IMPERATORI ROMANI

civiltà romana

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  1. gheagabry
     
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    SERVIUS SULPICIUS GALBA



    Servius Sulpicius Galba. Imperatore romano (Terracina 5 aC - Roma 69 dC). Di famiglia nobile e ricca, rivestì il consolato nel 33, governando successivamente la Germania Superiore (41), l'Africa (45), la Spagna Tarraconense (60-68).

    Galba era nato da una nobile famiglia ed era molto ricco, ma non legato né per nascita né per adozione ai primi sei imperatori. Fin dalla fanciullezza fu visto come un giovane di notevoli doti, e si dice che sia Augusto che Tiberio profetizzassero la sua futura ascesa (Tacito, Annali). Degli antenati di Galba ci parla Svetonio nella “Vita dei Cesari”:


    “Da quest’ultimo Sulpicio discendono il nonno e il padre dell’imperatore Galba. Il nonno, segnalatosi più come studioso che per le cariche ricoperte (non andò infatti più in là della pretura), pubblicò un’opera storica ben congegnata e diligente. Il padre, dopo aver avuto il consolato, pur essendo di piccola statura, gobbo e dotato di modeste facoltà oratorie, esercitò attivamente l’avvocatura. Ebbe due mogli: prima Mummia Acaica, nipote di Catulo e pronipote di Lucio Mummio, il distruttore di Corinto; poi Livia Ocellina, bella oltre che ricchissima. Da Mummia Acaia gli erano nati due figli, Gaio e Servio. Gaio, il maggiore, lasciò Roma dopo aver sperperato i suoi averi e, poiché Tiberio gli aveva proibito di concorrere al proconsolato nell’anno in cui pure gli spettava di diritto, si suicidò”.

    L’imperatore Servio Galba nacque il 24 dicembre dell’anno 3 a.c., come racconta Svetonio “adottato dalla matrigna Livia Ocellina ne assunse il nome e il soprannome di Ocellare; cambiò pure il prenome, giacché prima di giungere al principato si faceva chiamare Lucio al posto di Servio”. Godette della protezione di Augusto, Tiberio, Livia, Gaio e Claudio.

    Pretore nel 20, e console nel 33, acquistò buona reputazione nelle province di Gallia, Africa e Spagna per le sue capacità militari. Tra i comandi delle varie province che gli vennero affidati i più importanti furono quello della Germania Superiore, dove fu inviato da Gaio per ristabilire la disciplina dopo la rivolta di Lentulo Getulico, e quello della Spagna Tarragonese nel 61, dove trascorse otto anni durante il regno di Nerone. Sembra che sia stato onesto ma severo fino alla crudeltà. Alla morte di Caligola, rifiutò l'invito dei suoi amici di farsi avanti per l'impero, e servì lealmente Claudio. Nel 68, Galba seppe dell'intenzione di Nerone di metterlo a morte, e dell'insurrezione di Giulio Vindice in Gallia. Pensò di imitare Vindice, ma la sconfitta ed il suicidio di costui lo trattennero. La notizia poi che Sabino, prefetto dei pretoriani, si era dichiarato in suo favore lo incoraggiò di nuovo. Così, anche se fino ad allora si era dichiarato emissario del Senato e del popolo romano, dopo la morte di Nerone, assunse il titolo di "Cesare" e marciò su Roma.
    Le legioni delle province lo riconobbero quasi tutte imperatore, soprattutto in Gallia, mentre le legioni sul Reno proclamarono il loro comandante Vitellio, che, forte di un esercito, marciava verso Roma. Vespasiano invece dalla Galilea inviò presso Galba il figlio Tito per ricevere istruzioni.

    Nel 68 dunque sedette del trono con l’aiuto della guardia del pretorio al comando di Ninfidio Sabino. Egli fu il primo imperatore ad essere portato al potere dai propri legionari.
    Inizialmente, fu ben accolto dal Senato e dal partito dell'ordine, ma non fu mai popolare presso l'esercito ed il popolo. La preoccupazione principale del nuovo imperatore durante il suo breve regno fu il ripristino delle finanze statali e a tal fine intraprese una serie di misure impopolari, tra cui la più pericolosa: lo sprezzante rifiuto di pagare ai pretoriani quanto era stato promesso a suo nome. Galba era famoso in tutto l'Impero per la sua crudeltà: secondo la storico Svetonio, Galba impose molte più tasse a quelle province dell'Impero che non lo avevano immediatamente accettato come successore di Nerone. Inoltre, condannò a morte molte persone senza nemmeno giudicarle con un processo; aveva duramente represso le rivolte presso le legioni armate da Nerone per combatterlo, d'altro canto però non era neppure popolare presso la plebe per via delle tasse e per il fasto con cui intratteneva i suoi ospiti.
    L'età avanzata e le frequenti malattie distrussero la vitalità dell'Imperatore (lo storico Svetonio infatti accenna ad un cancro allo stomaco): approfittando della grave situazione fisica in cui gravava, il console Tito Vinio, il comandante della Guardia Pretoriana Cornelio Lacone e il liberto Icelus Marciano comandavano l'Imperatore, guadagnandosi il soprannome di "Tre Pedagoghi".

    Però Galba mancava del tatto e la lungimiranza dei Cesari. Infatti premiò le popolazioni che avevano risposto all'appello di Vindice, alle quali condonò un quarto dei tributi e concesse la cittadinanza romana, ma punì Lugdunum e le città che non avevano preso parte alla rivolta, confiscandogli beni e provocando il malcontento delle legioni di Rufo. Si fece molti nemici, come con Sabino che l'aveva appoggiato e gli chiedeva il comando dei pretoriani, concedendolo invece ad altri. Sabino cercò di ribellare le sue ex coorti all'imperatore, ma venne ucciso. Anche due capi militari che non avevano voluto riconoscere il nuovo imperatore, Fontejo Capitone e Clodio Macro governatore d'Africa, perdettero la vita.
    Lasciò l'amministrazione della cosa pubblica a uomini avidi ed arroganti che vendettero favori, privilegi e impunità contro il desiderio del popolo che aspettava si punissero i sicarii neroniani.
    Ai pretoriani, che lo avevano appoggiato con la promessa di 30000 sesterzi, da parte di Sabino a lui favorevole, Galba, notoriamente avaro, rispose che era sua abitudine arruolare i soldati e non comprarli. A Roma si trovava una legione di marinai che Nerone aveva tolti alla flotta di Miseno: Galba ordinò che tornassero alle navi, lasciando le aquile e le insegne a Roma, e al loro rifiuto ne ordinò la strage con la cavalleria. Questo gli alienò la I Legione Adiutrix, anch'essa di marinai, che l'imperatore aveva condotto dalla Spagna.
    Così Galba licenziò senza premio la guardia germanica con la scusa che erano fedeli a Gneo Dolabella, e rimandò in Spagna proprio quei legionari che lo avevano acclamato imperatore.
    Inoltre, salito sul trono, anziché dare autorità al Senato, accentrò nelle sue mani tutti i poteri, alienandogli le simpatie dei senatori.

    Allo scopo di dare una rassicurante impressione di continuità dinastica adottò Lucio Calpurnio Pisone Liciniano, giovane di carattere e di lignaggio impeccabili (anche la Clapurnia era una famiglia originaria della Sabina).
    Galba, di nobili origini, scegliendo un uomo fuori della sua famiglia per farne l’erede designato, aveva sostenuto un principio nuovo e giusto: che il trono, cioè, dovesse andare al più meritevole, esattamente come la sua stessa elevazione per la prima volta aveva veduto il conferimento del principato ad un individuo che non apparteneva alla casa dei Giulii e dei Claudii. Ma tale decisione contrariò fortemente Otone, che in precedenza aveva sostenuto Galba e che aveva sperato nell’adozione.

    Gli fu fatale il trattamento a Virginio Rufo. Poichè lo vedeva come un rivale, lo richiamò dalla Germania superiore mandando al suo posto il vecchio Flacco. Ormai Galba, avendo perso energia a causa dell'età avanzata, rimase completamente nelle mani dei suoi favoriti. Il 1º gennaio 69, due legioni dislocate nella provincia di confine della Germania Superiore si rifiutarono di giurare fedeltà all'imperatore Galba: ruppero le statue raffiguranti Galba e chiesero al Senato di scegliere un nuovo imperatore. Le legioni di Rufo, rifiutarono pertanto di prestare giuramento a Galba e chiedendo un principe eletto dal Senato e dal Popolo. Qualche giorno dopo, le legioni delle Germania inferiore, acclamarono imperatore il loro generale Aulo Vitellio che venne riconosciuto anche dall'esercito dell'Alto Reno. Aveva dunque adottato Cajo Pisone Liciniano come successore, un giovane di trentadue anni, di severi costumi e discendente da Pompeo e da Crasso, sperando di calmare gli animi e di scoraggiare i contendenti.
    Del malcontento delle soldatesche e del popolo approfittò invece Salvio Otone, marito di Poppea, che per vendicarsi di Nerone aveva aderito al movimento di Galba e sperava di esserne il successore. Era un uomo ambizioso e carico di debiti èer cui vedendo con l'adozione di Pisone fallire le sue speranze di successione, ed essendo premuto dai debitori, organizzò una congiura, servendosi di alcuni pretoriani che comprò con forti somme.
    Il 16 gennaio del 69, mentre Galba faceva un sacrificio nel tempio di Apollo, nel Foro, presso la pietra miliare dorata, un piccolo numero di pretoriani acclamò Otone imperatore e lo portò in lettiga al campo di porta Nomentana, dove le coorti si dichiararono pronte a seguirio. Galba mandò allora alcuni tribuni militari perché riportassero all'obbedienza le coorti pretorie e diede incarico a Pisone di bloccare la rivolta che non si propagasse alla guardia del palazzo.Galba, tratto fuori a forza, ricevette un colpo di spada alla gola. E poi fecero scempio del suo corpo.


    Il popolo, inaspettatamente, fu dalla parte di Galba e volle accompagnarlo al Foro. Ai ribelli si erano intanto uniti i marinai e le legioni, e, tutti al comando di Salvio Otone, entrarono in Roma. Galba non aveva nessun corpo di soldati da poter opporre, aveva il popolo dalla sua, ma il popolo che lo accompagnava acclamante verso il Foro quando vide le soldatesche ribelli si dileguò e la lettiga imperiale venne circondata dai soldati.
    Lo storico latino Svetonio racconta che l'imperatore era talmente debole che dovettero portarlo in lettiga presso il Lacus Curtius e la sua coorte di pretoriani disertò lasciandolo solo nelle mani dei ribelli; aggiunge che abbia duramente apostrofato i ribelli a decapitarlo se pensavano fosse utile allo stato prima di essere trafitto e mutilato. Fu colpito dalla Damnatio Memoriae su ordine del suo successore Otone ma poi fu riabilitato da Vespasiano. Tacito giustamente afferma che tutti lo avrebbero ritenuto degno dell'impero se non fosse mai stato imperatore ("omnium consensu capax imperii nisi imperavisset").

    Morto Galba, sui suoi consiglieri ed amici si sfogò la furia dei rivoltosi. Tito Vinio fu trovato davanti il tempio di Cesare e, nonostante gridasse di aver preso parte alla congiura, fu trucidato. Pisone ferito, rifugiato nel tempio di Vesta con un suo fedele centurione, fu raggiunto, trascinato fuori e ucciso. Il popolo prese poi le parti del vincitore e cominciò a gridare: "Otone Cesare Augusto» e il Senato, stupito e intimorito dalla rapidità dei cambiamenti, si affrettò a radunarsi nel Campidoglio per ratificare l'elezione del nuovo imperatore.
    Le teste di Galba, Pisone e Vinio infisse su picche vennero dai soldati portate in trionfo per la città; il giorno dopo quella di Galba fu trovata presso la tomba di Patrobio, che l'imperatore aveva fatto uccidere, e fu sepolta con le ceneri del corpo. Degli altri amici di Galba, Aulo Lacone fu mandato in esilio e poi messo a morte, Icelo venne giustiziato, Marco Celso invece fu salvo e ricevette molti onori. Tigellino non ebbe scampo e si uccise.

    Otone, salito sul trono per opera dei pretoriani, lasciò ad essi la nomina dei loro comandanti e del prefetto di città.



    « Non si turbò Nerone, nell'udire
    il vaticinio delfico:
    "Dei settantatré anni abbia paura".
    Ha trent'anni. Assai lunga
    è la scadenza che concede il dio,
    per angosciarsi dei rischi futuri.
    Ora ritornerà a Roma, un poco stanco,
    divinamente stanco di quel viaggio,
    che fu tutto giornate di piacere,
    nei giardini, ai teatri, nei ginnasi...
    Sere delle città d'Acaia... Oh, gusto,
    gusto dei corpi nudi, innanzi tutto...
    Così Nerone. Nella Spagna, Galba
    segretamente aduna le sue truppe
    e le tempra, il vegliardo d'anni settantatré. »
    ( da La scadenza di Nerone di Costantino Kavafis)

     
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