FRUTTA conosciamola

di tutto, di più

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. gheagabry
     
    .

    User deleted


    38c3e65cbe495e1afb4cc5a



    La frutta rappresenta uno dei doni più preziosi che la natura abbia mai offerto all'uomo: preziosa non soltanto per il valore alimentare costituito da una grande ricchezza di vitamine, di sali minerali e di zuccheri, ma anche per il sapore che è sempre invitante, per la bellezza che delizia i nostri occhi con i suoi colori e le sue forme compiutamente perfette, per i profumi ricchi e inebrianti, per i succhi che sanno dissetare il corpo, ringiovanire la pelle e, inoltre, anche a curare la salute entrando nella costituzione di rimedi semplici e salutari scoperti e tramandati dalla saggezza popolare. Certe volte, di fronte alla perfezione che si sprigiona da una mela possiamo comprendere, se non giustificare, la colpa di Eva che non seppe resistere al fascino rappresentato dal frutto proibito; non a caso la Storia Sacra ci parla proprio di un frutto come simbolo di invincibile tentazione, appunto perchè fin dall'antichità la frutta fu considerata dono soprannaturale e ricchezza ineguagliabile.
    Benchè in origine i vari tipi di frutta fossero distribuiti sulla terra in modo quanto mai vario, con il cadere delle barriere create tra un popolo e l'altro dalle distanze e dalle incomprensioni, ben presto si tentò di acclimatare gli alberi da frutto in zone diverse da quelle di origine, con risultati soddisfacenti senza dubbio, salvo poche eccezioni riguardanti esclusivamente il clima.
    Ostacolata ormai soltanto dalla latitudine, la marcia trionfale dei frutti invase tutto il mondo, con particolare predilezione, ovviamente, per i paesi favoriti da un clima mite, nei quali si può coltivare quasi ogni tipo di frutta. Tra questi paesi è l'Italia, che per la sua fortunata posizione geografica può produrre su larga scala ed esportare in notevole quantità i preziosi prodoti di una prospera frutticoltura.
    Fino a pochi decenni fa la frutta era considerata un lusso, tanto che solo alle mense dei ricchi compariva come regolare completamento dei pasti, salvo che nei paesi del sud, dove l'abbondanza della produzione e quindi il basso prezzo l'aveva elevata al ruolo di piatto unico, in sostituzione della carnee di ogni tradizionale companatico.
    In realtà gli altri alimenti non possono essere sostituiti dalla frutta, in quanto questa è priva d proteine e di grassi e non può quindi essere considerata, da sola, un alimento completo.
    In tempi di maggiore giustizia sociale, di più equa distribuzione del benessere e di più diffuse conoscienze alimentari, la frutta ha acquistato un posto fisso nella composizione dei pasti, dei quali costituisce la piacevole e salutare conclusione.
    Frutta per tutti, quindi, non solo nelle stagioni stabilite da madre natura, ma anche in ogni periodo dell'anno, poichè, con i mezzi di trasporto ultrarapidi che l'uomo ha oggi a sua disposizione, è possibile inseguire da un punto all'altro del globo la progressiva maturazione di ogni tipo di frutta, trasferendola ancora fresca su ogni mercato che ne faccia richiesta.
    11aacd909f6c6

    Non ci stupisce più, quindi, di trovare perfino nei supermercati, che tradizionalmente seguono la politica di prezzi bassi, fragole fresche a Natale, dal costo non certo proibitivo, maturare nell'altro emisfero. Per certi tipi di frutta fuori stagione, tuttavia, i prezzi possono salire notevolmente divenendo inaccessibili a molte borse, ma in questo caso c'è sempre la preziosa risorsa della frutta surgelata e di quella conservata con vari sistemi (in scatola, al naturale, in sciroppo, per essicazione), di cui conviene tenere sempre a disposizione nella dispensa una piccola scorta che tornerà utile in numerose occasioni.
    Per ciòche riguarda la frutta surgelata occorre possedere ovviamente un capace freezer adatto per la sua conservazione, mentre per gli altri tipi basterà il ripiano di un armadio o di un ripostiglio poichè non presentano problemi di alcun genere.
    Avendo a disposizione un elemento di base tanto prezioso, figuriamoci se fin dall'antichità i cultori della buona cucina non si diedero da fare per elaborarlo, facendolo oggetto di manipolazioni di ogni genere. Furono realizzati così i primi dolci a base di frutta, solitamente arricchiti da miele, si tentarono le prime mescolanze, gli accostamenti tra la frutta ed altri ingredienti, in primo luogo vini: nacquero allora i dessert di frutta.




    2ed751895338365f74197



    LE CASTAGNE


    Con le sue tinte scure ed intense proprie della terra inumidita dalle prime piogge e dai primi freddi, con il suo profumo di sottobosco e con il sapore pieno che, esaltato dalla cottura sulle braci di un focolare, evoca subito un senso di casa, di calore, di intimità, la castagna è senza dubbio uno dei frutti simbolo dell'autunno.


    a52c060ea2031317


    "Castagna Monteddrese"
    Castagna montellese


    Stai in un riccio, come un bimbo in grembo,
    quando cadi a terra porti tanta abbondanza;
    la gente di Montella, sin dal passato,
    tra guerre e carestie, grazie a te è sopravvissuta.
    Come vallini, arrostita,
    lessa, o "del prete" sei stata assaggiata da tutto il mondo;
    ti curano, ti scelgono, ti fanno di tutto;
    tu sei di Montella, sempre il miglior frutto.
    Ti portiamo sempre nel cuore, come il Santissimo Salvatore,
    per te si lascia tutto, la piazza, amicizie e amore;
    le montagne tutt'intorno, sin dai secoli passati,
    sono state con te piantate dagli avi innamorati.
    Dopo essere stati innestati, in fila come dei soldati,
    castagneti son diventati, e ora sono piante secolari;
    una festa abbiamo creato, questa castagna DOC è,
    un paese in subbuglio per farti onore.

    testo curato da Giovanni Cianciulli




    castagne-e14296089322



    La castagna di Montella



    Le origini della “Castagna di Montella” sono molto antiche. Da testimonianze si evince che l’origine della coltivazione nell’area di Montella risalga al VI ed il V secolo a.c. Nel 571 d.c., invece, sarebbe stata emanata la prima legge a tutela della coltivazione del castagno, ritenuto già a quel tempo risorsa preziosa. Storicamente, la farina di castagna assumeva un ruolo strategico negli assedi delle Città e dei castelli, grazie al suo pregio di conservarsi per molti anni. La storia di Montella e quella del castagno da quei tempi non si sono più separate tanto che è diventata una vera ricchezza di queste zone per la sua molteplicità di impieghi, e per le sue consolidate qualità. Il castagno è parte del paesaggio irpino, che grazie al suo clima, suolo, varietà produce un frutto di alta qualità merceologica ed organolettica. Nella provincia di Avellino si producono vari tipi di castagna, tutti di qualità elevata, la più rinomata però è la “Castagna di Montella”, primo ed unico caso in Italia di prodotto ortofrutticolo alla quale è stata riconosciuta la denominazione d’origine controllata D.O.C. e nel 1996 è stata registrata l’indicazione geografica protetta I.G.P.



    La Castagna di Montella appartiene alla varietà della “Palummina”, con una forma particolare molto somigliante ad una colomba, che tradotta in dialetto da una denominazione iberica si trasforma in “palomma”, da cui il termine diminutivo “palommina”.
    La castagna di Montella viene utilizzata allo stato fresco e allo stato secco in guscio o senza. Nel periodo natalizio la si trova in commercio come famosa “Castagna del Prete”, realizzata con le castagne in guscio essiccate, tostate e successivamente idratate con acqua; sgusciata questa castagna si presenta con un colore marrone intenso e dal sapore caratteristico.
    L’area di produzione della “Castagna di Montella” è quella dei Comuni di Montella, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Volturara Irpina, Nusco e Montemarano, in provincia di Avellino.

    f66875603e82bced


    La castagna è presente nella dieta dell'uomo fin dalla preistoria e, in epoca storica, le sue virtù erano ben note e celebrate già dagli autori più antichi. Il greco Senofonte definì il castagno "l'albero del pane" e con il nome di "pane dei poveri" la castagna è stata per secoli la presenza più assidua sulla mensa delle famiglie contadine. Marziale, parlando del consumo di tale frutto, ricordava la supremazia assoluta di Napoli nell'arrostire le castagne mentre Virgilio, in età augustea, celebrava le castagne cotte nel latte e mangiate con il formaggio.



    Molti secoli dopo, nel 1700, la castagna, da alimento umile e contadino, approdò sulle tavole dei nobili in una veste più esclusiva, come marron glacé, divenendo allora un dolce ricercato e apprezzato. Da allora, a poco a poco, si diffuse l'usanza di offrire queste piccole prelibatezze nella notte di Capodanno per augurare felicità e prosperità. A Parigi, si diffuse una sorta di cioccolata, inventata dal farmacista Bonneau, preparata con cacao e farina di castagne essiccate, apprezzata con gran successo.

    ff638631febc1297



    Per quanto riguarda la produzione mondiale di questo frutto il primato spetta senz'altro alla Cina e alla Corea, ma l'Italia si attesta come terzo produttore mondiale. In ambito europeo invece il nostro Paese detiene addirittura la leadeship contribuendo, con circa 70 mila tonnellate prodotte annualmente, a fornire ben il 47% della produzione dell'Unione Europea.
    Tra le regioni italiane maggiormente vocate alla produzione di castagne sono soprattutto la Campania, il Lazio, la Sicilia, il Piemonte e la Toscana. Si hanno notizie della presenza del castagno in Toscana già in epoca etrusca e romana, quando, assieme alle ghiande, costituiva un alimento quotidiano. In epoca a noi più vicina la castagna ha svolto un ruolo importante nella cultura e nella cucina contadina, avendo addirittura risolto il problema della fame per un lungo periodo. La farina di castagne nelle zone dove non cresce il frumento ha sostituito la farina bianca ed è servita per fare lasagne, polenta e frittelle.



    Il castagno è in assoluto tra gli alberi europei più longevi: la presenza di esemplari millenari è attestata in varie regioni d'Italia, in Francia e in Inghilterra. Il più noto tra questi patriarchi sorge in Sicilia, sul versante orientale dell'Etna. Alcuni botanici gli attribuiscono 3-4000 anni di età, il che ne farebbe con ogni probabilità l'essere vivente più vecchio d'Europa. La sua circonferenza è di 22 metri, l'altezza di circa 25, la circonferenza della chioma di oltre 50 metri. Viene chiamato il Castagno dei Cento Cavalli. Nella cavità dei tronchi più antichi si vedeva l’origine della vita e la dimora di folletti, maghi e streghe. Questo albero sì decantato e dal diametro così considerevole è interamente cavo, cioè sussiste per la sua scorza, perdendo, con l'invecchiare, le parti interne e non cessando di incoronarsi di foglie. Nella sua cavità immensa, alcune persone del paese costruirono una casa nella quale vi è un forno per seccarvi castagne e mandorle.

    f2d827f8192c20



    La sua denominazione “dei Cento Cavalli” ha le sfumature della leggenda. Il nome trae origine dalla leggenda della regina Giovanna di Napoli. Giovanna I d'Angiò, che regnò dal 1343 al 1381, ebbe grande notorietà nell'Isola; fu, infatti, grazie al suo intervento che si pervenne alla stipula della pace di Catania nel 1347 che chiuse la seconda fase della cosiddetta guerra dei Novant'anni. Questa figura ebbe un grande ascendente sul popolo siciliano che creò una leggenda per nobilitare le grandi dimensioni di un castagno e per questo chiamato "Castagno dei Cento Cavalli". È, infatti, leggenda che la regina Giovanna (che, in verità, non fu mai in Sicilia) durante una battuta di caccia sul monte Etna, a quel tempo ricco di daini, cinghiali e cervi, in seguito a un furioso temporale avrebbe trovato riparo sotto il gigantesco castagno, assieme al suo seguito, formato da un centinaio di cavalli e di dame. E qui, vi trascorse una indimenticabile notte d’amore.

    f944d7f95fa13



    Controversa pare la figura della protagonista. Secondo, alcuni scrittori, la Giovanna della leggenda sarebbe Giovanna D’Aragona, regina di Castiglia, soprannominata la “pazza”. Ma questa versione pare infondata, in quanto è storicamente accertato che Giovanna D’Aragona, non andò mai in Sicilia. Più attendibile la versione, che parla di Giovanna II D’Angiò, regina di Napoli, figlia di Carlo III di Durazzo. Questa regina infatti, che portò il regno all’estremo declino, era nota per i costumi dissoluti, la mutevolezza del carattere ed i facili amori. Della leggenda del Castagno, se n’è anche impadronita la poesia. Diversi scrittori e poeti siciliani, infatti, hanno immortalato il Castagno nelle loro opere. Ma al di là della storia e della leggenda, al di là della poesia, il Castagno dei Cento Cavalli rimane una fantastica realtà che chiunque può ammirare se appena vuole uscire dal consueto, dal normale, dallo scontato e tuffarsi, invece, in una natura ancora incontaminata, fiorente e senz’altro, più che mai, vicina al cuore dell’uomo.

    da ricerca su web

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 14:46
     
    Top
    .
  2. gheagabry
     
    .

    User deleted


    282928fda4e6443d8c70c14f0f3d2956


    Una volta le castagne erano chiamate "pane d'albero", ed erano una risorsa insostituibile per i contadini del nostro paese perché riuscivano, nei momenti difficili, a risolvere il problema dei pasti giornalieri, rendendoli più saporiti e sostanziosi.

    Sul finire del secolo scorso Fontanarossa contava, con le frazioni, circa un migliaio di abitanti e la terra non bastava per sfamarli tutti. Allora si dissodarono i pascoli e si fecero piantagioni di castagno ovunque possibile e da allora questo frutto ha sfamato intere generazioni e ha rappresentato l'unica risorsa per tante famiglie. Il "frutto paziente", come l'ha definito il poeta Attilio Bertolucci, ha bisogno di pochi interventi essenziali, come potatura e pulizia, due volte l'anno. I boschi, anche i più lontani, erano sempre tenuti puliti. Le castagne si raccoglievano nelle "cavagne", si facevano seccare nella "gre" del "seccarezzu" oggi quasi scomparsi , che per risparmiare legna e spazio erano generalmente nelle cucine delle case.
    Una volta seccate si pestavano in piccole quantità per volta dentro robusti sacchetti di canapa dalla forma allungata e nsaponati alle estremità, che forti giovani battevano ritmicamente su appositi tronchi di legno opportunamente sagomati , i cosiddetti "tacchi", fino a staccare la pula dai frutti ; questi venivano accuratamente selezionati dalle donne in lunghe, ma allegre ore di lavoro attento e chiusi in ampi cassoni, i "bancà", in attesa di consumarli o che i mercanti della pianura venissero ad acquistarli.
    Le castagne si consumavano nei modi noti anche oggi, bollite (le “pelate” o i “balletti”) oppure arrostite (le caldarroste); essiccate invece per colazione si consumavano nel latte, con le castagne macinate si faceva una farina (o polenta) che entrava sovente nel menù settimanale.

    Le castagne di Fontanarossa


    Anche se a prima vista le castagne possono sembrare tutte uguali, ne esistono di molte varietà. Quelle che troverete qui elencate sono quelle che si raccolgono a Fontanarossa (purtroppo per il momento non abbiamo immagini per ogni varietà, ma rimedieremo appena possibile).

    Temporia :

    E' la varietà migliore e si presta ad ogni utilizzo.


    Franzigliunna :

    E' una castagna adatta per le pelate e per le caldarroste.


    Ciapparinna :
    466c40791e6e876ba5e8e9785844bf97
    Castagna buona per fare le caldarroste.


    Gentì :
    Varietà adatta per le pelate e le caldarroste.

    Magliunna, mora, pelosa :
    Queste sono varietà più scadenti e vengono raccolte per essere essiccate.



    Conservazione : Una volta che le castagne sono state raccolte è bene farle asciugare allargandole sopra una tavola di legno; comunque vanno consumate entro breve tempo perchè deperiscono facilmente.
    Alcuni congelano i frutti in freezer; se si prevede di fare caldarroste incidere la buccia prima di congelarle.
    Un ottimo mezzo per conservare le castagne è quello della novena; questa pratica consiste nel mettere i frutti in un recipiente pieno d'acqua a temperatura ambiente. Il primo giorno bisogna rivoltare spesso le castagne per fare venire a galla gli esemplari bacati (che col tempo diventano addirittura tossici), senza mai cambiare l'acqua. La conservazione è resa possibile da una leggera fermentazione lattica che si instaura nell'acqua, acidificando di poco i frutti ma in compenso mantenendoli turgidi come il primo giorno di raccolta. Passati i nove giorni sciacquare e asciugare le castagne solo su piani di legno, non debbono assolutamente toccare il metallo. Per sapere se la fermentazione è andata a buon fine lasciare cadere i frutti uno sopra l'altro: il suono che emettono deve essere come quello di un tamburello. Dopo la novena tenere le castagne al fresco per 2 o 3 settimane in sacchetti di iuta, oppure congelarle in freezer (se si prevede di arrostirle fare un'incisione sulla buccia).

    830193eaf5b0bd107d76de1e14015e33



    Le proprietà della castagna


    La castagna è un frutto che è in grado di soddisfare la crescente voglia di cibi naturali e genuini dato che deriva da una coltura che non richiede uso di fitofarmaci e risponde pienamente ai canoni dell'agricoltura biologica.
    A differenza della gran parte dei frutti a polpa (mele, pesche ecc.) il contenuto in acqua è relativamente modesto, nel prodotto fresco si aggira intorno al 50 %.
    Le castagne fresche hanno un elevato contenuto calorico (160 Kcal ogni 100 g di prodotto edibile); il saccarosio (6,7 g/100 g) è in quantità più elevata che in frumento, noci e patate ed è il principale zucchero mentre glucosio, fruttosio e maltosio sono presenti in quantità minime.
    La presenza di carboidrati solubili rende problematica la conservazione prolungata per la possibilità di sviluppo di microrganismi (funghi in particolare) ma la curatura in acqua è una pratica efficace per rimediare all'incoveniente.
    Per la ricchezza di glucidi i frutti hanno proprietà energetiche e sono perciò molto efficaci nelle astenie fisiche e intellettuali per chi pratica sport o è soggetto a stress, mentre sono sconsigliati per i diabetici.
    La presenza di zuccheri indica la castagna come alimento alternativo per i bambini allergici al latte di vacca o al lattosio.
    La farina sopperisce, nella preparazione di dolci e minestre, al fabbisogno di carboidrati anche nei soggetti che presentano intolleranza ai cereali.
    La fibra è ritenuta molto importante per l'azione favorevole sulla motilità intestinale, sulla microflora e sulla riduzione della colestorolemia. Viene raccomandata nelle diete in quanto previene disturbi gastrointestinali, accelerando il transito di sostanze nell'intestino.

    3ecaeb98c914de6cc7b10ee9e12d18cf



    Le castagne in cucina


    Preparazioni tradizionali

    Bollite (baletti) :
    Lavare le castagne e cuocerle in una pentola con abbondante acqua fredda salata per circa 40 minuti.

    Bollite (baletti) :
    Sbucciare le castagne (solo la scorza esterna) e lessarle in acqua bollente con sale ed eventualmente semi di finocchio o alloro.

    Caldarroste :
    Per cuocerle è indispensabile la padella di ferro con il fondo forato. Dopo aver strofinato le castagne con uno strofinaccio , inciderle con un coltellino nella parte bombata e disporle nel tegame in uno strato solo. Le castagne si possono abbrustolire anche in forno, caldo e ad alta temperatura, dopo averle poste, incise, in una pirofila; rigirarle ogni tanto.

    Secche :
    Per essiccarle si può tentare di ricreare nel forno domestico, preferibilmente elettrico, il calore blando e costante che, negli antichi essiccatoi, faceva perdere l'umidità alle castagne. I frutti devono essere tutti della stessa grandezza, incisi e allineati sulla grata del forno caldo, mantenuto per ore a bassa temperatura (70-90 gradi). Quando "suonano" internamente se vengono scosse, è il momento della sbucciatura: per facilitarla si possono mettere in sacchetti di carta o di tela, sbatterli e fregarli tra di loro. Le castagne essiccate si utilizzano dopo averle lasciate in ammollo in acqua tiepida per una notte.

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 14:54
     
    Top
    .
  3. gheagabry
     
    .

    User deleted


    E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore:
    “I tuoi semi vivranno nel mio corpo,
    E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore,
    La loro fragranza sarà il mio respiro,
    E insieme gioiremo in tutte le stagioni.”
    Kahlil Gibran



    LA MELA


    48ff520ad761839



    La mela è il frutto del melo, originario dell'Asia centrale la cui comparsa risale al Neolitico, ed attualmente è presente con circa 2000 varietà.
    Dall’inizio del secolo scorso il 75% delle varietà vegetali è andata perduta e i tre quarti dell’alimentazione mondiale dipendono da appena 12 specie vegetali e 5 animali.
    In Italia di 8 mila varietà di frutti presenti alla fine del 1800, oggi ne sono rimaste solamente 2mila:
    le antiche varietà di mele erano circa un migliaio: ad oggi l’80% delle mele prodotte nel nostro Paese appartiene a quattro varietà, di cui due americane, una australiana e una neozelandese.

    Nella mitologia Greca Gaia, la Madre Terra, regalò a Zeus ed Hera un albero carico di mele d'oro nel giorno del loro matrimonio. Vigilato da Ladon, il serpente che non dorme mai, l'albero era stato posto nel giardino delle Esperidi, figlie della Stella della Sera. Le Mele d'Oro di quell'albero divennero il centro di tante, famose storie d'amore, tentazione e corruzione, passando dal rapimento di Elena
    di Troia, fino al racconto della sconfitta e conseguente matrimonio di Atlanta.
    E, come si sa, la Storia non cambia : sia che si parli di Adamo, Iduna, delle Esperidi o di Avalon , l'idea che l'uomo ha del paradiso è rappresentata da un giardino in cui abbondano gli alberi da frutto: la loro irresistibile sensualità e la conseguente, calamitata seduzione.
    Per quanto ci è dato sapere i nostri antenati sono sempre stati nnamorati della frutta : infatti è l'unico alimento – a parte il latte ed il miele – che la natura ci regala quanto è nella sua forma migliore e la mela, in tutto questo, ha una sua storia particolare : è da sempre associata a simboli anche estremi tra loro. Se da una parte la troviamo a simboleggiare l'amore, la bellezza, la fortuna e la salute, il conforto, e la saggezza, dall'altra la troviamo testimone di tentazione, sensualità e sessualità, virilità e fertilità.
    Non stupisce, date le connotazioni sessuali, ma anche romantiche, che le mele venissero considerate l'ideale fine pasto : non solo avevano un sapore squisito ed aiutavano la digestione, ma venivano interpretate come potente afrodisiaco che preannunciava i piaceri del dopo pasto. Nessun dubbio quindi riguardo al fatto che le mele venissero considerate il miglior frutto che la terra potesse regalare e per questo assai ricercate: alberi di mele presero sin da allora il posto che gli spettava nei giardini dei potenti e delle personalità di tutto il mondo.



    310px-Lucas_Cranach__I__-_Adam_and_Eve-Paradise_-_Kunsthistorisches_M



    ....nella storia.....



    8000 a.C... Le società nomadi, dopo aver scoperto l'agricoltura, iniziarono a vivere in luoghi fissi, lungo le fertili rive del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate. Nello stesso periodo ebbero inizio le spedizioni di scoperta sia militari che civili, e l'albero del melo ben presto lasciò le foreste delle sue origini
    perchè il civilizzato mondo – allora il Kazakstan – lo potesse conoscere ed apprezzare....i semi delle diverse specie si mescolarono tra loro, creando entusiasmo negli agricoltori e allarme nei naturalisti.
    6500 a.C.... Alcune recenti spedizioni archeologiche hanno rinvenuto resti di alberi di melo negli scavi di Jerico, nella valle del Giordano, databili a quest'epoca.
    5000 a.C.... Feng Li, un famoso diplomatico cinese, abbandona la sua posizione di prestigio per dedicarsi al commercio e coltivazione di particolari innesti da lui stesso realizzati.
    2500 a. C.... Pezzi di mela disidratata vengono rinvenuti in una coppiera nella tomba della regina iraniana Pu – Abi, nella regione di Basara, collegando per la prima volta una casa reale a questo frutto particolare.

    1500 a. C..... Su una tavola, rinvenuta nel nord della Mesopotamia, è stipulato il contratto di vendita di un meleto da parte del propietario: un assiro di nome Tupkiyilla, per il prezzo di 3 pecore adulte. Le leggi Ittite prevedono una multa di 3 “shekel” per chiunque lasciasse bruciare un frutteto in caso di incendio, senza fare il possibile per salvarlo.
    800 a.C..... Nell' Odissea Omero ricorda al vecchio padre il loro frutteto :
    “... i 12 alberi di pere si inchinavano sotto il peso della loro frutta matura, i dieci meli che sembravano carichi di fuoco, tanto intenso era il rosso dei loro frutti..”
    , e più avanti racconta di come Tantalo fosse tormentato dall' irraggiungibile frutta che gli sovrastava il capo : “pere, melograni, fichi e succose mele...”
    401 a.C.... La storico e scrittore greco Xenophon è talmente ammaliato dai frutteti dell' Impero Persiano, da decidere di stabilirvisi permanentemente, per poi coniare una nuova parola : dal greco pairidaeza – giardino o patio, con alberi da frutto – al latino paradisus, divenuto poi il nostro Paradiso.

    323 a.C.... Teophrastos descrive sei varietà di mele e il loro ciclo vitale : dalla cura dell'albero, alla fioritura, raccolta ed utilizzo.

    CoolClips_vc111761__1_

    200 a.C.... Il Latino si fa strada tra i dialetti italiani, diventando una lingua utilizzata in ogni campo : biologico, legale, medico e religioso. La parola latina “fruor”- che significa “deliziarsi di /con” - diventa la nostra “Frutto”.
    100 a.C..... Il poeta romano Orazio annota in uno dei suoi testi che l'Italia sembra essere diventata un unico, grande frutteto ed aggiunge che se il pasto perfetto deve iniziare con le uova, non può non finire con le mele. Le mele arrivano in Occidente grazie ale conquiste dell'Impero Romano, ed i Romani adottano le tecniche di coltivazione, conservazione ed uso di questi frutti dai Greci e dai Persiani. Poco a poco iniziarono ad esportare il melo e le mele in tutta l'Europa continentale, fino all' Inghilterra,che fino ad allora non le conosceva.
    50 a.C.... Cicerone, autore, statista e filosofo raccomanda ai suoi concittadini di non gettare i semini interni alla mela, poiche possono essere piantati e da lì si possono creare nuove coltivazioni.
    50 d.C.... J.M. Columella (uno spagnolo che vive a Roma), uno dei primi appassionati studiosi di coltivazioni di mele, nota che “ogni pianticella da frutto è in grado di dare una nuova ed unica coltivazione, ma che nessuna varietà, se non sottoposta ad esperimenti è in grado di sopravvivere a lungo”.

    79 d.C.... Plinio il Vecchio descive, nel suo “Naturalis Historia” ben venti tipi diversi di mela.
    200 d.C... Galeno ed Ippocrate, i più famosi medici della storia greca raccomandano l'assunzione di mele dolci durante i pasti per aiutare la digestione, e di mele poco mature in caso di svenimenti o costipazione.
    400 d.C.... Saint Jerome, fondatore del monasticismo, invita i monaci a concentrarsi nella semina e cura dei meli per evitare le insidie del diavolo.
    650 d.C.... Il Corano, codificato dal Califfo Utman, eleva la mela a “sublime dono di Dio”.
    900 d.C.... Un sacro dramma sciita,scritto da una società segreta di puristi musulmani, spiega come Maometto abbia raggiunto la vita eterna dopo aver inspirato il profumo di una mela che un angelo gli aveva portato. Curiosamente molti secoli dopo si disse che Aristotele aveva a lungo allontanato da se la morte, tenendo in mano una mela ed inspirandone costantemente la fragranza vitale. Solo alla fine, e coscientemente, abbandonerà la mela, per lasciare che la sua anima sia libera.

    1100....Alla scuola medica di Salerno si insegnano le qualità terapeutiche della mela, soprattutto riguardo la cura di polmoni, intestino e sistema nervoso.
    1240... Alberto Magno di Colonia, vescovo, naturalista ed influente filosofo discute nei suoi trattati dell'anima delle piante. Secondo lui l'unico modo di conoscere la natura è ricercarne i principi nascosti e non seguire alla cieca gli altrui trattati. Scartando il concetto scolastico secondo cui gli alberi dad frutto sono una mera produzione divina, Albertus proponeva un profondo concetto di sviluppo delle piante da antiche forme selvatiche. Questo secoli prima che Darwin arrivasse alle stesse conclusioni riguardo l'origine delle specie.
    1470.... “La Caduta dell'Uomo”, un famoso dipinto di Hugo Van Der Goes, rappresenta in modo assai particolareggiato un melo, le foglie e i frutti, nel biblico Giardino dell'Eden (nonostante questa versione della creazione derivasse dalla mitologia greca). Da qui in poi tutti gli artisti sceglieranno la mela ed il melo come simbolo del Giardino dell'Eden, di Eva e di Adamo e l'albero del melo divenne il simbolo di monasteri e chiese.

    1618... William Lawson, dello Yorkshire, scrive “A new orchard and garden”, il primo libro in lingua inglese che parla degli aspetti pratici nella coltivazione della mela. Lawson -che aveva una profonda influenza sulle famiglie dello Yorkshire di alllora – asseriva senza alcun dubbio che la coltivazione di un frutteto fosse il miglior commercio ed un ottimo svago per l'uomo moderno.
    1655.... Sir Isaac Newton vedendo una mela cadere e, chiedendosi come mai sia caduta in linea retta, trova l'ispirazione che lo porterà alla scoperta delle leggi gravitazionali e del movimento.
    1790..... Thomas Andrew Knight, inglese, sperimanta il primo programa d' ibridizzazione per lo sviluppo della coltivazione delle mele.
    1904.... All' inaugurazione dell'esposizione di St. Louis, l'allora direttore del “Missouri State Fruit Experiment” J.T. Stinson Proclamò

    “Una mela al giorno toglie il medico di torno”.
    1929.... Edward Bunyard, autore dell “Anatomia del Dessert” scrive riguardo la mela :
    “E' l'appagare il proprio sesto senso. C'è una certa gioia nell'addentare e rompere un tessuto vivo che ci riporta ai primi giorni della storia dell'Umanità”.



    3478092302_c27495b25c



    ....Giovannino Semedimela.....


    “Johnny Appleseed”, all'anagrafe John Chapman (1774 -1845), infermiere e missionario della chiesa Nuova Gerusalemme, fu il pioniere americano che introdusse la coltivazione di mele in vaste aree dell'Ohio, Illinois e Indiana. Divenne una vera e propria leggenda per tutte le persone che allora abitavano gli Stati Uniti, che lo ricordavano soprattutto per i suoi modi gentili e la sua generosità. Solo dopo la sua morte il suo nome venne associato all'importanza simbolica delle mela e della loro conservazione.
    A 18 anni John si diresse verso Susquehanna, nelle terre ancora in rivolta, dove venne arruolato per le sue capacità mediche e dove iniziò a raccogliere i primi semi dai meli che crescevano vicino ai mulini lungo il Potomac. Alcuni racconti dicono che nel 1800, quando il congresso concesse le terre ai veterani di guerra, John si trovasse in Ohio, dove iniziò a piantare i suoi semi. I permessi e le concessioni tardarono circa 2 anni, e nel 1802, quando i veterani entrarono effettivamente in possesso delle loro terre, gli alberi da frutto di John erano grandi abbastanza da poter essere trapiantati. Ben presto il padre e la sua nuova famiglia (ebbe altri 10 figli) lo raggiunsero, ma lui decise di non rimanere, ed iniziò quel viaggio che lo avrebbe fatto ricordare come Giovannino Semedimela”. Navigò il fiume Ohio con un carico di semi di mele, fermandosi di tanto in tanto per prestare cure mediche, professare il suo credo e regalare semi di mela.
    L'immagine popolare di Giovannino Semedimela lo vede come un contadino che getta a caso i semi di mela che ha in mano. In effetti egli non costruì mai un vero e proprio frutteto, ma piantò i semi in luoghi che gli sembravano favorevoli, proteggendoli con delle staccionate, e lasciandoli poi alle cure di vicini, cui lui lasciava il ricavato della vendita dei frutti. Lui vi tornava una volta o due l'anno solo per prendersi cura delle piante. I semi che Johnny portava con sè gli venivano regalati dai proprietari dei mulini in cui si produceva sidro che credevano in lui per poter ampliare i loro giri d'affari. In realtà John viaggiò per quasi tutta la sua vita, fermandosi come ospite presso quelle famiglie che potevano aver bisogno del suo aiuto come missionario o medico. Leggeva storie ai bambini e raccontava agli adulti la storia della Rivoluzione, ricevendo in cambio un giaciglio e un pasto caldo.
    John lasciava ai contadini quasi tutto il ricavato della vendita delle mele, chiedendo in cambio ospitalità, cibo, grano o vestiti usati. Non portava scarpe, nemmeno in inverno, e non aveva una fissa dimora. Amava profondamente gli animali.
    La sua morte venne annunciata dall' Harper Magazine nel novembre del 1845. Si dice che sia seppellito a Fort Wayne, Indiana. Il suo lascito, oltre che emotivo e spirituale fu anche “terreno” : lasciò in eredità alla sorella circa 500 ettari di terra che, al momento della sua morte ospitavano 15.000 meli.



    7b3b20fb61fe2528390



    ...... una poesia.....



    ODE ALLA MELA

    Te, mela, voglio festeggiarti
    riempiendomi col tuo nome la bocca, mangiandoti.
    Sempre sei nuova come niente o nessuno,
    sempre appena caduta dal Paradiso:
    pienae pura..guancia arrossita dell'aurora!
    Che cosa difficile sono
    paragonati a te..i frutti della terra, le cellulari uve, i manghi tenebrosi,
    le ossute prugne, i fichi sottomarini...
    Tu sei pomata pura, pane fragrante, formaggio della vegetazione.
    Quando mordiamo la tua rotonda innocenza
    torniamo per un istante a essere anche creature appena create:
    ancora abbiano qualcosa di mela.
    Io voglio una abbondanza totale, la moltiplicazione della tua famiglia,
    voglio una città, una repubblica, un fiume Mississipi di mele,
    e alle sue rive voglio vedere tutta la popolazione del mondo unita,
    riunita, nell'atto più semplice della terra:
    mordere una mela.
    Pablo Neruda



    ee88330317



    .

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 17:06
     
    Top
    .
  4. tappi
     
    .

    User deleted


    grazie Gabry
     
    Top
    .
  5. gheagabry
     
    .

    User deleted


    864ecdcb2bac9761f



    La pera veniva consumata dai greci (è ricordata da Omero) e in seguito dai romani, che ne conoscevano quarantuno specie diverse ma il pero era una pianta coltivata già da più di 4.000 anni in Asia e in Europa. Durante il Medio Evo questo frutto perse la sua popolarità, riconquistata a partire dal diciottesimo secolo. Attualmente le varietà coltivate sono oltre cinquemila, soprattutto in Cina e in Europa (Francia, Germania, Italia, Spagna). Le pere sono disponibili tutto l'anno, con varietà diverse, da quelle estive come la William (selezionata in Inghilterra alla fine del Settecento), la Coscia, la Guyot (succosa e zuccherina), la Santa Maria, la Max Red Bartlett (William rossa, molto profumata), a quelle autunnali, come l'Abate Fetel (una delle preferite dai consumatori), la Decana del Comizio (grossa e tondeggiante, particolarmente adatta alla cottura), la Conference (dolce e succosa), la Kaiser.
    La pera in cucina - Le diverse varietà di pere disponibili oggi non si discostano molto fra loro per quanto concerne la composizione e l'apporto calorico, molto simili a quelli delle mele. Si tratta di un frutto estremamente digeribile, apprezzato per il suo gusto zuccherino che si conserva bene a bassa temperatura, ma va consumato a temperatura ambiente. Può accompagnarsi al formaggio piccante (in questo modo si ottiene un piatto bilanciato in grassi, proteine e carboidrati), a varie pietanze oppure può essere utilizzata per la preparazione di dolci, macedonie, confetture e succhi. Un altro modo tipico di consumare la pera è cuocendola in acqua, con l'aggiunta di zucchero e di aromi. La pera è uno dei frutti più adatti all'alimentazione dei bambini, fin dallo svezzamento.

    INFO AL. - Proteine: 0,38; grassi: 0,12; carboidrati per differenza: 15,46 (fibre: 3,1); ceneri: 0,33; acqua: 83,71; colesterolo: 0; sodio: 1; calorie: 58.




    Le pere si ammaccano facilmente, per cui è necessario maneggiarle con cura, è bene comprarle dure e portarle a maturazione a casa, durante il consumo. Le pere infatti si conservano molto bene in frigorifero e maturano meglio una volta raccolte.
    Per accelerare il processo di maturazione basta mettere le pere in un sacchetto di carta marrone a temperatura ambiente: in un lasso di tempo dai 2 ai 5 giorni saranno pronte per essere mangiate.
    Durante la maturazione le pere producono etilene, un gas naturale che è anche un ormone naturale per la maturazione: un sacchetto non chiuso mantiene l'etilene vicino alla frutta e aiuta la maturazione, inoltre non rischia di alterare altri alimenti (come le verdure a foglia) sensibili all'etilene.

    I sacchetti di carta aiutano a prevenire l'avvizzimento perché trattengono l'umidità prodotta dalla frutta durante la maturazione. Anche i sacchetti di plastica servono ugualmente allo scopo, ma accelerano troppo il processo perché aumentano l'umidità in maniera consistente e di conseguenza possono causare marciume.

    Le pere hanno poche calorie (30-35 kcal per 100 g), sono ricche di fibra insolubile e non sono particolarmente interessanti per il contenuto vitaminico. Contengono invece una discreta quantità di potassio.
    Hanno un indice di sazietà piuttosto elevato e quindi sono indicate negli spuntini o per concludere un pasto poco saziante.






    .

    dal web

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 17:32
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    grazieee
     
    Top
    .
  7. gheagabry
     
    .

    User deleted


    TIPI DI MELE

    4d0cc4ccbbc2ec6a4015802281a3af98

    Come si avvicina l'autunno, la gente comincia a pensare sapori cadere. mele svolgono un ruolo importante in questo, dal momento che maturano in settembre e ottobre. mentre le mele sono i favoriti per tutto l'anno, sono al loro meglio in autunno. mele sono disponibili in una grande varietà di gusti e consistenze, e quasi tutti hanno un genere preferito.


    Serate di gala e fujis sono mele rosse. la mela gialla più popolare è la golden delicious. è un incrocio tra una granny smith e red delicious uno e mantiene alcune delle caratteristiche di entrambe le mele. la golden delicious è un po 'più aspro che la red delicious, ma non croccante come una granny smith.

    La mela red delicious, con il suo fondo lobate e ricco di colore rosso, è probabilmente la più conosciuta delle mele mangiare. ha una consistenza farinoso, sapore dolce con appena un pizzico di acidità. essa non regge come una mela cottura a causa della sua struttura.

    Un'altra mela mangiare bene è la jonathan. a volte è disponibile nei negozi, ma è meglio di un frutteto locale. jonathan è una mela rossa con una texture croccante e un sapore dolce-torta che contiene fino a cottura. altre mele mangiare trovare nei negozi sono i rossi ida, yorks, bellezze di roma, e winesaps.

    Ci sono anche le mele più adatte per l'uso in cucina, e la torta di mele premiere è la granny smith. è molto croccante e aspro, e mantiene la sua forma bene. è un bene per le torte, si sgretola, patatine, o altre ricette in cui è chiamato per la crostata di mele.

    Yorks, bellezze di roma, e winesaps sono anche le mele buona cucina, se una mela rossa è preferito. yorks fare una buona salsa di mele, con le loro texture morbida. anche fare bene per patatine, in cui forma non è così importante.

    Bellezze di roma e winesaps sono buoni in torte, in salsa di mele, e per affettare e servire con dip caramello, poiché sono più aspro. queste varietà sono inoltre ideali per le mele caramellate o candite, quando una torta di mele più è necessaria per compensare la dolcezza dei rivestimenti caramello e caramelle. mele granny smith funzionano bene per le mele caramello, anche.

    La mela arkansas nero è utilizzato al meglio come una mela cottura. ha una struttura molto solida e un sapore aspro che lo rendono ideale per la cottura. si addolcisce un po 'con la cottura, e così è l'ideale per ricette che prevedono fette di mela per essere servito con filetto di maiale, per esempio, o con le braciole di maiale e crauti. e 'più comunemente disponibile dal frutteto locale.



    5e43bb69727c3f3b9a2c749931d4a458




    Queste sono le mele più diffuse e coltivate in assoluto:

    * Mela Annurca:un frutto di piccole dimensioni rispetto alle altre mele, di forma rotondeggiante con epidermide rossa striata. La polpa è bianca, compatta, croccante, succosa, dolce, gradevolmente acidula, di eccezionale sapore.

    * Braeburn: buccia colore rosso scuro o scarlatto, polpa compatta e croccante, sapore dolce-acidulo;

    * Fuji: forma tondeggiante, buccia colore rosso-rosato, polpa croccante e succosa, sapore dolce, ricca di fruttosio;

    * Golden Delicious: forma tondeggiante, buccia colore giallo, polpa croccante e compatta, sapore dolce leggermente acidulo, varietà di origine americana;

    * Red Delicious ha sovracolore rosso scuro, forma allungata ed è di dimensioni medio - grandi. Ha cinque gobbette pronunciate nella zona del calice. Sapore: è una mela croccante, succosa e dolce, dall’aroma inconfondibile.

    * Jonagold ha un colore di base giallo-verde con striature che vanno dal rosso carminio al rosso tenue. Sapore: ha una polpa croccante e morbida. È succosa, aromatica ed ha un sapore dolce leggermente aspro, grazie al rapporto equilibrato tra zuccheri ed acidi.

    * Pinova è una mela di media grandezza. Su circa il 40% della superficie ha un colore rosso cinabro. Il colore è fiammante e lucente. Ciò dà al frutto un aspetto molto invitante e lo rende chiaramente identificabile rispetto ad altre varietà. Il colore di fondo è giallo fino al verde.
    Sapore: La polpa della varietà è molto compatta, succosa e croccante. La mela è delicatamente dolciastra-asprigna e corrisponde alle esigenze di oggigiorno in fatto di gusto.

    * Breaburn. È di forma allungata, medio-grande e cilindrica, ha buccia liscia, lucida e gialla dorata. Ha striature che vanno dal rosso scarlatto al rosso scuro. Sapore: fruttato e rinfrescante, aromatico, equilibrato tra dolce e aspro e compatto. La polpa è croccante e molto succosa.

    * Pink Lady .Ibridazione di Lady Williams e Golden Délicious, ha un colore rosa ed un sapore dolce, polpa del frutto compatta.

    * Granny Smith: buccia verde intenso, polpa croccante, particolarmente ricca di magnesio;

    * Renetta: forma irregolare, buccia rossa e verde;

    * Renetta Grigia: prodotto tipico della zona di Barge, forma schiacciata, buccia ruvida e rugginosa, polpa grossolana dal colore bianco-crema, sapore dolce-acidulo;

    * Royal Gala: buccia rosso intenso con venature giallo chiaro, polpa soda e croccante, sapore dolce leggermente aspro;

    * Stark Delicious: buccia rossa, polpa fine e croccante, sapore aromatico, particolarmente ricca di carotene e retinolo;

    * Stayman Winesap: buccia ruvida di colore giallo-verde punteggiata di rosso, polpa soda e croccante, sapore agrodolce;



    fa459683a19a7331eec2041ce504db58



    .

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 17:10
     
    Top
    .
  8. gheagabry
     
    .

    User deleted


    IL K I W I



    9e9f25269


    Il kiwi è il frutto dell'omonima pianta, un arbusto rampicante che ricorda vagamente l'uva, denominato Actinidia chinensis, originario della Cina e del Giappone. Fu portato in Europa solo nel 1800.
    Il kiwi deve il suo nome dalla Nuova Zelanda, paese in cui iniziò ad essere coltivato in grande quantità all'inizio del 1900. In seguito venne esportato in USA e qui lo chiamarono kiwifruit, dal nome del tipico uccello della Nuova Zelanda.

    Il kiwi è un frutto, che porta anche lo stesso nome di un buffissimo uccello di origine neozelandese, la sua peculiarità è indubbiamente il suo altissimo contenuto in vitamina C.
    E’ sufficiente consumare un kiwi al giorno per assicurarsi il contenuto di questa fondamentale vitamina per l’intera giornata. Oltre alla prima citata vitamina C è anche ricchissimo in Potassio, in fibre e vitamina E (antiossidante).

    Dal punto di vista botanico, il nome della pianta che lo produce è l’Actinidia, e ne esistono di diverse tipologie in commercio, infatti, potrete trovare oltre al classico kiwi verde, anche quello con la polpa gialla, ma anche Kiwi a polpa rossa, con buccia color mattone rossastra.
    La forma del kiwi, assomiglia ed evoca un pochino quella delle patate, il colore esterno è marroncino, ha una leggera peluria che ricopre tutto il frutto, mentre una volta tagliato, si mostra in tutta la sua bellezza ed originalità, un verde brillante carico di piccoli semi neri.

    18080662ae93

    Il sapore è leggermente acidulo, infatti, molti preferiscono tagliarlo a fette sottili, aggiungere qualche goccia di limone e un cucchiaino di zucchero. In realtà non si dovrebbe aggiungere zucchero alla frutta, poiché per natura già lo contiene.
    Altri, lo tagliano a metà e lo scavano con un cucchiaino, a mò di mini coppetta di gelato: qualsiasi sia il modo scelto per mangiarlo, ottimo anche in macedonia, o sugli spiedini di frutta, farete del bene al vostro organismo e soprattutto a vostro intestino.

    Il Kiwi è particolarmente indicato a tutte quelle persone che “bisticciano” con il proprio intestino pigro, ecco il kiwi, insieme alla frutta in generale e alla verdura, alle prugne, al pane integrale è un alleato indispensabile, per permetter un buon lavoro dell’intestino.

    Il kiwi è una ricca miniera di vitamina C (85 mg di vitamina C ogni 100 grammi di prodotto). Importantissima per il potenziamento delle difese immunitarie del nostro organismo, assicura una protezione attiva e continua contro i radicali liberi, influenza il metabolismo dei carboidrati e degli acidi grassi per trarne energia, favorisce l'assorbimento del ferro, combatte la fragilità dei capillari.
    Il kiwi possiede una buona quantità di calcio e fosforo, essenziali per la salute dell'apparato scheletrico e la presenza di altri minerali lo rende un frutto rimineralizzante in grado di regolare la funzionalità cardiaca e la pressione arteriosa. Il magnesio in particolare, favorisce la concentrazione e la produzione energetica del cervello, nonchè la forza muscolare mentre l’elevato contenuto di potassio rende il kiwi un alimento molto utile per prevenire depressione, disordini dell’apparato digerente e crampi muscolari.
    Le fibre solubili e insolubili contenute nel frutto di kiwi creano senso di sazietà, abbassano i livelli di colesterolo nel sangue, migliorano il transito del cibo nel tratto intestinale, svolgono un effetto di controllo sul valore del glucosio nel sangue.
    ATTENZIONE: Ci sono categorie di persone che si devono astenere dal consumare frutti di kiwi, chi è affetto da morbo di Crohn in fase acuta, di retticolite ulcerosa, o chi soffre di colite o di malattia diverticolare, oppure chi soffre di patologie che impongono una dieta povera di fibre.
    Inoltre, il kiwi può determinare allergia crociata nei confronti della banana, delle noccioline, dei pomodori e va evitato nei casi di allergia alle composite (Artemisia, Tarasssaco, Camomilla).

    b5c503cf02a1fb30a

    ...la storia....

    La storia del kiwi nasce in Cina, nelle fertili vallate dello Yang-Tze, più di settecento anni fa, dove nelle macchie e nelle boscaglie lungo il fiume Yang-Tze ancora oggi si trovano esemplari selvatici, sotto forma di una liana rampicante che si abbarbica agli alberi e alle rocce. Coltivata in tutta la Cina è apprezzata sin dal 1200 a.C. e durante il periodo della raffinata civiltà̀ Ming, il suo frutto era considerato una prelibatezza degna delle tavole dei grandi signori, già alla corte del Gran Khan ero apprezzato per il gusto delizioso e la polpa color smeraldo. Il resto del mondo cominciò a conoscerlo solo scientificamente nell’800, quando un collezionista della Società Britannica Reale d’Orticultura ne spedì in patria alcuni frutti e semi. Le prime piante di Actinidia furono coltivate nei dintorni di Londra nel 1847 da Robert Fortune per conto dell’Orto Botanico di Kew. Questa specie non entrò mai in produzioni commerciali, finché non venne di nuovo introdotta in Inghilterra da E. Wilson, direttamente dalla Cina, come frutti, i cui semi vennero propagati da un vivaio inglese e le piante di A. chinensis ottenute, vennero commercializzate nel resto d’ Europa nel 1903.
    Ma è solamente nel 1904, in Nuova Zelanda, grazie un’insegnante neozelandese, Isabel Fraser, partita per andare a trovare la sorella missionaria riportasse in patria alcuni strani frutti che aveva visto in Cina, nella zona di Ichang Nel 1906, che si inizio la coltivazione del kiwi come vite ornamentale da giardino, quando alcuni missionari ritornando in patria dalla Cina, ne portarono delle piantine rampicanti soprannominate "Uva Spina Cinese". Nel 1928, un esperto in scienze agrarie, Hayward Wright, riuscì a sviluppare una varietà particolare di kiwi che produceva un frutto di maggiore pezzatura, dalla forma ovale, dal sapore meno aspro e soprattutto di conservazione di maggiore durata. Era nata la varietà Hayward, dal nome del suo creatore, che ancora oggi è una delle varietà più coltivate al mondo. Nel 1934 alcune di queste piante di kiwi vennero coltivate nell’estremo nord della Nuova Zelanda, zona che si rivelò ideale per la crescita e la coltivazione visto il suo fertile terreno vulcanico e per il clima soleggiato che non mancava di precipitazioni con inverni freschi ma non eccessivamente freddi. La prima raccolta che venne venduta al mercato locale fu un successo e quindi le coltivazioni di kiwi si estesero. Nel 1950 la coltivazione del kiwi era così estesa in Nuova Zelanda che non solo soddisfaceva la vasta domanda del posto ma veniva importata negli Stati Uniti e in Europa. Quando questo frutto iniziò ad essere esportato fuori dalla Nuova Zelanda il nome di “uva spina cinese”, con il quale veniva comunemente chiamato, non si rivelò una scelta felice e neppure il nome di “melonette” come venne per qualche tempo denominato. Allora venne trovato il nome di “kiwi fruit” cioè frutto del kiwi intendendo abbinare il kiwi frutto con l’uccello tipico della Nuova Zelanda e suo simbolo nazionale, il kiwi. Agli inizi degli anni ’60 il nuovo frutto, il kiwi, aveva già un notevole successo negli Stati Uniti mentre contemporaneamente la pianta del kiwi, come pianta da frutto, si diffondeva in Europa. In Italia le prime coltivazioni produttive di kiwi si ebbero tramite i vivaisti francesi alla fine degli anni ’60 dapprima in Lombardia, in Puglia e poi nelle altre regioni italiane. La prima segnalazione della presenza di piante di Actinidia in Italia risale al 1934, nel catalogo “Allegra” di Catania. I primi impianti di actinidia, vengono fatti risalire alla fine degli anni sessanta, tanto è vero che il Prof A. Morettini, Professore emerito di coltivazione arboree nella Facoltà agraria e forestale di Firenze, nella seconda edizione del volume di “Frutticoltura generale e speciale “del 1977, pubblicato a cura della REDA, ha inquadrato l’actinidia nella sezione dei “fruttiferi di minore interesse colturale “, comunque sottolineando per questa novità frutticola che “ nei mercati d’importazione del frutto, quali la Francia e l’Inghilterra, gli esportatori realizzano prezzi molto convenienti”, segno tangibile di rilevante potenzialità per questa specie.



    e1c27051d

    Curiosità. Per far maturare velocemente i kiwi troppo acerbi basta chiuderli in un sacchetto di plastica insieme a due mele e successivamente deporlo in un ambiente caldo. Le mele chiuse nel sacchetto libereranno un gas chiamato etilene che è in grado di accelerare la maturazione della frutta che avverrà entro due giorni.
    La pianta del kiwi non ha particolari nemici in natura e raramente viene assalita da parassiti. Per tale motivo i frutti che troviamo in commercio difficilmente sono trattati con sostanze chimiche.


    La leggenda Maori

    Secondo una leggenda Maori, il kiwi in origine aveva le ali come gli altri uccelli e come loro viveva tra le cime degli alberi dove arrivava la luce del sole. Un giorno Tanemahuta, dio della foresta, camminando tra gli alberi, si accorse che stavano morendo mangiati dagli insetti. Chiamò tutti gli uccelli della foresta affinché qualcuno di loro scendesse a vivere a terra per salvare gli alberi.
    Nessun uccello volle accettare di allontanarsi dal cielo, e furono cosi tutti puniti diversamente per il loro egoismo. Il kiwi invece, fu l’unico uccello che accettò, consapevole che non avrebbe più potuto fare ritorno al cielo. Per questo fu premiato diventando l´uccello più amato e anche… il frutto più salutare tra tutti i frutti.


    7407b5d84f3342c9




    .

    Edited by gheagabry1 - 3/10/2019, 19:18
     
    Top
    .
  9. gheagabry
     
    .

    User deleted


    Farfallette afrodisiache

    presentazione-farfalle-caviale-e-crema-di-zucchine-e-menta-450x337

    Ingredienti e dosi per 4 persone
    200 g di pasta tipo farfalle
    10 g di caviale
    1 fetta di salmone affumicato
    50 g di panna
    1 spicchio di aglio
    1/2 bicchierino di vodka
    1/2 kiwi
    Sale

    Fate sciogliere il burro in un tegame e rosolatevi lo spicchio d'aglio.
    Aggiungete il salmone tagliato a striscioline e il caviale.
    Lasciate insaporire per qualche minuto su fuoco dolce, poi aggiungete la vodka, che lascerete lentamente sfumare.
    Eliminate l'aglio, unite il kiwi sbucciato e tagliato a dadini e la panna.
    Continuando a mescolare su fuoco basso, cuocete fino a quando il sugo avrà raggiunto la giusta densità.
    Cuocete le farfalle in acqua salata in ebollizione, scolatele al dente e conditele con il sugo preparato.
    Mescolate delicatamente e servite subito, ben caldo.



    .

    MILLEFOGLIE DI SALMONE E KIWI




    INGREDIENTI (per 4 persone)

    600 g di carpaccio di salmone
    4 kiwi

    4 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
    1 cucchiaio di succo di limone
    1 cucchiaio di erba cipollina tritata
    Pepe
    Sale

    PREPARAZIONE

    In una pirofila versare l'olio EVO, il succo di limone, l'erba cipollina il sale ed il pepe e mescolare bene.
    Ricavare dalle fette di salmone dei pezzetti larghi quanto una fetta di kiwi e lunghi il doppio.
    Mettere i pezzetti così ricavati nella marinata, mescolare bene, coprire la pirofila e metterla in frigorifero per un quarto d'ora.
    Pelare i kiwi e ricavare delle fettine di spessore circa 1 mm.
    Mettere le fettine in una ciotola con acqua, ghiaccio ed una spruzzata di limone.
    Preparare il piatto posizionando un pezzetto di salmone sul quale mettere due fette di kiwi.
    Proseguire così teminando con un pezzetto di salmone.
    Nappare con la marinata e decorare con fili di erba cipollina.

    VINO CONSIGLIATO

    Pino & Toi di Maculan


    (petitchef.it)

    .

    Edited by gheagabry - 21/8/2011, 12:45
     
    Top
    .
  10. ZIALAILA
     
    .

    User deleted


    IL CACO





    persimmons



    La pianta di Kaki (Diospoyros kaki, cachi o loti nel linguaggio comune) é originaria della Cina. I primi a coltivarlo in modo intensivo furono i giapponesi, in Europa invece é arrivato alla fine del Settecento, originariamente solo come pianta ornamentale.

    L'impiego del cachi come albero da frutta ha origine nel 1860, prima in Francia e poi in Italia, grazie all'importazione dal Giappone di alcune varietà adatte allo scopo.

    Il cachi è un frutto tipicamente autunnale.
    I frutti del caco comune hanno una polpa dolcissima, morbida e cremosa. Di solito vengono raccolti leggermente acerbi e fatti maturare in seguito (operazione denominata 'ammezzimento'), per eliminare il tipico effetto astringente al palato provocato dall'elevato contenuto di tannini.
    La raccolta si esegue nel periodo tra ottobre e novembre e deve considerare il completo viraggio della buccia al colore giallo congiuntamente ad una maturazione fisiologica, cioè l'ammezzimento del frutto; si può controllare il tannino attraverso la valutazione con cloruro ferrino. Difficilmente il frutto viene conservato in quanto consumato tipicamente entro le prime settimane di gennaio; è possibile la conservazione per 2-4 mesi a 0-2°C, con U.R. 90%, oppure atmosfera controllata.


    Durante la maturazione il contenuto di tannini dei cachi si riduce e aumenta quello di zuccheri, rendendoli molto gradevoli al palato.

    Esiste anche un'altra varietà, chiamati cachi vaniglia o cachi mela, che hanno una polpa soda e croccante simile a quella delle mele. Sono più pratici da mangiare (basta sbucciarli e tagliarli a fette, senza il rischio di sporcarsi), e leggermente meno dolci.

    Valori nutrizionali dei cachi
    I cachi devono la loro dolcezza a una quantità notevole di zuccheri (16%) e alla loro consistenza morbida e cremosa che esalta in bocca la loro dolcezza. Questa caratteristica purtroppo diminuisce l'indice di sazietà e quindi occorre valutare sempre con attenzione le quantità assunte per non esagerare con le calorie.

    Un caco può pesare ben 250-300 e quindi può arrivare ad avere fino a 200-250 kcal.

    I cachi contengono una buona quantità di vitamina A e discrete quantità di vitamina C.

    I cachi maturi si conservano per pochi giorni, quindi è bene acquistarli non ancora leggermente acerbi e farli maturare in casa a temperatura ambiente. Per accelerare la maturazione si possono lasciare vicino a frutti che sviluppano etilene, come le mele e le pere.

    da : Cibo360.it


    93054fdeecf1decbf583bc4446692ab5




    Il suo nome botanico e' Diospyros kaki, o loto del Giappone, ma tutti lo chiamano popolarmente caco, e piu' raramente kaki. La pianta appartiene alla famiglia delle ebenacee e ha una tradizione millenaria. Il frutto corrisponde alla bacca, la cui polpa matura dal sapore delicato e zuccherino, in Oriente era cosi' apprezzata, da essere considerata fin dall'antichita' “cibo degli dei”.
    La sua origine e' nelle regioni calde della Cina settentrionale, qui chiamato “la mela d'oriente”, da dove si e' poi diffuso in Giappone dove ha ancora un ruolo di primaria importanza nell'alimentazione quotidiana. Ancora oggi, in Cina e in Giappone il caco e' considerato l'albero delle sette virtu':
    la prima e' la sua lunga vita,
    la seconda la grande ombra,
    la terza la mancanza di nidi tra i rami,
    la quarta l'assenza di tarli nel legno,
    quinta la possibilita' di giocare con le sue foglie indurite dal gelo,
    sesta la qualita' delle foglie da cui si ricava un bel fuoco,
    ultima la possibilita' di usare le foglie come concime per la terra.

    Il viaggio di questo frutto orientale verso l'Europa comincia abbastanza tardi, solo verso la fine del 1700, e agli inizi viene coltivato come pianta ornamentale. Il primo albero di cachi in Italia fu piantato nel giardino di Boboli a Firenze nel 1871. Il dolce sapore del frutto sara' apprezzato nella seconda meta' dell'800, con l'importazione dal Giappone delle speci piu' pregiate.
    Oggi e' il frutto piu' colorato dell'autunno ed e' molto comune nel nostro paese, perche' la pianta si adatta molto bene in tutta l'area del Mediterraneo. Vive in media 30 o 40 anni anche se ci sono esemplari che superano il mezzo secolo. Raggiunge la maturazione nei mesi da settembre a novembre quando la polpa verdastra raggiunge il colore giallo-arancio. La buccia e' molto sottile e la polpa e' tenera quasi liquida, deve essere consumata a completa maturazione. Quando il frutto e' pronto da mangiare diventa arancione brillante, con la buccia che tende a rompersi molto facilmente, il gusto e' dolcissimo e la consistenza gelatinosa.

    Le varieta' piu' conosciute sono: il loto di Romagna, vaniglia di Campania, Fuyu, il Kawabata e il Suruga.

    Il suo legno e' particolarmente duro e viene utilizzato per fabbricare oggetti utensili molto robusti (mazze da golf, attrezzi sportivi).

    In Giappone il kaki viene utilizzato per la produzione di vino a bassa gradazione alcolica e il suo succo e' usato come chiarificante nella preparazione del sake'.

    da: Lapelle.it





    una delizia .....................

    CACHI GRATINATI




    piatto-pronto-cachi-amaretto-frutta_dettaglio_ricette_slider_grande3




    Ingredienti

    60 g Amaretti
    40 g Burro
    2 Kaki O Loti maturi ma non troppo molli
    4 cucchiai di Liquore All'amaretto
    2 cucchiai di Mascarpone
    qualche fogliolina di Menta Fresca
    1 dl Panna Fresca
    1 cucchiaio di Zucchero A Velo


    Preparazione :

    1 Prepara i kaki. Lava delicatamente i kaki, asciugali, tagliali a meta in verticale, dividendo in 2 il picciolo. Appoggiali su una teglia foderata di carta da forno, con la parte tagliata rivolta verso l'alto.

    Tieni da parte 4 amaretti e trita gli altri nel mixer o schiacciali con il batticarne, dopo averli messi all'interno di un sacchetto per alimenti. Distribuiscili uniformemente sulla superficie dei kaki.
    Bagna ciascun 1/2 kaki con 1 cucchiaio di liquore e disponi sugli amaretti tritati 10 g di burro a fiocchetti.

    2 Fai la crema. Accendi il grill del forno. Mescola il mascarpone con lo zucchero a velo e lavoralo bene con un cucchiaio. Monta la panna con la frusta elettrica e incorporala delicatamente al mascarpone. Conserva la crema in frigorifero. Metti i kaki in forno a una distanza di circa 10 cm dal grill e falli gratinare per 2 minuti, o finche cominciano a dorare.

    3 Completa il piatto e servi. Trasferisci i kaki nei piattini da dolce e guarniscili con un bel ciuffo di crema. Se la possiedi, usa la tasca da pasticciere , per ottenere una guarnizione piu regolare. Posiziona sulla crema un amaretto, decora con la menta e servi.

    da : donnamoderna .com

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 17:18
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    grazie zia
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Quelli di sempre
    Posts
    1,263
    Location
    napoli

    Status
    Offline
    bellissimo excursus.....grazie Gabry
     
    Top
    .
  13. gheagabry
     
    .

    User deleted


    L'ALBICOCCA

    1dc87ccb079fb2166dbea1966b98380b

    L'albicocca è il frutto, detto drupa, dell'albicocco.
    La dimensione va fra i 3,5 e i 6 cm, hanno un colore giallo uovo-arancio a seconda della varietà con sfumature rosate; la buccia è leggermente vellutata e la polpa è carnosa. Al suo interno ha un singolo seme osseo a forma ovoidale, che assomiglia ad una mandorla.
    Le albicocche sono facilmente deteriorabili e difficili da conservare. Tuttavia le proprietà salutari che esse contengono possono essere meglio preservate se i frutti vengono seccati al sole in maniera naturale
    Oltre ad essere composta dall’85% di acqua e da fibre, l’Albicocca è molto ricca sia di vitamina A che di vitamina C rendendola così utile per chi ha problemi di anemia o per chi accusa stati di spossatezza. L’albicocca allo stato secco mantiene intatto il suo contenuto di sali minerali e fibra, e ha la facoltà di regolare la funzionalità intestinale e di ridurre la quantità di colesterolo presente nel sangue.
    La raccolta avviene da giugno a settembre e in Italia ne coltiviamo diverse varietà.

    77f05e3aac9864cf825

    I semi dell'albicocca, come nella pesca, si chiamano armelline, hanno retrogusto amarognolo e vengono usate in pasticceria come essenza, come ingrediente negli amaretti, in sciroppi o liquori e in generale in abbinamento alle mandorle dolci per accattivare il gusto. Il consumo delle armelline viene limitato ad un uso aromatico poiché, come le foglie e i fiori dell'albicocco, contengono un derivato dell'acido cianidrico che, ad alte dosi, è altamente tossico.


    b04f66c87e8bc759e29


    ..storia, miti e leggende..

    L’albicocca è stata portata nel Mediterraneo dagli Arabi nel I secolo d.C., ma è originaria della Cina e dell’Asia Centrale dove era coltivata fin dal 3000 a.C. Secondo altri arrivò in Europa dopo la spedizione di Alessandro Magno. L’albero cresce spontaneo anche sull’Himalaya attorno ai 3000 metri.

    I Romani la chiamavano “armeniacum” cioè mela armena perché la provenienza o anche praecox, cioè precoce perché maturava prima della pesca e dalla radice è derivato il termine greco praikokion. Il nostro nome albicocca, così come l’abricot francese, l’apricot inglese e lo spagnolo albaricoque derivano invece dall’arabo al-barquq.

    La storia dell’albicocco e dei suoi preziosi frutti nell’area vesuviana inizia addirittura all’epoca della Magna Grecia, e già Plinio il Vecchio, nelle sue lettere, descriveva le albicocche come un prelibato frutto alle falde del Vesuvio non facendole mai mancare a tavola tra i frutti di stagione. Nel 1845 nel testo ad opera di autori vari, “Breve ragguaglio dell’Agricoltura e Pastorizia del Regno di Napoli”, si riconosce l’albicocco come l’albero più diffuso, dopo il fico, nell’area del napoletano, e precisamente in quella vesuviana, “dove viene meglio che altrove e più maniere se ne contano, differenti nelle frutta…”. Con il termine “albicocca Vesuviana” si indica un insieme di oltre quaranta diversi biotipi presenti alle pendici del caro Vulcano. (www.ilfattovesuviano.it/)

    Una leggenda racconta che in origine era solo una pianta ornamentale con bei fiori bianchi; quando l’Armenia venne invasa dai nemici fu ordinato di abbatter tutti gli alberi che non producevano frutto per ottenerne legname e questo sarebbe stato anche il destino dell’albicocco se una fanciulla non avesse pianto sotto la sua chioma per tutta la notte; al mattino sull’albero erano cresciuti dei frutti dorati: le albicocche appunto. In altre leggende viene anche indicata come il frutto proibito assaggiato da Adamo ed Eva al posto della mela. Un’altra notizia si ha dai trattati medici arabi: qui pare che venisse usata per curare il mal d’orecchi. Nella tradizione popolare inglese sognare l’albicocca porta fortuna, mentre altrove simboleggia la timidezza in amore; secondo un’altra versione se la si sogna secca preannuncia perdite e danni.



    .....un dolce.....



    Bavarese d'albicocca su base di meringa

    Ingredienti:

    100 gr d’acqua
    la scorza di ½ un limone non trattato
    400 gr di albicocche
    250 gr di panna fresca
    6 gr di gelatina in fogli
    150 gr di zucchero semolato
    1 base di meringa del diametro di 18 cm
    4 piccole albicocche per decorare
    2 frutti della passione per decorare
    2-3 alchechengi


    Portate a ebollizione i 100 gr di acqua con lo zucchero semolato e la scorza grattugiata di ½ limone, fuori dal fuoco profumate con ½ bicchierino di limoncello . Snocciolate le albicocche, tagliatele a pezzettini mettetele in una ciotola , unite lo sciroppo e lasciate la frutta a macerare per almeno un ora. Mettete i fogli di gelatina in acqua fredda, strizzatela e fatela sciogliere a fuoco molto basso con lo sciroppo della sciroppo della frutta, fate raffreddare ed unite la panna montata e la frutta macerata, scolata e frullata. Montate il vostro dolce in una fascia di metallo ricoperta da una striscia di foglio di acetato, mettete la meringa sul fondo e coprite con la crema alla frutta. mettete a consolidare in frigo per almeno 4 ore. Prima di servire decorate a piacimento.




    info dal web - ricetta da http://chefchezvousfrancesco.blogspot.it/

    Edited by gheagabry1 - 12/10/2019, 17:23
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    clapping
     
    Top
    .
  15. gheagabry
     
    .

    User deleted


    LA PITAHAYA



    39adff77206acb3650f
    La pitaya è il frutto di una pianta della famiglia delle Cactaceae ed appartiene al genere Hylocereus. È molto popolare e coltivato sia in Sud America, dove è conosciuto anche come frutto "pulizia", che in Vietnam, Thailandia, Malaysia, Taiwan e recentemente introdotto a Burgos nel nord delle Filippine.
    È una pianta epifita, in quanto vive su altre piante che fungono da sostegno. Ha un portamento ricadente, strisciante o rampicante, con uno stelo molto ramificato dalla forma cilindrica o triangolare, dal diametro di 10-12 cm, in grado di svolgere la fotosintesi, e rivestito da piccole areole di spine soffici di colore bianco. Il fusto è ricoperto da uno strato ceroso che ha lo scopo di ridurre la traspirazione, le radici sono superficiali e robuste. La pianta sviluppa dei fiori composti molto grandi, con molti petali di colore verdastro, gialli o bianchi. La fioritura è piuttosto breve e avviene di notte. L'impollinazione è effettuata dai pipistrelli o dalle falene, la pianta produce diversi fiori in sequenza di tempo, ed in un clima adatto ci possono essere più periodi di fioritura all'anno, nei climi temperati caldi fiorisce in estate o in autunno. La pianta è autosterile, il polline per la fecondazione proviene da altre piante di pitahaya.


    Il frutto, detto anche dragon fruit, pesa 150-600 g, lungo 6-12 cm e largo 4-9 cm, ha un colore variabile, una forma allungata o ovale, con una polpa cremosa, caratterizzata da un aroma delicato.Il frutto di colore rosso-rosa nasce in Vietnam, mentre quello di colore giallo nasce in Columbia. La Pitahaya rossa è più rotonda di quella gialla e sulla buccia ha delle lingue verdi allungate che avvolgono il frutto.
    La polpa all'interno può essere sia bianca che rossa, con tanti minuscoli semi neri commestibili, è di consistenza gradevole e morbida, con un gusto dolce e un leggero retrogusto aromatico. Prima della completa maturazione la pitaya è verde e ricoperta da minuscole ed affilate spine.

    113b9987155f50d79c



    E’ ricca di vitamina C, specie quella rossa che a quanto sembra è anche più ricca di calcio. La varietà dalla pelle gialla si caratterizza invece per un maggior contenuto di fosforo. Entrambe comunque sono ricche di fibre e sali minerali. Uno studio pubblicato nel 2010 sulla rivista accademica Food Chemistry, stabilisce che la polpa del frutto del drago contiene enormi quantitativi di betacarotene, antiossidanti in genere ed è anche una buona fonte di prebiotici utili a mantenere la flora batterica del nostro intestino viva e attiva. E’ poi anche ricca di licopene, fitoalbumina e vitamina E. I semi invece sono ricchi di acidi grassi polinsaturi a fronte di un contenuto ridotto di acidi grassi saturi.

    Oltre ad essere consumati crudi, la polpa e i fiori possono anche essere cucinati come verdura. I fiori essiccati possono essere utilizzati per la preparazione di infusi. La buccia può essere cucinata come marmellata o gelatina, oppure bollita come tè.

    ..storia, miti e leggende..



    eabdad27cb77
    Originario del Messico e delle Ande settentrionali, faceva parte della dieta dei popoli precolombiani e i suoi semi sono stati trovati in siti antichi di più di duemila anni.
    Subito dopo la sua scoperta da parte degli europei è stato introdotto con successo in Asia, dove adesso si concentra maggiormente la sua produzione, specie in Cina (dagli olandesi) e in Vietnam (dai francesi). Tuttavia si è ben adattato anche alle Isole del Pacifico e lo si trova dall'Indonesia alle Hawaii.
    In Cina, dove fu introdotto subito dopo la sua scoperta, circolava la leggenda che fosse un uovo di drago o che fosse prodotto dal solidificarsi del fuoco di un drago.

    Una diffusa leggenda locale definisce l' hylocereus un potente simbolo di nutrizione. Una leggenda Azteca narra di povere donne azteche che si persero nel deserto, soffrivano per il caldo insopportabile ma non avendo nessuno a cui rivolgersi per chiedere aiuto invocarono un Dio. Un Dio venne e disse loro di una pianta vicino a loro commestibile. Lottando per raggiungerla, una donna fu accecata e vide lampi, allucinazioni di luce rossa, così con quelle visioni decorò l' hylocereus con foglie rosse sparse come fiamme svolazzanti. Nacquero grandi gigli. La donna azteca ripreso conoscenza, ebbe un rapido recupero della forza, labbra screpolate divennero rosee. Nelle leggende azteche, l' hylocereus era considerato come un erba fata, drago di frutta anche noto come fata frutta, Xianmi Guo, a prescindere dei suoi rami, fiori, frutti e radici sono diventate indispensabile come alimento unico.


    Edited by gheagabry1 - 3/10/2019, 20:31
     
    Top
    .
24 replies since 30/10/2010, 13:25   5093 views
  Share  
.