NATIVI D'AMERICA

..i pellirossa..

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  1. gheagabry
     
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    I NATIVI D'AMERICA





    Nativi. Così si dovrebbero chiamare gli Indiani d'America. Nella zona delle Grandi Pianure erano stanziate molte nazioni indiane. Per nazione si intende un insieme di tribù o di famiglie. Esse presentavano caratteristiche simili: erano nomadi, basavano la propria economia sul bisonte, usavano armi adatte alla caccia dei grandi animali, utilizzavano bestie da soma (prima il cane, poi il cavallo), erano abilissimi cavalieri. Queste caratteristiche sono state assunte in epoca recente, quando ormai i bianchi erano approdati nel Nuovo Mondo e la loro presenza aveva irrimediabilmente trasformato le culture dei Nativi. Nelle pianure vivevano, tra le altre, le nazioni dei Sioux, degli Cheyenne, degli Arapaho, dei Comanche, dei Crow, dei Kiowa e degli Apache.



    La loro distribuzione geografica era la seguente. La grande nazione Sioux occupava una vasta zona che dal Minnesota arrivava fino alle Colline Nere ad Ovest e a Sud al fiume Piatte, mentre a Nord non si spingeva oltre il fiume Missouri. Oggi in questi territori si trovano gli Stati del Wyoniing, del Dakota del Nord e del Sud, del Montana, del Nebraska e del Minnesota. Il vero nome dei Sioux (termine derivante da una parola indiana che significa nemici) è Dakota, nel dialetto delle tribù orientali, e Lakota, in quello delle tribù occidentali: hanno entrambe lo stesso significato, cioè alleati.

    I Sioux erano divisi in tribù tra le quali possiamo ricordare i Santee, gli Oglala (il cui nome significa, nel loro linguaggio, Coloro che stanno nel mezzo), i Minneconjou (Coloro che seminano lungo il fiume), i Piedi Neri (da non confondersi con la tribù anch'essa chiamata Piedi Neri, che non apparteneva al gruppo sioux ed era stanziata più a occidente), gli Hunkpapa (gole tagliate), i Brulè (in francese significa bruciato, scottato), i Senza Arco e i Due Pentole. Alla famiglia dei Sioux, ma loro acerrimi nemici, apparteneva anche la tribù dei Crows, stanziata nella. porzione orientale dell'attuale Stato del Montana. Alleati dei Sioux erano gli Cheyenne, chiamati dai primi "Sha-hi-ye-na", "il popolo dal linguaggio straniero", mentre nella loro lingua essi erano i "Tsis-tis-tas", "il popolo magnifico". Erano confinanti dei Sioux negli Stati del Wyoming e Montana, essendo stanziati tra i fiumi Yellowstone e Piatte; un altro gruppo occupava lo Stato del Kansas, sull'alto bacino del fiume Arkansas. Nemici dei Sioux e degli Cheyenne e loro vicini erano i Pawnee (il nome significa "Como" e deriva dal particolare modo di acconciarsi i capelli). A Nord degli Cheyenne vi erano i loro alleati Arapaho, mentre a Sud, nell'attuale Oklahoma, vivevano i Comanche e i Kiowa. Negli Stati più a Sud vi erano gli Apache e i Navajo.


    Gli Apache occupavano una vasta zona compresa tra gli attuali Stati dell'Arkansas, dell'Arizona, del Nuovo Messico e del Messico. Essi non possono essere considerati una nazione come quella dei Sioux, in cui le varie tribù avevano contatti politici tra loro. La divisione dei gruppi e dei sottogruppi raramente prevedeva le situazioni di solidarietà, a meno che non vi fossero legami di parentela. Vi erano quattro tribù principali: i Chiricahua, i Mescalero, i Lipan, gli Jicarilla. Esse erano divise in gruppi e sottogruppi che a loro volta si frammentavano in piccole bande. I Chiricahua occupavano il Sud-Ovest del Messico; a questa tribù apparteneva la banda dei Mimbreio. Nel Nuovo Messico erano stanziati i Mescaleros, divisi in sottogruppi, tra i quali figurava quello degli Aravaipa. Infine, più a settentrione, nel territorio compreso tra i fiumi Pecos, Rosso e Arkansas, vi erano gli Apache delle praterie, con molti punti di contatto con le tribù del Nord. I Navajos occupavano l'attuale Stato dell’Arizona. Erano un tranquillo popolo che, a differenza degli Indiani delle Grandi pianure, aveva dimora stabile, non essendo nomadi. Erano dediti all'allevamento di capre, montoni e, in seguito, di pecore. Con la lana prodotta da questi animali, debitamente colorata, venivano tessute delle bellissime coperte, ancora oggi confezionate e vendute. Tutti gli Indiani delle pianure praticavano la pittura. La loro espressione artistica è legata principalmente al culto religioso.



    Gli sciamani incidevano sulla roccia gli animali mitici, quali l'Uccello del Tuono, che mettevano in comunicazione gli uomini con gli Spiriti sovrannaturali, oppure rappresentavano loro stessi nell'atto di compiere le cerimonie religiose. Non avendo scrittura, il disegno non era solo un mezzo decorativo, ma anche fondamentale per tramandare le pratiche religiose, gli avvenimenti, i racconti e le leggende della tribù da una generazione all'altra. Tipici, soprattutto dei Sioux e dei Kiowa, erano i calendari: anno dopo anno venivano "annotati" gli avvenimenti salienti accaduti al gruppo o al singolo. Sulle pelli di bisonte o di daino, opportunamente trattate, venivano dipinte, con tratto molto stilizzato, scene di caccia, di combattimenti. Simboli geometrici o feticci venivano disegnati sugli scudi che proteggevano gli uomini in battaglia, sui vestiti da cerimonia, sui tepee, sui tamburi di pelle usati nelle danze tribali. I colori usati erano il marrone, il rosso, il giallo, l'azzurro, il verde, il nero. Erano ricavati da argille colorate e dalle radici delle piante. Tutte le tribù si dedicavano anche alla produzione di ornamenti, dapprima ricavati da materiali naturali reperibili sul luogo, quali, tra gli altri, aculei di porcospino appiattiti e colorati. Quando i commerci con i bianchi divennero più frequenti, vennero usate le perline colorate e le conchiglie per decorare i vestiti e altri oggetti. A causa del loro nomadismo, per gli Indiani delle pianure, non abbiamo espressioni architettoniche o oggetti in ceramica. Questi si trovano solo nella parte meridionale degli Stati Uniti, dove, tra l'altro, più forte fu l'influsso messicano. In epoche ben precedenti a quella in questa sede considerata, gli Anasazi (in Navajo significa "l'antica gente", perché Li-precedettero nei territori da loro occupati), chiamati Pue~dagli Spagnoli (pueblo significa, non a caso, villaggio), costituirono vere e proprie città-fortezza: sfruttando spaccature della roccia, edificarono case in mattoni a più piani. Erano senza porte, vi si accedeva da un'apertura del tetto tramite una scaletta asportabile. Tolta questa la casa era inaccessibile: questo, e il fatto che era praticamente impossibile scorgere l'insediamento, rendeva l'abitato praticamente inespugnabile. Si possono ancora ammirare queste costruzioni a Cliff Palace e a Mesa Verde nel Colorado, a Pueblo Bonito nel Nuovo Messico, nel Canyon de Chelley in Arizona.



    Ma gli Indiani delle Pianure erano nomadi, nell'epoca storica che segnò la loro fine: non potevano dedicarsi all'arte fine a se stessa, non costruivano oggetti in ceramica o case. Andando oltre nella Storia le cose cambiarono ulteriormente. Con l'arrivo dell'uomo bianco, le culture, il modo di vita e persino le tradizioni dei Nativi mutarono radicalmente. Il principale elemento di trasformazione fu rappresentato dal cavallo. Originario dell'America, questo animale scomparve in epoca preistorica, spostandosi nelle terre del Vecchio Mondo. Con l'arrivo degli Spagnoli nel continente americano, fece ritorno nei suoi luoghi nativi in cui, trovando un habitat ideale, riuscì a sopravvivere e a moltiplicarsi. Probabilmente, i grandi branchi di cavalli selvaggi che nel giro di poco tempo popolarono le pianure, ebbero origine dai pochi esemplari scappati agli Spagnoli. In circa 250 anni tutte le popolazioni indiane vennero a contatto con la razza equina. Prima del cavallo uno dei pochi animali domestici delle tribù del Nord America era il cane, utilizzato come bestia da traino, ma anche per scopi alimentari. Con la cattura dei primi esemplari di cavalli vi fu una vera e propria rivoluzione nel modo di vita dei Nativi. Da sedentari quali erano, iniziarono a spostarsi con maggior frequenza. Al cavallo fu attaccato il travois, un traino privo di ruote (i Nativi non conoscevano la ruota), composto da due stanghe, fissate sui fianchi dell'animale, e un piano su cui si sistemava tutto ciò che era da trasportare, cioè il minimo indispensabile, che era poi l'intero corredo della famiglia.Tra i vari cambiamenti portati dal nuovo stile di vita, mutò anche il modo di fare la guerra tra le varie tribù. Si tenga presente che lo stato naturale delle famiglie indiane era quello belligerante. Fare la guerra era un mezzo per acquistare onore e prestigio in seno alla tribù. Venivano compiuti veloci raid, il cui scopo era quello di procurarsi il maggior numero di Cavalli possibile. Infatti sul possesso di questi animali si basava la ricchezza di un individuo, e il furto di cavalli era una delle azioni più valorose che un guerriero potesse compiere. Poco alla volta l'Indiano si trasformò in un esperto cavallerizzo ma soprattutto in un ottimo cacciatore. Mentre prima dell'avvento del cavallo la caccia non era il principale mezzo di sostentamento per i Nativi, essendo questi principalmente agricoltori, in seguito l'arte venatoria divenne talmente importante da condizionare l'intera esistenza del gruppo. La vittima preferita era il bisonte, il "buffalo" americano (spesso tradotto erroneamente in italiano col termine bufalo). Del bisonte si utilizzava tutto: la carne veniva o consumata subito (specie i bocconi prelibati, quali la lingua e il fegato, che spettavano a colui che aveva ucciso l'animale o agli anziani o alle donne incinte) oppure, tagliata in strisce, veniva fatta essiccare al sole, quindi polverizzata e conservata in sacchetti di pelle per essere consumata durante l'inverno. Con l'aggiunta di grasso e di frutta selvatica diveniva il pemmicam, una sorta di brodo molto saporito. Le parti non commestibili della carcassa - pelle, ossa, tendini, corna e zoccoli - servivano per fabbricare utensili, per confezionare i vestiti e le coperture delle tende. La pelle veniva conciata dalle donne, resa morbida e trasformata in abiti, mocassini e borse, cuciti con fili di tendini o di crine per mezzo di aghi di osso; resa impermeabile costituiva il rivestimento della tenda conica, il tepee. Con le ossa, le corna e gli zoccoli si producevano coltelli, punte di freccia, cucchiai, ciotole. Con i tendini e il crine si intrecciavano le funi e le corde per gli archi.



    Con l'uso del cavallo divenne più semplice cacciare il bisonte: la tecnica consisteva nell'accerchiare il branco e attaccano da più direzioni. Un solo cacciatore poteva occuparsi di una singola bestia, stancandola e quindi finirla anche con un’unica freccia. Infatti un insegnamento tramandato da padre in figlio diceva che se si colpiva la preda nel punto giusto, anche una sola freccia poteva bastare: ad esempio, colpendo tra le ultime costole, il proiettile avrebbe potuto raggiungere il cuore e freddare la bestia, oppure, mirando alla giuntura dell'anca, il bisonte era costretto ad accosciarsi e diventare facilmente raggiungibile dal cacciatore. Per affrontare la mandria, gli Indiani si dividevano in gruppi di notevoli dimensioni, la cui guida era affidata ai cosiddetti soldiers, notevolmente abili e validi, che avevano funzione di polizia. Dovevano mantenere l'ordine tra i cacciatori che erano tenuti a seguire e obbedire alle loro direttive. Ogni uomo portava con sé due cavalcature: ad un segnale stabilito, in prossimità della mandria, si montava il cavallo da caccia e si partiva all'inseguimento dei bisonti. Senza briglie né sella, l'abilità dei cacciatori consisteva nel reggersi con le sole ginocchia ai fianchi della cavalcatura, scoccare frecce o sparare e ricaricare l'arma. Nonostante le grandi possibilità date dal cavallo e dalle armi da fuoco, gli Indiani uccidevano solo il numero di bestie necessarie per il loro sostentamento; miravano agli animali adulti, con preferenza ai maschi; tentavano, in sintesi, di mantenere un equilibrio naturale che permettesse il continuo rigenerarsi delle mandrie che attraversavano stagionalmente le praterie e che essi costantemente seguivano. Il loro nomadismo era infatti dettato dalla necessità di cercare nutriti gruppi di bisonti per soddisfare i loro bisogni. Questi continui spostamenti causavano frequenti scontri tra le diverse nazioni. I Sioux, ad esempio, attraversavano spesso i territori di caccia dei Pawnee o dei Crow, e da ciò ne derivava una continua lotta. L'Indiano, di norma, non era ostile se non provocato. Tra le varie nazioni però non esisteva un rapporto pacifico in quanto la condizione naturale era quella conflittuale. La guerra, come la caccia, era un mezzo per procurarsi onore e prestigio in seno alla tribù. Le spedizioni venivano organizzate da una o più persone che ricercavano il successo, per acquistare o aumentare il loro valore. Spesso i giovani guerrieri seguivano il capo militare, che era un combattente che aveva ottenuto la vittoria in molte battaglie. Bastava che egli failisse una sola missione perché non trovasse più adepti, specie se nella spedizione fosse morto qualcuno. Le vittime di questi scontri interminabili erano limitate, in quanto il massimo atto di coraggio non era rappresentato dall'uccisione del nemico, bensì dal riuscire a toccano con il "bastone dei colpi", un'asta che serviva a percuotere legger mente l'avversario, quindi scappare salvandosi. Altra azione gloriosa era quelia di riuscire a razziare i cavalli di altre tribù. Si tenga presente che le cavalcature migliori venivano legate subito fuori il tepee o addirittura al polso o alla caviglia del geloso proprietario. Le altre erano radunate nel corral, il recinto. L'abilità stava nel riuscire a penetrare nel campo avversario senza farsi scoprire. L'uccidere un nemico era considerata un'azione di poco valore. Secondo le credenze indiane, lo scotennare l'avversario era un rituale che permetteva al vincitore di impossessarsi della sua forza e dei suoi poteri spirituali. L'usanza di prendere gli scalpi dei nemici uccisi non è indiana, bensì europea: sia gli Inglesi che gli Spagnoli offrivano un compenso per ogni nativo ucciso. Come prova veniva portato lo scalpo dell'individuo morto. Ciò che si faceva dopo con lo scalpo era differente tra le varie tribù. Gli Apache scotennavano solamente i Messicani, a sottolineare l'odio profondo che contraddistinse i rapporti tra le due popolazioni. Dopo aver portato lo scalpo all'accampamento, questo veniva buttato: era qualcosa che era appartenuto a un morto, e, come tale, non doveva venir conservato. Era infatti usanza di questa tribù distruggere tutti gli oggetti che erano stati di proprietà dei defunti, persino la casa, tanto era il sacro timore della morte. Presso le popolazioni delle pianure, lo scalpo del nemico era quasi come una medaglia, un fregio, per cui il guerriero lo conservava come trofeo e lo appendeva a un lungo bastone che solitamente veniva posto all'entrata dell'abitazione. Presso i Kiowa, come tra altre tribù, dopo uno scontro, si svolgeva una cerimonia che prevedeva anche la danza degli scalpi. Spesso, dopo una battaglia, venivano presi prigionieri che, se adottati da qualche nucleo familiare, erano completamente integrati nella tribù, qualunque fosse la loro razza. "Contando i colpi" si acquistavano dei punti che davano diritto a particolari privilegi: si poteva aggiungere una piuma, una sorta di medaglia al valore, al copricapo di guerra (che per altro veniva usato solo durante le cerimonie e raramente in battaglia), e si adottavano particolari decorazioni del corpo che permettevano a tutti di capire il valore del guerriero. L'acconciatura di guerra era formata da una striscia di pelle a cui si fissavano varie penne, principalmente di aquila, ma erano pochi coloro che potevano indossano, perché significava possedere un'estrema abilità in campo militare, sia dal punto di vista tattico che strategico.




    E, a dire il vero, gli Indiani peccavano nell'organizzazione delle loro battaglie: raramente agivano secondo un piano prestabilito ubbidendo al capo della spedizione. I guerrieri alla ricerca dell'onore seguivano il loro estro e operavano per proprio conto. Pochi furono quei condottieri tanto abili da riuscire a mantenere il comando dei loro uomini anche in battaglia. In un primo tempo le armi degli Indiani furono quelle preistoriche: arco e frecce, lancia, scudo e tomahawk (un bastone al cui apice era fissata una pietra). Prima dell'arrivo dei bianchi la funzione della guerra era quella di impedire la formazione un grosso stato e di permettere quindi la sopravvivenza a comunità relativamente piccole. Le armi ancestrali bastavano per combattere altre tribù in scontri poco cruenti. L'abilità nel lanciare le frecce era estrema: cavalcando, un Indiano riusciva a tirare 10-12 frecce al minuto. Tale era e continuò ad essere la bravura degli Indiani nel tirare con l'arco, che durante la seconda guerra mondiale gli Americani li utilizzarono per eliminare silenziosamente le sentinelle nemiche. Ogni guerriero sapeva riconoscere le proprie frecce da segni particolari. Non solo ogni uomo, ma anche ogni tribù aveva frecce caratteristiche: ad esempio gli Cheyenne erano soliti apporre ad una estremità delle stesse alcune piume striate. I Crow, per questo motivo, li chiamavano "Frecce dalle piume striate". Con l'arrivo dei bianchi cambiarono il modo e i motivi per fare la guerra. Con le armi da fuoco che gli Indiani riuscirono a procurarsi divennero abili tiratori che raramente sbagliavario il bersaglio, agguerriti e implacabili perché combattevano per la loro terra, per la loro libertà, per la loro stessa esistenza.Tra i guerrieri più abili vi erano gli esploratori. Il loro compito era quello di precedere la spedizione e di intercettare il nemico, trovare una mandria di bisonti, individuare un eventuale pericolo o il luogo adatto dove porre l'accampamento. Erano abili a scoprire e identificare qualsiasi traccia, a spostarsi rapidamente senza essere visti o sentiti, con qualunque condizione atmosferica e in ogni momento della giornata. Presso i Crow l'esploratore era chiamato "lupo" poiché si tingeva il corpo di grigio e si ricopriva con una pelle di quell'animale. Altri personaggi particolari con ruoli ben definiti sia in periodi di pace che nel momento della battaglia erano i giovani guerrieri scapoli che si univano in società, chiamate dei so!dier. Tra gli Oglala Sioux si ricorda quella dei "Portatori di lance", a cui appartenne Cavallo Pazzo, uno dei più abili guerrieri del popolo indiano; tra gli Cheyenne quella dei temibili "Soldati del Cane"; tra i Crow quella delle "Volpi". Il compito di questi dan era quello di svolgere una sorta di servizio di polizia nel villaggio, organizzarne la difesa e la sorveglianza, proteggerlo dai pericoli, sovrintendere alle battute di caccia. In caso di guerra cercavano di arginare l'irruenza dei guerrieri facendo in modo che nessuno prendesse un'iniziativa autonoma e individuale. Le società si riunivano solitamente in una tenda e, durante questi incontri, i guerrieri, a turno, raccontavano le proprie gésta o quelle dei vecchi, cantavano e danzavano. Nell'ambito della tribù, non possedevano poteri particolari. Anche il capo del gruppo, infatti, era solo una sorta di portavoce, scelto per meriti di guerra, per prestigio familiare, per le conoscenze religiose, per la sua abilità di parola o perché un sogno aveva stabilito che fosse così. Le decisioni non spettavano a lui, bensì alla comunità maschile e dovevanno essere prese all'unanimità Un discorso a parte meritano gli Apache. Essi costituirono un gruppo molto particolare: erano battaglieri fino all'esagerazione, erano un popolo fiero e convinto che tutti fossero nemici, persino in seno alla tribù.




    Fino da piccoli i bambini venivano educati al combattimento con giochi spesso violenti; ogni insegnamento era teso a salvare la propria vita e a mettere in pericolo quella degli altri. I vari gruppi e sottogruppi erano guidati da un capo che aveva poteri decisiònali, che agiva senza essere affiancato da un consiglio tribale. CiZ non accadeva presso altre tribù della Pianura, come quelle Sioux e Cheyenne, per le quali vi era una differenziazione tra il capo politico, quello militare e quello religioso. Il capo religioso era un uomo estremamente importante. Venne chiamato dagli europei sciamano, nome di origine siberiana che significa "colui che è sconvolto". Gli erano stati dati particolari poteri dal Grande Spirito, o Grande Mistero (così i missionari chiamarono "Wakan Tanka", il creatore del mondo presso gli Indiani delle pianure, e da questi gli erano stati insegnati determinati riti nonché i metodi per curare malattie e ferite. Ogni tribù possedeva la Sacra Pipa, rappresentazione del mondo e dell'unione dell'uomo con il mondo stesso. Ai Sioux era stata donata alle origini: il fornello rappresentava la terra, e con essa era fatto, la cannuccia di legno raffigurava tutte le cose che crescono. Le dodici penne d'aquila erano la rappresentazione di tutti gli uccelli del cielo. La pipa veniva tramandata da una generazione all'altra ed era ritenuta un oggetto tra i più sacri. Era usata solo in occasioni estremamente particolari. Si fumava quando si dovevano prendere decisioni importanti, prima di un consiglio tribale e di una cerimonia. Fumare la Pipa Sacra significava pace e comunione con il cosmo e le altre nazioni. Non essendoci tradizione scritta, tutte le pratiche religiose erano tramandate oralmente ed erano dominio di pochi. Lo sciamano era uno di questi. Egli aveva, inoltre, doti divinatorie e il potere di decifrare i segni degli spiriti. Aveva appreso i poteri medicamentosi delle piante, delle erbe e degli animali anche se spesso le sue cure agivano più a livello psicologico che medico. Con riti particolari egli convinceva il malato che gli spiriti maligni, causa dei suoi malanni, avevano abbandonato il suo corpo. In genere ogni singola tribù credeva che alcuni luoghi fossero sacri perché abitati dagli spiriti. In realtà qualsiasi cosa, secondo le convinzioni dei Nativi, era animata da un essere sovrannaturale. Si spiega così l'estremo rispetto che gli Indiani rivolgevano alla Natura. Essa era parte di loro così come loro ne erano parte integrante: l'Indiano era uomo, pianta e animale, cielo e terra, vento e acqua. Non avrebbe mai violato la Natura perché avrebbe violato se stesso. Per questo motivo tra le popolazioni indiane non esisteva il concetto dell'accumulo, né quello della proprietà privata, concetti che avrebbero violato l'ambiente in cui vivevano e la natura stessa: i beni raccolti erano necessari per soddisfare i bisogni primari, non per costituire scorte che avrebbero impoverito rapidamente le risorse dell'ambiente. La sede degli spiriti erano, per i Sioux, le Colline Nere, e là si recavano per compiere il rito della "Danza del Sole". Questa era praticata da molte nazioni indiane e prevedeva l'auto-tortura per dimostrare il proprio coraggio. Era in realtà un rito molto complicato e cruento, sia di iniziazione che propiziatorio, praticato nei mesi estivi, soprattutto a giugno e luglio. Presso i Siouxie e gli Cheyenne, il rito della Danza del Sole consisteva nell'attaccarsi dei grossi pesi al corpo, spesso ossa e teschi di bisonte, per mezzo di uncini che foravano i muscoli dell'iniziato e che venivano applicati dallo sciamano.




    Quindi bisognava camminare trascinandosi dietro queste zavorre e resistere fino alla lacerazione dei muscoli. Si poteva accedere alla Danza del Sole dopo essersi purificati, aver eseguito riti particolari e aver digiunato svariati giorni, cosa che aiutava il futuro guerriero a entrare in uno stato di trance. Anche altre tribù praticavano la Danza del Sole, sebbene con alcune varianti: ad esempio, si appendeva l'uomo all'interno della tenda sacra, in modo che rimanesse sollevato da terra, con dei pesi attaccati al corpo. La Danza del Sole era uno dei tanti rituali delle nazioni indiane. Nel loro misticismo, una parte importante era affidata ai sogni e alle visioni. Passata la prima infanzia, un bambino doveva assumere il proprio posto nella società tribale. Durante i primi anni della sua esistenza aveva appreso, spesso tramite il gioco, i precetti principali della vita nelle pianure. Sapeva tirare con l'arco e aveva imparato a cacciare piccola selvaggina. Verso gli otto o nove anni giungeva il momento di procurarsi una visione. Dopo i riti di purificazione, che consistevano nel digiunare e sostare nella capanna sudatoria (una specie di sauna), il ragazzo dov~va vagare da solo fino a che gli esseri sovrannaturali non lo avessero visitato, il che avveniva durante un sogno ò una visione. Quindi tornava al villaggio e raccontava ciò che gli era statodetto dagli spiriti ai saggi della tribù, che interpretavano le sue parole. Ciò che la visione diceva era considerato sacro e inviolabile perché proveniva direttamente dagli spiriti: essa rivelava il futuro di ogni uomo e qualsiasi fosse il ruolo che gli esseri superiori assegnavano al componente di un gruppo era rispettato e ritenuto inviolabile e insindacabile.



    La visione poteva predire un futuro da guerriero, ma anche da "diverso", da capo o da uomo di religione.Presso alcune tribù, specie quelle del Sud degli Stati Uniti, per provocare le visioni si ricorreva all'uso di piante allucinogene, quali il peyote e il mescal. Dopo l'arrivo dei bianchi fu usato sempre più spesso, per questo scopo, l'alcool. Le visioni e i sogni erano decifrati dai saggi del villaggio, cioè le persone più anziane considerate depositarie delle conoscenze e delle tradizioni della tribù. Per questo motivo erano tenute in grande considerazione da qualsiasi membro della comunità e la loro parola era indiscutibile. Anche le donne, entrate nel periodo della menopausa, godevano di pari stima. Prima di tale periodo la donna era ugualmente rispettata, purché assolvesse ai suoi compiti principali. Tra questi vi erano la concia delle pelli, la preparazione della carne, la pulizia della tenda e l'approntamento delle cose quando fosse giunto il momento di spostarsi, là raccolta dei frutti selvatici; all'uomo competevano la caccia e la preparazione delle armi. Solo dopo che un ragazzo fosse diventato un guerriero avrebbe potuto prendere moglie, non prima di aver fatto la corte alla prescelta nel modo tradizionale, e aver offerto qualcosa in cambio della fanciulla al padre di lei. La ragazza era libera di scegliersi il marito, anche se formalmente era il genitore a procurarglielo. Anche la famiglia della futura sposa avrebbe offerto dei doni a quella dello sposo. A causa del minor numero degli uomini rispetto a quello delle donne, era prevista la poligamia Spesso le mogli erano sorelle tra di loro. Se un uomo rimaneva vedovo, poteva sposarsi con la cognata. Raramente accadeva che le persone non si sposassero, poiché i ruoli erano fissi e prestabiliti, e non poteva accadere che un uomo svolgesse le attività di una donna o viceversa. Il matrimonio aveva cioè una rilevante funzione sociale. Una coppia, di norma, non aveva più di tre o quattro figli, poiché un bambino non veniva svezzato fino a circa cinque anni, e per tale periodo una donna non ne poteva avere altri. A paragone degli Europei, gli Indiani erano più sani, avendo fatto lo stretto di Bering da ostacolo naturale a germi e vinis.



    L'ambiente ed il rigido stile di vita, inoltre, provocavano una evidente selezione naturale, per cui gli individui più deboli erano destinati a morire in tenera età. Il morbillo e le altre malattie infettive, comuni nel nostro continente, fecero vere e proprie stragi tra le popolazioni native dell'America. I bambini venivano lasciati liberi di vagare per il villaggio, trovando ospitalità presso qualunque tenda. Questi venivano educati, in genere, dallo zio materno che si premurava di addestrare il ragazzino alla sopravvivenza, insegnandogli a cacciare, a riconoscere i suoni e gli odori dell'ambiente circostante, a difendersi dal nemico, a cavarsela in ogni situazione, preparandolo ad acquistare il proprio valore sociale in seno alla tribù. I bambini imparavano la maggior parte delle cose per esperienza diretta: nessuno li avrebbe fermati se avessero voluto toccare il fuoco. In questo modo non si sarebbero più scordati che esso brucia. I giochi dei piccoli ricalcavano le attività dei grandi che erano riprodotte nei minimi particolari. Gli adulti, specie gli anziani, spesso stavano a guardare esprimendo la loro approvazione. Fin da piccoli, gli Indiani imparavano ad usare il linguaggio dei gesti, che serviva a comunicare, con l'uso delle mani e delle braccia, tra tribù che parlavano lingue diverse. Era universalmente noto e tutti lo capivano. Oltre a questo mezzo di comunicazione, l'Indiano usava i segnali di fumo, quelli eseguiti con le coperte, quelli determinati dal movimento del cavallo e del cavaliere, quelli con gli specchi. Tutti questi mezzi erano talmente perfetti che si potevano trasmettere informazioni nei minimi particolari senza emettere un suono. Si poteva comunicare, ad esempio, la distanza e la consistenza di una mandria di bisonti facendo muovere il cavallo in determinate direzioni e con precise mosse. Anche gli Americani adottarono i linguaggi muti degli Indiani delle pianure, non solo per comunicare con i Nativi, ma anche per "parlare" tra di loro, quando la distanza o la situazione non permettevano scambi di informazioni a voce o per iscritto. Non solo. Molte denominazioni geografiche portano ancora oggi nomi indiani: valga per tutte l'esempio di molti Stati americani che hanno nome indiano (come, ad esempio, Oklahoma "il popolo rosso", Missouri "il grande fiume", Mississippi "il grande fangoso", Texas "amici", Idaho "salve", e molti altri ancora). Gli Indiani delle pianure vivevano in tende coniche formate da pertiche di legno ricoperte da pelli impermeabilizzate di bisonti. Erano decorate con disegni che narravano le leggende della tribù o le prodezze del proprietario. All'apice della tenda vi era un buco che permetteva la fuoriuscita del fumo del falò all'interno. Il pavimento era ricoperto da pelli di bisonte. Gli Indiani delle pianure, come furono i Sioux, gli Cheyenne, i Comanche, cambiavano il loro campo in continuazione ed avevano necessità di portarsi dietro anche la casa: avevano così creato un'abitazione resistente ma anche facilmente trasportabile. Questa era il tepee. I Navajos, invece, erano sedentari, si dedicavano prevalentemente all'allevamento ovino e alla tessitura. Le loro abitazioni erano quindi permanenti, di legno rivestite di fango. Erano chiamate hogan. Anche gli Apache abitavano in abitazioni fisse, ricoperte di fango essiccato al sole (wickiup). Solo nel periodo in cui furono perseguitati dai Messicani vissero in caverne praticamente inaccessibili che offrivano loro contemporaneamente un riparo e un nascondiglio. I Nativi furono costretti, dopo anni di lotta contro i bianchi, ad abbandonare le loro terre, il loro modo di vita, le loro tradizioni, le loro case, le loro religioni e persino il loro modo di pensare: tutto questo in nome della "civiltà" che ebbe come unico risultato quello di fiaccarli psicologicamente e gettarli in un abbattimento morale da cui ancora oggi non si sono ripresi appieno.




    I nativi indiani d’America, prima dello sterminio fisico e culturale, dei migranti dell’ultimo millennio, sono stati forse uno dei popoli più saggi, mai evoluti sulla terra, e questo, grazie proprio alla loro comunione con la natura. Questo ha dato loro la saggezza e l’umiltà per scoprire le regole di giusto comportamento senza le quali non possiamo vivere una vita in armoniosa sulla terra. Quindi non leggi imposte dall’esterno, ma da una profonda autoregolamentazione imprescindibile per vivere:

    .

    I dieci Comandamenti degli Indiani d’America

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    La Terra è la nostra Madre, abbi cura di Lei.

    Onora e rispetta tutti i tuoi parenti.

    Apri il tuo cuore ed il tuo Spirito al Grande Spirito.

    Tutta la vita è sacra, tratta tutti gli esseri con rispetto.

    Prendi dalla Terra solo ciò che è necessario e niente di più.

    Fai ciò che bisogna fare per il bene di tutti.

    Ringrazia costantemente il Grande Spirito per ogni giorno nuovo.

    Devi dire sempre la verità, ma soltanto per il bene degli altri.

    Segui i ritmi della natura, alzati e ritirati con il sole.

    Gioisci nel viaggio della vita senza lasciare orme.





    Rallenta il ritmo della mia vita, Signore

    Calma il battito del mio cuore
acquietando la mia vita.

    
Rallenta il mio passo frettoloso
con una visione delle eterne distese del tempo.

    
Dammi in mezzo alla confusione
la calma stabilità della montagna millenaria.


    Spezza la tensione dei miei muscoli
con la serena musica del canto degli uccelli.

    
Aiutami a conoscere
il magico potere del sonno.

    
Insegnami l’arte di prendermi
brevi momenti di pausa,
di rallentare il mio ritmo per osservare un fiore,
accarezzare un animale,
leggere un buon libro.


    Ricordami ogni giorno
la favola della lepre e della tartaruga
perchè possa imparare
che nelle corse non sempre vince chi va più veloce
e che nella vita si può fare qualche cosa
di meglio che aumentare la propria velocità.

    
Fà che io alzi lo sguardo alla grande quercia
e sappia che essa è diventata grande e forte
perchè è cresciuta lentamente e bene.

    
Rallenta il ritmo della mia vita, o Signore,
e ispirami ad affondare le mie radici
affinché io possa innalzarmi
verso le stelle del mio più grande destino.



    Preghiera Sioux





     
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    GRAZIE GABRY
     
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    .:: Indiani d'America ::.




    Il contatto con la culture degli Indiani d'America non può lasciare indifferenti, perché esse racchiudono un patrimonio per la mente e per l'anima. Occorre sfatare preconcetti e pregiudizi, che possono accompagnarci, anche nostro malgrado, considerata l'impostazione della nostra storiografia.

    Il primo pregiudizio è che gli Indiani siano "popoli senza storia", sull'assunto, stabilito da noi del "cervello sinistro", che la trasmissione scritta, per di più cronologica, sia l'unico modo di registrare la storia.
    Per i pre-colombiani, con l'unica eccezione dei Maya, la trasmissione è orale, e non è meno fedele delle parole scritte su pietra, papiro, argilla o carta.
    La parola, per gli Indiani, è energia che incontra altra energia e non può essere rinchiusa nella rigidità di regole o strumenti.
    Come per tutti i popoli vicini alle origini, la parola è sacra e in modo sacro deve essere tramandata. E il modo più vicino allo Spirito è, come dicono i Sioux, "l'Uccello Sacro della memoria".
    La storia di ogni popolo è la "parola degli Antenati" e quindi deve essere tramandata con fedeltà e rispetto assoluti.
    Gli Anziani e più di tutti gli Sciamani ne sono i custodi e i responsabili, vere enciclopedie viventi, che tramandano i ricordi ancestrali attraverso la parola e li lasciano in eredità a chi "inizia i passi dove finiscono i loro".

    Il secondo pregiudizio da sfatare è che nelle culture Indiane non ci sia progresso. Per gli Indiani la crescita avviene nell'interno della propria coscienza, in armonia con le leggi della Terra e del Cosmo, nel cerchio del tempo che va e ritorna come onde del mare, senza alcuna progressione lineare.
    Ogni punto dell'arco del tempo è uguale per ogni generazione.
    Il problema è che spesso noi confondiamo il concetto di progresso con quello di evoluzione tecnologica.
    L'Antropologia ci ha insegnato infatti che non esistono culture o civiltà superiori o inferiori, il nostro pianeta rappresenta una pluralità di civiltà, ciascuna unità coerente da considerare dall'interno dei suoi aspetti, che sono ciò che si intende come cultura.

    Il terzo pregiudizio, forse il più grande e grossolano è l'accusa di essere senza religione. Gli Indiani di tutte le Americhe sentono lo Spirito in ogni azione, in ogni manifestazione ed in ogni momento e ne ricercano incessantemente la presenza attraverso i simboli.
    Per loro il dono della visione mistica è il traguardo supremo di ogni vita. ed ecco cosa risponde un Capo del XIX secolo in una registrazione ufficiale: "Eravamo un popolo senza leggi, ma eravamo in ottimi rapporti con il Grande Spirito, Creatore e Signore del Tutto. Ci giudicavate dei selvaggi. Non capivate le nostre preghiere, né cercavate di capirle. Quando cantiamo le nostre lodi al sole, alla luna e al vento, ci trattate da idolatri... Senza capire, ci avete condannati come anime perse, solo perché la nostra religione è diversa dalla vostra". (fonte Elda Fossi)



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    Gli indiani d’America vivevano riuniti in tribù in ambienti diversi: praterie, montagne, lungo i fiumi e i laghi: erano spesso nomadi e dediti alla caccia e alla pesca. Ebbero i primi contatti con gli Europei dopo che iniziarono le migrazioni di inglesi nel continente americano. A poco a poco il numero dei bianchi aumentò sempre più costringendoli a ritirarsi in zone sempre più ristrette, per i massacri che subivano ad opera degli invasori, fino ad essere confinati nelle riserve. Ma questo non impedì all'uomo bianco di continuare a sterminarli fino alla quasi estinzione. Difatti attualmente i nativi d' America sono circa 500 mila.

    Questa lettera fu scritta dal capo dei Pellirossa Capriolo Zoppo nel 1854 al Presidente degli Stati Uniti Franklin Pirce.
    Il documento qui integralmente riprodotto è senz’altro una delle più elevate espressioni di sintonia dell’uomo col creato ed esprime la ricchezza universale dei “popoli nativi”, dei veri “indigeni” di ogni luogo della terra ed è la risposta che il Capo Tribù di Duwamish inviò al Presidente degli Stati Uniti che chiedeva di acquistare la terra dei Pellerossa.


    "Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Il grande Capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. Ma noi consideriamo questa offerta, perché sappiamo che se non venderemo, l’uomo bianco potrebbe venire con i fucili a prendere la nostra terra. Quello che dice il Capo Seattle, il grande Capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni.

    Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?

    Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. Perciò. Quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considereremo la Vostra offerta di acquisto. Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo.

    Il mormorio dell’acqua è la voce del padre, di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono i nostri fratelli ed anche i vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello.

    L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione della terra è la stessa per lui come un’altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando la ha conquistata, egli si sposta, lascia le tombe dei suoi padri dietro di lui e non se ne cura. Le tombe dei suoi padri e i diritti dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate.

    IL suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.

    Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.

    Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca gli orecchi. E che cosa è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte?

    Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.

    L’aria è preziosa per l’uomo rosso poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro.

    L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza.

    Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento, che ha dato ai nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai vostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati.

    Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’uomo bianco che gli aveva sparato dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.

    Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali presto capiterà all’uomo. Tutte le cose sono collegate.

    Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.

    Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilita per il mio popolo. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa dove spenderemo il resto dei nostri giorni.

    I nostri figli hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi dolci e bevande forti. Poco importa dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune.

    Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.

    Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri stessi rifiuti.

    Ma nel vostro sparire brillerete vividamente, bruciati dalla forza del Dio che vi portò su questa terra e per qualche scopo speciale vi diede il dominio su questa terra dell’uomo rosso. Questo destino è un mistero per noi, poiché non capiamo perché i bisonti saranno massacrati, i cavalli selvatici tutti domati, gli angoli segreti della foresta pieni dell’odore di molti uomini, la vista delle colline rovinate dai fili del telegrafo. Dov’è la boscaglia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cos’è dire addio al cavallo e alla caccia? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.

    Noi potremmo capire se conoscessimo che cos’è che l’uomo bianco sogna, quali speranze egli descriva ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali visioni egli accenda nelle loro menti, affinché essi desiderino il futuro. Ma noi siamo dei selvaggi. I sogni dell’uomo bianco ci sono nascosti. E poiché ci sono nascosti noi seguiremo i nostri pensieri.

    Perciò noi considereremo l’offerta di acquistare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che avete promesso. Lì forse potremo vivere gli ultimi nostri giorni come desideriamo. Quando l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla terra ed il suo ricordo sarà l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora gli spiriti del mio popolo.

    Poiché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così, se noi vi vendiamo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra com’essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacità e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli ed amatela come Dio ci ama tutti.

    Noi sappiamo una cosa, che il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Anche l’uomo bianco non fuggirà al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo!"

    Capriolo Zoppo, 1854





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    Il Codice etico degli Indiani d’America






    Questo codice descrive cosa significa saggezza nel rapporto tra gli individui, nella vita familiare e nella vita della comunità. Quello che segue è una sintesi di alcune delle più importanti insegnamenti che sono universali per tutte le nazioni.

    La trasformazione all’interno della Ruota delle Direzioni avviene attraverso la presa di coscienza dei proprie mancanze; per raggiungere l’equilibrio e l’armonia nella Ruota,quindi per raggiungere la saggezza, bisogna infatti seguire un naturale codice etico che la “nevrosi individualistica” della società globale ci obbliga a dimenticare. Recuperarlo, cioè ritrovare il senso di appartenenza della comunità umana e naturale, e seguire un comportamento risolutamente indirizzato a questo: recuperare questa appartenenza, è uno dei più profondi insegnamenti, degli Indiani d’America

    Personal Comportamento

    Il nativo americano crede nella sacralità della vita privata di un individuo e gli effetti personali. Egli non sconfinano in un altro solitudine né lui passeggiata tra e interrompere due persone che parlano tra loro. Non vuole parlare male di un’altra persona se sono presenti o meno. Egli ascolta con attenzione agli altri, anche se quello che dicono non vale niente, e sarà sincero in quello che dice in ogni momento. Egli osserva la moderazione e l’equilibrio in tutte le cose e lui ascoltare il suo cuore per l’orientamento.

    Anziani

    Alle riunioni sociali Nativi Americani solo parlare con gli anziani quando si è parlato. Egli trattare tutti con rispetto, ma mostrare reverenza speciale per anziani, genitori, insegnanti e leader di comunità. Egli onorerà la saggezza del popolo in seno al Consiglio e si prenderà in considerazione tutte le idee altrettanto importante con i suoi. Una volta che il Consiglio abbia preso una decisione che non si parlano in segreto contro di essa. Si ricorderà che il male di uno è il dolore di tutti e che l’onore di uno è l’onore di tutti.

    Ospiti e Stranieri

    Stranieri e gli ospiti devono essere trattati con onore e considerazione, e devono essere ricevuti con cuore amorevole come membri della umana famiglia . Non devono mai sentirsi “put down – abbattuto”, ma invece deve sentirsi a proprio agio. I nativi americani offrirà ai suoi ospiti la migliore cucina, il più caldo coperte e tutti gli altri comfort che egli è in grado di dare. Egli rispetta le credenze degli altri ‘e religioni, ed egli condividere la sua fortuna con chi è nel bisogno e di partecipare spesso nella carità.

    Il Rispetto per la Natura

    Madre Terra e tutti i suoi aspetti devono essere rispettati anche il mondo minerale, il mondo vegetale e animale mondo. I nativi americani non devono fare niente che inquina la Terra, e si alzerà fino a difenderla contro coloro che intendono farle del male. Egli ricorda che la natura non è per noi di rifiuti, ma che noi siamo una parte importante di esso.

    Rispetto per il Creatore

    Ogni mattina e ogni sera i nativi americani pregheranno per il Creatore e rendere grazie per la sua vita e per tutta la vita intorno a lui. Egli ricorda che tutte le razze e tutte le tribù sono figli del Creatore, che deve essere rispettato. Attraverso le sue preghiere egli cercherà di diventare una persona migliore e la ricerca di quelle cose che saranno meglio la vita degli altri. Si prenderà in considerazione i suoi pensieri e le azioni del passato e riflettere sul suo futuro.



    Le 20 regole più importante del Codice Etico del Nativi Americani

    1.Alzarsi con il sole a pregare. Pregare da solo. Prega spesso. Il Grande Spirito ti ascolta, devi soltanto con lui parlare.

    2. Essere tolleranti di quelli che si perdono nel loro cammino. L’ignoranza, presunzione, la rabbia, la gelosia e l’avidità derivano da un ‘anima persa. Pregate che loro possano trovare una guida.

    3. Cerca te stesso, da soli. Non permettere ad altri di fare il tuo percorso per te. E ‘la tua strada, e solo la tua. Altri possono camminare con voi, ma nessuno può camminare per te.

    4. Trattare gli ospiti nella vostra casa con molta considerazione. Servire loro il cibo migliore, dare loro il meglio letto e li trattano con rispetto e onore.

    5. Non prendere ciò che non è tua se da una altra persona, o un’altra comunità, nemmeno la terra di un’altra cultura. Se non è stato guadagnato o donato. Non è tuo.

    6. Rispetto per tutte le cose che sono posti su questa terra – che si tratti di persone, animali o piante.

    7. Onore per la gente di altri pensieri, desideri e parole. Non interrompere mai un altro o deridere o sgarbatamente scimmiottarli. Consentire ad ogni persona il diritto di espressione personale.

    8. Non parlare mai degli altri in un brutto modo. L’energia negativa che si mette fuori nell’universo si moltiplicano quando si torna da voi.

    9. Tutte le persone commettono errori. E tutti gli errori possono essere perdonati.

    10. Malvagi pensieri possano causare le malattie nel corpo, e alla mente e il spirito. Pratica ottimismo.

    11. La natura non è nostra, ma è una parte di noi. La Natura far parte della nostra famiglia mondana.

    12. I bambini sono i semi per il nostro futuro. Mettete amore nei loro cuori e l’acqua con saggezza e lezioni di vita. Quando saranno cresciuti, dare loro spazio per crescere.

    13. Evitare di danneggiare il cuore degli altri. Il veleno del vostro dolore tornerà a voi.

    14. Essere veritiera in ogni momento. L’onestà è la prova di quelle che all’interno di questo universo.

    15. Tenersi equilibrato. Il vostro essere sia mentale, spirituale, emotiva, fisica e l’autocontrollo – tutti hanno bisogno di essere forte, puro e sano. Lavoro fuori del corpo per rafforzare la mente (meditare). Arricchirsi nello spirito per curare l’angoscia e le emozioni.

    16. Prendere decisioni consapevoli, valutate le reazione degli altri in merito. Siate responsabili delle vostre azioni.

    17. Rispettare la privacy e lo spazio personale altrui. Non toccare i beni personali di altri – gli oggetti sacri e religiosi in particolare. Questo è vietato.

    18. Sii fedele a te stesso per primo. Non si può nutrire e aiutare gli altri se non si può nutrire e aiutare se stessi per primi.

    19. Rispettare le convinzioni religiose altrui. Non forzare le tue convinzioni sugli altri.

    20. Condividi la tua fortuna con gli altri. Partecipare nella carità.

    Rispetto

    Rispetto significa:”sentire o dimostrare onore o stima per qualcuno o per qualcosa; considerare il benessere degli altri o trattare qualcuno o qualcosa con deferenza e cortesia”. Mostrare rispetto e amore è un principio di base nella vita: tratta in ogni circostanza ogni persona, dal più piccolo bimbo al più maturo degli anziani, con rispetto e amore; rispetto particolare è dovuto agli anziani, genitori, insegnanti e capi della comunità; rispetta l’intimità di ognuno; non ti intromettere mai nei momenti di quiete o negli spazi personali degli altri; non camminare mai tra le persone che stanno conversando; non interrompere mai delle persone che conversano; parla a voce bassa in presenza di anziani, malati o persone alle quali è dovuto particolare rispetto; tratta la terra, in tutti i suoi aspetti come tua madre; mostra un profondo rispetto e amore per il mondo minerale, il mondo delle piante, il mondo degli animali; non fare nulla per inquinare l’aria o il suolo. Se altri vogliono distruggere nostra madre, alzati e difendila con saggezza; non parlare male degli altri ne il loro presenza ne in loro assenza; nessuna persona vorrebbe mai essere “buttata giù” da te, evita di ferirli come eviteresti un veleno mortale; mostra profondo rispetto per le regioni e le culture altrui. Ascolta quanto hanno da dire, se la sensazione è quella che ciò che stanno dicendo è inutile, ascolta con il cuore.

    Rispetta la saggezza del popolo nel consiglio.

    Quando in un consiglio o nel corso di un incontro esponi la tua idea, non ti appartiene più. Appartiene alla gente. Rispetta la regola di ascoltare con attenzione in concetti già espressi da altri in un consiglio e non insistere perché la tua idea prevalga. Al contrario, sostieni liberamente le idee degli altri se sono vere e buone, anche quando sostanzialmente diverse da quelle da te espresse. Il confronto tra idee attizza la scintilla della verità. Quando nel corso di un consiglio qualcosa è stato deciso unitariamente, rispetta la regola di non parlare mai contro segretamente. Se il consiglio ha fatto un errore, a tempo debito l’errore si manifesterà a tutti.

    Di sempre la verità, in ogni circostanza.

    La sofferenza di qualcuno è la sofferenza di tutti, l’onore di uno è l’onore di tutti.

    Tratta sempre i tuoi ospiti con amore e considerazione. Offri loro il tuo cibo migliore, le tue coperte migliori, le parti migliori della tua casa e il tuo migliore servizio.

    Ricevi gli stranieri e i forestieri con cuore amorevole come membri della famiglia umana.

    Tutte le razze e le tribù del mondo sono come fiori variopinti di uno stesso prato; tutti meravigliosi. Come figli del Creatore devono essere rispettati.

    Servire gli altri, essere di qualche utilità alla famiglia, alla nazione o al mondo è uno degli scopi principali per i quali l’essere umano è stato creato. Non ti riempire di affari personali, dimenticando i tuoi compiti più importanti. La vera felicità è soltanto per chi dedica la propria vita al servizio degli altri.

    Sii moderato ed equilibrato in ogni circostanza.

    Ascolta e segui le direttive impartite dal tuo cuore. Sii pronto a ricevere insegnamenti sotto varie forme; nella preghiera, nei sogni, nei momenti di quieta solitudine e nelle parole e nelle azioni dei saggi, degli anziani e degli amici.

    Le virtù di un Nativo Americano secondo i loro Comandamenti

    Amore, Altruismo, Coraggio, Pazienza, Forza d’animo, Generosità, Saggezza, Rispetto, Tolleranza e Umiltà

    I dieci Comandamenti secondo dei Indiani d’America

    01.La terra è la nostra Madre abbi cura di lei.

    02. Onora (rispetta) tutti i tuoi parenti.

    03. Apri il tuo cuore ed il tuo Spirito al grande Spirito (Wakan Tanka o Dio)

    04. Tutta la vita è sacra, tratte tutti gli esseri con rispetto.

    05. Prendi dalla Terra solo ciò che è necessario e niente di più.

    06. Fai ciò che bisogna fare per il bene di tutti.

    07. Ringrazia costantemente il Grande Spirito (Wakan Tanka o Dio)per ogni giorno nuovo.

    08. Devi dire sempre la verità, ma soltanto per il bene degli altri.

    09. Segui i ritmi della natura alzati e ritirati con il sole.

    10.Gioisci nel viaggio della vita senza lasciare orme.



    “Ama il prossimo tuo come te stesso”, una Regola Etica Universale

    …dal Codice Etico del Nativi Americani…





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  5. gheagabry
     
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    La Pace nella Interiorità dell‘uomo per un Nativo





    L’uomo dice di essere libero,
    democratico e pieno di cultura, amore e gentilezza;
    ma, sarebbe molto bello se fosse realmente così.
    Perché arrivare alle guerre? Perché non concedere uguaglianza
    e giustizia a tutti i nostri fratelli nel mondo? Dal nostro vocabolario
    stanno sparendo le parole “Gentilezza e Amore”.

    L’Amore è una parola sacra, dona trasparenza
    alla comunicazione fra i popoli; oggi, l’Uomo comunica,
    ma non sempre è trasparente su ciò che dice.

    Per arrivare all’Amore, dobbiamo adoperare l’immaginazione.
    Immaginiamo un grande prato vicino alle montagne,
    le pietre dei ruscelli creano le melodie per i nostri timpani,
    gli uccellini cantano guardando il cielo,
    il Sole e la Pioggia invitano l’arcobaleno
    a mostrare i suoi meravigliosi colori in un’armonia unica.

    Basta avere un po’ di fantasia e in qualunque posto ti trovi
    puoi chiudere gli occhi e iniziare a volare e volando
    inizierai a conoscere la tua pace interiore e l’Amore.

    Puoi credere o non credere in una religione ,
    il tuo spirito sarà protagonista della tua vita,
    devi imparare a coltivare l’Amore, la Gentilezza
    e il Cammino Spirituale a modo tuo.
    Sei libero di fare ciò che senti,
    inizia a rispettarti per poter rispettare gli altri
    e così inizierai a diventare altruista.

    Siamo liberi di scegliere qualunque religione;
    in fondo le religioni seguono sempre lo stesso
    percorso per arrivare alla Spiritualità e all’Amore;
    siamo noi che spesso non sappiamo gestirla
    e non impareremo mai a farlo se non apriamo il nostro cuore
    per iniziare a contemplare la nostra pace interiore.
    Solo avendo pace dentro di noi arriveremo
    alla vera Pace Mondiale.

    Victor Hugo Paz Alvarez “Ichu”

    Tratta dal libro di ICHU
    “AI PIEDI DI UN ALBERO”

     
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  6. gheagabry
     
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    L’ASTRONOMIA DEGLI INDIANI D'AMERICA



    Citiamo qui alcune delle prove dell’attività osservativa svolta dai popoli autoctoni dell’America settentrionale, identificate come tali grazie al lavoro paziente di archeologi che si sono tra l’altro avvalsi di consulenze scientifiche competenti:

    i cumuli di terra (mounds) risalenti alle antiche culture Adena (che realizzò le strutture più semplici tra il 1000 a.C. e il 200 d.C.) e Hopewell (che sostituì la cultura Adena), avevano forse un valore religioso e talvolta erano utilizzati come monumenti funerari eretti per distinguere la tomba di uno sciamano o un notabile del villaggio (burial mounds); in certi casi la loro altezza arriva ad alcune decine di metri e ciò le rende simili alle piramidi azteche e maya e, come per queste ultime, anche per esse si sta cercando di verificare l’esistenza di eventuali allineamenti astronomici (già scoperti per cinque serie di Mounds in prossimità di altrettanti villaggi del Kansas); tale somiglianza rappresenta una delle prove di contatti della cultura Hopewell con i popoli mesoamericani avvenuti intorno all’anno 1000. In particolare nei pressi dei resti della città di Cahochia, che sorgeva in un’ampia regione circondata da mounds, si trova un vero e proprio osservatorio solare, in origine costituito da alcuni pali piantati in cerchio nel terreno, intorno ad un palo centrale in modo tale che traguardando verso il palo centrale da ciascuno di essi si individuavano le posizioni del sorgere del sole ai solstizi, agli equinozi, o in momenti intermedi (come avviene per le grandi pietre delle strutture megalitiche dell’Europa settentrionale, come Stonehenge, ed anche per questo motivo ai resti del cerchio fu attribuito dagli archeologi il nome di Woodhenge, dall’inglese wood, bosco).

    Alcune delle antiche costruzioni in muratura delle culture Hohokam e Anasazi (un esempio è costituito dalle kivas, case per lo più di forma rotonda costruite con mattoni di fango essiccati al sole, gli adobes e utilizzate per convegni o cerimonie religiose e talvolta utilizzate come veri e propri osservatori astronomici), rivelano allineamenti astronomici, come ad esempio la Casa Grande Hohokam, un gruppo di kivas rettangolari comunicanti tra loro, nel quale è stato possibile rilevare l’allineamento di alcuni ingressi con le posizioni del sorgere o del tramontare del sole ai solstizi nonché della luna al momento della massima o della minima declinazione (+i, -i) (ricordiamo che la declinazione è l’altezza angolare di un astro sull’Equatore celeste e che maggiore è la declinazione, più spostato verso Nord appare il punto in cui sorge l’astro; ne risulta un maggiore arco descritto da esso nella volta celeste e una “culminazione più alta sull’orizzonte”). Gli allineamenti in questione sia riguardano l’intera pianta della costruzione nel suo insieme, sia la disposizione di feritoie, finestre e porte; in tal caso sono realizzate con il metodo degli “stipiti alternati”, che garantisce la possibilità di individuare una direzione dell’orizzonte traguardando ad esempio attraverso uno stipite di una apertura esterna e quello opposto di una apertura più esterna (metodo utilizzato anche nelle costruzioni sacre Maya).

    Gli Anasazi (chiamati dagli Spagnoli Pueblos, parola che indica i villaggi in muratura in cui essi vivevano al tempo della conquista europea) per un lungo periodo della loro storia erano vissuti anche in abitazioni, dette cliff dwellings, scavate nelle pareti rocciose dei picchi e delle Mesas dell’Arizona (montagne dalle pendici rocciose e scoscese e appiattite alla sommità), e presso una di queste, nel Chaco Canyon, in cima ad una collina, il picco Fajada, è stata ritrovata una strana incisione sulla roccia costituita da due petroglifi a forma di spirale sulla parete rivolta ad est, di fronte a tre pesanti lastre di pietra poste di fronte ad essi in modo tale che la luce del sole al mattino, filtrando attraverso le lastre, formi due strette lame luminose una delle quali al solstizio estivo spostandosi con il movimento del sole attraversa il centro della spirale maggiore, mentre l’altra attraversa il centro della spirale minore agli equinozi ed entrambe scorrono in direzione tangente alla spirale maggiore da parti opposte di essa il giorno del solstizio invernale; durante i periodi intermedi le due lame attraversano cerchi interni diversi delle due spirali: tutto ciò fornisce un sofisticatissimo calendario solare (tale scoperta fu fatta nel 1977 e si deve ad Anna Sofaer, una archeologa dilettante che si avvalse tra l’altro della collaborazione di Rolf M. Sinclair, fisico della National Science Foundation).

    È evidente che lo sciamano-astronomo che fu artefice di questa opera notò dapprima come attraverso quelle pietre, ammassate confusamente dalla natura, la luce filtrasse formando due cunei sottili sulla parete rocciosa antistante, poi studiando attentamente, giorno dopo giorno, il moto delle lame di luce dovuto al moto diurno del Sole, lavorò le pietre per assottigliare la forma delle lame e quindi tracciò con estrema cura e precisione le due spirali. Gli stessi Pueblos e le singole kivas presentano allineamenti con punti dell’orizzonte significativi dal punto di vista astronomico, come accade ad esempio per la grande pianta a D del villaggio Anasazi denominato Pueblo Bonito, forse il più grande insediamento Anasazi, il cui lato rettilineo è aperto e orientato nella direzione Nord-Sud, mentre la parete che delimita la D lungo il suo lato curvo volge la concavità a Est come per raccogliere e concentrare il più possibile all’interno del Pueblo la luce del sole al momento del suo sorgere; inoltre la parte settentrionale della parete curva è rialzata allo scopo sia di proteggere il villaggio dai freddi venti del Nord, sia di concentrare maggiormente la luce del Sole all’interno durante i mesi autunnali e invernali (nei quali il Sole è più basso all’orizzonte verso Sud).

    Il fisico americano John Eddy si è dedicato per lungo tempo allo studio di particolari disposizioni di pietre lasciate sul terreno a formare un cerchio con linee rette radiali che partono approssimativamente dal centro e che permettevano, all’epoca della loro costruzione, di individuare non solo le posizioni del sorgere e del tramontare del sole ai solstizi e agli equinozi, ma anche quelle del sorgere e del tramontare della luna ai punti estremi settentrionale e meridionale e delle stelle più luminose (Sirio, Betelgeuse, Rigel, e Aldebaran; questi oggetti, ritrovati in grande quantità in una zona assai ampia estesa tra il Colorado e le fredde regioni settentrionali al confine con il Canada, sono stati denominati “ruote della medicina” (dove il termine “medicina” è inteso nel senso già specificato sopra). Una delle più note di queste strutture è quella ritrovata in un pianoro su di una delle cime del massiccio del Big Horn nel Nord del Wyoming, a 3.000 metri di altezza. Qui gli Sciamani seguendo i movimenti degli astri potevano determinare i tempi esatti in cui il loro popolo doveva compiere i riti propiziatori stagionali. In particolare era importante osservare il “levare eliaco” delle stelle, ovvero il loro primo apparire a Est immediatamente prima dell’alba, che nel caso di Aldebaran annunciava l’imminente solstizio estivo, seguito a ventotto giorni di distanza dal levare eliaco di Rigel, che a sua volta precedeva di altri ventotto giorni quello di Sirio; quest’ultimo anticipava la fine dell’estate e, nel caso della ruota del Big Horn, l’inizio di quel periodo in cui, a causa della neve e del gelo non sarebbe più stato possibile agli “osservatori delle stelle” raggiungere il luogo di osservazione.

    Occorre ricordare che il pur lento moto di precessione dell’asse di rotazione della Terra (dovuto all’attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra e al fatto che la Terra non è una sfera ma è leggermente schiacciata ai poli e si comporta quindi come una trottola inclinata, il cui asse di rotazione si muove descrivendo una superficie conica), ha determinato nei secoli una variazione delle posizioni degli astri nel cielo, quindi anche dei tempi del loro levare eliaco; in tal modo l’intervento degli astronomi e la loro conoscenza dei tempi caratteristici di tale spostamento ciclico (il cui periodo è 27.000 anni circa) hanno reso possibile una datazione di tali costruzioni, poi confermata con metodi diversi. Si è dunque scoperto che queste strutture, risultato di osservazioni precise e sistematiche, furono realizzate in un arco di tempo della durata di oltre un millennio (la ruota del Big Horn risale al 1700 d.C. circa, mentre un’altra ruota trovata nella Moose Mountain, a sud-est di Regina, nella regione canadese del Saskatchewan, risale circa al 100 d.C.), e ciò dimostra quali profonde radici avesse nella cultura indiana la pratica dell’osservazione astronomica.


    GLI ANASAZI E LA SUPERNOVA DEL 1054 d.C.

    Destò meraviglia e curiosità la scoperta, presso due diversi antichi insediamenti Anasazi in Arizona (presso le rovine di un antico “pueblo” a White Mesa e su di una parete del sistema del Navajo Canyon) di graffiti su pietra identici, raffiguranti una stretta falce di luna crescente e vicino ad essa una stella molto luminosa; scartata l’ipotesi che il petroglifo potesse ritrarre un allineamento tra Venere, “stella del mattino” con la Luna evento non così raro da meritare una simile rappresentazione, non rimase che constatare che potesse raffigurare una stella straordinaria, una Supernova (l’esplosione di una stella di grande massa alla fine della sua vita) che brillò repentinamente nel cielo. Molti elementi fanno oggi ritenere che questa stella così immortalata dagli Anasazi sia stata la famosa supernova del 1054 registrata negli annali cinesi e che diede origine alla nebulosa del granchio, ed in particolare, tra questi, il fatto che essa, così luminosa (magnitudine -6) da essere visibile anche di giorno, il 14 Luglio di quell’anno venne a trovarsi a 2 soli gradi d’arco di distanza dalla luna, allora nella fase di “luna nuova”.



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    In questo post sono riportate alcune frasi pronunciate da capi indiani.

    Insegna ai tuoi figli che LA TERRA E’ NOSTRA MADRE. TUTTO CIO’ CHE ACCADE ALLA TERRA, ACCADRA’ AI FIGLI DELLA TERRA.Se gli uomini sputano in terra, sputano su se stessi. Questo noi sappiamo: LA TERRA NON APPARTIENE ALL’UOMO, MA E’ L’UOMO CHE APPARTIENE ALLA TERRA

    Non e’ stato l’uomo a tessere la trama della vita, egli e’ solamente un filo. Quello che fa alla trama, lo fa a se stesso.


    “Ogni palmo di questa terra è sacro per la mia gente. Ogni collina, ogni valle, ogni pianura e insenatura è stata resa sacra da eventi tristi o felici, persi nella notte dei tempi. Perfino le rocce, che sembrano ottuse e morte nel loro ergersi sotto il sole, lungo la spiaggia silenziosa, sono animate dai ricordi di eventi emozionanti, collegati alla vita del mio popolo. La sabbia stessa su cui stai poggiando i piedi risponde più amorevolmente ai nostri passi che ai tuoi, perché è arricchita dal sangue dei nostri antenati e i nostri piedi nudi sono consapevoli del suo tocco affettuoso.”

    “Che cos’è un uomo senza gli animali selvatici?

    Se tutti gli animali scomparissero, gli uomini morirebbero di profonda solitudine dello spirito, perché qualunque cosa accade agli animali, accade anche agli uomini. Tutte le cose sono collegate tra loro. Qualsiasi cosa accade alla terra, accade ai figli della terra.” .


    ” La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso, ma forse è perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.

    Nelle città dell’uomo bianco non ci sono spazi tranquilli, non ci sono luoghi dove ascoltare le foglie della primavera o il frusciare delle ali di un insetto. Forse perché io sono un selvaggio e non capisco, ma mi sembra solo che il rumore offenda le orecchie.

    L’indiano preferisce il suono leggero del vento che soffia sulla superficie dell’acqua, il profumo del vento lavato dalla pioggia di mezzogiorno o carico

    dell’aroma dei pini. Per l’uomo rosso l’aria è preziosa, perché tutte le cose partecipano dello stesso respiro: gli animali, gli alberi, l’uomo.

    L’uomo delle vostre città ha la stessa insensibilità al cattivo odore di un uomo che sta morendo da diversi giorni.

    ” Continua a contaminare il letto in cui dormi e una notte morirai soffocato dai tuoi stessi rifiuti.”

    Sappiamo che l’uomo bianco non capisce le nostre usanze. Per lui un pezzo di terra è uguale all’altro, perché è uno straniero che viene da notte e prende dalla terra tutto quello che gli serve. La terra non è suo fratello, ma il suo nemico e, quando l’ha conquistata, si sposta altrove. Abbandona le tombe dei suoi padri e il diritto di nascita dei suoi figli è dimenticato. Capo Seattle Suqwamish e Duwamish


    Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro.
    Abbiamo una responsabilità sacra,
    dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto,
    ben al di sopra del dono meraviglioso
    che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi,
    degli uccelli e ditutt le creature che vivono sulla terra.
    Noi siamo in grado di prenderci cura di loro.


    SHENANDOAH, ONONDAGA


    Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,
    l’ultimo fiume avvelenato,
    l’ultimo pesce pescato,
    vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.
    La nostra terra vale più del vostro denaro.
    E durerà per sempre.
    Non verrà distrutta neppure dalle fiamme del fuoco.
    Finchè il sole splenderà e l’acqua scorrerà,
    darà vita a uomini e animali.
    Non si può vendere la vita degli uomini e degli animali;
    è stato il Grande Spirito a porre qui la terra
    e non possiamo venderla
    perchè non ci appartiene.
    Potete contare il vostro denaro
    e potete bruciarlo nel tempo in cui un bisonte piega la testa,
    ma soltanto il Grande Spirito sa contare i granelli di sabbia
    e i fili d’erba della nostra terra.
    Come dono per voi vi diamo tutto quello che abbiamo
    e che potete portare con voi,
    ma la terra mai.

    Piede di Corvo, Piedineri


     
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  10. gheagabry
     
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    “Non mi interessa cosa fai per vivere,
    voglio sapere per cosa sospiri e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
    Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore,
    per i sogni, per l’avventura di essere vivo. Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
    voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
    se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.
    Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;
    se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti di cautela,
    di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.
    Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.
    Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso,
    se puoi subire l’accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
    Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.
    Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni.
    Se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.
    Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso,
    tuo o mio e continuare a gridare all’argento di una luna piena: SI!!
    Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
    mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due,
    e fare quel che si deve fare per i bambini. Non mi interessa chi sei,
    o come hai fatto per arrivare qui,
    voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere.
    Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro,
    quando tutto il resto non l’ha fatto. Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso,
    e se veramente ti piace la compagnia che hai …… nei momenti vuoti.”

    “Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah (1890)”

     
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    image image e sparito mio post sul indiani,siggh..siggh
     
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  12. gheagabry
     
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    mappa-stati-uniti



    .."STATI AMERICANI CON NOMI INDIANI...



    ...chissà se qualcuno ci ha mai fatto caso!!!!
    probabilmente è un particolare che nemmeno ...
    gli abitanti degli USA hanno notato!!!!
    ma ora vi dimostrerò che la gran parte........
    degli STATI AMERICANI hanno NOMI INDIANI!!!!!
    e molte persone che un tempo li hanno combattuti...
    e odiati hanno vissuto in seguito in questi STATI!!!!
    i BIANCHI che hanno combattuto molte Guerre contro...
    gli INDIANI massacrandoli e annientandoli.........
    in fondo in fondo........
    e sicuramente non lo ammetteranno mai.........
    ne apprezzavano le qualità e il loro modo di vivere..
    e in onore a questo hanno poi deciso di "usare"
    senza permesso........
    parole INDIANE x dare il nome ai loro STATI!!!!!


    "ARKANSAS"...........dal nome dei Quapaw gli abitanti della valle dell Ohaio
    li chiamavano "vento del sud"

    "CONNECTICUT"........da un termine "quinnehtukqut" che significa:
    lungo il lungo fiume soggetto alle maree

    "ILLINOIS"...........dalla lingua ALGONQUIN e significa:
    Tribù di Uomini superiori

    "TEXAS"..............dal termine CADDO "teysha" che significa:
    "salve amico"

    "UTAH"...............i NAVAJO chiamavano gli APACHE ""yuttahih"
    che significa "quelli che sono + in alto" gli europei interpretarono questo
    come un riferimento agli UTE che vivevano sulle montagne e il territorio
    fu chiamato UTAH

    "TENNESSEE"........dal nome del fiume "little tennessee" originariamente
    "tanasi" due villaggi CHEROKEE

    "DAKOTA"...........termine SIOUX che sta x "amico/alleato"

    "OKLAHOMA"........da due termini "CHOCTAW": "ukla" che significa "persona"
    e "huma" che significa "rosso"

    "OHIO"...........da un termine "IROQUOIAN" che significa "grande fiume"

    "WISCONSIN"......dal fiume "wisconsin" che in CHIPPEWA significa :
    "terra erbosa"

    "WYOMING".........da un termine "DELAWARE" che significa :
    "alternanza di montagne e valli"

    "MISSISIPI".........da un termine "CHIPPEWA" che significa:
    "padre delle acque"

    "MINNESOTA"........da un termine "DAKOTA" che significa:
    "acqua torbida" o "color latte"

    "KANSAS"..........da un termine "SIOUX" che significa:
    "popolo del vento del sud"

    "INDIANA" "terra degli indiani"

    "IOWA"...........dal nome degli originari della zona.....
    il nome della Tribù era scritto: "AYUXWA" fu strascritto dai Francesi
    in "AYOUA" e dagli Inglesi in "IOWAY" che significa:
    "uno che addormenta"

    "KENTUCKY"...........dal nome "WYANDOT" che sta x "pianura"

    "ALABAMA"...........deriva da due termini ""CHOCTAW" "ALBA" che sta x
    "vegetazione ...piante...erba" e "AMO" che sta x "chi raccoglie" quindi:
    "raccoglitori di piante"

    "ALASKA"...........deriva da una deformazione del termine "ALEUT" "ALYESKA"
    che sta x "grande terra" o "la scogliera contro cui si frange il mare"

    "ARIZONA".........combinazione di due termini "PAPAGO":
    "ALEH" e "ZON" che significano: "la piccola" o "la nuova sorgente"

    "MISSOURI".........dal nome della Tribù: "MISSOURI" che significa:
    "il popolo delle grandi canoe"



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  14. gheagabry
     
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    Cavallo Pazzo Biografia: Cavallo Pazzo, in inglese Crazy Horse, in lingua lakota Tashunka Uitko o Tashunka Witko a seconda delle traslitterazioni (data di nascita sconosciuta, probabilmente nei primi anni 18401 – Fort Robinson, 5 settembre 1877), era un nativo americano della tribù degli Oglala Lakota (Sioux).



    Non si vende la terra sulla quale la gente cammina.




    Chiesi allora: "Vuoi dire che tu sarai mio nemico, se io attraversero il fiume?".
    Cavallo Pazzo scoppiò a ridere e disse:
    "Non sono mica un bianco! Solo i bianchi stabiliscono regole per gli altri e dicono: "Se rimarrete al di qua di questa riga ci sarà la pace, ma se andrete al di là io vi ucciderò tutti".
    C‘è tanto spazio! Accampatevi dove volete".

     
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  15. gheagabry
     
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    La terra perduta dei Sioux

    Centocinquant'anni di accordi violati: una serie di mappe per comprendere come gli Indiani americani siano stati estromessi da gran parte dei loro territori e confinati in aree sempre più ristrette





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    1851
    Il trattato di Fort Laramie formalizza le relazioni tra il governo degli Stati Uniti e la nazione Sioux e fissa per la prima volta i confini delle terre abitate da quel popolo. L'accordo promette la concessione di diritti sulla terra e di tributi annuali ai Sioux e ad altre tribù e garantisce ai coloni bianchi e alle truppe che li scortavano il diritto di passaggio nel territorio indiano.



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    1868
    Nonostante gli accordi del 1851, gli scontri armati tra indiani e coloni sono sempre più frequenti. Un nuovo trattato istituisce una riserva Sioux nel territorio che oggi corrisponde alla parte occidentale del South Dakota.




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    1876-1877
    L'esercito USA combatte contro i Sioux rimasti a vivere fuori dalla riserva. Le truppe del colonnello Custer vengono annientate a Little Bighorn. Il governo si impadronisce delle Black Hills e di altri territori Sioux.




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    1889
    Prima dell’istituzione degli Stati di North e South Dakota, il territorio della riserva viene dimezzato, e le terre restanti divise tra sei riserve più piccole. In seguito, parte di quelle terre sarà concessa
    ai coloni bianchi.




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    1899-2012
    Le confische di terre indiane continuano fino all'inizio del Novecento, anche se su aree più limitate. Nel 1980 la Corte Suprema ordina al governo USA di compensare l’appropriazione delle Black Hills con una somma che oggi, aggiunti gli interessi, supera il miliardo di dollari. Ma i Sioux non l’accettano: rivogliono la loro terra.



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    Pine Ridge oggi
    Tra Pine Ridge e le altre cinque riserve i Sioux possiedono in proprietà comune 20.000 chilometri quadrati di terra:?in genere i terreni meno produttivi tra quelli che in origine, i trattati gli avevano concesso. Le tribù possono darli in concessione a privati, indiani o estranei, che li usano soprattutto come pascoli.




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44 replies since 6/12/2010, 19:10   20622 views
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