ACETO

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    L'ACETO



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    L'aceto (dal latino acetum) è un condimento liquido ed aromatico che si ottiene grazie all'azione di una colonia di batteri acetobacter, che trasformano le soluzioni alcoliche in soluzioni contenenti una percentuale di acido acetico che può variare dal 4 al 12%.
    L'aceto si può ottenere da diverse materie prime, praticamente da tutti quegli alimenti che fermentano; i più usati però, restano il vino e il sidro.

    L'aceto in base alla nostra legislazione, viene diviso in cinque gruppi:

    Aceto comune: prodotto da vino non pregiato, con fermentazione rapida, filtrato e chiarificato;
    Aceto di qualità: prodotto da vino pregiato, fermentazione lenta, invecchiamento in botti di legno;
    Aceto aromatizzato: prodotto da un aceto di qualità al quale si aggiungo spezie aromatiche;
    Aceto decolorato: aceto comune che viene decolorato, usato per conservare ortaggi sottaceto;
    Aceto speciale: comprende vari tipi di aceto, tra cui il più conosciuto il balsamico di Modena.


    L'aceto ha un' origine antica quanto quella del vino, infatti è dal vino lasciato all'aria aperta e quindi rapidamente inacidito che ha origine l'aceto; in Francia infatti, l'aceto viene indicato con il termine vinaigre, vino agre, appunto.

    L'aceto ha citazioni molto antiche, tanto che viene riportato anche nella Bibbia, mentre Romani e Greci gli riconoscevano molte proprietà medicinali. Ad Orléans, città importante per la produzione di aceto, dal 1934 esiste una vera e propria corporazione degli acetieri.

    ■ Varieta'


    L'aceto si ottiene con un procedimento molto semplice; l'alcool, a contatto con l'aria e in presenza di microrganismi, fermenta immediatamente; in superficie si forma una leggera patina di colore grigio che ricopre il liquido, e, col passare del tempo, questa patina, diventando più scura, si trasforma in una massa gelatinosa che prende il nome di "madre dell'aceto".

    Anche se l'aceto si forma in modo del tutto naturale, nel procedimento industriale si produce da una coltura ben precisa, infatti, oggi possiamo trovare l'aceto prodotto in modo artigianale, e aceto da produzione industriale.

    La produzione artigianale, chiamata anche "procedimento di Orlì", prevede che l'aceto venga prodotto in fusti di quercia; al vino viene aggiunta la "madre dell'aceto", e poi viene lasciato a macerare; successivamente viene filtrato e imbottigliato. Il procedimento per la produzione è continuo, in fatti si preleva l'aceto e si aggiunge il vino; questo tipo di aceto conserva intatti nel tempo il colore e l'aroma.

    L'aceto prodotto invece con procedimento industriale, prevede che il liquido venga raccolto in vasche metalliche riscaldate; viene mescolato con trucioli di quercia, che a loro volta, sono stati messi a bagno in aceto: con questo procedimento l'aceto si ottiene nel giro di un giorno.

    ■ Al momento dell'acquisto


    In commercio possiamo trovare molte varietà di aceto:

    Aceto di mele: dal colore bianco, prodotto dalla fermentazione di succo di mela, ricco di minerali e buon antibatterico.
    Aceto di riso: viene prodotto in due fasi, la prima dove viene fermentata la farina di riso, la seconda prevede la fermentazione acetica. Usato per condire il Sushi.
    Aceto di miele: deriva da una sostanza vegetale che, dopo essere stata trattata dalle api, viene messa a fermentare, usato su qualsiasi alimento e come bevanda dissetante.
    Aceto di malto: si ottiene dalla fermentazione del malto d'orzo, corposo, aromatico e delicato, usato per carne, pesce, gli inglese lo mettono sulle patatine fritte.
    Aceto di cocco: deriva dalla linfa della palma da cocco, diffuso in Asia e India.
    Aceto di canna: ricavato dal succo della canna da zucchero, usato in Francia, Stati Uniti e Filippine.
    Aceto di birra: ha un sapore maltato molto particolare, prodotto in Austria, Germania e Paesi Bassi.
    Aceto balsamico: il più conosciuto è quello di Modena o Reggio Emilia, sul mercato se ne trovano di moltissime qualità.

    ■ Conservazione


    L'aceto si conserva tranquillamente a temperatura ambiente, meglio se al buio; per il resto, non necessita di particolare precauzioni. Può capitare che perda un pò della sua limpidezza e al suo interno potrebbe formarsi un pò di "madre", che può essere lasciata o filtrata.

    ■ Uso in cucina


    L'aceto ha svariati usi in cucina: può essere usato per marinare la carne e il pesce, oppure per preparare la vinaigrette, usata per insaporire svariate insalate e non solo. L'aceto viene usato anche per la conservazione di alcuni alimenti, come pesce, ortaggi, verdure ecc..


    L'aceto contiene una grande percentuale di acqua (95%), fornisce pochi zuccheri e pochissime calorie.

    L'aceto dà sollievo in caso di punture d'insetti, ustioni, e ferite. Stimola l'appetito e la digestione, ma è controindicato a chi soffre di ulcera.

    ■ Curiosita'


    L"aceto in casa non dovrebbe mai mancare; aiuta infatti a togliere le macchie di ruggine dagli indumenti, e sulle mani è un ottimo rimedio per eliminare le macchie di frutta; è inoltre perfetto come anticalcare e rende i vetri molto più brillanti. Qualche goccia di aceto aggiunta nel vaso contenente fiori recisi, aiuterà a farli durare più a lungo.


    Edited by gheagabry1 - 14/11/2019, 14:48
     
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    L'ACETO BALSAMICO



    aceto_proprieta_nutritive




    L'aceto balsamico è un condimento tipico, prodotto in provincia di Reggio Emilia e Modena; per produrre il semplice aceto balsamico (non tradizionale) si parte sovente dal semplice mosto non concentrato o solo parzialmente concentrato, che viene addizionato con una percentuale di aceto balsamico di almeno 10 anni (che fornisce l'aroma e il gusto tipici al prodotto) e fatto fermentare per breve tempo in modo tale da amalgamare le caratteristiche dei due aceti. E' possibile l'aggiunta di caramello per correggere il colore.

    Si deve però chiarire che il semplice aceto balsamico (privo dell’aggettivo tradizionale) indica un prodotto reperibile facilmente in commercio a costi molto inferiori; si tratta di una imitazione dell'aceto balsamico tradizionale, ottenuto industrialmente miscelando un aceto comune con un aceto invecchiato almeno 10 anni (non necessariamente balsamico e non necessariamente modenese) più aromi e coloranti vari.
    Si ottiene così un prodotto simile nel colore ma assolutamente inferiore come gusto, qualità e consistenza.
    Bisogna invece distinguere due prodotti tutelati dal marchio DOP, ottenuti secondo antiche tradizioni a partire dal mosto d'uva cotto invecchiato per almeno 12 anni:

    * Aceto balsamico tradizionale di Modena DOP
    * Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia DOP

    Per produrre l'aceto Balsamico Tradizionale si parte da uve Trebbiano e Lambrusco coltivare nelle zone collinari delle provincie di Modena e Reggio Emilia, e la sua preparazione passa attraverso tre fasi: la prima è quella della fermentazione alcolica, poi è la volta dell'ossidazione acetica e infine l'invecchiamento. L’invecchiamento dell' aceto balsamico tradizionale di Modena avviene in una serie di botti piccole (batterie), di legni diversi (gelso, rovere, ciliegio, castagno, ginepro e frassino ), ognuno di questi legni, conferisce all'aceto un aroma particolare.
    Da 1 quintale di uva si ricavano 70 litri di mosto che sarà cotto in caldaia. Dopo la cottura avanzano 30 litri di mosto. Nel corso dei primi 12 anni di invecchiamento, si gestisce la batteria mantenendo il livello dell'aceto nei barili costante (a circa 2/3 della loro capienza) rinvasando ogni botticella con l'aceto di quello precedente. Ogni anno, mediamente, si ha un calo per evaporazione di circa il 10%. Al 13° anno si inizia con il prelievo annuale: si prelevano infatti 3 litri di aceto maturato .
    Solo dopo che l'aceto è invecchiato per 12 o 25 si raggiunge quell'equilibrio sorprendente di sapori e aromi che gli permette di fregiarsi della Denominazione d’Origine Controllata.

    Per i suoi raffinati profumi, il colore lucente ed il suo intenso aroma, l’aceto balsamico tradizionale può accompagnarci in cucina nella preparazione di innumerevoli ricette, dalle più raffinate ed elaborate a quelle più povere e semplici. Si abbina splendidamente a molteplici portate, può essere servito “al cucchiaio” come un aperitivo un po’ insolito, oppure lo si può utilizzare, più tradizionalmente, sulle scagliette di parmigiano reggiano, sul risotto o sulle famosissime scaloppine, su una fresca insalata, a crudo per insaporire carni, formaggi stagionati, verdure gratinate o saltate in padella e carpacci, per poi stupire anche il palato più smaliziato con fragole e gelato al Balsamico Tradizionale. Sui cibi a cottura l' aceto "tradizionale" va aggiunto poco prima di toglierli dal fuoco affinché ci sia tempo sufficiente per insaporire la vivanda e congiuntamente per non disperdere il suo straordinario aroma e la complessità del suo "bouquet'’. Nel caso di pietanze calde già disposte su piatto da portata è buona norma intervenire col "balsamico’’ poco prima di servirle. Per il condimento di una verdura cruda si ricorda la sequenza ottimale: sale, aceto balsamico, olio.
    È disponibile in due tipi, differenziati sulla base dei rispettivi periodi di invecchiamento: almeno una dozzina di anni per l’ aceto balsamico tradizionale e oltre venticinque anni per il prodotto che riporta la dicitura aceto balsamico tradizionale “Extra Vecchio". Si consiglia l’uso del prodotto a 12 anni per i cibi a cottura e tutte le verdure; l’Extra vecchio è usato in cucina per insaporire pietanze calde e direttamente in tavola sul parmigiano, sui bolliti e sulle ricette di carne e pesce, per non parlare di una dei più famosi utilizzi dell'aceto balsamico, sulle fragole o su un gelato alla crema.

    ■ Curiosità

    L'aceto balsamico, al contrario di alcuni prodotti tipici, che non sono certamente dietetici, è un prodotto genuino utilizzato spesso nelle diete alimentari; viene spesso utilizzato, ad esempio, per sostituire l'olio
    Gli aceti molto vecchi, di oltre 30-35 anni sono adatti anche per una degustazione da meditazione, come digestivo a fine pasto.
    Una boccetta da 100 ml di un buon aceto balsamico tradizionale difficilmente può costare meno di 50 Euro.





    Insalata di rucola, pere, grana e noci



    Ingredienti

    * Aceto balsamico q.b.
    * 100 gr Grana Padano a scaglie
    * 50 gr di gherigli di Noci
    * Olio di oliva q.b.
    * 2 Pere
    * 150 gr Rucola
    * Sale .b.

    Lavate ed asciugate la rucola. Sbucciate le pere e tagliatele a pezzetti non troppo grossi. Spezzettate grossolanamente i gherigli delle noci lasciandone qualcuno intero per decorazione .
    Potete decidere di preparare l’insalata in un’unica ciotola oppure di preparare 4 porzioni individuali; prendete 4 piatti da insalata (o ciotoline) e dividete la rucola in parti uguali, quindi cospargete i piatti con i pezzetti di pera, le scaglie di grana e i gherigli spezzettati (e interi) delle noci.
    Portate in tavola olio, sale, limone, aceto balsamico e lasciate che i commensali condiscano l’insalata secondo i loro gusti.

    Volendo, potreste sostituire il Grana con dei pezzetti di Roquefort, formaggio francese dal sapore spiccato e striature blu-verdi che ricordano il nostro gorgonzola.


    Edited by gheagabry1 - 14/11/2019, 14:50
     
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    .“Resterà forse sempre un mistero c
    ome certi gusti si radichino in una determinata epoca storica,
    fino a diventarne quasi un simbolo,
    per cadere poi nel dimenticatoio “solo” qualche secolo più tardi.”


    L’ACETO AGRESTO

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    L'agresto è un condimento acidulo ottenuto dalla cottura del mosto di uva acerba e dall'aggiunta di aceto e di spezie. L’aspetto è simile all’aceto balsamico, sia nella densità che nel colore, tendente però al rosso scuro. Le spezie gli regalano note aromatiche molto pronunciate, che arricchiscono un sapore complesso, in cui l’acidulo sembra prevalere sul dolce.
    L’agresto è ricco di acidi organici, catechine, polifenoli e ha proprietà antiossidanti valorizzate dal metodo di produzione. Condimento antico dicevamo: il termine deriva dal latino acer cioè agro o acre. Il Dizionario Enciclopedico italiano riporta “far l’agresto” pretesto con il quale i contadini coglievano l’uva immatura ma anche quella che non sarebbe loro spettata e, successivamente, si è indotto l’uso figurato nella frase : “far la cresta”.
    La nascita dell’agresto si deve probabilmente all’esigenza pratica di non sprecare l’uva raccolta compresa quella rimasta acerba. Ed è quest'ultima che dopo essere stata lasciata appassire per circa 20 giorni, veniva trattata con estrema delicatezza, tanto che si racconta che i contadini una volta, quando la pestavano a piedi nudi, lo facevano sostenendosi ad un bastone per non esercitare troppa pressione. Il mosto ottenuto veniva travasato in grosse pentole e ne provocavano l’addensamento per ebollizione trasformandolo in una sorta di sciroppo. Veniva poi aromatizzato con l'aggiunta di dragoncello, cannella, aglio, cipolla e miele per l'ultimo quarto d'ora di cottura, si aggiungeva quindi dell'aceto di uva cui seguiva l’eventuale invecchiamento in botte.
    Si può usare come ingrediente per salse o direttamente soprattutto su carne e pesce, ma anche su verdure grigliate. L'Artusi lo cita nella ricetta del piccione in umido.

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    Storia

    Noto sin dall'antichità, fu presente nell'uso quotidiano per secoli per arrivare fino ad oggi. Le sue radici nascono nell’usanza della cottura del mosto, praticata dagli antichi romani che lo chiamavano omphacium, citato da numerosi autori tra cui anche Plinio e Dioscoride. Proprio il medico erborista del I secolo parlava di un prodotto fatto soprattutto nell’isola greca di Lesbo, ricordandone le proprietà adatte “ai deboli di stomaco, a chi soffre di dolori intestinali” ed esaltandone le proprietà astringenti.
    Staccavano gli acini di uve di varie qualità (la aminnea, la psitia e la thasia) a metà luglio, li pigiavano e versavano il succo in contenitori di rame che venivano coperti con canovacci ed esposti al sole. Di notte i recipienti venivano ritirati e il liquido rimestato per recuperare la parte condensata. Virgilio e Lucio Columella descrivono come il mosto cotto veniva raffreddato e conservato in botti per essere consumato dopo un anno. Artemidoro di Tarso nel suo Glossario di Cucina consiglia di aggiungere dell’agresto, al posto dell’aceto, ad alcuni piatti a base di carne.
    Il passaggio dell’agresto dalla farmacopea alla cucina è avvenuto, presumibilmente, sotto l’influenza della cucina araba; una gran parte dei ricettari che gli arabi classificano tra i piatti agri trae il nome dall’ingrediente principale costituito da frutta acerba, acida o tannica (mela, melagrana, cedro, limone, arancia, uva, ribes, albicocca, sommacco) ma anche da aceto o latte inacidito.
    Nella cucina araba, l'agresto è presente come condimento in era medievale (soprattutto in Francia) con vari metodi di produzione: da “uva liquida” (cioè spremuto da uva acerba fresca), da “uva secca” (fatta appassire al sole), “agresto duro al fuoco” (cotto dopo la spremitura). L’agresto, che allora veniva prodotto soprattutto nella Pianura Padana, era utilizzato non solo per la preparazione di salse, ma anche per produrre bevande fresche estive mescolandolo al succo d’uva e al miele. Nella cucina medievale francese il Verius (agresto) si preferiva all’aceto di vino nelle ricette estive, ne è prova che la sua presenza nel 42% delle ricette riportate nel celebre trattato di cucina medievale Viandier de Taillevent. Nel nostro paese l’agresto era ben presente e ne troviamo la modalità di preparazione scritta nel XIV secolo nel primo trattato di agricoltura italiano scritto dal bolognese Piero De’ Crescenti. A partire dal Rinascimento il gusto per l’agrodolce delle corti signorili cominciò a preferirgli il meno acido aceto balsamico, che fino a quel momento era stato relegato al consumo delle classi più umili. La sua gloria, però, iniziò ad eclissarsi a partire dal Rinascimento, quando il gusto per l’agrodolce delle corti signorili cominciò a preferirgli l’aceto balsamico, fino a quel momento relegato ai consumi popolari. Fautori di questa tendenza furono soprattutto gli Estensi, ai quali si deve l’affermarsi della cultura dell’aceto balsamico nelle province di Modena e Reggio Emilia.
    L'uso e il gusto dell’agresto è oggi quasi completamente perduto con l'eccezione di poche famiglie di agricoltori che, soprattutto a San Miniato (Pisa), hanno tramandato la ricetta di generazione in generazione. Secondo i dati dell’ARSIA (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione del settore agricolo e forestale), la produzione di agresto si attesta oggi a 4 quintali all’anno, di cui il 50% destinati al consumo locale, il 20% al resto d’Italia e un 30% all’export. Nel 2009, l'agresto di San Miniato è stato riconosciuto prodotto agroalimentare tradizionale della Regione Toscana.

    Alcune preparazioni

    Crescenzi scrive che per fare “uva liquida” si deve: pigiare l’uva acerba, salare il mosto ed esporlo al sole per due o tre giorni. Poi si deve decantare la parte liquida e lo si conserva così.
    Se invece si vuole fare “uva secca” si devono raccogliere uve molto acerbe ed esporre al sole gli acini in recipienti bassi e larghi per portarli a disidratazione fino al punto desiderato.
    L’Anonimo Padovano chiama quest’ultimo “agresto duro al sole”, mentre per fare l’ “agresto duro da fuoco” si deve solidificare mediante bollitura.
    Un’altra distinzione va fatta tra “agresto nuovo” e “agresto vecchio”. L’agresto è più deperibile dell’aceto e con l’invecchiamento tende a perdere sia il colore verde sia l’acredine. Per questo il Ménagier de Paris consiglia di usare l’agresto nuovo, fatto a luglio, puro e soltanto da gennaio in avanti e di tagliarlo con l’agresto vecchio se si volesse usarlo prima. Nella preparazione dell’agresto anche la qualità dell’uva ha la sua importanza.
    Secondo il Crescenzi i vitigni migliori sarebbero il Trebbiano e l’uva schiava e albana. L’uva deve essere sempre preventivamente privata dei grani.
    Esisteva quello estivo, che si otteneva dalla diradatura dei grappoli verdi di varie varietà di uve da vino, e quello autunnale fatto con grappoli che non raggiungevano la maturazione. Tra queste c’era “l’uva di tre volte” oggi scomparsa, che ritroviamo anche in un interessante trattato enologico pubblicato nel XVIII secolo da Saverio Manetti per l’Accademia della Crusca.

     
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    Agraz-Verjus21

    AGRESTO E VERJUS

    Nei manoscritti in lingua italiana viene chiamato agresto, il quelli francofoni verjus. Si tratta di un condimento molto usato nella cucina medievale, capace di cambiare in modo determinante il gusto di una salsa o di una pietanza. Non è sostituibile con l'aceto di vino e nemmeno con gli aceti balsamici.

    In commercio oggi si trovano due diversi prodotti con il nome Verjus o Agresto. Il primo, prodotto in Francia in alcune zone del Perigaud e della Loira, è un prodotto a base di vino che assomiglia all'aceto, ma è molto chiaro e molto più delicato.
    Il secondo lo fanno qui vicino, a Serra de'Conti, è una sorta di aceto balsamico fatto a partire dalla sapa; è scuro, agrodolce. Il verjus francese è un po' difficile da reperire, l'altro e, se non si considera il fattore prezzo non dà particolari difficoltà

    Sono due prodotti molto diversi. Quale dei due fosse più simile all'agresto medievale è difficile dirlo. Probabilmente è più simile il verjus francese, che si è continuato a produrre ininterrottamente, piuttosto che il nostro agresto che, sebbene come tipologia di prodotto sia molto antico è comunque una ricetta moderna.


    www.ricettariomedievale.it/
     
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