TERRA..il nostro pianeta

SCIENZE.

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    Edited by gheagabry1 - 4/4/2020, 15:00
     
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    Dalle meteoriti la vita sulla Terra.
    La prova definitiva arriva da una meteorite scoperta in Antartide. La vita sulla Terra è arrivata con le meteoriti. Dopo tanti anni di ipotesi e teorie, è finalmente arrivata la prova sperimentale, fornita da un tipo di meteorite molto primitivo scoperto in Antartide. La ricerca è pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, ed è stata coordinata da un'autorità internazionale in fatto di meteoriti, l'italiana Sandra Pizzarello, che da più di 40 anni lavora negli Stati Uniti, nell'università dell'Arizona. La conferma è arrivata dall'analisi della composizione di una meteorite che appartiene alla famiglia delle condriti carbonacee, i più antichi tra questi fossili del Sistema Solare precipitati sulla Terra. "Abbiamo scoperto che la sua composizione è più primitiva rispetto a quella di altre meteoriti", scrivono i ricercatori. Soprattutto, le polveri della meteorite hanno rilasciato una grande quantità di ammoniaca nel momento in cui sono state trattate in condizioni che riproducevano quelle che esistevano sulla Terra primitiva, con temperature molto alte e pressione elevata. E' quindi molto probabile che sia arrivata dallo spazio l'ammoniaca grazie alla quale è nata la vita sulla Terra. E' stato il "la" che fra 4,4 e 2,7 miliardi di anni fa ha dato origine alla formazione delle prime molecole organiche. ESPERTA METEORITI,VIA DA ITALIA PER STUDIARLE - C'é chi l'ha definita "la signora delle meteoriti" e la ricerca appena pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, dimostra che la definizione calza a pennello: Sandra Pizzarello lavora nell'università dell'Arizona dal 1970 e sa che in Italia la sua storia professionale sarebbe stata completamente diversa. Veneta di origine, biochimica nell'università di Padova, aveva interrotto la sua attività di ricerca per dedicare il suo tempo ai quattro figli. Una scelta coraggiosa, che l'ha tenuta fuori dall'università per ben 15 anni. Poi la voglia di tornare al lavoro e l'opportunità di trasferirsi negli Stati Uniti per seguire il marito. "Sono ancora convinta che in Italia non sarei mai riuscita a tornare al lavoro. Immagini se dopo 15 anni avessi bussato alla porta del dipartimento di Biochimica ...." Negli Stati Uniti, invece, "é stato possibile, prima di tutto perché qui non esiste il preconcetto che debba esserci una continuità: se in Italia si lascia un anno la continuità é rotta. Se poi si diventa madri o se si vuole fare altro arriva il pregiudizio. In Usa basta dimostrare che sai fare una cosa". Così 40 anni fa Sandra Pizzarello ha seguito un corso avanzato di Biochimica nell'università dell'Arizona, poi un finanziamento dalla Nasa. "Ho cominciato così, grazie ad una combinazione di competenze da offrire e di voler dare opportunità di fare ricerche". Oggi ha 78 anni, è professore emerito dell'università dell'Arizona e le sue ricerche sulle meteoriti, come quella appena pubblicata, sono tuttora finanziate dalla Nasa. Continua a lavorare a pieno ritmo e senza soste: "lavoro quando voglio, praticamente a tempo pieno, ero qui anche nel fine settimana. Questa è la bellezza di quello che faccio".






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    Quanto vale la Terra? "Tre milioni di miliardi"
    Se una società aliena volesse comperare il nostro pianeta a quale prezzo potremmo venderlo, ammesso di accettare l'idea per il bene dell'umanità? A non meno di tre milioni di miliardi di euro, parola di Greg Laughin, un astrofisico che ha trovato una formula che permette di calcolare il valore dei pianeti del nostro e di altri sistemi solari. La formula tiene conto dell'età del pianeta, della temperatura media, della sua massa e di altri valori di particolare interesse per un pianeta in quanto tale. E la Terra risulta essere il pianeta più costoso. Se si volesse mettere in vendita Marte, invece, la spesa per un civiltà aliena che desiderasse comperarlo scenderebbe a soli 10.000 euro o poco più, mentre Venere lo si potrebbe vendere a non più di un centesimo di euro.
    Il ricercatore, che lavora alla University of California di Santa Crus degli Stati Uniti, ha poi spostato l'attenzione anche sugli altri pianeti scoperti orbitanti attorno ad altre stelle che, ad oggi, ammontano a circa 1800 (solo 1230 circa sono stati scoperti recentemente dal telescopio spaziale della Nasa Kepler). Alla maggior parte di essi comunque, è stato dato un valore molto basso perché si trovano o molto lontano o molto vicino alla loro stella e quindi non permettono in alcun modo la nascita di forme di vita così come noi la conosciamo né tanto meno potranno essere colonizzati.
    "L'idea di dare un valore ai pianeti - spiega Laughin - mi è venuta nel momento in cui venne scoperto il pianeta Gliese 581 c che ancora ad oggi è considerato quello più simile alla Terra. Così ho cercato di quantificare i parametri più importanti di un pianeta, quelli cioè che lo rendono abitabile. Da ciò è nata una formula che ora può essere applicata a qualsiasi oggetto che ruota attorno a una stella. Nel caso di Gliese 581 c, il valore che ne uscì fu sorprendentemente basso, solo 100 euro, perché nonostante avesse dimensioni paragonabili alla Terra non permette in alcun modo di ospitare la vita, né dovrebbe permetterlo in futuro". Il pianeta extrasolare il cui valore ha superato tutti gli altri è KOI 326.01, ai cui è stato dato un valore di 150,000 euro.
    Nella formula dell'astrofisico la distanza dalla stella madre è solo uno dei parametri considerati importanti. Anche l'età della stella risulta di grande valore, perché anche se un pianeta si trova alla distanza giusta per ospitare la vita, ma la stella è troppo vecchia per permettere alla vita stessa di evolversi o di sostenersi, il pianeta risulterà non diverso da un asteroide.
    Ma che valore scientifico può avere tale formula, al di là del fascino in sé? "Secondo me - ha detto Laughin- avrà un senso puntare le ricerche per cercare vita extraterrestre intelligente solo verso i pianeti il cui valore supera i 60 milioni di euro. Gli altri, per un motivo o per l'altro non dovrebbero in alcun modo permettere ad essa di svilupparsi". E forse pensando al valore della Terra rispetto a tutti gli altri pianeti, ci permette di riflettere quanto essa sia preziosa. (Repubblica)

     
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    scatto dal web ~Life On Planet Earth~


    “Ho sentito raccontare della Terra:
    un paradiso, prima che lo distruggessimo!”


    (JADEN SMITH - Kitai Raige)

     
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    Il clima sconvolto 53 milioni di anni fa.

    Impennata di CO2 e temperature 14 gradi sopra la media. Le alte concentrazioni di anidride carbonica sono state all'origine del drammatico cambiamento climatico avvenuto fra i 53 e 34 milioni di anni fa, nell'epoca dell'Eocene, con una temperatura di 14 gradi superiore a quella attuale. Lo hanno scoperto i ricercatori dell'università di Southampton grazie alle testimonianze conservate nei resti fossili dei microrganismi che allora popolavano gli oceani.

    Pubblicata sulla rivista Nature e coordinata da Eleni Anagnostou, la ricerca è importante sia per comprendere il clima del passato sia per prevedere quello futuro. Analizzando gli antichi sedimenti oceanici e i livelli di CO2 tuttora presenti, i ricercatori hanno confermato l'ipotesi che l'anidride carbonica ha causato l'estremo riscaldamento in quell'epoca remota. Quando i livelli si sono ridotti è avvenuto un raffreddamento che ha portato alla formazione delle attuali calotte polari.

    ''Non possiamo misurare direttamente le concentrazioni di CO2 di un tempo così lontano, ma dobbiamo affidarci in via indiretta a ciò che rimane negli attuali resti geologici", precisa Anagnostou. "In questo caso - prosegue - abbiamo usato la composizione chimica dei fossili di plancton rimasti nei sedimenti per ricostruire gli antichi livelli di anidride carbonica''.

    I fossili, chiamati foraminiferi, erano minuscole creature marine che vivevano vicino la superficie dell'oceano nel'Eoceno. Le loro conchiglie hanno 'catturato' la composizione chimica dell'acqua marina in cui vivevano. ''La sensibilità del clima alla CO2, che ha portato al riscaldamento nell'Eocene - aggiunge Gavin Foster, coautore dello studio - è simile a quella prevista dall'Ipcc (Intergovernamental Panel on climate change) per il nostro futuro''.
    (Ansa)
     
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    La Terra ha 'capelli' di materia oscura.

    Sono lunghi fino a un milione di chilometri. La Terra ha lunghissimi 'capelli' fatti di materia oscura. La materia invisibile che occupa quasi il 27% dell'universo investirebbe costantemente il nostro pianeta, così come tutti gli altri corpi celesti, attraversandone il nucleo e producendo lunghissimi filamenti. Lo indica la simulazione pubblicata sull'Astrophysical Journal e condotta nel Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa dal gruppo di Gary Prézeau.

    Secondo la simulazione ogni volta che attraversano il nucleo della Terra, le particelle che costituiscono la materia oscura, la cui natura è ancora del tutto sconosciuta, si addenserebbero in 'radici' che progressivamente si assottigliano in filamenti lunghi fino a un milione di chilometri.

    I capelli fatti di questa materia misteriosa avrebbero anche dei nodi che si formerebbero quando la materia oscura attraversa gli strati della Terra che hanno densità diverse, dal nucleo interno a quello esterno, fino al mantello e alla crosta. La differenza nella densità di questi strati si rifletterebbe nella struttura dei filamenti.

    Se si potessero osservare i nodi di materia oscura, le loro caratteristiche potrebbero raccontare come è fatta la struttura interna di altri pianeti. Purtroppo però questo è ancora impossibile perchè la materia oscura non è mai stata osservata direttamente. Secondo i fisici è fatta di particelle fredde e oscure, che non emettono luce e neanche interagiscono con essa.
    L'unica spia della sua presenza è nella gravità che esercita sulla materia ordinaria, cioè quella che vediamo e di cui siamo fatti anche noi essere umani e che costituirebbe appena il 5% del cosmo; il restante 68% sarebbe costituito da energia oscura, che si pensa sia il motore dell'accelerazione dell'espansione dell'universo. Secondo i calcoli e le simulazioni fatti negli ultimi dieci anni, nella Via Lattea ci sarebbero flussi di materia oscura che si muovono alla stessa velocità della nostra galassia. ''Un flusso può essere molto più grande del Sistema Solare, e ci sono molti flussi che passano nelle nostre vicinanze'' ha detto Prézeau. Ed è quando una di queste 'correnti' attraversa un pianeta come la Terra che, secondo la simulazione, le particelle si concentrano in filamenti sottilissimi e molto densi, simili a capelli.
    (Ansa)


    Edited by gheagabry - 9/11/2016, 16:54
     
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    Ricostruito l'impatto dell'asteroide
    che cancellò i dinosauri
    Sollevò una colonna
    di roccia fusa alta 10 chilometri



    (fonte: D. van Ravenswaay/Science Photo Library)

    Un'enorme colonna di pietra fusa alta 10 chilometri rapidamente collassata in un 'anello' di montagne: è quello che avvenne 66 milioni di anni fa con l'impatto dell'asteroide che portò all'estinzione dei dinosauri. A ricostruire la formazione del cratere di Chicxulub, in Messico, è lo studio guidato da Joanna Morgan, dell'Imperial College di Londra, e pubblicato su Science grazie alla perforazione della base del cratere nel Golfo del Messico, avvenuta nella primavera scorsa.
    Tutto avvenne in una manciata di minuti: immediatamente dopo l'impatto con un asteroide di almeno 10 chilometri di diametro le rocce granitiche della crosta terrestre 'rimbalzarono', comportandosi come un liquido. Si formò un'enorme colonna alta 10 chilometri che collassò immediatamente 'sciogliendosi' e andando a formare dei rilievi circolari concentrici all'interno del cratere. L'anello montuoso fu ricoperto dai detriti sollevati dall'impatto e nelle ore successive il violentissimo tsunami che si innescò riempì quasi del tutto i dislivelli. Un meccanismo simile a quello che si verifica nella caduta di un oggetto in acqua, facilmente visibile al rallentatore, in cui subito dopo l'impatto si creano delle onde concentriche e il rimbalzo con un alto picco al centro.
    Le tracce di questo violentissimo impatto sono però state quasi completamente cancellate dall'erosione, l'accumulo di detriti e l'attività degli esseri viventi, e per riuscire a ricostruirne l'evoluzione sono stati necessari lunghi lavori di analisi del terreno e lo studio di altri violenti impatti ancora testimoniati dai crateri presenti sulla superficie di Venere e della Luna. I nuovi dati sono stati ottenuti dalle trivellazioni in mare tra 500 e 1300 metri sotto il fondo oceanico, vicinissimo al centro del picco presente al centro del cratere di 180 chilometri di diametro ancora parzialmente visibile nella penisola dello Yucatan e per buona parte sommerso dall'acqua.


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    Nuova 'ricetta' per il brodo primordiale all'origine della vita




    Nuova 'ricetta' per il brodo primordiale che ha dato origine alla vita sulla Terra: nessuna 'fiammata' avrebbe portato alla formazione delle prime proteine, ma solo il continuo ribollire di centinaia di molecole precursori, unite fra loro grazie a reazioni molto comuni in quelle condizioni ambientali così primitive. A suggerirlo è uno studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas) dal Georgia Institute of Technology, in collaborazione con la Nasa e lo Scripps Research Institute.

    "Facilità e abbondanza sono gli elementi chiave", spiega il ricercatore Facundo Fernández. "L'evoluzione chimica avanza più facilmente quando i componenti di cui ha bisogno sono abbondanti e possono unirsi fra loro in condizioni ordinarie. Ci siamo tenuti alla larga da scenari poco plausibili". Seguendo questa filosofia, i ricercatori hanno ricreato in laboratorio il brodo primordiale usando 'ingredienti' a quel tempo molto abbondanti, ovvero aminoacidi e idrossiacidi.

    Questi elementi si sono spontaneamente uniti come dei mattoncini Lego a formare delle catene sempre più lunghe di precursori delle proteine: i depsipeptidi. La loro evoluzione è stata poi accelerata 'asciugandoli' a 85 gradi e rituffandoli nel brodo, in modo da simulare il processo ciclico a cui i depsipeptidi potrebbero essere andati incontro quando le pozze d'acqua sulla Terra si seccavano e si riempivano nuovamente d'acqua. Senza alcuna fatica, sono stati così ottenuti i primi peptidi le cui catene, unite e ripiegate, vanno a formare le proteine.



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    Scoperto il futuro vicino di casa della Terra

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    Ha una temperatura mite e dimensioni simili alla Terra, l’ultimo arrivato in ordine di tempo tra i numerosi pianeti esterni al Sistema Solare, ormai più di 3700. La sua carta d’identità, presentata sulla rivista Astronomy&Astrophysics, racconta di un mondo simile al nostro. La sua stella madre, chiamata Ross 128, si trova infatti a circa 11 anni luce dal Sistema Solare. È una nana rossa, la tipologia di stella più comune nell’universo, e si sta avvicinando al Sole: tra circa 79.000 anni, un battito d’ali su scala astronomica, sarà la più vicina alla Terra. Potrà cioè strappare il primato di stella più vicina a Proxima Centauri, che brilla a poco più di 4 anni luce dal Sole.

    I ricercatori dell’Università di Grenoble e del Consiglio nazionale delle ricerche francese (Cnrs), coordinati da Xavier Bonfils, hanno scovato il nuovo mondo grazie ai sofisticati occhi del telescopio Harps, il cacciatore di pianeti che si trova in Cile, a La Silla, gestito dall’Osservatorio europeo meridionale (Eso).

    Il futuro vicino di casa della Terra si chiama Ross 128 b e compie un’orbita completa intorno alla propria stella madre in poco meno di 10 giorni. A differenza di altri pianeti esterni al Sistema Solare, mostri cosmici con la taglia di Giove, Ross 128 b ha dimensioni confrontaibili a quelle della Terra e un clima temperato. La sua temperatura superficiale, secondo quanto emerge dallo studio, dovrebbe essere simile a quella della Terra, compresa fra -60 e 20 gradi centigradi. Condizioni potenzialmente adatte a ospitare la vita. Per questoRoss 128 b sarà uno dei primi mondi su cui, a partire dal 2024, allungherà lo sguardo, a caccia di possibili impronte di vita, il nuovo telescopio dell’Eso: un gigante daldiametro di 39 metri, l’Elt (Extremely large telescope).



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    Il 19 ottobre scorso, gli astronomi del telescopio Pan STARRS alle Hawaii, usato per rilevare corpi celesti che potrebbero entrare in collisione con la Terra, hanno notato qualcosa di strano: un asteroide con una traiettoria molto singolare che suggeriva la sua provenienza da un luogo remoto, esterno al nostro sistema solare. Nei giorni seguenti, hanno tenuto d’occhio la strana roccia spaziale fino a trovare conferme alla loro teoria: stavano tracciando il primo asteroide interstellare mai osservato. Una rara opportunità, considerato che di solito questi oggetti esterni attraversano molto rapidamente il nostro sistema solare e sono praticamente impossibili da osservare.
    Asteroidi alla deriva

    Il nostro sistema solare ospita una miriade di asteroidi, ne sono stati catalogati più di 600mila, che si concentrano soprattutto nella Fascia principale, la porzione di Spazio tra i pianeti Marte e Giove. Unendosi insieme miliardi di anni fa avrebbero dovuto costituire nuovi pianeti, ma ciò non avvenne a causa delle forti perturbazioni gravitazionali di Giove, il pianeta più grande e ingombrante del sistema solare. Lo studio degli asteroidi è molto importante perché può fornire informazioni preziose per comprendere come si formò il nostro sistema solare, e di conseguenza studiare le dinamiche che portarono la Terra a essere ciò che conosciamo oggi. Gli astronomi ipotizzano da tempo che in orbita intorno ad altre stelle ci siano fasce di asteroidi e può accadere che, in seguito a collisioni o ad altri eventi, alcuni finiscano alla deriva e dopo un viaggio nello spazio interstellare attraversino altri sistemi solari.



    www.ilpost.it

    Edited by gheagabry - 19/12/2017, 19:39
     
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    La vita sulla Terra sempre più antica, ha 3,5 miliardi di anni


    Fossili di batteri intrappolati in formazioni rocciose dell'Australia occidentale
    (fonte: Graeme Churchard/Flickr/CC-BY 2.0)


    Sono i fossili piu' antichi mai rinvenuti sulla Terra: spostano indietro le lancette dell'orologio della vita fino a 3,5 miliardi di anni fa. Descritti sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, sono fossili di batteri intrappolati in formazioni rocciose dell'Australia occidentale.

    Coordinati da William Schopf e John W. Valley, i ricercatori delle Università della California a Los Angeles e del Wisconsin-Madison, hanno analizzato le rocce di Apex Chert, gia' note da decenni per essere tra le piu' antiche e meglio conservate al mondo. Sono, cosi', riusciti a individuare le impronte chimiche di 11 specie di microrganismi appartenenti a 5 diversi gruppi.

    Alcune sono molto simili a microrganismi ancora viventi sulla Terra, gli archeobatteri, che vivono in condizioni ambientali estreme, ad esempio senza ossigeno sfruttando il metano. Proprio come sulla Terra agli albori della vita.

    Descritte per la prima volta nel 1993 dallo stesso gruppo di ricerca, le formazioni rocciose fossili, che hanno una struttura filamentosa e cilindrica simile a piccoli vermi, avevano inizialmente sollevato dubbi sulla loro reale natura. Molti studiosi le consideravano, in realta', strutture minerali simili a forme viventi. Le ultime analisi, invece, per Schopf non lasciano dubbi: "sono microfossili di natura biologica e confermano che la vita e' comparsa presto sulla Terra, anche se non sappiamo ancora quanto presto".



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    La Terra non ha avuto oceani per 500 milioni di anni



    Nei primi 500 milioni di anni della sua vita la Terra potrebbe non avere visto agitarsi sulla sua superficie le acque degli oceani. Lo indica lo studio condotto nell'Università del Colorato a Boulder e pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, che indaga su un' rigonfiamento' della Luna circa 20 volte piu' grande del previsto. E' lo stesso rigonfiamento che hanno molti oggetti nel nostro Sistema Solare in corrispondenza dell'equatore, ma quello osservato sulla Luna è davvero insolito.

    Era noto dal un paio di secoli cioe' che la Luna ha un rigonfiamento piu' grande del previsto a a causa dell'attrazione esercitata dalla Terra. "Fino ad ora questo fenomeno era stato interpretato come un effetto della vicinanza della Luna alla Terra, che nelle prime ere geologiche doveva essere maggiore di quella attuale", osserva l'esperto di geologia planetario Gian Gabriele Ori, direttore dell'International Research School of Planetary Sciences dell'Università Gabriele D'Annunzio di Pescara.

    Gli autori della ricerca, coordinati da Chuan Qin, ora nell'università di Harvard, hanno ricostruito in un modello una Terra senza oceani, ossia con una massa rocciosa maggiore rispetto a quella dell'acqua e di conseguenza con un'attrazione maggiore.


    "Questo - ha osservato Ori - potrebbe avere determinato nella Luna un rigonfiamento maggiore". Una situazione che, secondo i ricercatori, risalirebbe a quattro miliardi di anni fa, quando la Terra era giovanissima e si trovava nell'Adeano, la prima era geologica. "Il modello proposto e' interessante - conclude Ori - anche perche' da' qualche idea sull'Adeano, che e' veramente un mistero dal punto di vista gelogico e della storia della Terra".


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    Scoperti antichi continenti perduti
    sotto le distese di ghiaccio dell’Antartide


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    Tratto da www.iflscience.com

    In profondità, sotto le calotte glaciali dell’Antartide, gli scienziati hanno scoperto i resti di continenti perduti da tempo. No, non si parla di Atlantide, ma la scoperta sta gettando finalmente un po ‘di luce sulla storia misteriosa dell’Antartide.
    I ricercatori hanno scoperto questi antichi continenti usando i dati satellitari di mappatura della gravità (allo stesso modo in cui mappiamo il fondo marino) e carichi di informazioni sismologiche, che hanno raccolto un patchwork di antiche caratteristiche geologiche chiave sulla litosfera terrestre, il duro guscio esterno del pianeta che consiste nella crosta e nel mantello superiore.
    “Queste immagini stanno rivoluzionando la nostra capacità di studiare il continente meno conosciuto sulla Terra, l’Antartide”, ha detto in una dichiarazione il co-autore Fausto Ferraccioli, leader scientifico di geologia e geofisica al British Antarctic Survey .
    Gran parte dei dati provengono dal satellite GOCE (Gravity field and Ocean Circulation Explorer) che ha tracciato il pianeta tra il 2009 e il 2013 in una missione che doveva servire a misurare l’attrazione del campo gravitazionale terrestre in dettagli senza precedenti. Cinque anni fa, il GOCE ha effettuato un rientro incontrollato sull’atmosfera terrestre prima di disintegrarsi vicino alle Isole Falkland nell’Oceano Atlantico meridionale. Fortunatamente, tutti i suoi preziosi dati erano stati scaricati a terra in sicurezza prima dell’impatto


    Scrivendo nella rivista Scientific Reports , il team spiega come hanno usato i dati GOCE analizzando quanto rapidamente cambia l’accelerazione della gravità, nota come gradiente di gravità localizzato, così come le informazioni sulle differenze nelle componenti orizzontali e verticali del campo gravitazionale. Insieme ai dati sismologici del pianeta, sono stati in grado di costruire immagini tridimensionali della tettonica delle placche della Terra, anche in aree difficili da raggiungere sepolte sotto chilometri di ghiaccio, come l’Antartide.
    “Nell’Antartide orientale, vediamo un emozionante mosaico di caratteristiche geologiche che rivelano somiglianze e differenze fondamentali tra la crosta sotto l’Antartide e gli altri continenti a cui era unito fino a 160 milioni di anni fa”, ha osservato Ferraccioli.

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    GOCE mappa dell’Antartide con topografia del substrato roccioso. Università di Kiel / BAS

    Lo studio ha anche rivelato come l’Antartide occidentale abbia una crosta e una litosfera notevolmente più sottili rispetto all’Antartide orientale, formata da croste di placche piegate montuose (note come orogen) e antiche zone rocciose stabili della crosta terrestre (chiamate cratoni). Questo è forse sorprendentemente simile alle caratteristiche dei continenti che erano vicini alla regione in passato, India e Australia. I cratoni sono anche particolarmente interessanti in quanto costituiscono i nuclei più antichi della litosfera terrestre, quindi possono essere studiati per portare alla luce nuove intuizioni sulla storia della Terra.

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    Mappa tettonica globale (Fonte ESA)

    “I dati forniscono anche il contesto di come i continenti erano eventualmente connessi in passato prima che si allontanassero a causa del movimento delle placche”, ha aggiunto lo scienziato della missione GOCE dell’ESA Roger Haagmans.

     
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