MONET CLAUDE

PITTORE IMPRESSIONISTA

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  1. gheagabry
     
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    CLAUDE OSCAR MONET





    Claude Oscar Monet, il pittore impressionista più "impressionista" di tutti, nacque a Parigi il 14 novembre 1840.

    Dopo la fanciullezza, trascorsa a Le Havre, a quindici anni comincia a disegnare, a matita e carboncino, caricature di personaggi in vista, acquistando una certa fama.

    Trasferitosi a Parigi, si iscrive alla "Academìe Suisse", conosce la pittura di Delacroix, Daubigny e Corot ed incontra artisti specializzati in paesaggi, come Pissarro, Bazille, Sisley e Renoir.

    Insieme formano un'allegra compagnia per condividere momenti di pittura "dal vero" nella foresta di Fontainbleu.

    Monet si lega con Bazille con il quale affitta un atelier dove elabora alcune celebri tele.





    Al "Salon des réfusés" le sue opere "La foce della Senna a Honfleur" e "Punta di Cap de Héve con la bassa marea", ebbero una critica tanto lusinghiera da spingere l'artista ad iniziare il famoso dipinto "Colazione sull'erba".

    Nel 1861, Claude Monet viene chiamato alle armi e spedito in Algeria dove matura in lui l'idea impressionista.

    Durante la sua lunga vita dipinse moltissime opere, restando fedele ai canoni impressionistici anche dopo che l'impressionismo era diventata una corrente superata.


    Gli anni '70 sono per Claude Monet anni pieni di avvenimenti e di viaggi: nel 1970 si sposa, ma sua moglie muore nel 1979; dopo la morte del padre nel 1971 dipinge a Londra, nel 1974 si dedica anche ai pastelli in Olanda, dove dipinge anche il famoso "Campo di papaveri".

    Partecipa a numerose mostre e realizza molte delle opere più apprezzate.

    Nel 1883 si trasferisce a Giverny in Normandia, affittando un casolare alla confluenza del fiume Epte con la Senna: organizza un giardino e costruisce un hangar per le sue barche che utilizza per dipingere sull'acqua.

    Da questo rifugio parte spesso per viaggi in Europa ed in Italia per dipingere vedute e panorami meravigliosi.



    Claude Monet, che nei primi anni di lavoro aveva vissuto momenti critici dal punto di vista economico, tanto che nel 1869 i creditori gli fecero requisire tutte le tele in suo possesso e fu costretto a rimanere inattivo per mancanza di colori, raggiunse una notorietà incredibile ed il valore dei suoi quadri andò alle stelle.

    Artista alle prime armi, trascorre la propria fanciullezza con la famiglia a Le Havre, città che lascia all'età di quindici anni per trasferirsi a Parigi, su consiglio del pittore Boudin.

    Già da molto giovane comincia a fare disegni, a matita e carboncino, e a vendere i suoi lavori come caricature (alla bella somma di circa 15 franchi l'una) di personalità che vivono in città, acquistando fama e un bel gruzzolo.




    Nel 1856 studia disegno in privato da Jacques François Ochard, insegnante che opera nella scuola da lui frequentata, dove conosce il pittore Eugène Boudin, il suo vero, primo e grande maestro, che gli insegna i trucchi della pittura e come ogni cosa dipinta dal vivo abbia sempre una certa forza, una potenza, una grande vivacità di tocco, che mai si ritroverebbero all'interno di un atelier. Eugène Boudin lo indirizza perciò alla pittura dei paesaggi en plein air e con lui partecipa ad una sua mostra a Rouen con la sua prima opera, Veduta di Rouelles.


    La capitale francese era in effetti anche la capitale della cultura ed è naturale che lì il pittore avrebbe trovato adeguati stimoli per sviluppare le sue idee. A Parigi si iscrive alla "Academìe Suisse" dove, oltre a rimanere colpito dalla pittura di Delacroix, Daubigny e Corot, incontra artisti specializzati in paesaggi, come Pissarro, Bazille, Sisley e Renoir. Insieme formano un'allegra quanto talentuosa combriccola, si scambiano idee e proposte culturali, oltre a condividere momenti di pittura "dal vero" nella foresta di Fontainbleu. Lega in particolare con Bazille e, grazie a questi, Monet trova finalmente un atelier personale, dove elabora alcune celebri tele due delle quali ("La foce della Senna a Honfleur" e "Punta di Cap de Héve con la bassa marea") vennero accettate in quello che diverrà il celeberrimo "Salon des réfusés" (l'esposizione in cui si rifugiarono i rivoluzionari impressionisti, inizialmente del tutto avversati dalla critica). Queste opere ebbero una critica tanto lusinghiera da spingere l'artista ad iniziare il dipinto "Colazione sull'erba". Intanto esegue anche caricature, un genere di cui è sempre stato un maestro fin dalla fanciullezza, riuscendo a pubblicarne qualcuna su fogli satirici. Alla fine dell'anno torna a Le Havre, ma il 29 aprile 1861 riceve la chiamata alle armi da cui non può esimersi. E' arruolato nel corpo dei cacciatori d'Africa e a giugno parte per Algeri. In seguito dirà di essersi preparato qui all'impressionismo. Ad un certo punto interviene la ben introdotta zia Marie-Jeanne e riesce a farlo esonerare. Nel 1862 lavora con Bourdin e conosce Jongkind. In autunno è di nuovo a Parigi: entra nello studio di Gleyre e incontra Renoir e Sisley, oltre a ritrovare Bazille. Appartengono a questi anni alcuni paesaggi dei dintorni di Honfleur. Nel 1867 dipinge "Donne in giardino", tappa fondamentale nelle ricerche impressioniste. Da questo momento in poi diviene costante nella sua arte, l'impegno di identificare pittura e natura, immagine e forma, e di cogliere attimo per attimo la realtà. Nel 1874 si trasferisce in Olanda dove realizza vedute e paesaggi di Amsterdam. Alla mostra degli impressionisti dello stesso anno Claude Monet presenta sette pastelli e cinque dipinti tra cui "Campo di papaveri". Dopo dieci anni presenta alla terza mostra dei Les XX di Bruxelles dieci nuovi lavori. Le opere vengono esposte anche in America ed ottengono enorme successo. Ad aprile torna in Olanda a dipingere; da settembre a novembre soggiorna a Belle-Ile-en-Mer in Bretagna e realizza una quarantina di dipinti che terminerà poi a Giverny. Qui inizia la serie degli "stagni". La sua reputazione internazionale cresce: espone ancora a Parigi, SanPietroburgo, Mosca, New York, Dresda e Boston. Nel 1911 Durand-Ruel gli organizza due mostre personali a New York.




    Famosa in tutto il mondo la serie degli "stagni" che viene esposta a San Pietroburgo, Mosca, New York, Dresda e Boston, mentre il pittore è afflitto da doppia cataratta, che aggravandosi di anno in anno lo ostacola nel suo lavoro.
    Nel 1926 Claude Monet si ammala di tumore al polmone e ne morrà il 5 dicembre dello stesso anno a Giverny.

    Monet scriverà nelle sue memorie che Boudin" intraprese la sua opera di insegnamento con instancabile gentilezza. I miei occhi si aprirono e compresi finalmente la natura; imparai al tempo stesso ad amarla. L'analizzai nelle sue forme con la matita, la studiai nei suoi colori. Alcuni mesi dopo annunciai a mio padre che volevo diventare un pittore e che sarei andato a vivere a Parigi per imparare l’Arte della Pittura".








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  3. gheagabry
     
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    ....Trasferitosi a Parigi, si iscrive alla "Academìe Suisse", conosce la pittura di Delacroix, Daubigny e Corot ed incontra artisti specializzati in paesaggi, come Pissarro, Bazille, Sisley e Renoir.

    Insieme formano un'allegra compagnia per condividere momenti di pittura "dal vero" nella foresta di Fontainbleu.

    Monet si lega con Bazille con il quale affitta un atelier dove elabora alcune celebri tele.

    Al "Salon des réfusés" le sue opere "La foce della Senna a Honfleur" e "Punta di Cap de Héve con la bassa marea", ebbero una critica tanto lusinghiera da spingere l'artista ad iniziare il famoso dipinto "Colazione sull'erba".

    Nel 1861, Claude Monet viene chiamato alle armi e spedito in Algeria dove matura in lui l'idea impressionista.

    Durante la sua lunga vita dipinse moltissime opere, restando fedele ai canoni impressionistici anche dopo che l'impressionismo era diventata una corrente superata.


    Gli anni '70 sono per Claude Monet anni pieni di avvenimenti e di viaggi: nel 1970 si sposa, ma sua moglie muore nel 1979; dopo la morte del padre nel 1971 dipinge a Londra, nel 1974 si dedica anche ai pastelli in Olanda, dove dipinge anche il famoso "Campo di papaveri".

    Partecipa a numerose mostre e realizza molte delle opere più apprezzate.

    Nel 1883 si trasferisce a Giverny in Normandia, affittando un casolare alla confluenza del fiume Epte con la Senna: organizza un giardino e costruisce un hangar per le sue barche che utilizza per dipingere sull'acqua.

    Da questo rifugio parte spesso per viaggi in Europa ed in Italia per dipingere vedute e panorami meravigliosi.

    Claude Monet, che nei primi anni di lavoro aveva vissuto momenti critici dal punto di vista economico, tanto che nel 1869 i creditori gli fecero requisire tutte le tele in suo possesso e fu costretto a rimanere inattivo per mancanza di colori, raggiunse una notorietà incredibile ed il valore dei suoi quadri andò alle stelle.

    Artista alle prime armi, trascorre la propria fanciullezza con la famiglia a Le Havre, città che lascia all'età di quindici anni per trasferirsi a Parigi, su consiglio del pittore Boudin.

    Già da molto giovane comincia a fare disegni, a matita e carboncino, e a vendere i suoi lavori come caricature (alla bella somma di circa 15 franchi l'una) di personalità che vivono in città, acquistando fama e un bel gruzzolo.

    Nel 1856 studia disegno in privato da Jacques François Ochard, insegnante che opera nella scuola da lui frequentata, dove conosce il pittore Eugène Boudin, il suo vero, primo e grande maestro, che gli insegna i trucchi della pittura e come ogni cosa dipinta dal vivo abbia sempre una certa forza, una potenza, una grande vivacità di tocco, che mai si ritroverebbero all'interno di un atelier. Eugène Boudin lo indirizza perciò alla pittura dei paesaggi en plein air e con lui partecipa ad una sua mostra a Rouen con la sua prima opera, Veduta di Rouelles.


    La capitale francese era in effetti anche la capitale della cultura ed è naturale che lì il pittore avrebbe trovato adeguati stimoli per sviluppare le sue idee. A Parigi si iscrive alla "Academìe Suisse" dove, oltre a rimanere colpito dalla pittura di Delacroix, Daubigny e Corot, incontra artisti specializzati in paesaggi, come Pissarro, Bazille, Sisley e Renoir. Insieme formano un'allegra quanto talentuosa combriccola, si scambiano idee e proposte culturali, oltre a condividere momenti di pittura "dal vero" nella foresta di Fontainbleu. Lega in particolare con Bazille e, grazie a questi, Monet trova finalmente un atelier personale, dove elabora alcune celebri tele due delle quali ("La foce della Senna a Honfleur" e "Punta di Cap de Héve con la bassa marea") vennero accettate in quello che diverrà il celeberrimo "Salon des réfusés" (l'esposizione in cui si rifugiarono i rivoluzionari impressionisti, inizialmente del tutto avversati dalla critica). Queste opere ebbero una critica tanto lusinghiera da spingere l'artista ad iniziare il dipinto "Colazione sull'erba". Intanto esegue anche caricature, un genere di cui è sempre stato un maestro fin dalla fanciullezza, riuscendo a pubblicarne qualcuna su fogli satirici. Alla fine dell'anno torna a Le Havre, ma il 29 aprile 1861 riceve la chiamata alle armi da cui non può esimersi. E' arruolato nel corpo dei cacciatori d'Africa e a giugno parte per Algeri. In seguito dirà di essersi preparato qui all'impressionismo. Ad un certo punto interviene la ben introdotta zia Marie-Jeanne e riesce a farlo esonerare. Nel 1862 lavora con Bourdin e conosce Jongkind. In autunno è di nuovo a Parigi: entra nello studio di Gleyre e incontra Renoir e Sisley, oltre a ritrovare Bazille. Appartengono a questi anni alcuni paesaggi dei dintorni di Honfleur. Nel 1867 dipinge "Donne in giardino", tappa fondamentale nelle ricerche impressioniste. Da questo momento in poi diviene costante nella sua arte, l'impegno di identificare pittura e natura, immagine e forma, e di cogliere attimo per attimo la realtà. Nel 1874 si trasferisce in Olanda dove realizza vedute e paesaggi di Amsterdam. Alla mostra degli impressionisti dello stesso anno Claude Monet presenta sette pastelli e cinque dipinti tra cui "Campo di papaveri". Dopo dieci anni presenta alla terza mostra dei Les XX di Bruxelles dieci nuovi lavori. Le opere vengono esposte anche in America ed ottengono enorme successo. Ad aprile torna in Olanda a dipingere; da settembre a novembre soggiorna a Belle-Ile-en-Mer in Bretagna e realizza una quarantina di dipinti che terminerà poi a Giverny. Qui inizia la serie degli "stagni". La sua reputazione internazionale cresce: espone ancora a Parigi, SanPietroburgo, Mosca, New York, Dresda e Boston. Nel 1911 Durand-Ruel gli organizza due mostre personali a New York.

    Famosa in tutto il mondo la serie degli "stagni" che viene esposta a San Pietroburgo, Mosca, New York, Dresda e Boston, mentre il pittore è afflitto da doppia cataratta, che aggravandosi di anno in anno lo ostacola nel suo lavoro.
    Nel 1926 Claude Monet si ammala di tumore al polmone e ne morrà il 5 dicembre dello stesso anno a Giverny.

    Monet scriverà nelle sue memorie che Boudin" intraprese la sua opera di insegnamento con instancabile gentilezza. I miei occhi si aprirono e compresi finalmente la natura; imparai al tempo stesso ad amarla. L'analizzai nelle sue forme con la matita, la studiai nei suoi colori. Alcuni mesi dopo annunciai a mio padre che volevo diventare un pittore e che sarei andato a vivere a Parigi per imparare l’Arte della Pittura".







    "Impression. Soleil levant". Questo quadro fu esposto nella prima mostra tenuta dagli impressionisti nel 1874 e proprio dal titolo del quadro nasce il termine "Impressionista" che classificherà la nuova corrente pittorica.









    Claude Monet ama riprendere più volte lo stesso soggetto, caratteristiche sono le tele con la Cattedrale di Rouen, la cui facciata viene riproposta in ore e condizioni di luminosità diverse. Ogni quadro risulta così diverso dall’altro, anche se ne rimane riconoscibile la forma di base pur come traccia evanescente e irreale.




    Gare_Saint-Lazare_Claude Monet







    Claude Monet viene avviato ed educato all’Arte dal petit-maìtre di Honfleur, Eugène Boudin (1824-1898) che lo incita, sempre più, a tenere presente soprattutto la prima impressione del soggetto che si trova a dover dipingere, e poi a prendere in considerazione tutto il resto, senza tradirne la freschezza con aggiunte di cose estranee, ad osservare attentamente la natura traendo da essa tutte le varietà degli attimi ed infine a gettare sulla tela il fiume in piena che scaturisce dal profondo del suo animo. Il motivo è dipinto dal vivo: vivo è il soggetto e vive sono le sue emozioni.

    Monet, che già da giovanissimo sorprende tutta la popolazione di Le-Havre con le sue caricature, sviluppa le sue caratteristiche pittoriche diventando un serio pittore paesaggistico. Egli è spesso accompagnato dal suo maestro nell'esplorazione interna della città e delle varie coste del Nord. Molto presto Boudin si accorge che il suo allievo ha superato il maestro, quindi lo sollecita ad uscire fuori dall’ambiente natio ed a recarsi a Parigi, per poter stringere amicizia con pittori e personalità che contano nel mondo dell’Arte.

    Monet infatti si reca a Parigi nel 1859, trascorre intere giornate al Salon, dove in quel periodo, sono esposti i dipinti di Corot e Daubigny; incomincia a frequentare la Brasserie des Martyrs, punto d’incontro nevralgico di artisti appartenenti al realismo, preferendola agli insegnamenti accademici presso le botteghe di celebri pittori. Si tiene lontano dalla pittura dei grandi artisti con formazione accademica perché egli ama troppo il calore della vita, il sentimento umano, la luce, il movimento, la cattura dell’attimo fuggente, tutte cose che non vorrebbe mettere in secondo piano, ma sviluppare il più possibile con una nuova tecnica rivoluzionaria. Rifiuta nettamente lo studio del chiaro-scuro perché l’applicazione di questa regola – sempre uguale in ogni suo schema – ruba la freschezza e l’immediatezza dell’emozione da rappresentare sulla tela.

    Tutto questo però non piace al padre, quindi per accontentarlo frequenta i corsi liberi alla Académie Suisse (scelta fra le tante perché praticata soprattutto da parecchi paesaggisti) ed altri corsi presso Gleyre. L’unico vantaggio che ricava da questi corsi è la sincera amicizia con Pissarro. Monet continua per la sua strada che incomincerà a farsi, di giorno in giorno, sempre più in salita anche se interessante.

    La sua tavolozza si fa sempre più pulita e limpida, i suoi tocchi sempre più frammentati ma decisi, la giustapposizione di macchie sempre più presente nelle tele: la tecnica è già quella dell'Impressionismo sebbene manchi ancora qualcosa. Si affiancano a Monet altri pittori, che trascinati dal suo entusiasmo, vanno anch’essi a Fontainebleau per provare l’emozione della pittura dal vivo, la cattura dell’attimo e l’impressione naturale, un istante prima della pennellata sulla tela. Questi sono Bazille, Renoir e Sisley, i quali dovranno in seguito fare a meno degli insegnamenti di tre Grandi Maestri come Manet (quel Manet non ancora impressionista) per il primo, Courbet per il secondo e Corot per il terzo.

    Claude Monet, che ha già abbondantemente sperimentato l’en plein-air e, che fra tutti è il più temerario ed il più libero da preconcetti, assume un costante atteggiamento atto a spronare tutti gli altri avventurieri verso la conquista impressionista. La prima conquista è la trasformazione del linguaggio della paesaggistica: da statico a dinamico, realizzato per mezzo di un'intima partecipazione dell'artista, che cambia la sua sensibilità al continuo mutamento della luce, dell’atmosfera, dello scorrere della vita quotidiana, scandita da molteplici “attimi”.

    Il biennio 1865 – 1866, per quanto riguarda la sua carriera artistica, è di estrema intensità, raggiunge livelli elevati con conseguenti successi proprio per il suo nuovo e rivoluzionario linguaggio pittorico: il pubblico e la critica ufficiale vengono colpiti dalle sue opere per le vibrazioni cromatiche, la brillantezza, la briosità, l’effetto luce, il movimento, la musicalità e, soprattutto per i messaggi emotivi e per la originale creatività dell'artista.

    A questo punto si aprono completamente le porte dell’indipendenza, non solo per Monet, ma anche per il movimento impressionista da lui fortemente voluto. Il gruppo di Claude è finalmente libero e padrone assoluto della propria tecnica e, neanche i grandissimi esponenti della pittura – come Courbet e Corot che impartiscono autorevoli lezioni – riescono più a correggere la gestualità, il tocco, l’improvvisazione che fissa “l’attimo”, le macchie di colore puro e, soprattutto l’esclusione di qualsiasi ripensamento riguardante i particolari che sono entrati nella tela come un fiume in piena. Gli anni che seguono il 1870 sono per Monet di vera gloria, ma il gruppo impressionista stenta ancora a decollare.

    Numerose sono le riunioni del gruppo – Monet Renoir, Pissarro – ai quali si aggiunge anche Sisley, per cercare di organizzare una mostra, ma non trovano né fondi né altri pittori che possano prendere parte con quote di partecipazione. Soltanto nel 1874, unendosi al gruppo Degas e Berthe Morisot, riescono a convincere altri pittori e ad allestire la tanto desiderata mostra, che però non riuscirà a cambiare lo stato delle cose.

    Dovranno passare altri anni di scherno ed umiliazioni per affermarsi, grazie anche all'apporto di nuovi talenti come Burty, Riviere, Silvestre, Martelli, Huysmans e Duranty. Dopo il 1880, quando la critica ufficiale ed il pubblico accettano di buon grado il nuovo modo di rappresentare la realtà, il gruppo entra in crisi perché due dei suoi grandi esponenti fondatori, Renoir e Pissarro, sentono il bisogno di ritornare alle forme classiche (il primo) ed alla ulteriore frammentazione delle macchie (il secondo), avvicinandosi al nuovo scientifico metodo iniziato dal giovane Seurat. Ma ..... l’Impressionismo no! Ormai è partito a vele spiegate e continuerà ad essere apprezzato sempre più.



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  4. gheagabry
     
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    Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.

    Ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino.

    Ho voluto la perfezione e ho rovinato quello che andava bene.

    Claude Monet




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    A Monet e alle sue ninfee
    Resta l’artista in attesa del sole e delle ombre
    per catturare del raggio e del nembo il tempo del loro fuggire.

    Improvviso e rapido, trasporta l’effetto sulla tela
    e lì la variazione prende forma, e vita e forza dal colore.

    Sommarie son le prime fattezze eppure in essa c’è corpo
    al di là della fitta nebbia.

    E nell’acqua, torbida o purissima, nascono improvvise,
    le candide ninfee sbocciate da una tavolozza su cui l’arcobaleno
    posato aveva lì, il suo baleno.

    Carmela Di Giovanni




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  5. tomiva57
     
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    Sull'opera: "DONNE IN GIARDINO" è un quadro autografo di Monet realizzato con tecnica ad olio su tela nel 1866, misura 255 × 205 cm. ed è custodito al Museo d'Orsay di Parigi.



    "Donne in giardino" rappresenta, rapportandolo alla pittura del secolo scorso, un'opera del tutto rivoluzionaria. Fu iniziato "en plein air" a Ville d'Avray e successivamente portato a termine - sempre all'aria aperta - durante la permanenza a Honfleur. Le quattro figure rappresentate furono realizzate dal vivo con un'unica modella (Camille). L'artista, per arrivare alla stesura cromatica delle parti alte lasciando immutata la disposizione nei confronti del soggetto (cioè immutato il suo punto di ripresa prospettica), non impiegò nessuna scala o sgabello ma scavò una profonda scanalatura nel terreno per inserirci la tela. In queste occasioni capitava di solito Courbet, che lo guardava con sorpresa ed ammirazione, assistendo partecipe all'operazione.

    Si occupò di quest'opera Seitz con un interessante presentazione parlando degli effetti luminosi, conferiti soprattutto dall'en plein air. Lo stesso Seitz evidenziò la compattezza strutturale della composizione, basata principalmente sulle forme ovali collocate intorno al grembo della donna seduta. L'anno successivo, nel 1867, dopo il doloroso rifiuto espresso dal Salon di Parigi, il dipinto venne acquistato da Bazille, con l'unico scopo di sostenere le ristrettezze economiche in cui versava l'amico Monet, al prezzo di 2.500 franchi dilazionati in parecchie rate. Ma Bazille fece in modo che la tela ritornasse nelle mani dell'autore. Finalmente Monet poté riscattarsi dall'umiliazione subita dal Salon quando nel 1921 il dipinto fu acquistato dal governo francese per 200.000 franchi.
     
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  6. tomiva57
     
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    I papaveri

    Monet vuole trasmetterci con vivace immediatezza il senso di allegria che l’osservazione di quei fiori gli ha procurato. Ecco dunque che dal verde indistinto del prato egli fa emergere delle brillanti picchiettature di rosso, conferendo al paesaggio una nota di serena spensieratezza.



    I papaveri (Les Coquelicots) è un dipinto ad olio su tela di cm 50 x 65 realizzato nel 1873 dal pittore francese Claude Monet. È conservato al Musée d'Orsay di Parigi.

    La donna in primo piano è la moglie del pittore, Camille e il bambino è suo figlio Jean. Monet dipinse molti quadri in questo periodo, aventi per soggetto il tema del riposo e della passeggiata.

    Dal verde indistinto del campo egli fa emergere delle brillanti picchiettature di rosso, colore complementare del verde, che i nostri occhi interpretano subito come papaveri,conferendo al paesaggio una nota serenità e freschezza. Egli vuole far percepire a noi che vediamo la tela, il vento che muove i papaveri.

    Il soggetto preferito di Monet è il cambiamento della realtà che avviene con il cambiare della luce e il passare del tempo. in quest'opera, l'artista ritrae la sua famiglia due volte: la prima in alto a sinistra e la seconda nell'angolo in basso a destra. l'artista rappresenta, quindi, lo scorrere del tempo durante il quale i suoi cari sono scesi dalla collina; non a caso il bambino e la veste della donna svaniscono assorbiti dall'erba: è un espediente grazie al quale il pittore rende la continuità della passeggiata, anche fuori dalla tela.
     
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  7. gheagabry
     
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    [...]
    Il senso di tutto ciò emergeva abbastanza chiaro - e comunque in forma indubitabilmente curiosa - dalle sue lezioni, e in alcune di esse in particolare, e con inusuale nitore in una, quella nota come lezione n. 11, dedicata, per la precisione, alle Nymphéas di Claude Monet. Com'è noto, le Nymphéas non sono propriamente un quadro, bensì un insieme di otto grandi decorazioni murali che, se accostate, darebbero l'impressionante risultato finale di una composizione lunga novanta metri e alta due. Monet vi lavorò per un numero imprecisato di anni, decidendo, nel 1918, di regalarle al suo Paese, la Francia, in omaggio alla vittoria nella prima guerra mondiale. Continuò a lavorarci fino alla fine dei suoi giorni, e morì, il 5 dicembre 1926, prima di poterle vedere esposte al pubblico. Curioso tour de force, esse ottennero dalla critica giudizi contraddittori, venendo di volta in volta descritte come capolavori profetici o decorazioni buone tutt'al più per ingentilire le pareti di una brasserie. Il pubblico continua ancor oggi a tributare loro un'incondizionata e rapita ammirazione.



    Come amava sottolineare lo stesso prof. Mondrian Kjlroy, le Nymphéas presentano un tratto clamorosamente paradossale - sconcertante, lui amava dire - e cioè la deprecabile scelta del soggetto: per novanta metri di lunghezza e due di altezza, esse non fanno che immortalare uno stagno di ninfee. Qualche albero, di sfuggita, un po' di cielo, forse, ma sostanzialmente: acqua e ninfee. Sarebbe difficile trovare soggetto più insignificante, e in definitiva kitsch, né è facile comprendere come a una simile baggianata un genio possa pensare di dedicare anni di lavoro e decine di metri quadrati di colore. Un pomeriggio e il dorso di una teiera sarebbero stati più che sufficienti. E tuttavia, proprio in questa assurda mossa inizia la genialità delle Nymphéas. E' così evidente - diceva il prof. Mondrian Kilroy - quel che Monet voleva fare: dipingere il niente.



    Dovette essere per lui una tale ossessione, dipingere il niente, che, riletti a posteriori, tutti i suoi ultimi trent'anni di vita ne sembrato posseduti - come interamente assorbiti. E precisamente da quando, nel novembre del 1893, acquistò un ampio terreno adiacente alla sua proprietà di Giverny, e concepì l'idea di costruirvi un grande bacino per fiori acquatici - in altri termini, uno stagno pieno di ninfee. Progetto che potrebbe essere riduttivamente, interpretato come il senile imporsi di un hobby estetizzante e che invece il prof. Mondrian Kilroy non esitava a definire come la consapevole, strategica prima mossa di un uomo che sapeva benissimo dove voleva arrivare. Per dipingere il niente, prima doveva trovarlo. Monet fece qualcosa di più: lo produsse. Non dovette sfuggirgli che la soluzione del problema non era ottenere il nulla saltando il reale (qualsiasi pittura astratta è in grado di fare una cosa del genere), ma piuttosto ottenere il nulla attraverso un processo di progressivo decadimento e dispersione del reale. Capì che il nulla che cercava era il tutto, sorpreso in un istante di momentanea assenza. Lo immaginava come una zona franca tra ciò che era e ciò che non era più. Non gli sfuggi che sarebbe stata una faccenda piuttosto lunga.
    Mi scuso, la prostata chiama -, era solito dire il prof. Mondrian Kilroy giunto a questo punto della sua lezione n. 11. Guadagnava il bagno e ne tornava pochi minuti dopo, visibilmente sollevato.
    Riferiscono le cronache che Monet, in quei trent'anni, passò molto più tempo a lavorare nel suo parco che a dipingere: ingenuamente, scindono in due un gesto che in realtà era unico, e che lui compì con ossessiva determinazione ogni istante dei suoi ultimi trent'anni: fare le Nymphéas. Coltivarle o dipingerle erano solo nomi diversi per una stessa avventura. Possiamo immaginare che ciò che aveva in mente fosse: aspettare. Aveva avuto l'astuzia di scegliere, come punto di partenza, una frangia del mondo in cui il reale si dava con un elevato grado di evanescenza e monotonia, prossimo a un insignificante mutismo. Uno stagno di ninfee.

    Alessandro Baricco, City, 1999, Rizzoli
     
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6 replies since 14/11/2010, 16:25   3858 views
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