GABRIELLA FERRI

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  1. tomiva57
     
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    Chitarra Romana





    Stornelli di Porta Romana







    La riscossa dello stornello romano
    dalla strada al teatro è boom
    Dai centri anziani, ai centri sociali, fino alle tournée internazionali, sempre un successo. Serenate, canti della mala, stornelli e una gran varietà di rivisitazioni jazz



    di Luca Villoresi

    Se si parla di canzone romana, non tanto nel senso della scuola romana formato Sanremo, quanto nel senso della canzone romanesca (fior de cicoria, fiume bojaccia e paraponziponzipò), bisogna scegliere da che palco cominciare.

    Quello dei Ponentino trio, ad esempio, stando alle delibere comunali sugli artisti di strada, dovrebbe aggirarsi sui tre metri quadri. E si apparecchia alla buona. Costantino, quello con il cilindro in testa e il frac rattoppato, spazza via con la scarpa cicche e cocce di fusaia. Libera il suo proscenio d´asfalto, annuncia lo spettacolo. Mentre Cesario, con la chitarra che scalpita - «Daje, attacca, che sennò ci cacciano pure da qui» - già dà il la a Daniela, reginetta di uno di quegli stornelli a botta e risposta, da amore rugantino, che se ne dice di tutti i colori. Lo show ha sempre un grande successo. A qualcuno scappa pure una lacrimuccia («Questa la cantava mamma mia»), che vale dieci euro nel piattino. Si fermano anche sud americani, cinesi, un indiano entusiasta. Dalle parti di Porta Portese, però, il successo è anche un problema. Il capannello si allarga. Quelli delle bancarelle si lamentano. E alla fine arrivano i vigili: «Vediamo di risolvere... così, senza che ci mettiamo a fare gli effetti speciali».

    Porta Portese non sarà l´Ariston. Ma per verificare se davvero la musica romana stia tornando un genere popolare, bisogna scendere dalle luci della ribalta e affacciarsi in strada: la vera patria di una tradizione a lungo sottovalutata perfino dai cultori delle tarante e dei ritmi occitani; e spesso rinnegata dagli stessi romani, ché ascoltare Lando Fiorini o Alvaro Amici era peggio che mettersi i calzini corti. Insomma, sembrava roba da centro anziani. Te la ritrovi nei centri sociali. Un fermento che sobbolle nelle pentole di San Lorenzo, del Pigneto, di Tor Pignattara, proponendo il recupero di serenate, canti della mala, stornelli, ma anche una gran varietà di riciclaggi, in chiave jazz, rap, reggae.

    Il bello, peraltro, sembra proprio questo: ognuno se la canta e se la "sona" come gli pare. E ognuno ha il suo palcoscenico da conquistare. I Ponentino ogni tanto rimediano un concertino, un matrimonio, o una di quelle feste di quartiere dove suoni sul cassone di un camion; altrimenti li ritrovi su un marciapiede della Lungaretta; oppure, la domenica, a Porta Portese.
    Come c´è palco e palco, c´è hit parade e hit parade. Nel suo piccolo il cd del Ponentino trio va forte. Esaurite le prime mille copie, sta per finire le cinquecento ristampe. Registrato negli studi del centro sociale di Forte Prenestino il cd è autoprodotto, anzi, meglio: «Multiprodotto dal nostro pubblico. In tanti ci chiedevano di avere le nostre canzoni. Per fare un cd però servivano duemila euro. Così abbiamo aperto una sottoscrizione: dieci euro in cambio di un buono per ritirare una copia del cd». Sui marciapiedi, quando non bisogna sbrigarsi, lo show dura una ventina di minuti. Versi di Trilussa, scherzi, stornellate. I classici del repertorio tuttavia, a grande richiesta, sono sempre due. «Te la ricordi Lella quella ricca, la moje de Proietti er cravattaro...». E poi l´immancabile Barcarolo. Quando Daniela attacca «Quanta pena stasera c´è sul fiume...», non fa in tempo ad arrivare a «... disgraziato chi sogna e chi spera», che c´è già il coretto: «Er barcarolo va controcorrente!». Bravi. Applausi. La gente viene a complimentarsi. O a proporre canzoni sentite nell´infanzia; delle quali, però, non conosce mai il testo completo. Sembra che i romani, al pari della storia dei loro marmi - Balzani? Chi era costui? - ignorino anche quella delle loro canzoni, ultimi frammenti di una tradizione orale ormai solo vagamente orecchiata.

    I ricordi sono incerti. La memoria vaga. Vale per «Lella», che molti credono appartenere a un´epoca lontana («Vecchia quanto? Vecchia assai»), mentre è una canzone degli anni Settanta. Scritta non da Califano e neppure dai Vianella, ma da un duetto, Edoardo De Angelis e Stelio Gicca Palli, che con quel testo aveva trionfato alla sezione giovani del Cantagiro; incappando peraltro nella censura della Rai, per via del fatto che l´assassino di Lella non solo è ancora libero e impunito, ma non mostra alcun segno di pentimento. «Barcarolo romano», invece, è stata presentata nel 1926. L´autore è Romolo Balzani, il prolificissimo compositore che, con Petrolini, rappresenta l´anello di congiunzione tra la tradizione popolare delle villanelle seicentesche («Quando nascesti tu nasceva il sole... «), delle tarantelle improvvisate dai cantastorie sui fatti del giorno, dei sonetti, e, dall´altra, l´era di Claudio Villa e Lando Fiorini, Gabriella Ferri e Gigi Proietti. Il repertorio, si vedrà, è vasto e versatile: gira la rota gira, taradandanrindondella, te possino dà tante coltellate e Maramao perché sei morto?
    Se si dovesse reperire, nei paraggi, un´immagine, una metafora capace di rappresentare il patrimonio della canzone romana ci si potrebbe orientare verso una di quelle bancarelle stracolme di indumenti usati. Un grande ammasso di tessuti, ora più pregiati, ora più scadenti - lane, cotoni, seta, terital - nel quale tutti frugano e ogni tanto tirano fuori qualcosa. Per poi adattarlo ai rispettivi look: un tocco di civetteria in mezzo a un guardaroba di pregio, o un indumento da riciclare fino all´ultima toppa. Allo stesso modo ognuno può estrarre dalla musica romana vari motivi di ispirazione: riproposizioni colte, commerciali, appassionate, scontate... Dal Ponentino trio. All´antologia curata dall´Oscar Nicola Piovani per le celebrazioni del centenario di Villa Borghese. Dal Piotta. A Elena Bonelli che, dopo aver portato in giro tra gli italiani del mondo la canzone napoletana, ha deciso «di mettere l´abito da sera alla canzone romana». La Bonelli (il 7 maggio sarà al Sistina) ha proposto la sua reinterpretazione accompagnata dai sessanta elementi dell´orchestra sinfonica di Roma e del Lazio. «Sembrava troppo. Mi dicevano: lascia perdere, è musica regionale, da trattoria. Invece, elevata a sinfonia, la canzone romana ha avuto un enorme successo ovunque: Europa, Asia, America. Dovevate sentire, a Tokyo, la standing ovation per il Barcarolo».

    Viene quasi il sospetto che in qualche modo la domanda stia precedendo l´offerta. Si veda proprio il caso del Ponentino trio: riuniti, casualmente, proprio dalle richieste del mercato. Costantino, che lavorava come mimo, ha saputo che cercavano qualcuno per fare delle serate di canzoni romane; e che in giro non si trovava nessuno. «Noi abitiamo tutti vicini. Cesario suonava la chitarra, Daniela si arrangiava a cantare. Ci siamo detti: proviamoci. Abbiamo messo assieme un repertorio. E ci siamo lanciati. La cosa non solo funziona, ma ci piace molto. Il primo concerto vero l´abbiamo fatto nel 2005, a Forte Prenestino. Poi... ».Riecco il vigile: «E allora, che dobbiamo fare?». Non c´è niente da fare. Il terzetto prova a tergiversare. Il pubblico solidarizza. Ma alla fine bisogna spostarsi un centinaio di metri più in là. Cesario e Daniela - occhio alle borse - risistemano gli spartiti. Costantino ottempera, ripulisce un altro metro quadro, come previsto dalla delibera sugli artisti di strada. Annuncia una nuova esibizione. «Grazie signori per la vostra generosità. Sostenete la cultura romana!».

    Edited by tomiva57 - 4/2/2014, 09:24
     
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