Lazio ... Parte 4^

ANZIO..I CASTELLI ROMANI..TIVOLI..BRACCIANO..LADISPOLI..UN VOLO COME UN ABBRACCIO ALLA CITTA’ ETERNA..

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline


    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI

    “... Mercoledì ... la rotta della nostra mongolfiera traccia linee precise ... abbiamo scelto di avvicinarci poco alla volta alla “Città Eterna”... dopo le province del Lazio, oggi voleremo percorrendo un semicerchio intorno a Roma e vedremo i luoghi che le fanno da corollario ... da sud, verso ovest ... poi a nord ed infine ad est ... un giro sospinti da un vento leggero e fresco alla ricerca delle bellezze che rendono unici questi luoghi ... si respira aria di antica Roma ... ma è ancora presto per parlare della città dei cesari ... oggi visiteremo tra l’altro luoghi dove gli imperatori romani costruivano residenze per i loro soggiorni “fuori porta” ... Buon risveglio amici miei ... l’ora è giunta, la mongolfiera è pronta ... e un altra tappa del nostro viaggio sta per iniziare ...”

    (Claudio)



    ANZIO..I CASTELLI ROMANI..TIVOLI..BRACCIANO..LADISPOLI..UN VOLO COME UN ABBRACCIO ALLA CITTA’ ETERNA..



    “Camerata Nuova è un piccolo comune… sul confine tra la regione Lazio e il vicino Abruzzo… inserito nel Parco Regionale del Monti Simbruini…la distesa di Camposecco uno spettacolo di immense pianure dove si disperdono irregolarmente mandrie di vacche e cavalli al pascolo brado……una famosa sorgente, chiamata La Fonte, che è completamente immersa all’interno di un verdeggiante bosco….Questo borgo, nell’antichità denominato semplicemente “Camerata”, risale intorno agli anni mille….purtroppo nel 1859 un grande incendio divampò all’interno del centro abitato e ne causò la distruzione (si dice venne causato da una famiglia che stava arrostendo in casa delle braciole)… costrinse tutti gli abitanti a spostarsi verso la pianura e fu proprio lì che venne ricostruita la nuova cittadina grazie anche agli aiuti di Papa Pio IX….Questa rinascita venne consacrata anche dal cambio del nome del paese che da Camerata divenne Camerata Nuova… quello che rimane dell’antico borgo sono i ruderi di Camerata Vecchia i quali, posizionati su una roccia calcarea, infondono diverse sensazioni all’occhio di un osservatore attento che, oltre a rimanere affascinato dai resti delle mura di cinta dove nell’antichità si svolgeva la vita attiva di una comunità, allo stesso tempo si ritrova immerso in una strana sensazione di nostalgia nel ricordare la vicenda drammatica.”

    “Arsoli è un paesino sul confine con l’Abruzzo… tra i Monti Simbruini, a ridosso del Parco dei Monti Lucretili e del Parco Nazionale d’Abruzzo… una meta ambita per coloro che vogliono immergersi nella natura… “Il pozzo del Diavolo” un ambiente incontaminato e ricco di flora e fauna… la nascita di questo borgo viene fatta risalire intorno al 997…ma prima ci furono gli Equi i quali , verso il III secolo a.C., vennero sottomessi dall’Impero Romano che conquistò il paese facendone la sede ufficiale del prelevamento dell’acqua, utilizzata per alimentare gli acquedotti romani…Nel periodo delle invasioni barbariche, il paese si spopolò e ricominciò realmente a riprendere vita soltanto nel periodo del Feudalesimo, grazie alle famiglie degli Orsini, dei Colonna e dei Zambeccari….nel 1574, il borgo passò nelle mani della famiglia dei Massimo …grazie all’operato di questa famosa famiglia romana..il borgo presenta numerose architetture .. il Castello Massimo che sovrasta l’intero borgo arsolano … con i suoi giardini all’italiana, i suoi archi, le sue mura e i suoi affreschi… riporta la mente ad atmosfere di altri tempi….il centro del paese, esso si estende ai piedi del castello e ancora oggi mantiene intatto il suo aspetto medievale… grazie alle stradine in sampietrini, ai vicoli ben curati a alle sue tipiche scalinate con ciottolato in pietra bianca..”

    “Subiaco, una antica città sul corso del fiume Aniene, che scende dai monti Simbruini sino a gettarsi nel Tevere. Già gli antichi romani avevano notato la bellezza di questo posto e lo avevano eletto a luogo di villeggiatura e riposo, probabilmente per la sua aria fresca e la sua vicinanza con la grande e possente Roma, che lo rendeva facilmente raggiungibile. Ne entrarono in possesso nel 304 a.C. e subito fecero realizzare 4 sontuosi e maestosi acquedotti per portare queste splendide acque sino a Roma e poterne usufruire sempre…Anche Nerone fu attratto da questo luogo, tanto che vi fece costruire anche una splendida villa…la fece chiamare Subiaquem, che significa “sotto i laghi” perché costruita sulla riva di tre laghetti artificiali, che furono creati grazie alla costruzione di tre dighe lungo il fiume Aniene. Alcune parti di queste dighe sono ancora oggi visibili se si prova ad andare sotto al Ponte di San Mauro, scendendo al livello del fiume. La villa fatta erigere da Nerone era molto grande, maestosa e principesca, e si estendeva per circa due chilometri, riccamente decorata con marmi e arredi di lusso…Ma questa splendida cittadina del Lazio è anche famosa per un altro motivo….qui si ritirò come eremita e sino alla sua morte, avvenuta a Pasqua del 500, San Benedetto da Norcia. Si rifugiò in una grotta sul vicino Monte Tolèo…costruì il complesso di Santa Scolastica, sorella di Benedetto. Ma di questo monastero purtroppo ci giunge una versione rielaborata, una serie di ricostruzioni, nuove strutture e restauri che celano quella che era l’originale architettura del monastero che vide la nascita dell’ordine dei Benedettini…. attraverso un bellissimo e suggestivo boschetto, il Monastero del Sacro Speco…vi appare cosi, d’improvviso, addossato alla roccia a strapiombo… contiene la grotta dove Benedetto da Norcia amava ritirarsi in preghiera….è un insieme di cappelle unite da una sorta di labirinto di scale e ambienti, dalla cui finestre si può ammirare la valle sottostante.”

    “I Castelli Romani si trovano a pochi chilometri da Roma in direzione Sud-Est. Ricchi di luoghi incantevoli, con viste panoramiche mozzafiato. Paesi caratteristici immersi nel verde nel rispetto della natura……Nel cuore dei Castelli Romani c'è il Parco Naturale dei Castelli Romani, un area protetta di particolare interesse naturalistico. I Paesi dei Castelli Romani sono sedici: Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo, Colonna, Frascati, Genzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, Lariano, Marino, Monte Compatri, Monte Porzio Catone, Nemi, Rocca di Papa, Rocca Priora, Velletri.”

    “Genzano…Attiguo allo splendido palazzo Sforza Cesarini sulle pendici meridionali del lago di Nemi un incantevole giardino romantico nasce nell’ 800 per opera del Duca Lorenzo “Il va di propria man coltivando, ponendo alberi, drizzando sentieri, assegnando compartimenti di fiori, ombrelle di siepi, derivamenti di ruscelli, schizzi di fontane, strutture di ponti, incavi di spelonche” .. di sua moglie Carolina Shelley e dall’architetto Augusto Lanciani. “…L’amena villetta che dal sommo del colle discende in andar leggiadrissimo insino alle più basse sponde del lago.Qui l’ arte e la natura par che insieme abbian conteso a render, quanto è possibile, il luogo dilettevole e vago: perocché sebbene il terreno per la ripida china del monte mal pativa accomodarsi a giardino, pur non di meno tantacura vi si pose attorno, e con sì a concia guisa venne esso disposto, che molto agevolmente, o salir ti bisogna o smontare, puoi quasi per piani sentieri condurti in ogni sua parte.E son questi sentieri tutti fiancheggiati con verdure di freschissime mortelle, con siepi di odorati fiori e con simili varietà di piante frondose e gentili. Ma spettacolo più di ogni altro giocondo offrono ai riguardanti il lago e le sue rive che girano a somiglianza di teatro in tondo, e sulle quali siede turrito castellodi Nemi e dietro di esso il monte Albano, che con le boscose pendici gigante a tutti sovrasta”. (Guidi, 1880)

    “Sembra ieri, ma sono già passati 14 anni dalla sera in cui, guardando una puntata del mitico Superquark, si parlava del “mistero della strada di Ariccia”…un tratto di provinciale in cui, pur essendo in salita, le auto lasciate a folle avanzano come fossero in discesa…Ariccia è una piacevole l basso Lazio, a sud del Lago Albano, al centro dei Castelli Romani…Legata ad Ariccia non c’è soltanto però solo questa diabolica strada, ma anche il termine battaglia, per ricordare l’assalto sventato dai Latini, da parte degli Etruschi nel VI secolo a.C ….Sapevate che la definizione Castelli Romani si rifà a un tentativo dei romani di scappare dall’infausto destino bellico verso vita migliore, rifugiandosi proprio nei “castelli” delle famiglie bene, anche di Ariccia?....Ad Ariccia ogni spunto è degno di nota: i monumenti, le chiese, i panorami mozzafiato e molto altro ancora. Pensate, perfino qui troviamo un Palazzo Chigi… per una volta la politica non c’entra,,è soltanto uno dei molti palazzi che la ricca famiglia dei Chigi aveva sparsi per l’Italia centrale. …Chiunque entra per la prima volta nel centro storico rimane colpito dalla Collegiata Maria SS. Assunta in Cielo… sembra di trovarsi di fronte al Pantheon in miniatura. L’opera porta la firma di Gian Lorenzo Bernini…” Guerrini

    “Castel Gandolfo…. via Ercolano.. qui si estendevano gli Horti Torlonia, oggi Parco archeologico degli Ibernesi, dove sono presenti alcuni resti della villa di Domiziano..Villa Torlonia, restaurata nel 1817 dall'architetto Giuseppe Valadier. La facciata principale è formata da un portico di sei colonne doriche su cui poggia una terrazza. Da queste si alzano sei colonne con capitelli ionici dove poggia un frontone triangolare scolpito da Thorvaldsen…Poco più avanti dell'ingresso di Villa Torlonia… il complesso di costruzioni appartenute un tempo ai Gesuiti dovedimorò Goethe….la fontana detta "delle lavandaie".. Palazzo Del Drago, fatto costruire dal cardinale Alessandro Albani nel 1746….il Palazzo Pontificio …sopra il portale del palazzo dei Papi, una lapide ricorda:"Alessandro VII Pontefice Massimo ha ampliato, ricostruito e portato a termine nell'anno della salvezza 1660, la casa di Urbano VIII, piccolo ritiro per l'anima e il corpo, costruito davanti al cielo e alla luce del sole e situata nella salubrità e amenità del luogo"… Il primitivo disegno della cancellata d'ingresso del giardino del palazzo, delimitato da mura, è opera di Gian Lorenzo Bernini…Nel 1661 la piazza su cui si affaccia il palazzo Pontificio fu abbellita da un altro capolavoro berniniano: la Fontana….la superba mole della Chiesa di San Tommaso di Villanova, una fra le più belle opere del Bernini… dopo aver attraversato tutto il borgo medievale - con "le declinanti case sopra l'orlo accidentato del cratere antico" - un altro belvedere con veduta sul lago Albano e sul Monte Cavo… Villa Barberini..dal palazzo un viale fiancheggiato di lecci conduce al Giardino della Magnolia.. via Gramsci conduce alle rive del lago, sulla cui sinistra, nell'ultimo tratto, vi è l'ingresso al Ninfeo Dorico….il Ninfeo Bergantino, detto anche Bagni di Diana per un mosaico raffigurante la dea cacciatrice…proseguendo per via dei Pescatori si raggiunge in breve il punto in cui è situato l'emissario del lago Albano: il cunicolo di quasi un km e mezzo è stato aperto e scavato dai Romani in blocchi di tufo.”
    “Anguillara Sabazia è un comune alle porte di Roma… la cittadina sorge sulle rive del lago di Bracciano uno dei laghi più belli che si trovano nelle vicinanze della capitale.. Anguillara prende il nome da quello di una villa di epoca Romana che sorgeva nel punto in cui la costa del lago formava un angolo retto (Angularia)… Una ghiotta curiosità.. una delle più note acque effervescenti naturali che troviamo sulle nostre tavole viene imbottigliata qui ad Anguillara, è possibile infatti raggiungere la sorgente dell’acqua Claudia e sorseggiarla..”

    “..L'attuale Ladispoli sorge sul vecchio porto di Alsium,uno dei tre porti insieme a Punicum (Santa Marinella) e Pyrgy (Santa Severa) della città etrusca di Cerveteri….Alsium divenne località marittima di facoltosi romani vi si costruirono ville poste a pochi metri dal mare, tra i quali si dice vi fossero anche Pompeo e lo stesso Giulio Cesare secondo quanto racconta nei suoi testi Cicerone.”

    “Sul litorale tirrenico a nord del delta del Tevere…. sorge l'abitato di Fiumicino… la parte vecchia dell'abitato si dispone lungo la via Torre Clementina secondo una sistemazione ideata da Giuseppe Valadier….. si trova all'interno della Riserva naturale Litorale romano..tra l'abitato di Focene e quello di Fregene è situata una importante area protetta gestita dal WWF denominata Oasi di Macchiagrande…risalendo lungo il Canale di Fiumicino e poi lungo il percorso principale del Tevere è possibile incontrare diverse specie di uccelli acquatici tra cui si segnalano l'airone cenerino, la garzetta e il martin pescatore.”

    “Anzio…..Considerata fin dalla fine dell’Ottocento, grazie all’avvento della ferrovia, meta privilegiata delle vacanze romane, rimane nella storia per lo sbarco degli Alleati durante il secondo conflitto mondiale…..Teatro di violenti scontri e bombardamenti, i suoi abitanti furono costretti allo sfollamento e a rifugiarsi nelle numerose grotte che ne caratterizzano il litorale…Tuttavia, nonostante il massiccio sbarco, gli uomini e i mezzi colsero di sorpresa l’esercito tedesco, e le truppe americane riuscirono a liberare Roma quattro mesi più tardi….Ma arrivando ad Anzio, non si può fare a meno di sostare sotto il Faro che si erge sul mare, proprio sopra le Grotte di Nerone…l’imperatore, nato proprio in questa cittadina, fece costruire una villa e un nuovo porto nei pressi del Capo d’Anzio, di cui le grotte costituiscono i resti giunti fino ai giorni nostri…camminare lungo la passeggiata che dalla piazzetta principale conduce fino all’imbarco per le isole ponziane, è come immergersi nella natura di questo piccolo borgo di pescatori, assistendo alla preparazione dei pescherecci che si apprestano a prendere il largo per la battuta o guardando mentre vengono riparate le reti…Nel porto di Anzio si snodano il moletto Pamphili, il molo Neroniano (52 m) e quello Innocenziano e una banchina destinata alla pesca, con 45 punti di attracco e lunga 200 metri….una piccola curiosità.. come si chiamano gli abitanti di Anzio?...Portodanziati o semplicemente anziati.”

    “La cittadina di Nettuno, l’ultima cittadina appartenente alla provincia di Roma, è un vecchio borgo, che conserva ancora intatte le sue mura di cinta….una via strettissima, conduce sulla piazza dove sorge il municipio, nel Palazzo Colonna….. vagare tra queste viuzze e piazzette.. il Belvedere con vista sul mare… il santuario dedicato a Santa Maria Goretti…Lasciando il borgo alle spalle..si incontra Torre Asturia..un castello sul mare, a pianta pentagonale….costruito alla fine del 1193 e collegato alla terra ferma da un ponte. Ai suoi piedi affiorano dall’acqua alcune rovine di età romana….la cosiddetta Villa di Cicerone..…. Mussolini firmò nel 1925, proprio qui, con i ministri della Jugoslavia, la convenzione di Nettuno, che prevedeva una serie di accordi economici e giuridici”

    “Tivoli… Villa d’Este, capolavoro del giardino italiano… fontane, ninfei, grotte, giochi d’acqua e musiche idrauliche... ricco di forre , caverne e cascate, simbolo di una guerra millenaria tra pietra e acque….le imponenti costruzioni e le terrazze sopra terrazze fanno pensare ai Giardini pensili di Babilonia, una delle meraviglie del mondo antico, mentre l’adduzione delle acque, con un acquedotto e un traforo sotto la città, rievoca la sapienza ingegneresca dei romani…..La più grande e la più splendida delle ville imperiali romane, Villa Adriana, sorge a circa 20 km da Roma, su di un basso pianoro a sud della città di Tivoli, una zona all'epoca molto rinomata, e caratterizzata da numerose residenze di famiglie aristocratiche….L'enorme complesso di edifici fu costruito per volontà dell'imperatore Adriano che desiderava riprodurre nella sua reggia i principali monumenti dell'impero, in particolare quelli dell'amata Grecia: edifici, terme, ninfei, giardini e valli; portavano spesso il nome di uno di questi monumenti, e ne riprendevano, per così dire "in miniatura" l'aspetto… Parco pubblico voluto da papa Gregorio XVI, “Villa Gregoriana” nacque nel 1835 sul vecchio letto dell'Aniene, stravolto dalla rovinosa piena del 1826. Con l'apertura del traforo del Monte Catillo l'abitato di Tivoli fu messo al sicuro dalla furia delle acque che, incanalate nel nuovo condotto artificiale, crearono più a valle il maestoso e spumeggiante spettacolo della Cascata Grande, alta oltre 100 metri. Il vecchio letto del fiume divenne la meta di un'ardita passeggiata a strapiombo sulla valle che, tra sentieri scoscesi, boschi e gallerie, toccava il belvedere sulla Grande Cascata, penetrava nelle Grotte di Nettuno e delle Sirene, serpeggiava in quello che era stato il letto delle Cascatelle e riemergeva ai piedi dei templi dell'acropoli.”







    Albano Laziale

    è un comune italiano di 39.449 abitanti, della provincia di Roma, situato nell'area dei Castelli Romani, nel Lazio. Albano è uno dei comuni più importanti dei Castelli Romani, e il centro più animato commercialmente. Sede vescovile suburbicaria fin dal V secolo, storico principato della famiglia Savelli e dal 1699 al 1798 possesso inalienabile della Santa Sede, ospita attualmente, tra le altre cose, la sezione distaccata del tribunale circondariale di Velletri. Il territorio di Albano è in parte incluso nel Parco Regionale dei Castelli Romani. Popolose sono le frazioni di Cecchina e Pavona.

    Le origini del nome

    L'origine del nome Albano è ancora fonte di discussioni. In epoca romana il territorio dell'attuale Albano Laziale era chiamato Albanum: Albanum (Pompeiani, Domitiani, ecc.) erano chiamate infatti le tenute dei ricchi romani sui Colli Albani (Ager Albanus), e Castra Albana era il nome dell'accampamento fatto costruire da Settimio Severo, entro i confini del fondo Albanum posseduto in precedenza da Domiziano, per alloggiare la II legione Partica. L'ipotesi ritenuta più attendibile riallaccia questi toponimi alla radice indoeuropea *alb/*alp indicante una località elevata, il Mons Albanus (oggi monte Cavo) in questo caso, che nel contempo fosse centro di culto e di pascolo comune (compascuo). Altre ipotesi, ritenute tuttavia neno valide, riallacciano il toponimo all'aggettivo latino albus ("bianco") o al greco αλαβα ("cenere"). L'origine etimologica proposta per Albanum/Castra Albana è la stessa che viene proposta per Alba Longa, l'antica capitale latina, la cui localizzazione non è nota con certezza, ma che una tradizione medievale collocava nei luoghi del nucleo urbano della moderna Albano Laziale. La seconda denominazione di Laziale è stata assunta nel 1873 per distinguere la città da Albano Sant'Alessandro (provincia di Bergamo), Albano Vercellese (provincia di Vercelli) e Albano di Lucania (provincia di Potenza).

    La_Villa_Doria

    Cattedrale di San Pancrazio



    Ciao Sandro Giuly-Fabry Massimo


    Lo sbarco alleato
    Anzio è conosciuta internazionalmente per essere stata teatro di una delle più celebri azioni della seconda guerra mondiale, lo sbarco che da lei prende il nome. Il giorno 22 gennaio 1944 gli eserciti alleati iniziarono a sbarcare su un'ampia fascia costiera. Anzio e Nettuno rappresentarono tuttavia i perni di tutta l'operazione. Anzio fu il centro abitato che subì più danni.



    Oltre alle vittime civili, gran parte del patrimonio edilizio della città andò distrutto o semidistrutto. Lo sbarco si protrasse anche nei giorni successivi ed ebbe termine solo il 31 gennaio, quando approdarono le ultime unità anglo-americane. In totale sbarcarono oltre centomila uomini con una gran quantità di materiale bellico. I tedeschi, colti di sorpresa, iniziarono a reagire energicamente solo tre giorni dopo l'inizio dell'azione, quando si era già costituita una solida testa di ponte attorno ad Anzio, Nettuno e nelle zone limitrofe. Purtuttavia l'obiettivo di una rapida conquista della vicina capitale, che aveva spinto gli Alleati a progettare lo sbarco, non venne raggiunto. Roma, situata a soli cinquanta chilometri di distanza, o poco più, venne infatti liberata solo quattro mesi e mezzo più tardi, il 4 giugno 1944.


    Castel Gandolfo

    è una città italiana di 8.834 abitanti, della provincia di Roma, nell'area dei Castelli Romani, nel Lazio. Il centro abitato è stato eletto uno de I borghi più belli d'Italia. La città è conosciuta soprattutto per la presenza della residenza estiva dei Papi, alla quale fanno corona molte altre residenze estive, ville e villini edificati a partire dal XVII secolo, che rendono Castel Gandolfo una delle località di villeggiatura più rinomate del Lazio. Il suo territorio include quasi tutto l'arco costiero del Lago Albano, che ospita tra l'altro lo Stadio Olimpico di Canottaggio CONI. Vi sono inoltre vari luoghi di interesse archeologico, tra cui vanno ricordati l' Emissario del Lago Albano ed i resti della Villa di Domiziano, nonché naturalistico, dato che la zona è inclusa nel perimetro del Parco Regionale dei Castelli Romani. Non mancano infine punti di interesse artistico, come la Collegiata di San Tommaso da Villanova, edificata da Gian Lorenzo Bernini.

    La piazza della Libertà

    La Chiesa Collegiata Parrocchiale Pontificia di San Tommaso da Villanova

    è un luogo di culto cattolico posto nel centro della cittadina di Castel Gandolfo, in provincia di Roma, nella Sede suburbicaria di Albano, luogo di villeggiatura dei Papi. Edificata a partire dal 1658 per volere di papa Alessandro VII Chigi su progetto dell'architetto Gian Lorenzo Bernini, venne inaugurata nel 1661 dopo che Antonio Raggi ne ebbe completata la decorazione in stucco.

    L'interno della cupola della Collegiata di San Tommaso da Villanova.

    Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo



    Camerata vecchia






    I ruderi di Camerata Vecchia sorgono su una rupe calcarea posta al margine più orientale di un lungo costone la cui parte sommitale coincide con il Monte Camposecco. Questa elevazione è una delle più occidentali del gruppo dei Monti Simbruini dove questi si fondono con i vicini Carseolani del versante abruzzese. Situata a 1220 metri d'altezza, la costa rocciosa dove sorgono le rovine di Camerata domina a sud il profondo solco di Fosso Fioio mentre a nordovest si trova il grande piano carsico di Camposecco. Visitando questi luoghi si resta affascinati dalla vista delle antiche mura ma nel contempo si può rimanere confusi nel sapere che solo un secolo e mezzo fa lì viveva gente, artigiani, contadini e pastori, costretta ad abbandonare precipitosamente il paese natio e portare con se solo poche cose. Per ricominciare di nuovo, per poter vivere ancora…




    Le vicende storiche

    I primi cenni storici su Camerata sono datati 955 quando era in pieno svolgimento il processo dell’incastellamento che coinvolse tutti i paesi della Valle dell’Aniene e non solo. Da alcuni documenti si evince chemonte intorno alla metà del X secolo l’abate di Montecassino diede in enfiteusi la Chiesa di San Salvatore a Rainaldo, il Conte dei Marsi. Per un periodo abbastanza lungo i Conti dei Marsi dominarono su gran parte del territorio Carseolano annettendo man mano varie terre fino ai margini dei possedimenti della potente Abbazia di Subiaco. In seguito, alcune contrade nei dintorni di Camerata vennero cedute all’abbazia sublacense e questa le diede poi in usufrutto agli stessi Conti dei Marsi insieme a Camerata. Le notizie sulle vicende di Camerata nel periodo medievale sono molto scarse: quello che si sa di sicuro è che il borgo passò di mano in mano a varie famiglie dello Stato della Chiesa. Sappiamo notizie più certe sulle vicende di Camerata a partire dal 9 gennaio 1859 quando l’abitato venne completamente distrutto da un devastante incendio. Gli abitanti fuggiti a valle, trovarono rifugio sul Monte Colle di Mezzo in corrispondenza dello sbocco della Valle di Fioio. Il nuovo insediamento venne alla luce anche grazie al generoso contributo di papa Pio IX che prese dal suo patrimonio personale 300 scudi per donarli al paese. Il denaro doveva servire per avviare in modo deciso l’opera di costruzione del nuovo insediamento che sarebbe dovuto sorgere 400 metri più a valle e con un tessuto urbano del tutto diverso. Per onorare le gesta del Pontefice, si pensò di chiamare il nuovo borgo Pio Camerata. Questa iniziativa però non diede i suoi frutti dato che poco più tardi al paese venne assegnato il nome di Camerata Nuova.




    La visita al sito

    L’antico borgo di Camerata Vecchia versa purtroppo in condizioni di forte abbandono non solo per la violenza dell’incendio che lo devastò nel gennaio del 1859 ma anche per il fatto che si trova abbarbicato su una rupe rocciosa a 1220 metri d'altezza e quindi in ambiente impervio e non facilissimo da raggiungere. Quello che si può osservare sono i ruderi delle mura di cinta, sparsi qua e là nella cerchia del nucleo abitato, l’arco di sostegno della Chiesa di San Salvatore e alcune case nei presi della chiesa. L’origine del nome risale alla natura delle case del vecchio paese; molte di queste infatti erano parzialmente scavate nella roccia e prendevano il nome di “camerae”. Altre abitazioni erano interamente costruite in pietra ed erano adagiate sui fianchi scoscesi della rupe che caratterizzava tutto l’antico borgo. Le ultime ricerche hanno portato alla luce i resti di un tempietto di cui abbiamo solo alcune notizie frammentarie e spesso discordanti tra loro. La visita del sito richiede comunque un po’ di attenzione soprattutto per la natura del terreno su cui sono adagiate le rovine. Non essendoci un itinerario di visita delineato, per osservare le varie strutture, dai resti delle mura alle varie abitazioni, ci si dovrà districare tra speroni rocciosi e terrazzamenti, non sempre facili da raggiungere.




    Curiosità

    Le “arche” di Camerata

    Un’antica tradizione presente a Camerata Nuova è la costruzione delle “arche”, caratteristiche cassapanche utilizzate per contenere vivande, indumenti e attrezzi da lavoro. Gli abili artigiani che le costruiscono sono chiamati arcari e per poterle realizzare utilizzano legno di faggio, molto abbondante nei dintorni del paese. Le arche sono costruite senza l’ausilio di viti o chiodi ma solamente incastrando listelli di legno, spesso intarsiati, che danno ad ogni opera un loro caratteristico aspetto. Questi particolari contenitori, che possono essere smontati e rimontati in breve tempo, furono molto utili alla popolazione, quando nel 1859 Came-rata venne distrutta dall’incendio. Nei pressi delle rovine di Camerata Vecchia sono stati trovati frammenti di legno appartenenti ad alcune arche datate agli inizi del XIX secolo. Grazie ad alcuni scritti si sa che l’utilizzo delle arche risale al 1780 ma da recenti studi si è appreso che questa tradizione avrebbe un’origine molto più antica.



    CAMERATA NUOVA





    Camerata Nuova, situata a 810 metri sul livello del mare, è uno dei comuni più alti del Lazio ma anche uno dei menoescursioni popolosi dato che gli abitanti sono circa 500. Il suo territorio comunale è interamente compreso nel Parco Naturale dei Monti Simbruini e offre al visitatore luoghi ancora incontaminati di grande valenza sia naturalistica che paesaggistica. Le montagne che circondano Camerata Nuova sono ricche di itinerari da percorrere sia a piedi che a cavallo e non mancano le piste per lo sci di fondo, particolarmente numerose nei pressi del grande piano carsico di Camposecco. Il paese di Camerata Nuova ha una storia relativamente recente dato che il primo nucleo sorse dopo l’incendio che nel 1859 distrusse il vecchio paese situato più a est e 400 metri più alto alle falde della lunga cresta del Monte Camposecco. Nonostante tutto, non mancano alcune note di interesse che caratterizzano questo borgo adagiato in una delle più suggestive valli del Lazio. Se mancano come è ovvio monumenti di rilievo storico e architettonico i paesani non hanno dimenticato le loro tradizioni tra le quali possiamo annoverare la sagra della braciola istituita nel 1959 in occasione del primo centenario dell’incendio che distrusse Camerata Vecchia (prima domenica dopo il 17 gennaio). Meta di pellegrinaggi è il Santuario della Madonna delle Grazie e nella parrocchiale di Santa Maria Assunta è conservata una statua lignea della Madonna salvata dall’incendio di Camerata Vecchia. Del bagaglio delle tradizioni cameratane fanno parte anche “l’asta deji atrizzi” che si svolge in occasione della festa dei patroni (prima domenica dopo l’8 settembre) e la manifestazione “Quanno ci stea sou macchia e ceu” rivisitazione dei mestieri ormai scomparsi. A proposito di mestieri scomparsi è da ricordare che Camerata è anche famosa per i suoi “arcari” maestri artigiani del legno dediti alla costruzione delle arche che non vorremmo mai diventasse un mestiere dimenticato.

    ... Altre immagini di Castel Gandolfo ... Albano e Castel Gandolfo sono vicinissime ... ci si può arrivare percorrendo o la Via Appia o la Via dei Laghi ... sono in un certo senso la "porta" di accesso ai Castelli Romani ... luogo di turismo sia di stranieri o visitatori di altre regioni d'Italia che degli stessi romani ... lughi rinomati per la bellezza dei luoghi, la bontà dei cibi ... e, sopratutto d'estate, per il giusto ristoro al fresco delle colline ...

    Claudio

    ... questa foto meravigliosa presa da Via dei Laghi mostra in penombra la collina sulla quale c'è Castel Gandolfo, in basso il lago omonimo - che descriverò dopo - e quel bagliore che si vede in lontananza è il mare ... orientativamente Tor San Lorenzo ...



    Scendendo da Castel Gandolfo, si percorre una strada tutta curve ma davanti a noi si estende, perla tra le colline sempre verdi, il lago ...

    IL LAGO ALBANO ( Lacus Albanus )

    - conosciuto anche come Lago di Castel Gandolfo -

    Il lago, che è il quarto bacino vulcanico del Lazio per estensione, è ,seppur di poco il più profondo in assoluto. Con i suoi 170 metri guida infatti l'ideale classifica di profondità davanti a quello di Bracciano. Conosciuto anche come Lago di Castelgandolfo, il maggiore dei laghi dei Colli Albani,risulta originato dall'unione dei 2 crateri vulcanici,come testimonia la sua forma ellittica e la strozzatura medianadi 70 metri dal fondo che segna appunto il limite tra i 2 crateri. Situato a 293 metri s.l.m. è lungo circa 3,5 Km e largo 2,3 Km per una superficie di circa 6 Kmq. Ma più che per le sue dimensioni,è famoso per la sua bellezza e per quella dei paesi che lo circondano,nomi famosi a livello mondiale e tanto impressi nella cultura romana : Castel Gandolfo che si specchia nelle acque del lago,e poco più lontani a nord Marino e a sud Albano che gli da il nome , Ariccia, Genzano e subito dopo l'altro lago, quello di Nemi, a est le rovine di Alba Longa , l'acerrima nemica di Roma . Alimentato da polle subacquee ,ha un emissario artificiale di epoca romana,scavato presso Castel Gandolfo nel 398-397 a.C. per propiziare la caduta di Veio ;infatti, secondo la leggenda l'oracolo di Delfi predisse la vittoria di Roma su Veio,solo quando le acque del " lacus Albanus " sarebbero giunte al mare senza straripare dai bordi del cratere.



    ARSOLI





    Arsoli è attraversata da un importante asse viario che costituisce il collegamento del versante tirrenico con quello adriatico. La strada ricalca un'antica via di transumanza, usata dalle primitive comunità pastorali legate alla "cultura appenninica". I reperti archeologici riscontrati nei due versanti attestano l'effettiva percorribilità di questa via di transito. [Centro storico] Nel periodo storico, la strada conduceva alla importante città degli Equi: Carseoli e, per la prima volta, fu percorsa e resa carrabile dai Romani per conquistarne il territorio e fu attraversata, più volte, dal monaco S. Equizio che, "a cavallo della sua mula", girava per la Valeria fondando monasteri. Fu percorsa anche dalle truppe di Corradino di Svevia, prima e dopo la battaglia di Tagliacozzo; servì come rapida via di penetrazione per le scorrerie dei briganti. Le truppe francesi vi transitarono nel 1798 per entrare nel Regno di Napoli, a sostegno della Repubblica partenopea. La via fu usata dal generale Garibaldi e da altre truppe, durante le guerre risorgimentali e per ultimo, vide il passaggio dei membri del Governo italiano e della Casa reale nel viaggio da Roma verso il Regno del Sud.
    [Castello Massimo] Millenni di storia sono passati su questa importante arteria, ed Arsoli ne ha dovuto subire le alterne vicende. A testimonianza delle continue riprese intercorse nell'evolversi della storia, Arsoli ha assunto come emblema la Fenice, che poggia su di un rogo con la scritta: "POST FATA RESURGO" - Dopo la rovina risorgo -. La Fenice, infatti, il mitico uccello che moriva ogni 500 anni, lasciandosi bruciare su un rogo, per poi rinascere dalle proprie ceneri.
    Le origini di Arsoli, per il nome, la storia e il territorio, sono legate all'antica città di Carseoli che sorgeva, sui piani del cavaliere, tra l'odierna Carsoli ed il comune di Arsoli, in località "Civita Carentia" e "Sèsera". Dopo la sottomissione degli Equi, i Romani nel 298 a.C., sotto il consolato di L. Cornelio Scipione e Cneo Fulvio,costituirono un'importante colonia a Carseoli, mediante l'invio di migliaia di coloni, "Eodem anno Carseolos colonia in agrum Aequicolorum deducta" (Livio. X - 13). L'antica via Tiburtina Valeria attraversava. come ai tempi odierni, il centro di Arsoli. In località "Fonte Sonnola" fu rinvenuta la XXXVIII pietra miliare, attualmente innalzata nella piazza del paese, con la seguente epigrafe: XXXVIII - IMP. NERVA - CAES. AUGUSTUS - PONTIFEX MAXIMUS - TRIBUNICIA - POTESTATE COS. III - PATER PATRIAE - FACIENDAM CURAVIT.
    [Centro storico] Il territorio venne in seguito utilizzato dai Romani per la costruzione degli acquedotti dell'Acqua Marcia e Claudia, realizzati rispettivamente negli anni 145 a.C. e 38-52 d.C. A testimonianza delle antiche origini e dell'importanza strategica rappresentata da questo versante, Arsoli conserva numerose costruzioni e reperti del periodo romano e preromano. Con la caduta dell'impero, la regione, prima densamente popolata, subì un graduale abbandono. S. Benedetto da Norcia ritiratosi a Subiaco, dopo aver fondato sulle rovine della Villa di Nerone il primo monastero benedettino, costruì altri dodici monasteri nella Valle dell'Aniene. Secondo la "Cronaca" di Cherubino Mirzio, uno di questi monasteri, denominato S. Andrea, era stato realizzato nel territorio di Arsoli. Il Regesto Sublacense cita spesso fra i possedimenti del Monastero di Subiaco, il "Fundum Arsule", il "Mons qui vocatur Arsule" ed il " Castellum qui vocatur Arsule". Alcuni documenti sono apocrifi, tuttavia l'appartenenza di Arsoli al Benedettini è confermata dalla lapide dell'abate Umberto del 1053. Nel 1280 il castello di Arsoli venne, venduto dai Benedettini ai Passamonti, ai quali seguirono gli Orsini ed i Colonna. Nel 1527 il paese fu colpito da una grave pestilenza e subì, nello stesso periodo, anche il saccheggio da parte delle truppe ispano-tedesche di Carlo V. Con atto dei 30 ottobre 1574, il castello di Arsoli fu venduto a Fabrizio Massimo e con la nuova famiglia inizia la rinascita del paese. Alle numerose opere pubbliche si affianca l'emanazione di un nuovo Statuto, pubblicato l'8 giugno 1584.
    Nel 1591 Arsoli fu invaso dai banditi di Marco Sciarra; centinaia di abitanti morirono per la fame in seguito alla devastazione del territorio. Il paese nel 1656 subì una nuova [Centro storico] terribile peste. Come attesta una lapide posta sulla facciata della canonica, nel brevissimo spazio di due mesi, dal 23 luglio fino al 24 settembre, morirono quasi tutti gli abitanti. Infatti di 900 ne, rimasero solo 145. I componenti della famiglia Massimo, nel 1686, assunsero il titolo di marchesi. Per tre lunghi mesi il paese, nel 1744, subì l'assedio da parte degli Spagnoli che procurarono anche ingenti danni. Il 20 febbraio 1798, Arsoli aderì ai nuovi principi introdotti dalla Francia repubblicana ed il giorno 24, dello stesso mese fu innalzato nella piazza del paese l'albero della libertà. Nello stesso anno truppe francesi attraversarono il paese per raggiungere il Regno di Napoli. Nel 1818 - infine - Arsoli divenne capoluogo di mandamento, ed ancor oggi sede di uffici amministrativi e giudiziari.




    ... il lago può essere costeggiato a piedi nella parte a ridosso della collina... c'è una bellissima stradina di terra che si perde nella vegetazione e sfiora il lago mostrando angoli di acqua cristallina ...



    CASTELLO MASSIMO DI ARSOLI





    Il Castello si erge a strapiombo sulla roccia nei lati che guardano il paese di Arsoli, mentre dall’altro lato si affaccia sul parco con i bellissimi giardini all’italiana. Un viale con accesso dal cancello nel paese di Arsoli conduce, attraversando i giardini, al grande piazzale, da cui si sale al castello.





    Una gran parte del piano nobile è stata messa a disposizione per gli eventi come matrimoni cerimonie e ricevimenti : il salone principale con gli affreschi settecenteschi di Marco Benefial, raffiguranti le nozze di Perseo e Andromeda e i paesaggi dei feudi dei Principi Massimo, di grande bellezza ed importanza artistica; due piccole sale e la sala d’Ercole, sulle cui quattro pareti sono raffigurate le fatiche del mitico eroe, mentre gli affreschi delle volte sono attribuiti ai fratelli Zuccari. In fondo al salone principale è situato un’appartamento di rappresentanza.




    Alle quattro sale si accede dalle due armerie che, con i grandi ritratti dei principi e delle loro consorti, fiancheggiano il giardino pensile, piccolo giardino rigoglioso, con una fontana circondata da piante di limoni, glicine, iris e fiori di ogni sorta, che si affaccia da una straordinaria altezza sul parco sottostante, dominato dalla statua di epoca romana raffigurante la Dea Roma. Sul giardino pensile da anche la piccola cappella.



    I PRINCIPI MASSIMO







    Vantando discendenza da Quinto Fabio Massimo, detto “il Temporeggiatore”, da cui il motto araldico “Cunctando Restituit”, la famiglia dei Principi Massimo è per tradizione una delle famiglie originarie della Roma Antica, continuando a partecipare alla storia di Roma attraverso i secoli.

    Quando Napoleone si impossessò dello Stato della Chiesa agli inizi dell’800, avendo instaurato per alcuni anni la Repubblica Romana, dati i legami della famiglia Massimo con il Papa, fece condurre in ostaggio a Parigi il Principe Massimo, e avendo sentito parlare delle sue antiche origini, un giorno gli chiese se fosse vera la sua discendenza dagli antichi romani. Rispose: ”Così si dice in famiglia da duemila anni.”




    Santo compatrono di Roma e molto popolare tra i romani, fu molto legato alla famiglia Massimo e fu dietro suo consiglio che il Principe Fabrizio Massimo, primo signore di Arsoli, acquistò il feudo, sperando che potesse giovare alla salute del figlio, Paolo. Purtroppo però, il 16 marzo del 1583, Paolo morì. San Filippo accorse quando era ormai spirato e chiamandolo per nome lo riportò in vita di fronte a tutte le persone al suo capezzale. Ma dopo essersi confessato chiese al santo di morire per potersi ricongiungere alla madre e alla sorella che lo avevano preceduto.
    San Filippo Neri rimane una figura di grande rilievo per la famiglia Massimo; da più di quattro secoli il 16 marzo di ogni anno si ricorda il miracolo nella cappella di Palazzo Massimo alle Colonne a Roma.
    Nel castello di Arsoli si conservano ancora le stanze dove abitò il santo, che si trovano a fianco della cappella.




    Santa Severa

    Santa Severa è una frazione del comune di Santa Marinella (Roma).


    È un piccolo paese balneare ubicato sulla consolare via Aurelia a circa 8 chilometri a sud da Santa Marinella e 50 a nord da Roma.
    Prende il nome da Santa Severa, qui martirizzata nel II secolo.

    Storia
    Presso il paese è presente anche un piccolo borgo medievale con un castello dell'XI secolo prospiciente il mare, di fronte al quale sorgeva l'antico porto etrusco di Pyrgi.


    cortile Castello

    Il paese di Santa Severa si sviluppa negli anni trenta, quando fu una residenza estiva di numerosi gerarchi fascisti, le case costruite facevono parte della "Cooperativa 28 Ottobre". All'inizio si contavono pochissime case, tutte ville unifamiliari, successivamente negli anni '70, si estesero le costruzioni e venne costruita anche la frazione oggi denominata località "Grottini".


    Archeologia
    Qui nel 1964 furono rinvenute le lamine d'oro di Pyrgi, tre lamine d’oro alte circa 20 cm risalenti al 500 a.C., contenenti testi in fenicio ed etrusco.

    Luoghi di interesse
    Castello di Santa Severa
    Il castello è la sede del "Museo del Mare e della Navigazione Antica" di Santa Severa e del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite.





    ... da Albano Laziale ... riprendiamo la Via Appia ... poco dopo superato il confine del comune, entriamo in un altro luogo dei Castelli Romani ... Ariccia ...

    Ariccia

    anticamente chiamata Riccia o La Riccia, semplicemente 'a Riccia nei dialetti dei Castelli Romani) è un comune italiano di 18.381 abitanti della provincia di Roma nel Lazio.Il territorio ariccino fu abitato sin dall'antichità: qui sorgeva infatti la città di Aricia, prima tra le più importanti esponenti della Lega Latina e poi frequentato municipium posto sulla via Appia Antica alla distanza di una giornata da Roma. Nell'alto Medioevo la città decadde ed andò progressivamente scomparendo, per rinascere solo alla fine del Quattrocento sotto il dominio della famiglia Savelli: nel 1661 Ariccia diventò feudo dei Chigi, che realizzarono il complesso monumentale di piazza di Corte (palazzo e parco Chigi, collegiata di Santa Maria Assunta) commissionandolo a Gian Lorenzo Bernini.

    Le origini del nome

    Il poeta latino Publio Ovidio Nasone nel libro XV vv. 536-546 de "Le metamorfosi"racconta come il figlio del mitico fondatore e primo re di Atene Teseo, Ippolito, dovette fuggire dalla Grecia dopo essere stato accusato di incesto con sua madre Fedra, e si rifugiò perciò in Italia dove venne accolto dalla dea Artemide nel suo bosco sacro sito in Lazio presso l'attuale lago di Nemi sui Colli Albani: la dea cambiò nome ad Ippolito chiamandolo Virbio (in lingua latina probabilmente vir bis, "due volte uomo", l'uomo nato due volte). La tradizione vuole che Virbio sia stato il fondatore di Aricia, il cui toponimo deriverebbe dal nome della moglie indigena del fondatore, chiamata appunto Aricia. In alternativa, lo storiografo latino Gaio Giulio Solino al capitolo VII del suo "Collectanea rerum memorabilia"sostiene che la città venne fondata da alcuni Siculi comandati da un certo Archiloco, dal quale deriverebbe il toponimo della città.

    Palazzo Chigi - Ariccia -

    Nel 1854 papa Pio IX inaugurò il ponte di Ariccia, il viadotto stradale monumentale della strada statale 7 via Appia Nuova alto una sessantina di metri, tristemente famoso come teatro di molti suicidii.

    Ponte d'Ariccia

    A passeggio per Ariccia

    ... Ariccia by night

    Piazza di Corte - Ariccia -

    La terrazza



    Continuo il viaggio attraverso i castelli romani ...


    Da Ariccia ... si percorre una strada che porta alla Via dei laghi ... si attraversa il centro di questa bellissima località ... dopo alcuni chilometri ... si giunge in prossimità di una discesa ... giunto a metà di questa discesa, metto il cambio della macchina a folle e ... incredibile!!!! La macchina rallenta e poi, pian piano, inizia a tornare indietro ... nel panico ... la macchina non si ferma, sto risalendo al contrario la salita, come se fossi attratto da una calamita dalla vetta della salita !!! Son senza parole, in macchina il silenzio più cupo ... allora decido di fare inversione, voglio vedere se percorrendo la salita accade qualcosa di strano ... Presto fatto ... inizio la salita e, giunto a metà ... fermo la macchina, metto il cambio a folle e ... AIUTOOOOOOO!!! La macchina invece di tornare indietro, comincia lentamente a salire ... sempre di più, sempre di più ... di nuovo sembriamo attratti da una calamita ... Fermo la macchina a metà salita e scendo ... non riesco a spiegarmi tutto questo ... apro il cofano dell'auto e prendo una bottiglia d'acqua .... mi inginocchio e faccio scendere il liquido nel senso della discesa ... AIUTOOOOOOOO!!! L'acqua dopo pochi centimetri di corsa nella naturale direzione (discesa), inizia a tornare verso di me ... risultato????Sono talmente esterrefatto che, incredulo, non mi muovo e nella mia immobilità dopo poco mi ritrovo con i pantaloni bagnati dall'acqua che era tornata indietro .... AMICI VI GARANTISCO CHE QUESTO RACCONTO E' REALE ... QUEL TRATTO DI STRADA E' TRA I PIU' VISITATI E "TESTATI" DA TUTTI COLORO CI PASSANO ... Ahahahahaahahahahah ho visto anche fare esperimenti con .... ehm ... liquidi personali ... ahahahahaahahahaah ... è un vero mistero ... o no!!!Claudio
    Ecco una foto di quel tratto di strada ....



    PORCHETTA DI ARICCIA

    Caratteristiche e dettagli
    La preparazione della porchetta costituisce l’eredità di una cultura millenaria, di cui rimane depositaria l’area di Ariccia, (un tempo La Riccia), nei Castelli Romani. La tradizione risale agli Etruschi, all’antica Roma e riprende, facendo riferimento a dati certi, nella grande trattatistica in campo gastronomico del ‘400 e ‘500 nel “De Arte Coquinaria” di Maestro Martino da Como (metà del secolo XV). Nel 1802 il tedesco Johann Gottfried Seume, autore del libro “L’Italia a piedi”, passando per Ariccia, manifestò il proprio disappunto per il principe Chigi, reo di aver fatto abbattere le querce secolari del suo parco per meglio far pascolare i porci bradi, progenitori delle famose “porchette”. Molte sono le “famiglie storiche” d’origini romane e dei comuni limitrofi, che da secoli lavorano con sistemi tradizionali la porchetta, tramandandosi da padre in figlio questa pregiatissima arte.

    Il maiale rovesciato
    Il maestro Martino, vissuto in epoca medievale, nel suo “Libro de arte coquinaria” spiega la famosa preparazione del maiale rovesciato: “Per aconciare bene una porchetta fa’ in prima che sia ben pelata in modo che sia biancha et netta. Et poi fendila per lo deritto de la schiena et caccia fore le interiori et lavala molto bene. Et dapoi togli i figatelli de la ditta porchetta et battili bene col coltello inseme con bone herbe, et togli (prendi) aglio tagliato menuto, et un pocho di bon lardo, et un pocho di caso (cacio) grattugiato, et qualche ovo, et pepero pesto, et un pocho di zaffano, et mescola tutte queste cose et mettele in la ditta porchetta, reversandola a modo che si fanno le tenche (tinche), cioè ponendo quello di dentro di fori. Et dapoi cusila inseme et legala bene et ponila accocere nel spedo, o vero su la graticula. Ma falla cocere adascio che sia ben cotta così la carne como etiamdio il pieno.
    Et fa una pocha di salamora con aceto, pepero et zafrano, et tolli doi o tre ramicelle de lauro, o rosmarino; et gitta spesse volte di tal salamora sulla porchetta; et simile si po’ fare de oche, anatre, gruve (gru), capponi, pollastri et altri simili.”



    La pezzatura della porchetta di Ariccia, è compresa tra 30 e 40 Kg. La fetta al taglio si presenta compatta ed omogenea, con la parte grassa ben separata da quella magra. La crosta esterna ha consistenza croccante, colore dorato e gusto sapido. La porchetta ha una carne magra; infatti, il grosso in eccesso cola durante la cottura, particolarmente lenta, sullo spiedo posto in forno a legna.
    La Porchetta di Ariccia, prodotta tutto l’anno è ottenuta da suini giovani, di sesso femminile, di razze nazionali selezionate e/o di razze Landrace, Large White, Pietrain e rispettivi ibridi, allevati in Italia e/o in Paesi comunitari, di 70-80 kg di peso e piuttosto magri. Ai maiali, appena macellati, si fiammeggia la pelle per privarla dei peli, poi si lava e si raschia accuratamente, poiché costituisce una delle attrattive della preparazione. Il maiale, si priva delle zampe, si svuota tramite due incisioni sulla schiena e si disossa; lo stesso si fa con le cosce. Poi, rifilati completamente e svuotati dalle interiora, attraverso le aperture si spalma all’interno con 1,3 kg circa di sale, 160 g di pepe nero macinato e un trito di 200 g di finocchio selvatico, almeno 5 spicchi d’aglio e altri aromi che variano da produttore a produttore. Le interiora (fegato, polmoni, cuore; non i rognoni) sono lavate, sbollentate in acqua salata e tagliate a fettine, o pezzetti, poi condite con gli ingredienti menzionati e inserite all’interno.
    La carne è arrotolata, accuratamente cucita, legata con spago, infilata per il lungo su uno spiedo e l’esterno del maiale punzecchiato con un coltello. La fase della legatura costituisce un elemento culturale indicativo nella preparazione della Porchetta di Ariccia. È una lavorazione prettamente manuale, praticata con ago e spago, eseguita in modo da conferire alla preparazione la conformazione caratteristica del suino e soprattutto deve essere calibrata in modo da garantire una perfetta cottura della carne ed il mantenimento della compattezza della porchetta durante e dopo la cottura. Il suino infilato nello spiedo è poi cotto in un grande forno da pane scaldato a legna. Nella parte sottostante, durante la cottura, che durerà dalle 3 alle 5 ore, ci sono dei recipienti per raccogliere il sugo. Alla fine la pelle sarà crostata e di colore bruno-oro, lucida e croccante. La porchetta si può mangiare calda, ma è più classica fredda. La Porchetta di Ariccia, oggi preparata anche industrialmente, è una specialità rinomata della tradizione gastronomica della zona dei Castelli Romani, infatti, il mercato di riferimento è principalmente locale, ma lentamente sta diventando ampliando.

    Per le sue dimensioni, la porchetta è una preparazione adatta alle feste paesane, oppure alle fiere. È un prodotto tipico dell’artigianato alimentare, in tutta l’Italia centrale e si vende fredda sulle bancarelle o in negozietti particolari. La porchetta è l’emblema della convivialità, della festa e del piacere della tavola popolare. È una preparazione aromatica e speziata, con un buon sapore, discreta grassezza, di percettibile tendenza dolce, succulenza e di lunga persistenza gusto-olfattiva. La Porchetta di Ariccia è da gustare con il pane casareccio di Genzano e con un vino rosso che sprizzi gioventù, con profumi intensi e cenni di vinosità, caldo e di discreta morbidezza, piacevolmente fresco, poco tannico, abbastanza sapido e con buona persistenza aromatica intensa, quale un Castelli Romani Rosso, un Penisola Sorrentina Rosso Frizzante, sottozona Lettere, o un Sangiovese di Romagna Novello.



    SUBIACO







    L'origine di Subiaco può essere - secondo lo storico Gregorio Jannuccelli - ricollegata a tre diverse epoche: la prima ne suppone la edificazione prima dell'età volgare; la seconda al sec. I d.C. e la terza nel sec. VII. Comunque, il primo che portò alla ribalta della storia la Regione Sublacense fu l'imperatore Nerone che, nel sec.I d.C., fece costruire una sontuosa villa, soggiornandovi fino al 60 circa, e tre laghi artificiali (laghetto di S.Benedetto nella foto sottostante) lungo il corso dell'Aniene (i Simbruina Stagna, di cui parla Tacito negli Annales, XIV, 22).






    Il primitivo nucleo abitato di Subiaco si trovava a "Pianiglio" (dove attualmente è lo Stadio Comunale), come dimostrano i rinvenimenti di catacombe del IV secolo. Qui si trova la più antica chiesa della cittadina, S.Lorenzo, che testimonia l'atto ufficiale della nascita di Subiaco, il 10 agosto del 369, in quanto simbolo della donazione dei territori e dei beni del patrizio romano Narzio (il tutto è documentato da una charta) al papa Damaso e agli abitanti.
    Nell'anno 480 giunse a Subiaco il giovane Benedetto da Norcia che - dopo tre anni di meditazione - fondò, lungo la Valle dell'Aniene, tredici monasteri e concepì la "Regula", struttura portante dell'Ordine Benedettino. Costretto, dopo circa un trentennio di apostolato, a lasciare la regione sublacense, si rifugiò a Montecassino ove morì intorno al 547.






    Poco dopo al morte del santo la Valle dell'Aniene fu coinvolta, come tante altre zone d'Italia, nella guerra gotico-bizantina, costringendo gli abitanti a rifugiarsi in luoghi meno accessibili, dando vita ai centri di Vallepietra, Trevi e Filettino. Tra il VI e il IX secolo una serie d'incursioni barbariche lasciò tracce riconoscibili nel territorio; in particolare vennero distrutti, da parte dei Saraceni, dodici dei tredici monasteri fondati da S. Benedetto, lasciando soltanto quello di S. Scolastica.




    All'inizio del sec. X i documenti storici diventano più attendibili e numerosi, e ci indicano un periodo feudale sotto l'Abate Leone III. Il periodo che va dalla seconda metà del sec. XI alla prima del XII segna, per Subiaco, il massimo splendore. Sono di questo periodo, infatti, i restauri di S.Scolastica e la costruzione della Rocca Abbaziale (o Rocca dei Borgia), cui seguì quella del Monastero del Sacro Speco, sino ad allora semplice grotta anche se reputata santuario dall'epoca di S.Gregorio Magno.




    A questo periodo di sviluppo ne seguì uno meno roseo che determinò la cessazione dei poteri feudali degli Abati. Inoltre un terremoto nel 1298, una successiva piena dell'Aniene, lo scoppio della peste e un altro sisma nel 1348 resero la vita dei Sublacensi particolarmente difficile.




    Nel 1456 fu nominato il primo abate commendatario Giovanni Torquemada, riformatore della disciplina dei monasteri nonchè degli statuti abbaziali. Fu sotto il suo regime che a S. Scolastica venne impiantata la prima tipografia in Italia a caratteri mobili, ad opera degli stampatori tedeschi C. Schweinheim ed A. Pannartz, nel 1465. (Nella foto il primo libro stampato in Italia, il Lattanzio).
    Al Torquemada successe il card. Rodrigo Borgia, che doveva salire al soglio pontificio col nome di Alessandro VI non prima, però, che a Subiaco vedessero la luce i suoi figli Cesare e Lucrezia. Dopo di lui si avvicendarono, nel regime della Commenda, le signorie dei Colonna e dei Barberini rispettivamente nel 1500 e 1600. Finalmente nel 1753 il papa Benedetto XIV separava il potere temporale della Commenda (trasferito alla Sacra Consulta) da quello spirituale. L'Abbazia entrava a far parte, come entità politica, dello Stato Pontificio.




    Fra i cardinali di questo periodo va particolarmente ricordato Giovannangelo Braschi, divenuto poi Papa col nome di Pio VI. Il cardinale promosse una serie di opere: ampliamento della cartiera, erezione della Basilica di S.Andrea Apostolo (1789), ristrutturazione della Rocca dei Borgia, sistemazione urbanistica della città, istituzione di una biblioteca pubblica; inoltre si fece l'onore di fregiarsi del titolo di "Città" pur non avendone i requisiti.

    I Sublacensi, riconoscenti, gli innalzarono un Arco Trionfale (nella foto), recentemente restaurato. Nei primi anni dell' 800 ci fu l'occupazione da parte delle truppe francesi, seguita nel 1849 e nel 1867 da quella dei Mille di Garibaldi che diedero luogo, tra l'altro, a sanguinosi scontri con gli Zuavi.




    SUBIACO
    MONASTERO DI SANTO SPECO






    Il complesso del Monastero di San Benedetto è sorto nel luogo del Sacro Speco, la grotta nella quale il Santo aveva vissuto in penitenza ed in contemplazione (sec. VI). Al di sopra della grotta, alla fine del sec. XII, fu costruita la chiesa Inferiore con il nucleo originale del Monastero; ancora al di sopra, verso la metà del sec. XIV, venne aggiunta la chiesa Superiore. Il Monastero di San Benedetto e quello vicino di Santa Scolastica costituiscono un complesso di grande rilevanza religiosa e artistica, in una cornice di notevole valore anche naturalistico (è territorio del Parco Regionale dei Monti Simbruini).




    La Croce di San Benedetto



    Scendendo verso la chiesa inferiore, è possibile imbattersi in uno splendido esemplare di Croce di San Benedetto, sigillo la cui invenzione è attribuita al celebre santo di Norcia, che ha potenti proprietà di esorcismo e di protezione. Ve ne sono anche altri, naturalmente, sparsi nel complesso, come in molti altri luoghi di culto che sono o sono stati benedettini. A questo importante sigillo è dedicata una pagina apposita ed una galleria d'immagini nella sezione dei Simbolismi.


    Curiosità: il roseto prodigioso

    Dalla chiesa inferiore, percorrendola Scala Santa, si scende nella Cappella della Madonna, e da questa ancora nella grotta dei Pastori. Da qui, poi, si esce all'aperto giungendo al Roseto di San Benedetto (foto 1). Secondo la tradizione, prima delle rose in questo luogo si trovava un groviglio di rovi ed ortiche, nel quale San Benedetto si era gettato per vincere la tentazione di abbandonare la vita monastica. In seguito, quando giunse in visita San Francesco d'Assisi, questi innestò le rose sui rovi, per ricordare come anche lui, ad Assisi, si era gettato nelle spine per lo stesso scopo e da queste era nato, prodigiosamente, un roseto
    .

    Il monastero di Santa Scolastica (VI - VII sec.)
    Subiaco (RM)





    Il Monastero di Santa Scolastica sorge poco più a valle del Sacro Speco. Santa Scolastica era la sorella di San Benedetto, e questa costruzione fa parte dei 14 monasteri da lui fondati lungo il suo cammino di predicazione, il più importante dei quali è certamente l'abbazia di Montecassino. Per lungo tempo, fino alla fine del XII sec., quello di Santa Scolastica fu l'unico dei monasteri benedettini che resistette ai terremoti ed alle devastazioni saracene. Inizialmente si chiamava "Monastero di San Silvestro" e solo successivamente (verso il IX sec.) prese il nome di "Monastero di San Benedetto e di Santa Scolastica", giungendo alla denominazione attuale solo nel XIV sec. Il periodo di massimo splendore, comunque, lo raggiunse tra l'XI ed il XIII sec. L'intero complesso si presenta come un insieme di edifici costruiti in epoche e con stili differenti: l'ingresso, contraddistinto da un portale sul quale è riportato il motto benedettino "Ora et labora", è decisamente moderno. Attraverso di esso, però, si raggiungono uno dopo l'altro i ben tre chiostri interni realizzati ciascuno in un'epoca diversa. Il primo chiostro, o "Chiostro Rinascimentale", risale al XVI sec.; da esso si passa nel secondo, il "Chiostro Gotico", realizzato nel XIV sec., ed infine da ultimo si arriva al "Chiostro Cosmatesco", del XIII sec. Il campanile, invece, è originario del XII sec. , mentre la chiesa è stata rifatta nel XVIII sec. La storia nel monastero vanta, nel 1465, l'impiantazione al suo interno della prima tipografia italiana, ad opera dei due chierici tedeschi A. Pannartz e C. Sweynheym, grazie alla quale la sua Biblioteca, collocata sul lato nord del chiostro gotico, si arricchì di libri e di incunaboli di grande valore. La valle in cui si trova l'edificio fu talmente caratterizzata, nei secoli, da monaci ed eremiti che l'abitarono in preghiera e meditazione, che ancora oggi viene ricordata come la "Valle Santa".





    Curiosità

    Croce di San Benedetto nel chiostro


    Il giardino del chiostro (fig. 1) può richiamare nel suo disegno il simbolo della Triplice Cinta. All'interno dello stesso, su uno dei muri perimetrali, è incisa la Croce di San Benedetto, che garantisce al luogo la protezione da ogni influsso malevolo.


    SUBIACO

    LA VILLA DI NERONE



    i resti della villa

    La notorietà archeologica della zona sublacense è legata alla presenza della grande villa che Nerone fece costruire lungo l'Aniene; non mancano però dati, il più importante dei quali è l'individuazione di un muro in opera poligonale, dai quali si può ipotizzare che Subiaco fu già un oppidum degli Equi, come si deduce da alcune testimonianze epigrafiche, nella tarda età repubblicana.

    Già prima di Nerone, comunque, la zona era nota ai Romani, visto che tre dei nove acquedotti che rifornivano la capitale, e cioè l'Acqua Marcia, la Claudia e l'Anio Novus provenivano dalla zona sublacense.

    Fu però Nerone che, come dice Frontino, riutilizzando forse una strada di servizio degli acquedotti, fece costruire la via Sublacense per facilitare l'accesso alla sua villa. La strada antica, ricalcata fino a Subiaco da quella moderna, si teneva alla destra dell'Aniene ma in prossimità del centro abitato passava sulla sinistra, come è possibile ricostruire in base alla scoperta del tracciato antico; tale tracciato, dopo aver servito i nuclei della villa, saliva verso gli Altipiani di Arcinazzo.

    Essa si trovava nel punto in cui il fiume Aniene lascia la stretta gola dei Simbruini fiancheggiato sulle due sponde dai monti Taleo e Francolano.

    Resti della villa sono tuttora visibili ai lati della via Sublacense, tra la località Sorricella ed il monastero di Santa Scolastica.

    Lo storico romano Tacito ricorda che mentre Nerone stava banchettando nella sua villa di Subiaco un fulmine cadde e colpì la mensa, spezzandola. Tale evento si verificò nel 60 d. C.: ciò significa che in quel l'anno gran parte della villa era già stata completata.

    In origine il complesso si estendeva su una superficie di circa 75 ettari e si articolava in nuclei separati, disposti a vari livelli intorno ai tre laghetti, raccordati dal cosiddetto Pons Marmoreus citato nelle fonti medievali.


    In particolare Tacito cita i“Simbruina stagna”, tre bacini artificiali ricordati anche da Plinio (Naturalis historia 3,109) per la loro amenità e da Frontino (De aquaeductu urbis Romae 90; 93) per la purezza e la profondità. I tre laghi, che diedero il nome alla villa stessa (Sublaqueum) e nel Medioevo a Subiaco, furono creati sbarrando il fiume con altrettante dighe; una era a valle presso la Cartiera di Subiaco (resti scoperti nel 1957), un’altra più a monte nella zona della Parata e una terza presso il vicino ponte S. Mauro, ove l’Aniene scorre in un’angusta fenditura alta circa 50 metri, sul cui fondo si trovano enormi blocchi di muratura caduti.

    Tutte le dighe crollarono durante il Medioevo (i documenti del Chronicon del Monastero di Subiaco menzionano due laghi fino al 1115 e uno solo dal 1189), una esattamente nel 1305 a causa dell’imperizia di alcuni monaci che rimossero due pietre.



    Nemi

    è un comune italiano di 1.988 abitanti, della provincia di Roma nel Lazio. Posizionato quasi al centro dei Colli Albani, a 521 m s.l.m., Nemi è il comune più piccolo dell'area dei Castelli Romani, noto per la coltivazione delle fragole e per la relativa sagra, che si svolge ogni anno la prima domenica di giugno. Il centro storico è situato in posizione panoramica sul Lago di Nemi, celebre per essere stato il luogo del ritrovamento nel 1927-1932 di due navi celebrative romane dell'età dell'imperatore Caligola, conservate nel Museo delle Navi Romane fino alla loro distruzione nel 1944. Nemi è stata fregiata della "bandiera arancione" dal Touring Club Italiano per l'ottima qualità dell'accoglienza e del soggiorno del turista. Il comune è interamente incluso nel perimetro del Parco Regionale dei Castelli Romani.

    Norcineria di Nemi

    Porcini alla "Caravaggio" - Nemi -

    Il BOSCO RACCONTA......



    Lago di Nemi

    è un piccolo lago vulcanico, posto tra Nemi e Genzano di Roma, poco a sud di Roma, a quota 316 m s.l.m. ben 25 metri più in alto del lago Albano, sui Colli Albani nel territorio dei Castelli Romani. Esteso per circa 1,67 km2, ha una profondità massima di 33 metri.

    La leggenda del lago di Nemi

    Sin dall'antichità il lago di Nemi fu oggetto di una leggenda riguardante due navi favolose di dimensioni gigantesche, costruite in epoca romana, ricche di sfarzo e forse contenenti dei tesori, che sarebbero state sepolte sul fondo del lago per ragioni misteriose. Tale leggenda prese a circolare probabilmente sin dal I secolo d.C., e poi per tutto il Medioevo, accreditata ogni tanto dal ritrovamento occasionale di strani reperti da parte dei pescatori del lago. Queste voci avevano in effetti un fondamento di verità. Le due navi, lunghe 70 metri e larghe più di 25, erano state fatte costruire dall'imperatore Caligola, in onore della dea egizia Iside e della dea locale Diana protettrice della caccia. Frutto di un'ingegneria avanzata e splendidamente decorate, Caligola le utilizzava come palazzi galleggianti in cui abitare o sostare sul lago, o con cui simulare battaglie navali. Ma in seguito alla sua morte avvenuta nel 41 d.C., il Senato di Roma (di cui l'imperatore era stato acerrimo avversario politico) per cancellarne il ricordo fece distruggere tutte le opere di Caligola, tra cui anche le navi di Nemi che furono affondate sul fondo del lago. Da allora la storia delle navi, unita al ricordo della loro magnificenza, fece presto a diventare leggenda.

    La scoperta delle antiche navi romane

    il primo a raccogliere le voci sulle Navi di Nemi fu, attorno alla metà del XV secolo, il Cardinale Prospero Colonna, il quale affidò a Leon Battista Alberti il compito del recupero. Il tentativo fu effettuato con l'ausilio di una grande zattera e l'intervento di nuotatori genovesi. Furono recuperate alcune fistole di piombo che permisero una datazione più precisa dell'epoca di costruzione delle navi.Nel 1827, a opera del Cavalier Annesio Fusconi, si riprende l'esplorazione del fondo del lago con una campana di Halley. Vengono recuperate pezzi di pavimento in porfido e serpentino, smalti, mosaici, frammenti di colonne metalliche, chiodi, laterizi e tubi di terracotta. Il 3 ottobre 1895 un provetto palombaro individua una delle navi e recupera una bellissima testa di leone in bronzo. A condurre l'operazione è l'antiquario Eliseo Borghi autorizzato dai Principi Orsini. Su indicazione dei pescatori, il 18 novembre, viene localizzata anche la seconda nave che fornisce altro abbondante materiale. La presenza dei reperti testimonia dell'adibizione del lago a sede di riti sacri e battaglie navali simulate. Il recupero delle navi vere e proprie, avvenuto per volere del governo fascista, fu un'opera mastodontica che richiese, in un tempo di quasi 5 anni (ovvero dall'ottobre del 1928 all'ottobre del 1932), l'abbassamento del livello del lago per mezzo di idrovore. Dopo quell'intervento, anche dopo il successivo riempimento del lago il livello dell'acqua non tornò mai più ad essere quello originario. A titolo di curiosità, le idrovore necessarie furono fornite dalla società Riva Calzoni, di Milano, di proprietà dell'Ing. Guido Ucelli che, in tale occasione, fu insignito del titolo 'di Nemi'. Quasi un secolo dopo, il 15 luglio 1535, il bolognese Francesco De Marchi fece un tentativo avvalendosi di una specie di campana. Fu riportato in superficie "tanto legname da caricarne due muli"

    .

    L'incendio che distrusse le navi

    Un incendio scoppiato la notte dal 31 maggio e durato fino al 1 giugno del 1944 distrusse le due navi e gran parte dei reperti che erano custoditi con esse. L'incendio di origine quasi certamente dolosa fu ad opera, si disse subito, dei tedeschi che avevano piazzato una batteria di cannoni a 150 metri circa dal museo che conteneva le navi. Venne istituita una commissione d'inchiesta composta da autorevoli esperti italiani ed esteri che giunse alla conclusione, di seguito riportata, tratta da un brano del libro indicato in calce:

    « …Purtroppo la loro storia doveva concludersi tragicamente poco tempo dopo, la notte dei 31 maggio 1944, quando per cause tuttora ignote un incendio doloso, "attribuito" alle truppe tedesche stanziate nei pressi dei Museo, distrusse totalmente gli scafi e gli oggetti ad essi pertinenti, ad eccezione dei reperti più preziosi (tra cui i bronzi decorativi) che il Soprintendente S. Aurigemma aveva fatto trasportare presso i magazzini dei Museo Nazionale Romano, tra l'agosto 1943 e il marzo dell'anno successivo. Una commissione appositamente creata e costituita dallo stesso Aurigemma, da G. Giovannoni, ordinario di Architettura alla facoltà d'ingegneria di Roma, R. Paribeni, direttore generale delle Antichità e Belle Arti, B. Nogara, direttore generale dei Musei Pontifici, E. Sjoqvist, direttore della Scuola Svedese a Roma, E. P. Galeazzi, architetto dei SS. Palazzi Apostolici, V. Magnotti, comandante dei Corpo dei Vigili a Roma, S. Fuscaldi, del Servizio Tecnico di Artiglieria di Roma, G. Brown, addetto al Comando dei Vigili dei Fuoco di Roma, giunse alla conclusione che con ogni verisimiglianza l'incendio che distrusse le due navi fu causato da un atto di volontà da parte dei soldati germanici che si trovavano nel Museo la sera dei 31 maggio 1944... »

    Ipotesi ricostruttiva nave





    Riprendiamo la Via dei Laghi ... direzione ....

    VELLETRI

    è un comune italiano, di 52.841 abitanti del Lazio, in provincia di Roma. Inclusa - ma solo da alcuni[3]- nell'area dei Castelli Romani nonostante la sua lunga e gloriosa tradizione di libero comune, Velletri è uno dei centri più importanti della provincia. È inoltre il primo tra i quindici comuni dei Castelli Romani, sia per numero di abitanti che per estensione territoriale. Antichissima città dei Volsci, già autorevole al tempo di Anco Marzio, tanto da poter trattare alla pari con Roma, lo storico Dionigi d'Alicarnasso la definisce ἐπιφανής (epiphanés), "illustre". È sede della Sede suburbicaria di Velletri-Segni, ed è stato teatro di due storiche battaglie: nel 1744 e nel 1849. Velletri fu nel Medioevo uno dei pochi liberi comuni del Lazio e dell'Italia centrale, e una delle pochissime città a conservare una propria vita cittadina. Oggi Velletri ospita un tribunale circondariale e un carcere, oltre a numerosi istituti superiori e licei. Capolinea della ferrovia Roma-Velletri, inaugurata da Pio IX nel 1863, la città è uno dei centri attraversati dalla via Appia Nuova. La vita culturale, effervescente fin dal XVII secolo con la nascita di numerose Accademie, è oggi piuttosto interessante,[senza fonte] grazie a teatri, musei, cinema, biblioteche ed archivi. Grazie alle aree di particolare pregio naturalistico (Monte Artemisio e Vivaro), fa parte dell'area tutelata del Parco dei Castelli Romani.

    La Torre del Trivio, campanile della chiesa di Santa Maria del Trivio, uno dei simboli della città.



    Porta Napoletana, posta sulla via Appia in direzione sud.



    TIVOLI











    VILLA D’ESTE-TIVOLI ….splendida ed elegante costruzione cinquecentesca, fu progettata per il Cardinale Ippolito II d’Este è arricchita da un grande parco realizzato a terrazze con giochi d’acqua che sono il filo conduttore. Molte sono le fontane. Sono state ideate con studi d’ingegneria idraulica, sfruttando la pressione naturale dell’acqua per caduta. "… dovunque tu volga il guardo ne zampillano polle in sì varie maniere e con tale splendidezza di disegno, da non esservi luogo su tutta la terra che in tal genere non sia di gran lunga inferiore…" (Lettera di Uberto Foglietta a Flavio Orsino, 1569)



    Riprendiamo la Via Appia e da Velletri ... in direzione Roma, andiamo a ...

    Genzano di Roma

    è un comune di 23.912 abitanti della provincia di Roma.



    image

    Castel Gandolfo,
    residenza estiva dei Papi, è un centro di soggiorno estivo e turistico, a 426m di altitudine, sul costone occidentale del cratere del lago omonimo.
    Particolare interesse desta la sistemazione settecentesca del borgo ad opera del Maderno e del Bernini ai quali si devono rispettivamente il palazzo Papale, in cui ha sede la specola vaticana, e la chiesa di San Tommaso da Villanova.
    Già nella preistoria questa zona era abitata da popolazioni italiche, numerosi sono i ritrovamenti.
    delle civiltà pre-romane e della civiltà di Albalonga, "cugina di Roma", a tal proposito segnaliamo la presenza nel territorio del Museo Civico ad Albano.
    Da segnalare che la terza domenica di agosto si celebra la tradizionale sagra delle pesche.

    Per chi ama la natura e il trekking, non può perdersi gli incantevoli percorsi che consentono di visitare l'intero Parco Naturale dei Castelli Romani, inoltre nell'area sono previsti numerosi sport legati all'ambiante quali: canoa, sci nautico e windsurf, o sport estremi quali paracadutismo.
    Sono presenti anche circoli sportivi tra i quali segnaliamo quelli del golf e del tennis dove si svolgono tornei interazionali riconosciuti dal ITF Tennis. .



    Genzano Vecchio

    Torre saracinesca
    (XIII secolo)

    Piazza S. Sebastiano, Fontana di S. Sebastiano e Collegiata SS. Trinità

    I ruderi del castello di San Gennaro lungo l'Appia vecchia

    Genzano al tramonto, da Nemi




    L'INFIORATA DI GENZANO DI ROMA

    L’Infiorata della città di Genzano di Roma è diventata un vanto e una consuetudine per gli abitanti del luogo, tanto che ne rinnovano la tradizione ormai da secoli.
    Nella domenica successiva al Corpus Domini, la strada che porta al Duomo viene totalmente ricoperta da un meraviglioso tappeto floreale che riproduce opere d’arte famose, tappeti elaborati e dipinti di pittori celebri. Giuseppe Garibaldi, nell’agosto del 1875, addirittura si rifiutò decisamente di passarvi sopra perché “certe cose divine non si calpestano”.
    Dal 2004 l’Accademia dei Maestri Infioratori di Genzano di Roma ne promuove la diffusione e la valorizzazione nel mondo affinché non venga dimenticato ciò che ha segnato in maniera indelebile il territorio.


    LO "SPELLUCCAMENTO" A GENZANO DI ROMA.........






    L'INFIORATA A GENZANO DI ROMA







    VILLA ADRIANA





    La regina delle ville imperiali dell'antica Roma è posizionata nella piana sottostante Tivoli e spicca per l'imponente grandiosità dell'architettura. Fu fatta costruire dall'imperatore Adriano, che ne seguì personalmente il progetto (118-138 d.C.), a partire dalla ristrutturazione di una precedente villa repubblicana. E' costituita da un insieme di costruzioni monumentali, vie, specchi d'acqua, terme, biblioteche, teatri, templi che avevano colpito l'imperatore nei suoi numerosi viaggi nelle province dell'impero dove era andato per conoscere realtà così lontane e adeguare le strutture dell'impero alle nuove necessità. Si tratta di una vera e propria città estesa su di un'area di circa 300 ettari, nella quale il grandioso complesso si presenta diviso in quattro diversi nuclei.
    La Villa Adriana, voluta dall'Imperatore Adriano, era certamente ispirata alla Domus Aurea di Nerone, la grandiosa reggia romana quasi completamente distrutta dopo la morte del vituperato imperatore. Il progetto della villa tiburtina è attribuito allo stesso imperatore, interessato all'architettura, che volle qui riprodurre i luoghi e gli edifici che più lo avevano colpito nei suoi numerosi viaggi nelle province dell'impero: il Liceo, l'Accademia, il Pritaneo, il Pecile di Atene, il Canopo sul delta del Nilo, la Valle di Tempe in Tessaglia. Non si trattò di una scelta puramente amatoriale: i viaggi di Adriano non avevano un carattere, per così dire, turistico, ma costituirono il segno più evidente della nuova concezione dell'impero che lui stesso andava affermando in quell'inizio del II secolo d.C., dopo che le conquiste del suo predecessore Traiano avevano portato i confini dell'impero romano alla massima espansione. Le istituzioni della repubblica romana, che Augusto e i suoi successori avevano modificato ufficialmente di poco, non erano in grado di reggere la guida di territori tanto ampi e di popoli così diversificati; di qui la decisione di Adriano di conoscere di persona le province imperiali, per poter adeguare le strutture dell'impero alle nuove necessità.Imbevuto della cultura greca, Adriano seppe fondere la raffinatezza ellenistica con la pratica capacità di governo di cui i romani avevano dato prova nell'amministrazione dell'impero; e di questa singolare fusione troviamo la plastica espressione nella splendida villa, realizzata in tre fasi successive dal 121 al 137 d.C.

    Dopo la morte di Adriano, avvenuta nel 138 d.C., la villa continuò a far parte dei beni della Casa Imperiale. Nei secoli successivi subì un lento declino e fu spogliata dei suoi marmi, utilizzati in molti edifici e chiese medievali. All'inizio del `700 gran parte della villa fu acquisita dalla casata Conte che iniziò una campagna di scavi e la adornò con cipressi e viti. Dopo l'unità d'Italia (1870) la villa passò al Demanio statale.





    IMMAGINI IN LIBERTA'



    VILLA D'ESTE







    Villa Adriana









    <p align="center">








     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    image grazie sorellone..
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    grazie
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    grazieee
     
    Top
    .
  5. tomiva57
     
    .

    User deleted


    2495096322_010e8bb72f



    Questo lago è un giardino


    palazzo+orsini_bomarzo_sacro+bosco_orco
    Sacro Bosco di Bomarzo


    bosco-sacro-di-bomarzo


    Passeggiare all'ombra di querce secolari accompagnati dal rumore dell'acqua di un ruscello o dal cinguettìo degli uccellini, lontani dalle file chilometriche in autostrada: un'esperienza da vivere in quello che è un vero e proprio tesoro nascosto del Lazio, i giardini privati di alcune delle più belle residenze storiche d'Italia. Soltanto la provincia di Viterbo ne ospita quattro che risalgono al tardo '500: il Sacro Bosco di Bomarzo, Villa Farnese di Caprarola, Villa Lante e il Castello Ruspoli di Vignanello, nei quali il paesaggio è rimasto pressoché incontaminato.


    website?author_id=1304004765561698&id=1304175482307131&file=palazzo
    Villa Farnese di Caprarola


    tuscia_211
    Villa Lante

    C_castello-ruspoli
    Castello Ruspoli di Vignanello

    Castello_Ruspoli_b


    vignanello1

    Queste magnifiche tappe di natura fanno parte del circuito Grandi Giardini Italiani che ne raccoglie 83, tutti visitabili. La rete è stata creata grazie alla caparbietà di Judith Wade, una signora scozzese innamorata del Bel Paese, che ha convinto i proprietari delle dimore storiche più affascinanti della Penisola ad aprire i cancelli e a svelare le meraviglie che vi sono gelosamente custodite.
    Un itinerario intorno al Lago di Bracciano, a una manciata di chilometri da Roma, ne svela tre poco noti al grande pubblico ma incredibilmente belli.

    bracciano--400x300
    Castel Giuliano


    castel%20giuliano%202

    La prima tappa è il parco di Castel Giuliano, che abbraccia il castello di proprietà dei marchesi Patrizi fin dal Cinquecento. Si tratta di un antico insediamento etrusco e romano, che lunghi e accurati restauri hanno riqualificato e valorizzato.
    Qui niente è affidato al caso: lo si comprende subito da un primo scambio di battute con la marchesa Umberta Patrizi Montoro, abile regista dell'allestimento di erbe aromatiche e arbusti fioriti che crescono alla base di maestosi esemplari di pinus pinea, querce, cedri del Libano, magnolie e aceri.

    RoseFesta_us--400x300

    festa_della_rosa_castel_giuliano

    La vera particolarità di questo giardino sono le rose, per le quali la nobildonna nutre da anni una vera passione, tanto che il suo è annoverato tra i maggiori roseti privati italiani. Ci sono centinaia di rose antiche, magnifici esemplari di Albértine Barbier, una varietà del 1821, di Blu Magenta del 1900, di Sweet Juliette ispirate alle rose ottocentesche: è uno spettacolo non comune vederle arrampicarsi sulle vecchie mura del castello di famiglia.
    Il giardino è visitabile solo su prenotazione per gruppi, il biglietto d'ingresso costa 10 euro.


    stigliano

    La sosta successiva è ai Giardini Botanici di Stigliano attraversati da nove sorgenti e da due fiumi. Termali e curative, le acque vantano una storia millenaria: dopo gli Etruschi, i primi affascinati dall'incanto del luogo furono i Romani, e nel parco sono ben visibili le rovine delle terme romane, ampliate dall'imperatore Tiberio, e la strada consolare.

    stigliano_02

    Il giardino di venti ettari, completamente restaurato dalla stessa marchesa Patrizi, abbraccia con la sua rigogliosa vegetazione (lecci, roveri, noccioli, tamerici e persino bambù giganti) l'albergo di epoca settecentesca e le terme imperiali. Non è esclusa la possibilità di qualche incontro ravvicinato con uno degli ospiti assidui dell'oasi: aironi, falchi, civette, istrici, tassi, volpi, donnole e faine.
    Per la visita guidata, per gruppi di minimo 10 persone al costo di 9 euro per partecipante, è necessaria la prenotazione.


    jpg

    Era la primavera del 1964 quando il paesaggista Russell Page mise piede per la prima a San Liberato: «Non conosco luogo che emani magia come questo» dichiarò, accettando con entusiasmo l'incarico di rendere ancora più splendido il Parco Botanico della località. Una volta visitata la chiesa romanica racchiusa in un bosco di castagni secolari, il percorso conduce al prato da dove si apre una bella vista sul lago. Il conte Donato Sanminiatelli e sua moglie Maria Odescalchi hanno reso spettacolare l'ambiente dove aceri canadesi, ciliegi giapponesi, liquidambar e parrotie persiche convivono con canfore, liriodendri e nysse che d'autunno sembrano prendere fuoco. Una parte del giardino è dedicata alle piante acidofile: vi si possono ammirare camelie in collezione, rododendri, profumate Choysia ternata e bambù neri e naturalmente le rose. Un gazebo, ideale per sorseggiare il tè del pomeriggio, è situato presso il un laghetto dove fioriscono le ninfee.
    Il giardino è aperto solo a gruppi di minimo 10 persone su prenotazione dal 1° maggio al 15 giugno e dal 15 settembre al 15 novembre. Il biglietto costa 9 euro per gli adulti, 6 per i bambini e over 60.





    PleinAir Online
    foto web
     
    Top
    .
4 replies since 12/11/2010, 12:12   4035 views
  Share  
.