NIBIRU Il Decimo Pianeta

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    NIBIRU



    Il Decimo Pianeta




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    C’è un ipotesi sulla costituzione primordiale del pianeta Terra che descrive un’unica grande massa continentale iniziale, separatasi in seguito al processo geologico conosciuto come la “deriva dei continenti”, a causa del quale quest’unica gigantesca zolla fu lentamente fratturata e separata in blocchi in allontanamento fra loro fino al mutevole punto in cui si trovano oggi.
    In effetti, se osserviamo la mappa della Terra è sorprendente constatare come le sagome delle varie masse continentali coincidano come tessere di un mosaico e come esse, in un tempo remoto, potessero costituire quindi un unico e solo grande continente, PANGEA. Ma, in questo modo, si osserva chiaramente che la massa terrestre occupa circa un terzo dell’intero pianeta, mentre i rimanenti due terzi sono occupati interamente da una enorme massa d’acqua.
    Balza agli occhi un enorme vuoto, la strana mancanza di terra in più di metà del pianeta.

    Anche la ricerca scientifica accetta oggi le teorie concernenti le lastre tettoniche e la loro deriva e si possono trovare numerosi studi che effettivamente mostrano come, un tempo, tutti i continenti della Terra fossero raggruppati in un lato del pianeta. Ma se tutte le masse continentali erano unite da un lato del mondo, sorge la domanda, logica ma non usuale, su cosa ci fosse dall’altro lato. Solo acqua? E’ molto improbabile visto e considerato che proprio tale conformazione geologica avrebbe dato origine alla deriva delle lastre tettoniche per una naturale distribuzione della massa del nostro pianeta rotante.



    La Mitologia Sumerica

    La mitologia Sumerica sulla creazione del mondo, antica di 6000 anni, ci viene in soccorso descrivendo tale mancanza di massa terrestre come un tremendo buco, causato dalla collisione di Tiamat, così chiamavano i Sumeri la Terra, con Nibiru, il “Pianeta dell’Attraversamento”, corpo celeste sconosciuto alla scienza moderna ma, secondo le loro conoscenze di un remoto passato, appartenente, in qualità di Decimo Pianeta, alle profondità del nostro sistema solare.

    In antiche rappresentazioni Sumeriche è evidente l’indicazione di una grande stella, circondata da undici corpi celesti. Questi poggiano su una catena di ventiquattro globi più piccoli. Sarà una pura coincidenza che il numero complessivo di lune o satelliti dei pianeti del nostro sistema solare è esattamente di ventiquattro?

    L’astronomia attuale conosce l’esistenza di nove pianeti: Terra, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone.

    Considerando che i Sumeri ritenevano la Luna come un pianeta, inclusa quindi tra gli undici corpi celesti delle loro rappresentazioni grafiche, è evidente che, in aggiunta ai pianeti conosciuti oggi, essi conoscevano l’esistenza di un undicesimo membro del sistema solare, ovvero quello che loro consideravano essere la casa dei Nephilim, gli dei Annunaki del pianeta Nibiru. Quello che per noi sarebbe quindi, il Decimo Pianeta.

    E’ quindi ipotizzabile e molto probabile che altre forze siano al lavoro nel nostro sistema solare, oltre i nove pianeti che conosciamo.

    Ovunque gli archeologi abbiano scoperto resti dei popoli del Medio Oriente, è ricorrente il simbolo del Globo Alato, dominando templi e palazzi, scolpito sulla pietra, rappresentato in sigilli cilindrici, dipinto sulle pareti. Questo simbolo accompagnava re e sacerdoti, inciso sui loro troni, li ispirava nelle scienze della battaglia e fu inciso sui loro carri.

    Il “pianeta dell’attraversamento”, centrale nei credi religiosi e nell’astronomia del mondo antico, era un elemento interno al sistema solare e la sua grande orbita lo riportava periodicamente nelle vicinanze della Terra. Il segno pittografico per Nibiru era una croce. Questo segno cuneiforme significa anche “Divino” e si è evoluto nei linguaggi Semitici nella lettera tav, che significa “il segno”.

    I popoli antichi, non solo aspettavano il periodico arrivo del pianeta Nibiru ma determinarono una mappa del suo corso celeste. Sulle iscrizioni Sumeriche viene descritto un pianeta che conduce la sua orbita molto oltre Plutone e che, secondo fonti Mesopotamiche, sorge dal sud e si muove in direzione oraria.

    I testi mesopotamici esaltano la radianza del pianeta e suggeriscono che esso potrebbe essere visto anche di giorno, “visibile all’alba, scompare alla vista al tramonto”. Essi parlano della sua apparizione periodica come un evento prevedibile, osservabile e tracciabile. “Il grande pianeta, nella sua apparenza rosso scuro”. Il corpo celeste era conosciuto per i suoi forti effetti gravitazionali e per questo lo si riteneva la causa di diluvi.

    Tutti i popoli del mondo antico consideravano il suo periodico avvicinamento alla Terra come un segno di grandi sconvolgimenti, grandi cambiamenti, nuove ere, grandi piogge, inondazioni e terremoti.

    L’apparizione e la sparizione periodica del pianeta dalla vista della Terra conferma l’assunto della sua appartenenza al sistema solare e potrebbe indicare un’orbita del pianeta Nibiru simile a quella delle comete.

    Alcune interpretazioni delle sorgenti mesopotamiche e bibliche ipotizzano il suo periodo orbitale della durata di 3.600 anni. Il numero 3.600 era scritto dai Sumeri come un grande cerchio. L’epiteto del pianeta, shart, significa “un perfetto cerchio” o “un completo cerchio”. Esso rappresenta anche il numero 3600. L’identità dei tre termini, orbita/pianeta/3600, potrebbe non essere una mera coincidenza.

    Il transito orbitale, nelle vicinanze della Terra, di un grande pianeta dotato di un forte campo gravitazionale, fanno assumere a queste parole del profeta Isaia una particolare intensità.

    “Da una terra lontana essi vennero, dal confine del Paradiso il Signore e le sue armi di terrore vennero a distruggere l’intera Terra. Quindi io agiterò i Cieli e la Terra sarà scossa fuori dal suo posto. Quando il Signore attraverserà, il giorno della sua ira ardente”.



    La Mitologia Egiziana


    L’antica mitologia Egiziana relativa alla teoria del Pianeta dell’Attraversamento coinvolge quella parte del cielo chiamata, dagli antichi Egizi, la Duat. Si ritiene infatti che questa sacra area del cielo, dominata da Sirio ed Orione, segni il perielio nel passaggio di Nibiru, il punto in cui il suo transito risulta più vicino al Sole.

    Osiride è rappresentato nei cieli dalla costellazione di Orione e la dea Iside è rappresentata dalla stella Sirio. Horus, nato da Iside, rappresenta Nibiru, nato nel cielo di Sirio, nel tempo del suo tramonto e del suo sorgere.

    Ma c’è un’altra maggiore figura in questo dramma mitologico, ed è il terribile dio Seth.

    C’è una qualche associazione di questa divinità al pianeta Mercurio. Nell’antica mitologia Egiziana egli è chiaramente identificato con un serpente oscuro o invisibile, oppure come un uomo dai capelli rossi. Seth, il dio dai capelli rossi che nel mito assassinò Osiride, divenne l’oppositore, il Satana Egiziano, e fu descritto come un serpente nero, un maiale nero, un mostro mitico di colore rosso o, semplicemente, come un uomo dai capelli rossi. Un mito simile rappresentava il Sole come un grande gatto, descritto originariamente femmina ma successivamente identificato come un maschio in Ra. Esso combatté con il serpente Apep sotto il sacro albero ad Heliopolis e lo uccise all’alba. In questo mito Seth è identificato con il serpente.

    L’identità mitologica di Seth come un’invisibile stella rossa, simile a un serpente, sembra riferirsi a ciò che conosciamo come Nibiru.

    In questo modo viene descritta una cerimonia dedicata a Seth:

    ”per rendere inoffensivo un nemico, il mago dovrebbe spalmare argilla sui propri piedi, mettendo tra essi la testa tagliata di un asino, strofinarsi la bocca e le mani con il suo sangue. Rivolto al Sole, egli deve tenere un braccio rivolto in avanti e l’altro indietro, e deve rivolgere a Seth-Typhon, il Malefico, la magica frase ritmica: “Tu, terribile, invisibile e potente, dio degli dei, assalitore e distruttore…”.

    E’ qui descritto un dio solare riverito per il suo potere ed il suo dominio, sebbene invisibile.

    Mercurio è situato vicino al Sole e si può dedurre che questi culti fossero dedicati all’invisibile Mercurio del giorno. Ma perché adorare Mercurio nel giorno e non eseguire la cerimonia al crepuscolo o all’alba, quando Mercurio appare come una stella della sera o del mattino? Inoltre, il concetto del terribile potere distruttivo associato con Seth, sembra un elemento estraneo al basso profilo celeste di Mercurio. Questo suscita alcune perplessità e l’ipotesi che Seth sia stato associato al pianeta sbagliato. Per questo dio è necessaria un’identità più potente. Questa immagine potrebbe alludere ad una deità solare, a volte visibile, a volte nascosta dietro il Sole.



    La Dualità

    Nibiru si delinea come una miscela di due deità, Horus e Seth, ciascuna delle quali prende a volte il sopravvento sull’altra. I miti che li circondano tentano di rappresentare la doppia natura della Stella Oscura, un’entità dualistica, composta di bene e male che lottano mitologicamente fra loro, o forse più naturalmente si avvicendano, divenendo qualche volta luminosa, visibile e benefica, più spesso invisibile, oscura e dagli influssi distruttivi.

    Nibiru fu conosciuto sia come forza del bene, il dominio paradisiaco degli dei, ma anche come il grande male potenziale, il cui arrivo nei cieli è segnale di un’imminente distruzione apocalittica.

    Seth è un nero serpente celeste, una deità dai capelli rossi che combatte il Sole. Questa immagine può evidentemente rappresentare il Decimo Pianeta nel suo moto cometario; una stella oscura, avvolta da un alone rosso, che sfida il sole con il suo opposto moto celeste.

    La stella oscura è associata al male ed alla morte degli dei, in accordo con il ruolo catastrofico di Nibiru negli Enuma Elish, ed al terrore che, l’apparizione del Pianeta dell’Attraversamento, suscitava negli antichi.

    Nonostante ciò l’apparizione di Nibiru determinava il tempo di grandi celebrazioni, mentre Anu, Sovrano degli dei Annunaki, giungeva sulla Terra, in visite di stato che segnavano l’avvicendarsi delle epoche.

    I miti che circondano l’apparizione di Nibiru riflettono questa miscela di aspettative, di terrore e speranza nella popolazione del mondo preistorico.

    ”Orsù! Nel mio cuore desidero distruggere completamente ciò che ho creato. Tutto il mondo diventerà una distesa di acqua per mezzo di un grande diluvio, come fu all’inizio, ed io sarò l’unico a rimanere, con nessun’altro eccetto Osiride ed il suo figlio Horus. Io diventerò un grande serpente, invisibile agli dei. Ad Osiride sarà dato potere di regnare sulla morte, ed Horus sarà esaltato sul trono che è posto sull’isola delle fiamme ardenti.”

    Il mito descrive il Diluvio, che ricorre simultaneamente alla scomparsa del dio sole nell’oscurità primordiale. Le catastrofiche conseguenze del viaggio della divinità solare vanno molto oltre quelle prodotte dall’annuale inondazione del Nilo. Il dio sole diventa invisibile nei cieli, diminuendo di dimensione fino a divenire un “piccolo serpente” ed infine “invisibile agli dei”. Questo sembra descrivere l’uscita di Nibiru dal Sistema Solare alla fine del passaggio al perielio, causa di immani catastrofi sulla Terra.

    Horus/Seth nel suo trono di fuoco è direttamente connesso all’altro mito Egiziano della Fenice che, risorgendo dalle ceneri dopo essersi consumata nel fuoco, è anch’essa identificabile con la Stella Oscura ed il suo percorso celeste.

    Molti egittologi sostengono che Horus sia identificato nel Sole, Ra, ma più probabilmente egli è il solare figlio di Iside-Sirio. Gli Egiziani descrivevano due Soli, uno come il donatore di vita, Ra; l’altro come un sole nascosto, l’Horus/Seth, luminoso e oscuro.



    Il Signore dei Due Orizzonti

    Alcuni ritengono che la Duat fosse semplicemente la regione del cielo attraverso la quale il Sole si muoveva durante la notte. Tale convinzione si basa sulla predominanza del culto del dio sole Ra.

    Ma Ra potrebbe non essere Horus, e c’è una forte evidenza che queste due deità solari fossero entità del tutto separate. Il problema è stato la mancanza di un altro sole da permettere l’analisi di due distinti corpi celesti.

    Con una certa naturalezza entrambi le deità sono state ridotte ad un unico Sole. Il culto di Ra sorge dopo il culto di Osiride/Isde/Horus-Seth. La religione Egiziana fu un conglomerato di differenti pantheon di deità, molti di essi importati, e gli Egiziani furono riluttanti a scartare “vecchi dei” in favore di nuovi. In questo modo, la loro mitologia crebbe plasmando un dio in un altro, nello stesso modo in cui la Cristianità fu adattata ad assorbire la religione politeistica che essa rimpiazzava, formando un pantheon di santi da sostituire agli dei decaduti.

    E questo è, probabilmente, ciò che si verificò per il dio sole Horus. In questo modo Horus fu unito a Ra come Harmkhis, e il dio sole di Eliopolis divenne Ra Harmakhis. Il dio falco fu così simboleggiato con il disco alato solare.

    Ma questo è un punto cruciale. Horus fu descritto dagli antichi Egiziani nello stesso modo in cui Nibiru fu descritto dai Sumeri. Dato che la cultura Sumerica è precedente a quella dell’Egitto Dinastico, e che gli Egiziani avevano la passione di idee religione straniere di importazione, è molto probabile che il Pianeta Alato Nibiru fu adorato dagli Egiziani come Horus.

    Gli Egittologi rifiutano l’origine stellare degli antichi culti, particolarmente quello di Osiride ed Iside, nonostante le prove a favore di questa interpretazione fornita dai testi delle Piramidi.
    Horus aveva un numero di differenti nomi, in funzione del tempo e della setta Egiziana che lo adorava. La sua identità come Harmkhis fu quella di “Horus dei Due Orizzonti”, descrivendo l’apparizione di Nibiru in un diverso punto del cielo rispetto a quello di Ra .

    “Così Horus volò al Sole come un grande disco alato, ed egli fu in seguito chiamato “il grande dio, il signore del cielo”. E’ chiaro che Horus e Ra non furono uno e lo stesso, ma piuttosto due separate identità solari. Egli percepiva i nemici di Ra e andava contro di essi come un disco alato.

    E’ quindi del tutto probabile che l’identità di Horus era quella di Nibiru, che si manifestava come un secondo sole nel cielo nelle rare occasioni del suo perielio.

    I Testi delle Piramidi stabiliscono enfaticamente che gli dei sono nati con “Horus ad Est”.

    “Le porte del cielo sono completamente aperte per Horakhti… le porte del cielo sono completamente aperte all’ala per Horus dell’est… vai a… Horakhti all’orizzonte… sul lato est del cielo dove gli dei sono nati”.




    Annunaki

    Ma chi erano gli Annunaki, dei o forse uomini straordinari, gli abitanti del pianeta Nibiru?

    Secondo metodi di analisi comparativa tra le tradizioni mitologiche Sumeriche, Egiziane ed Ebraiche, si può desumere che gli Annunaki molto probabilmente sono gli stessi Dei Egizi del Primo Tempo, i “Compagni di Horus”, come i Nephilim della Genesi biblica, come anche gli antichi dei del Mesoamerica, partiti un tempo remoto per le stelle, con la promessa di un futuro ritorno.
    Gli Annunaki sono“coloro che dal cielo alla terra vennero”, descritti come “giganti extraterrestri”, frequentemente rappresentati con totali o parziali sembianze zoomorfe, dotati di abilità, scienza e poteri mirabili, che crearono l’uomo geneticamente, come un ibrido tra loro e l’Homo erectus. Si ritiene che proprio in virtù dell’elevatissima scienza genetica che possedevano, essi stessi vivessero per migliaia di anni. Provenivano dal pianeta Nibiru ma non necessariamente questo corpo celeste fu la lo origine. Si ritiene più probabile che la loro stirpe traesse origine da Sirio, dalle dirette discendenze stellari di Orione, e che utilizzassero Nibiru come una stazione di collegamento tra tutti i corpi celesti coinvolti nella loro orbita. Molti studiosi moderni ritengono che essi siano giunti sulla Terra ed abbiamo creato l’Homo Sapiens, come una razza di lavoratori che li servissero nell’estrazione dei vari minerali terrestri, in modo particolare l’oro.

    Naturalmente si tratta molto spesso di congetture, formulate da studiosi delle antiche culture Sumeriche, Mesopotamiche ed Ebraiche, e questo lascia un discreto margine alla probabilità che tali ipotesi siano vere solo in parte, condizionate dai filtri mentali, religiosi e culturali, degli studiosi stessi. Inoltre, per rispetto all’intelligenza di chi legge, eviteremo di entrare nel merito delle più o meno fantasiose tornate farneticanti dei vari guru “new age” alla ribalta, che tessono paranoiche ed improbabili cospirazioni di potere, ordite dalle dirette discendenze di sangue, famiglie nobili, reali ed i potenti del mondo riprodottisi fino ai nostri tempi, che gli dei Annunaki avrebbero generato dagli iniziali accoppiamenti con la nostra razza.

    Un potere improbabile appunto, quanto fittizio, sarebbe quello degli uomini e dei loro imperi, di fronte all’imponenza del millenario palazzo volante degli dei, il trono di fuoco nel quale le potente primigenie si manifestano in questo angolo sperduto ed oscuro di universo. Essi sarebbero gli architetti delle Grandi Piramidi, delle Cattedrali, di Stonhenge, Machu Picchu e delle grandi civiltà del mondo, avrebbero costruito imperi e li poi li avrebbero distrutti, giocando, molto seriamente, con una razza al primordio, quali siamo, quali sono molto probabilmente altre, che loro stessi hanno generato altrove, su altri lidi planetari del loro percorso orbitale tra le stelle.

    Tornerà cosi, Nibiru, il Disco Alato, Horus il Sole Vittorioso, a tracciare nei cieli di questo mondo l’annuncio di nuove mutazioni, forse dolorose, forse fatali per molti, e per una parte almeno, di questa civiltà. E’ sconosciuto il destino che ci riserva l’incommensurabile intelligenza dell’infinito, di cui ognuno di noi è la potenziale e perfetta sintesi onnicomprensiva, ma dopo aver visto la realtà e goduto di essa, nulla evita di guardare verso ciò che, a causa di essa, si distrugge.
    Dopo aver lasciato il suo seme, ripartirà così il Sole Alato, verso le sorgenti di Orione, la stella rossa svanirà rapidamente oscillando in prossimità del Toro e dell’Ariete. Si perderà infine nella più profonda oscurità, come il serpente oscuro, signore degli abissi siderali, Seth, ancora una volta, il dio del Silenzio.

    Come un serpente che si morde la coda, l’invisibile sentiero della stella oscura riconduce ad Iside, nel grembo stellato della Madre, rigenerando nuove glorie, eterne verità ed altri, infiniti mondi, e tracciando nel cielo un gigantesco Ouroboros, che riveli agli dei il senso perfetto del loro cammino.









    Bibliografia:



    - Dei dell'altro universo - Colin Wilson, PIEMME

    - Il Pianeta degli Dei - Sitchin Zecharia, PIEMME
    - Le Astronavi del Sinai - Zecharia Sitchin, PIEMME
    - Gli Dei dalle lacrime d'oro - Zecharia Sitchin, PIEMME
    - Il Pianeta degli dei - Zecharia Sitchin, PIEMME
    - Il Mistero di Sirio - Robert Temple, PIEMME
     
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    ZECHARIA SITCHIN E IL RITORNO DI NIBIRU, IL PIANETA X
    di Luca Scantamburlo




    Sigillo accadico del III millennio a.C. catalogato con la sigla VA/243,
    conservato al Museo di Berlino, in cui è riprodotto il Sistema Solare,
    costituito dal Sole e da altri undici globi o pianeti.


    Non siamo soli nel "Sistema Solare". Lo storico orientalista russo preconizza il ritorno di Nibiru, decimo pianeta del Sistema Solare conosciuto ed adorato dagli antichi Sumeri.

    PSEUDOCOSCIENZA O IMMINENTE CAMBIAMENTO DI PARADIGMA?
    Nei due numeri precedenti di questa rivista ci siamo occupati rispettivamente del "Secretum Omega" (sulla scorta della sconcertante testimonianza del free-lance Cristoforo Barbato, suffragata per altro da alcune prove documentarie provenienti da fonte autorevole e verificata, ed inserite tutte in un medesimo contesto coerente di circostanze, fatti e testimonianze) e degli indizi nel mondo scientifico-ufficiale dell'esistenza di un Decimo Pianeta del Sistema Solare orbitante come una cometa ed avente un periodo orbitale di circa 3600 anni.
    Con questo nostro servizio andiamo direttamente al cuore archeologico della questione presentando ai nostri lettori i contenuti di un'esclusiva intervista con il celebre sumerologo ed orientalista russo Zecharia Sitchin il quale, pur non essendo un membro dell'Establishment accademico-scientifico, è uno studioso capace di una ricerca ed una divulgazione scientifica che nulla hanno da invidiare agli accademici-cattedratici acclamati dai media televisivi.
    Anzi, a mio avviso è proprio perché l'orientalista russo è rimasto uno studioso indipendente che è riuscito a condurre le sue ricerche e a potersi esprimere abbastanza liberamente, conquistandosi negli anni con il suo rigore e la sua logica stringente un pubblico affezionato di lettori di tutto il mondo avvinti dalla sua straordinaria capacità di effettuare studi comparati (sia di tipo sincronico sia diacronico), raccordando campi diversi del sapere come antropologia, archeologia, filologia, storia, genetica, astronomia ed astronautica.
    Uno studio certamente sui generis ma che ha saputo brillantemente dimostrare come la scienza moderna, figlia del metodo galileiano, stia man mano soltanto riscoprendo conoscenze astronomiche e biologiche già note in epoca antica nella "Terra fra i due Fiumi", la Mesopotamia, ovvero l'attuale Iraq.
    Terra ove esse, secondo i testi antichi, furono tramandate agli uomini da "dei in carne ed ossa". Per non parlare poi di come Sitchin è in grado di coniugare elegantemente due tesi apparentemente agli antipodi: creazionismo ed evoluzionismo.

    CHI E' ZECHARIA SITCHIN
    Nato in Russia e cresciuto fra Israele e Palestina, dove ha praticato la professione di giornalista, Sitchin si è laureato a Londra in Storia Economica alla "London School of Economics and Political Science".
    Lo studioso, profondo conoscitore delle lingue semitiche e della scrittura cuneiforme, vive e lavora a New York da più di trent'anni. Egli da diverse decadi sostiene che alcune centinaia di migliaia di anni fa da un pianeta intruso nel Sistema Solare discesero sulla Terra delle creature senzienti (chiamati Anunnaki in sumero, Nephilim in termini veterotestamentari: letteralmente "coloro che scesero dal Cielo sulla Terra"), le quali operarono a livello d'ingegneria generica sugli ominidi incontrati in Africa, creando così l'"Homo sapiens sapiens" a cui diedero conoscenze matematiche, legislative ed artistiche per edificare le prime civiltà umane note.
    In Italia le, per certi versi innovative ma difficilmente contestabili, teorie del dr. Zecharia Sitchin sono state protagoniste più volte della stampa di nicchia in relazione a missioni spaziali segrete: riviste del settore ufologico (per esempio il magazine "UFO Network", numeri 3, 4 e 7 anno 1999, e "Dossier Alieni" n. 19 e n. 20 anno 1999) e del campo dei miti e delle civiltà scomparse.
    Per quanto riguarda la diffusione di tali teorie nell'ambito di convegni ed incontri culturali aperti al pubblico, un ruolo di primo piano lo ha avuto in Italia il biologo e giornalista pubblicista Giorgio Pattera il quale, in qualità di responsabile scientifico del Centro Ufologico Nazionale e come membro del Centro Culturale di Ricerche Esobiologiche Galileo di Parma, negli ultimi anni ha organizzato e tenuto convegni sugli studi di Zecharia Sitchin e sul mito del dio-pianeta Nibiru/Marduk. La voce di Pattera è stata purtroppo sinora una voce nel deserto, fatta eccezione per l'unica visita di Sitchin in Italia avvenuta sei anni fa e passata un po' in sordina (a Bellaria nel 2000, ove inoltre il sumerologo russo ebbe un proficuo scambio di opinioni con Monsignor Corrado Balducci, eminente teologo e demonologo della Santa Sede).

    LE CONFERME DELL'ARCHEOLOGIA E DELLA MODERNA ASTRONOMIA
    All'estero invece Zecharia Sitchin ha riscosso maggiore successo mediatico, concedendo interviste alle più importanti televisioni europee. Negli Stati Uniti d'America uno dei primi autorevoli quotidiani a menzionare le ricerche dello studioso russo fu il "Detroit News" (16 gennaio 1981 3), il quale pubblicò in prima pagina una notizia diffusa ad un meeting dell'"American Astronomical Society" ad Albuquerque, nel Nuovo Messico, dall'astronomo Thomas (Tom) c. Van Flandern del "U:S. Naval Observatory" (una sezione della "U:S. Navy").
    Secondo Van Flandern, dopo accurati calcoli teorici sulla base delle anomale perturbazioni orbitali di Urano e Nettuno, un corpo celeste più grande della Terra (almeno il doppio) è in orbita attorno al Sole con un periodo orbitale di almeno 1000 anni. L'articolo pubblicato dal quotidiano statunitense era corredato dalla foto di un sigillo accadico del Museo di Stato di Berlino catalogato VA/243 e datato 2500 a.C. 5, probabilmente copia di un originale sumero, che rappresenta quasi sicuramente il nostro Sistema Solare ma sorprendentemente (per l'epoca) secondo la teoria eliocentrica, annoverando inoltre tutti i pianeti del sistema più uno ancora oggi sconosciuto all'astronomia ufficiale.
    È da tale antico sigillo raffigurante dodici globi (oltre che dalla cosmogonia narrata nel poema epico babilonese della creazione, "L'Enuma Elish", cioè "Quando nell'alto") che Zecharia Sitchin prese spunto per intitolare il suo primo saggio: "Il dodicesimo pianeta", considerando il Sole, la Luna, i 9 pianeti del Sistema Solare conosciuti e un decimo membro del sistema: Nibiru, "pianeta dell'attraversamento".
    L'esistenza di quest'ultimo oggetto celeste chiamato Nibiru dai Sumeri e Marduk dai Babilonesi, che farebbe ciclicamente la sua comparsa all'interno del Sistema Solare (non si sta parlando di un oggetto della Fascia di Edgeworth-Kuiper), sembra essere patrimonio storico di diversi popoli, oltre che un dato di cronaca riportato su diversi testi (inclusa la Bibbia nelle parole di Isaia e dell'Apocalisse di Giovanni).

    L'ULTIMO TRANSITO DI NIBIRU: DURANTE L'ESODO?
    Riponiamo per esempio una notizia raccolta dallo scomparso psichiatra russo Immanuel Velikovsky (Vitebesk, Russia, 1895 - Princeton, USA, 1979), maestro degli studi storici sincronici.
    Più di cinquant'anni fa Velikovsky (che fu anche buon amico di Albert Einstein) scrisse un saggio intitolato "Mondi in collisione" (Worlds in Collision), giudicato dal quotidiano americano "New York Times" un "terremoto letterario". Ebbene, leggendo il testo ho notato che Velikovsky nel suo saggio forse parla proprio di Nibiru. In diverse parti egli menziona le tradizioni mesopotamiche, includendo Tiamat (dio-pianeta citato da Sitchin nei suoi libri, originariamente presente in luogo della fascia degli asteroidi) ed una battaglia cosmica avvenuto nell'antico passato. A pagina 76 dell'edizione italiana egli scrive a proposito di una "cosrnic battle"; parla di una lotta fra Giove (Jupiter) e Tifone (Typhoon) raccontata da Apollodoro e Strabone. Ma egli cita anche un testo intitolato "De cometis tractatus novus methodicus", scritto da Rockenbach (1602, Wittenberg), dove Rockenbach racconta di un "globus immodicus" (globo immenso) visto dagli Israeliti durante la fuga daIl'Egitto. Il colore del globo era rosso sangue ("red blood").
    Potrebbe essere stato un avvistamento del passaggio di Nibiru creduto allora una gigantesca cometa rossa?
    Infatti, secondo le traduzioni delle tavolette d'argilla incise in caratteri cuneiformi, il pianeta da cui provengono gli antichi dei mesopotamici sarebbe proprio di colore rossastro:

    "Il grande pianeta,
    d'aspetto rosso scuro.
    Il cielo divide a metà
    E si presenta come
    Nibiru."(1)

    La data in cui è collocato l'Esodo degli Israeliti dall'Egitto è ancora oggi controversa: un epigono di Sitchin, il giornalista turco Burak Eldem, situa l'ultimo passaggio di Nibiru proprio in concomitanza con l'Esodo e le piaghe d'Egitto, Esodo che secondo lui sarebbe avvenuto nel 1649 a.C..
    Sitchin invece lo situa nel 1433 a.C. (vedi il saggio "L'altra genesi", in inglese "Genesis Revisited", 1991).
    In ogni caso è davvero significativo come recentemente una nuova scoperta scientifico-archeologica abbia retrodatato di cento anni l'esplosione dell'isola di Thera (l'attuale Santorini), che coincise con la fine della civiltà minoica: da sempre collocata nel 1500 a.C., la spaventosa e potentissima eruzione vulcanica è stata ora spostata ad un periodo compreso fra il 1660 ed il 1613 a.C. attraverso la tecnica al radiocarbonio 14 applicata ad un pezzo d'olivo seppellito nella lava. L'analisi in laboratorio è stata condotta da due diverse équipe, una danese e l'altra americana.
    Questa sensazionale scoperta, ed una precedente in cui un team danese, estraendo carote di ghiaccio in Groenlandia, scoprì uno strato di ceneri datato proprio intorno al 1650 a.C., sembrano proprio dare credito alla teoria di Burak Eldem, perché è chiaro che l'ultimo transito di Nibiru non può aver avuto effetti solo in terra d'Egitto.
    Del resto, lo stesso Sitchin ha detto anni fa in un'intervista televisiva che il periodo orbitale di Nibiru è pari a 3600 anni "roughly", cioè "approssimativamente".
    Probabilmente Sitchin (la mia è soltanto una ipotesi) sa molto di più di quanto vuole fare intendere, come già sottolineato da Cristoforo Barbato nell'intervista da lui concessa, e a mio avviso lo studioso russo è evidentemente costretto alla prudenza (forse dal suo personale senso di responsabilità e da forze più grandi di lui) su certi aspetti del ritorno di Nibiru e sulla realtà degli Anunnaki.

    IL SIGILLO ACCADICO AL MUSEO DI STATO DI BERLINO E L'ASTROFISICO CARL SAGAN
    Ora torniamo al sigillo accadico del III millennio a.C. conservato al Vorderasiatische Abrteilung del Museo di Stato di Berlino e di cui abbiamo discusso prima. È stato forse citato nella letteratura saggistica da qualcun altro prima di Sitchin, sempre in prospettiva paleoastronautica?
    Ebbene la risposta è sì.
    L'autore in questione, che ha anticipato l'orientalista Zecharia Sitchin di ben 10 anni, è un vero e proprio gigante della scienza astronomica statunitense e mondiale: l'astrofisico Carl Edward Sagan (New York, 1934 - Seattle, 1996), vincitore di un Premio Pulitzer, docente alla Cornell University e specialista in esobiologia e planetologia.
    Sagan, autore di diversi saggi e di più di 600 articoli a carattere scientifico, partecipò alle missioni della NASA Mariner e Viking, e giocò un ruolo di primo piano nelle missioni Pioneer 10-11 e Voyager 1-2. Il pubblico europeo lo ricorda soprattutto come autore del romanzo di fantascienza "Contact" (1985), trasposto cinematograficamente nell'omonimo film diretto da Robert Zemeckis (USA, 1997), ed interpretato da Jodie Fostet e Matthew McConaughey.
    Proprio nel suo primo saggio di divulgazione scientifica, scritto a due mani con l'astrofisico sovietico J.Š. Šklovskij, così il professore statunitense scriveva nel capitolo 33 a proposito degli antichi Sumeri e di un sigillo accadico (cioè assiro-babilonese):
    "Nell'illustrazione vediamo che il cerchio centrale è circondato da raggi e che può essere identificato molto chiaramente come un sole o una stella. Ma come dobbiamo interpretare gli altri oggetti che circondano ciascuna stella? È quanto meno un assunto naturale che rappresentino i pianeti [...]. Il sigillo cilindrico nell'illustrazione presenta, curiosamente, nove pianeti attorno al sole prominente in cielo (e leggermente più a destra, due pianeti minori) [...]" .
    La cosa davvero straordinaria è che Sagan non bolla il tutto come "l'inconscio degli uomini dell'antichità" (possibilità che rimane aperta, egli precisa). Egli conclude il suo discorso sulle civiltà mesopotamiche e sui loro miti dicendo: "Ma storie come la leggenda di Oannes e rappresentazioni specialmente delle civiltà più antiche comparse sulla Terra meritano uno studio critico molto più approfondito di quanto non si sia fatto sinora, e la possibilità di un contatto diretto con una civiltà extraterrestre dev'essere tenuta presente come una fra le molte possibili interpretazioni alternative."
    Sagan nel suo scritto di allora (1966) fa proprio riferimento al sigillo accadico VA/243 del Museo di Stato di Berlino.
    Per il lettore più scettico si raccomanda di consultare la pagina 325 del testo citato, ove la didascalia recita così: "Il sigillo si trovava prima della guerra [la seconda guerra mondiale] nella Vorderasiatische Abreilung der Staatlichen Museen a Berlino. (Riprodotto da H. Frankfort, Cylinder Seals, Macmillan, London, 1939)."
    Tale sigillo è diventato il punto archimedo delle tesi del sumerologo Sitchin al quale l'astrofisico statunitense sembra aver passato idealmente il testimone. Inoltre, proprio sulla copertina dell'edizione americana di "Contact" (1985), lo scienziato statunitense si è fatto ritrarre appoggiato ad una parete mentre sullo sfondo è chiaramente visibile uno dei simboli di Nibiru: il globo alato, tramandato per secoli e secoli e presente un po' in tutto il Medioriente. Una foto davvero curiosa, come è curioso il fatto che nel disco fonografico di 12 pollici di rame e rivestito in oro, contenuto nelle sonde Voyager 1-2 della NASA e destinato ad un'ipotetica civiltà extraterrestre, sono incisi oltre ad immagini e suoni anche i saluti in 55 lingue diverse. Fra di esse la lingua sumera, accadica ed ittita. I saluti cominciano proprio con la lingua sumera, scelta appositamente dal team della NASA guidato allora da CarI Sagan.

    LA FACCIA DI CYDONIA: LA TOMBA DI ALALU, RE DI NIBIRU ESILIATO SU MARTE?
    Richard C. Hoagland (USA, 1946) è stato consulente per la NASA (organizzatore di eventi mediatici al "Goddard Space Flight Center" nel Maryland), giornalista scientifico per la CBS e la NBC, direttore della rivista "Star & Sky", presentatore per la CNN e vincitore della Medaglia Angstrom. Egli è fra i più celebri e preparati ricercatori statunitensi di frontiera.
    Nel 1970 Hoagland, insieme ad Eric Burgess, ebbe l'idea di decorare la fiancata delle sonde spaziali Pioneer 10-11 con un messaggio ideografico per un'ipotetica civiltà extraterrestre, messaggio che poi è stato elaborato e realizzato da CarI Sagan e dal suo team della NASA. Inoltre Hoagland ha fondato il gruppo "Enterprise Mission" dedicato alla studio di ipotetiche strutture artificiali presenti soprattutto sulla superficie del Pianeta Rosso e, come si evince dal nome dell'associazione, essa è dedicata all'amico Gene Roddenberry, creatore della saga di Star Trek.
    Hoagland è un conferenziere straordinario che si dedica sin dal 1983 allo studio delle anomalie marziane rilevate fotograficamente dalle sonde americane. Nonostante egli abbia formulato talvolta alcune congetture pretestuose, ha avuto il grande merito di tenere desto l'interesse per l'esplorazione del Sistema Solare alla ricerca di manufatti alieni e di resistere anche al dispetto del rilascio da parte della NASA d'informazioni fotografiche alterate e ambigue. Infatti nel 1998 la NASA rilasciò alla stampa una foto della regione di Cydonia di Marte che deluse le aspettative di quanti chiedevano a gran voce un'immagine della cosiddetta "Faccia" con maggiore risoluzione (frames Viking Orbiter 1, n: 35A72 e 70A13, regione Cydonia Mensae, 41° lat. Nord, anno 1976), una montagna a forma di volto che sembrava guardare verso lo Spazio.
    L'immagine scattata dalla sonda "Mars Global Surveyor", subito soprannominata "Carbox picture" per la somiglianza ad una lettiera per gatto, mostrava una formazione orografica del paesaggio marziano molto lontana da quella ripresa dalle sonde Vlking nel 1976. In realtà la foto originale fu processata informaticamente in modo anomalo. Di questo Hoagland s'accorse subito e fu "irremovibile sull'esistenza del Volto" e liquidò le impressioni sulla nuova immagine come "stronzate".
    Altri ricercatori, strenui difensori dell'esistenza di strutture artificiali marziane, come l'ingegnere Mark J. Carlotto e Stanley C. McDaniel, inizialmente non compresero di essere stati depistati da un'immagine digitale non corrispondente alla realtà: essa aveva infatti perso molte caratteristiche prospettiche del rilievo marziano (mancava di contrasto e sembrava scavata). Tuttavia nuove immagini scattate nel 2001 dalla "Mars Global Surveyor" (MGS) e dalla "Mars Odyssey" del 2002, mostravano inequivocabilmente la "Faccia" su Marte con maggiori dettagli.
    Dunque un rilievo marziano a forma di volto è presente sulla superficie del Pianeta Rosso. Una volta supposta la sua origine artificiale, chi l'avrebbe scolpito e perché?
    Accantonato definitivamente lo storico e risibile commento della NASA del 1976 ("gioco di luci ed ombre"), a questa domanda forse proprio Zecharia Sitchin può darci una possibile risposta: nel suo libro intitolato "The Lost Book of ENKI" racconta la storia degli Anunnaki sin dal loro primo sbarco sulla Terra. Sitchin, trascrivendo il testo delle tavolette dell'"Atra Hasis", menziona proprio una "grande montagna rocciosa" su Marte che fu scolpita "con i raggi" per ricordare "l'immagine di Alalu", monarca di Nibiru deposto dai suoi sudditi e morto in esilio proprio sul Pianeta Rosso.
    Il testo di Sitchin, pubblicato negli Stati Uniti per la prima volta nel 2002, è tuttavia una mera traduzione dell'antico testo mesopotamico e non acclude alcun commento dell'orientalista russo.
    L'unica osservazione di Sitchin in proposito che ho trovato è riportata nel suo libro "L'altra genesi", alle pagine 301 e 302 dell'edizione italiana Piemme, ma allude ad alcune analogie con la piana di Giza in terra egiziana e non parla di una possibile connessione con la tomba del re di Nibiru di cui tratta la Quarta Tavoletta riportata ne "Il Libro perduto del dio Enki" (Piemme).
    Sitchin comunque conosce il lavoro del gruppo "Enterprise Mission" di Hoagland, tant'è vero che così si esprime: "Anche se Hoagland fu attento a non sbilanciarsi, dedicò numerose pagine ai miei scritti nel suo libro "The Monuments of Mars" e alle prove sumere relative agli Anunnaki."

    ORIGINE ED ABITABILITA' DI NIBIRU
    Quale potrebbe essere l'origine di questo probabile decimo membro del Sistema Solare (il Pianeta X)?
    Secondo gli antichi testi mesopotarnici esso è originario dello spazio profondo.
    Chiediamoci: è verosimile che un pianeta possa essere espulso dal suo alveo celeste originario, vagare nel cosmo ed infine essere catturato dal campo gravitazionale di una stella vicina?
    Perché no?
    li Sole ha nelle sue immediate vicinanze il sistema stellare del Centauro (circa 4,3 anni luce) e il sistema stellare di Sirio: il primo un sistema triplo, mentre il secondo un sistema stellare binario. Ebbene, la compagna di Sirio (Sirio era conosciuta anche come Sothis ed è la brillante stella della costellazione del Cane molto venerata in antichità, a circa 8,7 anni luce di distanza da noi) è una stella nana bianca, incredibilmente già nota nei secoli passati al popolo dei Dogon del Mali.
    Una nana bianca è lo stadio finale di una stella che è passata attraverso la fase di gigante rossa. Non sostiene reazioni nucleari ed è destinata a raffreddarsi progressivamente diventando una nana nera.
    Un'altra nana bianca è la compagna della stella Procione, ad 11 anni luce dal Sole nella costellazione del Cane Minore.
    Anche il nostro Sole, al termine .del suo ciclo, diverrà una gigante rossa che probabilmente vaporizzerà Mercurio e Venere e renderà la Terra un deserto sterile privandola della sua atrnosfera.
    Cosa accadrà agli altri pianeti? E se essi, e la Terra, subissero anche uno spostamento orbitale nel momento in cui il Sole diventerà una nana bianca espellendo la sua materia nello spazio?
    Se Nibiru apparteneva ad un altro sistema stellare (come quello di Sirio, per esempio) potrebbe essere stato espulso dalla sua orbita con un meccanismo simile ma molto più violento, e catturato dopo centinaia di migliaia di anni dal campo gravitazionale del Sole.
    Robertino Solarion, che ha sviluppato le idee di lmmanuel Velikovsky, Zecharia Sitchin e RA. Boulay, sostiene proprio che un pianeta del Sistema stellare di Sirio (all'incirca della dimensione di Nettuno) fu proiettato al di fuori della sua orbita verso la nostra direzione, finché il Sole lo catturò costringendolo ad un orbita cometaria.
    Ma può la vita sopravvivere su un pianeta orfano del calore e della luce della sua stella?
    Intanto di quasi certo c'è che la sonda Cassini (missione spaziale NASA-ESA) ha individuato geyser di acqua nel polo Sud di Enceladus, una delle lune di Saturno.
    Questo presuppone l'esistenza di acqua liquida in profondità, almeno così pensa la dottoressa Carolyn Porco, responsabile del CICLOPS (Cassini Imaging Central Laboratory for Operations).
    Carolyn Porco parla di criovulcanisrno, una forma di vulcanisrno freddo, responsabile dei getti d'acqua. Anche la sola presenza di nuclei radioattivi irradianti calore dal nucleo porrebbe sostenere l'ipotesi di energia endogena, senza tirare in ballo le forze mareali di attrito indotte da Saturno.
    A proposito del calore interno di un pianeta solitario, così si esprime Martin Rees, asrrofisico di fama internazionale e professore emerito alla Cambridge University: "Forse la vita può svilupparsi e prosperare perfino su un pianeta scagliato nella gelida oscurità dello spazio interstellare, la cui principale fonte di calore è la radioattività interna, cioè lo stesso processo che scalda il centro della Terra."

    LE RICERCHE DI R.S. HARRINGTON SUL PIANETA X
    Tom Van Vlandern lavorò con il collega astronomo Robert Sutton Harrington (Newpon News, VA, 21 ottobre 1942 - 23 gennaio 1993) allo "US. Naval Observatory" a Washington, e proprio Van Vlandern persuase Harrington dell'esistenza del Pianeta X.
    Ufficialmente Harrington mori di cancro esofageo ma, oltre alla emblematica risposta di Sitchin con tanto di reticenza finale, ho trovato un'incongruenza fra l'attività lavorativa finale di Harrington e le sue note biografiche presenti sul sito ufficiale del "US. Naval Observatory" a cura di un suo collega: Charles E. Worley, del Dipartimento di Astrometria dello "U S. Naval Observatory". Ad un certo punto Worley dice che sul finire della sua carriera Harrington sembrava "quite skeptical" sull'esistenza del Pianeta X, cioè "piuttosto scettico".
    Ora, chi ha potuto vedere la video-intervista di Sitchin ad Harrington (1990) e leggere l'ultimo scritto scientifico dello scienziato sul Pianeta X (1991), s'accorgerà che in proposito l'astronomo statunitense era tutt'altro che scettico negli ultimi anni della sua vita e dunque l'affermazione di Worley è quanto meno sospetta, quasi fosse stata concepita ad hoc per confondere le acque e ridimensionare la questione del Decimo Pianeta del Sistema Solare.
    Del resto, i significativi puntini di sospensione di Sitchin (l'intervista concessa ad "UFO Notiziario" è per iscritto) (2) sono stati apposti dallo storico russo e non sono frutto di un editing a posteriori. Chi ha orecchie per intendere intenda.
    Concludiamo la nostra introduzione (lunga ma doverosa) all'intervista a Zecharia Sitchin accennando ad un misterioso cartello pubblicitario fotografato in una strada di Mosca ed apparso nell'ottobre 2001. Ne ignoriamo sia la finalità sia l'autore, ma la scritta in russo è chiara: significa "sta arrivando un nuovo pianeta".
    Le parole in cirillico campeggiano su un disegno del Sole e di un planetoide rosso scuro. Un avvertimento sibillino ma di rapida veicolazione fra la gente?
    Non lo sappiamo, ma non ci stupirebbe se qualcuno "ai piani alti" volesse informare attraverso canali non ufficiali di una realtà scomoda e potenzialmente destabilizzante.
     
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  3. tappi
     
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    GRAZIE
     
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  4. ZIALAILA
     
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    Grazie Gabry

    ho letto alcuni libri di Sitchin : sono molto interessanti perche' propongono teorie alternative a quelle per cosi' dire ufficiali sull'origine della Terra e delle civilta' sulla Terra ....
    ... non sono libri di pura fantasia ... a sostegno delle sue tesi porta numerosi riscontri archeologici e miti raccontati nei libri del passato , miti comuni a molte civilta'
     
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    grazie gheaaa
     
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