SALVATOR DALI'

....il genio surreale..

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  1. gheagabry
     
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    DALÌ

    SURREALISTA INTEGRALE




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    Salvador Dalí (Figueras 1904-1989) è universalmente considerato uno dei più grandi artisti del XX secolo e uno dei più interessanti surrealisti, certamente il più famoso del gruppo fondato da André Breton, dal quale peraltro si staccò presto a causa della sue posizioni “eretiche”.

    Partendo dalla sua personale teoria della “paranoia critica” sviluppò nelle sue opere tematiche di carattere psicoanalitico, con virtuosistici e paradossali accostamenti di immagini e situazioni che immancabilmente suscitano sorpresa e curiosità nell’osservatore.

    Poeta, scrittore e uomo di cinema accanto a Buñuel e Hitchcock, oltre che pittore e scultore, Dalí fu anche un grande comunicatore che, alla pari di Andy Warhol e anzi precedendolo di qualche decennio, seppe imporre la propria personalità a livello internazionale grazie all’originalità delle sue teorie e dei suoi atteggiamenti spregiudicati e anticonvenzionali, ben riassunti nel famoso manifesto My lucha: “Contro la semplicità, complessità; contro la uniformità, diversificazione; contro il collettivo, l’individuale; contro la politica, la metafisica; contro la rivoluzione, la tradizione; contro la medicina, la magia; contro lo scetticismo, la fede”, ecc.

    “Esistono diversi modi di concepire il surrealismo. Lo si può intendere come movimento organizzato, che prende vita nel 1924 con la pubblicazione del Manifesto e che si identifica in primo luogo con le scelte del suo fondatore e teorico André Breton, oppure lo si può intendere come una visione del mondo, una concezione dell’arte e della vita, che esiste da sempre e non avrà mai fine. Vi è poi una visione più sfumata che, pur salvaguardando la dimensione storica del surrealismo, ne rintraccia lo spirito nelle opere che ha prodotto, valutandone l’attuazione concreta nell’incontro tra le personalità creatrici e l’urgenza delle nuove istanze che si fanno strada a partire dai primi anni Venti.

    In quest’ottica la produzione di Salvador Dalì non può non apparire come l’incarnazione più coerente della poetica surrealista. Paradossalmente, è stata proprio la sua assoluta fedeltà al dettato del Manifesto ad allontanarlo dai compagni e a provocare la sua estromissione dal gruppo”; così ci dice Ilaria Ortolina, curatrice, insieme a Laura Ravasi, della imponente mostra ( e del catalogo edito da Mazzotta) Salvador Dalì e i surrealisti. L’opera grafica, allestita tra gli stucchi settecenteschi della ex Chiesa di S. Agostino – Pinacoteca Marco Moretti a Civitanova Marche Alta, uno degli angoli più suggestivi della provincia di Macerata, a due passi dalla casa natale di Annibal Caro, il famosissimo traduttore dell’Eneide.



    In particolare, va detto che è stata proprio l’incessante applicazione da parte del geniale artista catalano (Figueras 1904 – 1989) del “dettato del pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di qualsiasi preoccupazione estetica o morale” a determinare la “scomunica” di Breton, e che gli consentirà di considerarsi l’unico “surrealista integrale”. Certo, il lavoro e la figura artistica di Dalì non si esauriscono nel surrealismo; ma di questo egli fece una regola di vita, anzi, come sottolinea ancora l’Ortolina, “di una vita senza regole, se non quelle dettate dal suo mondo interiore, dalle sue ossessioni e idiosincrasie”. La sua singolare vicenda, infatti, è connotata da una perfetta identificazione tra vita e arte e dalla costruzione della propria esistenza come un’opera d’arte.

    Promossa dal Comune di Civitanova e dalla Fondazione Mazzotta con il patrocinio di diversi Enti e il contributo di numerosi sostenitori privati, la mostra si offre come uno dei principali avvenimenti culturali dell’estate marchigiana, sia per la ricchezza dell’esposizione (oltre centosessanta opere grafiche di Dalì e dei suoi più originali compagni di strada, da de Chirico a Man Ray, da Max Ernst a Matta, da Picasso a Duchamp, per citarne solo alcuni; si possono ammirare anche alcuni “cadavres exquis”, ovvero disegni realizzati a più mani in un curioso gioco di associazione di immagini), sia per l’importanza dell’artista catalano e degli altri surrealisti nella storia dell’arte del Novecento. L’evento espositivo dà occasione di rivisitare storicamente e criticamente un personaggio che ha avuto, oltre ad un grande successo commerciale, una notorietà senza pari presso il grande pubblico e una costante attenzione da parte dei media, ma che ha suscitato anche tanta diffidenza da parte della critica più esigente, che solo negli ultimi anni ha cominciato a mettere da parte non pochi pregiudizi sulla sua figura (da ultimo, si ricorderà la importante mostra di Palazzo Grassi a Venezia).

    Partendo dalla sua personale teoria della “paranoia critica” sviluppò nelle sue opere tematiche di carattere psicoanalitico, con virtuosistici e paradossali accostamenti di immagini e situazioni che immancabilmente suscitano sorpresa e curiosità nell’osservatore. La sua formazione avvenne principalmente alla Scuola di Belle Arti di Madrid, dove ebbe modo di incontrare Federico Garcia Lorca e Luis Bunuel. La sua pittura, nei primi anni Venti, fu contrassegnata via via da suggestioni futuriste, metafisiche e cubiste, mescolate alla grande ammirazione per Meissonnier, finchè non vide, in riproduzione, opere di Ernst, Mirò, Breton e Eluard, che lo orientarono verso il surrealismo, di cui diede tuttavia un’interpretazione estremamente personale, caratterizzata dalla combinazione della psicoanalisi freudiana con quadri di de Chirico, Magritte, dello stesso Ernst e di Tanguy; con il risultato di una pittura illusionistica, fondata su una intensa concentrazione di immagini popolate da ossessioni. Successivamente, la sua creatività si sarebbe orientata verso un realismo accademico, via via sempre più virtuosistico, accompagnato da una sorta di delirio deformante e perfino macabro; per approdare, nel dopoguerra, ad una produzione sempre più copiosa e libera nell’invenzione, anche nel campo dell’illustrazione e della grafica, in cui alla perizia tecnica si associa una straripante fantasia, capace di inventare e intrecciare elementi realistici e simboli, ricordi d’infanzia e paesaggi catalani con libere associazioni del “delirio paranoico”.

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    Poeta, scrittore e uomo di cinema accanto a Buñuel e Hitchcock (anche quest’aspetto viene ricordato con una rassegna cinematografica), oltre che pittore e scultore, Dalí fu anche un grande comunicatore che seppe imporre la propria personalità a livello internazionale grazie all’originalità delle sue teorie e dei suoi atteggiamenti spregiudicati e anticonvenzionali, ben riassunti nel famoso manifesto My lucha: “Contro la semplicità, complessità; contro la uniformità, diversificazione; contro il collettivo, l’individuale; contro la politica, la metafisica; contro la rivoluzione, la tradizione; contro la medicina, la magia; contro lo scetticismo, la fede”. Il “caso” Dalì, nel panorama artistico del secolo appena archiviato, rimane abbastanza singolare, poiché non è stata soltanto la sua produzione ad aver influito nell’arte a lui contemporanea, ma anche il modo di gestire il suo “personaggio”, la capacità di servirsi dei mezzi di comunicazione e di recepire tempestivamente le trasformazioni culturali del tempo. E qui è spontaneo il “rinvio” alla vicenda di Andy Warhol (a cui proprio Civitanova dedicò la scorsa estate una riuscitissima mostra), che seguì di qualche decennio l’esperienza del grande catalano. Come il protagonista della pop-art, Dalì ha saputo percepire i meccanismi di una società dominata dall’immagine, dove si confonde sempre più il confine tra cultura “alta” e cultura “popolare” e l’artista diventa primo attore in uno spettacolo che si replica quotidianamente.

    Fonte: comunicato stampa in occasione della mostra: "Salvador Dalí e i surrealisti".
     
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  2. gheagabry
     
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    Dalì nel 1929 si reca a Parigi dove entra in contatto con Tristan Tzara e il gruppo surrealista, del quale comincia a far parte attivamente contribuendo al suo sviluppo; nell'estate riceve la visita a Cadaques di Renè Manritte, di Buñuel e del poeta Paul Eluard, che è accompagnato dalla moglie Gala Helena D.Diakonova, colei che diventerà la compagna di vita di Dali e ne sarà fonte inestinguibile di ispirazione. Nel 1930 si trasferisce a Port Lligat vicino a Cadaques, dove costruirà la celebre residenza, oggi divenuta museo, partendo da una baracca comprata da un pescatore.

    Roberta De Thomasis scrive:

    Cadaques è il paese di Salvator Dalì. Si arriva sul promontorio dopo curve tortuose nel paesaggio verde e montuoso della Catalogna della costa, curve sul mare azzurro profondo e aperto alle correnti. E' giugno del 1998. L'autobus doppia il capo della baia e trova un piccolo paese di case bianche ancorato come una nave pronta a salpare.
    La spiaggia di Dalì è una piccola insenatura dove il torrione della sua villa fa da sfondo in un angolo un po' nascosto dal verde. Piccole barche ancorate, una striscia di spiaggia che si allunga fin dove la strada risale e s'inerpica verso il promontorio e via, tra curve e insenature, tra spiaggette e pinete, fino al grande faro, immensa vista tra le rocce e il mare, a perdita di fiato.
    A Cadaques ci sono rive verdi di acqua bassa e di sassi tondi, levigati. A Cadaques c'è un orizzonte azzurro che ti circonda ovunque, dove tra mare e cielo ci sono solo alberi e lo snodarsi dei viottoli, a Cadaques c'è un tramonto che riempie il mondo. Dalla finestra di Dalì contemplano il mare i vecchi amici e la donna grande amore dell'artista ribelle, la donna che chiamava il pittore alla sua torre.
    Oltre agli alberghi e alle poche case che arrivano su quella stessa spiaggia, c'è solo la roulotte di un venditore di anchoas. Sono le alici azzurre di quel mare, squisite, che riempiono i panini gustosi, dopo il bagno, con la birra ghiacciata che appanna i bicchieri. Il venditore arriva la mattina con il vecchio furgoncino, apre la roulotte con la sua finestra verso il mare e poggia i lunghi filoncini di pane croccante, pronti per i suoi pochi clienti, in giornate ancora di bassa stagione, quando i cancelli delle ville sono chiuse, e i pochi bagnanti passeggiano tranquilli sotto i grandi cappelli di paglia, nei parei colorati, alle spiagge.


    Edited by gheagabry - 12/10/2010, 01:16
     
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    Salvador Felipe Jacinto Dalí nasce l'11 maggio 1904 a Figueras, nel nord della Catalogna. Dotato di un precoce senso dell'osservazione, decide che sará pittore, incoraggiato in questo dall'artista Ramón Pichot che suggerisce ai genitori di fargli prendere corsi di disegno.


    Nel 1918 espone le prime opere di fattura impressionista, a volte puntinista, nel teatro municipale della cittá natale.
    É notato da alcuni critici che lo spingono a proseguire gli studi nella capitale.
    Dal 1921 al 1925 Dalí si trasferisce a Madrid dove frequenta l'universitá. I modi estremamente riservati e la testardaggine con la quale persegue uno stile rigoroso lo emarginano. I compagni pensano che sia un reazionario, ignorando che Dalí, deluso dall'immobilismo accademico, s'ispira alle opere della scuola Metafisica italiana ed a quelle dei futuristi. Artisti come De Chirico, Carrá, Severini e Morandi.

    Quando Federico García Lorca e Luis Buñuel, capi del movimento avanguardista, scoprono che Dalí sta sviluppando un proprio stile cubista ne fanno un modello per gli altri studenti. Il cambiamento é radicale: l´artista da timido diventa eccentrico, da studente zelante si trasforma in contestatore.


    Altra tappa fondamentale per la sua evoluzione é un viaggio a Parigi nel 1926, dove ha modo di studiare le tele del Vermeer ; il suo stile si semplifica e la tecnica ne rimarrá influenzata per sempre. Nel 1929 ritorna nella capitale francese, invitato da Buñuel e ne approfitta per entrare in contatto con i surrealisti: Tristan Tzara, Paul Eluard, André Breton, Max Ernst, René Magritte, Man Ray.

    Ritornato a Cadaqués ricambia l´invito. Eluard porta con sé la moglie Gala, definita "la Musa del Surrealismo". Dalí se ne innamora perdutamente e quando gli amici ripartono, lei decide di rimanere. Sotto la sua influenza gli anni surrealisti del pittore sono particolarmente fecondi; in lui ormai é chiaro che l´unico mondo reale é quello onirico.

    Egli non deforma la realtá, ma ne dipinge alcuni elementi trasformati.


    La prima mostra parigina del 1929 divide la critica: alcuni lo osannano, altri gridano allo scandalo. Nel 1933 espone per la prima volta a New York; nel dicembre dell´anno dopo ad una conferenza presso il Wadsworth Atheneum, spiega agli ammiratori entusiasti il segreto per comprenderlo: "La sola differenza fra me ed un pazzo é che io non sono un pazzo." Il paradosso sembra l´unico esercizio mentale possibile per accedere alle ossessioni che permeano la sua vita e per conseguenza la sua pittura. Una copertina di Time nel 1933, con una foto di Man Ray, lo consacra celebritá

    Nel ´37 la Spagna, l´Italia e la Germania sono ormai governate da governi totalitari. Dalí non diventa un militante, si limita a ritrarre le sue premonizioni, come nel dipinto "L´Enigma senza fine", una tela caratterizzata da immagini doppie e triple moltiplicate all'infinito, simbolo dell'apocalisse che si sta delineando in Europa. Il suo linguaggio simbolista si drammatizza: le automobili diventano degli scheletri sanguinanti ed il telefono, strumento di una speranza di dialogo, viene sovente associato a dei rami d´ulivo spezzati, ma con ancora delle foglioline tenacemente appese.

    Giá nel 1934 Dalí aveva rotto con il gruppo surrealista e Breton ne aveva denunciato il carattere, teso al facile guadagno, anagrammando le lettere del nome in AVIDADOLLARS.


    Il distacco con le avanguardie europee diviene definitivo quando il 16 agosto del 1940 Dalí e Gala s´imbarcano per l´America, dove soggiorneranno per otto anni. Negli anni che seguono dimostra in vari modi la sua incredibile polivalenza creativa: disegna gioielli, decora l´appartamento di Helena Rubinstein, compone delle pubblicitá per Vogue e Shocking, ma per farsi perdonare queste americanate il 2 settembre del ´41, organizza una cena benefica i cui proventi vanno agli artisti profughi.
    Nel ´42 incomincia ad interessarsi alle scenografie dei balletti "Romeo e Giulietta" e "Tristano e Isotta". Si cimenta in una sceneggiatura per Jean Gabin e scrive un romanzo che nelle intenzioni dell'autore dovrebbe ricalcare la tradizione letteraria di Balzac.

    Il 21 luglio del 1948 rientra in Europa e subito dopo essere sbarcato a Le Havre si dirige a Port Lligat. Il 1950 segna una svolta nei temi ispiratori. Probabilmente il momento di crisi inizia quando la sorella Ana Maria pubblica a Barcellona il libro: "Salvador Dalí visto da sua sorella". Il pittore ritorna ai traumi dell´infanzia: la solitudine di un sognatore impaziente, la frattura in seguito alla decisione del padre di cacciarlo di casa, l´isolamento dei primi anni a Madrid. Dalí contrattacca con dignitá raccontando solo le cose positive che la Catalogna gli ispira: la luce dell´Ampurdan, le scogliere di Port Lligat, la rustica vita dei pescatori e soprattutto la presenza costante di una donna sublime al suo fianco, sua moglie Gala.

    Il 1954 é uno dei periodi piú creativi per l´artista che partecipa ad esposizioni importanti. A partire dagli anni 60 gli sono dedicate diverse mostre ed é fatto oggetto di numerosi riconoscimenti pubblici. Nel maggio del 1983 dipinge la sua ultima tela che segna la fine di una vita vissuta sotto il segno dell'eccesso della genialitá adulta e del patetico ascetismo degli ultimi anni.






    ...UNA MENTE GENIALE...



    Catalano assetato d'oro e di gloria, Dalì ha dipinto molto e molto ha parlato. Era un artista poliedrico ed eclettico, le sue opere e la sua stessa vita, hanno rappresentato una provocazione permanente. E se anche oggi è riconosciuto come uno dei giganti dell'arte moderna, se anche il grande pubblico, sedotto dalla sua genialità, l'ha osannato, spesso le sue stoccate alla società dei benpensanti non vengono tuttora colte, e una mente che guarda al futuro viene ancora considerata avvolta dalla pazzia. Ma bastava ascoltarlo, per capire:

    "L'unica differenza tra me e un pazzo, è che io non sono pazzo", diceva.

    Dalì, con grande coraggio, ha deciso di essere un'artista in ogni senso, di fare della sua stessa esistenza un'opera d'arte, di essere un uomo pubblico, un uomo che è riuscito a fare di sé stesso un divo.
    Ma era anche un uomo dalla curiosità insaziabile: nelle sue opere, si trova un'eco di tutte le scoperte e le invenzioni, di ogni dubbio o domanda. Nelle sue tele circonfuse di una lucida "folie", la mente e il genio trasportano le curiosità e gli interrogativi ancestrali che l'umanità da sempre si pone. Nell' alone surreale dei suoi dipinti vediamo nascite inverosimili e terribili, purezze ed estasi deliranti in un roteare geometrico di sfere, persone e passioni trasfigurate e trasportate in un altrove cosmico privo di leggi e ragione, dove ogni cosa è possibile. Dove ogni cosa è forse più reale di come ci appare nel mondo della realtà.

    Salvador Dalì fu un uomo che riuscì a rendere la sua vita una provocazione continua, uno schiaffo morale al bon ton dell'alta società e alle sue ipocrisie.
    La sua esistenza stessa può essere paragonata ad un'opera d'arte: per l'intensità che ha sempre caratterizzato ogni minuto della sua giornata; per l'amore, talmente forte da sembrare inverosimile, che lo univa a Gala, sua musa e amante; per quello sguardo che penetrava lo spazio e leggeva oltre la parvenza delle cose; per quei suoi modi di fare strani e inclassificabili, che lo hanno reso unico e indimenticabile.
    La singolarità dell'uomo, la genialità dell'artista, la fantasia della ragione, sono state immortalate in numerosi scatti fotografici, che ci restituiscono parte del carisma di questa grande personalità dell'arte moderna. L'opera Di Salvador Dalì è estremamente vasta e ricca. Nei suoi dipinti si ritrovano oggetti surrealisti con funzionamento simbolico, sensazioni rese immagini, corpi attraversati da forme, significati inattesi e nascosti dietro colori contrastanti e vivaci. Forte e presente in ogni tela, come figura o come contenuto sotteso, l'amata Gala. Egli diceva:

    "Ogni mattino al risveglio provo un piacere supremo: quello di essere Salvador Dalì"

    "il surrealismo sono io"

    "All'età di sei anni io volevo essere una cuoca. A sette volevo essere Napoleone. E la mia ambizione è andata crescendo costantemente fino ad ora"

    "Non preoccuparti di essere moderno. Sfortunatamente è la sola cosa che, qualsiasi cosa tu faccia, non potrai evitare"

    "Dio inventò l'uomo, e l'uomo inventò il sistema metrico"

    "Non aver paura della perfezione..non la raggiungerai mai"

    "Io non dipingo un ritratto affinché sia simile al soggetto, ma piuttosto affinché la persona cominci a desiderare di essere come il suo ritratto"

    "Io non prendo delle droghe: io sono le droghe"

    "Per acquistare un crescente e duraturo rispetto in società, è una buona cosa, se possiedi un grande talento, di dare, presto nella tua giovinezza, un bel calcio al garretto destro della società che ami. Dopo questo, sii uno snob"

    "Non è necessario che il pubblico sappia se sto scherzando o se sono serio, come non è necessario a me conoscere me stesso"

    "Gli errori hanno quasi sempre una natura sacra. Non cercare di correggerli. Al contrario: razionalizzali, comprendili totalmente. Dopodiché, sarà possibile per te sublimarli."

    "La differenza tra i falsi ricordi e quelli veri è la stessa che per i gioielli: sono sempre quelli falsi che sembrano i più reali, i più brillanti"

    "Il mondo mi ammirerà. Forse sarò disprezzato e incompreso, ma sarò un grande genio, sono certo di questo"

    "Ci sono giorni in cui credo di morire per un'overdose di soddisfazione"

    "Coloro che non vogliono imitare nulla, non producono nulla"

    "Siamo tutti affamati e assetati di immagini reali. L'arte astratta sarà buona per una cosa: restituire all'arte figurativa la sua esatta verginità"





    Dalì stesso definì i propri quadri “fotografie di sogni fatti a mano”, realizzati con il preciso intento di materializzare con esatta precisione immagini irrazionali; opere come "La persistenza della memoria" sono concepite con una tale carica immaginativa, ed eseguite con una perizia tecnica così straordinaria, da poter essere annoverate tra i capolavori del XX secolo.
    La persistenza della memoria, detto anche Gli orologi molli ovvero Il tempo che si scioglie, è uno dei dipinti eseguiti da Dalì conseguentemente all’elaborazione del metodo paranoico-critico, così ribattezzato dallo stesso artista, cioè il far emergere l’inconscio, secondo quel principio dell’automatismo psichico teorizzato da Breton ma generato dagli interessi per la psicoanalisi e per gli scritti di Freud. Si trattava dell’interpretazione delle forme basata sulla capacità di rielaborarle con l’immaginazione, similmente alla lezione di Leonardo da Vinci che invitava ad osservare le macchie sui muri per vedervi affiorare delle figure; in tal modo all’occhio umano si schiudevano muovi mondi, che sarebbe stato compito della pittura poi concretizzare.
    Fra le varie testimonianze di questa capacità che Dalì acquisì di simulare il disordine di una mente paranoica, e di percepire immagini nascoste dietro l’apparenza, senza che la sua stessa mente fosse turbata, è appunto La persistenza della memoria, l’opera più conosciuta di Dalì, tanto che il motivo degli orologi molli che si liquefanno è poi diventato uno dei più famosi del Novecento.
    Dalì stesso collegò tale soggetto alla propria ossessione per tutto ciò che era molle, e affermò che l’idea gli era venuta mangiando del formaggio Camembert stagionato.
    Il molle, il contrario del duro, non poteva esprimersi pittoricamente meglio che in questo dipinto, che è allo stesso tempo la storia della personalità di Dalì, esternamente simile ad una fortezza, internamente sensibile ed ipermolle.
    “…E il giorno in cui decisi di dipingere gli orologi, li dipinsi molli. Accadde una sera che mi sentivo stanco e avevo un leggero mal di testa…A completamento della cena avevamo mangiato un camembert molto forte e, dopo che tutti se ne furono andati, io rimasi ancora a lungo seduto a tavola, a meditare sul problema filosofico della “ipermollezza” posto da quel formaggio…Quando, due ore dopo, Gala tornò dal cinema, il quadro, che sarebbe diventato uno dei miei più famosi, era terminato”.


    Nel 1935 scrisse: ” i famosi orologi molli non sono altro che il molle, pazzo, solitario, paranoico-critico Camembert del tempo e dello spazio."


    Il quadro è di un fascino incredibile e si presta a molteplici, anche fantasiose o azzardate interpretazioni, addirittura secondo alcuni critici gli orologi flosci nasconderebbero la paura dell’impotenza, ma piace di più pensare a questo dipinto come ad una geniale interpretazione della memoria e del tempo, trasposizione dell’onirico nel figurativo ed ennesima felice intuizione dell’incredibile genio di Dalì.


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  4. gheagabry
     
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    La tentazione di Sant'Antonio







    La tentazione di Sant'Antonio 1946 (olio su tela)

    In seguito alle esplosioni della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki nel 1945, Dalí diede inizio a nuove ricerche esistenziali e artistiche, passando dalle suggestioni della psicanalisi a quelle della fisica nucleare trasformata in un misticismo paranoico-critico, come racconta egli stesso nel suo saggio sulla spiritualità Manifesto mistico del 1951. Da questo momento in poi, infatti, egli rivolse la sua arte verso una maggiore riconoscibilità delle forme, ispirandosi prevalentemente all’iconografia religiosa occidentale. Questa straordinaria opera, dipinta a New York, risente appunto, di questo mutamento culturale e fu presentata al concorso indetto da Albert Levin - e vinto poi da Max Ernst - per la realizzazione dell’unica scena a colori del suo film sul soggetto Bel Ami di Guy de Maupassant. Nel quadro la tentazione appare a sant’Antonio in forma di un cavallo che s’impenna, simbolo del potere e della lussuria, e in forma di alcuni elefanti che portano sulla groppa diversi elementi dall’evidente connotazione erotica: una donna nuda e voluttuosa su un piedistallo, un obelisco romano ispirato al Bernini, alcune strutture architettoniche palladiane, e infine una torre dal simbolismo indubbiamente fallico. La particolarità affascinante di questi animali giganti, che dovrebbero rappresentare gli spiriti maligni che provocano il santo eremita nel deserto, è la deformazione allungata e sottilissima delle zampe, che che permette loro di entrare in una dimensione di tramite tra la terra e il cielo, tra realtà e spiritualità.





    Metamorfosi di Narciso





    Metamorfosi di Narciso 1936-37(olio su tela)


    Dalì disse che questo dipinto trattava della morte e della
    pietrificazione di Narciso, che innamoratosi del suo riflesso fu
    trasformato nel fiore che porta il suo nome. Sigmund Freud, dopo aver
    visto questo quadro disse: "Non ho mai visto un così perfetto esempio
    di uomo spagnolo, che fanatico!"

    La scelta iconografica del dipinto deriva dalle suggestioni artistiche ricevute durante il viaggio in Italia compiuto dall’artista nel 1936, così come le figure dei nudi sullo sfondo che evocano pose classiche e atteggiamenti formali tipici dell’arte rinascimentale e manierista. Il mito classico del giovane Narciso, che innamoratosi della propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua e impossibilitato a possederla si trasforma nel fiore che porta il suo nome, offrì lo spunto all’artista per inscenare questa metamorfosi ovidiana in un’ambigua relazione tra illusione e realtà, come egli stesso descrisse nel suo poema intitolato appunto La Metamorfosi di Ovidio. La splendida figura accovacciata di Narciso, che giganteggia come una roccia sulla superficie lucida e riflettente del lago, si trasforma nel suo doppio che assume l’aspetto di una grande mano pietrificata che regge un uovo crepato da cui nasce il fiore narciso. Le fasi di trasformazione sono rese in una narrazione consecutiva da sinistra a destra, così anche i colori opachi e le forme dapprima trasparenti, evanescenti e quasi invisibili acquistano gradatamente una connotazione realistica e concreta, come un lento risveglio dopo un sogno visionario.
     
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    Il Torero allucinogeno







    Il Torero allucinogeno 1968-1970(olio su tela)



    Dalì cominciò a dipingere questa imponente opera nel 1968 e la terminò nel 1970, quando fu acquistata da Mr. e Mrs. A. Reynolds per il Salvador Dalì Museum di Cleveland.
    La doppia immagine che appare al centro dell'opera è quella della Venere di Milo ripetuta diverse volte da diverse angolazioni in modo che le ombre formino l'immagine del tereador, il cui mantello è fatto di corpuscoli ottenuti tramite la moltiplicazione di punti e mosche, mescolati con l'immagine corpuscolare del toro morente.
    L'idea partì da una visione di Salvador Dalì, quando guardando la Venere di Milo ritratta su una scatola di matite, vide apparire il viso di un torero. L'architettura dell'arena è illuminata dalle luci e dalle ombre del sole delle cinque del pomeriggio (l'ora della corrida).
    Il viso del toreador appare al centro della Venere, la faccia è inclinata, le labbra sono pendenti ed il seno destro della Venere compone il naso del toreador. Il vestito verde della Venere diventa la sua cravatta, il suo addome diventa il suo mento. L'arena in alto forma il cappello del toreador.
    Particolare degno di nota è il ritratto della sua amata Gala. Si può notare come il suo viso sia profondamente triste (Gala odiava la corrida).
    Questa opera può essere vista come la più completa retrospettiva dell'intera carriera di Dalì: incorpora elementi della cultura catalana, le sue credenze religiose e i più importanti eventi della sua vita






    UNA Parte del Libro di Romero in CUI La Prima Volta Che racconti svuotarlo Torero allucinogeno :-)


    All'inizio dell'estate 1969, abbiamo concordato che avrei scritto un libro su di lui: il progetto era ferma, ma l'argomento è rimasto poco chiaro. Mi ha fatto vedere la foto che stava dipingendo. Ci sono state due colossali Venere di Milo su un palcoscenico limitato dai passi di un circo romano. In fondo, ho scoperto il bambino nello spettro di sex appeal e di altri lavori, mi ha detto che era il personaggio mȇme. Altri elementi sono stati inoltre dimostrato la gara o di esecuzione: le scogliere, un dipinto di Juan Gris, mosche, una spiaggia nei pressi del Capo di Creus tȇtes della Venere di Milo. Lui mi ha messo contro la parete opposta del workshop, che non è sufficientemente profondo per permettere alla luce di abbracciare una tale dipinti di formato, e mi ha fatto la delicata questione che ho sempre chiesto i suoi quadri "Che altro cosa vedi?". La risposta ha richiesto del tempo, e ha dovuto aiutarmi a trovare. C'era ancora un torero tȇte il cui volto, cappello e cravatta sono stati addestrati da altri elementi della tela.
    (...)
    Il grande dipinto di Venere nel circo romano era abbastanza avanzato, alla fine della stagione. Il suo titolo è stato allucinogeno Torero, ha proposto di fare il punto di partenza o il tema del mio prossimo libro. Si trova in effetti preso più di quanto suggerito o accennato, un numero significativo di temi Dalí, e molte delle sue preoccupazioni o ossessioni, * non incluso qui come inserti non collegati, ma erano in realtà ben inserito in un originale e diverso. E 'nata come la prima panoramica completa di questo libro, il suo testo e illustrazioni. La prima idea, perché anche se ho cercato di rimanere fedeli al nostro accordo (l'ho trovato molto buono se non mi trattenere), devo ammettere che la preparazione e la composizione di questo libro sono stati piuttosto caotico, discontinuo, e anzi, a lungo.




    * Un matador ancora attivo, Mario Cabré, Scriver Ode alla Gala-Salvador Dalí (Madrid, Ed. Sole, 1952) il relè I novantasei versi alla luce di Torero allucinogeno, e vedo che in modo esplicito nella maggioranza dei casi - Gala, angeli, rocce, Venere, fossili, paesaggio, lacerazione, luna ... - a volte velato o nascosto, la poesia allude a quasi tutti gli elementi di questo tavolo e parlo in questo libro. Inconsapevolmente, il torero-poeta si era occupato più di tre lampadari in anticipo i temi di una tabella che non esisteva. Riferimenti corrida, però, manca: non brindis o colpo mortale, o banderillas, pompon o costume, o la muleta toro non mȇme.

     
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    La persistenza della memoria






    La persistenza della memoria 1931 (olio su tela)

    In uno dei suoi scritti autobiografici, The Secret life of Salvador Dalí, pubblicato a New York nel 1942, l’artista descrive la genesi di questo dipinto inizialmente intitolato Orologi molli che rappresenta, in un certo senso, la storia della personalità di Dalí in eterno contrasto tra la dura scorza esterna del proprio ruolo pubblico e sociale e la sensibile “mollezza” della propria fragile interiorità. Su uno dei tanti paesaggi di Port Lligat, tra gli scogli aguzzi della Costa Brava e un ulivo secco e malinconico in primo piano, Dalí immaginò tre orologi come oggetti inattesi, sottratti alla realtà quotidiana e deformati dallo sguardo delirante di un sogno, che è quello creato dall’inconscio dell’artista sintetizzato nell’occhio dalle lunghe ciglia che giace addormentato (secondo un’idea già proposta da Dalí ne Il grande masturbatore del 1929). Questi tre orologi sul punto di sciogliersi al sole - mentre un quarto, ancora chiuso nel suo coperchio dorato, è assaltato da un cumulo di formiche brulicanti - rappresentano l’aspetto psicologico del tempo, il cui trascorrere, nella soggettiva percezione umana, assume una velocità e una connotazione diversa, interna, che segue solo la logica dello stato d’animo e del ricordo. L’opera, ribattezzata Persistenza della memoria, che oggi è indubbiamente il pezzo più famoso del MoMa di New York, venne acquistato dal mercante americano Julien Levy decretando il successo e la fortuna economica della produzione di Dalí negli Stati Uniti.

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    L'enigma del desiderio,mia madre,mia madre,mia madre





    L'enigma del desiderio,mia madre,mia madre,mia madre 1929 (olio su tela)


    In quest’opera dipinta in Catalogna, a Figueras, il volto dell’artista, addormentato nel solito paesaggio sospeso e cristallino, questa volta produce un sogno ossessivo e morboso, quello della madre, fonte di un enigmatico desiderio da castrare e inibire, materializzato in una gigantesca forma ibrida culminante in una piccola testa di leone. Nel barocco prolungamento del profilo disteso, sembra che la struttura geologica di una roccia erosa dal vento (forse uno degli scogli di Capo Creuso) prenda lentamente la forma di un elemento architettonico di Antonio Gaudí, il cui gotico mediterraneo il pittore aveva visto da bambino a Barcellona. Le scritte ripetitive “ma mere, ma mere, ma mere…” sono ispirate al poema di Tristan Tzara Il grande lamento della mia oscurità, del 1917, e formano dei solchi sulla superficie di quella forma inquietante. Il piccolo gruppo dipinto sulla sinistra sembra raffigurare lo stesso artista che abbraccia il padre, insieme ad altri ricorrenti e paranoici simboli: il leone, la testa di donna, il pesce, la cavalletta, la mano col pugnale, e in fondo un torso femminile nudo che si intravede da una roccia forata.
     
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    Stipo antropomorfico






    Stipo antropomorfico 1936 (olio su legno)


    Nel corso degli anni Dalí ha eseguito diversi disegni di questa figura, a matita e a inchiostro, con lievi modifiche, mentre questa versione finale a olio fu esposta per la prima volta a Londra, nel 1936, alla Lefevre Gallery. In quella stessa città avvenne anche, due anni dopo, il tanto desiderato incontro di Dalí con Freud. L’ispirazione di questo straordinario dipinto deriva appunto dalle teorie del professore viennese, sintetizzate nella figura umana scomposta in cassetti segreti, finalmente aperti e rivelati alla vista grazie alla rivoluzione psicanalitica freudiana. Il viso della misteriosa figura, sdraiata nella penombra di una stanza vuota, è nascosto dai lunghi capelli, mentre il suo corpo surreale conserva, dopotutto, delle fattezze riconducibili a un modello umano. I cassetti semivuoti sembrano pronti ad accogliere quelle idee e immagini prodotte dal subconscio, mentre il braccio teso vorrebbe respingere quel piccolo frammento fotografico di città luminosa e borghese che si intravede in alto, come in un drammatico contrasto tra la reale solitudine umana e la falsa esteriorità della convivenza civile e sociale.



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    Giraffa in fiamme





    Giraffa in fiamme 1936-1937(olio su legno)


    Il titolo dell’opera si riferisce alla spettrale carne bruciata della giraffa sulla sinistra in secondo piano, che potrebbe essere la materializzazione della guerra civile, scoppiata proprio in quel momento in Spagna. La vera figura protagonista, però, è quella femminile che occupa quasi tutto lo spazio del quadro e che inaugura una nuova fisionomia di donna che ritroveremo rappresentata poi anche in altre opere. L’immagine della donna “smontabile”, che rivela il suo interno a cassetti, la donna–stipo, priva di volto e di identità esteriore, che si scompone in protuberanze sorrette da stampelle, è un’idea nata dalla riflessione sul valore delle teorie psicanalitiche di Freud. L’artista, infatti, dichiarerà anni dopo: “L’unica differenza tra la Grecia immortale e il nostro presente è Sigmund Freud, che scoprì come il corpo dell’uomo, che al tempo dei greci era puramente neoplatonico, sia oggi pieno di cassetti segreti, che solo la psicanalisi è in grado di aprire”. Il surrealismo di Dalí, che da questo periodo in poi prenderà le distanze da quello ufficiale di Breton, diventa, dunque, sempre più eccentrico, incontrollabile e freudiano nel dare libero spazio alle proprie allucinazioni provocatorie, quelle che egli stesso definirà “attività paranoico- critiche”.




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    Mosca dedica super mostra a Salvador Dali'.
    La piu' ampia retrospettiva mai organizzata in Russia. Era un artista quasi vietato. MOSCA - Salvador Dalì sbarca a Mosca, al museo Pushkin, per la maggiore retrospettiva mai organizzata in Russia con opere originali, la prima in assoluto per le sue tele: un vero e proprio evento in un Paese che lo ama moltissimo, quasi in modo mistico. Sin dai tempi sovietici, quando era un artista quasi vietato per le sue ambiguità franchiste e per le sue immagini surrealiste poco comprensibili, e quindi pericolose. A rafforzare il culto e l'interesse per Dalì anche la moglie, e musa artistica, di origine russa, Ielena Diakonova, nota come Gala. A lei sono dedicate molte delle opere in mostra. L'esposizione, promossa nell'ambito dell'anno incrociato Russia-Spagna, è stata inaugurata oggi alla presenza della direttrice del Pushkin Irina Antonova, del ministero della cultura russo Aleksandr Adveev e di Joan M. Sevillano, direttore della fondazione Dalì, da cui provengono tutte le opere. Si tratta di centinaia di pezzi, inclusi 70 disegni (tra cui quelli per il Don Chisciotte e per la biografia di Benvenuto Cellini), di 20 acquerelli e di 25 olii. Tra quest'ultimi figurano 'Il naso di Napoleone trasformato in una donna incinta', la 'Testa ispirata a Giuliano de Medici di Michelangelo', l"Autoritratto con il collo raffaellescò, 'Stranezze'. Una selezione che abbraccia tutta l'evoluzione artistica del maestro del surrealismo, dai primi anni Venti alle tele dell'ultimo Dalì, con una parte preponderante dedicata a Gala. Una sezione della mostra è dedicata ad alcune decine di foto tratte dall'archivio di famiglia, dove Gaudì appare nel suo atelier, con la moglie, il padre e celebri personaggi dell' epoca, come Ingrid Bergman e Gregory Peck. E' esposto inoltre anche il suo famoso divano rosso a forma di labbra, con davanti un maxi schermo sul quale vengono proiettati un documentario biografico e due film prodotti insieme al regista spagnolo Luis Bunuel (suo grande amico come Garcia Lorca e Picasso): Un chien andalou - primo film surrealista della storia - e L'age d'or. Dulcis in fundo l'allestimento, firmato dall'ottantunenne scenografo del Bolshoi Boris Messerer, marito della defunta poetessa Bella Akhmadulina: lungo lo scalone che conduce alla mostra ha voluto rievocare la fantasiosa decorazione del tetto della casa-museo dell'artista a Figueras, in Catalogna, con una serie di originali e gigantesche uova di cartapesta illuminate e alternate a colonne-piramidi, realizzate dall'artista moscovita Dasha Antonova. Dal soffitto pendono invece alcune repliche bianche e nere dei costumi creati da Dior su disegno di Dalì e indossati dallo stesso maestro con la moglie al ballo in maschera del Carnevale veneziano del 1951.




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    MADONNA DI PORT LlIGART
    SALVATORE DALI'
    1949 (I° versione)



    La Madonna di Port Lligat è un dipinto, opera del pittore Salvador Dalí.

    La tela, realizzata in due diverse versioni nel 1949 e nel 1950, inaugura una nuova fase nella pittura di Salvador Dalí: per la prima volta si avvicina alla Chiesa cattolica e di conseguenza inserisce una grande quantità di elementi religiosi nei suoi quadri. Il suo nuovo entusiasmo lo portò addirittura ad un incontro con papa Pio XII, al quale sottomise la prima versione di questo dipinto per l'approvazione.

    L'opera è indubbiamente ispirata alla Sacra Conversazione di Piero della Francesca: sono presenti l'uovo sorretto dalla conchiglia (qui rovesciata), le colonne e la gestualità della Madonna è molto simile a quella ritratta dell'artista toscano. La particolarità del dipinto è la separazione dei vari elementi che librano nello spazio, tenuti in equilibrio da misteriose forze di attrazione e repulsione, come avviene negli atomi. Tutto ciò non è casuale perché Dalí fu colpito profondamente dall'evento della bomba nucleare, in particolare da quelle in Giappone durante la seconda guerra mondiale. Per la precisione era soprattutto attratto dal concetto di scissione dell'atomo. Dalí stesso ce ne parla:

    « L'esplosione della bomba atomica provocò in me un vero e proprio terremoto. Da allora fu l'atomo l'oggetto centrale dei miei pensieri. In molti paesaggi da me dipinti in quel periodo trova espressione il terrore che mi assalì quando appresi la notizia dell'esplosione atomica. Decisi di utilizzare il mio metodo critico – paranoico per sondare quel mondo. Io voglio conoscere e capire le forze e le leggi segrete delle cose, per poterle dominare, io ho la facoltà geniale di disporre di un'arma eccezionale, che mi consente di arrivare al nucleo della realtà. »





    ''Madonna di Port Lligat''
    Salvador Dalí, 1950
    olio su tela, 144 × 96 cm
    Tokyo, Minami Art Museum


    Nel quadro sono presenti elementi che ritroviamo spesso in Dalí, come la figura di Gala, sua moglie e musa nella vita reale che impersona la Madonna, la baia di Port Lligat (suo paese natale), il pesce, la conchiglia, il pezzo di sughero attaccato al chiodo.

    Gli elementi presenti nel quadro non sono moltissimi ma danno una sensazione di pienezza. Sono però di ardua interpretazione. Dalí non ha dato spiegazioni riguardo le sue opere se non in rarissime occasioni. Il quadro si presenta in modo alquanto originale: un sipario, visibile negli angoli alti e composto da due tende di differente colore, è quasi totalmente aperto, come per dire che lo spettacolo sta per avere inizio. E di spettacolo si tratta, visto lo splendore dell'opera.

    Al centro troviamo la Madonna, elemento principale, con in grembo un bimbo, frutto del suo amore e di quello di Dio. La figura è sospesa, come la quasi totalità degli elementi presenti. Si ha l'idea di un'istantanea ma allo stesso tempo anche di un dolce movimento infinito. Nel ventre della Vergine e in quello dell'infante convergono tutte le linee di prospettiva, al fine di puntarvi lo sguardo dell'osservatore.

    Il quadro può essere suddiviso in piani orizzontali, verticali e di profondità. Quelli orizzontali sono composti da tre sezioni:

    sezione inferiore, composta dall'altare e dal mare sottostante.
    sezione centrale, delimitata tra l'altare e l'orizzonte e nella quale si trova la Madonna in trono.
    sezione superiore, composta dalle colonne, dalla volta, dalla conchiglia, dal cielo e dalle tende.
    I piani verticali sono invece due, delimitati da una linea ideale che divide l'opera in altrettanti parti speculari. Questa parte dal cordino che sostiene l'uovo, passa per la spiga di grano, nelle rose sottostanti, nella sfera e termina nella vongola.

    Anche i piani di profondità, come quelli orizzontali, sono tre:

    I° piano, dove si trova l'altare.
    II° piano, dove si trovano la madonna e le colonne.
    III piano, dove si trova il paesaggio.
    La luce proviene dall'angolo in alto a sinistra. Ciò si può intuire dalle ombre degli oggetti e dei personaggi. Questa luce, che rende il panneggio del vestito plastico e il viso della Madonna luminoso, crea un'atmosfera surreale di tempo sospeso.

    Al centro del dipinto troviamo la Madonna che, come detto in precedenza, è il soggetto del quadro. Essa ha nella zona del seno e del ventre un foro fortemente evidenziato da una cornice che la attraversa, lasciandoci vedere lo sfondo del quadro.

    La figura femminile ha il capo leggermente chino verso sinistra e le mani giunte in preghiera per venerare il Bimbo. Quest'ultimo, biondo e con gli occhi azzurri, riprende un ideale di bellezza nordica.

    Sotto troviamo un uovo appeso tramite un filo alla conchiglia. È il simbolo della nascita; è l'elemento dentro cui la materia prende vita. Ha il significato di cosmo e del principio fondatore che l'ha generato.

    Nello stesso piano di profondità, sotto l'uovo troviamo due mezze colonne con capitelli, sormontate da un arco spezzato. Sopra questo vi è la conchiglia che sembra avere la funzione di cupola. L'intonaco delle colonne è rovinato, mostrando così la muratura interna: il primo è liscio, perfetto, mentre le altre sono irregolari e nude.


    Il dipinto è ricco di sfumature, tranne nel caso delle zone intonacate della volta e delle colonne in alto dove il chiaroscuro è molto meno evidente. Lo sfondo e il cielo tendono a passare da un colore a un altro. Invece ogni elemento in primo piano del quadro è sì sfumato, ma ha un suo colore e lo mantiene: le colonne basse sono marroni, il pesce è sul grigio, il vestito di Gala è un bianco “sporco”. Dividendo idealmente il quadro in tre bande orizzontali si ha una contrapposizione tra due parti relativamente più scure (quelle alte e basse) che man mano si schiariscono verso quella centrale, in cui si trovano tra l'altro i due soggetti principali.



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    dal web
     
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16 replies since 11/10/2010, 21:11   12246 views
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