Paul Newman

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  1. gheagabry
     
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    Addio agli occhi blu più celebri di Hollywood: è morto, all’età di 83 anni, l’attore Paul Newman. Malato da tempo di cancro ai polmoni, lo scorso 31 luglio Newman aveva deciso di lasciare l’ospedale Medical Center di New York, per trascorrere a casa gli ultimi giorni di vita. A darne notizia in Italia, Vincenzo Manes, presidente della fondazione Dynamo Camp di Limestre di Pistoia, che fa parte dell’organizzazione internazionale di solidarietà voluta dall’attore, notizie poi confermata dalla sua portavoce Marni Tomljanovic.

    Quella di Newman è stata un’esistenza indimenticabile, vissuta intensamente dentro e fuori dal set. Nato il 26 gennaio 1925 a Shaker Heights, Ohio, Paul è figlio di un commerciante di origini europee e di un’ungherese. Sognava di fare il pilota, infatti ancora giovanissimo si arruola nella Naval Air Corp. Ma un problema alla vista gli impedisce di realizzare il suo sogno. Nel 1949 sposa Jackie Witte. Dal matrimonio nascono tre figli, ma l’unico maschio, Scott, muore nel 1978 per overdose.

    È intorno ai primi anni ’50 che nasce in Paul il desiderio di intraprendere la carriera di attore. Dopo aver frequentato per meno di un anno la scuola d’arte drammatica della Yale University, Paul si iscrive all’Actor’s Studio di New York e, nel 1953, debutta in un teatro a Broadway con "Picnic", opera resa famosa dall’omonimo film. L’esordio cinematografico avviene l’anno successivo con "Il calice d’argento", che però non si rivela un successo, tanto che il The New Yorker scrive: «Recita la sua parte con il fervore emotivo di un autista di autobus che annuncia le fermate locali».



    Quelli dell’esordio di Newaman sono gli anni d’oro di Hollywood, gli anni di attori belli, dannati e osannati da pubblico e critica, primo fra tutti Marlon Brando con il suo "Fronte del porto". Per Paul non è facile affermarsi ed entrare a far parte dello star system. Ma dietro la tragedia della prematura morte di James Dean, si nasconde l’occasione della sua vita: l’attore viene infatti chiamato per interpretare il ruolo del pugile italo-americano Rocky Graziano, in "Lassù qualcuno mi ama". È il 1956 e la pellicola si rivela da subito un grande successo di pubblico e critica.

    Nel frattempo, il matrimonio con la Witte naufraga, e nel 1958 Paul sposa l’attrice Joanne Woodward conosciuta sul set di "La lunga estate calda". Con lei Newman trascorre il resto della vita e dall’unione nascono tre figlie. Nel 1961 compie il grande passo e decide di cimentarsi dietro la macchina da presa con il cortometraggio "On the harmfulness of tobacco". Il suo debutto alla regia avviene con "La prima volta di Jennifer", nel quale recita anche la moglie Joanne. La carriera da regista prosegue con "Sfida senza paura" del 1971, "Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilde" del 1972, "Harry & son" del 1984, in ricordo del figlio Scott, e "Lo zoo di vetro" del 1987.



    Il 1986 segna una tappa fondamentale per Newman attore. Finalmente, l'Accademy si accorge di lui e gli assegna l’Oscar per l’interpretazione in "Il colore dei soldi" di Martin Scorsese, nel quale è affiancato da un giovane Tom Cruise, mentre è nel corso del decennio successivo che arriva la svolta del Newman uomo. Nei primi annì Novanta fonda la Newman’s own, azienda alimentare specializzata in produzioni biologiche, i cui ricavati vengono devoluti in beneficenza. Per le sue iniziative solidali, l’attore nel 1993 riceve anche il premio Jean hersholt Humanitarian dall’Accademy.

    Ma non è solo l’Accademy ad accorgersi del talento fuori e dentro il set di Paul: ben 36 sono i premi che colleziona in giro per il mondo e 47 le nomination all'Oscar. E Newman non rinuncia neppure ad un ruolo da sex symbol: nel corso degli anni è apparso spesso nelle hit parade della celebrità più fascinose, come in quella della prestigiosa rivista britannica "Empire", che lo classifica al diciannovesimo posto tra le superstar di tutti i tempi.

    L’indimenticabile classe e talento di Paul si ritrovano in numerose pellicole, dai capolavori "La gatta sul tetto che scotta" del 1958, con Elizabeth Taylor, oppure "La stangata" del 1973, con Robert Redford, fino agli ultimi successi come "Le parole che non ti ho detto" del 1998, con Kevin Costner, ed "Era mio padre" del 2003, con Tom Hanks. Sebbene anziano la sua presenza fa ancora la differenza, ed è all’insegna del sorriso che conclude la sua carriera: nel 2006 partecipa come doppiatore nel cartoon "Cars".

    Con lui scompare così uno degli ultimi appartenenti all’olimpo di Hollywoood: non solo attore ma anche regista, uomo impegnato socialmente, nonchè sogno proibito di milioni di donne in tutto il mondo. In parte grazie ai suoi indimenticabili occhi blu, suo vero e proprio "marchio di fabbrica", al quale probabilmente Newman avrebbe anche rinunciato: «Mi piacerebbe che la gente pensasse che in me c’è uno spirito che compie azioni, un cuore e un talento che non arriva dai miei occhi blu».


    27 settembre 2008
    La stampa



    «Un altro che mi è sembrato sereno, e bello da perdere la testa, è Paul Newman [...] ha occhi come il mare, ed è un mare nel quale ti viene veramente voglia di tuffarti. »
    (Claudia Cardinale)

    Vorrei ricordarlo con le sue stesse parole :
    «I’d like to be remembered as a guy who tried — tried to be part of his times, tried to help people communicate with one another, tried to find some decency in his own life, tried to extend himself as a human being. Someone who isn’t complacent, who doesn’t cop out.» (cit. in The Films of Paul Newman (1971) by Lawrence J. Quirk)


    Non era l’eroe del distacco, l’eroe dell’addio che travolge tanti cuori di ragazze e li lascia sul margine della carreggiata per proseguire oltre. Paul Newman era l’eroe della distanza. La sua comprensione passa dalla figura del felino che non si lascia avvicinare, e tanto più chiaro appare nel film La gatta sul tetto che scotta, dove Liz Taylor, invece, è la gatta delle carezze e degli strusciamenti. Lei si accosta quasi indifferente, in sottoveste, dicendogli che il vecchio suo padre prova una grande ammirazione per la bellezza della nuora, al che lui reagisce con schifo e lei, di rimando:”Col tempo stai diventando sempre più bacchettone”. Sembrava un profezia: col tempo si allungò sul personaggio di Paul Newman un’ombra di moralismo, un’ombra fredda che ce lo rende ancora più prezioso nella sua icona erotica, inaccostabile.

    Il volto di Paul Newman si modella sul calco della statua greca che nessuna ferita riesce a deturpare, e anche quando appare scalfito, la bellezza vi resta, forse ancora più accentuata. Nick mano fredda contuso dai pugni nel penitenziario e Rocky Graziano di Lassù qualcuno mi ama, che torna a casa sempre con un occhio nero e fa spaventare la moglie, sono personaggi che lo esaltarono nella bellezza forse più di quanto lui stesso avrebbe desiderato. Perchè anche nella vita era schivo e fece di tutto per restarlo.

    Per questo si accampa sul suo volto l’eros vergine, la proibizione del contatto, l’aria di chi guarda sempre al di là, che non si piega a bere da nessun calice, che ti ricorda sempre un altro dovere, un’altra urgenza.
    Essex, il cacciatore di foche in Quintet di Altman, porta in braccio il cadavere della moglie incinta, uccisa da un ordigno primitivo, e lo adagia sull’acqua, affidandolo alla corrente che lo porterà via, in salvo dal morso dei cani neri che si nutrono di cadaveri. Questo è stato il suo più bel ruolo di amante casto, perchè riassumeva in sè un’arcaicità che gli si addiceva: una mitologia del gesto sacrale e circospetto.

    da La linea dell’occhio 60



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