Umbria ... Parte 3^

LA CORSA DEI CERI..L’INFIORATA..FESTA DELLA PALOMBELLA..L’OLIO,IL VINO...L’UMBRIA E LE TRADIZIONI..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Venerdì ... cosa sono le tradizioni se non lo specchio attraverso il quale il passato delinea i tratti del presente? Non esite viaggio nel quale i ricordi non si affaccino ... lampi di vita che rinnovano vita ... magia dell’essere che rivive e si rinnova in un continuo moto ... immagini e sapori che davanti a noi, rinnovano ciò che è stato dandogli più forza e più vita ... rapide ascese e planate dolci hanno accompagnato il volo sulla mongolfiera dell’Isola Felice ... ma ogni luogo visto, ogni emozione provata hanno aperto nella nostra mente ricordi e sapori antichi di esperienze già vissute ... e già ... cosa saremmo senza i ricordi? Così oggi viaggeremo attraverso le tradizoni, i ricordi di questa altra perla della nostra Italia ... l’Umbria ... Buon risveglio amici miei ... si parte!!!”

    (Claudio)



    LA CORSA DEI CERI..L’INFIORATA..FESTA DELLA PALOMBELLA..L’OLIO,IL VINO...L’UMBRIA E LE TRADIZIONI..


    “…a Gubbio...la famosa Corsa dei Ceri…Una folla incredibile circonda i tre ceri, in un turbinio di colori e voci, uniti nella passione ma divisi tra le tre contrade d’appartenenza: Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio. L’inizio è preceduto da un “Via ch’eccoli”, l’urlo unanime che indistintamente si eleva dalla folla per incoraggiare i ceraioli. Come per magia, in un movimento perfettamente sincronizzato, il mare di gente si apre in due per lasciar passare i Ceri. Per tutto il primo tratto, in forte discesa e per questo molto rischioso, gareggiano i ceraioli più esperti ed affidabili….la salita verso il Monte Ingino si svolge in varie tappe, intervallate da soste più o meno lunghe.. non sono previsti sorpassi tra i Ceri…i tre ceri corrono sempre nello stesso ordine di successione. Allora per quale ragione gareggiano?... lo stile durante la corsa e la maggior stabilità del Cero determinano la vittoria…. l’entrata dei Ceri in chiesa… il movimento più rischioso che i ceraioli compiono è quello dell’abbassata, ossia il rapido cambio di posizione del cero per farlo entrare orizzontalmente nell’angusto portone… la corsa si conclude con una porta sbattuta letteralmente in faccia ai Ceri successivi….il profilo del ceraiolo medio: è un uomo con un suo codice d’onore, al quale si attiene al di là dell’appartenenza. Fare bella figura verso Gubbio, tenere il più dritto possibile il Cero e, cosa importantissima, non cadere. Poi, tradire le regole del gioco, anche non scritte, è la colpa più grave di cui un eugubino più macchiarsi.”

    “Pieve…La cittadina è divisa, anche topograficamente, in tre borghi: Castello, Casalino e Borgo Dentro. Durante tutto l’anno non mancano per le tre contrade le occasioni per le manifestazioni tradizionali…le più famose e quelle sono il Presepe monumentale (Castello), l’Infiorata (Casalino), i Quadri viventi (Borgo Dentro)….il periodo più animato che vive Città della Pieve è quello in cui si svolge la rievocazione storica del palio dei Terzieri. in quel periodo la cittadina si riempie, si anima più di ogni altro periodo…Il palio ha il suo fulcro nella giornata della penultima domenica d’Agosto con la rievocazione della caccia al toro. La consuetudine risale addirittura al medioevo, quando si usava per la sfida tra gli arcieri – che in passato ha visto partecipare campioni di livello nazionale - veri esemplari di razza chianina, che oggi sono stati sostituiti, più opportunamente, da sagome in legno….Suggestive sono le sfilate dei terzieri e l’esibizione del gruppo degli sbandieratori..”

    “A Gualdo Tadino, come recitano le antiche cronache della città, l'ultima settimana di settembre le quattro porte cittadine si affrontano al campo de li giochi nel tiro con l'arco e con la fionda, in gare con l'asino impegnato ne la corsa a pelo e nel tiro del carretto. Per tre giorni la città si immerge in un'atmosfera tipicamente medievale…La sera del sabato la Storica Sfilata, formata da priori, magistrati, alfieri, tamburini, trombettieri, dame, contadini, popolani e rappresentanti delle arti, sfilano per le vie della città, mentre la domenica pomeriggio il corteo si muove dalla Rocca Flea fino all'Arengo Maggiore, dove si svolgono le quattro gare.”

    “Il Palio della Mannaja è una rievocazione storica di un fatto accaduto realmente a Pietralunga nel settembre del 1334…Un uomo passando per Pietralunga veniva ingiustamente accusato di aver ucciso un uomo, per questo veniva condannato a morte. Il pover uomo si rivolse così con fede al Volto Santo tanto che al momento fatale la mannaja per mano del boia si rivoltò. Di tale fatto esistono molte testimonianze probatorie, tra cui una lettera autografa di Branca de' Branci, podestà di Pietralunga e la stessa mannaja, che è conservata nel Duomo di Lucca, appesa vicino alla cappella del Volto Santo a testimonianza del miracolo accaduto….Pietralunga ricorda così tale fatto con il Palio della Mannaja che consiste in una sfida tra i Borghi e Quartieri che si contendono il premio spingendo per le vie del centro storico un pesantissimo carro (il Biroccio), antico mezzo di trasporto dei condannati a morte…Il Palio si svolge utilizzando costumi di tipo medioevale e coinvolge attivamente tutta la popolazione pietralunghese”

    “ La Festa della Palombella ha antiche origini, fu istituita infatti per volere della famiglia Monaldeschi ad Orvieto nel XV secolo…Il giorno della Pentecoste sul tiburio della Chiesa di San Francesco si colloca un'edicola raffigurante l'Empireo in cui si vede una colomba bianca, mentre sulle gradinate del Duomo che si trova di fronte, viene collocato un tabernacolo raffigurante un cenacolo…A mezzogiorno, dall'Empireo partono fuochi d'artificio, mentre la colomba lungo la corda metallica scende verso il tabernacolo.Dall'andamento della cerimonia si traggono auspici per l'anno a venire…Originariamente la festa della "Palombella" si svolgeva all'interno del Duomo, dal 1845 in poi, per rispetto della santità ed incolumità della Cattedrale, si spostò sulla piazza del Duomo, facendola partire dai tetti dei palazzi Saracinelli e Faina. Soltanto dal 1940, dal tetto della Chiesa di San Francesco.”

    “Gli abitanti, alla celebrazione della patrona Santa Caterina d’Alessandria, associano la Festa dei ceramisti, con canti e balli che richiamano l’attenzione dell’intera regione….Deruta non si sottrae alla “gara” tra comuni umbri nel tentativo di rievocare palii e giostre del periodo medievale e moderno….la Giostra dell’Anello: interessante sfida a base di lance e cavalli….la gara consiste nell’infilare degli anelli mentre si corre su un tracciato al chiuso.”

    “A Corciano durante il mese d’Agosto infatti sarà possibile assistere alla bellissima manifestazione, nota con il nome di “Agosto Corcianese”, che rievoca gli antichi fasti medievali. Nel corso di questa vera e propria festa, ci si può immergere completamente nell’ambientazione medievale tramite la rievocazione storica del corteo quattrocentesco del gonfalone oppure grazie agli svariati eventi culinari curati appositamente dai migliori cuochi italiani. Questi, per l’occasione, ripropongono le antiche ricette e i piatti speziati che si potevano gustare proprio in quell’epoca.”

    “In Umbria dovete sempre fare i conti con il “fattore gastronomia”: non pensate di arrivare in posto, qualunque esso sia, ed andarvene a mani e stomaco vuoti.”

    “Umbria …una terra di transumanza - si portava a svernare le greggi in Toscana o nel Lazio, non in Puglia - ma a differenza dell’altra tradizione pastorale dell’Appennino, quella abruzzese, per esempio, la centralità gastronomica non è appannaggio delle pecore e degli agnelli, o del quinto quarto - penso a quei grandi bolliti….E’ l’acquacotta (zuppa di montagna) l’epitome di questo tipo di preparazione.. la grande rivale della ribollita Toscana….la roveja, un legume selvatico con cui si prepara la farecchiata, a base di salsa d’acciughe….la lenticchia di Castelluccio.. è stata ritrovata financo nelle tombe neolitiche del 3000 a.C…
    La lenticchia accompagna la storia di Castelluccio…Ha un chiaro carattere, le dimensioni molto piccole, un sapore subito riconoscibile…Viene ancora raccolta a mano, dalle “carpirine”.. è un prodotto artigianale.”

    “A Perugia la gastronomia fonda le sue radici nella coltivazione degli olivi, dall'uva dei colli, dagli allevamenti di carni suine e bovine…Le antiche ricette regalano la semplicità e gusto come l'arvoltolo, pane fritto, la torta di pasqua al formaggio, la bruschetta con l'olio nuovo, il pan nociato, le paste tipiche come gli umbricelli da assaporare con vari sughi sia di pomodoro, che funghi, oppure asparagi di bosco. Un piatto di antica tradizione sono ad esempio per il periodo di natale, i gobbi o cardi alla perugina…La torta al testo, è invece un tipico prodotto di tutta la provincia di Perugia, deve il suo particolare nome al fatto che questa pasta dalla forma tondeggiante è cotta sopra un disco di materiale inerte chiamato appunto testo. Esso viene posto tradizionalmente nel camino, sopra viene cotta la torta sulla cui superficie viene cosparsa la cenere. L'impasto è molto semplice, acqua, farina, sale e talvolta lievito… i dolci perugini, sicuramente il torcolo è il dolce della tradizione perugina in quanto prende il nome da uno dei patroni di Perugia, San Costanzo, tutti i fornai preparano questo dolce la cui ricetta è basata sulla pasta del pane arricchita da olio, cedro candito, uvetta, pinoli e anice. Il dolce è a forma di ciambella. Per carnevale la tradizione perugina vuole gli strufoli, pasta fritta con il miele o l'alchermes…. il torciglione che ricorda nella forma le anguille del Trasimeno ed è a base di pasta di mandorle… “

    “Plinio il Giovane descriveva nel suo epistolario, la splendida terra che circondava la sua villa in campagna, situata a breve distanza da Tifernum Tiberinum, detta anche Castrum Felicitatis e cioè l'odierna Città di Castello: "L'aspetto del paese è bellissimo, immagina un immenso anfiteatro quale appunto può far la natura...Tu non crederai di veder terre, ma un paese dipinto con artificioso pennello..."…. La cucina dell'Alta Valle del Tevere è rimasta per secoli sempre la stessa avvalendosi di preparazioni semplici ed essenziali…Ampio uso di erbe di campo, di frutti di bosco, e di altri prodotti che la terra produce, segrete delizie nascoste tra i verdi prati o i greppi che delimitano le strade vicinali, la Pimpinella, rucola, caccialepre, porcacchia, erba del becco, grespigni, da gustare con un filo di olio extravergine, una leggera spruzzata di aceto ed un pizzico di sale. La bieta selvatica, erba bruscia, radicchio, camettole, rape e cavolo da cuocere e ripassare in padella con il lardo e l'aglio e da usare come accompagnamento di salsicce e torta di grano o granturco cotta sul panaro….Anche i boschi continuano ad essere frequentati come un tempo: asparagi, luppoli, vitalbe, strìgioli, per ottime frittate, anche con supporto di funghi di ogni specie, porcini, boleti, biette, gaitelli, besse, manine, famigliole che emergono dal fogliame del sottobosco.”

    “Un prodotto di straordinaria rilevanza è la "patata rossa" di Colfiorito. In questo altopiano in tempi remoti caratterizzato da ampie paludi, viene coltivato il famoso tubero dalla buccia rossastra e la forma tondeggiante e leggermente allungata. La polpa gialla e il gusto dolce e fragrante ne fanno un prodotto per la preparazione di gnocchi anche se qualche chef preferisce gustarlo in un modo antico e cioè cotto sotto la brace….Un altro prodotto tipico ed ora riscoperto dai più è la cicerchia, legume piccolo e saporito a forma di "sassolino" protagonista perfetto di zuppe e di minestre.”

    “Due famosi prodotti sono famosi in tutto il mondo se si parla del folignate: l'olio e il vino. Sui colli che partono da Assisi e arrivano fino a Spoleto si produce uno degli oli più celebri e prelibati d'Italia; viene coltivata in prevalenza la specie "muraiolo", che rende grazie soprattutto alle condizioni climatiche e le caratteristiche del terreno. ideale come condimento a "crudo" sul pane, perfetto con la carne..”

    “Il pane di Terni è il pane sciapo, la sua bontà sembra derivare dall'acqua con cui è impastato. In realtà a essa concorrono altri fattori come la doppia lievitazione che lo rende particolarmente soffice, per intenderci lo stesso procedimento che usavano i nostri avi, e la cottura nel forno a legna. Il pane di Terni è croccante, fragrante, friabile…Le ciriole alla ternana sono un impasto di acqua e farina condito con sugo alla base di aglio, olio e peperoncino simile al primo piatto nel narnese e nello spoletino dove la stessa pasta è conosciuta con il nome di strangozzi.”

    “I prodotti di eccellenza del territorio amerino .. sono proprio l’olio e il vino. La sua cucina è rustica e gustosa, grazia agli ingredienti di qualità come la selvaggina….specialità come le palombe alla leccarda preparate secondo la tradizione che prevede una cottura allo spiedo sulla fiamma viva. In un recipiente si raccoglie il sugo di cottura, chiamato leccarda, che dà appunto il nome al piatto. Al sugo si aggiunge olio, sale, salvia, aceto e olive tritate e poi spalmato sulle polombe cotte e su crostini di pane tostato… Tra i dolci.. i Fichi Girotti, creati da Merigo Girotti nel 1830, un piatto conosciuto oggi in tutta la penisola. Sono fichi secchi farciti di mandorle, noci o canditi. Esiste anche un’altra ricetta con il ripieno di nocciole e cioccolato.”

    “La DOC Colli Martani con la specificazione di uno dei vitigni Trebbiano, Grechetto, Sangiovese è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti dai corrispondenti vitigni. Il vino dei Colli Martani detto Grechetto, può essere designato con la sottodenominazione geografica di Todi, quando è ottenuto esclusivamente con uve prod
    otte nella rispettiva zona ricadente nel comune di Todi."








    Palio di San Rufino



    Gli ultimi giovedì, venerdì e sabato di agosto di ogni anno La Compagnia Balestrieri di Assisi festeggia il suo “Palio di San Rufino” ed i balestrieri, suddivisi per Terzieri (San Francesco, San Rufino, Santa Maria), si contendono la vittoria. Alla squadra del Terziere vincente va il “Drappo” dipinto da un artista nazionale.

    Al balestriere che si afferma nella gara del tiro singolo sul “corniolo o tasso” va la balestrinad’argento, la “calzabraga” ed il titolo di campione cittadino per un anno.
    La festa coinvolge tutti i costumanti della Compagnia per cui, in quei giorni, si susseguono mostre, convegni, banchetti medioevali e spettacoli di ogni genere alla luce di torce e fiaccole.




    Mercatino di San Rufino



    Il Mercatino di San Rufino è la Rievocazione Storica della Tradizionale fiera cittadina Che si teneva nei giorni della festività del Patrono di Assisi. Antichi documenti ora conservati nella biblioteca comunale di Città di Castello, citano questo mercato come un evento significativo per la città del “Poverello”. Oggi, come allora, la Compagni Balestrieri di Assisi si propone di far rivivere quei momenti attraverso la maestria degli artigiani locali e non.





    PALIO DELLA BALESTRA


    Il Palio della Balestra è una spettacolare competizione con l'antica balestra da postazione medievale. Ha origini secolari e si svolge nel pomeriggio nella piazza della Signoria a Gubbio. Già nel 1461 le cronache del tempo annotano lo svolgersi di questa gara a Gubbio.
    Alla gara partecipano la Società dei Balestrieri Eugubina e quella di San Sepolcro. Preceduti dal corteo storico, con vessilli e stendardi, e dall'esibizione di abili sbandieratori, i balestrieri, anch'essi in costume storico, fanno il loro ingresso nella piazza e alla presenza della autorità (Consoli, Connestabile ecc.) inizia la gara.
    Al vincitore viene assegnato in premio il Palio e fino a sera si festeggia lungo le vie cittadine illuminate da fiaccole, rivivendo in un giorno, le antiche emozioni dei tornei medievali.
    La Storia
    L' origine dei Balestrieri (Ballistari) in Gubbio, come in tutti i grandi Comuni e nelle Repubbliche del Medio Evo, fu dovuta allo scopo di avere, in caso di bisogno, uomini pronti e adatti a servire la Patria. Si formarono così le "Compagnie del popolo" o "Società d'Armi" che si mantennero sino all'epoca delle Signorie. Ogni balestriere doveva: essere munito di balestra con corda e crocco appartenere a classe agiata o popolana, non stare a servizio di chicchessia per essere libero di esercitarsi al tiro nei festivi. Nei libri delle riforme, che rappresentano una esatta e minuta cronistoria della vita politica ed amministrativa di Gubbio, per circa sette secoli, si può osservare come i vari gradi della Magistratura cittadina avessero gran cura dell'istituzione dei Balestrieri. Si sa pertanto che nel 1537 la Comunità concesse loro un vero e proprio poligono di tiro, poligono che a seguito di una transazione avvenuta nel 1537 tra la Società dei Balestrieri ed un tal Domenico Peri Angelis, ebbe la sua sede definitiva presso l'antica Porta del Marmorio (ora Porta Trasimeno). Si stabilì anche una "domuncula", piccolo edificio per conservare le balestre. La stessa transazione porta altresì le dimensioni del campo di tiro, che doveva essere tenuto sgombro da alberi, onde permettere ai balestrieri di compiere le loro esercitazioni. Nel 1729 si vollero coordinare le vecchie norme con altre che si era ritenuto di introdurre, sempre col dovuto accordo del Gonfaloniere, del Collega e dei Consoli. L'abilità ed il valore dei Balestrieri Eugubini nel tirare con la balestra antica all'italiana ha creato loro la fama legittima di uomini esperti con i quali è sempre un grosso onore cimentarsi. Quest'ultimo è il giusto e meritato riconoscimento per tutti quegl' uomini e per quella Società che da più di cinque secoli è impegnata nella nobile arte del tiro con la balestra.



    Palio dei Terzieri
    Città della Pieve - domenica dopo il 15 agosto.
    Lo spirito e le tradizioni medioevali rivivono a Città della Pieve dove, per circa una settimana, si svolge il Palio dei Terzieri, che raggiunge il suo apici con lo svolgersi della gara del tiro con l'arco la domenica successiva al ferragosto. Nel centro della città vengono ricostruite le botteghe del '300, mentre saltinbanchi, giocolieri e varie rappresentazioni teatrali, animano le vie cittadine. Il corteo storico, che precede lo svolgersi della gara dei Terzieri (Borgo dentro, Casalino e Castello, i quartieri in cui è divisa la città) vede sfilare circa 700 figuranti in costumi medioevali. Il Terziere che si aggiudicherà la gara con l'arco avrà in premio uno stendardo che custodirà per tutto l'anno.




    Nel 1250 i Terzieri vengono nominati per la prima volta nell'atto di sottomissione a Perugia quando, dopo un brevissimo intervallo di autonomia e libertà dovuto alla protezione dell'imperatore Federico II di Svevia, l'antica Castel del Pieve veniva soggiogata dalla città del Grifo.

    L'impianto urbanistico definitivo risale all'epoca comunale ed è giunto all'incirca immutato fino ai giorni nostri; esso è caratteristizzato da una sagoma della città che ricorda per certi versi quella di un'aquila che avanza minacciosa verso Roma. I Terzieri hanno origine dalla suddivisione della città medioevale in tre porzioni di terreno, le parti dell'aquila si identificano con i Terzieri, che a loro volta si riferiscono a tre classi sociali: alla testa corrisponde il Terziere Castello o Classe dei cavalieri (Aristocrazia), alla pancia il Terziere Borgo Dentro (Borghesia), all'ala-coda il Terziere Casalino o Classe dei Pedoni (Contadini).
    Oggi i cavalieri del Palio dei Terzieri rievocano l'antica caccia del Toro, sfidandosi nell'arte del tiro con l'arco, colpendo sagome rappresentanti la razza dei tori chianini fissate su pedane mobili. Ogni anno, il corteo storico è capitanato dal gruppo allestito dall' amministrazione comunale, seguito dal Maestro di scena, dal Portagonfalone, dagli Armati del Comune e dai Giudici di campo. Un corteo di oltre 800 personaggi: vessiliferi, armati, notabili, dame e cavalieri, popolani e mangiafuoco percorre le vie principali del centro, intrattenendo gli spettatori con giochi di prestigio ed abilità.
    Al termine della tradizionale sfilata, avanza il maestoso carro allegorico, che ispirato all'Antichità Classica, marcia tra le vie cittadine guidato da compagnie di musicisti che eseguono melodie rinascimentali.

    Sito Internet
    www.paliodeiterzieri.it





    : Il Torneo dei Quartieri si tiene ogni anno a Gubbio nella magnifica Piazza Grande.
    Si tratta di una disfida sentita tra i quattro quartieri eugubini San Martino, San Giuliano, San Pietro e Sant'Andrea.
    E' organizzata "in notturna" dalla Pro Loco Ass. Maggio Eugubino in ancor più suggestivo scenario di fiaccole con costumi sgargianti e "veri" in accesa rivalità di quartiere. Tantissimi gli ospiti che si fanno folla variopinta.
    Questo Torneo, presentato nell' ambiente storico, nell'ascolto emozionante del suono del campanone, nel gioco delle luci, nei policromi colori delle bandiere, nella ricchezza dei costumi e nei movimenti degli attori principali, suscita emozioni e compiacimento in tutti gli spettatori.




    La Festa d'Autunno si tiene a Valfabbrica nel comprensorio eugubino.
    La manifestazione rievoca le antiche tradizioni della città con una serie ricca di eventi e folkloristici tra i quali una cena medievale, una Sfilata e il Palio.
    La Sfilata si divide in due fasi: la Sfilata Notturna e quella Diurna.
    Sono sfilate molto suggestive che caratterizzano il periodo medievale con i tre rioni di Valfabbrica impegnati già due mesi prima nelle preparazioni.
    Ogni rione è libero di allestire la piazza come crede, con scenografie di ogni genere e maestosità. Il rione al termine avrà cura di ripiulire la piazza velocemente per permettere al successivo di poter sfilare senza ostacoli.

    Il Palio invece consiste nell'affrontarsi in tre diverse tipologie di gare: la Corsa dell'Anello, la Sfida al Saracino e lo scontro finale che disignerà il vincitore.




    Le Infiorate di Spello (composizioni floreali) costituiscono un atto di devozione religiosa e nello stesso tempo folcloristica le cui origini si perdono nel tempo. Nella stupenda cornice della cittadina medievale di Spello è possibile ammirare l'incantevole scenario che offrono tutte le sue strade e stradine, ricoperte da quadri floreali riproducenti raffigurazioni e motivi ornamentali liturgici. Le composizioni vengono preparate con cura per settimane ma, è solo durante la sera e la notte precedente la festa, che vengono disposti a tappeto sulle strade fiori ed erbe profumatissime che, con i loro profumi e colori smaglianti, creano spettacolo che non dura che poche ore. Prima di mezzogiorno infatti dalla chiesa di Santa Maria Maggiore muove la solenne processione che, seguita da tutta la popolazione, ripercorre, sul tappeto floreale antichi passi.



    LEGGENDE ...

    L'orribile mostro
    Molti secoli fa viveva, presso Terni, un orribile mostro. Nessuno più poteva viaggiare sicuro perché esso aggrediva tutti i viandanti e, talvolta, spinto dalla fame, giungeva fino alle porte della città dove gli abitanti vivevano asserragliati.

    Invano il Consiglio degli Anziani aveva chiesto ai più forti guerrieri di combattere il mostro: tutti indistintamente, con varie scuse, avevano rifiutato.

    Finalmente si fece avanti un giovane della famiglia dei Cittadini.

    «Io affronterò il drago» dichiarò.

    Solo, intrepido, il campione uscì dalla città.

    La folla si accalcò sulle mura per seguire ansiosa il combattimento. Nascosto fra le canne, nel cuore della palude, il drago sembrava sonnecchiare. Ma appena il cavaliere si avvicinò, gli balzò contro con un impeto tanto improvviso che il giovane rischiò di essere travolto. Un urlo di raccapriccio e di disperazione si levò dalla folla. Ma il cavaliere non si scompose: balzando agilmente a destra e a sinistra per evitare gli attacchi, roteò fulmineamente la spada e colpì più e più volte il terribile mostro. I colpi di spada sembravano punture di spillo contro la forza brutale di quello. Ma l' imprevisto venne in soccorso del cavaliere.

    Le nubi si squarciarono e un raggio di sole colpì la lucida corazza del giovane guerriero: l' armatura rifletté il sole come uno specchio e abbacinò per un momento l' animale. Quell' istante bastò.

    Pronto, il giovane si slanciò e trafisse la gola del drago, l' unico suo punto vulnerabile.

    Con un urlo selvaggio, il bestione stramazzò al suolo.

    Incredula, pazza di gioia, la folla traboccò dalle porte e portò in trionfo il suo liberatore. Terni era finalmente salva.


    Monti Sibillini
    Il grande massiccio dei Monti Sibillini nasconde un segreto, forse un segreto così noto che lo dichiarano il nome stesso di questi monti e molti toponimi: grotta del Diavolo, passo del Diavolo, fossa dell’inferno, gola dell’Infernaccio, lago di Pilato, grotta delle Fate o grotta della Sibilla. Ne parla anche una lunghissima tradizione culturale, una leggenda raccolta nel 1420 da Antoine De la Salle e già nota fin dal 1391 al poeta del Guerrin Meschino, che situa in una grotta del Monte della Sibilla il regno di una misteriosa Dea dell’amore profano e profetessa. Chi arriva oggi al monte della Sibilla dalla strada aperta da Montemonaco, rimane subito colpito da una singolare scogliera di basalto alta 10 metri che fa da corona al monte, quasi profilo antropomorfo di una regina. È certo che per tutto il Rinascimento questo monte era al centro di una importantissima via di comunicazione verso Roma e fu continua meta di visite. Cavalieri erranti francesi e tedeschi raccontarono i loro “incontri” con la maga, nelle caverne del monte, seguiti o meno da pentimenti. Ne nacque Il Guerrin Meschino di Andrea da Barberino.

    Negromanti di ogni tipo, se non proprio maghi e demoni, hanno abitato sicuramente il monte e la grotta stando a testimoni più o meno diretti come Enea Silvio Piccolomini, Benvenuto Cellini, Luigi Pulci, l’Ariosto, Flavio Biondi. Sembra che i santi abati di Sant’Eutizio già nel secolo VIII per ordine di papa Giovanni abbiano fatto crollare la grotta, operazione ripetuta poi dal repressore Albornoz nel 1354, e purtroppo anche in tempi molto recenti, grazie ad un maldestro tentativo di scavo con la dinamite. L’Accademia Reale Belga ha condotto una spedizione nel 1953, col magro risultato di uno sperone, un coltello, un tornese di Enrico II sec. XVI.

    Tra i contadini si pensava ancora, fino agli anni Sessanta, che venti e tempeste erano scatenati dal passaggio di maghi e streghe. Leggende analoghe circondano anche il cupo specchio del lago di Pilato, i cui diabolici abitatori avrebbero addirittura richiesto il sacrificio di un uomo all’anno e che in epoca Rinascimentale fu anch’esso luogo di culti particolari. Il lago è in una depressione del monte Vettore sotto il pizzo del Diavolo. Precauzioni per una eventuale scalata al monte della Sibilla, le tempeste improvvise, le vendette della maga.


    La leggenda della Sibilla
    Molto suggestiva, ma anche motto incerta nelle fonti. Infatti gli studiosi parlano della Sibilla Cumana, che era una delle profetesse dell'antichità romana, secondo alcuni collegate con i Libri Sibillini, secondo altri no. Tale Sibilla era EMIGRATA dalla Campania all'Italia centrale, chi dice per una maledizione, chi invece perché ormai DISTURBATA dall'avanzare dei Cristianesimo. La profetessa, che prima si dice avesse PREVISTO la venuta di Cristo, e addirittura la caduta di Roma e di un suo famoso monumento (il Colosseo?) nello stesso periodo della FINE dei mondo, si rifugia sull'Appennino Centrale, proprio nella zona dei monti Sibillini.

    La maga Alcina
    E' una trasformazione medioevale della maga Sibilla. mentre la Sibilla era buona come le fate, la maga Alcina era malvagia, e appare in modo misterioso al posto della Sibilla, in alcuni racconti popolari, raccolti poi da diversi scrittori medioevali italiani e francesi. Questa maga, narra la leggenda, trasformava in animali gli uomini che si facevano incantare da lei.

    Il Guerrin Meschino
    Un libro di Andrea da Barberino racconta la storia di un povero cavaliere che cerca i propri genitori scomparsi, e vagando da Gerusalemme e Costantinopoli alla Sicilia, arriva infine nell'Italia centrale, dove sente parlare di una famosa maga che so tutto e predice l'avvenire. Sale sui monti Sibillini, dove i pastori e i sacerdoti delle zone la sconsigliano vivamente dal proseguire: molti cavalieri sono partiti per la grotta della Sibilla e poi non sono più tornati. Ma non sapendo il nome del padre ed essendo cavaliere deve scoprirlo ad ogni costo. Perciò prega il Signore, si arma di fede e di coraggio, e senza scudiero comincia a salire su per l'erta montagna, difficile e pericolosa, tanto che in alcuni tratti lui deve arrampicarsi mani e piedi, scalando la roccia (come effettivamente succedeva una volta, prima della formazione dei sentieri). Sulla cima trova un ingresso con sedili di pietra e strani segni incisi sulla roccia (più tardi confermati da un cavaliere francese, Antoine de la Sale, che scalò la montagna e trovò dopo l'ingresso un corridoio franato). Entra, e fatte alcune centinaia di metri trova un portone di ferro, al di là dei quale c'è un regno incantato, con lussi e ricchezze e belle fanciulle tentatrici, e su un trono la stessa Sibilla, che in realtà è l'incantatrice Alcina la quale cerca di distrarlo per farlo trattenere un anno nel suo antro magico. Ma lui è valoroso e virtuoso, resiste, non cede alle tentazioni, e continua a chiedere di suo padre, visto che la maga gli ha detto di saperlo. Ma prima che scade l'anno il cavaliere esce dalla grotta e quindi non viene trasformato in animale.

    Ponzio Pilato
    Dopo la condanna di Gesù, si dice che abbia vagato per il mondo, oppresso dal rimorso, finché sia finito nell'anfiteatro naturale che sta sotto al Vettore, e sia precipitato con tutti i buoi e i bagagli sotto terra, sprofondando nell'Inferno. Lo stesso Lago di Pilato divenne col tempo meta, secondo paurosi racconti, di maghi e stregoni che si davano convegno lassù per compiere dei riti satanici, e di streghe che facevano il 'sabba"!

    FESTIVITA'

    Festa di calendimaggio
    Ad Assisi, città di origine di San Francesco, si tiene ogni anno una festa pagana, che ha origini medievali, la festa del calendimaggio. Così nel passato, allegre brigate di giovani festanti ogni anno salutavano l'arrivo della primavera cantando e ballando per le vie dei borghi, e in alcuni casi facendo belle serenate alle loro amate. Al lato festaiolo si aggiungeva inoltre l'antichissima rivalità tra la "Parte de sopra" e quella "de sotto" della città, che si affrontavano in sanguinosi duelli per il predominio.
    Oggi, la rivalità è stata tramutata in una forma non cruenta di gare, in cui le due parti si affrontano con prove di abilità spettacolari, giochi medievali, serenate con liuti d'epoca, incredibili cori polifonici, spettacoli popolari e scherzi di giullari, e, per finire, danze notturne alla luce di fiaccole imponenti.

    Festa del maggio di San Pellegrino

    Il 30 aprile, a Gualdo Tadino (Perugia), ogni anno viene abbattuto un pioppo enorme, scelto molto accuratamente, ed un pioppo giovanissimo, alto e snello. Dopo che i due tronchi sono stati trasportati nel paese, nell'entusiasmo generale della folla, vengono accuratamente ripuliti, da ramoscelli e imperfezioni, e legati stretti uno sull'altro, in modo da formare un palo altissimo. Utilizzando un raffinato sistema di leve e funi, l'albero di maggio viene issato al centro della piazza del paese, dove rimane per tutto il mese, a simboleggiare la fertilità della natura, che a maggio viene fecondata per dare nuova vita




    Panpepato

    Il panpepato è uno dei tanti piatti simbolo dell'Umbria, regione che vanta un paniere di prodotti tipici di tutta eccellenza.
    Il panpepato ha origini medievali, è caratteristico di quell'epoca, infatti, l'utilizzo di un gran numero di spezie per la preparazione di pietanze, in particolare nei dolci.
    Il panpepato fa, infatti, parte di quella categoria di dolci definiti pani speziati, dei quali si possono trovare diverse varianti in tutto il centro Italia.
    In particolare il panpepato, come il nome stesso lascia intendere, prevede l'utilizzo per la sua preparazione di pepe nero macinato.
    Si tratta di un dolce di origine ternana e di estrazione contadina, è un pane ricco che veniva preparato, e ancor oggi si segue prevalentemente questa tradizione, per le festività natalizie.
    Gli ingredienti che caratterizzano il panpepato sono, oltre al già citato pepe nero macinato, la frutta secca come noci e mandorle, l'uvetta, i canditi, il miele, il mosto cotto il tutto arricchito con ingredienti che un tempo erano considerati molto cari, perciò utilizzabili solo in occasioni speciali come il Natale per l'appunto, come il cacao e lo stesso pepe macinato ma anche la cannella e la noce moscata.

     
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    La leggenda delle fate

    Fata
    C’era una volta, nel cuore di una splendida vallata ai piedi del Monte Vettore, un paese chiamato Colfiorito. All’interno di una grotta del Monte Vettore, viveva, assieme alle sue ancelle, la malvagia Sibilla. Un giorno la perfida maga, irritata, provocò una frana che ricoprì completamente il paese di Colfiorito.

    Molto tempo dopo, un gruppo di pastori solitari giunse sul posto in cerca di verdi pascoli, ma anche di giovani fanciulle con le quali trascorrere il resto della loro monotona vita. Una notte, con loro grande stupore, le ancelle della Sibilla uscirono dalla grotta e discesero il monte Vettore per incontrare i pastori. Al contrario della Sibilla, le fate erano delle donne bellissime, ed ognuna simboleggiava un elemento della natura (acqua, fuoco, neve, prati, boschi…).

    La Discesa delle fate si ripeté ancora per altre sere: le fanciulle raggiungevano di nascosto i pastori, con i quali ballavano il saltarello, per poi scappare alle prime luci dell’alba. Una notte però, un pastore, incuriosito, andò a guardare sotto i fastosi vestiti della propria amata e con sua sorpresa notò delle zampe di capra. Le fate, avendo capito che il loro segreto era ormai svelato, scapparono e tornarono nella grotta, dove c’era però la perfida Sibilla che le stava aspettando per imprigionarle.

    Pochi giorni dopo giunse nel luogo dove si erano stabiliti i pastori, un valoroso cavaliere chiamato Guerrin Meschino, proveniente dalla città di Corfù in Grecia. Egli era in cerca della Sibilla, per chiederle notizie dei propri genitori, che aveva perso in età infantile.

    I pastori decisero di chiedere aiuto al Guerrin Meschino, il quale giunse dopo pochi giorni al cospetto della Sibilla, che si innamorò subito di lui. La perfida maga gli sottopose 3 domande: se il cavaliere avesse saputo rispondere, la donna avrebbe esaudito i suoi desideri.

    Con grande astuzia, il Guerrin Meschino riesce a risolvere i 3 indovinelli e a rompere l’incantesimo che affliggeva le fate.

    La leggenda ci racconta inoltre che i pastori e le loro giovani donne, fondarono un paese sulle rovine di Colfiorito, che chiamarono Pretare. Ma il mito non finisce qui! Infatti alcune versioni narrano che la perfida Sibilla sposò il Guerrin Meschino e, ancora oggi, a Pretare si possono incontrare i lontani nipoti; naturalmente, questa è solamente una legenda...

    ALTRI BELLISSIMI..RACCONTI....

    proprio in centro, e precisamente all'ultimo piano di PALAZZO DEI PRIORI C'E' LA GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA..........ricca di opere veramente belle.....
    Una grande parte della raccolta proviene dalla secolarizzazione di chiese , conventi e oratori durante l’occupazione francese (1797-1810) e fu custodita in un primo periodo nel Convento degli Olivetani di Monte Morcino Nuovo (ora sede dell’Università).

    La Galleria Nazionale dell'Umbria ha origine nel 1863 e dal 1879 è sistemata al terzo piano del Palazzo dei Priori.

    Dopo un lungo lavoro di restauri, ristrutturazioni ed adeguamenti degli spazi, è stata riaperta completamente.

    L’esposizione si articola in ordine cronologico e per scuole e documenta lo sviluppo della produzione pittorica in Umbria dal medioevo al età moderna, comprendendo molti capolavori dell’arte italiana dal XIII al XVIII secolo. Qui ne elenchiamo solamente i più importanti:

    5 statue di Arnolfo di Cambio del 1281 provenienti da una fontana pubblica, poi distrutta, situata nei pressi dell’attuale Piazza della Repubblica, a metà Corso Vannucci;

    opere di scuola umbra prima dell’avvento di Giotto (Croce del 1272 del Maestro di S. Francesco, proveniente da S. Francesco al Prato; pentittico del 1280 di Vigoroso da Siena);

    “Madonna con Bambino” di Duccio di Boninsegna (1305); il Polittico di Montelabate (1317) di Meo di Guido da Siena; tavola di Marino da Perugia; vetrata di Giovanni di Bonino (1345); statue dei patroni di Perugia attribuite ad Ambrogio Maitani; “Madonna con bambino” di Gentile da Fabriano (prima del 1408); polittico di S. Antonio di Piero della Francesca (1460-70); polittico del Beato Angelico (da S. Domenico, 1437); “Madonna con santi” di Benozzo Gozzoli (1456);

    Gallery Nazionale of Umbria
    Cappella dei Priori: ciclo di affreschi di Benedetto Bonfigli eseguite tra il 1454 e il 1480 con scene della vita dei patroni S. Ludovico e S. Ercolano, con delle vedute d’epoca della città di Perugia;

    Tavolette di S. Bernardino (1473) del Perugino ed altri, da S. Francesco al Prato; altre opere del Perugino (“Cristo risorto nel sarcofago”, 1495; “Madonna della Consolazione”, dopo 1496; polittico di S. Agostino, 1500-23), del Pinturicchio, di Bartolomeo Caporali, Fiorenzo di Lorenzo, lo Spagna e sculture di Agostino di Duccio, provenienti dalla facciata della Maestà delle Volte (1473), dall’altare maggiore di S. Lorenzo (1473-74) e dalla facciata di S. Francesco al Prato.

    All’ultimo piano si trovano i dipinti di epoche più recenti e una sezione dedicata alla storia cittadina.

    Galleria Nazionale dell'Umbria
    Corso Vannucci [centro storico]
    Perugia, 06122

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    Ci passiamo ogni giorno. E quindi per noi rientrano nel quotidiano, fanno parte dell'ordinario. Ma, riflettendoci un po', vi pare normale camminare per via delle Streghe, o fermarsi a fare due chiacchiere in piazza del Drago? Sembrerebbero nomi appropriati per il mondo incantato di Harry Potter. E invece siamo a Perugia, citata recentemente dai media come una città che detiene un primato assai singolare: quello di una toponomastica urbana inconsueta e piuttosto originale. Certo, abbiamo anche noi le classiche vie intitolate a santi, statisti e caduti di guerra, ma - accanto a queste - si snodano vicoli e stradine dai nomi inusuali e bizzarri, che potremmo utilizzare alla stregua di un filo di Arianna per immaginare un tour a dir poco alternativo nella nostra città.

    PRIMO PERCORSO: IDEALISTI E SENTIMENTALI - Si potrebbe cominciare passeggiando nell'ambito etereo dei concetti astratti, per i quali la toponomastica perugina sfoggia davvero il meglio di sé. Così, da via dell'Amicizia a via della Consolazione, passando per via della Cooperazione e via dell'Armonia, potremmo pensare di percorrere fino in fondo via della Speranza, con l'ovvio proposito di proseguire infine verso via della Concordia, e - attraverso via della Pace – raggiungere la nostra meta: via del Paradiso.

    Ma, in questo intrico di ideali ed utopie, accade purtroppo molto spesso di perdere l'orientamento, e allora potremmo scoprire tutto ad un tratto di essere finiti in via della Chimera, o addirittura di trovarci fra via dei Cospiratori, via Corrotta e via Cupa. Comunque, niente paura. Se riusciamo ad evitare di passare per via Persa, ed imbocchiamo invece via Fortunata (ogni tanto un pizzico di buona sorte capita a tutti), sarà facile arrivare in via Simpatica, e passeggiare tranquillamente per via Piacevole e via Deliziosa. Ma da qui in poi si entra nella sfera del sentimentale, dove dietro ogni angolo ci si può aspettare di imbattersi in via Pericolosa. In questa zona è quindi molto importante tenere bene a mente il percorso, e svoltare per via Favorita attraverso via Gentile, che conduce a sua volta in via Graziosa, sbocca in via Baciadonne, e termina in via Innamorati, qualche chilometro oltre piazza del Bacio. Qualcuno forse potrebbe voler riflettere un po' prima di intraprendere questo itinerario impegnativo, nel qual caso sarebbe consigliabile un giro alternativo, che da via Quieta attraversa via del Silenzio, e concede una sosta (e un po' di ispirazione) a metà di via del Poeta. A questo punto la strada si biforca. E si può scegliere. C'è chi opta per via Solitaria e viale Indipendenza, e chi alla fine decide di preferire via della Sposa. In ogni caso, è altamente sconsigliabile passare per via del Pasticcio, e molto poco probabile imbattersi in via della Sapienza, anche se ad alcuni potrà sembrare di essere sempre quasi sul punto di arrivarci.

    SECONDO PERCORSO: NATURALISTI E BUONGUSTAI - Per chi invece - passeggiando lungo via del Senso - scopre di non avere interesse per questo genere di attrattive, e si sente più incline a godere semplicemente di ciò che offre la natura, Perugia offre altri possibili itinerari. Da via del Fagiano a via del Cardellino, oltre via delle Allodole, dei Fringuelli e della Rondine, il campionario ornitologico si dipana attraverso tutta la città annoverando Canerino, Tordo, Pernice, Piccione e Colomba, oltre ad una strada intitolata Cantamerlo. Fra i rapaci spiccano l'Aquila e il Nibbio, mentre l'unico rappresentante esotico sembra essere lo Struzzo. Chi sceglie questo itinerario resterà probabilmente affascinato anche da via dell'Orso, via del Bufalo e via della Tartaruga. Non mancano il Topo, il Lupo e la Lucertola. Fra i pesci, solo Cefalo e Persico hanno ottenuto l'onore di essere iscritti nello stradario urbano, ma abbiamo nondimeno Cane, Gatto, Grillo e persino Formica. Per le parti anatomiche va inoltre ricordata via dell'Ala, mentre gli equini non sembrano essere molto amati: si registra soltanto un Cavallaccio, anche se – in questo contesto – non si può certo tralasciare via del Maneggio. Alberi da frutto, piante d'alto fusto, fiori e spezie imperversano ad ogni incrocio. Mandorlo, Nespola, Olivi e Castagno, Acacia, Pioppo, Acero e Betulla, solo per elencarne alcuni, ombreggiano le passeggiate perugine, mentre Gerani, Ginestre, Gladioli e Margherite le rendono piacevoli per l'olfatto. Timo, Salvia e Mentuccia le infondono poi quell'aroma di spezie mediterranee che mette a tutti l'acquolina in bocca, e convergono – attraverso via del Sale e via del Pepe, verso il tour gastronomico, che sfocia in via dello Zucchero e del Cacao, terminando – come si conviene – in via del Caffè.

    TERZO PERCORSO: SPORTIVI, ESCURSIONISTI E MODAIOLI - A questo punto, imboccando via del Tempo Libero, chi se la sente può intraprendere il percorso sportivo, camminando a passo sostenuto per via della Ginnastica e via dell'Atletica, o preferendo fermarsi in via delle Bocce per ritrovare la piacevolezza di un'attività ricreativa che da qualche tempo sembra purtroppo aver perso il suo smalto. Chi invece è interessato alla scienza, alla tecnica e ai materiali, può divagarsi in via del Compasso, passare per via della Squadra, ed esplorare via del Rame e dell'Ottone. Fra i metalli ci sono anche Ferro, Ghisa, Acciaio ed Alluminio, mentre le pietre da costruzione sono ricordate con Travertino, Arenaria, Calciolfa e tutta una serie di attività correlate, fra le quali spiccano Scalpellini e Cavatori. Il settore della moda sfoggia i suoi modelli con via del Cachemire, dell'Angora, della Lana, del Lino e della Seta, ed anche qui convergono un certo numero di elementi accessori – in via dei Bottoni e del Ricamo - ed attività produttive – in via della Filanda e della Cardatura.

    QUARTO PERCORSO: SOGNATORI - Ai sognatori infine, si consiglia caldamente via della Stella, da cui si gode di un incomparabile panorama che permette di spaziare su alcune delle maggiori costellazioni dello zodiaco: via della Bilancia, del Capricorno, dei Pesci, dell'Acquario e del Sagittario. In quest'ultimo itinerario è bene equipaggiarsi con indumenti protettivi. Gli spazi aperti possono facilmente essere interessati da perturbazioni: la visuale è spesso offuscata in via Nebbiosa, e sono anche frequenti manifestazioni ventose che coprono tutta la rosa dei venti, soprattutto in via della Tramontana, del Grecale, del Libeccio e dello Scirocco.
    Alzi la mano chi conosce un altro luogo in grado di offrire una scelta così alternativa di itinerari stradali.
    Daniela Querci (Da: Il Corriere dell'Umbria, 13/07/2009

    LA PRIMA STREGA CONDANNATA AL ROGO ERA DI TODI

    UN INSOLITO ANNIVERSARIO PER LA CITTA’ DI TODI - Il prossimo 20 Marzo ricorre l'insolito anniversario della messa al rogo di Matteuccia, strega tuderte condannata ad essere arsa viva dal tribunale laico della sua città. Correva l'anno 1428, quando gli abitanti di Todi - nel giorno che precede l'equinozio di primavera - venivano scossi dalle strazianti urla di una donna, legata mani e piedi su di una pira alla quale il Capitano della città aveva appiccato il fuoco. Se Matteuccia avesse potuto immaginare che oggi, a una dozzina di giorni di distanza dalla sua crudele esecuzione, si celebra la festa della donna, sarebbe rimasta alquanto sconcertata dall'ironia che traspare dalla vicinanza di queste due date. Se poi avesse saputo che negli anni '90 – in base ad un autorevole ricerca universitaria - Todi sarebbe stata definita “la città più vivibile del mondo”, di certo avrebbe avuto qualcosa da obiettare, al riguardo. Ma da allora, ne è passata di acqua sotto i ponti. E – d'altro canto – anche per noi è difficile credere che la splendida e tranquilla città di Todi sia stata un tempo teatro di tali atrocità. Ma è tutto vero.
    I VERBALI DEL PROCESSO - I verbali del processo di Matteuccia Di Francesco sono arrivati fino a noi. Oggi sono custoditi nella Biblioteca di Todi, e descrivono con dovizia di particolari i motivi per cui la donna venne condannata, e la sentenza eseguita. Nelle pagine, redatte e messe agli atti dal notaio incaricato, vengono elencati tutti i capi d'accusa pendenti sulla testa della donna. Si legge di come Matteuccia ricevesse visite da persone provenienti da ogni luogo dell'Umbria, per chiedere il suo aiuto in merito a pene d'amore o a problemi di salute. E sembra che la strega avesse per ognuno la soluzione giusta. Prescrivendo strani unguenti a base di erbe, singolari ricette gastronomiche, e formule magiche che alle nostre orecchie suonano non più temibili di innocenti filastrocche, pare riuscisse a porre rimedio ad ogni sorta di travaglio, sentimentale o fisico. Matteuccia si era fatta un bel giro di affari, ed i clienti soddisfatti ritornavano da lei per ulteriori indicazioni e prescrizioni. I rimedi descritti nella prima parte del processo appaiono del tutto innocui, anche se quantomeno curiosi. Ad una donna che veniva quotidianamente percossa e tradita dal marito, Matteuccia consigliò di conservare l'acqua che usava per lavarsi i piedi, per poi darla da bere al fedifrago insieme ad una pietanza a base di rondini condite con lo zucchero. Ad un giovane innamorato che non otteneva il consenso di sposarsi, ordinò di stare in piedi in un crocevia con una candela accesa, e di piegarla recitando una formula magica mentre l'amata andava in sposa al contendente. In tal modo, il novello sposo non avrebbe mai potuto congiungersi alla moglie, il cui amore per l'altro sarebbe almeno rimasto inviolato.
    I RITI PIU’ MACABRI - Oggi, i rimedi di Matteuccia non verrebbero di certo giudicati così pericolosi. A parte l'ovvia riflessione che bere l'acqua in cui il nostro consorte ha fatto il pediluvio, o piazzarsi nel bel mezzo di un incrocio con tanto di candela accesa, non sarebbero azioni consigliabili. In entrambi i casi per motivi di incolumità personale. Ma allora venivano presi molto sul serio, e considerati indizi di connivenza col maligno, anche se le intenzioni di Matteuccia non sembrano poi così deprecabili. Nella seconda parte del processo però, vengono descritti riti di natura più macabra. Matteuccia avrebbe convinto un uomo alle dipendenze di Braccio da Montone, Signore di Perugia, a procurargli le carni di un annegato, per estrarne un olio che alleviasse i dolori di un malato. Sarebbe anche stata in grado di trasformarsi in un gatto, e di librarsi in aria in groppa ad un capro per raggiungere il famoso Noce di Benevento, qui per la prima volta indicato come il luogo prediletto dalle streghe per i loro convegni con il diavolo. Fra l'altro, viene riportata in forma integrale anche la formula magica per volare, di ovvio interesse per chi – motivato da velleità anticonformiste - avesse in qualche modo in progetto di innalzarsi. Le accuse si fanno ancora più gravi quando Matteuccia – che reca il dubbio onore di essere la prima donna definita strega – viene accusata dell'orrendo crimine di cibarsi del sangue dei bambini. Il sonno della ragione genera mostri. Comunque, per tutti questi misfatti e per altri ancora – giunti all'attenzione della corte giudicante come voci di popolo, e ritenute più che sufficienti per imbandire in quattro e quattr'otto un bel processo per stregoneria – alla povera Matteuccia viene concessa l'opportunità di difendersi, e di scegliersi un legale che la assista. Cosa che Matteuccia non è in grado di fare. Scaduto il termine utile per la presentazione della difesa – la burocrazia imperversava anche allora – Matteuccia viene quindi condannata, e la condanna eseguita. Legata e montata a cavallo di un asino, viene condotta fino al luogo dell'esecuzione, e là arsa viva. D'altronde – pare giustificarsi il notaio alla fine del verbale - aveva spontaneamente confessato di essere colpevole di tutti i crimini attribuiteli. Se questo fosse vero, su una cosa di sicuro Matteuccia non aveva mentito: era capace di volare. Almeno con la fantasia.

    UMBRIA: TERRA DI RITI ED INCANTESIMI - E' curioso – e per molti versi inquietante - osservare quanto alcuni dei riti ed incantesimi praticati dalle streghe del XV secolo siano tuttora radicati in Umbria. Un interessante studio condotto dal dottor Valter Toppetti presso l'Istituto di Etnologia e Antropologia culturale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'ateneo di Perugia, riporta una serie di interviste effettuate sul tema fra gli abitanti di Fratticiola Selvatica, un paese a 20 chilometri a Nord-Est di Perugia. Gli intervistati vengono sollecitati a descrivere streghe e personaggi magici con i quali hanno avuto contatti, e a narrare episodi che li riguardano e di cui sono a conoscenza. I racconti si riferiscono principalmente a streghe operanti nella zona durante il primo cinquantennio del XX secolo. E le analogie con le ricette e gli incantesimi di Matteuccia sono notevoli. La strega Santina, un'anziana megera che abitava in una casa fatiscente al centro di Fratticiola, preparava filtri magici ed operava incantesimi con le erbe come la strega di Todi. Ovviamente, anche Santina partecipava ai sabba infernali presso il Noce di Benevento, e praticava fatture – o le toglieva – servendosi degli stessi ingredienti magici di Matteuccia. A Fratticiola poi, è apparso anche uno stregone, di nome Forca, acerrimo antagonista della strega Santina e profondo conoscitore di riti magici ed incantesimi propiziatori. Analogamente a quanto faceva Matteuccia 5 secoli prima, Forca manipolava pupazzi di cera per indurre sventure sui nemici o – al contrario – liberare da fatture i propri clienti. E, come Matteuccia, identificava in manufatti di piume d'uccello gli oggetti magici che i suoi concorrenti realizzavano per incatenare in fattura le persone, e che lui immancabilmente riusciva a liberare con potenti contro-incantesimi. Oltre alle ghirlande di piume, ricorrono anche i riti effettuati in corrispondenza di incroci, in cui si utilizzano candele e si fanno bruciare capelli e parti di vestiario appartenenti al malcapitato oggetto dei sortilegi.
    Daniela Querci (da: il Corriere dell'Umbria - 09/03/2009)

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    Monteripido
    Il colle a nord di Perugia, appena fuori porta Sant’Angelo, famoso per la sua singolare bellezza, nella toponomastica è abitualmente chiamato Monteripido (Mons ruitus - Monte scosceso), ma da quando, dopo la metà del ‘200, ci visse e morì il terzo compagno di San Francesco, il Beato Egidio di Assisi, prevalse l’appellativo di "Monte di Sant’Egidio" e poi quello di "San Francesco del Monte", che oggi ne è il titolo ecclesiastico ufficiale.

    Vi nacque quindi un convento, inizialmente piccolo e con pochi frati, con la funzione di eremo e di ritiro per il grandioso convento cittadino di San Francesco al Prato. Successivamente, con il Beato Paoluccio Trinci, passò all’Osservanza, per diventare poi un centro propulsore per l'opera di rinnovamento dell’Ordine.

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    ci sono migliaglia di angoli meravigliosi......non avete visto nulla..

    La città più sexy del mondo
    Panorama da Porta Sole, by luca:sehnsuchtNon se la prenda Parigi, non si offendano Praga e Copenaghen, ma questa volta è la piccola Perugia ad essere stata eletta la città più sexy del mondo. Tra le ragioni del successo sicuramente la cioccolata, ma anche il fatto che si tratta di una città collinare, dalle forme molto sinuose e quindi attraenti, e che è piccola, accogliente, protettiva.

    A dare lo scettro di città più sexy del mondo a Perugia ci ha pensato il National Geographic Traveler, che nell'edizione di novembre/dicembre 2008 della rivista ha dedicato un ampio servizio alla nostra città, corredato da una galleria fotografica che illustra quanto romantica sia la capitale dell'Umbria.

    Segue una lista dei luoghi più romantici di Perugia:

    •Porta Sole. Dalle panchine di via delle Prome si gode di una vista spettacolare, su uno dei panorami più belli dell'Umbria (vedi foto in alto). D'inverno è uno dei luoghi più ventosi della città, una ragione in più per abbracciare il proprio amato (o la propria amata)

    •via dell'Acquedotto. Un fantastico scenario medievale si apre scendendo da piazza Cavallotti lungo le scalette in cotto, per giungere a questa romantica passerella pedonale: la via e' così stretta che un uomo e una donna, incrociandosi, debbono per forza sfiorarsi... le sere estive la via dell'Acquedotto diventa palcoscenico per il teatro in piazza (per informazioni, Fontemaggiore teatro stabile di innovazione, tel 075 5289555).
    •Piazza Italia e i Giardini del Carducci. Imperdibili le panchine davanti alla fontana con la statua bronzea della bagnante, avvolta dal muschio, al centro dell'Ottocentesca (e Romantica!) atmosfera di Piazza Italia, e la balconata degli adiacenti Giardini, dedicati al poeta Giosué Carducci, che qui trovò l'ispirazione per uno dei suoi più riusciti sonetti.
    •lo spiazzo verde di San Francesco al Prato, specialmente in primavera. In una bella giornata è il luogo ideale dove distendersi a prendere il sole e a dimenticarsi delle frenesie della vita cittadina. Se pensate che in troppi abbiano avuto la vostra stessa idea, l'alternativa è data dal giardino del Tempietto di Sant'Angelo, luogo altrettanto suggestivo, ma più isolato, nella zona nord del centro storico.
    •la terrazza del Mercato Coperto, al tramonto. Qui la vista è sulla città, ma il luogo è ideale per chi desidera trovare un posto al di fuori dei soliti itinerari turistici. L'estate si trasforma in un caffè a cielo aperto, ottima scelta per un aperitivo, ma forse diventa troppo affollato e perde così la sua aura "romantica
    ".



    Corsa dell'Anello

    Narni - Fine aprile, primi di maggio.



    Le prime notizie della Corsa risalgono al XIII secolo ma, il consolidarsi di questa tradizione cavalleresca, risale al periodo di massimo splendore della città che si colloca introno al XIV secolo e, gli Statuti del 1371, fanno esplicito riferimento ai festeggiamenti in onore del patrono san Giovenale, a cui è dedicata la Corsa. Alla gare vera e propria fanno da prologo un complesso di manifestazioni che ricalcano, nella sequenza e nella forma, quelle tradizionali tramandate dagli Statuti: cortei storici in costume che attraversano le vie cittadine, addobbate con bandiere ed illuminate da torce; banditori che annunciano l'inizio dei festeggiamenti...



    Una serie di mostre, spettacoli e concerti fanno da cornice a questa manifestazione che consiste nella competizione tra i giovani degli antichi Terzieri (Fra Porta, Mezuele e Santa Maria) che, nei tradizionali costumi storici, lanciati al galoppo su agili destrieri, cercano di infilare con una lancia un anello teso con corde tra due case poste all'inizio della via Maggiore. La vittoria viene assegnata al terziere i cui cavalieri hanno infilato il maggior numenro di anelli






    Corteo storico di Monteleone d'Orvieto

    Il Corteo storico di Monteleone d'Orvieto trae lo spunto dalla divisione esistente nel castello nel 1300 e 1400 fra le due casate dei Conti di Montemarte, guelfi e molto legati ai Monaldeschi di Orvieto, ed i conti di Marsciano (Bulgarelli o conti di Parrano).



    Si svolge il 16 di agosto.

    La manifestazione che conta più di 400 figuranti, ideata e realizzata la prima volta nel 1981, si propone l'intento di ricreare momenti di vita, consuetudini e costumi trecenteschi.



    Oltre ai casati di Montemarte e Marsciano sfila per primo il corpo dell'amministrazione.

    L'organizzazione consta di tre associazioni: le due casate e l'Ente Corteo storico, che sovrintende alla buona organizzazione della manifestazione, vigila in merito alla qualita' del corteo ed è il giudice in merito alle varie controversie controversie riguardanti il palio.



    Il presidente dell'ente corteo è il sindaco in carica, il vice/presidente è il presidente della Pro loco e ne sono membri 4 rappresentati delle due casate con i rispettivi presidenti.

    Dal 1981 al 1996, al termine del corteo, si teneva il Palio del carro, consistente in una corsa di 6 contradaioli (vi erano 4 rioni: il Torrione, la porta, il borgo e San Rocco) che spingevano un carro.



    Nel 1997 il palio è cambiato ed è divenuto la "Giostra del Giglio".

    Tale gara è una manifestazione equestre in cui si sfidano 4 cavalieri dei due casati.

    I cavalieri, di opposte fazioni, si cimentano in una breve corsa da una linea di partenza comune (mossa) e, percorrendo corsie delimitate, strappano 2 drappi posti a 3 metri di altezza, che sono depositati in due appositi cesti distanti 20 netri dalla linea dello strappo.



    La gara è divisa in manches ed il cavaliere che per primo appone due volte il drappo nel cesto, risulta il vincitore ed accede alla finale, per l'assegnazione del palio e del trofeo individuale (paliotto).

    Ogni singola manche è ripetuta dagli stessi cavalieri, con ordine di entrata nella mossa invertita nel caso che nessuno dei due partecipanti riusca ad aggiudicarsi la prova stessa.

    Dopo due prove nulle il drappo viene abbassato al bottone inferiore dello scudo che sorregge il giglio.

    Nel caso in cui entrambe le gare siano vinte dai cavalieri di una stessa parte, il casato beneficiario vince direttamente il palio: la finale si corre ugualmente per l'attribuzione del trofeo individuale (paliotto) tra i vincitori della manches.


    ORIGINI E STORIA DELLE INFIORATE DI SPELLO


    Spello è nota per le sue INFIORATE DEL CORPUS DOMINI, stupende creazioni di decorazione floreale eseguite da veri artisti che le progettano e le preparano per mesi, usando soltanto elementi vegetali e fioreali. Quei variopinti "tappeti" ornamentali si diramano lungo tutte le vie e le piazzette, emanando il loro profumo e offrendo uno spettacolo gioioso di colori ai numerosissimi visitatori che vengono a visitare Spello per l’occasione.



    Ogni anno a Spello si confezionano circa 1.500 metri di tappeti e quadri floreali che, ispirati a motivi religiosi - secondo la libera fantasia o riproducendo opere famose -, celebrano Gesù e il miracolo eucaristico.

    L’usanza di addobbare con i fiori il percorso delle processioni religiose ha radici lontane nel tempo e solo alcuni secoli fa si è trasformata in vero e proprio omaggio alla festa religiosa del Corpus Domini, il miracolo eucaristico. Gli Spellani, tuttavia, non completamente paghi di questo modesto seppure significativo omaggio, nei primi anni del XX secolo iniziarono a conferire alle loro INFIORATE una caratteristica peculiare che, con l'andare degli anni, è assurta a sublime forma artistica.



    Mentre in epoche più antiche i fiori venivano ditribuiti alla rinfusa sui selciati, successivamente le tecniche si raffinarono: si cominciò ad utilizzare soltanto le foglie sempreverdi e nacquero i primi bellissimi tappeti di ginestra e finocchio selvatico, impreziositi da fregi di fiordaliso, margherite, petali vellutati, rose.



    Dai tappeti di ricercata fattura alla riproduzione di scene del Vecchio e del Nuovo Testamento il passo fu breve. Ed ecco allora che il petalo umido di rugiada diventa pennellata per conferire sfumatura al volto del Cristo Caravaggesco.



    Le Infiorate artistiche di Spello in onore del Corpus Domini risalgono ai primissimi decenni del ‘900, grazie all’iniziativa di una donna che, intorno al 1930, disegnò sulla strada una semplice figurazione floreale con ginestre e finocchi, ottenendo il plauso degli abitanti del paese i quali vollero subito imitarla, avviando una sfida “positiva” per la realizzazione di opere sempre più belle e grandi.

    Ed è così che in poco tempo prese piede a Spello la composizione artistica del tappeto fiorito che trasformò la festa del Corpus Domini in un’occasione gioiosa in cui tutte le famiglie e poi gruppi di infioratori sempre più esperti potevano confrontare i propri lavori e premiare quelli giudicati migliori per abilità tecnica, precisione e creatività.

    Inizialmente i premi per i vincitori erano pochi e modesti, poi, a seguito della partecipazione dei primi sponsor, crebbero. Vennero aggiunti premi per le sezioni dedicate ai ragazzi, al miglior contenuto religioso di tappeti, di quadri, ecc.



    Attualmente oltre a premi in denaro, si assegna il "Premio Properzio", una statuina in bronzo riproducente il poeta latino, che viene assegnata al gruppo di infioratori vincitore e che sarà restituita l’anno successivo, prima della pemiazione, e sostituita da una piccola riproduzione in bronzo.

    Organizzata negli ultimi quaranta anni dalla PRO SPELLO e poi dall’Associazione “Le Infiorate di Spello”, con il patrocinio della Regione e degli Enti locali, la manifestazione richiama migliaia di visitatori e turisti: si pensi che solo nel 2005 oltre 40.000 persone sono arrivate a Spello per visitare la città, partecipare alla veglia ed ammirare il lavoro delle Infiorate artistiche.


    IL TORCIGLIONE



    "...piccoli rituali privati. il nostro, e quello di tante altre famiglie perugine, è il torciglione. il sinuoso serpente dolce, attorta, serpentone o come lo si voglia chiamare fatto di mandorle, zucchero e albume, che sta lì a ricordarci che nel natale c'è dentro un po' di tutto, da sempre: riti cristiani e riti pagani si fondono in un mix ormai inscindibile di tradizioni che anno dopo anno si ripetono immutabili. questo dolce è il simbolo della ciclicità della vita e del tempo, che cambiano, si ripetono e si rinnovano proprio come la pelle di un serpente. è un animale simbolo di vigore, forza ed energia vitale, che incute timore reverenziale, un po' come i misteri della vita e della morte: forse è per questo che viene addolcito ed esorcizzato con mandorle e zucchero. nella zona del trasimeno poi il suo significato si arricchisce ulteriormente: è un tributo alla preziosa anguilla, cucinata tradizionalmente soprattutto nel periodo natalizio. le ricette sono leggermente variabili e si tramandano di famiglia in famiglia: l'importante è che fra gli ingredienti non compaiano assolutamente farina né tuorli. la ricetta della mia famiglia è quella che segue: non ci sono segreti né trucchi, solo pochi ottimi ingredienti per un dolce che torna ogni anno da sempre, semplice buono e genuino.




    "il nome "torciglione" sarebbe una denominazione recente, mentre il vero nome dato in passato era proprio "anguilla del lago", e a buona ragione leggendo la storia: pare che alcune monache, probabilmente quelle dell'isola maggiore, aspettavano la visita di alti prelati inviati dal papa. era venerdì, giorno di magro, e non avevano l'esonero del venerdì "ad itinerem" che consisteva nell'essere esonerati dal digiuno del venerdì per motivi di viaggio. le suore pensarono quindi di cucinare per loro del pesce: le anguille del lago, molto probabilmente arrosto sui carboni, più pane e vino nelle quantità dettate da quanto stabilito dalla regola di San Benedetto circa il nutrimento quotidiano dei monaci in perfetta salute, fatta eccezione dei monaci malati e di quelli che avevano lavorato di più nei campi. da tutto ciò si deduce che doveva essere un monastero benedettino con prelati della medesima o similare regola benedettina, ma avendo il lago trasimeno subito una gelata, c'era stata una grande moria di pesci, in special modo d'anguille. per sopperire al problema improvvisarono il torciglione con quanto avevano in dispensa: tra questi ingredienti molte mandorle, zuccata, frutta candita, e come vedremo questo non è così strano. l'umbria, per vocazione agricola e climatica, non aveva produzioni di mandorle e frutta da canditi, ma per esempio fave dei morti, pinolate e torcolo di san costanzo li prevedono come ingredienti base. ciò è dovuto ai vari spostamenti di monastero in monastero delle suore e ognuna spostandosi portava per così dire "in dote" alimenti dal monastero di provenienza, quindi mandorle dal sud, polenta dal nord e così via".


    LA CIARAMICOLA





    Dolce pasquale a forma di ciambella, la ciaramicola è nella tradizione della città di Perugia un simbolo che rappresenta nelle montagnole in altezza i cinque rioni storici di Porta Sole, Porta Sant’Angelo, Porta Susanna, Porta Eburnea e Porta S. Pietro e la Fontana Maggiore. E’ una torta di colore rosso con glassa bianca e confettini colorati di copertura.


    E’ il dolce della primavera e tradizionalmente le ragazze in età da marito usavano regalarlo ai fidanzati nel giorno di Pasqua.
     
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