia e nella pratica dell’Alchimia Saturno mantiene per certi versi il carattere di una divinità giustiziera ma portatrice col tempo, di cui peraltro è maestro supremo, di durature ricchezze.
    Il dio dell’Età dell’Oro è connesso appunto con il Tempo: delle stagioni, dei cicli naturali e dunque anche con l’Agricoltura.
    Anche nella conoscenza astrologia il mito saturniano è per eccellenza archetipo del tempo che passa, plasmando, con i suoi grandi cicli, definitivamente la vita dell’uomo.
    Nella pratica cabalistica Saturno è associato, come peraltro nell’astrologia, alla pelle, alle ossa e a tutti i limiti esterni del corpo sui quali si incidono e si leggono i segni e gli avvenimenti del tempo.
    Eppure nell’immaginario popolare il mito di Saturno è evocato come una presenza nefasta e malefica, la sua influenza sul carattere altro non provocherebbe che un’inguaribile depressione con tendenze all’avarizia e a vivere in generale un’esistenza parca, costellata di dispiaceri e disgrazie.
    Nel nostro sistema solare infine il pianeta Saturno è una soglia che spalanca il viaggiatore su distanze davvero cosmiche percorse dai pianeti che si trovano oltre la sua cintura e rappresentate dalle fasce esterne del sistema solare, ultimi cancelli verso la fucina delle stelle.





    ...Saturno e la storia di Shan...



    Un giorno, il grande re Akbar riunì nel suo palazzo i più illustri pandit e studiosi di Astrologia e li invitò a inscenare un dramma in cui i sette pianeti avrebbero descritto le proprie caratteristiche e potenze. Alla fine della rappresentazione il re e la sua corte avrebbero potuto decretare chi fra i pianeti messi in scena fosse davvero degno di venerazione più di ogni altro.
    Al dio-pianeta che fosse risultato più convincente nell’illustrare l’estensione e la forza del proprio potere, il re e il suo popolo avrebbero da quel giorno in poi tributato onori speciali e offerto sacrifici propiziatori.
    Sfilarono così davanti al re e ai suoi dignitari i cinque pianeti e i due luminari del nostro sistema solare.
    Ciascuno di essi fu di volta in volta avvincente e convincente, tanto che nella sala delle udienze non si sentì volare una mosca, se non, al termine di ciascuna presentazione una sorta di rimbombo: Ohhh, è di certo lui il più potente!
    A Saturno toccò inscenare l’ultimo atto, siccome si era iniziato dal più giovane per terminare col più venerando.
    Vestito di un saio bruno, Shani incede lento e severo, scandisce bene ogni parola e descrive gli eventi tristi e gli scenari malinconici che si sono immancabilmente prodotti al suo passaggio negli oroscopi da lui transitati.
    Termina infine il suo racconto rievocando quella prima volta che gli toccò visitare l’oroscopo di Shiva e come, per riguardo al Signore dell’universo, egli credette fare cosa giusta avvisarlo con qualche giorno d’anticipo del suo transito imminente.
    “Signore, m’inchino umilmente al tuo cospetto e ti annuncio formalmente che nei prossimi due anni e mezzo sarò costretto a transitare nella parte più sensibile del tuo tema natale. Questa è la legge”.
    Sentendosi così apostrofato mentre usciva tutto sgocciolante dalla sua quotidiana abluzione nel Gange, e stava quasi per andargli incontro festoso, Shiva si arrestò di colpo.
    Come si permette quel pianetucolo cogli anelli d’apostrofarmi in questo modo? Si stizzì subito il Mahadeva, supremo sposo della Shakti divina.
    “Fai come ti pare. Ma tu sai chi sono io? Io sono il tuo Signore così come il Signore di tutto, il creatore e il distruttore di ogni cosa che sta in aria, nella terra e nell’acqua.” E così dicendo brandì il suo Tridente, col gesto di allontanare un questuante invadente e inopportuno.
    “Signore, io volevo umilmente annunciare il mio improrogabile transito” ritorse Shani, piegando il suo busto ossuto in un breve inchino.
    E tosto si allontanò incurvato sotto il peso della sua funzione.
    La sua veste oscura era appena scomparsa all’orizzonte che Mahadeva ebbe un attimo di ripensamento.
    Improrogabile? Ma come osa?
    Certo, però, quell’apparizione e le parole pronunciate non presagivano nulla di buono.
    “E se, puta caso, riuscisse davvero a indispettirmi?” Si chiese Mahadeva: “…e se mette zizzania fra me e la mia temperamentosa consorte, oppure sparla di me con Brahma e Vishnu, i miei saccenti fratelli sempre pronti a incolparmi per ogni misfatto compiuto nel mondo degli umani, che corrono a implorare la loro protezione a ogni piè sospinto?”
    Fatta questa breve ma vigile riflessione, il signore Shiva si tuffò nel Gange con l’intenzione di restarci per la durata di due anni e mezzo del transito annunciato dall’antipatico Shani.
    In caso di malanni o distruzioni in uno qualsiasi dei tre mondi, avrebbe potuto onestamente giurare ch’egli non c’entrava, per una volta.
    Trascorso il periodo predestinato, Shani tornò sul luogo del loro primo incontro con l’intenzione di accomiatarsi e ribadire la necessità di un loro successivo appuntamento al termine del ciclo appena iniziato.
    Lo trovò ancora un po’ zuppo ma sereno sulla riva erbosa del Gange.
    “Vedi bene che il tuo passaggio non mi ha torto un baffo” lo apostrofò impettito Mahadeva.
    “Vedo, Signore, ma, con tutto il rispetto, chi ti ha costretto a stare per due anni e mezzo a mollo nell’acqua?“
    Fu così che alla corte del Re Akbar si decretò che Shani era il più potente e meritevole di sacrifici.
    Io mi chiedo ancora se vinse per il timore che era riuscito a instillare persino nel Signore dei tre mondi, oppure se risultò più convincente degli altri pianeti solo perché aveva parlato per ultimo.
    - leggenda indiana -



    La prova che nell'universo esistono
    altre forme di vita intelligente...
    è che non ci hanno ancora contattato.
    Bill Watterson






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    Tutto l'universo cospira
    affinché chi lo desidera con tutto sé stesso
    possa riuscire a realizzare i propri sogni.
    Paulo Coelho



    MERCURIO




    Mercurio è il pianeta più vicino al Sole; a causa di questa sua vicinanza, è difficile osservarlo. Infatti il pianeta è visibile, molto vicino al Sole, soltanto poco prima dell'alba o subito dopo il tramonto, nelle notti molto serene. Nel resto del tempo, è oscurato dalla luce solare.
    Il pianeta non si allontana mai troppo dal Sole e quindi non è visibile a notte fonda. Il movimento di Mercurio è assai rapido: anticipa il Sole rendendosi visibile all'alba, poi ritarda diventando serotino e torna di nuovo ad essere visibile all'alba nel giro di 117 giorni.
    La sua orbita di rivoluzione attorno al Sole è fortemente ellittica.
    Il suo diametro è di circa un terzo rispetto a quello della Terra e la sua densità è all'incirca quella della Luna.
    Anticamente si credeva che l'emisfero illuminato è visibile dalla Terra fosse sempre il medesimo. Solo negli anni Sessanta, le prime osservazioni radar compiute con il radiotelescopio di Arecibo a Puerto Rico, mostrarono che il pianeta ruota su sè stesso con un periodo pari a due terzi del periodo di rivoluzione, vale a dire in 58 giorni, ne consegue che l'emisfero illuminato non è sempre lo stesso.
    Mercurio, a differenza degli altri pianeti terrestri, come la Luna è praticamente privo di atmosfera. Ciò è dovuto alla piccola massa ed alla elevata temperatura, che gli impediscono di trattenere le sostanze gassose costituenti l'atmosfera con la conseguente dispersione nello spazio.
    L'alta densità media di Mercurio, seconda solo a quella terrestre, indica l'esistenza di un grosso nucleo di ferro e nichel che si estende per circa sette decimi del raggio del pianeta, rendendo Mercurio il pianeta più ricco di ferro di tutto il Sistema Solare.
    Mercurio è anche l'unico pianeta terrestre, oltre alla Terra, a possedere un campo magnetico dipolare, di intensità pari a circa un sesto di quello terrestre, il che implica la presenza di una zona fluida elettricamente conduttrice posta intorno al nucleo del pianeta, il cui spessore è tuttora ignoto.
    Grazie alle osservazioni radar, sembra che i poli del pianeta siano ricoperti da ghiaccio, nonostante l'assenza di atmosfera e le temperature registrate indichino la cosa poco probabile.





    ....nella storia.....



    Le osservazioni più antiche del pianeta di cui si ha traccia storica sono riportate nelle tavole MUL.APIN, eseguite probabilmente da astronomi assiri intorno al XIV secolo a.C. Il nome utilizzato per designare Mercurio in tali testi, redatti in scrittura cuneiforme, è trascitto come Udu.Idim.Gu\u4.Ud ("il pianeta saltellante"). Le registrazioni babilonesi risalgono al I millennio a.C. I Babilonesi chiamarono il pianeta Nabu (o Nebo), dal messaggero degli dei nella loro mitologia.
    Gli Egizi ed i Greci assegnarono a Mercurio - come anche a Venere - due nomi: uno come stella della mattino, l'altro come stella della sera. Per gli Egizi, alle due apparizioni corrispondevano rispettivamente Seth, un dio nefasto che veniva scacciato dalla luce accecante del Sole nascente, ed Horo, un dio benigno, associato alla figura del faraone e dello Stato. Nella tradizione greca, invece, sono rintracciabili due coppie di nomi per Mercurio. La più antica, attestata nell'epoca di Esiodo (fine dell'VIII, inizio del VII secolo a.C.), consistette in Στίλβων (Stilbon, "il brillante"), come stella del mattino, ed Ἑρμάων (Hermaon), come stella della sera. Successivamente, tali denominazioni furono sostituite da Apollo ed Hermes, rispettivamente. Alcune fonti attribuiscono a Pitagora (intorno al 500 a.C.) la comprensione del fatto che si trattasse di un unico pianeta, altre invece propendono per un periodo più tardo, intorno al 350 a.C.
    Tolomeo, nel II secolo a.C., scrisse della possibilità che Mercurio transitasse dinanzi al Sole nelle Ipotesi Planetarie. Suggerì che nessun transito era stato fino ad allora osservato o a causa delle dimensioni del pianeta, troppo piccolo perché il fenomeno risultasse osservabile, o perché l'evento era poco frequente.
    Nell'Antica Cina, Mercurio era conosciuto come Chen Xing (辰星), la Stella delle Ore. Era associato con il Nord e l'elemento dell'acqua nel Wu Xing.

    Nel trattato di astronomia indiano del V secolo, Surya Siddhanta, è fornita una stima del diametro di Mercurio con un errore rispetto al valore oggi noto inferiore dell'1%.
    Galileo Galilei compì le prime osservazioni telescopiche di Mercurio all'inizio del XVII secolo. Sebbene fosse riuscito nell'osservare le fasi di Venere, il suo telescopio non era sufficientemente potente da permettergli di cogliere anche quelle di Mercurio, che furono scoperte nel 1639 da Giovanni Battista Zupi, fornendo la prova definitiva che Mercurio orbita intorno al Sole. Nel 1631, intanto, Pierre Gassendi era stato il primo ad osservare un transito di Mercurio innanzi al Sole, secondo le previsioni fornite da Giovanni Keplero.





    ..........una curiosità.........



    Facciamo un salto indietro nel 1846, quando il matematico ed astronomo francese Urbain Le Verrier stupisce il mondo scientifico con una rivelazione mozzafiato: per la prima volta nella storia umana viene scoperto un pianeta... senza vederlo![...]Le Verrier era ormai considerato (a ragione) un grande nome del suo tempo: ci prese così gusto che decise di occuparsi anche dei “difetti” di Mercurio.
    Dopo che Newton aveva stilato la sua legge sulla gravitazione universale (1687), vennero aggiornate tutte le carte astronomiche, constatando che ciò che diceva Newton si adattava perfettamente alle osservazioni già fatte sui pianeti... tranne che a Mercurio. Questo, infatti, non si comportava sempre come avrebbe dovuto, ed ogni previsione che lo riguardava risultava errata di un giorno o anche di sole poche ore. Come mai?
    Sin dal ’700 gli astronomi si scervellavano cercando spiegazioni, finché il 1859 Le Verrier fece la sua dichiarazione pubblica: il “giochetto” che gli era riuscito con Urano, poteva essere ripetuto con Mercurio, e quindi l’unica spiegazione era che i “difetti” di quest’ultimo pianeta erano dovuti alla presenza di un altro pianeta, che Le Verrier chiamò Vulcano.
    Il mondo scientifico andò in visibilio: un pianeta nuovo di zecca proprio... nel giardino di casa propria!
    Ma ora veniva la parte difficile: stabilito cosa cercare, bisognava cercarlo e, infine, trovarlo. La cosa difficile era che questo pianeta poteva esser visto solo durante le eclissi solari, e quindi in momenti ben precisi e non così frequenti.
    Ma non si doveva attendere molto: il dottor Edmond M. Lescarbault (medico di professione, astrononomo per passione) contattò Le Verrier e disse di aver già “visto” il pianeta Vulcano il 26 marzo 1859. Le Verrier, euforico, piombò a casa del medico e gli chiese di fargli vedere gli appunti dell’osservazione. Lescarbault, però, gli rispose che non aveva i soldi per la carta, e che quindi segnava tutto col gesso su una lavagna, cancellando man mano. Però aveva buona memoria, e così fece un resoconto su quello che ricordava di aver visto... In Le Verrier prevalse più l’entusiasmo che il rigore scientifico, e tanto gli bastò!
    La notizia fece il giro del mondo, e tutti gli astronomi (ma soprattutto astrofili) entrarono in fermento.
    Il cappellano di Londra, B. Scott, tuonò dalle pagine del Times rivendicando la paternità del pianeta: lui l’aveva osservato già nel 1847, ma quando aveva contattato l’Astronomical Society gli avevano riso in faccia! Addirittura sulle stesse pagine rispose il direttore dell’Astronomical Society, scusandosi per l’accaduto e chiedendo quindi che venisse data a Scott la paternità della scoperta.
    C’era solo un problema: il pianeta visto da Scott era più grande di quello che Lescarbault ricordava di aver visto... Che ci fosse un altro pianeta ancora? La cosa venne subito messa a tacere...
    Intanto Johann Rudolf Wolf, direttore dell’Osservatorio di Zurigo, si gettò negli archivi per trovare tracce di osservazioni fatte in passato. Ne trovò addirittura 21. Comunicò i dati a Le Verrier, il quale fece i calcoli dell’orbita e tirò fuori una data per il successivo passaggio di Vulcano davanti al Sole: fra il 29 marzo ed il 7 aprile 1870. In quei giorni, gli occhi di tutti gli astronomi e astrofili del mondo furono puntati verso il sole: nessuno vide nulla!...Le Verrier, nel suo scarsissimo rigore scientifico, scartò tutte le osservazioni a suo sfavore, e tenne conto solo di quelle a suo favore: il risultato fu che il pianeta Vulcano esisteva sicuramente.
    Rifece i calcoli e stabilì un’altra data nella quale Vulcano sarebbe stato visibile: 24 marzo 1873. Ma ancora una volta, nessuno vide nulla!
    L’interesse scemò rapidamente, visto che questo pianeta era un po’ troppo sfuggente. Finché nel 1876 non ci furono altri avvistamenti, e Le Verrier tornò a gridare a gran voce. Fece altri calcoli ed avvertì la comunità scientifica di guardare il cielo fra il 2 ed il 3 ottobre 1876... ma per l’ennesima volta nessuno vide nulla! Ma, per sicurezza, lo scienziato chiese di osservare anche il 9 ed il 10 ottobre... ma nessuno vide nulla!
    Come si era riacceso velocemente, l’interesse si spense con altrettanta velocità. Quando anche nel marzo 1877 le osservazioni fallirono, in Europa finì l’argomento Vulcano: forse esisteva, ma non c’era modo di calcolarne l’orbita. Quell’anno, Le Verrier morì, convinto di aver regalato alla cività ben due pianeti invisibili...





    ........nella mitologia.....



    Nella mitologia indiana, Mercurio era identificato con il dio Budha, che presiedeva il Mercoledì. Nella mitologia germanica e norrenna, il pianeta ed il giorno erano dedicati al dio Odino (Woden, in germanico). I Maya potrebbero aver rappresentato il pianeta come un gufo (o forse come quattro gufi, due che ne esprimevano le caratteristiche mattutine e altri due per quelle serali), che recava messaggi all'oltretomba.

    Mercurio, nella mitologia Romana, era il dio dei commerci, dei viaggi e dei ladri. Il pianeta, dai Greci, ha ricevuto due nomi diversi: Apollo, come stella del mattino, e Ermete, come stella della sera. Gli astronomi greci sapevano però che i due nomi si riferivano allo stesso oggetto. Probabilmente ha ricevuto questo nome a causa del suo rapido moto attraverso cielo.



    L’universo, per quanto possiamo osservare,
    è una macchina immensa e meravigliosa.
    (George Santayana)





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    La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l’Astronomia.
    L’uomo s’innalza per mezzo di essa come al di sopra di sé medesimo,
    e giunge a capire la causa dei fenomeni più straordinari.
    (Giacomo Leopardi)



    URANO




    Urano è il settimo pianeta del Sistema solare, in ordine di distanza dal Sole, il quarto per massa e il terzo, dopo Giove e Saturno, come dimensioni; il suo diametro è circa 4 volte più grande di quello della Terra. Urano, come Giove, Saturno e Nettuno, è un pianeta gassoso o gioviano. Ha 15 satelliti principali e due sistemi di anelli.
    A differenza degli altri pianeti del Sistema solare, il cui asse di rotazione risulta quasi perpendicolare al piano dell'orbita, Urano (come Plutone) ha un asse di rotazione pressoché parallelo al piano orbitale. Nel moto del pianeta attorno al Sole, dunque, ciascuno dei due poli resta esposto alla luce solare per un tempo pari alla metà del periodo di rivoluzione (che ha una durata di circa 84 anni). Una prima conseguenza di questo fatto sono le variazioni estreme delle condizioni meteorologiche stagionali nelle regioni polari, che ricevono ininterrottamente la luce solare diretta per circa 40 anni. Nonostante il prolungato irraggiamento solare ai poli, la temperatura media si mantiene su valori più elevati nella regione equatoriale del pianeta.
    A causa dello stato fluido della materia, la velocità di rotazione di Urano non è uniforme in tutti i suoi punti. La massa del pianeta è pari a circa 14 volte e mezza quella della Terra, ma la sua densità è solo un quarto di quella terrestre. La forza di gravità sulla superficie di Urano risulta dunque paragonabile a quella del nostro pianeta (analogamente a ciò che avviene su Saturno e Nettuno) ed ha una intensità di poco inferiore (circa il 10%) a quella del campo terrestre. Per fare un esempio, un oggetto che sulla Terra pesasse 100 chili, su Urano ne peserebbe 90.
    Urano ha una composizione simile a quella di Nettuno ed è costituito principalmente da ghiaccio e roccia, con circa il 15% di idrogeno e una piccola parte di elio. Esternamente al nucleo è presente un mantello liquido composto principalmente di ghiaccio, metano e ammoniaca (spesso 7.500 km), quindi un'atmosfera gassosa (spessa 7.600 km) formata essenzialmente da idrogeno ed elio, con un piccola parte di metano e tracce di altri gas, acqua e ammoniaca. La parte più esterna dell'atmosfera è costituita da nubi di colore blu-verde, formate da piccoli cristalli di metano che provengono dalle regioni interne più calde e congelano una volta raggiunti gli strati più alti dell'atmosfera. Al di sotto di questo strato visibile potrebbero esserci nuvole di acqua e cristalli di ammoniaca.
    Attorno a Urano orbitano numerosi satelliti, di cui 15 sono quelli considerati principali. I dieci satelliti interni sono più piccoli e molto scuri. I cinque maggiori, Ariel, Umbriel , Titania , Oberon e Miranda , sono più esterni, formati da roccia e ghiaccio, e mostrano sulla superficie tracce di forte craterizzazione e attività geologica interna





    L’astronomia costringe l’anima a guardare oltre
    e ci conduce da un mondo ad un altro.
    (Platone)



    ...nella storia.....



    Le antiche popolazioni conoscevano tutti i pianeti del Sistema solare visibili ad occhio nudo, ma non potevano spingersi oltre. Credevano pertanto che l'ultimo pianeta del Sistema solare fosse Saturno.
    Urano, il primo pianeta scoperto in tempi moderni, osservato per la prima volta da William Herschel mentre stava sistematicamente scandagliando il cielo con il suo telescopio il 13 Marzo 1781. Il pianeta era stato scoperto anche prima, ma ignorato perché scambiato con una stella (la prima osservazione registrata risale al 1690 quando John Flamsteed lo catalogò come 34 Tauri). Herschel lo chiamò "the Georgium Sidus" (il pianeta giorgiano) in onore del suo patrono, il re George III d'Inghilterra; altri lo chiamarono "Herschel". Il nome "Urano" fu proposto per la prima volta da Bode seguendo la tradizione di attribuire ai pianeti nomi della mitologia greca, ma questa denominazione non entrò in uso prima del 1850.

    Quando nel 1781 fu scoperto Urano. gli astronomi conclusero che doveva esistere un altro pianeta ancora più lontano, poiché qualcosa stava esercitando una forte perturbazione gravitazionale sull'orbita di Urano. Chiamarono questo qualcosa Pianeta X. La ricerca del Pianeta X portò all'identificazione di Nettuno, ma Nettuno da solo non era sufficiente per produrre l'effetto perturbativo osservato sull'orbita di Urano. Il Pianeta X era ancora là fuori, da qualche parte....
    Tra i vari nomi proposti, ci furono Astrea, Cibele, Nettuno (poi assegnato al successivo pianeta), Hypercronius, Transaturnis, Austräa (una dea menzionata da Ovidio) e soluzioni di compromesso come Nettuno di Giorgio III o Nettuno di Gran Bretagna. Il nome Urano, in linea con la tradizione di attribuire ai pianeti nomi della mitologia greca, fu proposto dal tedesco Johann Elert Bode, editore del Berliner Astronomisches Jahrbuch, e venne ufficialmente riconosciuto in tutto il mondo scientifico nel 1850. Tra il 1787 e il 1948 vennero individuati i 5 satelliti principali di Urano.
    Il sistema di anelli interno fu scoperto invece il 10 marzo 1977 da James L. Elliot, Edward W. Dunham e Douglas J. Mink grazie all'osservatorio volante Kuiper Airborne Observatory. Gli anelli di Urano furono i primi ad essere stati scoperti dopo quelli di Saturno e la cosa permise di capire che questa particolare struttura non era una prerogativa esclusiva di quel pianeta.
    L'unica sonda spaziale ad aver sorvolato Urano (a circa 80.000 km dalla cima delle nuvole esterne) è stata il Voyager 2, il 24 gennaio 1986. Essa rilevò direttamente la presenza del sistema di anelli interno e individuò i dieci satelliti interni.

    Mentre i nomi degli altri corpi del Sistema solare derivano dalla mitologia classica, quelli dei satelliti di Urano discendono dai personaggi delle opere di Shakespeare e Pope.





    .....nella astrologia.....



    Urano fa parte dei pianeti moderni. Rappresenta il progresso, la tecnica e le scienze.
    E' un pianeta multiforme, generazionale, rivoluzionario, anticonformista e la sua lettura non è facile.
    Urano si differenzia dagli altri pianeti per la sua rotazione che si muove al contrario.
    Spinge a un ragionamento autonomo, superando pregiudizi e tabù.
    Urano è simbolo di libertà mentale, spirituale e fisica. Se positivo è associato all'umanesimo e alla filantropia. Ma in negativo, è caos e paura.
    Nel tema della nascita, Urano è fonte di motivazioni dal desiderio di distinguersi dalla massa, di rivoluzionare qualcosa attorno a sè.
    Urano è il pianeta della trasformazione personale, che può avvenire per mezzo di cambiamenti improvvisi. Urano governa il segno dell'Acquario.



    Filastrocca dei pianeti fa che volino i miei piedi,
    fa che nuoti nell’abisso del brillante cielo fisso,
    fammi scintillare ancora con le stelle dell’aurora,
    dopo Giove con Saturno fa che brilli il buio intorno,
    ma sul volto di Nettuno non c’è l’orma di nessuno,
    arrivati su Plutone trovo sconosciute zone, regna un vuoto, una vertigine…
    Basta ora, può bastare voglio dunque ritornare,
    puoi fermare questo volo sento d’esser troppo solo.
    - Davide Del Duca -





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    da lussy

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    Kepler 78b, il pianeta che somiglia alla Terra

    Rispetto al nostro pianeta, Kepler 78-b è molto più vicino alla sua stella, assorbendo molto più calore. Tuttavia è il pianeta la cui massa e densità è più simile a quelle della Terra.

    kepler-78b-e-la-terra-638x425
    n foto: La massa della Terra confrontata con quella di Kepler 78-b
    E' anche grazie agli studiosi dell'Inaf che Kepler-78b è stato osservato e studiato fino a diventare uno dei pianeti più somiglianti alla Terra. Nature ha descritto il pianeta in due articoli: si trova a 700 mila anni luce dalla Terra, gira intorno alla propria stella in appena 8 ore (mentre il nostro impiega un anno) e ha una temperatura media di circa 2700 gradi Celsius. Tuttavia, ricorda Giovanni Bignami, Presidente dell'Inaf, "mai si era arrivati così vicini ad individuare un pianeta di massa e densità simili a quelli della Terra. Una dimostrazione di come la caccia agli esopianeti si stia affinando e di quanto sia stata corretta la scelta di installare lo spettrometro Harps al Telescopio Nazionale Galileo, mettendolo nelle condizioni di guardare lo stesso emisfero del satellite Kepler, usando sinergicamente due tecniche per rilevare pianeti extrasolari".

    kepler-78b-e-la-sua-stella
    Rappresentazione grafica di Kepler 78-b davanti alla sua stella. Il tempo di rivoluzione intorno a Kpeler è solo di 8 ore – a differenza dell'anno della Terra – per via dell'orbita molto ristretta e ravvicinata intorno alla stella.

    Kepler-78b è stato individuato dal satellite americano Kepler prima che un problema dei suoi giroscopi lo mettesse fuori uso. Successivamente è stato lo spettografo HARPS-N del Telescopio Nazionale Galileo nelle Canarie a proseguire le rilevazioni di Kepler e a fornire ulteriori dettagli sui pianeti mostrati dalla sonda americana. HARPS-N, a differenza del suo omologo istallato sulle Ande cilene, si trova nell'emisfero settentrionale e si presenta dunque più congeniale all'osservazione della costellazione del Cigno e della Lira, entro la quale si trovano i circa cento candidati individuati da Kepler. Al momento si stima che siano miliardi i pianeti simili alla Terra.

    http://scienze.fanpage.it/

     
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  7. gheagabry
     
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    "Vi è in Marte un mondo intiero di cose nuove da studiare, eminentemente proprie a destare la curiosità degli osservatori e dei filosofi, le quali daranno da lavorare a molti telescopi per molti anni."
    (Giovanni Schiaparelli, Il pianeta Marte, 1893)


    MARTE


    Marte è il quarto pianeta del Sistema Solare. Deve il suo nome al dio romano della guerra, forse a causa del suo colore rosso "pianeta rosso". Il suolo di Marte è infatti ricco di ossidi di ferro, che gli danno il caratteristico colore.
    Marte è uno dei pianeti più piccoli del sistema solare: il suo diametro misura 6.840 Km (poco più di metà di quello terrestre) e la sua massa è circa un decimo di quella della Terra. Orbita intorno al Sole ad una distanza media di circa 228 milioni di chilometri (la Terra dista dal Sole circa 150 milioni di chilometri) con una traiettoria molto eccentrica, il cui piano orbitale è inclinato di 1,85° rispetto all'eclittica. Percorre la sua orbita in 687 giorni terrestri, mentre ruota attorno al proprio asse in 24 ore e 37 minuti: il giorno marziano ha più o meno la stessa durata del nostro.
    Il pianeta ha un ciclo stagionale come il nostro. Lo si nota dalla presenza di due calotte di ghiaccio sui poli del pianeta. Queste calotte sono composte di acqua e anidride carbonica ghiacciate e la loro dimensione varia con le stagioni.
    La temperatura media su Marte varia da 14 gradi sotto zero durante l'estate marziana a -120 in inverno, con una media di 40 sotto zero. L'acqua non è presente allo stato liquido sul pianeta, ma solo in forma di ghiaccio.
    L'atmosfera marziana è molto sottile. Essa è composta quasi del tutto da anidride carbonica, con tracce di azoto e pochissimo ossigeno. Nell'atmosfera è sospesa una polvere contenente ossidi di ferro.
    Sulla superficie marziana ci sono i canali, cioè delle scanalature molto lunghe e larghe, come il letto asciutto di un fiume. Questo fa pensare che l'acqua sia davvero esistita in passato sul pianeta.
    Le tempesta di sabbia su Marte sono un fenomeno molto violento e frequente: una tempesta può oscurare la superficie del pianeta anche per mesi. Le prime sonde ad atterrare su Marte sono state le Viking 1 e 2, lanciate nel 1975 per raccogliere informazioni sul suolo e sull'atmosfera di Marte. Le ricerche ebbero risultati controversi, ma in nessun caso confermarono la presenza di vita.

    Gli astronomi del secolo scorso si accorsero che sulla superficie di Marte comparivano delle macchie scure attorno a questi canali; l'aspetto delle macchie variava nel corso dell'anno. Essi pensarono che i canali fossero dei fiumi e le macchie fossero zone ricoperte di vegetazione. Forse il pianeta ospitava la vita! Questa credenza si diffuse molto rapidamente e diede origine al mito della vita su Marte. In realtà oggi sappiamo che le macchie sono depositi di sabbia, spostati dai fortissimi venti che soffiano sul pianeta.
    Nell'estate del 1996 è stata diffusa una notizia che ha attirato l'attenzione di moltissima gente. Su un pezzo di roccia proventiente da Marte, caduto in Antartide circa 13.000 anni fa e trovato nel 1984, sono state trovate le tracce fossili di un organismo simile ad un batterio. L'organismo sembra avere un'età di 3.6 miliardi di anni.Questa scoperta potrebbe indicare che in passato una qualche forma di vita potrebbe essere esistita su Marte.

    CHESLEY BONESTELL ©
    Marte possiede due satelliti naturali: Phobos e Deimos. Entrambi i satelliti vennero scoperti da Asaph Hall nel 1877. I loro nomi, Paura e Terrore, richiamano la mitologia greca secondo la quale Phobos e Deimos accompagnavano il padre Ares, Marte per i Romani, in battaglia. Non è ancora chiaro come e se Marte abbia catturato le sue lune. Entrambe hanno un'orbita circolare, prossima all'equatore, cosa piuttosto rara per dei corpi catturati. Tuttavia la loro composizione suggerisce proprio che entrambe siano oggetti simili ad asteroidi.
    Phobos è la maggiore delle due lune misurando 26,6 km nel suo punto più largo. Si presenta come un oggetto roccioso dalla forma irregolare, segnata da numerosi crateri tra cui spicca per dimensioni quello di Stickney che copre quasi metà della larghezza complessiva di Phobos.
    Deimos invece è la luna più esterna e piccola essendo di 15 km nella sua sezione più lunga. Essa presenta una forma approssimativamente ellittica e, a dispetto della sua modesta forza di gravità, trattiene un significativo strato di regolite sulla sua superficie, che ne ricopre parzialmente i crateri facendola apparire più regolare rispetto a Phobos. Analogamente a quest'ultimo inoltre, Deimos, presenta la stessa composizione della maggior parte degli asteroidi.
    Deimos e Phobos ruotano intorno a Marte rivolgendo al pianeta sempre la stessa faccia, come fa la Luna con la Terra. Questo avviene perché essi impiegano lo stesso tempo a compiere una rotazione ed una rivoluzione. Questo fenomeno è molto comune tra i satelliti del Sistema Solare. Il restringimento dell'orbita di Phobos è da ricercarsi nella interazione mareale del satellite con il rigonfiamento equatoriale di Marte. In capo a 50 milioni di anni Phobos si sarà avvicinato a tal punto a Marte da essere distrutto dalla forza di gravità del pianeta, i detriti si manterranno sull'orbita di Phobos formando un sottile anello di detriti attorno al pianeta allo stesso modo degli anelli di Saturno.

    ...nella storia...



    Dopo Venere, Marte è il pianeta più facilmente individuabile dalla Terra per via della grande luminosità relativa e del caratteristico colore rosso. Per questo motivo già le popolazioni di area grecoromana lo associavano all'immagine di Ares/Marte, dio della guerra. Tra i primi a descrivere delle osservazioni di Marte si ricorda Aristotele il quale ne notò anche il passaggio dietro alla Luna ottenendo così un prova empirica della concezione di un universo geocentrico. Il 13 ottobre 1590 Michael Mästlin osserva l'unica occultazione documentata di Marte da Venere presso la città tedesca di Heidelberg. Nel 1609 Galileo fu il primo uomo a puntare un telescopio verso Marte.
    Il primo ad osservare Marte al telescopio fu Galileo nel 1610. In quell'anno Marte fu all'opposizione il 19 ottobre nella costellazione dei Pesci con una magnitudine di -2,5. Il rudimentale strumento di Galileo mostrò un piccolo disco senza dettagli, tuttavia Galileo scoprì che Marte non era perfettamente circolare ma presentava il fenomeno delle fasi. La scoperta delle fasi di Marte fu comunicata da Galileo al Padre Benedetto Castelli il 30 dicembre dello stesso anno. La scoperta della fase di Marte fu un'ulteriore prova per il modello eliocentrico di Copernico. Fu solo il 28 novembre del 1659 che, grazie alla migliore qualità dei telescopi, Christian Huygens (1629 - 1695) riuscì per primo a scorgere qualche dettaglio sulla superficie di Marte. Le prime scoperte importanti su Marte furono compiute da Gian Domenico Cassini (1625 - 1712) che nel 1666 determinò il periodo di rotazione di Marte in 24 ore e 40 minuti (3 minuti superiore al valore vero) e scoprì le bianche calotte polari del pianeta: un punto in comune con la Terra. Sempre Cassini nel 1672 riuscì a dare la prima stima attendibile della distanza Terra - Sole. Con questo dato il diametro di Marte risulta di soli 6.200 Km (contro i 6.787 Km delle misure attuali). Questo valore è già una buona stima e, con una certa delusione, ci si ritrova con un Marte molto più piccolo della Terra.
    Da questo momento in poi Marte perde di interesse per gli astronomi del tempo e viene "dimenticato" fino alla seconda metà del 1700. Infatti, nella celebre opera divulgativa di Bernard le Bovier de Fontenelle (1657 - 1757) "Entretiens sur la pluralitè des mondes" pubblicata nel 1686, Marte viene liquidato in poche righe..
    << Marte non ha nulla di particolare che io sappia. I suoi giorni sono leggermente più lunghi di quelli della Terra e i suoi anni ne valgono due dei nostri all'incirca. É cinque volte più piccolo di noi e vede il Sole un pò meno grande e meno vivace di come lo vediamo noi>>
    Poco più avanti si accenna al fatto che Marte non ha lune (Phobos e Deimos furono scoperti solo nel 1877). Nessun accenno a possibili abitanti di Marte, mentre nel resto del libro Fontenelle parla degli abitanti di Luna, Mercurio, Venere, Giove e Saturno (Urano, Nettuno e Plutone non erano ancora stati scoperti).
    Fu solo sul finire del XIX secolo che attente osservazioni e il miglioramento della tecnologia permisero di ottenere una visione sufficientemente nitida da distinguere le caratteristiche del suolo marziano. Il 5 settembre 1877 si verificò un'opposizione perielica e in quell'anno l'astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, in quel momento a Milano, utilizzò un telescopio di 22 cm per formulare la prima mappa dettagliata di Marte la cui nomenclatura è ancora oggi quella ufficiale. Ne risultarono strutture che l'astronomo definì "Canali" (successivamente venne dimostrato che si trattava di illusioni ottiche) in quanto la superficie del pianeta presentava diverse lunghe linee alle quali egli attribuì nomi di celebri fiumi terrestri. L'errata traduzione in inglese del termine "canali" usato nei lavori di Schiaparelli (venne usato il termine "canal" − canale artificiale − piuttosto che "channel", generico) portò il mondo scientifico a credere che su Marte vi fossero canali irrigui artificiali, mentre effettivamente lo scienziato aveva solo parlato di grandi solchi sulla superficie. Influenzato da queste traduzioni l'astronomo statunitense Percival Lowell fondò un osservatorio, il Lowell Observatory, dotato di un telescopio di 300 e 450 mm che venne usato nella particolarmente favorevole opposizione del 1894 e nelle successive. Pubblicò diversi libri su Marte e le sue teorie sull'esistenza di vita sul pianeta, basate anche sull'origine artificiale dei canali, ebbero una notevole influenza sull'opinione pubblica.

    ....nella mitologia....


    Gli antichi lo vedevano come il simbolo di un dio feroce e violento, il dio della guerra. Il nome del pianeta deriva da quello dell'omonima divinità romana, in latino Mars, corrispondente del dio greco Ares, dio della guerra. Il pianeta deve probabilmente la sua identificazione con il dio greco al suo caratteristico colore rosso, associato al colore del sangue sparso sui campi di battaglia. Tra i latini e gli altri popoli italici, Marte era venerato anche con altri nomi, tra cui Marmor, Mamers, Maris, Marpiter o Marspiter. I nomi dei due satelliti di Marte, Deimos e Phobos, significano in lingua greca, rispettivamente "terrore" e "paura", e rappresentano gli aspetti spaventosi della guerra, impersonata dal dio.
    Nella mitologia romana arcaica, Marte era il dio della fertilità, della natura, del tuono e della pioggia. Dio "guida" per gli uomini, fu poi associato il dio greco Ares. Marte era il dio della primavera, periodo nel quale si tenevano le principali celebrazioni a lui dedicate, e presiedeva all'agricoltura in generale. In quanto marito di Rea Silvia e padre di Romolo e Remo, fondatori di Roma, questo dio assumeva per i Romani grande importanza, anche in considerazione della loro inclinazione alla guerra e alle arti "marziali", appunto. Fu in suo onore che i Romani chiamarono "Marzo" il primo mese, periodo dell'inizio della primavera.

    I sacerdoti-astronomi babilonesi identificarono Marte in Nergal, il signore della «terra di non-ritorno», della guerra e della pestilenza.
    In astrologia Indiana Marte è chiamato Mangala ed è rappresentato da diverse divinità, tra cui Skanda, creato per sconfiggere il demone Tarakasura, che stava distruggendo il mondo e che aveva fatto l’accordo di poter essere sconfitto solo da un bambino. Tradizionalmente, Mangala aveva occhi rossi, era volubile, liberale, bilioso collerico e snello di corporatura. Iniziatore dell’azione, era l’archetipo del potere e dell’autorità. Aveva la potenza di sconfiggere il nemico, ma non era considerato un compagno adatto agli umani.

    ...miti e leggende...


    Marte fu oggetto di attento studio al telescopio da parte di Sir William Herschel (1738 - 1822). Herschel, in base alle sue osservazioni compiute fra il 1777 e il 1783 ipotizzò che le calotte di Marte fossero composte da ghiaccio d' acqua come le calotte polari terrestri, osservò che Marte aveva una propria atmosfera e determinò l' inclinazione dell' asse polare di Marte trovando un valore di circa 28 gradi (4 gradi in più del vero). Il valore dell' inclinazione dell' asse non è troppo diverso da quello terrestre e Herschel dedusse, giustamente, che le stagioni su Marte sono simili a quelle terrestri, solo due volte più lunghe. Se a questi dati si aggiunge che i due pianeti hanno quasi la stessa durata del giorno e che le macchie scure della superficie venivano interpretate come distese d' acqua, si arriva a capire come si cominciò a vedere Marte come "un' altra Terra", probabilmente abitata. L' idea di un Marte abitato si diffonde rapidamente fra gli studiosi, ma deve ancora radicarsi fra la popolazione. Nel 1802 il grande matematico tedesco Karl Friedrich Gauss (1777 - 1855) propone di comunicare con gli abitanti di Marte tracciando dei disegni geometrici nella tundra siberiana, mentre nel 1819 J. von Littrow propone di accendere fuochi giganteschi nel Sahara per attirare l' attenzione di Marte.
    Nel 1850 l'astronomo italiano Padre Angelo Secchi (1818 - 1878) osserva la presenza di nubi bianche nell' atmosfera di Marte mentre nel 1867 l' astronomo francese Pierre Janssen (1824 - 1907) scopre il vapore acqueo (altre analogie con la Terra.). Nel 1870 l' astronomo inglese Richard Proctor (1837 - 1888) noto per i suoi libri popolari pubblica "Other Worlds Than Our" in cui sostiene che Marte ha mari e oceani e che è adatto al sostentamento della vita. Tutte questo rafforza, anche fra la popolazione, l' idea di un Marte abitato ma mancano le "prove", che non tarderanno a venire.
    Il 2 settembre del 1877 Marte si trova alla minima distanza dalla Terra. Dalla specola di Brera a Milano l'astronomo italiano Giovanni Virgilio Schiaparelli (1835 - 1910) osserva e disegna Marte per mezzo di un telescopio rifrattore di 22 cm di apertura. Alla seduta del 5 maggio 1878 della Reale Accademia dei Lincei Schiaparelli annuncia la scoperta di 40 "canali", è così che chiama le ampie linee scure (già chiamate con questo nome da Secchi nel 1864) che correvano da una zona scura all'altra attraversando le regioni desertiche del pianeta di colore giallo - arancio. In un primo momento Schiaparelli non attribuisce molta importanza ai "canali" ma più avanti si convince che quelli osservati da lui sono effettivamente dei giganteschi canyon in cui scorre l'acqua liquida.
    L'accademia mostrò grande interesse per le scoperte di Schiaparelli e indusse il governo italiano a stanziare fondi per l'acquisto di un telescopio di mezzo metro di diametro che fu installato a Brera nel 1885. Schiaparelli continuò ad osservare Marte anche nelle opposizioni successive e nel 1886 annunciò lo sdoppiamento di molti dei "canali" osservati nel 1877. Questo fenomeno fu chiamato "geminazione" da Schiaparelli stesso e contribuì a rendere accettabile l'idea che i "canali" fossero di origine artificiale .
    I primi a confermare la presenza della rete di "canali" furono gli astronomi dell'osservatorio di Nizza, seguiti da altri ma non furono molti, specie fra quelli dotati di telescopi maggiori del 22 cm di Schiaparelli. Ad esempio Asaph Hall non aveva notato niente di insolito sul pianeta, pur avendo scoperto Phobos e Deimos.
    Le scoperte di Schiaparelli si diffondono rapidamente anche a livello popolare. Ad esempio nell'enciclopedia popolare di Amédée Guillemin viene pubblicato nel 1891 il volume "Les planètes et leur satellites" in cui le scoperte di Schiaparelli vengono riportate per esteso . Nel 1892 l'astronomo francese Camille Flammarion (1842 - 1925) pubblica con grande successo di pubblico "La planète Mars et ses conditions d'habitabilité" in cui si dichiara convinto che Marte sia abitato da una civiltà superiore a quella terrestre. Flammarion basa le sue convinzioni sulla realtà fisica ed origine artificiale dei canali osservati da Schiaparelli . Tuttavia il più tenace fautore di un Marte abitato fu il miliardario statunitense Percival Lowell (1855 - 1916). Lowell, preso dall'entusiasmo per le scoperte di Schiaparelli in Italia e sicuro dell'origine artificiale dei "canali", nel 1894 si costruisce un osservatorio personale, che chiamerà "Castello di Marte", vicino a Flagstaff in Arizona dotato di un rifrattore da 38 cm di apertura (e più avanti di un 61 cm!) esplicitamente dedicato alla osservazione del pianeta rosso. Tutto questo "fervore" ebbe grande risonanza fra il pubblico. Così scriveva il "New York Herald" del 19 maggio 1895:

    << Schiaparelli in Italia, Flammarion in Francia e il nostro Lowell hanno fatto dello studio di Marte lo scopo della loro vita. Essi hanno trovato sul pianeta fratello del nostro tali segni di una civiltà avanzata che anche i più scettici hanno ammesso la plausibilità delle affermazioni degli astronomi, concedendo la possibilità che siano vere.>>

    L'idea di un Marte abitato aveva preso piede e non sarebbe stata dimenticata tanto presto. Lowell si dimostrò abilissimo nel propagandare le sue idee. Su Marte scrisse ben tre libri divulgativi, "Mars" (1896), "Mars as the Abode of Life" (1908) e "Mars and its Canals" (1907), tradotti anche in cinese ma non in italiano. In questi libri di grande successo espone le sue idee su Marte. Dando per scontata l'esistenza fisica dei "canali" Lowell conclude che il fitto reticolato geometrico visibile dalla Terra è di origine artificiale e che viene usato per portare la sola acqua disponibile sul pianeta dalle calotte polari a tutte le altre regioni di Marte, per impedire che muoiano di sete. Secondo Lowell le linee visibili al telescopio sono ampie strisce di vegetazione che crescono attorno ai veri canali d'acqua, molto più piccoli di quelli osservabili al telescopio. Spesso negli incroci fra "canali" si osservano delle macchie circolari scure che Lowell ritiene oasi in cui si situano le città marziane. Nasce il mito della civiltà marziana in lotta per la sopravvivenza sull'arido pianeta Marte. Va detto che Schiaparelli, pur ammettendo la realtà fisica dei "canali", non dette mai credito negli scritti scientifici alle speculazioni di Lowell, come invece fece Flammarion, convinto fino alla morte dell'esistenza dei marziani. Schiaparelli si concesse una maggiore libertà e qualche volo di fantasia solo negli scritti divulgativi. Un esempio è l'articolo dal titolo "La vita sul pianeta Marte" che scrisse nel 1895 per la rivista "Natura ed arte", in cui dopo aver parlato del ciclo stagionale di Marte si lancia in speculazioni sul sistema politico adottato dagli ipotetici abitanti del pianeta
    La macchina della fantasia popolare si era messa in moto e per alimentarla ora scendevano in campo anche gli scrittori. Nel 1898 lo scrittore britannico Herbert George Wells (1866 - 1946), padre della letteratura fantascientifica moderna, pubblica il romanzo "La guerra dei mondi" dove immagina che i marziani in cerca di nuove risorse per il loro pianeta a corto d'acqua scendano sulla Terra e invadano l'Inghilterra per conquistarla. La lotta è impari a favore dei marziani (sono dotati di una tecnologia superiore) ma alla fine gli invasori soccomberanno ai virus e batteri terrestri. Il libro ebbe un notevole successo a livello mondiale e venne tradotto persino in italiano.
    Mentre fra gli astronomi professionisti la "febbre" dei canali andò rapidamente esaurendosi (ma si mantenne viva la speranza che Marte ospitasse semplici forme di vita come i licheni) fra il grande pubblico le cose andarono ben diversamente e il mito dei marziani continuò ad essere alimentato dalla letteratura fantascientifica. Fra i tanti un posto d'onore lo merita sicuramente lo scrittore statunitense Edgard Rice Burroughs (1875 - 1950), il padre di "Tarzan delle scimmie" (1914). Nella seconda metà degli anni venti Burroughs pubblica "Under the Moons of Mars", il primo di una saga di 10 romanzi ambientati sul quel Marte morente descritto da Lowell: tribù semibarbariche di marziani, resti di una antica civiltà, si combattono senza requie per sopravvivere nei deserti di Marte percorsi da lunghi canali d'acqua. Molte persone vennero a contatto con il mito di Marte proprio leggendo i romanzi di Burroughs. Le ristampe continuano tuttora ad avere successo.

    La "febbre" da marziani raggiunse livelli parossistici la sera del 30 ottobre 1938 quando l'allora ventitreenne Orson Welles (1915 - 1985) mandò in onda dagli studi della stazione radio CBS di New York un adattamento de "La guerra dei mondi" di H.G. Wells . Per dare un tocco di maggiore realismo Welles sostituì ai nomi di località inglesi quelli di località equivalenti della costa orientale degli Stati Uniti. Molte persone si sintonizzarono tardi sul programma e persero l'avvertimento che quello che avrebbero udito non era la cronaca in diretta di uno sbarco di marziani ma semplice fiction. Fu il caos più totale. La gente si convinse che quello che stava ascoltando alla radio era davvero la cronaca di uno sbarco di marziani nel New Jersey e che essi stavano dirigendosi verso New York, distruggendo tutto quello che incontravano sul loro cammino, il traffico della città rimase bloccato per ore e gli aneddoti delle scene di panico sono diventati un classico della sindrome da panico collettivo. Dopo l'accaduto uscì un libro di Hadley Cantril, "The Invasion from Mars" che cercò di raccogliere e analizzare le cause e la dinamica del panico. Erano degli ingenui ? Forse, ma nel 1988, per il cinquantesimo anniversario dello scherzo di Welles, venne mandata in onda una replica del programma in tutto il mondo e si ebbero ancora scene di panico!
    Nel 1954 i registi George Pal e Byron Haskin produssero una versione cinematografica de la guerra dei mondi. Nel film si fonde il nuovo mito tecnologico degli U.F.O. (nato ufficialmente il 24 giugno 1947 con l'avvistamento di Kenneth Arnold) con la "vecchia" mitologia marziana. Da allora le due tematiche si sono variamente intrecciate .
    Dopo Burroughs molti altri scrittori si occuparono di Marte nei loro romanzi. Fra questi ricordiamo lo statunitense Ray Bradbury nato nel 1920 che nel 1950 pubblica "Cronache Marziane", (nel 1953 dà alle stampe "Fahrenheit 451"), e Leigh Brackett che nel 1963 pubblica "The road to Sinharat". La vena popolare del mito dei marziani continua ad essere ben alimentata: in entrambe le pubblicazioni viene sostenuta la tesi dell'esistenza di una antica civiltà marziana. Questa tesi in Italia (anni '60) viene riportata anche nei libri di geografia per la terza classe delle medie inferiori, nella parte di geografia astronomica.
    Alla fine degli anni cinquanta l'idea di un Marte in grado di ospitare forme di vita è ancora ben viva anche fra gli astronomi professionisti. Così scrive l'astronomo italiano Giorgio Abetti (1882 - 1982) nel suo libro "Stelle e pianeti", pubblicato nel 1957 :

    <<l'opinione più accreditata sui cambiamenti di Marte è che essi siano dovuti alla crescita stagionale della vegetazione, la quale copre le regioni oscure del pianeta mentre le altre sono deserte. Quando le calotte polari si sgelano, l'acqua evaporata può ricadere in forma di pioggia o di rugiada a latitudini più basse, favorendo la vegetazione che si osserva con la colorazione verde di quelle regioni. Nell'inverno la vegetazione cessa ed il colore grigio si sostituisce al verde.>>
    Nel 1960 l'astrofisico Sovietico I.S. Shklovskii prende in esame i dati che indicano un restringimento del raggio orbitale di Phobos, il satellite più vicino a Marte. Shklovskii vuole capirne la causa. Scartando le varie possibilità resta quella del frenamento da parte della rarefatta atmosfera di Marte. Considerando il satellite con una densità paragonabile alla roccia Shklovskii si accorse che la massa di Phobos era troppo alta per risentire della atmosfera marziana. Allora, capovolto il ragionamento, dedusse che Phobos doveva avere una densità media talmente bassa da risentire del frenamento aerodinamico. Shklovskii suggerì che il satellite fosse cavo all'interno e quindi di origine artificiale, forse messo in orbita da una antica civiltà marziana. L'ipotesi di Shklovskii sulla origine artificiale di Phobos fu ripresa in un libro che scrisse in collaborazione con Carl Sagan nel 1966, "Intelligent Life in the Universe". Il tutto venne clamorosamente smentito dalle prime sonde inviate verso il pianeta rosso che demolirono pure l'idea che le regioni scure di Marte fossero dovute ad un manto di vegetazione. (tratto da IL MITO DI MARTE di Albino Carbognani, Dipartimento di Fisica Università di Parma)



    “Solo a te è dato infatti concedere agli uomini il dono
    della tranquilla pace, poiché della lotta cruenta
    son gli uffici spietati commessi al potente ne l’armi
    Marte, che sul tuo grembo sovente la testa reclina,
    vinto per te d’amore per piaga che mai non si chiude,
    il ben tornito collo poggiando, a te gli occhi solleva,
    bramosamente fiso suggendo per gli occhi d’amore,
    e dal tuo labbro pende del nume supino lo spirto.”
    (tratto da “De Rerum Natura” in cui Lucrezio accenna a Marte, rivolgendosi a Venere)

     
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  8. gheagabry
     
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    Cieco chi guarda il cielo senza comprenderlo:
    è un viaggiatore che attraversa il mondo senza vederlo;
    è un sordo in mezzo ad un concerto
    (Camille Flammarion)


    GIOVE



    Giove è il quinto pianeta del Sistema Solare ed è il più grande. La sua massa è 318 volte quella terrestre. Il suo volume è così grande che potrebbe contenere 1.300 pianeti come il nostro. La sua forza di gravità, inoltre, è tale che un uomo di 70 Kg su Giove ne peserebbe 185. Essa influenza perfino le orbite dei pianeti vicini. E' il quarto oggetto più luminoso del cielo, dopo il Sole, la Luna e Venere. Giove si è formato, come gli altri pianeti del Sistema solare, a partire da un ammasso sferico di gas e polveri in rotazione, che è andato progressivamente raffreddandosi. Il pianeta sta al momento ancora espellendo parte del calore iniziale e per questo motivo è l'unico pianeta del Sistema solare, insieme a Saturno, che emette più energia di quanta ne riceva dal Sole.

    È un pianeta gassoso, ha una composizione simile a quella del Sole ed è composto per i tre quarti da un enorme corpo di idrogeno allo stato liquido, circondato da un'atmosfera spessa e densa di idrogeno, elio e metano. Probabilmente all'interno c'è anche un nucleo centrale roccioso, con una composizione simile a quella della Terra ma una massa di 20-30 volte superiore. Qui la compressione gravitazionale del pianeta produce elevatissime pressioni (450 milioni di atmosfere) e temperature che raggiungono i 24.000°. E' ricoperto di nubi di cristalli di ammoniaca ghiacciata e composti del fosforo, del carbonio e dello zolfo. Le nubi si dispongono in fasce orizzontali alternate di vari colori, che si muovono in senso opposto l'un all'altra. Esse vengono spinte da venti fortissimi e raggiungono velocità maggiori di 600 Km all'ora. L'attrito tra le diverse fasce produce dei vortici, che appaiono come macchie di forma ovale. Il più grande tra questi vortici è la Grande Macchia Rossa che è ben visibile ed è conosciuta da più di 300 anni, cioè da quando è stato osservato al telescopio le prime volte.
    Giove orbita intorno al Sole in quasi 12 anni, ad una distanza di circa 780 milioni di chilometri; un giorno dura meno di 10 ore.
    Il pianeta possiede un campo magnetico molto forte, ma con i poli invertiti rispetto a quello terrestre. L'intenso campo gravitazionale influenza il sistema solare nella sua struttura perturbando le orbite degli altri pianeti e lo "ripulisce" da detriti che altrimenti rischierebbero di colpire i pianeti più interni.Intorno a Giove orbitano numerosi satelliti e ha un sistema di anelli scarsamente visibili.

    Tra i numerosi satelliti di Giove, i quattro satelliti galileiani sono facilmente individuabili e presentano variazioni di posizione con il passare delle ore. Spesso si può osservare il loro transito davanti al pianeta, quando proiettano la loro ombra sul disco di Giove.

    A causa delle sue dimensioni e della composizione simile a quella solare, Giove è stato considerato per lungo tempo una "stella fallita": in realtà solamente se avesse avuto l'opportunità di accrescere la propria massa sino a 75-80 volte quella attuale, il suo nucleo avrebbe ospitato le condizioni di temperatura e pressione favorevoli all'innesco delle reazioni di fusione dell'idrogeno in elio, il che avrebbe reso il sistema solare un sistema stellare binario.


    "Non posso trattenermi dal ricordare che non è inverosimile che vi siano abitanti non solo sulla Luna, ma sullo stesso Giove. Ora, per la prima volta, si stanno scoprendo quelle nuove regioni, ma non appena qualcuno avrà insegnato l’arte di volare, fra la nostra specie umana non mancheranno i coloni. Siano date le navi e siano adattate le vele al vento celeste, vi sarà gente che non avrà timore nemmeno di fronte a quell’immensità"
    (Joannes Kepler)


    ..storia..



    Giove è noto fin dall'antichità, essendo un pianeta ben visibile ad occhio nudo nel cielo terrestre, tant'è che gli antichi Greci lo identificarono addirittura con Zeus, il padre degli dèi dell'Olimpo.
    Una delle prime civiltà a studiare i moti di Giove, e più in generale di tutti i pianeti visibili ad occhio nudo (Mercurio, Venere, Marte, Giove per l'appunto e Saturno), fu quella assiro-babilonese. Gli astronomi di corte dei re babilonesi riuscirono a determinare con precisione il periodo sinodico del pianeta; inoltre, si servirono del suo moto attraverso la sfera celeste per delineare le costellazioni zodiacali. La scoperta negli archivi reali di Ninive di tavolette recanti precisi resoconti di osservazioni astronomiche e il frequente rinvenimento di parti di strumentazioni a probabile destinazione astronomica, come lenti di cristallo di rocca e tubi d'oro (datati al I millennio a.C.), indussero alcuni archeoastronomi ad ipotizzare che la civiltà assira fosse già in possesso di un "prototipo" di cannocchiale, con il quale si ritiene sia stato possibile osservare anche Giove.
    Anche i cinesi riuscirono a ricavare in maniera precisa i periodi sinodici ed orbitali dei pianeti visibili ad occhio nudo. Nel 1980 lo storico cinese Xi Zezong ha annunciato che Gan De, astronomo contemporaneo di Shi Shen, sarebbe riuscito ad osservare almeno uno dei satelliti di Giove già nel 362 a.C. a occhio nudo, presumibilmente Ganimede, schermando la vista del pianeta con un albero o qualcosa di analogo.
    Nel 1610 Galileo Galilei individuò grazie alle osservazioni al telescopio i quattro satelliti principali di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) che vengono detti galileiani o anche medicei, poiché l'astronomo italiano dedicò la sua scoperta a Cosimo de' Medici. Questa scoperta diede un notevole impulso all'affermazione della teoria eliocentrica di Copernico, in quanto rappresentava la prima osservazione di corpi celesti in orbita attorno a un pianeta che non fosse la Terra. Negli anni sessanta del XVII secolo l'astronomo Gian Domenico Cassini, scoprì la presenza di macchie sulla superficie di Giove e che il pianeta stesso ha la forma di uno sferoide oblato. L'astronomo riuscì poi a determinarne il periodo di rotazione, e nel 1690 scoprì che l'atmosfera è soggetta a una rotazione differenziale; è inoltre accreditato come lo scopritore, assieme, ma indipendentemente, a Robert Hooke, della Grande Macchia Rossa.
    Dalle osservazioni sulle eclissi dei satelliti di Giove, nel 1672 Rømer riuscì a determinare per la prima volta, con una certa precisione, il valore della velocità della luce, cui era legato l'effetto della variazione dei tempi tra le eclissi in base alla distanza tra Giove e la Terra.
    Dopo due secoli privi di significative scoperte, il farmacista Heinrich Schwabe disegnò la prima carta completa di Giove, comprendente anche la Grande Macchia Rossa, e la pubblicò nel 1831. Nel 1892 Edward Emerson Barnard scoprì, grazie al telescopio rifrattore da 910 mm dell'Osservatorio Lick, la presenza attorno al pianeta di un quinto satellite, ribattezzato Amaltea.

    Gli studi attraverso le sonde spaziali iniziarono negli anni 1973 e 1974, con il sorvolo del pianeta da parte delle sonde Pioneer 10 e 11, che scattarono le prime fotografie della superficie di Giove e rilevarono dati sulla composizione e il campo magnetico del pianeta. Nel 1979 le sonde Voyager 1 e 2 fornirono importanti dati sul sistema dei satelliti e immagini ravvicinate dell'atmosfera, rilevando i vortici nelle zone di contatto tra le fasce della superficie. Quasi per caso, in questa occasione vennero scoperti anche gli anelli del pianeta. In anni recenti sono state inviate nuove missioni. Tra il 1990 e il 1992 Ulysses ha condotto studi sulla magnetosfera; dal 1995 al 2003 la sonda Galileo ha studiato l'atmosfera gioviana e i suoi satelliti, oltre ad aver inviato numerose fotografie; la missione Cassini del 2000 ha scattato immagini ad alta definizione del pianeta.

    ..mitologia...



    Il nome del pianeta deriva da quello dell'omonima divinità romana, in latino Juppiter (all'accusativo Iovem), corrispondente del dio greco Zeus, padre di tutti gli dèi e sovrano dell'Olimpo. Il pianeta deve probabilmente la sua identificazione con il dio greco al fatto di essere il più grande dei pianeti del Sistema solare ed uno dei più luminosi. Zeus veniva chiamato poeticamente con il vocativo Zeus pater (o padre Zeus.), probabile evoluzione di Dieus, il dio del cielo diurno della religione proto-indoeuropea.

    Lo Zeus radunatore di nuvole decantato nei poemi omerici, era visto come dio del cielo e del tuono, al pari delle equivalenti divinità orientali, ma per gli antichi Greci e Romani egli era anche il più grande degli dèi, e in questa veste trovava figure analoghe anche nella mitologia egizia ed etrusca, rispettivamente nelle divinità di Amon e Tinia. Nelle culture nordiche il ruolo di padre degli dèi era attribuito a Odino, mentre il dio del tuono si identificava con la figura di Thor. Ai satelliti di Giove sono stati attribuiti nomi che richiamano la vita di Zeus; molti hanno il nome delle sue innumerevoli amanti.
    Per i Babilonesi, il pianeta rappresentava Marduk, il primo fra gli dei e il creatore dell'uomo.

    Nell'astrologia cinese Giove era chiamato la stella del legno (木星) ed era importante in quanto considerato foriero di prosperità, al punto che al tempo della dinastia Zhou era noto con il nome Sui Xing, che significa Il Pianeta dell'Anno. La sua importanza era tale che l'imperatore nominava direttamente un funzionario astronomo il cui compito specifico era l'osservazione del pianeta, di cui doveva registrare scrupolosamente la posizione rispetto alle costellazioni zodiacali, gli spostamenti al loro interno, e perfino il suo colore: se questo appariva tendente al rosso l'opulenza avrebbe regnato nelle regioni dell'impero situate geograficamente verso la direzione in cui il pianeta era visibile nel cielo; se invece il colore era giallo allora la prosperità era da ritenersi diffusa su tutto l'impero.
    Nell'astrologia indiana Giove è chiamato Guru o Bṛhaspati ed è noto come il "grande maestro".
     
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    CURIOSITA’

    Il misterioso esagono di Saturno

    Saturno vanta una delle caratteristiche più geometriche del Sistema Solare: un esagono gigante che circonda il polo nord. Anche se non famoso come la Grande Macchia Rossa di Giove, l'esagono di Saturno è altrettanto misterioso. Ora i ricercatori hanno ricreato questa formazione in laboratorio, utilizzando poco più che acqua e un filatoio da tavola. Un primo passo importante, dicono gli esperti, per decifrare finalmente questo mistero cosmico. L'aspetto striato di Saturno viene da correnti a getto che volano da est a ovest e attraversando la sua atmosfera, a diverse latitudini. La maggior parte dei getti è a bande di forma circolare, ma la sonda Voyager scattò le immagini di un enorme esagono (ogni lato misura il diametro terrestre) quando nel 1988 passò sul polo nord del pianeta. Gli scienziati all'inizio attribuirono la forma ad esagono ad un enorme vortice lungo uno dei lati dell'esagono, ripreso anch'esso da Voyager durante il suo viaggio. Gli astronomi credevano che questo avesse modificato il corso della corrente a getto, nello stesso modo in cui un grande masso potrebbe cambiare il percorso di un fiume nelle sue vicinanze. Ma quando la missione Cassini tornò su Saturno e fotografò nuovamente il polo nord di Saturno nel 2006, il vortice era sparito, ma l'esagono era ancora presente. I fisici Ana Claudia Barbosa Aguiar e Peter Read dell'Università di Oxford nel Regno Unito, volevo vedere se potevano ricreare l'esagono in laboratorio. Hanno messo una bombola da 30 litri di acqua su una tavola rotante lentamente, l' acqua rappresenta l'atmosfera di filatura con la rotazione del pianeta Saturno. All'interno di questo serbatoio, hanno posto un piccolo anello che girava più rapidamente del cilindro. Questo ha creato una miniatura artificiale a "jet stream" che i ricercatori hanno evidenziato con un colorante verde. Il più veloce anello di rotazione, era meno circolare ed è diventato verde. Piccoli vortici si sono formati vicino ai bordi, che lentamente sono diventati più grandi e più vorticosi costringendo il liquido all'interno dell'anello a formare un poligono. Modificando la velocità dell'anello, gli scienziati potrebbero generare forme diverse. "Potremmo creare ovali, triangoli, quadrati, quasi tutto quello che vuoi", spiega Read. Barbosa Aguiar suggerisce che la corrente del getto polare al polo nord di Saturno ruota a una velocità maggiore rispetto al resto dell'atmosfera che favorisce quindi una figura a sei lati, cioè un esagono. Tali formazioni poligonali sono state osservate nel centro di grandi uragani sulla Terra, ha detto Barbosa Aguiar, anche se rapidamente svaniscono". La maggior parte degli scienziati planetari non sono consapevoli se questo tipo di modelli siano onnipresenti in fluidodinamica." dice Kevin Baines, scienziato planetario del NASA Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California. "Questi risultati sono molto interessanti," dice. "Il team ha formato quello che penso possa essere un documento di riferimento, che possa resistere alla prova del tempo." Sebbene l'esperimento di laboratorio non spieghi quale forza sta guidando questa corrente con un getto particolare, egli dice che i risultati potrebbero dare una visione reale di quello che potrebbe succedere realmente nell'atmosfera di Saturno.

     
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    Mari e fiumi di Marte coprivano il 20% del pianeta



    Quando era un pianeta giovane, Marte era caldo e ricco di oceani: già 4,5 miliardi di anni fa ricoprivano oltre il 20% della sua superficie e l'acqua che li costituiva è rimasta nell'atmosfera del pianeta rosso molto più a lungo di quanto si credesse. Nel corso del tempo, però, ben l'87% dell'acqua marziana è andata perduta. Lo hanno calcolato i ricercatori del Goddard Space Flight Center della Nasa guidati da Geronimo Villanueva, che hanno realizzato la prima mappa bidimensionale delle acque marziane.

    A questo risultato, pubblicato sulla rivista Science, i ricercatori sono arrivati utilizzando i dati raccolti tra il 2008 e 2014 da 3 telescopi terrestri. Le mappe mostrano che la distribuzione dell'acqua presente nell'atmosfera e degli elementi che la costituiscono (tra cui idrogeno pesante o deuterio) varia da stagione a stagione e anche da regione a regione. A far capire ai ricercatori che Marte è stato bagnato dalle acque per molto più tempo di quanto immaginato è stata l'analisi della proporzione tra l'acqua pesante (cioè ricca di deuterio) e quella normale, in alcune aree fino a 5-7 volte più alta di quella degli oceani terrestri.

    ''In sostanza, gli atomi di idrogeno dell'acqua normale si sono persi nello spazio, mentre quelli di deuterio sono rimasti su Marte'', spiega Geronimo Villanueva all'ANSA. ''Ciò significa che l'87% della sua acqua si è persa nello spazio, e che quella che è rimasta, pari al 13%, si trova immagazzinata nella sua calotta polare''. Ma all'inizio della sua storia ''abbiamo calcolato - continua - che sul pianeta ci fosse abbastanza acqua da coprire oltre il 20% della sua superficie. C'era un oceano profondo circa un chilometro, una profondità simile a quella del Mar Mediterraneo. Dati questi che aumentano la probabilità dell'abitabilità di Marte''.
    www.ansa.it

    Video


    La scomparsa dell’acqua su Marte




    Ricercatori della NASA hanno realizzato una serie di mappe uniche della distribuzione atmosferica dell’acqua marziana da cui emergono nuovi indizi su quello che doveva essere l'oceano primitivo del pianeta rosso. I risultati suggeriscono che circa 4,5 miliardi di anni fa Marte aveva abbastanza acqua tale da coprire almeno il 20% della sua superficie e che poi è andata persa nello spazio corso del tempo geologico.

    di Corrado Ruscica giovedì 5 marzo 2015 @ 20:00




    Raffigurazione artistica, basata su dati geologici, di come doveva apparire un tempo Marte e i suoi oceani.
    Una serie di mappe della distribuzione atmosferica dell’acqua marziana, realizzate da un gruppo di ricercatori della NASA guidati da Geronimo Villanueva e realizzate con alcuni tra i maggiori telescopi terrestri, hanno permesso di determinare che su Marte esisteva un oceano primitivo caratterizzato da un volume d’acqua di almeno 20 milioni di chilometri cubi, superiore rispetto a quello dell’Oceano Artico qui sulla Terra, e che poi nel corso del tempo l’87% è finito nello spazio.

    Da giovane, il pianeta avrebbe avuto abbastanza acqua da coprire l’intera superficie formando uno strato liquido profondo circa 137 metri. Non solo, ma l’acqua avrebbe inoltre formato un oceano occupando quasi metà dell’emisfero nord e raggiungendo in alcune regioni delle profondità maggiori di qualche chilometro.

    «Il nostro studio fornisce una stima solida di quello che era il contenuto d’acqua su Marte», spiega Villanova, autore principale dell’articolo pubblicato su Science. «Questo lavoro permette di comprendere meglio la storia evolutiva dell’acqua sul pianeta rosso».

    Le osservazioni condotte dai ricercatori si basano su una serie di misure dettagliate di due composti leggermente differenti dell’acqua presente nell’atmosfera marziana: uno è quello a noi familiare, cioè l’H2O, mentre l’altro è una forma isotopica (HDO, acqua pesante), in cui un atomo di idrogeno viene sostituito dalla versione più pesante chiamata deuterio. Per far questo, gli scienziati hanno raccolto i dati durante un periodo di sette anni, dal 2008 al 2014, utilizzando gli spettrometri ad alta risoluzione, quali CRIRES, NIRSPEC e CSHELL che sono installati rispettivamente presso il Very Large Telescope (VLT), il telescopio Keck e l’InfraRed Telescope Facility (IRTF). Confrontando il rapporto HDO/H2O, gli scienziati sono stati in grado di determinarne la concentrazione e perciò di stimare quanta acqua è andata persa nello spazio nel corso della vita del pianeta.



    Le mappe della distribuzione atmosferica dell’acqua marziana, che sono le prime di questo tipo, mostrano come varia il contenuto dell’acqua ordinaria e della sua controparte isotopica in funzione della stagione e della regione marziana, nonostante oggi il pianeta rosso sia sostanzialmente un deserto e un ambiente ostile. In particolare, i ricercatori si sono interessati alle regioni in prossimità dei poli poichè le calotte polari di ghiaccio costituiscono i principali depositi d’acqua noti. Si ritiene, infatti, che le calotte polari rappresentino una sorta di archivio storico dell’acqua marziana a partire da 4,5 – 3,6 miliardi di anni fa, quando dovevano essere presenti copiosi bacini d’acqua sotterranei.

    [...]
    Il risultato più importante che emerge da questo studio è che le nuove mappe rivelano una notevole concentrazione di deuterio rispetto ai valori medi su scala globale le cui osservazioni indicavano dei rapporti tra l’acqua pesante e quella ordinaria D/H pari a 5-6, così come definito secondo gli standard VSMOW (Vienna Standard Mean Ocean Water). Infatti, i ricercatori hanno trovato dei valori di D/H più elevati in prossimità delle regioni polari, anche 7 volte superiore rispetto a quanto si misura nel caso degli oceani terrestri. In altre parole, i risultati suggeriscono che circa 4,5 miliardi di anni fa Marte possedeva abbastanza acqua tale da coprire almeno il 20% della sua superficie (per confronto l’Oceano Atlantico occupa il 17% della superficie terrestre). Ciò implica che il pianeta debba aver perso un volume d’acqua pari a 6,5 volte maggiore di quello presente attualmente nelle calotte polari per giustificare un rapporto D/H così elevato.

    Inoltre, anche le grandi variazioni dell’inclinazione dell’asse subite da Marte ad intervalli di milioni di anni avrebbero causato la vaporizzazione e la successiva formazione dei principali depositi di ghiaccio, un processo che, secondo gli autori, avrebbe rimescolato l’acqua da diversi bacini ad intervalli regolari. Se ciò è vero, quasi tutti i bacini d’acqua superficiali e polari dovrebbero avere un rapporto D/H relativamente eguale. Ma poiché vengono osservati dei valori ancora più elevati (fino a 9-10) in alcune regioni, questo rimescolamento dell’acqua potrebbe suggerire che gli attuali depositi d’acqua su Marte contengano un rapporto ancora più elevato di quanto ipotizzato, un processo che potrebbe implicare una stima maggiore della perdita di acqua nel corso della vita del pianeta.
    [...]



    «Il fatto che Marte abbia perso tanta acqua indica che il pianeta abbia ospitato per lunghi periodi condizioni favorevoli per lo sviluppo della vita», aggiunge Michael Mumma della NASA e co-autore dello studio. Insomma, è possibile che il pianeta rosso abbia avuto ancora più acqua nel passato e che parte di essa sia successivamente finita sotto la superficie. Dato che queste nuove mappe rivelano la presenza di una serie di microclimi e variazioni nel contenuto atmosferico dell’acqua nel corso del tempo, esse potrebbero fornire uno strumento di indagine utile per identificare potenziali bacini d’acqua nella superficie marziana. Infine, stime più realistiche della distribuzione dei composti dell’acqua riferiti ad epoche attuali e più antiche potrebbero essere realizzate, ad esempio, dalla missione MAVEN della NASA in modo da definire meglio il contenuto d’acqua di Marte sia di oggi che del passato.(www.media.inaf.it/)



    fonte:Science: Strong water isotopic anomalies in the martian atmosphere: Probing current and ancient reservoirs
     
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    «Pianeta» è una parola che deriva dal greco
    e significa «stella errante»
    MARGHERITA HACK


    NETTUNO



    Nettuno è il più piccolo dei quattro giganti gassosi del sistema solare, ha un diametro di circa 49.492 km, una massa di 102.400 miliardi di miliardi di tonne-
    llate (17 volte più di quella terrestre) ed una densità media di 1.64 volte quella dell'acqua, la più alta dei pianeti giganti. Nettuno orbita attorno al Sole in 164.79 anni terrestri, su un'orbita inclinata di 1.77 rispetto al piano dell'eclittica, con una eccentricità di 0.009 e ad una distanza media di 4.504 milioni di km. Di conseguenza la distanza tra Nettuno ed il Sole varia di 101 milioni di chilometri. Nettuno compie una rotazione completa intorno al proprio asse, inclinato di 28,32°, in circa 16,11 ore. Ciascuna stagione ha una durata di circa quaranta anni terrestri.

    Nettuno ha una composizione simile a quella di Urano ed entrambi differenti da quelle dei più grandi pianeti gassosi Giove e Saturno. Per questo sono talvolta classificati in una categoria separata, i cosiddetti "giganti ghiacciati". L'atmosfera di Nettuno, sebbene simile a Giove e a Saturno, essendo composta principalmente da idrogeno ed elio, possiede anche percentuali maggiori di "ghiacci", come acqua, ammoniaca e metano, assieme a tracce di idrocarburi e forse azoto. In contrasto, l'interno del pianeta è composto essenzialmente da ghiacci e rocce come il suo simile Urano. Ad alta quota, l'atmosfera di Nettuno è formata all'80% da idrogeno ed al 19% da elio, e tracce di metano.

    Si tratta del pianeta più esterno del Sistema Solare e visto dalla Terra, anche con i telescopi più potenti e nelle migliori condizioni di osservazione, appare come una bolla confusa di colore verde-azzurro. Così come per Urano, l'assorbimento della luce rossa da parte del metano atmosferico contribuisce a conferire a Nettuno il suo caratteristico colore azzurro intenso, sebbene il colore azzurro differisca dal più tenue acquamarina tipico di Urano. Dato che la quantità di metano contenuta nell'atmosfera di Nettuno è simile a quella di Urano, ci dev'essere qualche altra sostanza non conosciuta che contribuisca in modo determinante a conferire questa tonalità così intensa al pianeta.
    Il pianeta è stato visitato da una sola sonda spaziale, la Voyager 2 che transitò vicino ad esso il 25 agosto 1989. Dai dati più precisi forniti dalla sonda Voyager 2 Nettuno ha mostrato la presenza di alcune formazioni chiare che lo fanno apparire come una perla turchese variegata di bianco; ha permesso di individuarne le principali formazioni atmosferiche, alcuni anelli e numerosi satelliti. Il 25 agosto 1989 la sonda ha sorvolato il polo nord di Nettuno ad una quota di 4 950 km per poi dirigersi verso Tritone, il satellite maggiore, raggiungendo una distanza minima di circa 40 000 km. Le uniche informazioni che abbiamo sul pianeta, oltre a quelle derivanti dal Voyager 2, sono le immagini acquisite dal telescopio spaziale Hubble.

    Nettuno ha un sistema di anelli planetari, uno dei più sottili del Sistema solare. Gli anelli potrebbero essere particelle legate con silicati o materiali composti da carbonio, che da loro un colore tendente al rossastro. In aggiunta al sottile Anello Adams, a 63 000 km dal centro del pianeta, si trova l'Anello Leverrier, a 53 000 km, ed il suo più vasto e più debole Anello Galle, a 42 000 km. Un'estensione più lontana di quest'ultimo anello è stata chiamata Lassell; è legata al suo bordo più esterno dall'Anello Arago, a 57 000 km. Il primo di questi anelli planetari fu scoperto nel 1968 da un gruppo di ricerca guidato da Edward Guinan, ma si era in seguito pensato che quest'anello potesse essere incompleto. Nettuno dista dal Sole 30 UA e riceve 900 volte meno energia della Terra. A causa del tempo necessario agli strati superficiali del pianeta per essere in equilibrio termico, Nettuno raggiunge la sua massima luminosità circa 15 anni dopo il solstizio, si è quindi calcolato che il prossimo valore massimo si avrà attorno al 2025. Nettuno possiede i venti più forti di ogni altro pianeta nel Sistema Solare. Sono state misurate raffiche a velocità superiori ai 2 100 km/h. All'epoca del sorvolo da parte della Voyager 2, nel 1989, l'emisfero sud del pianeta possedeva una Grande Macchia Scura comparabile con la Grande Macchia Rossa di Giove; la temperatura delle nubi più alte di Nettuno era di circa −218 °C, una delle più fredde del Sistema solare, a causa della grande distanza dal Sole. La temperatura al centro del pianeta è di circa 7 × 103 °C. E' invisibile ad occhio nudo dalla Terra. Visto attraverso un grande telescopio, Nettuno appare come un piccolo disco bluastro dal diametro apparente di 2,2–2,4 secondi.
    Possiede quattordici satelliti naturali conosciuti, il maggiore dei quali è Tritone; gli altri satelliti principali sono Nereide, Proteo e Larissa.

    ..storia..


    La scoperta di Nettuno ha costituito una delle avventure intellettuali più entusiasmanti della storia della scienza. La prima osservazione certa di Nettuno fu effettuata da Galileo Galilei il 27 dicembre 1612, che lo disegnò, sulle proprie carte astronomiche come una stella fissa. Per una coincidenza fortuita, in quel periodo il moto apparente di Nettuno era eccezionalmente lento, perché proprio quel giorno aveva iniziato a percorrere il ramo retrogrado del suo moto apparente in cielo, e non poteva essere individuato mediante i primitivi strumenti di Galilei. Qualche giorno dopo, il 4 gennaio 1613, si verificò addirittura l'occultazione di Nettuno da parte di Giove: se Galileo avesse continuato ancora per qualche giorno le sue osservazioni, avrebbe dunque osservato la prima occultazione dell'era telescopica. La scoperta del pianeta dovette invece aspettare fino alla metà del XIX secolo.
    La sua esistenza fu ipotizzata, indipendentemente, da Adams e Leverrier in base a delle perturbazioni osservate sul moto di Urano. Scoperto la sera del 23 settembre 1846 da Johann Gottfried Galle con il telescopio dell'Osservatorio astronomico di Berlino, e Heinrich Louis d'Arrest, uno studente di astronomia che lo assisteva, Nettuno fu il primo pianeta ad essere stato trovato tramite calcoli matematici più che attraverso regolari osservazioni: cambiamenti insoliti nell'orbita di Urano indussero gli astronomi a credere che vi fosse, all'esterno, un pianeta sconosciuto che ne perturbava l'orbita. Il pianeta fu scoperto entro appena un grado dal punto previsto. La luna Tritone fu individuata poco dopo, ma nessuno degli altri 13 satelliti naturali di Nettuno fu scoperto prima del XX secolo.

    Poco dopo la scoperta ci si riferiva a Nettuno semplicemente come al "pianeta più esterno di Urano". Galle fu il primo a suggerire un nome e propose di nominarlo in onore del dio Giano. In Inghilterra Challis avanzò il nome Oceano. Rivendicando il diritto a denominare il nuovo pianeta da lui scoperto, Le Verrier propose il nome Nettuno, affermando falsamente, tra l'altro, che il nome fosse stato già ufficialmente approvato dal Bureau des longitudes francese. In ottobre cercò di nominare il pianeta Le Verrier, dal proprio nome, e fu patriotticamente supportato dal direttore dell'Osservatorio di Parigi, François Arago. Sebbene questa proposta incontrò una dura opposizione al di fuori della Francia, gli almanacchi francesi reintrodussero rapidamente il nome Herschel per Urano, dal nome del suo scopritore William Herschel, e Leverrier per il nuovo pianeta. Il 29 dicembre 1846 Friedrich von Struve si espresse pubblicamente in favore del nome Nettuno presso l'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo ed in pochi anni Nettuno divenne il nome universalmente accettato. Nella mitologia romana, Nettuno è il dio del mare, identificato con il greco Poseidone. La richiesta di un nome mitologico sembrava in linea con la nomenclatura degli altri pianeti che prendono il proprio nome da divinità romane, ad eccezione soltanto della Terra e di Urano, che lo trae invece da una divinità della mitologia Greca.

    ... in astrologia ...

    In astrologia Nettuno rappresenta l'inconscio, la vita dei sogni, il misticismo, le doti medianiche, la fantasia, l'intuizione, l'arte. Come Urano, anche Nettuno è un pianeta generazionale ed esercita la sua influenza soprattutto nel campo artistico, poetico, musicale e religioso. Da esso dipendono i grandi ideali e le forze spirituali. Inoltre da favorevoli aspetti con altri pianeti possono sorgere improvvise circostanze fortunate. Questo pianeta dona una elevatissima sensibilità, apre le porte all'oltre, all'altrove, al trascendente e mette nelle condizioni di immergerci nel fiume della vita e lasciare modificare costantemente dall'esperienza. Extrasensorialità, misticismo, religiosità, spiritualità.
    È componente della genialità in tutte le sue manifestazioni, artistiche ma anche scientifiche. Einstein era dei Pesci, segno governato da Nettuno. Nettuno è l'inquietudine dell'Anima che viene sospinta attraverso le prove della vita verso livelli sempre più elevati di conoscenza, è la curiosità dell'ignoto e del diverso, è la purificazione del karma e la realizzazione del dharma. Nettuno è un pianeta che aiuta a sgretolare quelle barriere che dividono dagli altri, è il pianeta della metamorfosi, ossia di quella capacità di trasformazione ed evoluzione che accompagna il percorso dell’essere umano e rappresenta la possibilità insita in ciascuno di noi di varcare la soglia del visibile e creare una connessione con il mondo attorno a noi e con le nostre qualità superiori.
    È legato alla compassione, all’intuizione e al senso artistico, ai sentimenti, ma il suo tipo di amore è meno carnale perché si riferisce a un senso di fusione, compartecipazione, empatia, dono di sé. In Nettuno c’è il misticismo e quell’amore incondizionato che esula dal giudizio e da ogni volontà di ricompensa, un amore che può riguardare non solo una persona ma anche un’idea, una causa, un’entità religiosa o una fede, sotto la sua influenza si perde il senso dell’io e si trova una connessione con quella parte d’infinito alla quale aspiriamo.

    ..mitologia..


    Il nome del pianeta deriva da quello dell'omonima divinità romana, in latino Neptunus, e corrispondente del greco Poseidone, dio del mare e dei cavalli. L'associazione con questa figura potrebbe essere stata motivata dal colore azzurro del pianeta, noto anche come pianeta blu. Poseidone aveva delle divinità corrispondenti nella mitologia etrusca, con Nethunus (dio delle acque dolci e dei pozzi) e in quella illirica, con Rodon. Secondo alcune leggende Poseidone fu allevato ed educato proprio su quest'isola, dai Telchini, demoni figli di Ponto (il mare profondo) e Gea (la terra).
    Nella tradizione classica, Poseidone era figlio di Crono (Saturno) e Rea (Opi) e venne mangiato dal padre subito dopo la nascita, come i suoi fratelli, poiché questi temeva l'avverarsi di un'antica profezia, secondo la quale uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato, mettendo fine al suo dominio sul mondo. Il più giovane dei suoi fratelli, Zeus (Giove), fu nascosto al padre grazie a uno stratagemma escogitato da Rea e una volta adulto, dapprima costrinse il padre a rigettare tutti i suoi fratelli, tra cui Poseidone ed Ade (Plutone), quindi condusse la guerra contro Crono e i suoi fratelli Titani, sconfiggendoli.
    Dopo la Titanomachia e la caduta di Crono, i tre regni del mondo furono spartiti con un sorteggio tra i suoi figli. A Zeus toccò il cielo, ad Ade spettò il regno degli inferi, mentre a Poseidone fu assegnato il regno del mare e delle acque.
    In quanto dio del mare, Poseidone mostrava il suo potere benevolo ai naviganti concedendo loro un mare calmo e senza tempeste, creando in alcuni casi addirittura delle nuove isole come approdo per le imbarcazioni in difficoltà. Quando veniva ignorato o offeso però, egli scatenava mareggiate e terremoti, colpendo la terra con il suo tridente. Per questo motivo Poseidone era considerato anche il dio dei terremoti e definito scuotitore della terra (soprattutto a Cnosso, in epoca micenea). Agli inizi della civiltà greca, Poseidone ricopriva un ruolo molto importante, in certi casi anche superiore a quello di Zeus. Una prova viene dal poema omerico dell'Odissea, in cui è lui, e non Zeus, a rivelarsi come dio che controlla gli eventi. Il suo odio per Ulisse, dovuto al fatto che questi ha accecato suo figlio Polifemo, impedisce a questi per molti anni di fare ritorno in patria, a Itaca.
    Come punizione per aver offeso Zeus, Poseidone e Apollo furono mandati a servire Laomedonte, il re di Troia, il quale ordinò loro di costruire una grande fortificazione intorno alla città, senza tuttavia mantenere la promessa di una ricompensa. Nell'Iliade, infatti, Poseidone si schiera dalla parte dei Greci e in diverse occasioni scende in battaglia contro l'esercito troiano. Poseidone e Apollo si occupano spesso degli stessi aspetti nelle vicende degli uomini; il primo era anche uno dei custodi dell'Oracolo di Delphi, prima che il secondo ne assumesse il controllo.
    Dalla ninfa Anfitrite, una delle Nereidi discendenti dei Titani Oceano e Tetide, Poseidone ebbe come figlio un sirenide di nome Tritone, il cui nome è stato assegnato al maggiore dei satelliti di Nettuno.

    ..una curiosità..


    Secondo le ipotesi di un gruppo di scienziati americani, su Nettuno, si verificherebbe un fenomeno meteorologico molto particolare: le " Pioggie di Diamanti". Sembrerebbe che l'ipotesi sia nata dalla necessità da parte di planetologhi, di spiegare una anomalia del pianeta. L'estrema turbolenza della sua atmosfera, indica un'energia, non giustificabile per un pianeta che dista dal sole ben quattromiliardi e mezzo di chilometri. L'atmosfera di Nettuno è agitata da tempeste e venti, da cicloni, uragani, di una forza impensabile. Gli scienziati hanno riparametrato l'atmosfera, con altri pianeti come Giove ed Urano, ed hanno scoperto che Nettuno emette quasi tre volte più di calore, di quanto non ne riceva dal sole.
    L'Università di Barkeley, ha attrezzato un laboratorio, ed ha iniziato a creare delle simulazioni, il pianeta è infatti costituito da un nucleo solido piccolo, circondato da un'immensa massa di metano, la cui pressione aumenta man mano che scende verso il nucleo, i ricercatori sono riusciti a riprodurre tali effetti, fino ad arrivare a dei risultati sorprendenti: il metano ha una molecola formata da quattro atomi di idrogeno disposti attorno al nucleo di carbonio. Sotto l'effetto della pressione e del calore, i legami atomici si spezzano, e gli atomi di carbonio liberi, iniziano ad aggregarsi tra di loro, legandosi come una struttura cristallina di carbonio puro: " diamanti " Quelli più grandi, che non possono galleggiare nell'atmosfera densissima, precipitano giù verso il nucleo, generando calore per attrito. Questo spiegherebbe l'anomala temperatura di Nettuno. Ecco che l'atmosfera di Nettuno, sarebbe attraversata da una pioggia di diamanti continua, e non solo, il suo nucleo, ne sarebbe ricoperto per chilometri.

    Inno a Nettuno

    Presso il tuo cuore gigante,
    inarrivabile, o mostro,
    cosa comanda la pressione
    i gas e i venti furibondi
    se non colti dall’albero del sole
    i frutti dell’atomo celeste?

    Pare vederti in faccia se la ripida
    scala dell’universo alza
    la barriera dell’invalicabile ignoto:
    ed hai occhi scuri
    non di morte,
    di quel nulla che si teme.

    Tu sei qui presente ogni giorno
    nello stesso moto dei millenni
    il più distante
    il più lento.
    Osservi forse
    con l’indifferenza meccanica
    l’arena della vita e della non vita.
    Non è in te speranza
    che lo scienziato si sbagli
    e il letterato con un balzo
    ti raggiunga:
    si tuffi in quel tuo mare d’inferno
    e si ritrovi per negarsi.

    Tu non lo concedi, compagno freddo
    lontano:
    tu grande
    tu distante
    tu di sogni curvi e spirali
    nell’universo piano.
    (Pietro Peli)

     
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    Ecco Plutone in primo piano (o quasi)


    Lo ha inviato sulla Terra la sonda New Horizons, sempre più vicina alla meta.


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    Dopo un viaggio durato più di nove anni, dopo aver percorso tre miliardi di chilometri verso i confini del Sistema Solare, dopo aver fatto temere a causa di un black out verificatosi quasi ad un soffio dalla meta, finalmente la sonda NASA New Horizons è pronta ad incontrare Plutone: i passaggi radenti stanno ufficialmente per iniziare.

    Ad 8 milioni di chilometri


    E così, nella prima mattina dell'8 luglio, gli scienziati della missione hanno ricevuto questa immagine del Pianeta nano, la più dettagliata tra quelle fino ad ora inviate da LORRI, Long Range Reconnaissance Imager, strumento a bordo di New Horizons. Lo scatto è del giorno precedente ed è stato rubato quando il veicolo spaziale si trovava ad "appena" 8 milioni di chilometri dalla superficie di Plutone. Una fotografia doppiamente sospirata, dato che è la prima ad essere inviata dopo che il 4 luglio la sonda ha fatto registrare l'anomalia che l'aveva fatta entrare in safe mode.

    Una superficie da esplorare
    L'obiettivo punta grossomodo in direzione dell'area alla quale si avvicinerà New Horizons il prossimo 14 luglio: uno scenario del Pianeta nano dominato da tre ampie regioni che si mostrano con diverse luminosità. La più notevole è scura ed ha una caratteristica forma allungata che si estende nei pressi dell'equatore; informalmente è conosciuta tra gli scienziati come "la balena". C'è anche una ampia regione di circa 2.000 chilometri quadrati luminosa e a forma di cuore. Sopra queste aree c'è una regione polare dalla luminosità intermedia. Infine gli scienziati hanno individuato una struttura a forma di ciambella, dal diametro di circa 350 chilometri, che ad un primo sguardo sembrerebbe ricordare formazioni analoghe che si trovano in altri punti del Sistema Solare: forse un cratere da impatto o, magari, un vulcano.

    La prossima volta in cui vedremo questa parte di Plutone una porzione di questa regione apparirà ad una risoluzione migliore di circa 500 volte, rispetto a quella di oggi. Sarà incredibile! – Jeff Moore, NASA's Ames Research Center

    plutone-e-caronte


    in foto: Plutone e Caronte ritratte nella tarda giornata dell'8 luglio, con la sonda a circa 6 milioni di chilometri (Credits: NASA–JHUAPL–SWRI)
    Plutone e Caronte
    Obiettivo del sorvolo di New Horizons sarà anche il più massiccio tra i satelliti naturali di Plutone, Caronte: l'occasione è imperdibile per tentare di conoscere qualcosa in più su questi due mondi ghiacciati che orbitano assieme da miliardi di anni ma che, a parer degli scienziati, sono estremamente diversi l'uno dall'altro. L'ipotesi degli astronomi è che a formare i due corpi celesti, infatti, sia stata una collisione avvenuta in epoche remotissime che non disintegrò i due oggetti iniziali ma li lasciò, comunque, come due stranieri benché costantemente uniti al pari di due fratelli.

    I contrasti di oscurità e luce che caratterizzano la superficie di Plutone, ad esempio, sono assenti in Caronte in cui soltanto una buia regione polare interrompe un terreno sostanzialmente uniforme sul grigio chiaro. I materiali rossastri che colorano Plutone sono assenti su Caronte, così come sul satellite è assente l'atmosfera, significativa sul Pianeta nano. Monossido di carbonio, azoto e metano sono presenti su Plutone ma non li troveremmo su Caronte. L'interno del Pianeta nano, infine, sarebbe perlopiù roccioso, a differenza di quello della Luna che dovrebbe contenere acqua ghiacciata e roccia in misura più o meno analoga.

    fonte:http://scienze.fanpage.it/


    da lussy60

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    Non è del nostro Sistema Solare ma.....

    Nasa, scoperto pianeta 'gemello' della Terra




    Scoperto un pianeta simile alla terra: "è il pianeta 'gemello' piu' vicino alla terra, una sorta di cugino piu' anziano, osservato dal telescopio Keplero". A fare lo storico annuncio,John Grunsfeld della Nasa, in un briefing in corso con altri esperti. La possibile 'nuova Terra' e' stata chiamata "Kepler 452B". "Gli anni su Kepler 452B sono della stessa lunghezza che qui sulla Terra - ha spiegato Jon Jenkins, capo analista dei dati provenienti dal telescopio della Nasa - ed ha trascorso miliardi di anni intorno la zona 'abitabile' della sua stella. Il che significa che potrebbe aver ospitato vita sulla sua superficie ad un certo punto, o potrebbe ospitarla ora" "Kepler 452B - hanno spiegato ancora gli esperti - ha un'eta' di 6 miliardi di anni e riceve il 10% in piu' di energia dalla sua stella rispetto alla Terra". La sua dimensione e' compatibile con quella della Terra - ossia una volta e mezza il nostro globo - ed il suo sistema solare anche.
    (ansa)




    A 20 anni dalla scoperta del primo pianeta extrasolare, gli astronomi al lavoro sui dati di Kepler hanno individuato l'esopianeta più simile alla Terra mai scoperto finora: un mondo probabilmente roccioso che orbita intorno a una stella analoga al Sole, chiamata Kepler 452.

    «Si tratta del primo esopianeta terrestre situato nella zona abitabile di una stella molto simile al Sole», dice Douglas Caldwel, un astronomo del SETI. Una scoperta scientifica di grande valore, che avrà però lasciato delusi quanti - complice il tam-tam mediatico delle ultime ore - speravano in qualche improbabile, clamorosa scoperta.

    L'esopianeta in questione Kepler 452-b è più grande della Terra del 60% e orbita intorno alla sua stella a una distanza paragonabile a quella che separa la Terra dal Sole. La stella, che si trova a 430 parsecs dalla Terra, nella costellazione del Cigno, è leggermente più brillante del Sole (il 10%; e solo il 4% più massiccia), il che fa del nuovo esopianeta un miglior candidato a "gemello" della Terra rispetto agli ultimi individuati, che orbitano intorno a stelle meno brillanti.
    (www.focus.it)




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  14. gheagabry
     
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    “Plutone: non ancora esplorato”


    PLUTONE


    Plutone è un pianeta nano del sistema solare, con un'orbita eccentrica a cavallo dell'orbita di Nettuno; è il secondo più massiccio tra i pianeti nani del sistema solare, superato solo da Eris, e il nono corpo celeste più massiccio che orbita direttamente attorno al Sole.Fu scoperto nel 1930 da Clyde Tombaugh e inizialmente classificato come il nono pianeta. Fu riclassificato come pianeta nano il 24 agosto 2006 e battezzato formalmente 134340 Pluto dalla UAI, Plutone.
    Possiede cinque satelliti naturali conosciuti: Caronte, scoperto il 22 giugno 1978, con cui Plutone forma una sorta di sistema binario, e quattro satelliti minori, Notte e Idra, scoperti nel maggio 2005, Cerbero scoperto nel luglio 2011 e Stige scoperto nel luglio 2012.

    La massa di Plutone è di 1,31 × 1022 kg, equivalente allo 0,22% di quella terrestre, e il suo diametro è di 2 370 km, ovvero circa il 68% di quella della Luna. La sua superficie è circa il 10% inferiore a quella del Sud America.
    Tra gli oggetti del sistema solare, Plutone è molto meno massiccio dei pianeti terrestri, e la sua massa è meno del 20% di quella lunare, ma è anche meno massiccio di altri sette satelliti del sistema solare: Ganimede, Titano, Callisto, Io, la Luna, Europa e Tritone. Ha un diametro più che doppio del pianeta nano Cerere, il più grande oggetto della fascia degli asteroidi, ma è meno massiccio del pianeta nano Eris, un oggetto transnettuniano scoperto nel 2005.
    Osservazioni tramite il telescopio spaziale Hubble hanno stimato la densità di Plutone compresa tra 1,8 e 2,1 g/cm3, suggerendo che la sua composizione interna sia composta da circa il 50-70% di roccia e da circa il 30-50% di ghiacci, d'acqua e di altri elementi. Possiede una debole atmosfera, composta prevalentemente da metano, azoto e monossido di carbonio, la cui pressione varia da 6,5 a 24 microbar.
    L'eccen-
    tricità dell'orbita di Plutone ha un impor-
    tante effetto sulla sua atmosfera e la pressione varia sensibil-
    mente al variare della distanza del corpo dal Sole e con il ciclo delle stagioni: quando Plutone si allontana dal Sole, la sua atmosfera dovrebbe gradualmente congelarsi e cadere in superficie, mentre quando si avvicina al perielio, la temperatura aumenta e i ghiacci sublimano in gas.L'orbita di Plutone è molto inclinata rispetto all'eclittica (di oltre 17°) e altamente eccentrica. Questa elevata eccentricità è la causa per cui Plutone, per un breve periodo della sua rivoluzione, si trova più vicino al Sole di Nettuno. Il periodo orbitale di Plutone è di 248 anni terrestri.


    Nel 2003 fu concesso un finanziamento da parte del governo degli Stati Uniti per la sonda New Horizons, che è stata lanciata il 19 gennaio 2006 alla volta di Plutone. L'incontro con il pianeta nano è avvenuto il 14 luglio 2015. La sonda trasportava, oltre alla strumentazione scientifica, anche un francobollo statunitense del 1991 con la dicitura "Pluto - Not yet explored" e le ceneri dell'astronomo che scoprì il pianeta nel 1930, Clyde Tombaugh.
    Si è trattato di un fly-by, ossia di un sorvolo, perché la sonda non ha abbastanza carburante a bordo per rallentare e immettersi in orbita attorno all'oggetto; i piani di volo prevedono un avvicinamento massimo a circa 12500 km di distanza dalla superficie plutoniana a una velocità relativa di circa 14 km/s, con la possibilità di sorvolare il pianeta ancora più vicino grazie a correzioni di rotta successive.
    La sonda, messa in stato di ibernazione per un lungo periodo per preservare gli strumenti per l'incontro ravvicinato, si è attivata alcuni mesi prima dell'arrivo. Data l'enorme distanza dalla Terra e la bassa potenza disponibile, l'invio dei dati avviene a velocità molto bassa, tra 0,6 e 1,2 kilobit al secondo, e occuperà i mesi successivi all'incontro. L'inizio della trasmissione dei dati ricavati di maggior importanza inizierà a settembre 2015 e durerà un paio di mesi, mentre per la ricezione dei dati completi inizierà a novembre 2015 e avrà la durata di un anno circa.

    ...storia...



    Si sospettava da tempo l'esistenza di un pianeta esterno rispetto a quelli già noti, a causa del fatto che Urano e Nettuno sembravano muoversi in modo diverso dal previsto, come se fossero perturbati dall'attrazione gravitazionale di un altro oggetto. Alle stesse conclusioni arrivarono William Henry Pickering e Percival Lowell all'inizio del Novecento. Perfino lo scrittore Howard P. Lovecraft aveva ipotizzato, sulla base di calcoli astronomici, l'esistenza di un altro pianeta oltre Nettuno. La tecnica delle perturbazioni aveva già riportato un grande successo nel 1846, quando Nettuno era stato scoperto allo stesso modo.
    Clyde Tombaugh iniziò ad interessarsi di astronomia sin da giovane, negli anni venti, costruendosi telescopi amatoriali per osservare oggetti del sistema solare. Nel 1928 mandò alcuni disegni di osservazioni compiute su Marte e Giove a Vesto Slipher, allora direttore dell'Osservatorio Lowell di Flagstaff, in Arizona. Slipher lo assunse all'osservatorio e lo incaricò della ricerca del Pianeta X, previsto da Lowell e Pickering. Seguendo le previsioni teoriche e dopo lunghe ricerche, il 18 febbraio 1930, per mezzo del confronto di lastre fotografiche impressionate pochi giorni prima, il 23 e il 29 gennaio, Tombaugh scoprì l'oggetto cercato, che già dai primi calcoli pareva orbitare al di là dell'orbita di Nettuno. Dopo che l'osservatorio ebbe ottenuto fotografie di conferma, la notizia della scoperta fu telegrafata all'Harvard College Observatory il 13 marzo 1930, in quanto l'osservatorio volle far coincidere la data con quella della scoperta di Urano da parte di Herschel e con la data di nascita di Percival Lowell, avvenuta nel 1855. . Per trovare il pianeta, Lowell aveva ideato una macchina in grado di comparare lastre fotografiche di cielo a diverse ore, per vedere se qualcosa fosse cambiato rispetto allo sfondo delle stelle fisse. Prima della scoperta, Tombaugh ci si "consumò gli occhi" per sei mesi, osservando - si dice - circa 45 milioni di oggetti celesti. Il pianeta fu in seguito ritrovato in fotografie risalenti al 19 marzo 1915.
    Plutone fu trovato quasi esattamente nella posizione prevista dai calcoli teorici, per cui inizialmente si credette di aver trovato il corpo perturbatore, il Pianeta X. Col passare degli anni le misurazioni rivelarono tuttavia che Plutone era di gran lunga troppo piccolo per spiegare le perturbazioni osservate, e si pensò quindi che non si potesse trattare dell'ultimo pianeta del sistema solare. Ripartì quindi la caccia al decimo pianeta. La questione fu risolta solo nel 1989, quando l'analisi dei dati della sonda Voyager 2 rivelò che le misure della massa di Urano e Nettuno comunemente accettate in precedenza erano lievemente sbagliate. Le orbite calcolate con le nuove masse non mostravano alcuna anomalia, il che escludeva categoricamente la presenza di qualunque pianeta più esterno di Nettuno con una massa elevata.

    ...la ricerca del nome...


    Appena le agenzie batterono la notizia della scoperta del Pianeta X, a Flagstaff arrivarono centinaia di lettere e telegrammi da parte di astrofili e appassionati di scienza. La maggior parte di essi, oltre alle congratulazioni, suggeriva agli scienziati il nome secondo loro più adatto. C'è chi propose Eureka, perché il pianeta era stato finalmente scoperto dopo una ricerca durata parecchi anni. Oppure Twelow, gioco di parole tra twenty (perchè osservato nel ventesimo secolo) e Lowell, il nome del fondatore dell'osservatorio. E poi ancora Splendor, Pax, Ariel, Salacia, Athenia, Nuevo, Utopia, Maximum, Tantalus, Perseus. Il 1 maggio 1930, il "Pianeta X" ha finalmente un nome, Plutone, scelto dal Lowell Observatory su suggerimento di Venetia Burney, una bambina di 11 anni di Oxford. L'idea vincente nacque nel soggiorno di casa Madan, a Oxford. Venetia Pham stava facendo colazione con sua madre e suo nonno, Falconer Madan, bibliotecario in pensione della Bodleian Library. Falconer raccontò la scoperta di un pianeta, al di là Nettuno. Il nono del Sistema Solare. “Mio nonno si chiedeva come sarebbe stato chiamato”, racconta la Pham nel documentario Naming Pluto. “Tutti ce lo chiedevamo, in realtà. Poi ho detto: 'Perché non chiamarlo Plutone?' . È iniziato tutto così”. La proposta della nipotina piacque parecchio a Madan. Così la riferì al suo amico Herbert Hall Turner, professore di astronomia a Oxford. “Penso che sia un nome eccellente”, scrisse Turner a Madan. “Non siamo riusciti a pensare a un nome altrettanto buono durante la conferenza. L'unico che ci sembrava decente era Kronos. Ma non andava bene, perché esiste già Saturno [Kronos è l'equivalente greco di Saturno, nda] ”. Quindi Turner avvertì telegraficamente Flagstaff: “Nello scegliere il nome per il nuovo pianeta, pregovi considerare Plutone. È stato suggerito da una bambina di undici anni ed è perfetto per un pianeta piccolo e cupo”. “Plutone è un nome eccellente, per almeno due motivi”, spiega Neil deGrasse Tyson, il famosissimo astronomo e divulgatore statunitense, direttore dell' Hayden Planetarium. “Anzitutto, è il nome di un dio della mitologia romana, in linea con il resto dei grandi corpi nel Sistema Solare, e quindi è conforme alla tradizione. E poi, è il dio degli inferi. Un posto lontano dove non si vorrebbe mai andare a finire. Chi potrebbe pensare che non sia il nome giusto?”. (wired.it)

    ...nella mitologia...


    Plutone è figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus e di Poseidone ed uno dei tre dei che si divisero il comando dell'Universo dopo la vittoria sui Titani. Mentre Zeus otteneva il Cielo e Poseidone il Mare, Plutone diveniva signore del mondo infernale, chiamato Ade. Il nome Ade significa l'"Invisibile" e veniva usato il meno possibile, poiché era considerato poco augurale. Si usavano invece eufemismi come Plouton, Plutone, il "Ricco", alludendo alla ricchezza della terra, sia della terra coltivata, sia delle miniere che cela.Lo si considerava benefico, perché dalle profondità della terra proviene la ricchezza, e talora veniva identificato con Pluto. Plutone è spesso rappresentato mentre tiene un corno dell'abbondanza, simbolo di quella ricchezza. La cui corte era formata da figure mostruose quali: demoni della morte (Thanatos), demoni del sonno (Hypnos), demoni della morte violenta nei campi di battaglia (Keres), demoni della violenza della tempesta (Arpie), demoni del rimorso e della maledizione divina (Erinni) e tanti altri. Ploutōn, identificato come Ade, è descritto nell'Iliade come il Dio più odiato dai mortali. Nelle opere di Omero è famoso per i cavalli del suo cocchio, sul quale trasporta le anime dal mondo nell'Erebo.
    Non fu mai una divinità popolare presso i Greci: intorno a lui si formò, relativamente tardi, un solo mito, ed è quello del rapimento di Persefone. Raccontano che Ade era talmente brutto che tutte le donne fuggivano alla sua vista e per questo motivo quando si innamorò di Persefone fu costretto a rapirla perchè temeva un suo rifiuto.
    Ade possedeva un elmo che rendeva invisibili, se indossato. Fu usato da Perseo per uccidere Medusa Il culto era scarsamente diffuso e vi sono pochissime sue rappresentazioni artistiche. Plutone è conosciuto dai Romani col nome di Dite (da dives = ricco).
    Platone afferma che la gente preferisce il termine Ploutōn, "dispensatore di ricchezze," in quanto il termine Ade suscita timore. Col nome Ploutōn è conosciuto nei Misteri eleusini, nei quali è venerato come un sovrano severo ma amorevole marito di Persefone. La coppia riceve le anime nell'oltretomba e sono invocati assieme nelle iscrizioni religiose. Viceversa, Ade aveva templi e pratiche religiose connesse solo a lui ed è rappresentato come oscuro e violento rapitore di Persefone.


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    Un’aurora polare extrasolare
    Un fenomeno molto particolare è stato osservato su una nana bruna lontana 20 anni luce da noi.

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    in foto: Rappresentazione artistica di un'aurora boreale su una nana bruna. Credit: Chuck Carter and Gregg Hallinan/Caltech


    Le nane brune sono degli oggetti celesti freddi e fiochi piuttosto difficili da comprendere e classificare per gli scienziati. La loro natura di stelle – sono troppo massicce per poter essere annoverate tra i pianeti – presenta comunque parecchie caratteristiche riconducibili ai pianeti; le nane brune sono, infatti, troppo piccole per sostenere le reazioni di fusione dell’idrogeno al loro interno, che sono proprie delle stelle.

    Stelle mancate simili a super pianeti

    Osservando una nana bruna distante circa 20 anni luce da noi, un gruppo di astronomi guidati da Gregg Hallinan del California Institute of Technology ha individuato una ulteriore peculiarità che rende questi corpi molto più vicini a dei Pianeti dalle grandi dimensioni. Servendosi del più potente radiotelescopio al mondo, il National Radio Astronomy Observatory’s Very Large Array, i ricercatori hanno assistito per la prima volta ad un fenomeno che si presenta simile a quelle che sulla Terra chiamiamo aurore boreali: solo che, in questo caso, pare che si tratti di qualcosa migliaia di volte più potente. I dettagli della scoperta sono stati resi noti in un articolo pubblicato dalla rivista Nature. A quanto pare, quindi, le nane brune differiscono dalle stelle anche in termini di attività magnetica: e questo rafforza ulteriormente la loro natura di «stelle mancate».

    Fenomeni potentissimi (e in parte ancora non compresi)
    Sulla Terra, le aurore polari sono generate dalle particelle cariche che, portate dal vento solare, interagiscono con la magnetosfera terrestre; tali particelle eccitano gli atomi dell’atmosfera che, successivamente, emettono luce su diverse lunghezze d’onda. Le caratteristiche del campo magnetico terrestre fanno in modo che le aurore possano essere visibili esclusivamente attorno ai poli magnetici del Pianeta, seppur qualche volta il fenomeno si sia esteso anche in regioni più prossime all’Equatore.

    Ma per LSR J1835 + 3259 – questo il nome della nana bruna – e per la sua aurora pare che le cose stiano diversamente. Come? I ricercatori non posseggono ancora una risposta precisa: le particelle cariche, spiegano gli esperti, non vengono portate dal vento stellare. Probabilmente potrebbe esserci un’altra fonte, come un pianeta orbitante che si muove attraverso la magnetosfera della nana bruna, il quale genererebbe la corrente di particelle la cui collisione darebbe origine alle aurore. In ogni caso, si tratterebbe di un processo già osservato, per alcuni aspetti, in altri pianeti del Sistema Solare: solo migliaia di volte più potente.

    Se fossimo in grado di restare sulla superficie della nana bruna che abbiamo osservato, cosa di fatto impossibile a causa delle temperature roventi e della devastante gravità superficiale, noi verremmo sottoposti talvolta ad un fantastico spettacolo di luci concesso da aurore centinaia di migliaia di volte più intense di qualunque altra mai individuata nel nostro Sistema Solare – Gregg Hallinan

    fonte:http://scienze.fanpage.it/

     
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