LUOGHI MISTERIOSI

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    Machu Picchu, la città perduta degli Inca

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    Machu Picchu (che significa vetta antica in spagnolo) si trova in Perù, nel Parco Archeologico di Machupicchu (noto come Santuario Storico) nella foresta amazzonica ed è detta la città perduta.

    E' situata a 112.5 km a nord-est della città Cusco(o Cuzco o Qosqo fu la capitale dell'impero inca), a oltre 2.350 metri di altitudine, la sua estensione raggiunge quasi un chilometro.

    La città è di origine Inca, la valle sacra è chiamata valle di Urubamba, in cui scorre il fiume Wilkamay o Willka Mayu ( Fiume del Sole o fiume sacro che deve le sue origini al nevaio Willkan Uta (Casa del Sole o casa sacra)).

    La valle è composta da una fitta vegetazione che ricopre dirupi e da alte montagne la circondano, spesso avvolta dalla nebbia, la città è invisibile all'occhio di chi guarda dal fondovalle.Una strada lastricata all'epoca conduceva alla città perduta. La città era ricoperta da una fitta vegetazione, animali selvatici, pericolosi e velenosi che si trovavano nella zona ma le sue rovine mostravano una città intatta, con fini rifiniture, circondata da mura di oltre 5 metri, profondi dirupi la circondavano, una vera e propria città-fortezza, inespugnabile.




    Una città perduta ed abbandonata

    Machu Picchu è detta la città perduta degli Inca in quanto è rimasta celata agli occhi della stragrande maggioranza dell'umanità per centinaia di anni, oltre quattro secoli, e fu scoperta agli inizi del ’900, precisamente il 24 luglio del 1911, da un professore di Yale, esploratore appassionato del campo archeologico, chiamato Hiram Bingham.

    Bingham stava effettuando delle ricerche su un altra mitologica città Vilcabamba ( un probabile rifugio di inca ribelli), ma la popolazione lo informò riguardo a rovine nella zona, sulla cima del monte Machupicchu. Si narra che sia stato un bambino a rivelare a Bingham l'esistenza delle rovine e ad averlo condotto sul posto.

    Bingham era cpnvinto "La città perduta degli Incas" era Vilcabamba, ma si sbagliava egli aveva scoperto un altra città che chiamò Machu Picchu. Il 31 ottobre 1912 Bingham ottenne il permesso di effettuare scavi dalle autorità peruviane e di prelevare il materiale di scavo per portalo in America. Dopo 5 anni di lavoro la struttura fu completamente deforestificata. Bingham assegnò il nome ai quartieri della città.

    Le cronache del XVI e dei conquistadores non testimoniano la presenza di questa città.

    La città:

    La città è un'opera di altissimo valore architettonico, è stata costruita in zone impervie, numerose strutture sono a carattere religioso, altari in pietra si trovano al suo interno, oltre a lunghe scalinate, acquedotti, case, osservatori, piazze, templi, torri di avvistamento e un orologio solare, la rendono una città unica. Una particolarità la si ritrova nella cura con cui sono state effettuate determinate opere architettoniche, probabilmente più erano importanti più erano ben rifinite. Non era una città convenzionale, essa è costruita su di uno sperone di roccia, la città è composta da diverse unità abitate anche a diverse latitudini, divise tra loro da sentieri ripidi o burroni molto pericolosi, il terreno è molto scosceso. La città e suddivisa in due zone pricipali: la zona agricola e la zona urbana.

    Intiwatana, “la pietra a cui si lega il Sole” legato a culti astronomici, è il monumento più noto della città, si trova su una specie di piramide a gradoni, i suoi quattro angoli sono rivolti a quattro montagne:
    nord: Huayna Picchu
    sud: Salcantay (6.271 m),
    ovest: picco del Pumasillo
    est: la Veronica
    Un altro importante monumento è un lastrone orizzontale lavorato a forma di puma che si trova nei pressi dell' Intiwatana.

    Il Torreon è un altro importante edificio semicircolare sacro costruito con particolari singolari, è la costruzione costruita con maggior eleganza, cura e maestosità nella città.
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    I miti

    Le mura di Machu Picchu sono state costruite unendo le pietre l'una all'altra senza l'utilizzo di cemento o di altri materiali utilizzati per incollare, facendo nascere vari miti:

    Il mito di Kak`aqllu, un uccello che era in grado di ammorbidire le pietre, ma che forse per un ordine superiore si strappò la lingua.
    "Il pito"era un altro uccello che utlizzava un erba rossa, un erba "magica", in grado di dissolvere la pietra, erba che questo piccolo uccello utilizzava strofinandola con il becco sulle rocce ammorbidendole per crearsi il nido.Di questa erba rossa divenuta un mito in grado di dissolvere la pietra Peter Tompinks, un ricercatore, sta cercando di dimostrare la sua esistenza.
    Le origini della città:

    Un santuario nascosto? Era un Un Aclla Huasi? Aclla Huasi era un santuario dedicato alle Sacre Vergini Del sole ( giovani donne votate agli dei).La popolazione di Machu Picchu, di circa mille abitanti, in base ai resti umani ritrovati, era composta dall'80% da donne. Poteva essere quindi una città amministrativo-religiosa.
    Una fortezza utlizzata per controllare l'arrivo dei nemici? Le costruzioni all'interno della città non avvalorano questa ipotesi, è troppo ben rifinita, ma d'alto canto poteva essere un "segreto militare" ben custodito ed inaccessibile.
    Una residenza pesonale del nono inca Pachacuti (1438-1471)?Potrebbe essere una sorta di residenza stagionale di questo re che fu il primo ad estendere i suoi domini oltre questa valle oppure avrebbe potuto essere dimora occasionale del sacerdote di Cuzco ed il suo seguito, le rifinuture della città molto attente nei particolari in special modo nei monumenti religiosi potrebbero avvalorare quest' ipotesi.
    Una città osservatorio? Una città in cui si effettuavano studi astronomici? Nella città vi erano vere e proprie scuole, con aule adibite allo studio degli astri.A Machu Picchu si praticavano riti, effettuati anche dagli Amautas, sacertodi con elevate conoscenze dei meccanismi celesti come equinozi e solstizi.Gli inca non conoscevano la scrittura e si basavano sulla conoscenza e vi era un forte legame tra la vita terrestre e gli astri e tutta la vita ruotava intorno a questo legame.
    Costruita così in alto per avere un contatto ravvicinato con le divinità non terrestri? Un contatto forse ricercato dal sacerdote, dalle vergini sacre dette Aqqla, più vicino al cielo più vicino alle divinità del cielo?
    Una base aliena? Poteva essere la città di Machu Picchu una base aliena? Vi sono teorie di ufologi che sostengono che la costruzione della città sia antecedente la popolazione degli incas e potrebbe essere opera di extraterrestri in quanto il punto in cui è stata costruita la città è impervio e difficoltoso da raggiungere se non per via aerea, il trasporto delle pesanti e voluminose pietre necessarie alla costruzione dei locali della città era molto difficoltoso, troppo difficoltoso per una popolazione che non conosceva l'utilizo della ruota, le pietre erano levigate con tecniche che non potevano essre conosciute dalla popolazione dell'epoca. Peter Kolosimo afferma che gli enormi trapezi che si intravedono nella città potevano essere piste di atterraggio per astronavi aliene. Peter Kolosimo affermava che la popolazione locale della città di avrebbe avuto contatti con gli extraterrestri.questa è la teoria meno accreditata sulle origini della città.


    Perchè fu abbandonata?

    Perchè Machu Picchu fu abbandonata a se stessa?
    Numerose teorie si accavallano sul perchè dell' abbandono di questa città.

    Fu abbandonata in seguito ad una catastrofe naturale? Non vi sono segni che alcuna catastrofe naturale possa aver indotto gli abitanti di Machu Picchu ad abbandonare la città.
    Sacrilegio di tipo religioso? Potrebbe essersi svolto un sacrilegio nella città da parte di sacerdoti, Garcilaso de la Vega, un cronisca dell'epoca afferma che secondo la tradizione inca, chiunque avesse avuto rapporti carnali con le Sacre Vergini Del sole ( giovani donne votate agli dei) avrebbe pagato il crimine con la morte di se stesso e di tutta la sua famiglia, della sua comunità del suo bestiame, il luogo in cui risiedeva sarebbe stato soggetto ad una maledizione con conseguente abbandono del posto.
    I rituali:

    Inti, il dio del sole era venerato dalla popolazione inca locale, il culto del sole era una tradizione radicata nella popolazione locale, che aspettava il sorgere del sole tra Intipunku ( detto anche antisuyu) “la porta del Sole” (un varco di roccia granitica in linea perfetta con il sorgere del sole) insieme ai sacerdoti pronti per celebrare un rituale in suo onore. Il compito dei sacerdoti era quello di bilanciare le forze negative create dall'uomo stesso nella vita terrena con forze di origine soprannaturale e legate agli astri.Willka è il termine con cui si indica il Sole degli aymará.

    Nella tradizione inca l'universo è suddiviso in cielo, terra ed inferi.

    Il tesoro della città perduta.

    Non fu saccheggiata

    La città di Machu Picchu non mostra segni di saccheggiamento da parte di ignoti, ma non è stato ritrovato nulla in oro o in altri metalli, segno che la città non è stata abbondata in fretta.

    Secondo le credenze inca l'oro nasceva dalle lacrime e dal sudore dell’astro e gli inca davano molto valore a questo metallo, ma non è stato ritrovato nulla che dimostrasse la presenza di oggetti in oro nella città anche se spesso questo materiale era utilizzato nei rituali.

    Teorie affermano che si potrebbero celare le mummie dei sacerdoti dette anche I’llapa, che significa lampo, sul monte Huayna Picchu spesso colpito da fulmini, con l'oro e i loro ricchi tesori.

    Il sito archeologico fa parte del Patrimonio dell'umanità stilato dall'Unesco, la città Machu Picchu è stata proposta come una delle sette meraviglie moderne.

    Curiosità:

    Pablo Neruda, Le altezze di Macchu Picchu è ispirata alla città di Machu Picchu.

    La città Vilcabamba

    Hiram Bingham nel 1911 si imbattè nella foresta di Espíritu Pampa nelle rovine della città di Vilcabamba ma non diede importanza al ritrovamento in quanto nello stesso periodo egli aveva portato alla luce le rovine della città di Machu Picchu credendo erroneamente che Machu Picchu fosse la setssa Vilcabamba. Negli anni 60 Vilcabamba fu riconosciuta dagli esploratori Antonio Santander e Gene Savoy.

    Vilcabamba è situata a 130 km ad ovest della città di Cuzco, mentre Machu Picchu è situata a circa 112.5 km da Cuzco.

    Vilcabamba fondata nel 1539 da Manco Inca, fu l'ultimo rifugio dell'Impero Incas fino all'anno 1572 in cui cadde per mano degli spagnoli, bruciata dagli stessi.



     
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  2. gheagabry
     
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    da lussy

    LE PIRAMIDI


    Le piramidi di Giza, Egitto, sono famose per la loro imponenza dovuta alle loro dimensioni ed all'ambiente desertico che le circonda, da sempre le pramidi hanno affascinato l'uomo, in special modo il "mistero" della loro costruzione su cui ruotano numerose teorie di diverso tipo.

    Un immagine delle piramidi di Giza.

    piramide_giza

    La piana di Giza su cui sorgono le tre piramidi Cheope alta 146 metri, Chefren alta 144 e Micerino alta 65 metri, è una realizzazione dell'uomo, non è una distesa naturale.

    La piramide di Cheope costruita nel 2500 a.C.è la più grande delle tre piramidi ed è formata da blocchi di pietra dal peso di circa due tonnellate e mezzo, i suoi lati sono allineati ( come del resto sono allineate le tre piramidi) in direzione nord-sud e est-ovest, il suo piano d'appoggio è orizzontale con un minimo errore di 12 millimetri nel lato sud orientale.

    LE TEORIE SULLA COSTRUZIONE DELLE PIRAMIDI

    Erodoto:

    -Erodo affermava che le piramidi furono costruite da centinaia di schiavi, frustati sotto il sole cocente spostando questi enomri blocchi di pietre per costruire le piramidi.

    Una classe superiore costruì le piramidi, non schiavi

    -Un'altra teoria che succlassa quella di Erodoto fu che le piramidi non furono costruite da schiavi ma che furono costruite da una classe superiore di architetti e costruttori artigiani pagati per il loro opreato e che lavoravano senza tirannia od oppressione.

    Un lavoro minuzioso era effettuato da parte di geometri per calcolare al millimetro gli assi delle piramidi per evitare il cedimento della stessa, per permettere a queste imponenti costruzioni di rispondere a ciò che veniva loro richiesto.

    -Charles Piazzi Smyth

    -Charles Piazzi Smyth nell'800 effettuò studi e calcoli sulle piramidi ed affermò di aver trovato una correlazione tra le dimensioni della stessa, egli affermò di essere in grado di ottenere date storiche e misure astronomiche dai suoi calcoli.

    Una civiltà superiore?

    Altra teoria affascinante è quella che gli egiziani non avrebbero potuto costruire le piramidi, solo una popolazione superiore avrebbe potuto farlo, come il popolo di Atlantide oppure gli alieni o extraterrestri dotati di una tecnologia superiore rispetto al popolo egiziano.

    Jean-Pierre Houdin

    -L'architetto Jean-Pierre Houdin ha creato in 3-D (tridimensionale) la realizzazione di una piramide costruita dall'interno.

    Dall'anno 1999 quindi per oltre 8 anni egli ha cercato di dimostrare la fondatezza della sua teoria, ovvero che le piramidi furono costruite dall'interno ed ha creato una simulazione in 3-D grazie al programma Real-time 3D di Dassault Systèmes della piramide di Khufu.

    La teoria di Houdin è basata su tre principi:

    -Una scala esterna era utilizzata per costruire i primi 43 metri della piramide

    -Una scala interna a spirale si snodava dietro alle facce della piramide, per completare la costruzione

    -Una Grande Galleria accoglieva un ingegnoso sistema di contrappesi utilizzato per sollevare le travi di granito che pesavano fino a 63 tonnellate utilizzate per la costruzione del soffitto della Camera Mortuaria del Faraone nella piramide.

    Piramidi ed astrologia:

    -Le tre piramidi della piana di Giza sono perfettamente allineate con la costellazione di Orione, gli egiziani sostenevano che Osiride, il dio della morte e dell'oltretomba dimorasse nella costellazione di Orione.

    CONCLUSIONI

    -Una popoalzione come gli egizi era in grado di costruire le piramidi con una tecnologia rudimentale ma efficace, con slitte gigantesche trainate da uomini erano in grado di trasportare questi enormi blocchi di pietra intagliati tramite cunei in legno che erano bagnati ed in seguito alla dilatazione permettevano la sezionatura della roccia a piacimento.Nella piramide di Saqqara, incompleta, sono state rinvenute rampe utilizzate probabilmente per il sollevamento dei blocchi.In un dipinto tombale vi è la rappresentazione della costruzione di una piramide con oltre 170 schiavi che trainano blocchi di pietra su un'enorme slitta bagnata con latte per permettere il più facile scorrimento del blocco.




    L'ISOLA DI PASQUA

    isola_di_pasqua

    Cile, isola di Pasqua.

    Quest'isola si estende su 171 chilometri quadrati, ha una forma triangolare con i lati di 16, 17 e 24 km, sull'isola vi sono dei vulcani ed il più alto è di 500 metri circa. Vi sono circa 3.000 abitanti, la maggior parte di essi vive nella cittadina di Hanga Roa.

    I nomi del'isola

    -Isola di Pasqua è il nome dato dall'ammiraglio olandese Jacob Roggeveen che la scoprì nell'anno 1772 il giorno di Pasqua esplorandola nonostante la presenza di indigeni antropofagi, ovvero cannibali, che la abitavano.

    -Rapa Nui nome indigeno che indica la grande isola/roccia

    -Te Pito o te Henua nome che significa :l'ombelico del mondo

    La particolarità dell'isola

    Oltre 600 teste di pietra vulcanica chiamate moai che si sviluppano dai 90 centimetri ai 12 metri di altezza ed un peso di oltre 80 tonnellate l'una si trovano sull'isola di Pasqua la cui popolazione primitiva e completamente isolata ha creato una sua cultura, una sua scrittura, un mondo a sè, popolo che però non è più legato al passato, questa popolazione dai tratti nordici ha perduto il ricordo delle origini dei moai, ha dimenticato le antiche scritture che gli indigeni non sono più in grado di tradurre, oppure i sacerdoti dell'isola preferiscono tacere riguardo a ciò che vi è scritto?

    mohai_isola_pasqua

    Il mistero dell'Isola

    Il mistero che avvolge l'isola inizia dalla spiegazione delle ipotetiche origini degli abitanti del luogo, indigeni con la pelle bianca e la barba abitanti in un luogo difficile da raggiungere che venerano un dio uccello che ritroviamo in numerosi miti di popolazioni sparse per il mondo come in nordafrica, nelle popolazioni celtiche e nel mediorente.

    L'isola di Pasqua è nota grazie a queste teste di pietra vulcanica che vi si trovano la cui realizzazione ha dato origini a numerose teorie e ad altri misteri, le statue sono posizionate sulla costa con le spalle rivolte al mare e alcune di esse hanno un "cappello rosso" in testa chiamato pukao.

    LE TEORIE

    1)Lorigine della razza dei pasquensi:Thor Heyerdahl ipotizzò che la tipologia degli abitanti dell'isola fosse in realtà una mescolanza di razze:peruviana, polinesiana e nordica approdate sull'isola probabilmente in seguito ad un naufragio.Egli ipotizzò che i primi colonizzatori dell'isola fossero stati indios americani emigrati dalle regioni vicine della Bolivia/Perù e dimostrò questa teoria tentando la traversata e vi riuscì con il Kon Tiki una zattera costruita con sette tronchi di balsa.

    La flora e la fauna dell'isola

    2)L'isola era realmente priva di alberi?Nell'isola non erano presenti alberi per riparare eventuali navi danneggiate e i naufraghi dovettero sopravvivere nell'isola.In teoria i naufraghi avrebbero potuto costruire le statue agli inizi della loro permanenza forzata sull'isola ma regredirono allo stato primitivo in seguito alle scarse risorse per sopravvivere presenti nell'isola.

    3)Gli alberi potevano essere stati presenti nell'isola in passato ma potrebbero essere stati utilizzati tutti per la costruzione dei moai e per la popolazione dell'isola come nutrimento, oltre la patata dolce importata dai coloni sudamericani in seguito con una seconda ondata di popolazione,insieme alla totora, un particolare tipo di giunco, con la conseguenza del disboscamento dell'isola stessa con la conseguente regressione allo stato più primitivo.

    4)Di cosa si nutrivano gli indigeni?Ossa di delfino sono state ritrovate in fosse comuni, quindi gli indigeni avevano la possibilità di andare a pescare in mare aperto.Gli alberi erano quindi presenti.La patata dolce era un altro alimento integrante della dieta insieme alle banane, le piante furono portate importate in un secondo momento o inizialmente?E gli animali, resti di topi e uccelli domestici come polli sono stati ritrovati nell'isola anche loro arrivarono con l'uomo?
    L'isola può essere una parte di Atlantide?
    5) Una piccola zona emersa dalle acque della famosa città di Atlantide o Mu o Lemuria?

    Breve introduzione alle leggenda di atlantide e Mu

    Molte popolazioni nelle loro leggende, che si dice abbiano sempre un fondo di verità, narrano che nel sottosuolo abiterebbero gli abitanti del piccolo popolo e sempre secondo una leggenda sud americana si narra di Eldorado e le popolazioni asiatiche narrano invece di Agarthi e Shamballah, città del sottosuolo irraggiungilbili che facevano parte secondo la leggenda di due continenti:Atlantide e Mu.

    Atlantide e Mu, per cause sconosciute, furono distrutte da un grande cataclisma ed i superstiti furono divisi in più gruppi abitando l'Asia, l'Europa e le Americhe, alcuni invece sarebbero scesi nelle profondità della terra, gli Eletti, dando vita ad una nuova popolazione composta da due grandi continenti Eldorado ed Agarthi.Sempre secondo la leggenda, comune a molte popolazioni, Eldorado avrebbe l'ingresso al polo sud mentre Agarthi al polo nord.

    La religione
    6) La religione degli isolani è una semplice coincidenza che si ripete in varie popolazioni sparse per il mondo o vi è una religione comune che coinvolge il mondo intero?

    Extraterrestri?

    7)Un altra teoria è che le opere siano di origine extraterrestre, create da alieni, non dall'uomo, in quanto non vi è una somiglianza tra i visi scolpiti nella pietra e i tratti tipici degli isolani, vi è chi afferma che ad un attenta analisi si possono riscontrare invece numerose somiglianze.Per avvalorare la teoria extraterrestre vi è chi afferma che l'isola non è raggiungibile da uomini primitivi, Thor Heyerdahl ha dimostrato che invece è possibile con la zattera Kon Tiki.

    La cultura degli isolani

    8)La cultura e le tradizione degli abitanti di Rapa Nui furono cancellate da un epidemia di malattie che decimò la popolazione priva di anticorpi in seguito all'arrivo dei coloni?Non permettendo in questo modo il tramandare dei miti e delle leggende locali oralmente?I coloni avrebbero potuto distruggere le tavolette di legno su cui erano trascritti miti e le tradizioni di questa popolazione?

    Hotu-Matua:la leggenda

    Il capo tribù Hotu-Matua, portò sull'isola animali e vegetazione provenendo dall'isola Marae-rengo o Hiva molto distanti a bordo di canoe dimorando sull'isola generando figli con una rigida gerarchia in cui il Re, discendente, il re era un dio dotato di grandi poteri seguito in ordine di gerarchia dai sacerdoti, dai nobili e dai guerrieri.I moai erano costruiti dagli artigiani dell'isola, non privi di importanza.

    La leggenda narra che la popolazione era divisa in Lunghi Orecchi e Corti Orecchi.I Moai e gli Ahu, che sono delle piattaforme cerimoniali, furono costruite dai Corti Orecchi che sottostavano agli ordini dei Lunghi Orecchi.

    Un giorno i Lunghi Orecchi ordinarono ai Corti Orecchi di gettare le pietre, forse i Moai stessi, in mare ed in seguito al rifiuto dei Corti Orecchi, molto religiosi e superstiziosi, di gettare in mare le pietre da loro ritenute sacre decisero di ucciderli nutrendosi delle loro carni.

    I Corti Orecchi si ribellarono ai Lunghi Orecchi ottenendo il controllo dell'isola ed uccisero e bruciarono tutti i Lunghi Orecchi in una fossa comune.Effettivamente nell'isola fu trovata una fossa di questo genere con numerose ossa umane e resti di carbone.

    Isola di Pasqua mistero risolto?

    -Nel 1955-56 quando l'esploratore e antropologo Thor Heyerdahl dimostrò che gli isolani erano in grado di costruire opere del genere senza l'aiuto di tecnologie aliene ma utilizzando mezzi semplici e tecniche alquanto primitive come l'ammorbidire la roccia in tufo vulcanica nell'acqua per poterla lavorare e dando essa la forma desiderata. Dimostrò che era realmente possibile quando in soli tre giorni tre uomini costruirono e lavorarono una statua di oltre 12 tonnellate e 180 uomini la trasportarono utilizzando funi ed un'enorme slitta.Thor Heyerdahl dimostrò che l'isola era raggiungibile, non senza difficoltà via mare con l'utilizzo di canoe.

    -Le più grandi teste di oltre 20 metri sono state ritrovate nelle cave del vulcano Rano Kano e dei loro scultori non vi è traccia sono rimasti solo le statue incompiute e gli attrezzi utilizzati durante la loro realizzazione.Dai vulcani Rano Kau e Rano Raraku erano estratte le rocce per la costruzione dei moai.Dalla “cava” di Puna Pau gli isolani ricavavano le rocce per realizzare gli insoliti cappelli rossi dei moai, i pukao.

    moai

    La Palinologia

    -Grazie alla Palinologia(che si occupa dello studio dei pollini) la vegetazione dell'isola di Pasqua è stata"ricostruita":l'isola era ricoperta da una vegetazione sub_tropicale, con erba, felci, alberi a basso fusto, l'albero della corda o hau-hau, palme tropicali, una fonte di alimentazione per gli isolani?La presenza di piante diminuisce con il passare degli anni, si trovano tracce di alberi bruciati, dal 1400 in poi non vi è più la presenza della palma e vi è un calo sensibile dell'albero della corda e e del Toromiro.Ossa di delfino dimostrano che il delfino era una fonte importante di cibo e che i pasquensi costruivano imbarcazioni per andare a pesca con i tronchi di palma.Quando le palme diminuiscono anche la presenza di ossa di delfini recenti diminuiscono un chiaro segnale che la popolazione di circa 9000 abitanti (taluni affermano che la popolazione abbia raggiunto i 15.000 abitanti nei momenti di massima prosperità) non poteva più andare a pescare a causa della mancanza di alberi di palma per costruire le imbarcazioni.I topi domestici importati spinti dalla fame si nutrivano dei germogli degli alberi impedendone la ricrescita.

    Gli indigeni si nutrono d'apprima degli uccelli domestici, come i polli, poi passeranno a nutrirsi della fauna locale come pappagalli mentre l'isola subiva una forte desertificazione che sarà l'inizio della fine per i suoi abitanti che diventeranno antropofagi, cannibali per mancanza di cibo.

    Intorno al 1700 inizeranno le guerre tra clan e quando Jacob Roggeveen sbarcherà nel 1772 la popolazione sarà già decimata si contavano circa 2000 abitanti nell'isola, nel 1774 James Cook sbarcò sull'isola e vi erano statue moai abbattute a causa delle lotte interne della popolazione.

    I coloni come già accennato porteranno malattie mortali per gli abitanti dell'isola di Pasqua.

    Nel 1805 gli abitanti di Rapa Nui erano deportati come schiavi, nel 1862 oltre 2.000 indigeni furono deportati con la forza in Perù.

    Nel 1888 rimanevano circa 100 indigeni malati ed anziani condannati all'estinzione, alcuni di loro portarono avanti la razza incrociandosi con altre popolazioni.Sempre nel 1888, il capitano Policarpo Toro annesse l'isola Pasqua al Cile, dal 1895 al 1953 una società inglese la utilizzò come allevamento di pecore.

    L'isola fu dichiarata nel 1935 Parco Nazionale e Monumento Storico.

    Nel 1953 la popolazione pasquense riottenne l'isola e si dedicò alla ricerca archeologica ed alla restaurazione del vasto patrimonio storico ed artistico dell'isola.
    -Gli studi medico-legali, antropologici e del DNA sugli abitanti dell'isola di Pasqua dimostrano che erano di origine polinesiana questi studi mettono al bando la teoria di origine extraterrestre degli abitanti.

    Nel 2007

    -Nel 2007 l'isola di Pasqua è una meta turistica, con clima sub-tropicale .

    Ora l'isola è stata denominata Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO, ed i suoi abitanti parlano spagnolo e per loro il turismo che si è molto sviluppato è la fonte di reddito principale, vivono sempre di agricoltura e grazie all'allevamento di animali ed ai raccolti di canna da zucchero, banane, mais, zucche e patate.La religione principale degli isolani è quella cattolica.L'isola ha un aeroporto moderno a Mataveri con la più grande pista del sud America.

    UN AVVERTIMENTO DALL'ISOLA DI PASQUA?

    Il nome dell''isola Te Pito o te Henua significa :"ombelico del mondo" ed una profezia grava sull'isola:

    "Solo un isola sopravviverà agli sconvolgimenti del pianeta, sconvolgimenti che faranno ricominciare l'uomo da capo, quando quest'isola, l'unica sopravvissuta, l'ombelico del mondo, sarà inghiottita dalle acque allora sarà la fine del mondo"

    Un monito per cercare di impedire all'uomo di distruggere il suo habitat come sta facendo ora?Con deforestificazioni, guerre, inquinamento e sfruttamento incontrollato delle risorse del pianeta che non sono illimitate?

    L'umanità si troverà ad ascoltare realmente l'avvertimento di Rapa Nui e si ritroverà ad ammettere di aver sbagliato a sfruttare il pianeta terra in maniera incontrollata?

    E sarà la fine del mondo?

    Articolo scritto da webmaster








    Stonehenge

    stonehenge


    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Stonehenge (pietra sospesa, da stone, pietra, ed henge, che deriva da hanging, sospendere: in riferimento agli architravi) è un sito neolitico che si trova vicino ad Amesbury nello Wiltshire, Inghilterra, circa 13 chilometri a nord-ovest di Salisbury sulla piana omonima. È composto da un insieme circolare di grosse pietre erette, conosciute come megaliti. C'è dibattito circa l'età della costruzione, ma la maggior parte degli archeologi ritiene sia stato costruito tra il 2500 a.C. e il 2000 a.C.. L'edificazione del terrapieno circolare e del fossato sono state datate al 3100 a.C..

    Dall'inizio dell'Ottocento molte pietre caddero e furono rimesse nella loro posizione attuale dagli ingegneri vittoriani.

    Il sito è stato aggiunto alla lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1986. Le pietre di Stonehenge sono allineate con un significato particolare ai punti di solstizio ed equinozio. Di conseguenza alcuni sostengono che Stonehenge rappresenti un "antico osservatorio", anche se l'importanza del suo uso per tale scopo è dibattuta.

    Stonehenge è associato con la leggenda di Re Artù. Goffredo di Monmouth disse che il mago Merlino diresse la sua rimozione dall'Irlanda, dove era stato costruito sul Monte Killaraus, da Giganti che portarono le pietre dall'Africa. Dopo essere stato ricostruito vicino ad Amesbury, Goffredo narra come, prima Uther Pendragon, e poi Costantino III, vennero seppelliti all'interno dell'anello di pietre. In molti punti della sua Historia Regum Britanniae Goffredo mischia la leggenda britannica con la sua immaginazione; è intrigante il fatto che colleghi Ambrosio Aureliano con questo monumento preistorico, portando come prova la connessione tra "Ambrosius" e la vicina "Amesbury".

    Stonehenge all'alba del Solstizio d'estate (21 giugno 2005), con una folla di 19.000 persone che hanno aspettato l'alba tutta la notte

    stonehenge_solstizio_estate

    Oltre che meta del turismo di massa, Stonehenge è attualmente luogo di pellegrinaggio per molti neo-druidi e seguaci di credenze neopagane, e fu teatro di un festival musicale libero tra il 1972 e il 1984; nel 1985 tale festival fu bandito dal governo britannico a causa del violento confronto tra la polizia e alcuni partecipanti che divenne noto come la Battaglia di Beanfield.

    In anni più recenti, il sito di Stonehenge, sulla Piana di Salisbury è stato influenzato dalla prossimità della strada A303, tra Amesbury e Stoke, e dalla A344. Nel passato un gran numero di progetti, compresi dei tunnel interrati, sono stati proposti per il sito, e l'English Heritage e il National Trust hanno fatto lunghe campagne per allontanare il percorso delle strade. All'inizio del 2003 il Dipartimento per i Trasporti ha presentato un certo numero di progetti per l'allargamento di strade, compresa la A303. Il 5 giugno la Highways Agency ha pubblicato un piano di massima per il cambiamento di 13 chilometri di strada a Stonehenge, compreso un tunnel di due chilometri che porterebbe la A303 sotto l'attuale tracciato. Il 4 settembre 2003 la Highways Agency ha annunciato una inchiesta pubblica, apertasi il 17 settembre, per valutare se i piani sono adeguati. Molte organizzazioni chiedono un tunnel più lungo che protegga maggiormente il sito archeologico e la campagna circostante. I progetti per il sito comprendono un nuovo centro visitatori che dovrebbe aprire nel 2006. Per il 2008 il nuovo schema di strade dovrebbe essere completato e le vecchie vie chiuse.

    Un villaggio risalente al 2600 a.C., composto da circa venticinque piccole case, è stato ritrovato a tre chilometri di distanza da Stonehenge, da ricercatori della National Geographic Society. Si ritiene che fossero utilizzate per ospitare i costruttori del complesso, o i visitatori di qualche cerimonia.

    La mappa di Stonehenge

    Legenda:

    1) La pietra dell'altare (vedi sotto)
    2) Tumulo senza sepoltura
    3) Tumulo senza sepoltura
    4) La pietra del Sacrificio, lunga 4,9 m
    5) La pietra del tallone (vedi sotto)
    6) Due delle quattro originarie Pietre della Stazione
    7) Sponda interna
    8) Fossato
    9) Sponda esterna
    10) Il viale, una coppia di fossati e sponde paralleli che portano al fiume Avon a 3km
    11) Anello di 30 fosse chiamato i buchi Y
    12) Anello di 30 fosse chiamato i buchi Z
    13) Cerchio di 56 fosse, conosciuto come i buchi di Aubrey
    14) Piccola entrata meridionale

    stonehenge_pianta

    La pietra dell'altare: un blocco di cinque metri di arenaria verde. Le pietre principali sono tutte fatte da una forma estremamente dura di arenaria silicea, che si trova naturalmente circa trenta chilometri più a nord, sulle Marlborough Downs. La struttura interna, conosciuta come "Bluestone Horseshoe" è costituita di pietre molto più piccole, che pesano in media quattro tonnellate. Queste sono pietre che sono state estratte dalle Montagne Preseli, nel Galles sud-occidentale. Sono principalmente di dolorite ma comprendono esempi di riolite, arenaria e ceneri calcaree vulcaniche.

    La pietra del tallone un tempo conosciuta come Tallone del Frate(in inglese "Friar's Heel", un'anglicizzazione del gallese "Ffreya sul", da Ffreya, dea celtica della fertilità, e sul, giorno del sole). Un racconto popolare, che non può essere datato a prima del XVII secolo, spiega così le origini del nome di questa pietra:
    Il diavolo comprò le pietre da una donna in Irlanda, le avvolse e le portò sulla piana di Salisbury. Una delle pietre cadde nel fiume Avon, le altre vennero portate sulla piana. Il diavolo allora gridò, "Nessuno scoprirà mai come queste pietre sono arrivate fin qui". Un frate rispose, "Questo è ciò che credi!", allora il diavolo lanciò una delle pietre contro il frate e lo colpi su un tallone. La pietra si incastrò nel terreno, ed è ancora li.

    La pietra del tallone
    stonehenge_pietra_del_tallone

    Repliche
    Esiste una replica a grandezza naturale di Stonehenge come sarebbe stato in origine, a Maryhill nello Stato di Washington, costruita da Sam Hill come memoriale di guerra. È persino allineata con l'alba di mezza estate, ma con la vera posizione del Sole sull'orizzonte virtuale, piuttosto che con la posizione apparente del sole sull'orizzonte reale.

    Un'altra memorabile replica di Stonehenge appare nel film Spinal Tap.

    Una Car-Henge è stata costruita esclusivamente con automobili vicino ad Alliance, Nebraska dall'artista Jim Reynolds nel 2000.

    Libri e opere su Stonehenge

    Sono numerosi gli studiosi che hanno speso la loro vita di ricercatori intorno al mistero di questo antico tempio, e altrettanti i libri scritti sull'argomento. Si possono citare, a titolo di esempio, Il mistero di Stonehenge di John North, che ha fatto notare come esso sia allineato anche con il punto in cui il Sole tramonta durante il solstizio d'inverno; Stonehenge di R.J.C. Atkinson, che asserisce non sappiamo che cosa sia e probabilmente non lo sapremo mai; The Stonehenge People e Prehistoric Avebury di Aubrey Burl; Stonehenge. Un paesaggio di pietre e di misteri di David Souden.

    Su Stonehenge e i suoi miti sono anche basate innumerevoli opere di fantasia. Sul mistero della sua costruzione è stato scritto un romanzo (Stonehenge) di Bernard Cornwell, mentre molti sono i personaggi del fumetto che hanno fatto una capatina in quel mistico luogo: da Paperino (Paperino - Il papero del passato e del futuro di Don Rosa) a Corto Maltese, passando per Martin Mystère e Dylan Dog (Incubo di una notte di mezza estate) senza dimenticare Topolino, con molte avventure ambientate in quei dintorni, o Lara Croft nella versione a fumetti.


     
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  3. gheagabry
     
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    Il mistero del paese che va a fuoco...È ancora avvolto nel mistero il caso dei fenomeni di autocombustione verificatisi all’inizio del 2004 a Canneto di Caronia, una piccola frazione della provincia di Messina....Il piccolo borgo della costa messinese, situato a ridosso di una linea ferroviaria, una decina di abitazioni e 39 abitanti, diventa scenario di inquietanti fenomeni di cui fino a quel momento non si era mai sentito parlare e che hanno provocato una grossa eco in tutto il mondo...A partire da gennaio del 2004 dei misteriosi roghi si sono sviluppati in molte abitazioni senza alcuna spiegazione plausibile: senza corrente e senza particolari esalazioni, automobili, divani, fili elettrici non alimentati, materassi, lampadari, elettrodomestici e tutto quello che possiamo immaginarci si incendiavano inspiegabilmente. E non solo! Auto che si chiudono da sole, cellulari impazziti che squillano senza motivo e che visualizzano strane lettere nel display, allarmi antincendio che scattano senza motivo...Inizialmente gli abitanti della piccola comunità si rivolsero all’aiuto dei tecnici dell’Enel e delle Ferrovie, credendo che si trattasse di dispersione elettrica, magari causata dalla linea ferroviaria che percorreva la località. Ma gli esiti delle ricerche non riscontrarono alcuna anomalia. Il continuo verificarsi di nuovi casi costrinse l’Enel a sospendere l’erogazione dell’elettricità, ma ciò servì a ben poco visto che nei giorni seguenti il fenomeno si intensificò raggiungendo l’apice nei giorni 7 e 8 febbraio del 2004, quando andarono a fuoco inspiegabilmente contatori, prese elettriche e fili di corrente non alimentati. I tecnici dell’Enel non sanno che fare e assieme ai carabinieri assistono direttamente ad un fenomeno di autocombustione. Secondo le testimonianze di alcuni dei residenti i tecnici staccarono e ammucchiarono davanti le case una serie di fili elettrici. Dopo pochi minuti cominciarono a bruciare improvvisamente davanti ai loro occhi...Vista la gravità della situazione il sindaco ordinò l’evacuazione dei residenti e fu dichiarato lo stato di calamità naturale...Quale poteva essere allora la vera causa di tali misteriosi fenomeni che sconvolsero la vita degli abitanti di quella piccola località turbando l’opinione pubblica di tutto il mondo? Dopo le prime teorie sull’origine dei roghi legate alla linea ferroviaria ne seguirono delle altre, molto spesso anche fantasiose. Si passò quindi all’ipotesi di flussi di onde elettromagnetiche generate dai ripetitori telefonici, di campi elettromagnetici, di fenomeni naturali di tipo elettrostatico, di fenomeni sismici, di fenomeni fisici non ancora studiati dalla scienza umana....Scesero così in campo diversi esperti e studiosi: geofisici, vulcanologi, ingegneri della protezione civile, e persino un’intera equipe della Marina Militare. Furono organizzati anche team di psicologi per assistere la popolazione che ormai viveva in un incubo collettivo...Dopo mesi di rilevamenti e studi la causa fisica dei fenomeni viene acclarata: si tratta di un fascio elettromagnetico ad impulsi ad alto potenziale che viaggia sul mare ad un’altezza compresa tra la superficie e i 15 metri. Un maxi raggio radioattivo quindi di cui si cercò di scoprirne l’origine...Nessuno però è venne a capo di nulla: né la Protezione Civile, con i suoi consulenti dell'Univesità di Messina, né l'Istituto Nazionale di Geofisica, né i tecnici dell'Enel, degli operatori telefonici e delle Ferrovie dello Stato. Si parlò pure di un possibile progetto militare segreto, possibile causa artificiale di tali fenomeni, ma fu sempre smentito. Naturalmente non è mancato chi ha ipotizzato il fenomeno paranormale, come molti studiosi di occultismo, ufologi ed esorcisti. E’ il caso di padre Gabriele Amorth, presidente onorario dell’associazione internazionale degli esorcisti. Secondo il suo parere un fenomeno del genere non poteva che essere opera del “diavolo” e a suo avviso la prima cosa da fare era chiamare un sacerdote per far benedire le case.Numerose e insistenti inoltre furono le segnalazioni di avvistamenti di oggetti volanti non identificati nelle zone vicine. A questo punto delle indagini nessuna ipotesi era da scartare…I fenomeni si ripeterono per qualche mese dopodichè non se ne sentì più parlare, a parte qualche altro caso isolato che è stato segnalato di recente...Oggi ancora ci interroghiamo sulla verità. Tante ipotesi, nessuna certezza.

     
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  4. gheagabry
     
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    PIRAMIDE SOMMERSA DI YONAGUNI

    Sappiamo che le prime grandi culture della nostra civiltà furono quelle Egiziane e Mesopotamiche; ma se la scoperta fatta recentemente Yonaguni in Giappone, si rivelasse esattamente quello che sembra, allora dovremmo riscrivere la storia dell’intera umanità. Una misteriosa struttura scoperta sui fondali di Yonaguni (piccola isola dell’arcipeago delle Ryukyu a Sud del Giappone), potrebbe rivelarsi la più antica costruzione fatta dall’uomo. In questo modo ci sarebbero addirittura le prove dell’esistenza del leggendario Mu, continente che secondo una leggenda si inabissò nell’Oceano Pacifico migliaia di anni fa. Fin dal 1868, quando il colonnello Jason Churchward affermò di essere in possesso di alcune tavolette di argilla, che recavano incisa in una scrittura misteriosa la storia del grande continente di Mu, si iniziò a cercare qualcosa che fosse una traccia di questa antica civiltà in tutto il Pacifico, senza però mai avere successo. Nel 1985 però, il giapponese Kikachiro Aratake, un Sub di Yonaguni, durante un’immersione a circa 150 metri al largo dell’isola, fece una sensazionale scoperta: un’enorme struttura di pietra dall’aspetto simile a una piramide, che si ergeva a una profondità di 25 metri.
    Aratake, subito dopo la scoperta, descrisse il momento in cui vide per la prima volta la struttura con queste parole:

    “Nuotavo spinto dalla corrente quando improvvisamente mi si parò davanti una ripida parete di pietra, Dovetti aggrapparmi con le mani alla roccia per costeggiare la struttura e non essere spinto lontano. Dopo la lunga passeggiata subacquea mi ritrovai di fronte a uno spettacolo da mozzare il fiato: la facciata era percorsa da scalinate, ognuna delle quali conduceva a terrazzamenti su vari livelli, in un insieme irregolare, ma continuo fino alla cima. La costruzione era così perfetta che mi aspettavo da un momento all’altro di vedere qualcuno uscirne. Ma gli unici abitanti erano i pesci che nuotavano intorno a me, e il silenzio del luogo era rotto solo dal battito del mio cuore”.
    La notizia del ritrovamento fu divulgata alla comunità scientifica nel 1986 e nel 1990 la zona fu dichiarata sito archeologico, ma in molti pensarono, e pensano ancora che la struttura sia solo una bizzarra realizzazione di madre natura.
    Ma questa piramide è davvero opera dell’uomo o è uno scherzo della natura? La struttura è un unico enorme blocco di roccia lungo 200 metri, largo 150 e alto circa 20, la grandezza della base è paragonabile a quella della piramide di Cheope. Non si sa ancora a quando risalga la struttura, le avverse condizioni del mare in quel tratto di costa rendono molto difficili le analisi. Sono solo state formulate delle ipotesi a riguardo, la più avvalorata è quella che riconduce ad un innalzamento del livello del mare in seguito all’ultima glaciazione (tra i 9000 e i 10.000 anni fa), che ha probabilmente sommerso il tratto di mare davanti a Yonaguni, e che quindi la struttura risalga proprio a quel periodo, l’ultimo in cui la piramide potrebbe essere stata sopra il livello del mare. C’è da sottolineare che quella dell’ultima glaciazione è una data ricorrente quando si parla di antiche civiltà e misteriosi ritrovamenti archeologici. Ma chi ha eretto questa piramide? Ma-saaki Kimura, docente di Oceanografia all’Università delle Ryukyu, ipotizza che sia stata una popolazione originaria dell’Asia sud-orientale. Sulla civiltà che presumibilmente realizzò l’opera non si sa molto; Per realizzare una struttura del genere, dovevano certamente avere una grande conoscenza di ingegneria e architettura, inoltre nel sito sono state ritrovate numerose incisioni e questo fa pensare che siano stati a conoscenza di una scrittura basata su pittogrammi. Le incisioni sulla pietra sono molto simili a quelle su una tavoletta di pietra ritrovata alcuni anni fa ad Okinawa, molto vicino a Yonaguni, e la cosa contribuisce non poco ad infittire il mistero; infatti la suddetta tavoletta riporta un linguaggio ancora indecifrabile ma un disegno inciso sopra ricorda molto (secondo Kimura) un tempio sommerso. Ma-saaki Rimura in una intervista rilasciata a “Newton”, descrive la struttura in ogni particolare,qui di seguito uno stralcio dell’intervista: “La prima cosa che si nota nella sezione inferiore è un corridoio che si sviluppa lungo l’intero perimetro e che descrive, nell’estremità occidentale, una curva perfetta intorno alla parete. Dalla facciata Sud, quella principale, partono le scalinate che portano alla zona dei terrazzamenti ad Ovest e a quella che abbiamo definito “sacra” ad Est. Senza dubbio i gradini di alcune scalinate sono alti, alcuni arrivano persino a un metro, tanto da risultare poco agibili per l’uomo. Obiezione alla quale io ribatto che su cinque scalinate, ben tre sono a misura di passo umano e perfettamente percorribili. La piramide è un monolito, cioè un unico blocco di pietra, ma durante le analisi abbiamo trovato numerose pietre aggiuntive di diverse forme e dimensioni. Quelle squadrate, concentrate solo nelle vicinanze della piramide, sembrano frammenti derivanti dai processi di lavorazione della struttura (per esempio l’intaglio delle terrazze e delle scale). Le pietre rotonde, invece, potrebbero far parte di un rudimentale sistema per drenare l’acqua piovana. Si trovano, infatti, concentrate solo vicino a solchi scolpiti sulle superfici di roccia, che probabilmente fungevano da grondaie.”

    Vicino alla piramide è stato trovato un’altro incredibile reperto; una pietra megalitica simile alle sculture dell’Isola di Pasqua, questo megalite si trova incredibilmente vicino al tropico del cancro, e Kimura ne sottolinea l’iportanza:

    ”Si tratta di una grande roccia ovoidale con una serie di intagli nella parte superiore che sembrano tracciare un volto. Nelle fessure orizzontali che corrispondono agli occhi sono incastrate due pietre che potrebbero rappresentare le pupille. Questa precisa collocazione geografica, secondo me, potrebbe indicare che gli antichi costruttori avevano precise cognizioni astronomiche”.

    Ancora è presto per dare certezze, ma siamo fiduciosi perché sappiamo che il professor Kimura continuerà a studiare il sito archeologico di Yonagumi in cerca di risposte. Questa costruzione potrebbe rivelarsi solo una bizzarracreazione della natura o il più grande ritrovamento archeologico di tutti i tempi; Se il tutto si rivelasse autentico allora dovremmo avere ancora più interrogativi riguardanti il passato del nostro pianeta, le piramidi d’Egitto, quelle dell’ America centrale e tutte le altre sparse per il mondo potrebbero avere una antica antenata, e chissà se il tutto abbia un collegamento…


     
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  5. gheagabry
     
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    Il misterio di Glozel.
    Un enigma delle scritture, tavolette di lingua sconosciuta e misteriose leggende. E’ una misteriosa storia, che ancora oggi è di rilevante interesse,valore e ricca di significato per gli archeologi. In Italia si èparlato e scritto poco su quest’affascinante vicenda che pone atutt’oggi molti interrogativi tra i più illustri studiosi.Ci troviamo nei pressi di Vichy, nel cuore della Francia. E’ sabato 1marzo 1924, Emile Fradin 17 anni in compagnia di suo nonno Claude sta arando il campo. Tutto ad un tratto, una delle 2 vacche che tiravano il carro barcolla e affonda per una parte nel terreno. Cercando di liberarla, nonno e nipote scoprono una cavità nella quella distinguano uno scheletro e del vasellame che estraggono dalla terra, sperano di trovare un tesoro! Il giorno seguente, 2 marzo, Emile Fradin ritorna sul luogo esamina e sgombera la cavità che si rivela essere una fossa di circa 3 mt per 1 mt, di cui le pareti sono dei mattoni incastrati l’un l’altro e il suolo è costituito da 16 lastre d’argilla; trova qualche vaso, qualche coccio, una piastra d’argilla recando strani segni. Nei giorni successivi si aggiunge altro materiale, tre tavolette con impronte di mani, un ago in osso, dei ciottoli con i strani simboli. La notizia vola in paese, fino al vicino villaggio e così arrivano sul luogo il curato, il medico e il maestro per costatare la scoperta. Il dott. ANTONIN MORLET apprende dell’esistenza di Glozel; è un appassionato d’archeologia, autore di molte opere e possiede un’importante collezione di reperti gallo-romani. Prenderà sotto la sua direzione gli scavi e riuscì a proteggere i reperti non ancora portati alla luce, fino a quando non è pubblicato il saggio “Nouvelle station neolitique de Glozel” firmato da lui e da Emile Fradin. Morlet con il suo scritto buttava all’aria parte della teoria della preistoria demolendo, quindi, le tesi degli altri ricercatori autorevoli. La scoperta del Dott.Morlet paragonava le “lettere” di Glozel come antenata di tutti i sistemi di scrittura del bacino del Mediterraneo, compreso quello Fenicio e quindi metteva in discussioni tutte le teorie ufficialmente riconosciute sulle origini della scrittura, dava quindi parecchio fastidio. Chi può dire a questo punto, che l’Europa non sia stata la culla di una civiltà antichissima, tanto originale quanto sconosciuta? Con tutto ciò, era prevedibile che avrebbe scatenato una delle più accese polemiche scientifiche di tutta la storia dell’archeologia. Alcuni archeologi, abbagliati dalla ricchezza del posto, vogliono essere loro gli autori della scoperta al posto di quel giovane paesano che giudicano incolto e stizziti dal suo comportamento diventeranno feroci avversari arrivando sino alle menzogna e alla diffamazione. Personaggi in vista dell’epoca per non avere avuto il privilegio di vedere il proprio nome abbinato alla scoperta accuseranno i Fradin di produrre dei falsi e di essere dei truffatori.Gli altri abitanti della zona, gli stessi gendarmi, nonché docenti e società archeologiche sopragiunti sul luogo degli scavi trafugarono una grande quantità di reperti archeologici; Glozel è stata condannata a priori senza preoccuparsi di andare fino al campo, con questo scempio i predatori impedirono di studiare e di conoscere meglio il sito. Pregiudizi, bigottismo, intolleranza e fanatismo da parte di certuni secchioni che si definivano studiosi di archeologia incominciarono a manifestare il loro scontento diffondendo voci diffamatorie nei riguardi dei ritrovamenti. Il 25 febbraio 1928, la polizia di Clermond-Ferrant esegue una perquisizione, per trovare secondo loro il laboratorio dove sono fabbricati gli oggetti. Quindi rompono le vetrine, oggetti, molestano il povero Emile e con la scusa di datarli si portano via oltre 200 oggetti. Commissioni d’inchiesta ingannevoli assoldate da non si sa bene chi (si fa per dire) emisero rapporti sfavorevoli dichiarando la non autenticità dei ritrovamenti. Molti all’inizio erano convinti dell’autenticità delle scoperte, poi misero in dubbio il loro primo giudizio quando le opinioni espresse sembravano influire negativamente sui loro interessi personali. Era in atto una vera e propria cospirazione ai danni di Morlet e di E.F.; molti ricercatori, noti in tutto il mondo condannarono Morlet non per i suoi studi, ma solo per invidia perché non accolti a prendere parte all’indagine. Non essere stati associati voleva dire per i gelosi archeologi minimizzare al massimo la portata della scoperta. Per fortuna, quelle poche persone che hanno avuto accesso agli scavi sono rimasti stupefatti e dichiararono che Glozel era una vera e propria biblioteca neolitica…pensate un po’! Una maestra, ADRIENNE PICANDET, aiuterà negli scavi e più tardi quando scoppieranno le grosse polemiche, testimonierà assieme ad altre 40 persone che le ciotole d’argilla recavano delle incisioni molto particolari e non conosciute. Ogni colpo basso è stato attuato, Morlet sorprenderà addirittura il segretario del prete Breuil, grande studioso dell’epoca, in flagrante mentre stava truccando del materiale per screditare i nostri personaggi. Il 4 giugno 1929, Emile Fradin è accusato di truffa, il giudice lo interroga per ben 63 ore durante le quali vogliono la sua confessione di avere lui stesso prodotto questi oggetti. Ma il giovane contadino ignora tutto della preistoria e ripete che lui non ha fabbricato proprio nulla. E’ sorvegliato di continuo dalla polizia che vuole coglierlo in flagrante, controllato se per caso sotterra gli oggetti, la sua posta sempre aperta. Finalmente dopo 2 anni cade ogni accusa, è libero della sua vita, si sposerà e avrà dei figli.
    Nell’agosto del 1926, E.F. riceverà la visita del re di Romania Ferdinando 1, il quale visiterà il suo piccolo museo; questo purtroppo susciterà la gelosia di Denis Peyrony, conservatore del museo Eyzies, archeologo considerato a quei tempi uno dei più grandi studiosi della preistoria. Purtroppo esiste in certi ambienti scientifici un atteggiamento scorretto, perché a nessuno piace ammettere di avere sbagliato e nessuno accetta di essere criticato; la loro sentenza è “meglio reagire con disonestà e un pizzico di malvagità che essere danneggiati nella reputazione”. Un gruppo di studiosi corretti, ma stanchi dell’immoralità di alcuni loro colleghi si misero insieme per acquisire prove sull’autenticità dei reperti è ed stata dimostrato che si riferivano all’età neolitica malgrado che sono pochi gli elementi decifrati riguardo alla scrittura chiamata “glozeliana”. I ritrovamenti di Glozel hanno avuto il valore di mettere in discussione l’argomento delle protoscritture preistoriche.
    Il dott.Morlet proseguirà gli scavi, sempre a sue spese per ben 16 anni; ritroverà oltre 3000 oggetti fino al 1941, dove purtroppo entrerà in vigore una legge che vieterà ogni scavo sul tutto il territorio francese senza l’autorizzazione dello stato; questo metterà fine agli scavi a Glozel. Muore nel 1966. Dal 1970, un equipe di scienziati s’interesserà di nuovo a Glozel e procederà nella datazione degli oggetti per mezzo di analisi e studi della termoluminescenza; il fenomeno della termoluminescenza viene utilizzato con successo nella datazione di oggetti di ceramica e cotto. La tecnica consiste in una misura delle radiazioni luminose emesse da un campione scaldato oltre certe temperature. L’emissione luminosa essendo in relazione alla quantità totale di radioattività naturale assorbita dal campione nell’arco della sua esistenza (a seguito della sua prima cottura) tale misura permette di determinare efficacemente l’età. Certe ceramiche sono state datate in un lasso che va tra 700 ani a.c. a 100 d.c.; altri pezzi invece addirittura 2500 a 2000 anni prima di Cristo!” Lo scopo era di stabilire se le ceramiche di Glozel erano ben oggetti autentici; quasi tutti gli oggetti ritrovati si possono vedere al Museo di Glozel. In ogni caso il sito di Glozel ha qualcosa di strano e d’inspiegabile; la geologia di questa regione è molto complessa e delicata da affrontare, in particolare per effettuare analisi archeometriche, poiché il sotto suolo è in gran parte costituito di terreno radioattivo, esiste nelle regione una forte radioattività naturale, e non si comprende molto la presenza nello stesso luogo di oggetti datati 5000 anni, 2500 anni, 1500 anni e persino del medioevo. Nel 1972, Henri François, ingegnere c/o l’Energie Atomique, visita Glozel, effettua dei prelievi e le spedisce a tre laboratori diversi e stranieri per datarli. Si userà il metodo C14 (carbonio 14) per le ossa e la termoluminescenza per le ceramiche e terra cotta. Per i tre laboratori indipendenti fra di loro, i risultati sono chiari, precisi e inconfutabili! Henri François scriverà a E.F. “solo qualche mal informato e ritardati potrebbe ancora dire che lei è un falsario, i testi eseguiti indipendenti in ogni laboratorio sono perfetti e indiscutibili”.
    I risultati sono i seguenti:
    - le ossa sono datati tra 15.000 e 17.000 anni
    - le ceramiche hanno 5000 anni
    - le tavolette 2500 anni

    Di fatto, a Glozel sono stati ritrovati oltre 3000 oggetti, vasellame, tavolette scritte, pietre levigate, gioielli in osso, pezzi di frecce. Le ossa umane (non appartengono a scheletri dell’uomo moderno) e di animali trasformati poi in attrezzi e gioielli, alcuni presentano un tipo di scrittura, tutti presentavano una fossilizzazione avanzata. Le scure sono in pietra lucida e poco tagliente e potrebbero essere votive; i ciottoli portano bellissime incisioni di renne e hanno sollevato stupore nei specialisti di arte preistorica, è forse il reperto più interessante a parte la scrittura. Gli oggetti in ceramica, idoli, vasi mortuari con maschere strane prive di bocche e le famose tavolette coperte d’iscrizioni ancora oggi sconosciute sono state fabbricate in un forno ovale scambiato per una tomba al momento del ritrovamento. Nel 1974, un équipe del Centro di Ricerca Nucleare di Grenoble sonda il terreno con un magnetometro dimostrando che ci sono ancora oggetti sepolti. Nel 1975, dopo il Congresso di archeometria tenutosi ad Oxford consente di dare l’autenticità di Glozel, ma la comunità scientifica continua a dubitare…… Dal 1983 al 1990, vengono eseguiti numerosi scavi su parecchi kilometri, ma alcun risultato è stato diffuso….Perché? Remy Chaumier, personaggio eretico in Francia, cita: “….se non pubblicano nulla è perché hanno scoperto cose che possono mettere in discussione. Di che cosa si ha paura? Si ha paura di contraddire i vecchi professori, cosa c’è a Glozel che porta ad elevare un tale muro d’omertà?” Emile Fradin si è visto proporre somme favolose per le sue scoperte, ma non ha mai ceduto alcun oggetto da lui ritrovato. Quindi nessuno di quei oggetti era d’origine recente, per la maggior parte risalivano al 4 secolo a.c. e altri ancora più antichi. Ma che poteva averli realizzati? Rimane l’enigma della scrittura ritrovata sulle ossa datate 17.000 anni e ancora non decifrata. Possiede caratteristiche della scrittura fenicia, e anche ad iscrizioni alfabetiche ritrovate in siti magdaleniani in Portogallo, Romania e Francia.; enigma che ha fatto scorrere molto inchiostro e irritato più di una persona. Forse Glozel era un antico luogo di culto, magico e dove è stato depositato oggetti da diverse provenienze? Le iscrizioni sulle tavolette non sono ancora state decifrate; è stata formulata che fosse un alfabeto in codice di origine templare; ipotesi avanzata da uno scrittore inglese, LIONEL FANTHORPE, che ha indagato a lungo sul sito; nelle vicinanze esiste il castello di Montgilbert e che secondo lui era appartenuto ai Templari; ho passato in rassegna tutti i siti dei templari in Francia, raccolto le poche notizie storiche su questo castello, al momento non ho trovato nessun riscontro; per di più sempre quest’autore lo collega ad un'altra enigma francese di cui si parla molto ultimamente, di Rennes-le-Chateau. Ma questa è un’altra storia. Non mi pronuncio a questo riguardo, però verificherò entrambe le notizie e se esiste fra Glozel, Montgilbert e RLC qualche collegamento…lo scoprirò! Anche se ormai sussistono pochi dubbi sulla sua autenticità, Glozel conserva ancora numerosi misteri, forse potremo alzare il velo del mistero se si prendesse seriamente lo studio di questo eccezionale luogo. Ma si tratta di un argomento scottante, perché l’affare Glozel è davvero molto scomodo per alcuni e se dovessimo dare ascolto ad certi studiosi, Glozel sarebbe stata schedata tra quelle “inesistenti”, pensate un po’. E’ evidente il complotto perpetrato e a tutt’oggi portato avanti contro i ritrovamenti a discapito, come sempre, della ricerca scientifica e della verità. Le origini dell’umanità sono avvolte in un’infinità di ipotesi. Alcuni ricercatori sono convinti che certe civiltà del passato abbiano raggiunto un livello tecnico estremamente elevato, cosa, questa di sui si è sempre taciuto nei testi di storia e di archeologia “ufficiale”. Queste poche righe sono un omaggio al guardiano fedele di questo sito che durante tutta la sua vita non ha mai cessato di ribadire l’autenticità della sua scoperta, malgrado tutte le avversità che ha vissuto. Emile FRADIN viene a scoprire una pagina della storia, il nome di Glozel faceva il giro del pianeta e susciterà passioni, interrogazioni, e un dibattito che da 75 anni è più che mai nel cuore dell’attualità. La strada è aperta, Glozel attende che si riprendono i lavori; questo sito rivelerà preziose scoperte e forse capiremo finalmente la nostra origine...

     
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  6. gheagabry
     
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    Leggende

    LE SFERE DEL FIUME ME KONG
    E I NAGA: MISTERIOSI UOMINI-SERPENTE DECINE DI SFERE DI LUCE SALGONO DAL FIUME ME KONG VERSO IL CIELO
    DURANTE LA FESTA DELLA LUNA PIENA, A NONG KHAI, IN THAILANDIA


    Il Mê Kông è il fiume più lungo e importante dell'Indocina, e uno dei maggiori di tutta l'Asia. Nasce in Tibet e dopo un percorso di circa 4500 Km sfocia nel Mar Cinese Meridionale. Le sue acque bagnano le rive di molti paesi, tra cui anche Nong Khai (615 Km da Bangkok). Qui, ogni anno, durante la Festa della Luna Piena, che cade verso la fine di ottobre, accade qualcosa di surreale: centinaia di sfere di luce fuoriescono dal fiume per salire al cielo. Chiunque può assistere a tal fenomeno, di cui tra l’altro ha parlato anche il Dott. Roberto Giacobbo nella puntata del 16 aprile 2007 di Voyager, su Rai 2. La quaresima buddhista dura tre mesi e termina in un giorno di luna piena in ottobre, a memoria della notte nella quale morì Buddha. Il messia morì infatti in una notte di luna piena a Kusinara, proprio nel mese di Karttika (ottobre-novembre) del calendario buddhista. Ciò non può che rendere ancor più suggestivo il fenomeno. La gente accorre da tutta la Thailandia per assistere al prodigio, il quale si manifesterebbe non solo a Nong Khai, ma anche di altre città situate lungo il fiume, come ad esempio a Phon Phisai. Secondo gli abitanti della zona, responsabili del fenomeno sarebbero i Naga, un mitico popolo rettiloide che secondo la leggenda vivrebbe tutt’ora nelle profondità del fiume (in sanscrito "nag-" significa proprio serpente). Si tratterebbe di un'antica razza di uomini-serpente presente nella mitologia induista vedica e nella tradizione orale risalente al V millennio a.C.; storie di Naga fanno ancora parte della tradizione popolare di molte regioni a predominanza indù (India, Nepal, Bali) e buddhista (Sri Lanka, Sud-Est asiatico). Essi vivrebbero nel Patala, il settimo regno degli Inferi. Un re naga protesse Buddha sotto un grande albero per sette giorni e sette notti. Spesso vengono raffigurati a sette teste, simboleggianti le sette razze costituenti la società dei Naga. Evidente è l’importanza del numero sette nelle tradizioni di quell’angolo del mondo. Ad Angkor Wat vi sono ancora molte statue raffiguranti Naga a sette teste. Essi sarebbero pacifici, ma possono diventare pericolosi nei riguardi di chi non rispetta la Terra, l’ambiente in cui vive. Vivrebbero ancora oggi in città sotterranee (una di queste si chiamerebbe Muang Badan), i quali accessi si troverebbero nascosti sul fondo di pozzi, laghi e profondi fiumi. Il Mê Kông è navigabile per buona parte del suo corso, essendo abbastanza profondo. Di conseguenza, potrebbe essere adatto a nascondere nelle sue profondità segreti di questo tipo. Sarebbero proprio i Naga, secondo la tradizione, i responsabili del sorprendente fenomeno dei globi infuocati visibili nel giorno della Luna Piena lungo il corso d’acqua. "Le palle di fuoco” dice un turista “non sono ferme a mezz'aria, esse nascono davvero dal fiume e si muovono verso di noi". I colori di queste varierebbero, dal rosso, al verde e al giallo. Qui di seguito, riportiamo un paio di interessanti testimonianze: "Le meraviglie naturali consistono in fiammate provenienti da sott'acqua dal fiume Mê Kông che improvvisamente si slanciano verso l'alto e continuano a muoversi verso il cielo prima di scomparire nella notte. Le fiamme non hanno fumo, né odore, né suono. Le palle sono piccole e la loro dimensione varia da quella di un pollice a quella di un uovo. Possono essere di colore rosa, rosa-rosso e verde". "Se avete dimestichezza con i fuochi d'artificio conoscerete i tubi che sparano un numero definito di globuli di fuochi d'artificio dopo essere stati accesi. Circa una dozzina. Queste palle sono simili, eccetto che sono più larghe delle palle di fuoco, sono circa della dimensione di una arancia e sono di diverso colore. Tutte le palle di fuoco che vedemmo noi sul Mê Kông erano rosse e non ci fu mai un'esplosione. Sembra che esse nascano proprio dall'acqua e poi salgono verso il cielo per circa 100 piedi, ma potrei sbagliarmi del tutto in considerazione del fatto che quando le osservammo ero stupefatto e non stavo pensando propriamente a questo". Una sera, in due ore, vennero viste più di 170 sfere fuoriuscire dal fiume e dirigersi verso il cielo, sotto gli occhi di centinaia di turisti. Sembrerebbe che il fenomeno si stia espandendo anche in altre zone, sempre lungo il corso dello stesso fiume. Ancora oggi, nessuno è riuscito a venire a capo del mistero. Gli scienziati credono che possa trattarsi di un fenomeno naturale, ma ammettono di non aver mai visto niente di simile. Secondo i marinai malesi, i Naga hanno l'aspetto di draghi con molte teste; in Thailandia e Giava, sono divinità della prosperità; in Laos sono enormi serpenti acquatici. Nel 1968 alcuni membri delle Forze Armate Statunitensi pescarono un insolito serpente acquatico proprio nelle acque del fiume Mê Kông e lo battezzarono “Re dei Naga”. Si trattava di un vero fenomeno della natura: lungo 7 metri e 80 centimetri, venne inviato in America ed esaminato in un laboratorio. Gli scienziati dichiararono l’assoluta unicità del “mostro”, il quale tra le altre cose aveva sangue verde. Ben presto, tuttavia, proprio come accadde per il ritrovamento della tomba di Tutankhamon, si iniziò a parlare di una maledizione: di tutti gli uomini che issavano quell'enorme pesce nella foto scattata poco dopo il ritrovamento, solamente otto o nove sopravvivono ancora oggi. Ma parlare di una maledizione ci sembra troppo, dato che i decessi avvennero nel corso di trent’anni dallo spettacolare rinvenimento e solo tre di essi morirono in maniera orribile.

     
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  7. gheagabry
     
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    Leggende



    Thule paradisiaco luogo di segreti
    a cura di Aroldo Antonio

    Il termine "Thule" è stato utilizzato, per la prima volta, dall'esploratore greco Pitea (Pytheas) per indicare un territorio allora sconosciuto raggiunto dopo circa sei giorni di navigazione in direzione nord partendo da quello che oggi è il Regno Unito. I diari di viaggio della spedizione intrapresa dall'esploratore greco, partito da Marsiglia tra il 330 a.C. e il 325 a.C. sono probabilmente i documenti nei quali deve essere apparso per la prima volta un termine specifico per definire quella che oggi è conosciuta come Islanda. Questa approssimazione è dovuta al fatto che non è rimasta traccia di tale documento (il cui titolo originario era "Intorno all'Oceano" ) se non su testi di altri studiosi che di esso ne hanno riferito i contenuti. La maggior parte degli scienziati dell'antichità infatti non credettero al racconto di Pitea e alla descrizione della prima osservazione dei fenomeni di buio e luce prolungati (i sei mesi invernali e i sei mesi estivi) ad esclusione dei geografi e matematici come Eratostene ed Ipparco che erano già giunti in via teorica alla conoscenza astronomica dei movimenti della volta celeste e dell'inclinazione dei raggi solari a seconda delle stagioni. Sono state fatte altre ipotesi riguardanti la possibilità che il termine Thule si riferisca alla isole Shetland piuttosto che alle isole Faroe, all'isola di Saarema o alla città di Trondheim (Norvegia) , ma le descrizioni di quella terra "di fuoco e di ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai" sembrano calzare quasi a pennello alla nazione islandese. Col tempo gli stessi Romani utilizzarono il termine "Ultima Thule" per indicare tutte le terre aldilà del "mondo conosciuto" e da qui il termine ha sempre rappresentato più un idea che un luogo geografico ben definito. Con il passare del tempo è stato associato finanche a contrastanti miti quali Atlantide, lo Shangri-La hymalaiano, la terra misteriosa popolata dagli Iperborei o a terre remote e poco conosciute dell'area sud groenlandese. Questa breve premessa ci introduce ad un argomento ben più recente e che riguarda le ipotesi che di questa terra si faccia chiara e specifica menzione all'interno dell'opera Dantesca della Divina Commedia. Sebbene la cosa abbia a dir poco dell' "Incredibile" nelle pagine che seguono troviamo la spiegazione tecnico geografico-scentifico e letterale di tale affermazione. Ringraziamo il suo autore Giancarlo Gianazza che ha prodotto e "scovato" tali significati all'interno dell'opera di Dante Alighieri. Sottolineiamo come queste "novità" possano in futuro stravolgere i metodi di lettura e i significati che fino ad oggi sono stati attribuiti non solo all'opera dantesca ma anche ad una buona parte dei fondamenti della cultura occidentale e del susseguirsi di avvenimenti storici e di come questi ultimi, fino ad oggi, siano stati tramandati. "Tibi serviat ultima Thyle" ( Virgilio, Georgiche, libro I, 30). Con questo verso Virgilio, invocando l'ultima Tule, voleva augurare a Ottaviano di espandere il suo impero sino alle favolose terre del più remoto settentrione. L'individuazione geografica di questa isola nordica non ha mai trovato sino ad ora una risposta sicura ed univoca. Grazie alla decodifica di alcuni versi della Commedia secondo un codice basato sulla cartografia è ora possibile individuare nell'Islanda l'ultima Tule. Ai versi 52 e 53 di Purgatorio XXXIII è possibile individuare un gioco di parole la cui soluzione è data due versi dopo: TULE, la mitica terra del nord. TU-LE è al verso 55 : alla distanza di 55° in longitudine dal meridiano di riferimento del tempo, quello di Gerusalemme, si trova l'Islanda. Non può trattarsi di casualità, la combinazione delle 2 sillabe TU-LE compare solo due volte nei 14.233 versi della Commedia. Procediamo, quindi, alla lettura dei versi 62-64 ricercando nel significato letterale delle parole altri possibili riferimenti geografici. L'espressione "essere eccelsa lei tanto" si riferisce alla massima latitudine dell'Islanda. In quel punto, in corrispondenza delle due penisole che si protendono nel mare una a est e l'altra a ovest, l'isola, in questione, è lambita dal Circolo Polare Artico, il parallelo posto a "66°33' N". Al verso 66 di Purgatorio XXXIII, con il numero del verso e il numero del canto è indicato il Circolo Polare Artico. L'Islanda è sì travolta ne la cima, tagliata a nord alla latitudine di 66°33' N, così come indicato dai riferimenti numerici del verso.
    "Purgatorio XXXIII":
    "Tu nota; e sì come da me son porte, Prendi nota delle due lettere TU
    così queste paro-le segna a' vivi e parimenti a quanto fatto prima segna anche le lettere LE
    54 del viver ch'è un correre a la morte.
    E aggi a mente, quando tu le scrivi, scrivi TULE
    di non celar qual hai vista la pianta posizione dell'isola
    57 ch'è or due volte dirubata quivi. che per la seconda volta è rivelata in modo nascosto QUI
    Qualunque ruba quella o quella schianta,
    con bestemmia di fatto offende a Dio,
    60 che solo a l'uso suo la creò santa.
    Per morder quella, in pena e in disio
    cinquemila anni e più l'anima prima
    63 bramò colui che 'l morso in sé punio.
    Dorme lo 'ngegno tuo, se non estima Dorme il tuo ingegno se non individua anche
    per singular cagione essere eccelsa per la sola latitudine tanto elevata
    66 lei tanto e sì travolta ne la cima".

    TULE, in sostanza quindi, secondo i versi danteschi, sarebbe così tagliata a nord dal Circolo Artico, "66°33' N". È necessario anche rilevare che le due penisole al nord corrispondono alle fronde dilatate verso l'alto dell'albero del giardino dell'" Eden" e la latitudine alla sua eccezionale altezza. È necessario affermare anche che Dante, come dimostrazione della teoria approntata da Giancarlo Giannazza, nel 33° canto del Purgatorio il "Sommo Poeta" scrive:
    "Dante, perché Virgilio se ne vada,
    non pianger anco, non piangere ancora;
    57 ché pianger ti conven per altra spada".
    Quasi ammiraglio che in poppa e in prora
    viene a veder la gente che ministra
    60 per li altri legni, e a ben far l'incora;
    in su la sponda del carro sinistra,
    quando mi volsi al suon del nome mio,
    63 che di necessità qui si registra,
    vidi la donna che pria m'appario
    velata sotto l'angelica festa,
    66 drizzar li occhi ver' me di qua dal rio".

    Come abbiamo visto la combinazione di sillabe TU LE è presente in soli due punti della Commedia, al verso 55 del Purgatorio XXXIII e al verso 63 di Inferno XXXIII. I numeri dei versi in cui la parola compare corrispondono alle coordinate geografiche che permettono di individuare l'isola in modo univoco. "TULE ( 63°N, 55°W )" . Anche per il nome Dante, quindi, si ripropone con modalità del tutto analoghe quanto visto per la parola TULE. Nella Commedia il nome Dante compare solo al verso 55 di Purgatorio XXX ed è richiamato in modo indiretto ma preciso solo in un altro punto pochi versi più avanti. Al verso 63 di quello stesso canto Dante afferma, infatti, che è assolutamente necessario registrare il suo nome. Egli, infatti, proprio lì, in quel verso, (che di necessità QUI si registra). Il senso dell'espressione usata è chiaro: il nome Dante va immaginato scritto a chiare lettere anche al verso 63. Chiaro è anche il motivo: al dato di longitudine fornito pochi versi prima con l'occorrenza del nome Dante va necessariamente affiancato il dato di latitudine per poter indicare anche in questo caso la ormai nota posizione geografica di TULE. DANTE ( 63°N, 55°W ). La stessa combinazione di numeri, questa volta abbinata, al nome Dante non può avere che un'unica possibile lettura: Il poeta sta confermando il fatto di essere stato effettivamente a quella latitudine ed a quella longitudine, in Islanda. La probabilità dell'occorrenza ai versi 55 e 63 in uno dei cento canti della Commedia è inferiore all'uno per cento. La probabilità che avvenga proprio in uno dei sei canti in cui è descritto il giardino dell'Eden è inferiore a 0,1%. Andando avanti, con l'analisi del testo dantesco, dobbiamo rilevare, ancora, una cosa molto importante. Nel 28°, 97-99, e nel 33° canto, 97-102, c'è, infatti, la descrizione dei fenomeni di natura geologica tipici dell'isola. In altre parole Dante sembra, infatti, addirittura descrivere i cosiddetti geyser. Le coordinate dei due punti all'estremo nord dell'isola lambiti dal Circolo Polare Artico. TU LE compare al verso 55: a 55°ovest da Gerusalemme il meridiano del centro Islanda equidistante dalle due penisole nel nord dell'isola lambite dal Circolo Polare Artico; TU nota è a inizio verso 52: a 52°ovest da Gerusalemme si trova il punto della penisola nord- orientale; QUIVI è a fine verso 57, per cui 58°da Gerusalemme: esattamente a quella distanza in longitudine si trova il punto della penisola nord-occidentale. Lo schema di decifrazione di questi versi di Purgatorio XXXIII risulta ormai ben delineato. Nell'ultima terzina è data la posizione dell'Islanda alla sua massima latitudine: l'isola è "tagliata" a nord dal Circolo Polare Artico. Le parole essere eccelsa lei tanto suggeriscono il fatto che in questo punto sia indicata la latitudine massima dell'isola. Nelle prime due terzine, invece, è data la posizione in longitudine dei due punti nel nord dell'isola in cui il Circolo Polare Artico lambisce l'Islanda. Coerentemente con la decodifica cartografica che stiamo operando, le parole del viver ch'è un correre a la morte abbinate al sorger del sole a oriente ed al suo tramontare (correre a la morte) a occidente, suggeriscono il fatto che in questo punto siano indicate le distanze in longitudine in direzione ovest dal meridiano di riferimento del tempo, quello di Gerusalemme. Il primo punto in cui rilevare il valore della distanza è ben evidenziato all'inizio delle due terzine con l'espressione TU nota; il secondo esattamente alla fine delle due terzine: per la seconda volta la posizione dell'isola è celata QUI. Latitudine massima dell'isola: 66°33' N Distanza in linea di longitudine da Gerusalemme: 55°W Punta nord-orientale( 66°33' N, 52 W ) e Punta nord-occidentale ( 66°33' N, 58 W) Le due penisole al nord corrispondono alle fronde dilatate verso l'alto dell'albero del giardino dell'Eden e la latitudine alla sua eccezionale altezza. La latitudine della costa meridionale dell'isola. TU LE compare al verso 55 di Purgatorio XXXIII: a 55°ovest da Gerusalemme si trova l'Islanda; TU LE compare anche e solamente in un altro punto della Commedia, al verso 63 di Inferno XXXIII: il numero del verso questa volta dovrà necessariamente indicare un dato di latitudine per poter essere abbinato al dato di longitudine rilevato con l'altra occorrenza del termine TULE. I due punti della Commedia in cui compare la combinazione TU LE, individuano la posizione dell'isola a 55°di longitudine da Gerusalemme e poco più a nord dei 63°di latitudine. La sintesi di quanto codificato nei versi in cui compare il riferimento a TULEè quindi la seguente: TULE ( 63°N, 55°W ). Giancarlo Gianazza V. 63 queste misere carni, e tu le spoglia La parola Tule è all'interno del verso e indica, quindi, un valore di compreso tra i 63 ed i 64 gradi: accanto e prima del verso può comparire solo il numero intero. La costa sud islandese si sviluppa in modo irregolare tra i 63°23' N ed i 64°N. Nel 28° canto, 139-144, c'è una corrispondenza mitologica del purgatoriale Giardino dell'Eden, trasfigurazione allegorica dell'Islanda, con la mitica Tule. Anche Giulio Verne, grande scrittore molto legato ai circoli esoterici, individua in uno dei vulcani sepolti dal ghiaccio l'entrata per il suo "Viaggio al centro della Terra". A questo punto è necessario chiedersi qual è il motivo per cui Dante Alighieri abbia scelto la misteriosa Islanda come luogo in cui ambientare la sua più grande opera? Giancarlo Giannazza, partendo dallo studio dei dipinti del Botticelli, in particolare "La Primavera" , e sostenendo che in essi fosse celato il mistero di alcuni passaggi della Divina Commedia è arrivato alla dimostrazione di un emblematico viaggio intrapreso da Dante nel lontano 1319. Se poi al Botticelli si affiancano le figure di Leonardo da Vinci e Raffaello il passaggio è a dir poco inquietante e capace di riscrivere la lettura dell'opera Dantesca se non dell'intera cultura occidentale. L'aspetto più singolare e incredibile è che secondo gli studi compiuti da Gianazza nel Purgatorio e nel Paradiso. In queste due cantiche del sommo poeta, come abbiamo già visto, verrebbero indicate con estrema precisione le date di questo viaggio e la posizione geografica di un punto esatto della superfice d'Islanda corrispondente al giardino dell'Eden dantesco; una zona posta in prossimità del fiume Jökulfull (centro-sud) ed in particolare del suo sottosuolo. In questa zona, in una cavità sotterranea segreta di 5 m x 5, secondo Dante (ed il Gianazza), un manipolo di cavalieri avrebbe seppellito il "Segreto dei Templari". Fantasia? Realtà? Mito? Difficile dirlo e al momento dimostrarlo ma sta di fatto che le ultime ricerche sul campo e le innumerevoli verifiche incrociate dell'opera Dantesca e dei dipinti rinascimentali incominciano a combaciare. Non solo; secondo alcuni documenti islandesi risalenti all'epoca su indicata (la saga di Snorri, una delle poche giunta interamente fino ai nostri giorni e tuttora conservata nella capitale islandese) si fa riferimento ad una misteriosa spedizione di "cavalieri meridionali" nel 1217. Una presenza a dir poco anomala e che ha dell'eccezionale per la storia di Islanda ma che allo stesso tempo nessun storico è mai riuscito a giustificare. Una spedizione dei Cavalieri Templari alla ricerca di un luogo dove seppellire i propri segreti? Inoltre pare proprio che tale cavità esista effettivamente così come dimostrato da rilevazioni compiute con l'ausilio di georadar e tomografia elettrica fatte appositamente e recentissimamente da esperti in questo tipo di prospezione del sottosuolo provenienti dall'Italia e da altri paesi del mondo accorsi sul luogo. Tutto ciò è soltanto una "Grossa Coincidenza"? Una cosa, però è certa: le coincidenze sono solo circonstanze in perenne attesa di qualcuno che abbia il "Semplice Coraggio" d'esaminare il loro nesso logico.

     
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  8. gheagabry
     
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    Misteri

    I misteri di Newgrange
    Il sito archeologico di Newgrange vide “l’alba” oltre 5.200 anni fa ma “riprende vita” ad ogni solstizio d’inverno
    Il sito e la sua valle
    Il sito archeologico di Newgrange giace sulla parte superiore di una collina fronteggiata da un’ansa del fiume Boyne, ad ovest e a circa 8 km dalla città irlandese di Drogheda. La Boyne Valley, scenario di molti eventi storici, tra Newgrange, Knowth e Dowth, è una zona ricca di testimonianze storiche, sede, in scavi differenti, di numerosi ritrovamenti archeologici delle più svariate età e provenienze: sono stati rinvenuti a Newgrange phallus di pietra, un cuneo del ferro, 750 frammenti non identificabili di ossa animali e piccoli frammenti incombusti di ossa umane, due coppe, una catena e due anelli d’oro (scoperti nel 1800 da un lavoratore che scavava vicino all’ingresso del sito), 21 monete romane ecc..
    Newgrange è comunque nota al mondo intero come uno dei migliori esempi (in Irlanda e in Europa occidentale) di un tipo di monumento neolitico conosciuto dagli archeologi come “tomba a passaggio”, un imponente tumulo appartenente ad un complesso funerario che si estende nella Boyne Valley composto da altri (ma ben più modesti) tumuli e da 2 solenni pietre megalitiche. Secondo una datazione effettuata al carbonio 14 il sito di Newgrange è stato edificato intorno al 3200 a.C. ; ciò lo rende anteriore di 600 anni alle piramidi egiziane di Giza e 1.000 anni più antico del sito inglese di Stonehenge.
    Origine leggendaria
    Il Tuatha Dé Danann, ovvero la Tribù degli dèi di Dánann, si dice abbia scelto Newgrange come posto di sepoltura per un loro capo Dagda Mór, che risiedeva nel Brúg na Bóinne (nome celtico di Newgrange) e dei suoi tre figli. Si racconta anche, sempre nei miti celtici, che Newgrange sia stato il posto in cui fu concepito l’eroe Cúchulainn, nato dall’unione tra Dechtine e Lugh, dio solare e luminoso che visitò la donna in sogno mentre ella si trovava a Newgrange.
    La “riscoperta”
    Dopo secoli in cui rimase sepolto dal tempo e dai detriti, il tumulo di Newgrange fu "riscoperto" casualmente nel 1699 dal latifondista Charles Campbell che, per alcuni lavori stradali, aveva dato ordine ai suoi operai di utilizzare “quelle pietre”: altro non erano che quelle costituenti il corpo del cairn (tumulo centrale). Aveva così luogo il rinvenimento dell'entrata alla tomba. Bisognerà aspettare il 1928 per avere qualche dato archeologico in più su Newgrange con gli scavi effettuati dal Macalister; egli portò alla luce, scavando ad ovest della pietra d’entrata, ben 54 pietre, nell’intento di esporre l’intero perimetro del sito ma il lavoro fu fermato dal latifondista. Miglior fortuna si ebbe a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, soprattutto con gli scavi a cura dell’archeologo Michael J. O'Kelly. L'area è tutt'oggi oggetto di studio e di campagne archeologiche nella convinzione che ci sia ancora molto da scoprire e capire su questi luoghi.
    L’alba di Newgrange
    Nel 1972, a seguito di una indagine del dott. Jon Patrick, si comprese come l’ingresso della tomba di Newgrange fosse orientato verso il punto in cui il Sole viene a sorgere il giorno del solstizio d’inverno. Tale scoperta fece includere Newgrange tra le costruzioni specializzate e progettate in modo astronomicamente voluto. Il giorno del solstizio d’inverno, infatti, la luce del Sole penetra nel passaggio d’ingresso, scorre brillando lungo il pavimento del corridoio e va ad illuminare l’alloggiamento interno. Il tutto in appena 17 minuti, poi il sito torna a “vivere” nel buio più completo per altri 364 giorni. Nulla è stato costruito a caso nel sito di Newgrange. Il 21 dicembre, grazie a calcoli astronomici notevolmente precisi e non sconosciuti a diversi popoli dell'antichità, a partire dall’alba i raggi del Sole cominciano a risalire la valle di Boyne per proseguire fino alla collina del sito conosciuta come “montagna rossa”. Subito dopo le 9 antimeridiane, con uno spettacolare effetto, il fascio (largo appena 34 cm) penetra dal varco creato tra le pietre d’ingresso; il raggio, appena entrato, appare come dividersi in due parti, una si posiziona in basso ad illuminare il cammino mentre l’altra scorre a metà altezza fino a giungere il fondo della camera e, per effetto di ulteriore riflessione, colpisce una pietra in cui è inciso il simbolo della triplice spirale che accende di luce tutte le camere interne. Nessun altro giorno dell’anno avrà un allineamento sole-ingresso favorevole all’evento. Dal momento in cui il raggio invade il corridoio fino a quello in cui si ritirerà, trascorrono solamente 14 minuti. L’evento, incredibilmente affascinante e simbolico, attira centinaia di turisti e, considerato che il tumulo può ospitare un numero esiguo di persone, solamente pochi hanno il privilegio di potervi assistere dall’interno; gli altri devono accontentarsi di farlo dall’esterno. Per dar modo a tutti di comprendere lo straordinario lavoro d’ingegneria e di scienza astronomica dei costruttori di Newgrange, le autorità locali hanno istituito un servizio di “albe fittizie”: attraverso della luce artificiale, si simula quanto naturalmente accade un solo giorno all’anno. Certo, l’effetto non è il medesimo, ma comprendiamo la “necessità” turistica di tale artifizio. Possiamo dire che un momento cosmico accomuna ancora oggi noi, uomini del 2000, con i popoli della Boyne Valley di 5000 anni fa e questo grazie al fatto che il cambiamento delle coordinate geografiche del punto di levata del Sole è un fenomeno talmente lento da permane, ancora oggi, lo stesso del tempo di Newgrange: esso dipende dalla variazione dell'obliquità dell'eclittica, un'oscillazione di circa 2 gradi (da 22 a 24 gradi e ritorno) in 41013 anni.
    Patrimonio dell’Umanità
    Newgrange è un miracolo del tempo e dell’intelligenza umana che attira ogni anno, in Irlanda, ben 200.000 visitatori, tutti ad ammirare quanto la nostra razza è stata in grado di fare col solo uso della pietra per strumento e col solo occhio nudo per studiare il cielo. Una eredità culturale eccezionale che l’uomo moderno ha il compito di conservare e far conoscere; a tale scopo, dal 1993, tutta la Boyne Valley, e quindi Newgrange unitamente a Knowth e Dowth, sono stati decretati dall’UNESCO World Heritage Site.




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