CIOCCOLATO

il cibo degli Dei

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  1. gheagabry
     
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    Storia del CACAO cibo degli dei






    Il termine scientifico con il quale si indica il cacao, “theobroma cacao” (in greco "cibo degli dei"), venne assegnato da Carlo Linneo nel 1735.
    Pianta originaria dell'America tropicale, dai frutti a forma di grosse bacche (cabosse) contenenti numerosi semi, che secondo la leggenda sarebbe stata donata agli uomini dal dio serpente piumato, chimato dagli aztechi Quetzalcòatl.
    Il nome "cacao" deriverebbe da una parola d'origine proto amerinda, pronunciata "kakawa", risalente a circa il mille a.C.
    In quelle terre i semi della pianta venivano utilizzati non solo in campo alimentare, ma anche in quello religioso, terapeutico ed economico. Per gli indios i chicchi di cacao erano sia un simbolo centrale nei riti di prosperità, battesimo o matrimonio, sia una medicina magica capace di guarire ogni malattia della mente e del corpo (ess. eritemi, diarrea o mal di stomaco).




    Anche il sistema monetario era basato sulle fave di cacao e le fonti tramandano tabelle di riferimento: un seme valeva l'equivalente di quattro pannocchie di mais, tre semi servivano per comprare una zucca o un uovo di tacchino, e che con cento si poteva entrare in possesso di una canoa o di un mantello in cotone.
    Negli stati centro americani le bevande ottenute con il cacao potevano essere diverse, classificate in base alla qualità dei semi e degli ingredienti associati. Famosa era la “pasol”, cacao abbinato al mais, che confezionata in forma di palline avvolte in foglie di banana diventava alimento corroborante di facile trasporto, da consumarsi dopo l'immersione in acqua calda.
    Lo storico milanese Benzoni nella sua “Historia del mondo nuovo” (1565) così presenta il cacao e la mistura da esso derivata:
    “Il cacauate è la lor moneta e la produce un albero non troppo grande” che “non vive se non in luogo calido, e ombroso, e se fosse toccato dal sole morirebbe... il suo frutto è a modo di mandorle, e nasce in certe zucche di grossezza e larghezza quasi come un cocomero… lo mettono al sole a sciugare, e quando lo vogliono bevere, in un testo lo fanno seccare al fuoco, e poi con le pietre… lo macinano, e messolo nelle sue tazze… a poco a poco distemperatolo con acqua, e alle volte con un poco del suo pepe, lo beono, il quale più pare beveraggio da porci che da huomini”.
    Non si può stabilire con certezza il momento in cui il cacao sarebbe approdato in Europa. Molti libri hanno attribuito a Cortés questo merito, ma non esisterebbe una prova documentata di tale ipotesi.
    La prima opportunità che il conquistatore spagnolo avrebbe avuto, risalirebbe al 1519, quando inviò a Carlo V una nave carica del bottino accumulato in Centro America, ma negli elenchi delle merci spedite non risulta traccia di cacao.




    La seconda occasione potrebbe essersi manifestata nel 1528, quando Cortés si presentò alla corte del suo sovrano portando con se una campionario sbalorditivo delle ricchezze del Messico, ma anche in quel caso non abbiamo trascrizioni dettagliate.
    La prima prova scritta dell’apparizione del cacao nel Vecchio Mondo, proviene dalla documentazione della visita di una delegazione di frati domenicani, ritornati da Verapaz dopo un tentativo di sottomettere i nativi. Era il 1544 quando i religiosi condussero una rappresentanza di nobili Maya in visita a Filippo di Spagna; sembra che gli ospiti, vestiti negli abiti tradizionali del proprio paese, offrirono al principe molti doni tra i quali una bevanda scura, pastosa, chiamata "xocoatl", proveniente dai semi del cacao.
    Indipendentemente dall'identificazione di chi avrebbe introdotto il cacao in Europa, bisogna ricordare che durante il ‘500 la Spagna e i territori del Nuovo Mondo erano in costante contatto, e il passaggio dei semi potrebbe essere avvenuto attraverso le linee di comunicazione fra i conventi del Centro America e le rispettive case madri di Spagna. In ogni caso il commercio transoceanico del cacao iniziò solo nel 1585, anno in cui il primo carico di chicchi raggiunse Siviglia da Veracruz.






    Se nel Cinquecento e nel Seicento la cioccolata importata dall’America Centrale si diffuse unicamente come bevanda, fu nel Settecento che il cacao conobbe impieghi assai diversi.
    Non solo la dolce cioccolata, nelle colazioni e nelle merende di ricchi, ecclesiastici, nobili e gaudenti, ma anche l’amaro cacao ingrediente indispensabile di piatti dolci e salati.
    Anche se in Italia le prime ricette di cibi contenenti il cacao apparvero già verso il 1640, furono i cuochi delle classi facoltose del XVIII sec. ad inventare ricette astruse e bizzarre.
    Eccovi un elenco delle preparazioni più conosciute:
    - sanguinaccio dolce, fatto con sangue di maiale, zucchero, spezie e cioccolato (tuttora in auge al Sud Italia);
    - pappardelle di cioccolata (attestate in un menù dei magistrati di Lucca);
    - lasagne con sugo di cioccolata, mandorle, noci e acciughe (realizzate dal cuoco maceratese Antonio Nebbia);
    - polenta nera, prepararata con briciole di pane, cioccolato, burro, mandorle e cannella (Trento);
    - melanzane al cioccolato, fritte e dorate per poi essere intinte in una salsa al cacao (Costa Amalfitana);
    - minestra di cioccolato, con cacao, latte, zucchero, cannella e tuorlo d’uovo (servita versata su un crostino).
    Questa sperimentazione culinaria era così largamente diffusa che già nel 1736 il poeta Francesco Arisi sentì il dovere di stigmatizzarla nel suo ditirambo “Il Cioccolato”.
    Fra i bersagli c’erano gli stupidi che soffiavano via la schiuma dalla tazza di cioccolata, quelli che la bevevano con il brodo, e i cuochi che la rinchiudevano nei pasticci di carne.




    CIOCCOLATO O CIOCCALATA?






    La differenza di genere tra “cioccolato” o “cioccolata” affonderebbe le sue radici nelle varianti di preparazione intervenute nel corso del tempo.
    Al momento della scoperta del cacao e della sua successiva importazione in Europa, con “cioccolato” si indicava quasi esclusivamente la bevanda piccante e amarognola preparata alla maniera sudamericana, che donava forza e vigore a chi riusciva a sorbirla tutta di un fiato con un gesto maschio.
    Ancora all'inizio del '600 la ritualità della sua preparazione era immutata poi, per la perdita della componente amarognola piccante in favore d’ingredienti più gentili, il cerimoniale di degustazione cambiò. La bevanda iniziò ad essere elaborata con movimenti morbidi, ed il "rude cioccolato" bevuto in un solo fiato, diventò la "dolce cioccolata" da degustare lentamente.
    Dalla metà dell’800 con il successo dell’industria del cacao, netta fu la distinzione fra i termini:
    -cioccolato, alimento nella versione solida;
    -cacao, polvere dolce o amara solubile o no per dolci e bevande;
    -cioccolata, bevanda calda.
    Oggi un buon cioccolato acquistato o preparato in casa dev'essere: liscio, brillante, privo di cavità, di facile rottura e dal profumo gradevole. Inoltre deve sciogliersi completamente in acqua, senza lasciare residui, non contenere più del 50% di zuccheri, e per nessun motivo farina o fecola.




    Tipologie e caratteristiche organolettiche del cioccolato
    Cioccolato bianco
    Di color avorio, lucido con profumo intenso, ricco e persistente; con sentori di latte, burro, vaniglia e biscotto; gusto dolce molto marcato, aroma intenso e persistente.
    Cioccolato al latte
    Di color marrone chiaro, lucido con profumo persistente, ricco e un aroma pieno di caramello e cacao. Al palato ha una buona fusibilità e una quantità percettibile di grassi; inoltre ha una struttura croccante. Gusto dolce con una leggera nota di amaro del cacao. Aroma intenso e persistente.
    Cioccolato mi-doux
    Mix di cioccolato al latte e fondente, colore marrone lucido, profumo intenso e persistente di cacao, caffè tostato e liquirizia. Buona fusibilità in bocca e struttura croccante. Gusto dolce con nota di amaro. Gusto intenso e persistente.
    Surfin
    Colore marrone intenso, lucido con profumo intenso, forte e ampio; sentori di cacao tostato, liquirizia e tabacco. Struttura croccante in bocca e ottima fusibilità. Gusto dolce con una nota media di amaro e aroma fine e molto persistente.
    Extra-bitter
    Colore marrone scuro, molto lucido. Profumo fragrante, aromatico, molto intenso e persistente. Sentori di cacao, caffè e orzo tostato. Struttura croccante, fusibilità lenta. Gusto intenso e persistente, amaro con una nota di dolce.
    Amarissimo
    Colore marrone scuro tendente al nero. Profumo forte, molto intenso, aromatico. Sentori del cacao miscelata alla viola, al tabacco e alla liquirizia. Molto croccante al morso, fusibilità lenta in bocca, gusto amaro.





    dal web
     
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  2. ZIALAILA
     
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    Ode al Cioccolato


    anonimo




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    Felice tu o Cioccolato , che , dopo aver percorso il Mondo ,

    attraverso il Sorriso delle Donne, trovi la morte in un Bacio saporito e fondente dalla loro Bocca

     
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  3. gheagabry
     
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    Storia della CIOCCOLATA





    La parola cioccolata è di origine incerta, secondo la tesi più accreditata deriverebbe da "cacahualt", composta da "cacahu" (cacao) e "alt" (acqua), ossia semi di cacao macinati ad acqua.
    Presso i popoli precolombiani questa bevanda era un alimento d'élite, consumato eccezionalmente dal popolo in occasioni celebrative, come i matrimoni.
    Per i Maya, suoi inventori, la cioccolata doveva essere calda, in contrasto con la versione Azteca degustata fredda, e berne una tazza rappresentava simbolo di ricchezza e ospitalità, oltre che uno dei piaceri della vita.
    Dal cacao si ricavavano diverse bevande, che variavano in base alla qualità degli ingredienti contenuti (ess. mais); per aromatizzare la mistura si usavano peperoncino, vaniglia o magnolia, ed ogni aggiunta la caricava di un significato preciso; altrettanto importante era che il composto risultasse schiumoso, e perciò era scosso con apposito bastoncino.
    Una delle ricette più semplici della cioccolata era quella con i semi macinati e polverizzati di cacao, cotti nell’acqua con l’aggiunta di peperoncino.
    Diaz de Castillo, al seguito di Cortés, nel testo la Conquista del Messico (1517-1521) segnala che l'imperatore Montezuma II durante il pasto reale beveva più di cinquanta tazze d'oro contenenti un liquido fatto con il cacao.
    Sembra che il primo a far conoscere la cioccolata in Italia sia stato Emanuele Filiberto I di Savoia. All'inizio la bevanda non riscosse molto successo, poi alla corte di Spagna, affascinati dalla singolare mistura esotica, cercarono di adeguarla al proprio gusto. Così, verso l’inizio del ‘600 una versione "ingentilita" della cioccolata diventò di moda. La ricetta aveva un sapore dolce, non più amaro piccante, ed era ottenuta aggiungendo al cacao: zucchero, scorze di frutta ed aromi vari (spesso cannella e vaniglia).
    Attorno al 1615 Anna d'Austria, infanta di Spagna andata in sposa a Luigi XIII, introdusse la bevanda in Francia, terra dalla quale poi raggiunse anche Olanda, Germania e Inghilterra.
    Per tutto il secolo detrattori ed estimatori del cacao si dettero battaglia. I primi ritenevano l'alimento dannoso alla salute perché risvegliava ira, agitazione, lussuria, e lasciava un abbondante residuo terroso sul fondo delle tazze.
    Gli estimatori invece, come gli alti prelati della chiesa che lo assumevano come bevanda anche nei giorni di digiuno, affermavano trattarsi di un vero farmaco ricostituente, antidepressivo, capace di rendere vigili e favorire gli sforzi.
    Durante il '700 prevalse la schiera degli amatori della cioccolata, anche se era ancora una mistura farinosa dal retrogusto oleoso, cosi che nel corso della giornata gli appartenenti alle classi elitarie ne bevevano a tutte le ore. Nella Venezia del tempo le botteghe del caffé erano anche "botteghe della cioccolata" dove si potevano trovare sempre nuove versioni della ricetta.
    Secondo le testimonianze di Brillat-Savarin e Ippolito Cavalcanti, in Francia come a Napoli, alla fine dei pranzi ufficiali si usava servire la cioccolata. Fu in questo periodo d'oro per la dolce pozione che vennero scritti numerosi trattati, come "La manovra della cioccolata e del caffé" di Vincenzo Corrado.
    Durante l'800, esattamente nel 1828, l'olandese Van Houten aprì una nuova frontiera nel settore del cioccolato, brevettando il metodo per separare efficacemente dai semi del cacao la polvere e il burro. Questo sistema portò alla nascita del moderno cioccolato industriale che fece esplodere il consumo di cacao sotto forma di cioccolatini e altre dolcezze solide. La moda della bevanda venne così relegata in secondo piano, superata anche dall'affermarsi del più borghese caffé.
    Fra i tanti personaggi celebri che hanno avuto la passione per la cioccolata segnaliamo de Pompadour, Mozart, Manzoni, Mazzini, D'Annunzio e Dalì.

     
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  4. gheagabry
     
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    Cioccolata gentile





    ingredienti x 4 tazze
    150 g. di cioccolato - 1 tazza di acqua - 4 tazze di latte -zucchero (facoltativo)
    Preparazione
    Far fondere nell'acqua a fuoco lento il cioccolato in pezzi, mescolando continuamente per ammorbidirlo.
    Sobbollire per dieci minuti in modo che il liquido evapori e il cioccolato s'addensi.
    Versare nel composto il latte caldo e, mescolando, continuare la cottura per altri cinque minuti.
    La cioccolata preparata dovrà risultere spumosa e vellutata.
    Consigliamo di consumare la bevanda il giorno seguente, dopo averla riscaldata a bagnomaria.


    dal web




    Cioccolata alla moda Savoia


    Ingredienti
    Cioccolato amaro fondente – mandorle tritate – peperoncino in polvere – zucchero – acqua (o latte)
    Preparazione
    Sciogliere il cioccolato in acqua bollente (o latte), amalgamarvi con una frusta zucchero, mandorle e peperoncino, fino ad ottenere una spuma densa.
    La cioccolata si può servire da sola o accompagnata a formaggio fresco, frutta o biscotti.






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  7. gheagabry
     
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    Dalla Pianta Theobroma Cacao, studiata e classificata da Linneo, nascono il cacao e secondariamente il cioccolato, noti a tutti a livello mondiale;sul cioccolato esiste una cultura non sono gastronomica, ma anche storica, cinematografica e letteraria – poetica. E’ un alimento quasi venerato da alcuni, già in passato posto accanto alle divinità, e anche nella nostra società, riveste una grandissima importanza poiché rappresenta una goloseria alla portata di tutti, che ha la proprietà anche di far bene all’animo, oltre che essere gradevole al palato.

    Storia del cioccolato

    Cacao detto anche “Cibo degli Dei”, da sempre amato e gustato in modi diversi, mescolato a bevande come facevano ad esempio i Maya che lo consumavano insieme al chili (Ik al Kakaw) dove Kakaw era il termine per indicare “cacao”, mentre Ik era il chili.Furono proprio i Maya a dare la definizione “Kakaw umana” cioè “Cibo degli Dei” per indicare la potenza e l’importanza di tale alimento nella loro società, all’interno della quale il cacao non era consumato da tutti ma solo dai re, guerrieri e nobili. Avevano l’abitudine di bere questa bevanda calda, composta da acqua calda e cacao, che anticipava la nostra cioccolata calda. Nella loro lingua caldo si diceva: “chacau” e acqua si diceva: “haa” da qui l’unione.”Chacauhaa”.
    Con la conquista spagnola, gli spagnoli si impossessarono oltre che dei vari tesori e ori anche della cioccolata.Ma le teorie sul nome della cioccolata e del cioccolato in generale imputerebbero al dio Azteco: Quetzalcóatl, il quale si racconta che avrebbe donato agli uomini mortali, il seme del cacao, perché lo potessero trasformare in una bevanda amara, vigorosa e afrodisiaca.
    La pianta del cioccolato è antica, da ricerche botaniche, di ben 6000 anni, i Maya furono i primi a coltivarla verso il 1000 a.C., seguiti poi dagli Aztechi. Entrambi gli attribuivano grande valore al punto da consumare il cacao solo in determinate cerimonie e da determinate persone, veniva addirittura offerto in sacrificio, unito a sangue e incenso alle diverse divinità.



    Il cioccolato, bevuto sottoforma di cioccolata era arricchito con pepe, peperoncino e vaniglia, o anche miele, e farina di mais.La schiuma si otteneva tramite ripetuti e numerosi travasi, mentre con la venuta degli spagnoli si ricavava grazie al molinillo, un piccolo strumento che ruotando tra le mani produceva schiuma.Con la Conquista Spagnola, si impone l’uso del molinillo, che ruotato velocemente avanti e indietro tra le mani consentiva di ottenere in tempi più brevi la densa schiuma tanto amata dai consumatori della bevanda.
    Fu Cortés, a far scoprire e amare il cacao all’Europa, nel 1519, dove fu apprezzato con l’aggiunta di zucchero e togliendo il pepe e il peperoncino. Nel ’600 arrivò in Italia e più precisamente in Toscana, qui la cioccolata e il cioccolato in generale non solo furono molto apprezzati e impiegati a livello gastronomico ma studiati profondamente.



    Produzione del cioccolato

    Ecco la strada lunghissima che trasforma il seme raccolto in cioccolato: si comincia dalla raccolta, solo a mano, solo dei semi maturi tagliati a metà con un macete, per liberarli dal loro naturale involucro, poi vengono accantonati e coperti da ampie foglie di banana. Inizia così la fermentazione, la quale ha il fine di allontanare un pochino il sapore amaro, ma favorisce l’aroma tipico del cacao. Può durare da 1 a 7 giorni. Dopo questo periodo i semi vengono posti per terra al sole o su appositi essiccatori, il loro colore cambia e l’umidità scende fino a soli 5 o 6%. Si avrà cosi l’essicazione, alla quale seguiranno la spedizione (in sacchi di juta) e lo stoccaggio nei luoghi di trasformazione. Dopo una pulizia che ha lo scopo di allontanarle parti impure si passa alla tostatura e alla frantumazione. A questo punto i semi sono pronti per proseguire verso la miscelazione.



    La prima fase è la miscelazione: dove utilizzando la pasta di cacao, come ingrediente base si andranno ad aggiungere altri ingredienti, in base al cioccolato che si vuole ottenere.
    -Cioccolato fondente: zucchero, burro di cacao, pasta di cacao, vaniglia.
    -Cioccolato al latte: agli ingredienti sopra citai si aggiunge il latte fresco o in polvere.
    -Cioccolato bianco: latte fresco o in polvere, burro di cacao, zucchero e vaniglia.
    A volte può essere aggiunte delle sostanze naturali, che hanno lo scopo di emulsionare e omogeneizzare i vari ingredienti. Le diverse aziende hanno poi ciascuna una formula personale, che rende la produzione del cioccolato quasi unica e originale.
    Dopo l’impasto passerà all’interno delle raffinatrici per poi arrivare alla fase del concaggio (Conching o conchage), dove la miscela è mescolata lungamente dalle impastatriciche frantumeranno i grumi, la temperatura sarà mantenuta costante per favorire l’omogeneità del prodotto, inoltre i tannini vengono ossidati e la massa diventa gradevolmente liscia. L’impasto ottenuto si manterrà alla temperatura di 45-50°C.
    Dopo la fase di concaggio segue il temperaggio, che ha la funzione di evitare la cristallizzazione del burro di cacao e la compromissione della massa lavorata fino a questa fase, il raffreddamento avviene molto lentamente, passando dai 45°C ai 27°C, poi riscaldata nuovamente fino a 31°c per il cioccolato più amaro e 29°C, per il cioccolato al latte, per un successivo raffreddamento.
    La fase successiva è il modellaggio, attraverso l’impiego di stampi, l’ultima fase è il confezionamento.




    Tipi di cioccolato e loro caratteristiche

    In commercio è possibile reperire tantissimi tipi diversi di cioccolato, vediamo i principali:
    Cioccolato bianco: colore chiaro, quasi opalescente, ha un gusto dolce marcato, aroma intenso che spesso fa percepire il latte, il biscotto o la vaniglia.
    Cioccolato al latte: colore marrone chiaro variabile nell’intensità, profumo deciso, aroma che lascia passare il cacao o il caramello, dolce e di aroma deciso, croccante alla degustazione.
    Cioccolato mi-doux: colore marrone, gusto dolce con note variabili di amaro, profumo che ricorda la liquirizia o il caffè appena tostato, il mix alla base è di latte e fondente.
    Cioccolato Surfin: colore marrone molto forte, profumo decisamente intenso che può richiamare il tabacco o la liquirizia, aroma persistente e gusto dolce.
    CioccolatoExtra-bitter:colore marrone molto scuro, fragranza gradevole e aromatica, intensa che richiama il profumo del caffè e o dell’orzo appena tostati, il sapore è amaro e deciso.
    Cioccolato Amarissimo:colore quasi nero, profumo e aroma molto decisi e persistenti, estremamente croccanti, il profumo può far ricordare la viola o il tabacco fino alla liquirizia. Gusto molto amaro.
    Non dimentichiamo poi la caratteristica legata al mondo dell’eros, di cui tanto si parla, ogni volta che si cita questo alimento, basti pensare anche ai numerosi riferimenti cinematografici, ad esempio forse quello più famoso e conosciuto “Chocolat” della regista Lasse Hallstrom, con gli attori Juliette Binoche e Johnny Depp. Storia di amore e sentimenti in un paesino quasi fiabesco dove l’arrivo del cioccolato muterà le persone e le loro vite.



    Scrittori come Willy Pasini, nel suo libro “Cibo e Amore”, compie indagini sulle abitudini che legano l’eros con il cibo, soprattutto quello afrodisiaco, come appunto il cioccolato, spesso ricercato anche nei momenti più tristi come fonte consolatoria e di compensazione rispetto a cose o persone mancanti.
    Quando invece si è innamorati, il nostro cervello produrrebbe una sostanza, la feniletilammina, che guarda caso è la stessa contenuta nel cioccolato, essa produce accelerazione del battito cardiaco, una maggiore energia fisica, ma quando l’innamoramento non esiste più ecco ripiegare, per molti, su una fonte “alternativa”: il cioccolato.

    Caratteristiche nutrizionali e salutistiche del cioccolato

    Il cioccolato ha sicuramente un grande ascendente su molti di noi, che quasi non potrebbero vivere senza, ma è un alimento che dal punto di vista calorico non è esattamente adatto a tutti, o comunque per alcune persone va consumato con moderazione.
    Le calorie fornite da 100 grammi di cioccolato sono pari a quasi 600, è possibile quindi definirlo un alimento altamente energetico, sfruttato da atleti e ginnasti che necessitano di moltissima energia, basti pensare alle barrette di cioccolato usate dagli sciatori di fondo o dagli scalatori.
    Povero di acqua, solo il 2% su 100 grammi, ricchissimo in zuccheri fino al 50%, e altrettanto ricco di proteine variabili tra il 6.5 e il 7.5%, si tratta di proteine nobili perché derivanti dal latte.I lipidi sono stimabili intorno al 33-36%: basso contenuto in acidi grassi saturi, inferiori allo 0.1%, e alto contenuto in acidi monoinsaturi. Basso il contenuto in colesterolo, ricco in Sali minerali, tra cui magnesio (55 mg/100 g) e fosforo (180 mg/100g) e calcio (160 mg/100g). Nel cioccolato fondente troviamo anche il rame, ferro e manganese.Interessante il contenuto in sostanze antiossidanti: polifenoli, flavonoidi e tannini (sostanze dal comprovato potere nutraceutico).Per ciò che concerne le vitamine le più rappresentate sono quelle liposobuli (A,D;E) e quelle del gruppo B: B1,B2, B6. Sono inoltre presenti sostanze con una scientificamente comprovata azione psicoattiva, tra cui: feniletilammina, metilxantine e tiroxina, con effetti sul sistema neurologico di tipo antidepressivo, quindi con conseguente effetto positivo sull’umore, sulle capacità sensoriali in generale.



    Il cioccolato conta quasi 850 elementi, è un alimento dalle interessanti azioni psicoattive supportate anche da altre sostanze, oltre a quelle sopra citate: teobromina, anandamide (sostanza che ha effetto sul cervello), e triptofano.La feniletilammina sembrerebbe correlata positivamente con la diminuzione della depressione.Da uno studio tedesco emergerebbe, inoltre, che il cioccolato fondente favorirebbe l’abbassamento della pressione sanguigna, soprattutto quella sistolica, grazie all’azione dei polifenoli, e agli antiossidanti.




    Curiosità e viaggi alla scoperta del cioccolato

    Dal mondo del cioccolato arrivano poi notizie di tutti i tipi, anche quelle legate all’ambiente, infatti, è recente il progetto di utilizzare il cioccolato come biocarburante o meglio come nuova fonte di energia.Dall’Inghilterra sono state fornite ben 4 tonnellate di barrette di cioccolato, che poi sono state lavorate per ottenere 2000 lt, di biocarburante, impiegato da due ragazzi ambientalisti che utilizzando un fuoristrada con alimentazione “cioccolatosa” sono partiti per l’Africa, per sperimentare il viaggio a base di cioccolato. Chissà che sviluppi avrà questo progetto, per alcuni versi originale per altri bislacco, ma comunque simpatico.
    Tra le notizie più buffe, a Perugia esiste un palazzo, fatto totalmente con il cioccolato, il suo nome è Etruscan Chocohotel al suo interno distribuite su tre piani (ognuno con nomi di cioccolato diverso, ovviamente), le diverse stanze e un immancabile Store per la vendita di prodotti tutti rigorosamente al cacao.
    Da Torino, invece giunge il record del “cioccolatino” più grande del mondo: un mega gianduiotto, la cui altezza è arrivata a ben 2 metri e la cui lunghezza è giunta a 4 metri, per un totale di 4000 kg di puro cioccolato. E’ stato realizzato dai cioccolatieri della famosa azienda Novi in occasione di Eurochocolate, grande e ghiotta kermesse che si svolge ogni anno nella capitale del cioccolato.
    Per tutti coloro che amano il cioccolato esistono molti appuntamenti che dedicano spazio e attenzione a questo favoloso alimento, come sopra indicato ad esempio Eurochocolate, che si tiene a Perugia nel mese di ottobre, sempre nella stessa città, il Festival dedicato al cioccolato e al Tango nel mese di maggio.
    Nelle Marche e più precisamente ad Ancona è già il secondo anno, che si ripete nella bella Piazza Pertini, il Choco Marche alla fine di novembre, dove si alterneranno i diversi pasticceri, ben 700 nelle loro ghiotte opere di cioccolato.
    A Torino, ben dieci giorni dedicati solo ed unicamente al cioccolato, nella rassegna dal nome inequivocabile “Cioccola-Tò”, si svolge in pieno centro ogni anno in primavera, per la gioia di grandi e piccini, infatti quest’ultimi giungono in centro anche con gite organizzate direttamente con la scuola, per non perdere il gustoso appuntamento.



    Marche di cioccolato

    In relazione alla marca e al Paese europeo i prezzi variano tantissimo, le tavolette costano meno dei cioccolatini, in linea di massima, ma se la tavoletta si presenta con caratteristiche particolari e accattivanti, ad esempio al peperoncino, al pepe, alla cannella, allora il prezzo tende a salire.
    La Svizzera è notoriamente conosciuta e apprezzata per la produzione di ottimo cioccolato, in questo paese ne consumano quasi 12.3 Kg procapite ogni anno, e i maggiori acquirenti di cioccolato svizzero restano la Germania (consumo procapite 11Kg) e la Francia (consumo procapite 7.3 Kg).In Italia, ne consumiamo meno (4.3 kg/procapite l0′anno) si va ormai sempre più affermando il consumo delle tavolette di cioccolato, e degli snack dolci, come ad esempio Mars o Bounty, visti come rompi digiuno.Inoltre stanno emergendo tutti i prodotti derivanti dal commercio equo e solidale, a sostegno dei paesi in via di sviluppo.

    Tra le marche più famose ecco le più note:
    La Perugina è un’azienda del gruppo Nestlè, conosciuta a livello mondiale per i famosi “Baci”, cioccolatini dal guscio di cioccolato fondente, nel cui interno ospitano un ripieno di gianduia e granella di nocciole.
    Nasce a Perugia, all’inizio del 1900, costituita da diversi soci fondatori, nel 1915 si allea con Buitoni, infatti Giovanni Buitoni ne diventa amministratore delegato. Gli anni ’30 sono difficili per queste aziende legate ai dolci poiché vige la tassa sullo zucchero, allora per ovviare al problema nasce un concorso di figurine con montepremi finale, tra i premi più ambiti la famosa “Topolino” della Fiat. Sempre negli stessi anni la Perugina raggiunge l’America. Dagli anni ’50 inizia il commercio “di massa” di cioccolatini, cioccolato in tavolette e confezioni economiche.
    Dopo le guerre napoleoniche è tempo di dare nuovo vigore all’economia, e Torino città che in quegli anni contava poco più di 90.000 cittadini, è il Regno dei Savoia, ma dal punto di vista commerciale e industriale deve ancora crescere molto. Ma nella regione Valdocco, l’acqua del canale Pellerina alimenta la ruota idraulica di una piccola conceria trasformata, da Pier Paul Caffarel, in una piccola fabbrica di cioccolato.Si macinano le prime fave di cacao, lavorate da una macchina di provenienza genovese che avvia la fabbrica verso la strada dello sviluppo industriale. L’azienda dimostra inoltre, una notevole lungimiranza per quello che è il marketing, infatti, investe molto nella pubblicità, modo per presentarsi e farsi conoscere al piccolo e grande pubblico.Nel 1852 nasce il famoso Gianduiotto, inventato da Caffarel, caratterizzato dalla forma a lingotto, e l’impasto a base di cacao, zucchero e nocciola “Tonda gentile” delle Langhe.

    Streglio:
    L’azienda Streglio nasce a Torino nel 1924, grazie all’impegno e alla volontà di Pietro Arturo Streglio, il quale già all’età di 11 anni, per esigenze familiari, aveva dimostrato il suo impegno nel mondo della pasticceria lavorando nel 1899 all’interno della famosa ditta Talmone.Fondò poi nel 1924 la Streglio, la sua è un’azienda all’interno della quale avviene tutto il ciclo di produzione del cioccolato, dunque dalla materia prima, alla tostatura al confezionamento.

    La Ferrero nasce come azienda di portata ormai mondiale, intorno agli anni ’40, grazie all’invenzione di prodotti tra cui il più famoso: “la Nutella”. I numerosi prodotti erano trasportati in tutta Italia da una flotta di ben 200 furgoncini, quindi un’ottima organizzazione logistica. Negli anni 60′ apre diverse sedi in Europa, prima fra tutte in Francia. Anch’essa come altre aziende del settore è piemontese, precisamente collocata a Pino Torinese, centro di coordinamento nazionale. Il gruppo Ferrero è il quarto del settore dolciario, a livello mondiale, con quindici stabilimenti e quasi 20.000 dipendenti.





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    image secondo me i miei antenati sono i maya..adoro la cioccolata..le patate..il mais..il manzo..e la pelle color bronzo..aaahhhaaa
     
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  9. neny64
     
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    grazie, fa bene al corpo ed alla mente!
     
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  10. gheagabry
     
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    Cioccolata e.............

    Dopo l’arrivo del cioccolato dalle americhe, sembra che in Italia fu la Toscana dove si sperimentò con successo l’aggiunta di ingredienti che ingentilissero l’esotico cibo degli dei.
    Scorze fresche di cedro o limone, aromi di gelsomino, cannella, vaniglia, ambra e muschio.
    A fine Seicento la cioccolata al gelsomino era protagonista indiscussa alla corte di Cosimo III dei Medici, ideata dallo scienziato Francesco Redi, e considerata il primo esperimento di ingegneria botanico-culinaria.
    La preparazione era descritta dettagliatamente in una ricetta che elencava ingredienti, dosi e procedimento. La golosità, degustabile solo alla corte granducale, rappresentava un vero segreto di stato insieme ad altre ricette a base di cioccolato, sembra tutte gelosamente custodite nella cassaforte della Fonderia di Palazzo Pitti.
    La cioccolata al gelsomino era una sorta di alchimia che richiedeva una lenta odorizzazione per contatto della polvere di cacao. Il fiore non interveniva ne come ingrediente di preparazione della cioccolata, ne come estratto aggiunto al cacao, ma si combinava quale impalpabile aroma.
    Il gelsomino, originario delle Indie Orientali, sembra fosse già conosciuto in Italia nel XV sec. come testimonierebbe la figura ben disegnata e colorita del fiore che si trova nel "Liber de Simplicibus".
    Furono i navigatori spagnoli ad importarlo massicciamente in Europa dalle Indie Orientali nel terzo decennio del Cinquecento, e la famiglia de’ Medici di Cosimo I ne possedeva gli esemplari più belli. Il granduca di Toscana era un geloso amante di questo fiore, del quale proibì la coltivazione fuori dai suoi giardini.
    Si narra che alla diffusione del gelsomino abbia contribuito una storia d'amore. Secondo questa, fu un giardiniere di casa de' Medici a trafugare dai giardini granducali un ramoscello della pianta per offrirlo alla fidanzata. La giovane gradì moltissimo, ma dispiaciuta che il fiore bello e raro dovesse avvizzire lo piantò. Il gelsomino attecchì e nella primavera seguente gettò nuovi germogli e fiori. Con il tempo le piante si moltiplicarono trasformando i poveri amanti in sposi prosperi e felici. Da allora, secondo tradizione, il giorno delle nozze le giovani toscane usano stringere nelle mani un mazzetto di gelsomini come auspicio di prosperità.




    Cioccolata al te' di gelsomino

    Ingredienti
    g. 450 latte fresco - g. 50 panna - g. 10 tè al gelsomino - g. 90 copertura al latte - g. 10 pasta di cacao
    Preparazione
    Scaldare il latte con la panna e mettere in infusione il tè per tre minuti. Passare al colino e far bollire.
    Incorporare copertura e pasta di cacao tritate con 100 g di liquido, miscelare ed aggiungere la parte rimanente lavorando il tutto con cura, fino a completo scioglimento.




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    I Marchesi Buonvisi e la cioccolata





    Un tuffo nel passato e precisamente in una cioccolateria del Seicento è l’esperienza che è possibile vivere grazie ai "Mestieranti dei Buonvisi", gruppo storico culturale, che riproduce fedelmente usi, costumi e sapori del passato. I Mestieranti ricostruiscono un’antica cioccolateria, nella quale producono a mano il cioccolato, mostrando le ricette dell’epoca come il cioccolato al gelsomino, che conquistò Cosimo III de’ Medici e l’intera Toscana.
    Ai primi del XVII secolo, la cioccolata fece la sua apparizione in Italia, e la Toscana, grazie ai Medici, fu una delle prime regioni a introdurre questo alimento americano considerato cibo degli dei.
    Il Granduca Cosimo III intravide nella scura bevanda, un mezzo diplomatico utile per introdursi nei migliori salotti europei, e intenzionato ad avere una ricetta esclusiva, come il Re di Spagna, incaricò Francesco Redi, scrittore e “odorista” sovrintendente della Spezieria e Fonderia granducale di Boboli, di realizzarne una speciale.
    Il Redi ispirato dalla passione del Granduca verso i fiori e le piante provenienti da ogni parte del mondo, riuscì ad abbinare al cacao la fragranza del Gelsominio, trasformando la ricetta in un “affare di stato” da custodire gelosamente.
    10 libbre di cacao ingelsominato (cacao mescolato per 12 giorni con fiori freschi di gelsomino sostituiti giornalmente)
    8 libbre di zucchero
    6 once di cannella
    3 once di vaniglia
    1 scrupolo di ambra grigia.
    Nonostante la segretezza che aleggiava intorno alla magica bevanda, essa approdò presso la nobiltà lucchese, grazie allo scienziato Antonio Vallisneri collaboratore e amico del Redi. Questo primo cioccolato seicentesco, molto diverso dall’attuale, generalmente consumato sotto forma di bevanda o di piccole pasticche, oggi viene rievocato dal gruppo storico “I Mestieranti dei Buonvisi” i quali mettono in scena la sua preparazione e la sua degustazione, perché tra i fondatori del gruppo culturale c’è proprio l’ultima discendente dei Marchesi Buonvisi, Francesca Valenti, che ha potuto avere accesso agli archivi storici della famiglia.
     
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  11. gheagabry
     
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    CIOCCOLATINI figli della cioccolata




    Per molto tempo, dopo il suo arrivo dall’America, il cacao è stato un alimento d’élite assunto principalmente come bevanda, la cioccolata, o utilizzato quale ingrediente delle ricette più varie.
    La sua diffusione fra tutti gli strati sociali risultò strettamente legata alla “forma”, e il passaggio da liquido a solido favorì l’aumento del suo consumo.
    Da dopo la seconda metà del '700, tra i vari tentativi portati avanti per ottenere il cioccolato solido, un passo importante fu quello del torinese Bozzelli, che mise a punto nel 1802 una macchina idraulica per raffinare la pasta di cacao e miscelarla a zucchero e vaniglia.
    Il blocco napoleonico rese poi più costosi i rifornimenti di cacao, e la difficoltà stimolò il genio dei cioccolatieri torinesi che sostituirono parte del cacao con nocciole macinate creando il gianduiotto.
    Finalmente, nel 1828, l'olandese Van Houten inventò una pressa idraulica in grado di separare dalla pasta di cacao gran parte del grasso (burro), ottenendò così un composto che macinato finemente diventava "polvere". Fu grazie a queste tecniche che nacque il cioccolato moderno industriale, nel quale alla polvere si poteva aggiungere il burro di cacao nella quantità desiderata per avere la consistenza solida ideale.
    In Inghilterra apparve la prima tavoletta di Fry&Sons, miscela di liquore, cioccolato, burro di cacao e zucchero. In Italia, oltre che a Torino, vennero fondate le prime fabbriche di cioccolato anche a Milano e a Bologna.
    Sembra che il veloce successo della diffusione dei cioccolatini, faccia risalire al secondo decennio dell'800 il detto: “fare la figura del cioccolataio”, usato per indicare comportamenti fuori luogo.
    Protagonista della storiella, raccontata in due versioni, sarebbe Carlo Felice di Savoia.
    Nella prima, il re avrebbe vietato ad un arricchito cioccolataio di girare per Torino con la carrozza trainata da quattro cavalli (i borghesi utilizzavano il tiro a due), perché “il sovrano di Sardegna uscendo con la sua quadriglia, non poteva essere scambiato per il cioccolataio”.
    Secondo l'altra versione, il re avrebbe sollevato il disappunto del popolo in occasione dell'inaugurazione del teatro di Genova a lui intestato (1828), a causa dell'arrivo all'evento di un ricco cioccolataio su una carrozza pìù lussuosa di quella reale.


    PRALINE i cioccolatini del Duca





    L'origine delle praline risale al 1671 e l'aneddoto che le riguarda è assai divertente. Il duca francese Plessis-Praslin era seduto a tavola e stava attendendo il dolce, quando nelle cucine ducali successe il finimondo: un maldestro aiutante di cucina era scivolato e aveva fatto cadere in terra un piatto di mandorle. Mentre il capocuoco rincorreva il garzone per sgridarlo, sarebbe inciampato a sua volta, rovesciando sulle mandorle una casseruola di zucchero caramellato. A questo punto lo chef, ormai terrorizzato ma a corto di tempo per preparare dell'altro, avrebbe cercato di raccogliere l'impasto e di modellarlo prima di servirlo in tavola. Il duca, noto buongustaio, una volta assaggiato quest’insolito dessert, ne sarebbe rimasto così “piacevolmente” colpito, da decidere di assegnargli il proprio nome: "Prasline".
    Attualmente con praline si indica un’intera classe di dolcetti di cioccolato ripieni con creme, sciroppi, liquori o frutta candita.



    PIEMONTE preziosa




    Se è vero che la cucina piemontese è fra le più varie e raffinate del nostro paese, è anche vero che molte delle sue ricette sono d’ispirazione contadina. I piemontesi, per loro natura sobri ma altresì amanti della buona tavola, hanno menù ricchi e articolati. Caratteristiche salienti: l’utilizzo abbondante di burro e lardo (soprattutto nel passato), il consumo di verdure crude, l'uso del sanato (carne di vitello di pochi mesi nutrito con solo latte), la scelta dei formaggi, la presenza estesa dei tartufi, la preparazione dei grissini e l'impiego attento dell'aglio (bagna cauda).
    Un posto d’onore nell’alimentazione del Piemonte è occupato dal riso, che ha in quest'area la sua zona di maggior produzione europea. Nel Vercellese, la bonifica delle terre paludose fatta dai monaci cistercensi alla fine del medioevo, portò alla coltivazione intensiva del riso, e i conseguenti flussi migratori dei lavoratori ne promossero il consumo in tutta la regione. Pur conservando un’autenticità, la cucina piemontese dovette fare i conti nel ‘700 con l'influenza della confinante Francia. Ne è testimonianza il trattato settecentesco di anonimo: "Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi”.
    Fondamentale nella pubblicistica culinaria dell'Ottocento è invece il "Trattato di cucina pasticcera" del piemontese Giovanni Vialardi. L’opera fornisce un ricco repertorio di ricette italiane e non, tramandandoci alcune preparazioni fondamentali della cucina torinese e piemontese. Nel trattato del Vialardi sono ricordate le "tomatiche" (pomodori) farcite col riso alla novarese, la "carlotte di mele o pere" (dolce di frutta cotta) il cui nome deriva dal francese charlotte, e le “castagne confettate” (marrons glacés).
    Diverse sono le preparazioni denominate "alla piemontese". Quella generica identifica una ricetta caratterizzata dalla presenza dei tartufi bianchi, poi c'è la farinata, il "bollito" (carni di manzo e vitello), il fritto (antipasto con pesciolini di fiume, frattaglie, frittelle di mele, semolino dolce e amaretti).
    Nel Piemonte sono celebri anche i dolci: dal bonet al castagnaccio al gianduiotto. Centro creativo di questa produzione è Torino, con i tanti caffè storici, dove le vetrine traboccano di savoiardi, krumiri, amaretti, praline, marrons glacés, cioccolatini e caramelle che si possono accompagnare ad uno zabaione o ad un “bicerin” (caffè, latte e cioccolato), definito "indimenticabile" da Dumas nel 1852.


    Bagna Cauda (o caoda)


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    1) La Bagna Cauda si mangia collettivamente e fraternamente. E' contenuta in un unico diàn (tegame di coccio) sovrapposto alla scionfetta (scaldino di terracotta ripieno di brace). Tutti devono intingere il loro pezzo di verdura in quell'unico diàn, in allegra confusione e soprattutto senza precedenze o soggezioni di sorta.
    2) Per la preparazione della Bagna Cauda si devono usare solo acciughe "rosse di Spagna" ben mature e stagionate e olio extravergine.
    3) Nella Bagna Cauda si intingono prevalentemente cardi Gobbi di Nizza e peperoni Quadrati d'Asti, freschi. Tutte le altre verdure cotte o crude non sono necessarie, ma rappresentano un semplice "ornamento": foglie di cavolo crudo o di indivia, cipollotti freschi macerati nel Barbera, tuberi di topinambur, barbabietola rossa cotta al forno, rape, cimette di cavolfiori e patatine lessate etc.
    4) La padrona di casa deve preparare le verdure in modo che il commensale le trovi già pronte da intingere: i cardi privati dei filamenti e tagliati a toccotti, i peperoni presentati in falde etc.
    5) Il tragitto della forchetta dal diàn alla bocca del commensale deve essere compiuto con l'ausilio di un bel pezzo di pane che raccolga l'eventuale sgocciolamento.
    6) E' usanza comune terminare la Bagna Cauda strapazzando qualche uovo fresco negli ultimi residui di salsa contenuti nel diàn.



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  12. gheagabry
     
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    Come valutare la qualità del Cioccolato





    Quando mangiamo il cioccolato tutti i nostri sensi entrano in gioco. Ecco alcuni dettagli da tener presente:

    Aspetto: il cioccolato dovrebbe presentarsi liscio, lucente, di un colore mogano scuro.

    Profumo: non deve aver troppo sentore di dolce.

    Suono: friabile, al momento di spezzarlo in due, il coccolato deve prdurre un netto "snap", uno schiocco. Se si scheggia è troppo secco, se resiste invece alla rottura, è troppo mobido e ceroso.

    Tocco: tenuto in mano, se ha un alto contenuto di burro di cacao, tende a sciogliersi velocemente. Ed è un buon segno. In bocca deve apparire levigato, morbido, con nessun pizzico di granulosità. Dovrebbe sciogliersi all'istante.

    Sapore: il cioccolato racchiude un vero e proprio caleidoscopio di sapori e aromi che devono svilupparsi in modo duraturo e persistente nel palato. I sapori di base sono un amaro con un pizzico di acidità, oppure un dolce con retrogusto di cacao, ananas, banane, vaniglia e cannella.

    Conservazione: l'umidità e il caldo sono grando nemici del cioccolato, entrambi possono creare fioriture in superficie. Il caldo provoca l'affiorare del burro di cacao che tende poi a cristallizzare. Il sapore resta inalterato, solo l'aspeto è sciupato. L'umidità è molto più dannosa: fa risalire in superficie cristalli di zucchero, che si dissolvono a contatto con l'aria o ricristallizzano sotto forma di una sgradevole patina grigia, deteriorando struttura e sapore del prodotto. L'ideale temperatura di conservazione è sui 16-18°C, l'umidità non dovrebe invece scostarsi dal 40-50%. Inoltre il cioccolato assorbe con facilità i cattivi odori e dovrebbe essere conservato in una scatola ermetica.




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  13. gheagabry
     
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    "cubotti di cioccolato"






    100 gr di Farina “00″

    125 gr di cioccolato fondente

    90 gr di burro

    1/2 cucchiaino di lievito in polvere

    200 gr di zucchero semolato

    2 uova

    60 gr di noci tritate

    essenza di vaniglia a piacere

    sale q.b.

    Preparazione

    Preriscalda il forno a 180°C ed imburra una teglia.

    Setaccia la farina, il lievito ed un pizzico di sale in una terrina.

    Fai fondere il cioccolato ed il burro in una pentola a bagnomaria, togli dal fuoco ed aggiungi lo zucchero, lascia intiepidire il preparato ed incorpora le uova ( senza mescolare troppo ).

    Infine aggiungi l’essenza di vaniglia e mescola bene.

    Versa il composto nella teglia precedentemente preparata e fai cuocere per 30-40 minuti, finchè il dolce non sarà asciutto in superficie e piuttosto consistente al tatto.

    Fai raffreddare e taglia in piccoli quadratini.



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    :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::






    Muffin al Cioccolato



    * uova intere 2
    * zucchero 150g
    * farina 200g
    * cioccolato fondente 50 gr
    * cacao amaro 100gr
    * burro 125g
    * bustina di lievito 1
    * granella di nocciola 50g
    * 1 pizzico di sale
    * cioccolato fondente fuso (per glassa) 50g

    Il procedimento è molto simile alle precedenti ricette per i muffin. Sciogliere burro e cioccolato fondente in una terrina, aggiungere zucchero, pizzico di sale e poi le uova. Mescolare farina cacao e lievito, e aggiungere setacciando e continuando a girare evitando i maledetti grumi. Alla fine aggiungere la granella di nocciola e girare bene, attendendo le bolle. Gli spampini vanno riempiti per metà. Infornare a 180°-200° per una ventina di minuti. Mangiare caldi, irrorati di cioccolato fondente fuso.


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  14. gheagabry
     
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    Cake al cioccolato e pere





    Tempo di preparazione: circa 20'
    costo:basso
    Difficoltà:*

    INGREDIENTI

    2 pere kaiser, peso netto circa 300 gr
    il succo di mezzo limone
    300 gr di farina 00
    1 bustina di lievito per dolci
    1 bustina di vanillina
    1 pizzico di sale
    2 cucchiai di cacao amaro in polvere
    150 gr di zucchero
    150 gr di burro
    4 uova
    zucchero a velo


    Grattugiare le pere...non frullarle...devono mantenere una certa consistenza.....e irrorarle con succo di limone per evitare che anneriscano nell'attesa.....Mescolare in una terrina lo zucchero con il burro fuso e appena tiepido e aggiungere le uova una una alla volta.....con una frustina ....Aggiungere ora le pere grattugiate in precedenza e amalgamare il tutto con cura.......Unire ora la farina, precedentemente setacciata con il lievito, la vanillina, il pizzico di sale ed il cacao amaro fino ad ottenere un composto omogeneo e suddividerlo in due stampi, precedentemente imburrati e infarinati dal diametro di base di circa 17 cm.......Infornare ora in forno preriscaldato e ventilato a 180° per circa 25'........Ricordarsi di fare sempre la prova dello tuzzicadenti..........per la prova cottura. Far raffreddare un poco prima di sformare il dolce su una gratella......
    Una spolverata di zucchero al velo e ...... via in tavola







    Torta Ischitana








    200 g di cioccolato fondente
    50 g di gocce di cioccolato
    6 uova
    250 g di burro ammorbidito
    100 g di zucchero
    300 g di nocciole spellate e leggermente tostate
    1 pizzico di cannella
    1 pizzico di sale
    zucchero a velo

    Riscaldare il forno a 190°. Tritare finemente le nocciole assieme ai 200 g di cioccolato e la cannella (meglio se nel frullatore), versare in un recipiente. Frullare il burro con lo zucchero e i tuorli. Versarlo nel recipiente con il cioccolato e mescolare con un cucchiaio di legno. Montare a neve gli albumi con un pizzico di sale. Mescolarli accuratamente con un cucchiaio dal basso in alto. Aggiungere all’impasto le gocce di cioccolato, mescolare ancora un po’. Imburrare una teglia a cerniera di 26 cm di diametro, versarvi l’impasto e infornare per 50-60 minuti. Fatta la prova con uno stecchino di legno che, infilzato nella torta, deve uscire pulito, raffreddare la Ischitana su una griglia. Spolverare abbondantemente di zucchero a velo e servire. Una pallina di gelato o un po’ di panna montata saranno sempre graditi!


     
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  15. tappi
     
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    GRAZIE GABRY....SONO INGRASSATA 2 KILI SOLO A GUARDARLI!
     
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80 replies since 16/10/2010, 12:44   10044 views
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