Lazio ... Parte 3^

RI..VT..FR..LT..IL PALIO..PROCESSIONI..FIERE..CANTINE..SAGRE..USI E COSTUMI DELLE PROVINCE DEL LAZIO...

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI

    “Martedì ... in questi giorni la mongolfiera dell’Isola Felice ha attraversato i cieli del Lazio alla ricerca delle bellezze delle sue province ... a Nord Rieti e la sabina, Viterbo e la Tuscia ... a Sud Frosinone e la Ciociaria e Latina e la pontina ... storia che affonda le radici nel passato ... Enea, gli Etruschi i Volsci e i Sabini ... tanta storia porta con se un bagaglio di tradizioni secolari, di usi e costumi che si tramandano nel tempo rendendo tipici di quel luogo persone e modi di essere e di fare ... oggi viaggeremo nelle tradizioni delle quattro province del Lazio ... sarà come assaporare i sapori di pietanze viste ... come vedere i colori di un dipinto osservato ... come immergersi permeandola la realtà di un luogo e provare per un attimo a divenirne parte ... Buon risveglio amici miei ... saliamo sulla mongolfiera ... si parte!!!"

    (Claudio)



    RI..VT..FR..LT..IL PALIO..PROCESSIONI..FIERE..CANTINE..SAGRE..USI E COSTUMI DELLE PROVINCE DEL LAZIO...



    “Nepi….Palio del saracino.. Si festeggia dal 2 al 13 giugno …La festa ricorda la presa di possesso del paese da parte della duchessa Lucrezia Borgia alla fine del settembre 1499 dopo un lungo periodo di lotte tra le famiglie aristocratiche del tempo e il Palio del Saracino, uno dei 4 pali che si correvano a Nepi. Il palio vede in gara le 4 contrade del paese: la Rocca con lo stemma della famiglia Borgia, Santa Maria con lo stemma della famiglia Farnese, San Biagio con quello della famiglia Orsini e Santa Croce con gli Anguillara. Un corteo storico notturno e uno nel pomeriggio di domenica, la gara degli arcieri, la giostra dei cavalli, l'assegnazione del PALIO alla contrada vincitrice, giochi medioevali per bambini, esibizioni di sbandieratori, danzatori e saltimbanchi, mostre.”

    ”Festa degli incappucciati e Pranzo del purgatorio…Il giovedì grasso, a Gradoli, in provincia di Viterbo, gli appartenenti alla Fratellanza del purgatorio, infilano i loro tradizionali cappucci neri e, preceduti da uno stendardo ed un tamburino, si aggirano con fare solenne per le strade del paese, bussando ad ogni porta, per raccogliere varie cibarie per il Pranzo del purgatorio, in onore delle Anime sante. Il pasto viene poi consumato il giorno delle Ceneri.”

    “A Marta (Viterbo), il 14 maggio si rinnova un'antichissima tradizione campestre. In questo giorno, infatti, gli affiliati alle confraternite del paese offrono doni alla terra. I Casenghi, i Bifolchi, i Villani ed i Pescatori, questi i nomi delle congregazioni, si recano quindi al santuario della Madonna del monte, portando con sé vari doni, utensili da lavoro, animali, e trofei vari chiamati "fontane", oltre a cibi quali grano, verdure, ceste di pesce, ognuno a seconda della sfera naturale che intende propiziarsi.”

    “…Il 15 agosto, ad Oriolo Romano (Viterbo) si celebra una Madonna particolare. Una lunga processione accompagna infatti una statua della Madonna della stella, attraverso le vie del delizioso borgo medievale, costruito nel XVI secolo, per volere della Chiesa, con l'intento di creare una "città ideale"…Una volta giunto in piazza, il corteo viene annunciato da un'infinità di colpi esplosi, che anticipano l'inizio del "rodeo" dei butteri maremmani. In questa occasione questi giovani si sfidano nella "lacciatura" al galoppo, ossia nella cattura di un torello (dal cavallo e per mezzo di una la corda), che dovranno atterrare e marchiare a fuoco, nel minor tempo possibile.”

    “Tuscania.. la famosa fiera del cavallo italiano denominata “Nitriti di Primavera”… immersi in un mondo popolato da cavalli di ogni genere; si passa dagli eleganti avelignesi ai più massicci murgesi, fino ad ammirare degli altissimi maremmani….. all’interno dell’ampia arena si osserva la viva attività degli organizzatori della festa …nel grande recinto, il cosiddetto “Carosello Italiano“…”

    “Palio di S.Anselmo…Da qualche tempo a Bomarzo, nel periodo 23-25 Aprile si corre il "Palio" tra le cinque contrade o rioni in cui è diviso il paese. Le contrade sono : Dentro, la più antica, Borgo, Poggio, Croci e Madonna del Piano….La Corsa del Palio è stata ripristinata da poco ma da antiche fonti sappiamo che questo si correva già nel 1600….in onore del Vescovo Anselmo, che visse nei secoli buii delle invasioni gotiche e che, con il suo intervento, più volte salvò la "sua" popolazione….Dagli antichi libri sappiamo che i palii venivano pagati in baiocchi e altre monete del tempo e che c'era un incaricato per organizzare questo avvenimento. Durante il trascorrere dei secoli, puntualmente, venivano corsi i palii, fino a che si ridussero a semplice corse di cavalli….lungo la sfilata in costume cinquecentesco (uscente dal Castello Orsini) che rievoca i personaggi del romanzo "Bomarzo" dello scrittore Manuel Muica Lainez si arricchisce di nuovi figuranti: ragazzi e ragazze in costume del luogo portanti il famoso "Biscotto di S. Anselmo" che, a fette, viene distribuito ai presenti, gli sbandieratoli, i Priori dei Rioni con i loro stendardi, i fantini a cavallo, il Capitano del Popolo, figuranti del corteo delle città provenienti da zone limitrofe ed infine il trionfale carroccio trainato da una coppia di candidi buoi e portante il nuovo "Palio".

    “Molto sentita è la Festa del Corpus Domini, che oggi si celebra in ricordo del Miracolo Eucaristico avvenuto a Bolsena nel 1263. Durante una celebrazione eucaristica un prete boemo nello spezzare l’ostia consacrata, fu colto dal dubbio che quell’ostia contenesse veramente il corpo di Cristo; si racconta che in quel momento realmente uscirono dall’ostia alcune gocce di sangue che bagnarono alcune pietre dell’altare, ancora conservate presso la Basilica di Santa Cristina…in occasione di questa festa infioratori esperti lavorano alla realizzazione di bellissime infiorate: il lavoro paziente e preciso di questi uomini e di queste donne accompagna la processione per le vie cittadine.”

    “Castello (Rieti) ..la manifestazione “le Cantine del borgo“…. evento annuale, gli abitanti aprono le proprie cantine e le adibiscono a piccole taverne, dove i visitatori hanno la possibilità di degustare i prodotti medievali tipici del posto e le tante tipologie di vino locale…. d’obbligo il cambio delle attuali banconote con quelle che, ironicamente, riproducevano quelle antiche: i capofarghi…Gli euro vengono scambiati con le antiche monete utilizzate nei secoli scorsi per gli scambi commerciali e durante la festa servono per comprare le varie pietanze proposte dalle diverse cantine….all’entrata del paese, per meglio vivere quello che il borgo offriva, si può avere una sacca da appendere al collo…in questa bisogna riporre, tra un pasto e l’altro, un calice di vetro che serve per degustare il dolce nettare offerto lungo i vicoletti… ogni vicolo è caratterizzato da profumi e sapori diversi; si passava da primi piatti poveri ma sostanziosi, come i cosiddetti “gnucchitti con le fave”, a secondi ricchi e saporiti, come il “cinghiale in umido con patate”…tutti preparati secondo le tradizioni tipicamente medioevali….ogni pasto.. accompagnato da bicchieri di vino, bianco o rosso, a seconda della pietanza assaporata.”

    Castigliolone (Viterbo)… la festa della Trebbiatura.. è un rito antico.. del culto dei santi, da ricollegare alle feste pagane con cui si ringraziava la madre terra per aver fornito le messi, celebrandone l’abbondanza e consisteva anche allora nell’allestire danze e banchetti per ritemprarsi dopo le fatiche del lavoro dei campi….la festa del Vino dei Colli del Tevere.. la ricorrenza di San Martino. ..come nel resto d’Italia la venerazione del santo ci ricorda di godere delle meraviglie che il bosco.. ci consente di poter gustare grazie al tepore dei giorni della cosiddetta estate di San Martino…. Castiglione si anima per l’ultima volta nel corso dell’anno solare offrendo i funghi, il vino e le caldarroste, come nello spirito della tradizione. “

    “A Grote di Castro. Se volete quindi assaggiare alcuni piatti tipici, fermatevi da queste parti tra l’11 e il 15 Agosto per la Sagra della Patata, durante la quale potrete testare il famoso “tubero” della zona nonché l’olio e il vino, tutti prodotti rigorosamente nella campagne limitrofe.”

    “Secondo la leggenda il territorio della Ciociaria corrisponde alle terre dominate dal dio Saturno, che durante il suo regno persuase le popolazioni indigene affinché abbandonassero la vita nomade di cacciatori e insegnò loro a coltivare i campi, allevare il bestiame e costruire un nucleo stabile. Le mitiche città nate nell’impero di Saturno sono Alatri, Anagni, Arpino, Atina e Ferentino, le cui mura difensive sorprendono e suscitano molta meraviglia per la maestosità dei massi di calcare utilizzati per erigerle…. Alle origini pagane della città si devono riti e anniversari che nei secoli si sono mescolati a superstizioni e manifestazioni di devozione cristiana molto originali… feste, sagre o momento tradizionale nei 91 comuni della provincia di Frosinone, dove ciociari vestiti di coloratissimi costumi tipici e con le “ciocie” ai piedi danzano il saltarello e suonano la zampogna.”

    “La “Radeca” è una festa frusinate che affonda le proprie origini in un’epoca estremamente lontana nei secoli, forse addirittura precristiana, infatti, Frosinone ha origini antichissime e la tradizione può essere facilmente ricollegata ai Saturnali romani e di conseguenza ai riti della fertilità e della fecondità. La lunga foglia della “Radeca”, non rappresenta altro che una foglia d’agave simbolo di fertilità per eccellenza nell’antichità…Ci sono documenti ufficiali negli statuti comunali del XIII° secolo che parlano in maniera esplicita di una norma in base alla quale venivano sospese tutte le attività giudiziarie durante le festività come il Natale, l’Epifania, i periodi delle messi, della vendemmia, e le giornate antecedenti le ceneri, cioè quelle della festa della “Radeca”appunto… Tutti i Rioni Storici della città, ovvero il Giardino, il Centro Storico, Madonna della Neve, La Pescara, Via Gaeta, rappresentati da gruppi organizzati e vestiti secondo la tradizione dell’epoca gareggiano come se si trattasse d’un palio!..A chiudere il lungo serpentone sbraitante e festante, ci sarà il carrettino, sul quale spicca il fantoccio del generale Jean Antoine Etiennè Championnet, protagonista del Carnevale…..la ricostruzione è perfetta ..i costumi splendidi dei gendarmi francesi e dei nobili dell’epoca, al carro del Generale, ai cori, ai canti, sino ad arrivare al rogo del fantoccio che in fine arderà tra le fiamme come catarsi, purificazione, liberazione e per esorcizzare infine paure e tristezza e soprattutto la miseria!..Vino a fiumi, radiche sollevate al cielo aritmicamente nella danza degli uomini, come buon auspicio e cantine piene di avventori che bevono e si divertono al ritmo del "Salterello"… Il tradizionale fantoccio del generale Championnet verrà messo al rogo dopo la lettura del testamento e l’intervento del “notaro” che in punta di satira sbeffeggia i potenti come accadeva nel 700’! ..Euiua Carnuale, Euiua la Radeca !!!”….”

    “La “Sagra degli antichi sapori"..Un evento al quale la tradizione abbina un menù a base di prodotti tipici tramandati di generazione in generazione, che sono "la minestra di pane e fagioli, la marzolina, la frittata , la bruschetta con olio d’oliva locale, il fallone, tipico pane rosso, olive locali, “ ciliegine “ di mozzarella di bufala, naturalmente accompagnati da buon vino e numerosi dolci.”

    “…“Allora Enea alle navi si affretta ed i suoi rivede. Poi, costeggiando, il corso suo rivolge al porto di Gaeta e getta l’ancora: ferme sul lido posano le navi…” (Eneide, libro VI, 1300-1304)….La Tiella e l’oliva di Gaeta, una manifestazione dove è possibile degustare le diverse tipologie di tielle - di alici, polpi, scarola, cipolle, e la tiella senza glutine -, conoscere il segreto della preparazione di questa antica pietanza direttamente dalle massaie ed assaporare la famosa oliva di Gaeta, conosciuta già dai tempi di Enea. <dalle sue navi i marinai, costeggiando Gaeta, scorsero che piccoli frutti di colore verde cupo galleggiavano sulle onde.. del mare. Incuriositi li raccolsero e si accorsero che si trattava di olive a loro già conosciute, cadute da alberi piantati lungo la costa e pendenti sul mare. Mangiandole, le trovarono fin da subito molto gustose: l'acredine dell'oliva ed il salato del mare, del quale erano impregnate, rendevano il frutto saporito.> Da qui nacque la leggenda della specialità dell'oliva di Gaeta in salamoia.”



    PALIO DEL SARACINO - NEPI -










    La Barabbata - Marta (VT) -

    è però una festa dalle origini molto più antiche che la tradizione fa risalire alla Dea Cerere degli antichi romani ... la Dea della fertilità ... con i riti propiziatorii e con l'offerta dei prodotti della terra e del lago. Le origini pagane di questa festa fecero si che per lungo tempo fu avversata dalla Chiesa Romana.


    Un po' di storia

    Dalla notte dei tempi era consuetudine offrire un banchetto a quelli che oggi chiameremmo i rappresentanti della categorie della vita sociale: il clero, i magistrati, i soldati, i bifolchi, i casenghi, i musici ... ed al tamburino. Fino al 1608 le categorie che sfilavano nella processione erano solamente quelle legate al lavoro dei campi ovvero i casenghi, i bifolchi ed i illani. Nel 1608 entrò a far parte del corteo e del banchetto la categoria dei pescatori. Nel 1613, tra l'indignazione generale, il clero della collegiata non partecipò col Magistrato e il popolo ai Sacri Uffici nella chiesa della Madonna del Monte. L'astensione fu determinata dal fatto che il Parroco, non in virtù di un diritto ma di una consuetudine, voleva indossare la "stola" simbolo di giurisdizione all'interno della chiesa, mentre i frati Minimi che reggevano il santuario, esenti per legge canonica dalla suddetta giurisdizione, non volevano permetterlo. La classica bega di campanile La questione fu risolta dalle autorità ecclesiastiche nel 1626 e fu proibito al clero di indossare la "stola". Durante gli anni delle guerre di Castro, che contrapposero le famiglie dei Farnese e dei Barberini, la festa fu celebrata nella sola componente religiosa ma dopo il crollo del Ducato di Castro (1649) la festa riprese nelle forme consuete. Nel 1704 una controversia sorta per il possesso di alcuni terreni tra il vescovo della diocesi il Cardinale Barbarigo ed i frati Minimi preposti alla custodia del santuario, fa nascere le Passate ovvero i tre giri che i partecipanti al corteo compiono entrando in chiesa con animali e attrezzi da lavoro e attraversando l'area del presbiterio. Fu Papa Clemente XI a pronunciare la parola definitiva sulla vertenza due anni dopo la morte del cardinale Barbarigo avvenuta nel 1706. Negli anni successivi le Passate furono proibite dall'autorità ecclesiastica per il disordine e il chiasso che provocavano. Le Passate vennero riprese con modalità più consone al luogo sacro solo nel 1775. Coi primi decenni dell'800 la festa prese la fisionomia delle quattro categorie, nella forma che poi è, sostanzialmente giunta fin a noi (grazie al Monsignor Tarquini) ed il tradizionale banchetto fu sostituito da una ciambella all'anice (un vero bis-cotto ovvero cotto due volte) prima lessata e poi infornata offerta dal "Signore".

    Il corteo storico ripreso dall'Annulli

    La festa ha inizio verso le 4 del mattino (avete letto bene le quattro del mattino!) con il tradizionale "Tamburino" ovvero il corteo dei partecipanti che guidati da un tamburo girano per le vie del paese cantando e pregando. La mattina alle 8.30 comincia con la processione "di soli uomini" e la sfilata di una trentina di carri (detti Fontane) che dalle rive del lago arriva al piccolo Santuario della Madonna del Monte. La festa è guidata dai "Signori" eletti dal Popolo in rappresentanza delle quattro Corporazioni denominate: dei casenghi, dei bifolchi, dei villani e dei pecatori. Il corteo storico che sfila per le vie del paese è costituito, nell'ordine, dalle categorie dei Casenghi, dei Bifolchi, dei Villani e dei Pescatori. Ad esse seguono: la Banda Musicale, i Ceri, il Clero, le Autorità Civili con il Gonfalone, il Popolo.

    Casenghi a cavallo con il Signore

    I Casenghi sono la categoria che in passato era costituita da coloro che avevano ufficio di sorveglianti delle tenute e della casa dei proprietari terrieri (potremmo definirli "uomini di fiducia"), sfilano a cavallo, aprendo il corteo. Il Signore della categoria li precede reggendo il palio azzurro con il monogramma mariano.

    Bifolchi con i buoi e l'aratro

    Ai Casenghi seguono i Bifolchi, cioè quelli che lavoravano e aravano la terra con l'aratro a chiodo trainato dai buoi. Portano, oltre agli animali, gli attrezzi del loro lavoro: la concia, il giogo, l'aratro,la cerrata, le frocette, le gionture. Possono sfilare anche con il carretto su cui sono stati caricati vari attrezzi agricoli o con l’asino. L'asino con le bisacce è la cavalcatura del Portaspese ovvero l'incaricato che portava i viveri nei campi durante i lavori agricoli (mietitura, trebbiatura, vendemmia, raccolta delle olive…). All'interno della categoria dei Bifolchi troviamo anche i Pastori che possono avere con sè pecore, agnelli, caprette. Alcuni pastori allestiscono carri che raffigurano la caratteristica capanna che è attrezzata per rappresentare scene di vita dei pastori o fasi del loro lavoro. I Bifolchi sono preceduti dal palio rosso con l'immagine dei buoi aggiogati all'aratro.

    Il Palio dei Bifolchi

    Un altro palio rosso sul quale sono raffigurati un grappolo d'uva, un ramo di olivo e le spighe del grano

    Palio dei Villani

    Il Palio dei Villani precede i Villani che raggruppano gli agricoltori che svolgono, nel ciclo di produzione delle colture, ogni tipo di lavoro campestre. I Villani sono una categoria composita che vede, nel suo interno, cinquue sottocategorie:
    i Sementerelli
    le Vanghe
    i Falciatori
    i Mietitori
    Fontane
    I Sementerelli sono i seminatori che portano le grandi bisacce da semina di panno di canapa da cui traggono e spargono fiori di ginestra. Le Vanghe sono quelli che portano l’omonimo attrezzo e le bisacce di canapa con le provviste e hanno al collo il fazzoletto a scacchi bianchi e blu. I Falciatori sono quelli con le grandi falci da fieno, la fiasca e il corno di bue in cui è riposta la cote, che viene utilizzate per rifare il filo alla lama, e che indossano il fazzoletto a scacchi bianchi e rossi. I Mietitori sono quelli che portano la "gregna di grano, la falcetta, la fiasca, i cannelli salvadita, il “curriato" o correggiato per battere i covoni e hanno al collo il fazzoletto a scacchi bianchi, rossi e blu). Le Fontane ovvero i carri floreali con caratteristiche composizioni di varia dimensione, portate a spalla o trainate con mezzi meccanici. Il nome Fontane deriva dal fatto perchè spesso sono arricchite di zampilli d'acqua. Sulle Fontane si trovano le primizie del lavoro dei campi variamente e artisticamente disposte e le raffigurazioni in miniatura dei lavori agricoli o le riproduzioni dei cicli dell'olio, del vino, del pane. Sempre sulle Fontane trovano posto gli attrezzi e gli utensili agricoli e rustici oggetti della civiltà contadina tipo i cesti di vimini. Le primizie fuori stagione, come le olive e l'uva, sono spesso conservate fresche, sui rami o i tralci originari, con l'ausilio di antiche tecniche. Su ogni Fontana è presente un'immagine della Madonna del Monte.

    I Pescatori con carri e pertiche

    Ai Villani seguono i Pescatori, il cui Signore li precede con un palio azzurro su cui è raffigurata una barca sul lago durante la pesca. I Pescatori portano in offerta i pesci del lago ben disposti su carri e barche riprodotte in scala o appesi a delle pertiche. Talvolta vengono trasportate in corteo anche delle barche vere opportunamente addobbate. Attrezzi e reti da pesca di vario tipo vengono portati dai componenti della categoria o utilizzati per decorare carri e barche. Dietro i Pescatori, due ceriferi (in passato quattro) sfilano con due grandi Ceri che simboleggiano l'offerta delle categorie e della Comunità alla Madonna. Il Clero, con l’Officiante in paramenti solenni, precede le Autorità Civili con i gonfaloni. L'Officiante porta la "Pace" un'antica reliquia che, durante le Passate, sarà offerta al bacio dei partecipanti.

    Svolgimento della Festa

    L'atmosfera inebriante della festa si comincia a sentire dal giorno precedente, 13 maggio, con la grande fiera del mattino. Nel pomeriggio tutta la popolazione sale al Santuario per la celebrazione dei Vespri. Al termine del rito religioso, il parroco annuncia i nomi dei "Signori" della Festa, ai quali compete l'organizzazione della propria categoria e la distribuzione della tradizionale ciambella ai partecipanti. Fuori della chiesa viene innalzato un globo aerostatico e altri due vengono innalzati alla sera nelle due piazze del paese. La notte tra il 13 e il 14 è tutta dedicata agli ultimi ritocchi e agli addobbi delle Fontane, i carri con i prodotti della terra e con i pesci, che sfileranno nel Corteo. Per tutta la notte, nei luoghi dove è in allestimento un carro, echeggiano canti e inni alla Madonna che si concludono con le tradizionali quattro esclamazioni. L'alba del 14 maggio viene salutata dal secolare rullo dei tamburi, dal suono delle campane, da spari e scoppi di mortaretti, dal coro dei mietitori che canta antichi inni a Maria. I partecipanti al Corteo che sono soltanto di sesso maschile, circa alle ore 4 del mattino, si radunano dietro al tamburino ed ai Palii delle quattro categorie portati dai rispettivi "Signori". La Festa ha così inizio. Alle 6 del mattino, al Santuario, il vescovo celebra la Santa Messa per i soli partecipanti alle "Passate". Intorno alle 8.30 tutti i Passanti (ovvero quelli che partecipano al corteo) si radunano sul lungolago e verso le ore 9.30, mentre le campane della Collegiata suonano a festa, il Corteo inizia a sfilare per le vie del paese per raggiungere la chiesa del Monte. Sfilano dapprima i Casenghi, poi i Bifolchi, i Villani, i Pescatori. Giunti sulla piazza Umberto I si pongono in coda al Corteo: la Banda Musicale, i Ceri, le Autorità Civili con il Gonfalone, tutti gli altri. Lungo il percorso è un continuo rullare di tamburo e di canti alla Madonna tipo: "Evviva Maria. Sia lodato il Santissimo Sacramento.
    Evviva la Madonna Santissima del Monte. Evviva Gesù e Maria” Giunti alla "Madonnella", ai piedi della salita che conduce al Santuario, il Clero si inginocchia e intona L’Ave Maris Stella che viene cantato alternando ciascuna strofa con un diverso ritornello musicale, eseguito dalla Banda, mentre si procede verso il Santuario. Dopo la celebrazione della Santa Messa solenne iniziano le “Passate” cioè i tre giri che ogni categoria compie entrando dalla porta della chiesa e uscendo dalla porta del convento, attraversando l'area sacra del presbiterio. Ogni Passante lascia sull'altare la sua offerta consistente in prodotti della terra, pesci del lago, formaggi, ricotta, attrezzi da lavoro e al termine del terzo giro riceve la tradizionale ciambella. Nel passare davanti al sacerdote officiante ogni persona si china a baciare "la Pace", un'antica reliquia della Madonna.
    Al secondo giro avviene il passaggio delle consegne tra il "Signore" dell’anno in corso e quello dell’anno successivo. Subito dopo il Corteo si ricompone e torna al paese, raggiungendo la piazza principale attraverso le stradine del centro storico, mentre dalle finestre delle case una pioggia incessante di fiori di ginestra, di petali di rose, di erbe profumate cade incessantemente sulla folla. Quando l’ultimo Passante è giunto sulla piazza Umberto I, il sacerdote impartisce la benedizione e il corteo si scioglie. Nel pomeriggio il rullo del tamburo chiama a raccolta i Casenghi che, dopo il consueto giro, si recano presso la casa del “Tenente”, cioè del “Signore” designato per l'anno successivo, per il tradizionale rinfresco.
    La festa continua fino a tarda sera, con il suono della banda e altri divertimenti, fino a quando nel cielo cominceranno a brillare i colorati fuochi d'artificio che, riflettendosi nello specchio d'acqua antistante l’abitato, concluderanno suggestivamente una giornata indimenticabile.



    Fascicolo

    VILLANI

    VILLANI


    CASENGHI

    PICCOLI MIETITORI

    PESCATORI

    I BIFOLCHI

    BATTITORI

    I SEMINATORI







    Madonna della Stella

    Oriolo Romano

    La sera del 14 di agosto 16 uomini del paese trasportano a spalla un baldacchino su cui poggia una settecentesca statua della Madonna con Bambino, in mezzo al frastuono di petardi e fuochi d’artificio. Dopo la processione, la Madonna viene riportata nella chiesa di San Giorgio, a pochi passi dal Palazzo Altieri, e posta sopra l’altare maggiore, adeguatamente addobbato. Ciò che rende veramente singolare questo culto è il fatto che la statua possiede un guardaroba di tutto rispetto, che nell’arco di quasi un mese (dal 14 agosto all’8 settembre) le viene fatto sfoggiare per l’ammirazione dei suoi fedeli. In realtà la Madonna, che viene vestita e svestita ogni due o tre giorni da alcune donne addette a tale rito, non riesce mai a indossare tutti i suoi abiti in quei giorni, perché sono in gran numero, alcuni dei quali antichi ed estremamente preziosi, con decori d’oro e pizzi finemente lavorati a mano. Alla fine del periodo di esposizione la Madonna, dopo un’altra solenne processione, riprende il suo posto in una cappella della chiesa, dove rimane, circondata dai suoi ex-voto (e vestita con un abito più dimesso), fino all’anno successivo.





     
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    Nitriti di Primavera - TUSCANIA -

    Tuscania 21-22-23 maggio 2010



    Palio di S.Anselmo - BOMARZO -



    PIATTO DEL PALIO




    La sagra del biscotto di S. Anselmo

    fa parte del programma dei festeggiamenti dal 1973 quando l'Associazione Pro Loco decise di promuovere e valorizzare questo dolce tipico tradizionale di Bomarzo che ha in seguito ottenuto la denominazione di "prodotto tipico tradizionale". Si tratta di un dolce a forma di ciambella del peso di circa 1 chilogrammo che, come narra la tradizione, era un pane dolce che il vescovo della città, Anselmo, donava ai pellegrini in viaggio verso Roma e ai poveri, agli orfani e ai bisognosi del paese.



    Il Miracolo del Corpus Domini - BOLSENA -

    detto anche Il Miracolo di Santa Cristina

    Cristina, figlia del prefetto Urbano, avendo abbracciato la religione cristiana fu fatta gettare dal padre nel lago con una pietra al collo, ma la pietra, anziché trascinarla a fondo, galleggiò sull’acqua e la riportò in salvo a riva. Questa pietra, su cui erano rimaste impresse le orme della martire, fu successivamente collocata sull'altare dove avvenne il celebre evento miracoloso del 1263. Un prete Boemo, in pellegrinaggio penitenziale per i dubbi che lo tormentavano sulla verità della transustanziazione, mentre celebrava la messa sull'altare dove era incastonata la pietra di S. Cristina, vide sgorgare dall'ostia consacrata sangue vivo che bagnò il corporale e i marmi del pavimento. I paramenti sacri segnati dal miracolo furono portati in processione a Orvieto ove risiedeva papa Urbano IV che promulgò, l'11 agosto 1264, la Bolla che istituiva la festa del Corpus Domini, ispirando Raffaello negli affreschi delle stanze Vaticane.

    La festa del Corpus Domini

    La festa è legata al miracolo eucaristico narrato in un monumento marmoreo, che si trova nella Basilica di Santa Cristina a Bolsena e nel Duomo d'Orvieto. Protagonista del miracolo dell'Ostia consacrata fu un tale sacerdote Pietro d'origine Boema, tormentato dai dubbi sulla presenza del Corpo di Cristo nelle specie del pane e del vino. Il sacerdote mentre celebrava la Messa (1263) sull'altare di Santa Cristina vide sgorgare il sangue dell'Ostia che macchiò il Corporale e le pietre sottostanti. Urbano IV un anno dopo, nel 1264, proclamerà il miracolo del Corpus Domini cui è legata la costruzione del Duomo nella vicina Orvieto. In occasione della festa, Bolsena ammanta di fiori le vie del centro storico per un'interminabile processione con il clero, i fedeli, le confraternite, la banda musicale e gli sbandieratori. La raccolta dei fiori, come la preparazione dei disegni avviene al massimo uno o due giorni prima della festa per mantenere inalterati i colori e la fragranza dei fiori. Dopo aver realizzato il disegno di base su carta o direttamente sul lastricato della via, si passa alla realizzazione dei contorni con inflorescenze di castagno lasciato qualche giorno a macerare in acqua, e con fondi di caffè, o con segatura dipinta. Dopo questo primo lavoro, si riempiono a mo' di mosaico le varie parti con petali.




    Le feste paesane, le sagre tradizionali, sono un appuntamento agrituristico particolarmente stimolante, soprattutto quando si tratta di manifestazioni legate alle stagioni dell’agricoltura, ai prodotti tipici, alle radici più caratteristiche della cultura contadina.

    Feste e sagre paesane più interessanti alle quali si può partecipare per chi sceglie l’agriturismo nel Lazio:

    - Sagra dell'Olio (a Norma, Latina, l’ultima domenica di marzo);
    - Merca dei Vitelli e Palio delle Contrade (a Tarquinia, Viterbo, il secondo fine settimana di aprile);
    - Sagra del Carciofo (a Sezze, Latina, a metà aprile);
    - Sagra del Carciofo (a Ladispoli, Roma, la terza settimana di aprile);
    - Palio di Sant'Anselmo e Sagra del Biscotto (a Bomarzo, Viterbo, dal 23 al 25 aprile);
    - Festa dei Canestri (a Civitella San Paolo, Roma, il primo maggio);
    - Sagra dell'Asparago Verde di Montalto (a Montalto di Castro, Viterbo, l’ultima settimana di maggio);
    - Sagra delle Ciliegie (a Pastena, Frosinone, la prima domenica di giugno);
    - Festa delle Ciliege o delle Cerase (a Celleno, Viterbo, la prima settimana di giugno);
    - Infiorata (a Genzano di Roma il giorno del Corpus Domini);
    - Sagra delle Fragole (a Nemi, Roma,la prima domenica di giugno);
    - Sagra del Prosciutto (a Trivigliano, Frosinone, in agosto);
    - Sagra della Fregnaccia e la Sagra della Panzanella (a Rieti, la prima settimana di agosto);
    - Sagra degli Gnocchi (a San Lorenzo Nuovo, Viterbo, dal 11 al 19 agosto);
    - Sagra della Lenticchia Onanese (a Onano, Viterbo, la settimana di ferragosto);
    - Sagra degli Spaghetti all'Amatriciana (ad Amatrice, Rieti, l’ultimo sabato di agosto);
    - Sagra della Capra (a Roccasecca dei Volsci, Latina, l’ultima domenica di agosto);
    - Sagra della Nocciola e Palio di Sant'Egidio Abate (a Caprarola, Viterbo, l’ultimo fine settimana di agosto e primo di settembre);
    - Festa di Sant'Orsio e Corsa dei Cavalli (a Vejano, Viterbo, l’ultimo fine settimana di agosto);
    - Sagra della Nocciola (a Caprarola, Viterbo, l’ultimo fine settimana di agosto e primo settembre);
    - Festa di Santa Rosa (a Viterbo dal 2 al 4 settembre);
    - Festa del Pane Casereccio (a Genzano di Roma, la terza settimana di settembre);
    - Sagra del Fungo Porcino e del Tartufo (a Pastena, Frosinone, il primo ottobre);
    - Sagra della Castagna (a Soriano nel Cimino, Viterbo, il primo e secondo fine settimana di ottobre);
    - Sagra del'Uva (a Marino, Roma, la prima domenica di ottobre);
    - Sagra dell'Uva Fragola (a Roccagorga, Latina, la prima domenica di ottobre);
    - Sagra delle Castagne (a Spigno Saturnia, Latina, la seconda domenica di ottobre);
    - Sagra della Patata (a Leonessa, Rieti, secondo fine settimana di ottobre);
    - Sagra delle Castagne (a Norma Latina l’ultima domenica di ottobre);
    - Sagra delle Bruschette (a Ponzano Romano, Roma, il 6 dicembre);





    Festa della “Trebbiatura”

    la festa della “Trebbiatura” organizzata dal Comitato Festeggiamenti SS. Crocifisso in collaborazione con la Pro Loco Castiglione,patrocinata dall’Amministrazione Comunale.Nei Giorni 8 e 9 Luglio la campagna con il centro storico del paese si animano del profumo e dei colori dorati del grano, del sudore degli uomini nei campi, del rumore incessante del trattore che azione la “Trebbia” e di quello assordate della sirena che segna i Cento quntali. La sera l’aia prende vita con tutti i suoi protagonisti, i quali, dopo aver imbandito la tavola, aver mangiato cibi genuini e bevuto dell’ottimo vino si esibiscono in giochi e balli tradizionali per scrollarsi di dosso le fatiche del giorno e creare così un clima di serenità e spensieratezza.Di impatto ed a far da cornice alla manifestazione oltre che al centro storico medioevale c’è lo splendido panorama della valle dei “Calanchi” da un lato e della valle del “Tevere” dall’altro.

    ... Ieri ...

    ... OGGI ....







    La Radeca

    La popolazione frusinate si mobilita in vista dell'appuntamento del 4 marzo (martedì grasso) in cui si rinnoverà la tradizionale "Festa della Radeca". Finalmente, sul filone della riscoperta delle tradizioni, la festa riacquista il giusto prestigio che con il passar degli anni si era perso. Un evento che coinvolge in primis gli abitanti del Quartiere Giardino, custodi da sempre della memoria degli antichi fasti e l'intera cittadinanza, che nostalgica riassapora il gusto di un'antica festa perduta. E' sorprendente la mobilitazione con la quale un volenteroso gruppo di cittadini si sta impegnando, senza alcun interesse se non quello della valorizzazione delle proprie origini,nell'organizzazione della sfilata. Ogni quartiere è stato coinvolto ed anche questo anno sfileranno i Rioni Storici della città rappresentati da gruppi organizzati e vestiti secondo la tradizione dell'epoca; tra questi citiamo : Il Giardino, Il Centro Storico, Madonna della Neve, La Pescara, Via Gaeta, Viale Mazzini e quanti altri mossi dal coinvolgimento "carnascialesco" vorranno fieramente sfilare. Il lungo corteo che si snoderà a partire dalla Chiesa di Santa Elisabetta, sarà diviso in due parti. Nella prima sfileranno figuranti in abiti settecenteschi a rappresentare i personaggi storici del periodo in cui la città di Frosinone era occupata dalle truppe francesi… (correva l'anno 1798). La seconda parte del corteo sarà composta da circoli di "radecari" (al cui centro vi sarà l'immancabile "pantanaro" con la sua "cima de broccole") che brandendo festanti la classica "radeca" (foglia di agave, simbolo della festa) saranno accompagnati da bande musicali, gruppi folkloristici e… udite, udite, ben tre carretti carichi di botti di vino e dolciumi tipici. A chiudere il lungo corteo ci sarà la tradizionale Carrozza, sulla quale siederà troneggiante il fantoccio del generale Jean Antoine Etiennè Vachier detto CHAMPIONNET sbeffeggiato protagonista del nostro Carnevale. La storia infatti racconta che in seguito ad una violenta rivolta dei cittadini frusinati, all'inizio del 1799, le allora occupanti truppe francesi, vollero vendicarsi nella maniera più cruenta possibile, facendo una strage di abitanti dell'antica Frosinone. Pochi mesi dopo, mentre il popolo in piazza festeggiava in nome della Radeca, giunse voce al Generale Jean Antoine Etiennè Vachier detto CHAMPIONNET di istanza nella vicina Anagni, di una nuova insurrezione cittadina. Questo, con l'intento di una nuova e più dura repressione, arrivò alle porte di Frosinone, dove, invece di una folla inferocita, trovava un popolo festante. La leggenda racconta che lui stesso si sottomise al battesimo della "Radeca" e partecipò ai festeggiamenti. Il comitato organizzatore del quartiere Giardino da tempo ormai è al lavoro affinché tutto venga rappresentato nel miglior modo possibile e nel rispetto della tradizione. Dagli abiti dei gendarmi francesi e dei nobili dell'epoca, al restauro della carrozza del Generale, sino ad arrivare al fantoccio (che per questa occasione rispolvererà il suo abito migliore), nulla è stato lasciato al caso. Tra le fasi salienti della sfilata ricordiamo : la partenza, prevista per le ore 14:30 da Via Giordano Bruno, le soste in Piazza Garibaldi e Piazzale Vittorio Veneto, lo spettacolare processo al Generale Championnet in Piazza VI Dicembre e per finire il falò del fantoccio previsto per le ore 19:30 … "attera aglie Giardine", dove tra le altre cose vi attenderà una valanga di "maccaruni i uine ruscie". Non rimane che rinnovare l'appuntamento per martedì 4 marzo nel Centro Storico di Frosinone, oggi più che mai Centro di tradizioni ritrovate, tutti insieme al grido di : "Euiua Carnuale, Euiua la Radeca !!!"



    image.MAGICO NATALE A RIETI....

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    FESTA DEL TARTUFO NERO ESTIVO DI CAMPOLI APPENNINO (FR)

    nelle vecchie cantine del centro storico, si svolgerà la 24^ edizione della Festa del Tartufo nero estivo di Campoli Appennino.Apertura della manifestazione, alla presenza di autorità politiche civili, militari e religiose di livello nazionale, sabato 8 agosto alle ore 15.00.Durante la festa degustazioni di piatti tipici al tartufo nero estivo, mostra-mercato tartufo fresco, prodotti al tartufo di Campoli Appennino e eccellenza enogastronomiche della ciociaria e dell'Italia centro-meridionale, artigianato e prodotti tipici della Ciociaria, gara di cani da tartufo (domenica mattina 8 agosto alle ore 10.00 circa), spettacoli tradizionali con canti e balli della Valle di Comino e della Ciociaria.La manifestazione ha raggiunto una partecipazione media di oltre 40.000 visitatori.



    ...TERRACINA.....imageimage



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    grazie sorellone..pusaaaa
     
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    TERRACINA....
    La città è situata al bordo meridionale della pianura pontina, alla foce del fiume Amaseno, sulla costa tirrenica (golfo di Gaeta); si sviluppa da una propaggine del Monte Sant'Angelo (Monti Ausoni), dove giace il centro storico, fino al lungomare Circe. La rupe di Pisco Montano segna nettamente il confine meridionale del centro abitato; a sud si apre la pianura di Fondi, a nord l'urbanizzazione degrada progressivamente verso la campagna aperta e i borghi rurali.


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    Storia di Terracina.
    I ritrovamenti più antichi nel territorio si riferiscono a materiali preistorici rinvenuti nella Caverna della Catena al Pisco Montano.
    Secondo una leggenda erudita, riportata da Dionigi di Alicarnasso la città sarebbe stata fondata da profughi di Sparta. Nei racconti mitologici fu identificata con il paese dei Lestrigoni o con la sede della maga Circe (Odissea).
    La città fu probabilmente in origine un centro ausonio, sorto su due modeste alture sotto il monte Sant'Angelo: su quella più elevata (colle di San Francesco) ebbe sede l'acropoli. La città ebbe il nome di Tarracina, di presumibile origine pre-indoeuropea e secondo alcuni collegato al vocabolo etrusco Tarchna, dal quale deriva anche il nome dei re di Roma Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo

    image.TEMPIO DI GIOVE...

    TERRACINA ROMANA...


    La sostruzione del Tempio di Giove Anxur vista da Piazza Garibaldi
    Sembra che la città sia presto entrata nell'orbita romana, forse già nel VI secolo a.C.: viene infatti menzionata nel primo trattato tra Roma e Cartagine, riportato da Polibio. Alla fine dello stesso secolo fu tuttavia occupata dai Volsci, che le diedero il nome di Anxur, come riporta Plinio[2]. Riconquistata dai Romani nel 406 a.C. vi fu dedotta nel 329 a.C. la colonia romana, che inizialmente prese il nome di "Colonia Anxurnas". Ai Volsci o ai Romani potrebbero riferirsi resti di mura di fortificazione in opera poligonale. Secondo alcuni nel 316 a.C. si svolse nei pressi della città la battaglia di Lautulae, nell'ambito della seconda guerra sannitica.


    Il lastricato della via Appia nel centro della città romana (Foro Emiliano)
    Nel 312 a.C. vi passò la via Appia, che collegava Roma con Capua e la città crebbe di importanza, cominciando ad espandersi nella pianura, in collegamento con lo sfruttamento agricolo del territorio, mentre la città più antica venne progressivamente trasformandosi in zona monumentale. Importanti trasformazioni urbane avvennero sotto Lucio Cornelio Silla (inizi del I secolo a.C.), al quale si devono la costruzione del teatro e la ricostruzione in forme scenografiche del tempio di Giove Anxur sulla cima del monte Sant'Angelo. A quest'epoca si devono anche altre costruzioni in opera incerta.
    Tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C. si ebbe la ricostruzione del "Foro Emiliano", che fu pavimentato da un magistrato locale della famiglia degli Aemilii e dotato di portici e di nuovi edifici civili e religiosi. All'epoca di Traiano si deve il taglio del Pisco Montano per un'altezza di 128 piedi romani (37,88 m), che permise il nuovo tracciato della via Appia, e la ricostruzione del porto.
    Agli inizi del V secolo l'ultimo intervento cittadino riguarda l'erezione di una nuova cinta di mura che racchiuse anche parte della città bassa.
    Terracina medioevale

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    IL LASTRICATO DELLA VIA APPIA....

    TERRACINA MEDIOEVALE


    Il duomo nella città alta
    La via Appia venne ancora rimessa in funzione sotto Teodorico, che intraprese anche a questo scopo una bonifica delle paludi pontine, riformatesi in seguito alla mancanza di manutenzione delle canalizzazioni romane.
    In epoca bizantina fu un'importante piazzaforte militare e lo storico Procopio riferisce la buona conservazione della strada ancora nel VI secolo.
    Nell'VIII e IX secolo fece parte del nascente Stato pontificio e fu interessata dalla fondazione di alcune chiese urbane e di monasteri e santuari dei martiri fuori della città. Le milizie di papa Adriano I nel 778 respinsero il tentativo di occupare la città condotto dalla bizantina Gaeta alleata al longobardo ducato di Benevento.
    Alla fine del X secolo papa Silvestro II concesse la città in feudo a Dauferio, conte di Traetto. Nel 1074 venne solennemente consacrata la cattedrale dal vescovo Ambrosio e qui ebbe luogo nel 1088 l'elezione di papa Urbano II. La città fu interessata dalle lotte tra le grandi famiglie romane: i Crescenzi eressero un castello nella parte alta, poi conquistato dai Frangipane nel 1153. Questi furono poi cacciati poi a loro volta nel 1202 da un'insurrezione popolare: il castello fu distrutto e fu istituito il comune. Sotto il pontificato di Niccolò III, Terracina fu conquistata dal conte Giovanni Anibaldo de Ceccano. Nel 1295 fu eletto podestà papa Bonifacio VIII, che riportò l'ordine e risanò le finanze cittadine.
    La città era cresciuta con borghi murati fuori delle mura più antiche, in corrispondenza delle porte principali e fino alla città bassa. A quest'epoca risale il rifacimento della cattedrale e l'erezione delle case-torri dei privati cittadini.

    IL DUOMO..DELLA CITTA' ALTA...image

    STORIA DI SABAUDIA
    Sabaudia sorge nell'Agro Pontino, una vasta pianura a sud di Roma, che un tempo era palude e che nel corso dei secoli è stata oggetto di numerosi tentativi di bonifica, anche da parte di imperatori romani.

    I primi a realizzare una vera e propria opera di bonifica sono stati i Papi, che hanno cercato di trasformare quella natura selvaggia in una terra ospitale.

    A tale proposito pare che addirittura Leonardo da Vinci avesse elaborato dei progetti per la bonifica della palude. Ma è solo negli anni '20 e '30 del secolo scorso che, sotto il governo di Benito Mussolini, il progetto viene realizzato nella sua concretezza.

    Nascono così 5 nuove città: Littoria (ora chiamata Latina) nel 1932, Sabaudia con Borgo Vodice e Borgo San Donato nel 1934, Pontinia nel 1935, Aprilia nel 1937 e Pomezia nel 1939.

    Nell'aprile del 1933 viene bandito un concorso per la costruzione della città di Sabaudia, che viene vinto da 4 architetti: Gino Cancellotti, Eugenio Montuori, Luigi Piccinato e Alfredo Scalpelli, tutti aderenti al movimento italiano per l'Architettura Razionale (M.I.A.R.).

    Il 5 agosto 1933 viene posta la prima pietra della città, a cui viene dato il nome di Sabaudia, in onore di Casa Savoia, la dinastia regnante.

    Il 15 aprile 1934, dopo soli 253 giorni, la città viene inaugurata dal Re Vittorio Emanuele III e dalla Regina Elena di Montenegro.

    Da quel giorno Sabaudia, grazie alla struttura edilizia ed alla bellezza panoramica, è diventata un importante centro turistico, nonché rinomata località balneare.

    Prima di diventare ciò che è attualmente, però, Sabaudia ha ospitato un grande centro militare di addestramento del Corpo di Artiglieria Contraerei e del Corpo Forestale, oltre ad un piccolo insediamento della Marina Militare, che ne hanno sicuramente condizionato lo sviluppo.

    Ancora oggi la presenza militare è segnata dalle grandi estensioni di territori costieri riservati alle esercitazioni militari. Ma, mentre negli anni Cinquanta e Sessanta gli insediamenti militari furono decisamente invasivi e non concessero molto spazio a presenze alternative di tipo turistico - residenziale, oggi tale presenza è notevolmente ridotta e non più frenante lo sviluppo della zona.

    Le caratteristiche urbanistiche di Sabaudia sono dunque rimaste inalterate, ma ad esse si sono aggiunte costruzioni residenziali più recenti, senza che ciò abbia comportato un collasso dell'area cittadina, come invece è avvenuto in tanti altri posti analoghi (Anzio e Nettuno, per esempio).

    Sabaudia gode di ampi spazi, ampie strade, ampie aree di parcheggio e grandi aree verdi interne alla città, oltre alle riserve di verde che la circondano.
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    CIAO..MALI'..BEN TORNATA AMICA.....FRA..UN PO'..STACCO..DEVO PREPARARE..LA CENA..COME STAI..?!!!



    SAN FELICE CIRCEO..image

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    Il monte Circeo (m.541), antica isola, s'innalza dall'incontro di due archi di costa pianeggiante, coi pendii precipiti avvolti da una pregiata macchia mediterranea. Il paese, ovvero il centro storico, è rivolto verso il Tirreno da un terrazzo del versante orientale del promontorio, ed è un luogo di vacanze balneari di ricercata eleganza. Storia, leggenda e mito si armonizzano perfettamente in questa piccola e antichissima località.

    image<b>ANTICO SANTUARIO DELLA SORRESCA... </b
    Il piccolo Santuario di Santa Maria della Sorresca, con un rustico campanile, emerge nella sua romantica solitudine sulla sponda del lago di Paola. La chiesetta venne probabilmente costruita verso il milleduecento dai Monaci di Grottaferrata.

    Il fascino del Circeo... nelle sue forme

    Il fascino misterioso del Circeo risiede molto nella sua forma stessa. C'è qualcosa di sfuggente nelle sue dimensioni che mutano in continuazione, a seconda di dove le si osservino, dando loro sembianze differenti, facendo scoprire rapporti nuovi tra un punto e l'altro delle sue piccole "cime". Cime denominate: Cima Torre vecchia o Cima Cretarossa, Cima Vasca Moresca o della Cittadella.

    Gli studi più recenti pare che individuino il monte quale un enorme masso affiorante già appartenuto ad una struttura ora sommersa esistente al largo del Tirreno, masso poi staccatosi e scivolato verso riva finendo con l'arenarsi su un basamento di strati rocciosi Flyscioide (composto di multicolori di alabastri).

    Da un'analisi condotta dal Prof. Lazzarino Lorenzo dell'Università degli studi di Roma "La sapienza", si è potuto precisare che i massi utilizzati per costruire l'Acropoli dei Circei appartengono alla "facies marina" del Sinemuriano, Affioranti sul promontorio del Circeo. La data che viene attribuita a queste mura, a partire dal Giuseppe Lugli è del 390 a.c. circa ed è quella che viene indicata sui libri di storia.

    Forse l'unica interpretazione obbiettiva è quella del Petit-Radel, purtroppo rimasto inascoltato! Oggi forse i tempi sono maturi affinché sia l'Acropoli dei Circei che parli di sé e non che siano gli altri ad attribuirle più o meno alterne visiscitudini ed alcune volte situazioni storiche tra loro contraddittorie.

    Dopo un'attenta considerazione appare sempre più improbabile che le mura ciclopiche siano un sovrapporsi temporale di opere edili ottenute con pietre lavorate alla Iª, IIª o IIIª maniera! L'Acropoli sembra sempre più indicare che vi sia stato un unico progetto ed una unica mente che abbia concretizzato forse in un unico piano più idee, più conoscenze e più speranze...

    Nello studiare le sue misure, già si potrebbe individuare il significato di alcune coincidenze con il rapporto che tale struttura avrebbero con concetti quali "sociale, umano, culturale e religioso".

    L'acropoli dei Circei è collocata su un piano accidentato inclinato da Nord verso Sud ed è delimitata da una cinta muraria che racchiude un territorio di forma simile ad un quadrilatero. Questa cinta muraria è in alcuni punti quasi totalmente mancante, ma dei suoi quattro angoli rimane ancora ben constatabile l'importanza di quello a Nord - Est. Dalla sommità di tale angolo ancora oggi si può controllare tutto quanto può accadere intorno all'antica città per un arco di 360°.
    Ma l'angolo NE permette "indirettamente" di andare più in là, ovvero è l'unico punto dell'Acropoli dal quale si vede il picco del Monte Circeo che rappresenta un altro punto "strategico" di osservazione dal quale si può controllare tutto il mare che si stende tra il monte e Roma o tra il promontorio e Napoli.

    La città dei Circei ha così tutte le caratteristiche di un luogo facilmente difendibile grazie alla sua posizione e le sue postazioni accessorie, quindi sia dal mare aperto, dalla pianura paludosa, da Roma o da Napoli nessuno poteva avvicinarsi senza che dalla "Cittadella" con gran preavviso fosse avvistato.

    Chi ha avuto interesse a costruire questa Acropoli, lo ha fatto anche con intenti difensivi ben precisi ed ha cercato di sfruttare al massimo ogni risorsa offerta dalla natura utile al raggiungimento di un sì importante obiettivo. Ancor oggi, i soli "resti" dei poderosi bastioni con i loro sei metri di altezza sono in grado di destare una più che giustificata meraviglia.


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    Il territorio di San Felice Circeo

    Il territorio del comune di S. Felice Circeo si sviluppa in due aree ben definite: il promontorio e la parte pianeggiante. Il promontorio appare da Anzio come il profilo di un volto di un uomo sdraiato, mentre da Gaeta appare come un'isola, l'antica Isola Eea. Lungo la dorsale del promontorio si innalzano le seguenti vette: Vetta di Paola, Picco di Circe (541 mt), Punta di Torre Moresca, Punta di Vasca Moresca, Punta del Fortino di Cretarossa, Punta del Semaforo, Punta dell'Acropoli o delle Crocette. Inoltre sono presenti vari colli che si elevano nel versante orientale e che circondano il centro storico: Peretto, Guardia Orlando e Monticchio verso nord, e S. Rocco e Morrone verso sud. Varie indagini geologiche hanno dimostrato che il promontorio è costituito perlopiù da calcari di vario tipo (cristallini e bianchi, compatti, selciferi con brachiopodi, argillosi). La pianura sottostante il promontorio invece è costituita da sabbie sommerse bonificate durante il periodo fascista. Il promontorio nel quaternario era veramente un'isola e varie ne sono le prove: il ritrovamento sul promontorio di un'arenaria bigia ritrovata poi solamente a 300 metri di profondità, i solchi marini fossili, i segni dell'erosione marina e le informazioni ottenute dallo studio degli strati pliocenici.



    SAN FELICE..STORIA............

    Il paese di San Felice Circeo ha una storia antichissima. Tutto inizia infatti con gli uomini di Neanderthal. Da quel momento il Circeo vivrà varie vicissitudini storiche divenendo colonia romana, proprietà dei Templari nel Medioevo, dominio dei Caetani, baluardo difensivo dello Stato Pontificio fino ad arrivare ai giorni nostri.PREISTORIA
    San Felice Circeo deve molto al Professore Alberto Carlo Blanc che a partire dal 1936 iniziò delle ricerche paleontologiche intorno al promontorio. Il promontorio del Circeo è caratterizzato dalla presenza di numerose grotte sul suo versante meridionale. Ed è proprio nelle grotte e nei ripari che il professor Blanc concentrò le sue ricerche. Le sue convinzioni lo portarono a scoprire nel 1939 la Grotta Guattari. L'accesso era ostruito da frane antichissime. Una volta penetrato all'interno della grotta il Professor Blanc scoprì di essere in un ambiente che aveva ospitato l'uomo di Neanderthal. Trovò una corona di pietre al centro della quale vi era il cranio di un individuo neanderthaliano. Nella grotta inoltre c'era una fitta presenza di ossa fossili di rinoceronte, bue, cavallo e cervo e di pietre di media dimensione usate come arnesi. È curioso notare che gli studi della stratigrafia della grotta abbiano dimostrato la presenza di animali quali elefanti, rinoceronti, ippopotami, iene, orsi... La stessa quantità di pietre venne trovata all'interno di un'altra grotta del Circeo, la grotta del Fossellone. L'età geologica venne fatta risalire a 50.000-60.000 anni fa. Nello stesso periodo del ritrovamento del cranio venne portata alla luce la mandibola di un secondo idividuo (Circeo II). Nel '51 venne scoperta una seconda mandibola (Circeo III) e nel '54, ma in un'altra grotta, Blanc portò alla luce la mascella inferiore di un bambino di 50.000 anni fa. La Grotta del Fossellone è la seconda grotta per importanza paleontologica del Circeo. All'interno sono stati trovati indizi di pasti, fuochi e arnesi vari. È stata abitata sia dall'uomo di Neanderthal che dall'Homo Sapiens. Altre grotte del Circeo e altre zone intorno al promontorio hanno dato alla luce importantissimi reperti quali lame, utensili da caccia, oggetti in ossidiana, in terracotta ecc... La presenza dell'ossidiana è molto particolare perché ciò vuol dire che questi uomini preistorici erano in grado di costruire imbarcazioni per arrivare fino all'isola di Palmarola dove era possibile estrarre questo minerale.

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    L'ACROPOLI DEL CIRCEO... Nel versante sud del promontorio, in prossimità delle Crocette, sono ubicati i resti dell'Acropoli megalitica. Il nome antico della cittadella era Circei. Le analisi effettuate fanno appartenere i grandi blocchi al periodo Sinemuriano. Chi abbia costruito tale città rimane un mistero. Molti studiosi hanno cercato di dare una risposta al quesito ma finora quello che rimane sono vari indizi e molti misteri. Sono due le correnti di pensiero principali: da una parte c'è chi pensa che siano state popolazioni antichissime, megalitiche, e si fa rimento principalmente ai Pelasgi. È un'ipotesi sicuramente molto affascinante e neanche così fantasiosa come sembrerebbe. L'altra corrente di pensiero afferma invece che le mura dell'Acropoli siano state costruite dai romani quando Circei nel 390 a.C. divenne una loro colonia. L'Acropoli è ubicata in un posto assai difficile da attaccare: infatti giace su un piano che scende da nord a sud, appena al di sotto della dorsale del promontorio. Quello che rimane oggi dell'Acropoli di Circei è solo la cinta muraria che ha subito però molti danni e demolizioni. Il perimetro dell'Acropoli ha la forma di un quadrilatero irregolare con il lato Nord che misurava 244 metri di lunghezza, il lato Sud 194 metri, lato Est 85 metri e lato Ovest 155 metri. L'unica porta rimasta e distinguibile si trova sul lato Ovest. In realtà nel territorio di San Felice Circeo sono state scoperte ben tre cinte murarie. La prima, della quale rimangono pochissime tracce in località La Valle e Torre Fico, era la più estesa ma la meno elevata; serviva a supportare dei terrapieni ma cosituiva anche una prima difesa per gli abitanti. La seconda cinta muraria è quella perfettamente visibile appena fuori il centro storico, nella zona delle scalette Antero Vai. È costituita da massi grossolani ed aveva uno scopo prettamente difensivo: la conformazione appunto non lavorata, grossolana, creava grandi ostacoli a chi attaccava la popolazione. Infine la terza cinta è quella già descritta dell'Acropoli in zona Crocette.


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    L'EPOCA PRE-ROMANA
    A partire dalla metà del 3000 a.C. tutto il Lazio era abitato da popolazioni protolatine. Vivevano di pastorizia e di agricoltura, in villaggi fatti di capanne e poi in fortezze costruite su alture. Intorno al 1000 a.C. arrivano altre popolazioni italiche quali Sabini ed Etruschi. Con queste ondate iniziano a distribuirsi delle popolazioni in tutto il Lazio: sui monti che delimitano le Paludi Pontine si stabiliscono gli Ausoni-Opici. In tutta la zona sono presenti gli Etruschi che fondano Terracina e Velletri. Dopo la caduta degli Etruschi arriva l'ondata dei Volsci che occupano Circei e Terracina e si spingono fino a Roma. Il Circeo era già in antichità un importante centro commerciale; era un approdo per i navigatori stranieri che arrivavano dal mare i quali intrattenevano rapporti commerciali con le popolazioni locali e dell'entroterra. Si pensa che il promontorio potesse essere una stazione di approdo dei Focei, una popolazione greca stanziatasi nelle colonie siciliane. I Focei avevano vari scali lungo la costa tirrenica dell'Italia, probabilmente ne avevano uno anche a Circei. Furono proprio i Focei a localizzare al Circeo la vicenda dell'Odissea di Ulisse e Circe. I greci iniziarono a narrare e a riportare varie leggende legate al Circeo e a Ulisse, Circe e i loro figli. La fama del Circeo presso i Greci in quest'epoca antichissima fa pensare che evidentemente il Circeo fiorì commercialmente molto prima di altre città del Lazio come Anzio, Laurento, Roma e le città dei Colli Albani.

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    Circe è una figura della mitologia greca. È una maga che compare nell'Odissea (libro X, XI e XII) di Omero e nelle leggende degli Argonauti.

    Circe vive nell'isola di Eea ed è figlia di Elio e di Perseide e sorella di Eete re della Colchide e di Pasifae, moglie di Minosse.

    Ulisse, dopo aver visitato il paese dei Lestrigoni, risalendo la costa italiana, giunge all'isola di Eeana. L'isola, coperta da fitta vegetazione, sembra disabitata e Ulisse invia in ricognizione parte del suo equipaggio al comando di Euriloco. In una vallata gli uomini scoprono un palazzo dal quale risuona una voce melodiosa. Tutti gli uomini, con l'eccezione di Euriloco, entrano nel palazzo, e vengono bene accolti dalla padrona, che altro non è che la maga Circe. Gli uomini vengono invitati a partecipare ad un banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, vengono trasformati in maiali (oppure si dice che i maiali li abbiano partoriti), leoni, cani, a seconda del proprio carattere e della propria natura. Subito dopo Circe li spinge verso le stalle e li rinchiude.

    Euriloco torna velocemente alla nave e racconta ad Ulisse quanto accaduto; Ulisse decide di andare dalla maga per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes, che gli svela il segreto per rimanere immune agli incantesimi di Circe: se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un'erba magica chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione.

    Ulisse raggiunge la maga, la quale gli offre da bere come aveva fatto con i suoi compagni; ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare il moly con la bevanda, non si trasforma in animale. Ulisse minaccia di uccidere Circe e questa riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai suoi compagni ed anche a tutti gli altri tramutati in bestie feroci.

    Ulisse passa con lei un anno, avendo dalla maga un figlio, Telegono e, forse, anche una figlia chiamata Cassifone. Un'appendice della Teogonia di Esiodo racconta che dall'unione di Ulisse e la maga Ciece nacquero due figli, Agrio e Latino. I due fratelli regnarono sui Tirreni.

    Ulisse è costretto a cedere ai desideri dei suoi compagni, che vogliono tornare a casa, e chiede a Circe la strada migliore per il ritorno: la maga gli consiglia di visitare gli inferi e di consultare l'ombra dell'indovino Tiresia, quindi Ulisse riparte con la sua nave.

    Nell'episodio dell'Odissea, sono presenti molte scene tipiche ed epiteti. Infatti questi erano utilizzati dagli aedi per ricordare più facilmente il poema, sempre narrato oralmente, fin quando il tiranno Pisistrato non volle metterlo per iscritto insieme all'Iliade.

    Molti elementi rendono magico e fantasioso l'episodio in questione, distinguendolo dagli altri (come la presenza di animali feroci che scodinzolano, o la strega che diventa fata d'incanto). Alla fine Ulisse, non più spinto come alla grotta di Polifemo, dalla curiosità, ma dal dovere di salvare i suoi compagni, riesce a calmare nuovamente le acque, anche se saranno proprio queste ultime la causa della tanta sofferenza, poiché renderanno sempre più tortuoso, con l'aiuto del dio Poseidone, il ritorno (in greco Nostos) dell'eroe ad Itaca, dall'amata e fedele moglie Penelope.
     
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    grazie claudio
     
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