Umbria ... Parte 2^

PERUGIA..ORVIETO..CASCIA..CITTA’DELLA PIEVE ..ASSISI..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Giovedì ... oggi la nostra mongolfiera ci accompagnerà in questo suo volo verso il cuore del cuore ... come è possibile direte ... l’Umbria è il cuore, il polmone verde della nostra Italia ... oggi noi voleremo verso il cuore dell’Umbria, scopriremo le bellezze di Perugia... un soffio di vento ed ecco le funi che tengono il cesto, tendersi e emettere il suono che ci ha accompagnato per tutti i nostri viaggi... vento tra i capelli e occhi stretti a filtrare l’aria che ci carezza ... verde sconfinato sotto di noi e paesini arroccati sulle colline ... chiazze colorate in un mare verde ... superiamo una collina, poi un altra ed ecco all’orizzonte Perugia...
    Buon risveglio amici miei ... il nostro viaggio anche oggi riprende ...“

    (Caludio)

    Parlando di cuore oggi, all’inizio di questo mio pensiero mi è venuto naturale pensare, per un gioco di associazioni, all’amore e ad un libro che sto leggendo ... vi saluto con un pensiero tratto da esso:...


    ”L’amore non è abitudine, un impegno o un debito. L’amore è. Senza alcuna definizione. Ama,. e non porti molte domande. Semplicemente ama.”

    (Paulo Coelho)



    PERUGIA..ORVIETO..CASCIA..CITTA’DELLA PIEVE ..ASSISI..L’UMBRIA CI RACCONTA LE SUE MERAVIGLIE..



    “Perugia, è una città che si trova a circa 600 metri di altitudine, racchiusa da mura, con antiche porte di accesso dai nomi affascinanti come la “porta della mandorla” o lo stesso “arco etrusco”..”

    “La porta dell’autobus si richiuse alle mie spalle mentre davanti ai miei occhi si dipanava la lunga ed erta salita. Camminavo con la mia pesante valigia sul ciglio della strada, dove da poco era stato applicato lo strato di asfalto dal colore nero lucido. Alberi di pino e piante da sottobosco in bilico sul baratro mi accompagnavano lungo il cammino. Non un marciapiede, non una recinzione, proseguivo a tentoni nella penombra cercando di prestare attenzione a dove mettevo i piedi. Arrivata in cima alla collina mi attendeva uno spettacolo mozzafiato: alla mia sinistra adagiata come un diadema sul picco della vicina altura, illuminata dalla luce della luna, con l’aria sonnecchiante la città di Perugia mi dava il benvenuto…L’indomani mattina quando spalancai le imposte ebbi un sussulto: il paesaggio durante la notte era mutato, la città aveva assunto un nuovo volto, la neve candida si era adagiata dolcemente sui tetti delle case, sui campanili delle chiese, sull’erba fresca. Nell’aria gelida qualche fiocco di neve che ancora vagava cullato dal vento silenziosamente si posava sul davanzale della mia finestra…Raggiunsi il centro a bordo dell’autobus, che risaliva per le strette curve della collina con estrema disinvoltura, annunciando a colpi di clacson il suo passaggio. Con lo stomaco in gola arrivai in Piazza Italia…Poco distante la Rocca Paolina faceva bella mostra di sé: marchio permanente della sconfitta subita dai Perugini contro il potere ecclesiastico. Un tempo sorgeva minacciosa sovrastando con la propria imponenza l’intera città, adesso, sventrata, viene attraversata nelle sue viscere dalle scale mobili che lentamente risalgono da Piazza Partigiani sino alla sommità del colle in Piazza Italia. All’interno della rocca lo sguardo viene catturato dallo stridore tra la ciclica risalita delle scale di moderna generazione e le mura antiche del baluardo pontificio. Nel forte contrasto tra passato e presente si avverte il malcelato intento dei Perugini di cancellare l’onta subita nei secoli addietro, divenendo ora la Rocca simbolo di novella rivincita…Andai oltre vagabondando senza alcuna meta per il complesso dedalo di strade, lasciandomi catturare dagli indizi lasciati qua e là dal grande “mastro pittore” Pietro Vannucci detto il Perugino….una costruzione mastodontica faceva bella mostra di sé: era l’antico Palazzo dei Priori. Il grande portale era aperto ed entrai a curiosare nell’atrio. Mi accorsi che quella era la sede della Galleria Nazionale dell’Umbria, in un attimo feci il biglietto e di colpo entrai in un’altra dimensione: enormi quadri dai colori vivi ed intensi, Madonne dai volti delicati, eterei, con sguardi languidi e assorti nella preghiera….Svoltato l’angolo mi trovai in Piazza IV Novembre. Risalii la gradinata ed entrai nella sala dei Notari. Le volte erano finemente affrescate, guardai in avanti cercando invano il tabernacolo, ma non vidi nulla. ..Un’espressione di costernazione dovette impossessarsi del mio volto. Proprio in quel momento accanto a me comparve un vecchio, con un lungo cappotto scuro e dalla barba canuta, che nell’intuire la mia esitazione iniziò a spiegarmi che in quella sala si svolgevano un tempo le assemblee popolari del Comune e che verso la fine del Cinquecento divenne sede dell’Arte dei Notai, da cui il nome…Mi parlò delle catene poste sulla facciata all’ingresso della sala dei Notari dove erano stati inseriti i chiavistelli e le chiavi delle porte di Siena prese dai Perugini intorno al Trecento, dopo la battaglia di Torrita. Proseguimmo in una lunga dissertazione sul simbolo della città, il “grifo perugino”, che nell’iconografia viene affiancato al “leone guelfo”, retaggio del dominio pontificio sulla città…..Pozzo etrusco…. Attraverso uno stretto cortile giunsi innanzi all’entrata. La penombra in cui era avvolto l’ambiente rendeva ancor più suggestiva la discesa attraverso gli umidi scalini. Una passerella permetteva di guardare dall’interno la cisterna dove un tempo veniva stipata l’acqua per la città. Le mura all’interno trasudavano acqua, un piccolo rivoletto scendeva dalle pareti rocciose della cisterna fino a toccare il fondo, nel mentre striature di muschio davano un tocco di colore all’ambiente…dal ponticello, sospesa nel vuoto con gli occhi chiusi, dopo aver pensato intensamente, lanciai una monetina affidandole frammenti di pensieri e desideri, sicura che tra quelle umide mura sarebbero stati custoditi per sempre.”
    Di Maio

    “Costa più che 'l sale a Perugia.”
    E' molto caro. Nel 1540 a Perugia scoppiò la "guerra del sale" contro l'imposizione papale di una tassa su di esso, con il conseguente aumento dei prezzi…e la rivolta cittadina.

    “Le origini di Orvieto risalgono alla civiltà etrusca: i primi insediamenti, sono del IX° secolo a.C. e si localizzarono all'interno
    delle grotte tufacee ricavate nel massiccio su cui sorge attualmente la città….durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, è strenua oppositrice del Barbarossa, rimanendo fedele al Papa. Forte della considerazione dello Stato Pontificio, Orvieto può così prosperare…E' durante questo periodo che si ebbe un fervido lavoro di costruzione di palazzi ed edifici sacri tra cui il Duomo, risalente al 1263, con la sua splendida facciata gotica e con la ricchezza delle decorazioni e delle cappelle interne. Nella città antica troviamo poi il Pozzo di San Patrizio, edificato nel 1527 su progetto di Antonio da Sangallo..”

    “Sola e dimenticata, sulla strada quasi a racchiudersi nel suo pudore… questo è il pensiero che viene in mente recandosi a Deruta, una città dove il lavoro duro delle mani si mescola alla realizzazione artistica…. è immersa nel suo passato, orgogliosa delle sue attività di creazione di ceramiche e maioliche, in un troncone territoriale che trasversalmente culmina a Gubbio, lambendo anche le vicine Marche.”

    “Cascia e dintorni..l’affascinante natura incontaminata della città di Sellano, della sua storia e, soprattutto, dei suoi castelli…Bastano pochi chilometri di un suggestivo itinerario per raccontarne la sua storia .. la piccola frazione di Montesanto, antica roccaforte di avvistamento…I castelli...oggi appaiono non solo come antiche e uniche forme di difesa per un territorio molto ambito in passato, ma anche come gradevoli segni del tempo, in perfetta simbiosi con l’alternarsi delle stagioni….Partendo da Montesanto, lo sguardo iniziale ci ricorda immediatamente la sua componente strategica, nell’equilibrio delicato tra il Ducato di Spoleto e gli altri potentati…Imboccando una vecchia mulattiera, rimasta ancora lastricata … unico accesso verso l’esterno si raggiunge la Valle del fiume Vigi….lo spettacolo naturale del bosco sembra surreale.. la luce scarseggia tra i fitti carpini e sembra di essere in una perenne aurora….d’autunno poi il sottobosco si colora di leggere tinte, ricalcando le sfumature delle foglie cadute…. fanno capolino tra lo scenario naturale alcuni piccoli laghi artificiali. Giunti in fondo alla mulattiera… la suggestiva Valle….il torrente Vigi è un ottimo corso d’acqua per chi ama la pesca, soprattutto delle trote..verso Sellano, ci si ritrova nuovamente contornati da boschi, per lo più di conifere e altri tipi di arbusti…in lontananza cominciano a distinguersi i resti degli antichi castelli: quello di Postignano, di Pupaggi, di Sterpare….”

    “Panicale si trova affacciata sulla valle del Nestore…. In passato fu un importante castello, conteso dalle vicine potenze e fu più volte distrutto…piazza Umberto I… un palazzo del trecento e una bella fontana, che era stata originariamente un pozzo ...facendo pochi passi puoi trovarti subito ad ammirare qualcosa di bello, e dopo pochi metri ancora qualcos’altro che non ti aspetteresti…la collegiata di San Michele.. che custodisce un dipinto di Giovan Battista Caporali, e proseguendo dritto si arriva al palazzo del podestà… la vista da qui è stupenda… e alla bellezza partecipano anche i tetti delle case che un disegno a spirale.. chiesa di San Sebastiano, la quale può vantare affreschi del Perugino…il famoso martirio di San Sebastiano e una Madonna col bambino, e soprattutto un eccezionale dipinto del maestro Raffaello, la Madonna dell’Orchestra… Raffaello, aveva infatti guardato al Perugino come ad un maestro, e questo dipinto è stato uno dei risultati. Il Perugino operò molto in queste zone, principalmente a Città della Pieve, che è il suo paese natale..”

    “Se capitaste a Città della Pieve per la prima volta sareste colpiti da due cose: dalla vista del rosso dei mattoni con cui è costruito questo borgo e dall’atmosfera di una cittadina che è stata a più riprese sfiorata dalla storia, senza esserne però stata un palcoscenico privilegiato….Pietro Vannucci, detto il Perugino.. qui ebbe i natali…”

    “Casteluccio di Norcia….In cammino verso la montagna…scalare le ripide pareti, su dei tracciati che portano direttamente alla cima del Vettore.. Lungo il tragitto, verso la cima del monte, c’è un piccolo rifugio alpino… Poco prima di guadagnare l’ambita meta.. il Lago di Pilato…. un bacino glaciale che ospita una specie acquatica unica al mondo. Così chiamato per la leggenda popolare secondo la quale ospitò le spoglie del personaggio storico.”…” un spettacolo veramente suggestivo.. la fioritura dell’altopiano. Con l’arrivo della bella stagione sbocciano milioni di fiori, di specie diverse, che formano uno sfondo di colori variegati.”

    “Assisi si allunga sulle pendici del Monte Subasio, al di sopra della pianura in cui scorrono il Topino e il Chiascio….oltre alle chiesa di San Francesco…. Santa Chiara e San Pietro. La prima eretta in forme gotiche fra il 1257 e il 1265, la seconda di poco più antica, decorata da un elegante portale mediano e tre rosoni. …Sulla Piazza del Comune di Assisi, sull'antica area del foro, il Palazzo dei Priori del 1337, il duecentesco Palazzo del Capitano del Popolo e il tempio di Minerva, costruito durante il periodo augusteo con pronao, colonne e capitelli corinzi ancora intatti… i luoghi legati alla vita di San Francesco… l'Eremo delle Carceri, immerso in un fitto bosco di querce e lecci sulle pendici del Subasio e il Convento di San Damiano, sorto intorno all'oratorio nel quale la tradizione vuole che il Crocifisso abbia parlato al Santo. Nella pianura, infine, l'imponente basilica di Santa Maria degli Angeli .”

    “Umbria.. Ondulanti profilileggiadri, di verde ammantati..ove note antiche risuonano ancora nell’aria silvestre e tra i filari di grappoli al sole d’autunno fiammeggianti….Già di santa condotta preziose cornici..e di sacri silenzi..fedeli astanti e custodi……Dal lontano e discosto mare..l’arido vento si affretta d’ombra assetato tra fitti e tormentosi anfratti di collina e fauce boscose di melodiose sommità; e sul terso gorgoglio di ruscelli sereni s’ appressa a placare la straziante sete."

    Alessandro Cancian








    ex CHIESA DI SAN BEVIGNATE

    NOTE di SAN BEVIGNATE:

    La città di Perugia ha la fortuna di conservare ancora integra una importante testimonianza della presenza templare nel suo territorio, attestata nelle fonti a partire dalla metà del Duecento. Nel contado di porta Sole, e più precisamente nei pressi del cimitero monumentale di Monteluce, sorge, infatti, l’ex chiesa di San Bevignate, sobria e possente all’esterno, ma alleggerita all’interno da un gioco di slanciati costoloni e, sulla controfacciata, da un ciclo pittorico che ai confratelli lontani e agli abitanti delle prospere campagne perugine ha ricordato per lungo tempo quale fosse la missione in Terrasanta della Militia Templi, l’ordine religioso-cavalleresco istituito a Gerusalemme intorno al 1119 dal cavaliere francese Ugo di Payns.



    Dopo i lunghi e complessi lavori di messa in sicurezza, consolidamento e restauro, il 20 aprile scorso l’ex chiesa templare è stata ufficialmente “riconsegnata” ai perugini e più in generale a turisti, visitatori e studiosi di storia e iconografia dell’Ordine del Tempio, che potranno finalmente apprezzare in condizioni ottimali le caratteristiche di questa straordinaria struttura architettonica, articolata su due livelli, e i soggetti degli affreschi che la decorano.

    Ma quel che più conta è che Perugia si trova a disporre di un nuovo spazio pubblico di grande fascino e suggestione destinato ad accogliere un Centro di Documentazione sulla storia dell’Ordine Templare oltre che iniziative ed eventi culturali nel segno della riscoperta e della valorizzazione degli stretti legami che la città conserva ancora con il suo passato e le sue tradizioni di età medievale.


    ex CHIESA DI SAN BEVIGNATE
    Via E. Dal Pozzo (zona Monteluce) - Perugia
    ORARIO delle VISITE GUIDATE: tutte le domeniche alle ore 10.00 e alle ore 11.00
    Possibilità di visite su appuntamento per gruppi e scuole
    DURATA: 1 ora
    BIGLIETTO (ingresso + visita guidata): € 5,00 intero | € 2,50 ridotto


    fonte http://turismo.comune.perugia.it

    Perugia

    è una città di 166.253 abitanti dell'Italia centrale, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Umbria. Sorge su un colle, nella valle del Tevere. Celebre città d'arte ricca di storia e monumenti, è un rilevante polo culturale ed economico e meta di numerosi turisti e studenti. È sede di una delle più antiche Università degli Studi della penisola (fondata nel 1308), oltre che della maggiore Università per stranieri d'Italia.





    PERUGIA -Storia-

    Gli etruschi

    I primi insediamenti di cui si è a conoscenza nel territorio risalgono ai secoli XI e X a.C., con la presenza di villaggi nei pressi delle falde dell'altura perugina ed a partire dal secolo VIII anche sulla sommità del colle dove sorgerà la città. Il rapido sviluppo di Perugia è favorito dalla posizione dominante rispetto all'arteria del fiume Tevere e dalla posizione di confine tra le popolazioni Etrusche ed Umbre. Il vero e proprio nucleo di Perugia si forma intorno alla seconda metà del VI secolo a.C., e dalla disposizione delle necropoli etrusche abbiamo una testimonianza indiretta dell'espansione del primo tessuto urbano. Perugia diventa in breve una delle più importanti città etrusche e una delle 12 lucumonie, dotandosi successivamente (IV secolo a.C.) di una poderosa cinta muraria, ancor oggi visibile.

    Perusia

    L'antica Perusia, oggi Perugia, appare per la prima volta nella storia come una delle dodici città confederate della dodecapoli etrusca. Viene menzionata per la prima volta nel racconto della guerra del 310-309 a.C. tra gli Etruschi ed i Romani. Ebbe inoltre un importante ruolo nella Battaglia di Sentino del 295 a.C. e fu presa, insieme alle rivoltose Vulsinii e Arretium (le moderne Orvieto e Arezzo), per raggiungere un periodo di pace negli anni seguenti. Secondo le testimonianze degli storici del periodo imperiale, Perusia era sotto la clientela di Antonio. Nel 216 e nel 205 a.C. affiancò Roma nella guerra contro Annibale e successivamente non viene menzionata sino al 41-40 a.C. (Bellum Perusinum), quando Lucio Antonio si rifugiò qui, e venne catturato da Ottaviano dopo un lungo assedio. Alcuni degli assediati fuggirono in Gallia, e fondarono, secondo una storia locale, la città di Perouges nella Provincia di Dauphine (nell'odierna Francia). Gli assedianti ricorsero, come testimoniano i ritrovamenti di grandi proiettili fuori e dentro le mura, anche alle catapulte. La città fu messa a fuoco, con l'eccezione dei templi di Vulcano e Giunone - naturalmente le spesse mura a terrazzo etrusche devono aver comunque retto alle fiamme - e venne dato il permesso a chiunque di occupare il territorio cittadino sino a un miglio di distanza. La città venne quindi riconsegnata alla cittadinanza dal nuovo imperatore Augusto, che le permise di fregiarsi in suo onore del titolo di Augusta, come si può leggere nelle iscrizioni presenti tutt'oggi in città (Augusta sacr(um) Perusia restituta). Tuttavia Perusia divenne una colonia indipendente solo a partire dal 251-253.

    Il Comune

    Nel 1139 si ha la prima attestazione del Governo dei Consoli e della nascita del Comune. Agli inizi del XII secolo il potere è diviso tra i Consoli, un'assemblea generale (l'Arengo), ed un consiglio minore. Nella seconda metà del secolo Perugia ha un'ampia sfera d'influenza nel contado circostante, avendo espanso i propri territori verso Gubbio e Città di Castello a nord, e verso Città della Pieve, il lago Trasimeno e la Val di Chiana a ovest-sudovest. Nel 1198 la città accetta la protezione di Innocenzo III, rimanendo costantemente guelfa. Nel 1286 vengono contate ben 41 arti. Negli anni fra Duecento e Trecento, il Comune attua un imponente sviluppo urbano: è il periodo del governo mercantile, esercitato dai Priori, eletti fra gli iscritti alle arti, e con sede nel Palazzo dei Priori (XIII-XV secolo). Nel 1308 viene istituita l'Università, mentre nel 1342 viene redatto lo Statuto in volgare. Nonostante la peste nera e le sue vittime, Perugia dà ancora delle prove di forza nel 1352 e nel 1358, quando sconfigge prima Bettona, distruggendola, e poi Siena e Cortona (Battaglia di Torrita).

    Il dominio Pontificio

    Nel 1370 Perugia ritorna sotto la Chiesa a causa della sconfitta nella guerra contro Urbano V. A causa delle lotte interne e del tentativo di sottrarsi al dominio papale, si succedono diverse signorie (Michelotti, Visconti, Fortebracci); proprio con Braccio Fortebracci da Montone si realizzarono importanti opere pubbliche come, ad esempio, la residenza di Braccio in piazza, della quale rimangono solo le logge, o il Sopramuro. Assumerà forme di Signoria anche il dominio sulla città della famiglia Baglioni, tra il 1438 e gli inizi del XVI secolo. Nel XV secolo e nei primi decenni del secolo successivo, la città si impone come un importante centro artistico (basti pensare al Pinturicchio e al pievese Perugino) e culturale (fra i tanti che riceveranno la propria formazione a Perugia ci saranno anche il grande Raffaello Sanzio e Pietro Aretino). Nel 1540, a seguito di una sfortunata guerra contro Paolo III Farnese, la città perde le sue libertà civiche e la sua secolare autonomia e passa nuovamente alle dirette dipendenze dello Stato della Chiesa che obbliga la cittadinanza a costruire l'imponente Rocca Paolina, dove si insedia una guarnigione pontificia.

    L'età moderna

    A partire dalla metà del XVI secolo e fino al momento della sua ricongiunzione all'Italia (1860), Perugia vivrà un lungo periodo di stagnazione demografica e economica, omologandosi al resto delle province pontificie. Purtuttavia, sotto il profilo architettonico e artistico, la città continuerà ad arricchirsi di edifici di pregio e ad avvalersi dell'opera di una serie di esecutori di alto livello professionale. Sono di questo periodo molte delle residenze patrizie che al giorno d'oggi abbelliscono Perugia (fra cui i palazzi Donini, Della Penna, Gallenga-Stuart e Conestabile della Staffa) e alcune prestigiose chiese barocche, prima fra tutte quella dedicata a San Filippo Neri. Il 20 giugno del 1859 si consumano le cosiddette "stragi di Perugia", perpetrate dai reggimenti svizzeri inviati da Pio IX contro i patrioti cittadini che si erano ribellati al dominio dello Stato della Chiesa. Il 14 settembre 1860 le truppe piemontesi, 15.000 uomini al comando del generale Fanti, riescono a penetrare nella città[3] e a conquistarla, dopo aver costretto alla resa l'ultima guarnigione di soldati svizzeri asserragliata nella Rocca Paolina. In seguito quindi alla battaglia di Castelfidardo (18 settembre), tutti i territori di Umbria e Marche si ricongiungono al nascente Regno d'Italia, annessione che verrà quindi ufficializzata con il plebiscito del 4 novembre 1860. Dopo l'Unità d'Italia, il nuovo Stato italiano privilegerà proprio Perugia come capoluogo di una vastissima provincia, che si estende fino alla Sabina. Solo qualche decennio dopo, negli anni venti del XX secolo, tale territorio verrà ridimensionato: Perugia resta il capoluogo della regione, ma vengono sanciti il passaggio della Sabina al Lazio, e la costituzione della nuova provincia umbra di Terni, determinando così il definitivo assetto geografico e amministrativo della regione Umbria, tuttora vigente. Nel 1922 da Perugia parte la Marcia su Roma. Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo dell'occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, le operazioni clandestine di soccorso agli ebrei perseguitati sono coordinate a Perugia da don Federico Vincenti (1885-1955), parroco della chiesa di Sant'Andrea a Porta Santa Susanna, in collegamento con padre Aldo Brunacci e la DELASEM di Assisi. Per questo impegno di solidarietà, il 16 luglio 1997, l'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito a don Federico Vincenti l'alta onorificenza dei giusti tra le nazioni. Il 20 giugno 1944, pochi giorni dopo l'abbandono della zona da parte dei soldati tedeschi, entrano in città, da Porta San Pietro, le truppe alleate britanniche. Il 24 settembre 1961, promossa dall'intellettuale antifascista Aldo Capitini, venne organizzata la prima Marcia per la pace Perugia-Assisi.



    Fontana Maggiore

    o Fontana di Piazza è uno dei principali monumenti di Perugia. Progettata tra il 1275 ed il 1278 da Nicola e Giovanni Pisano con la collaborazione di Frà Bevignate da Cingoli per la parte architettonica e di Boninsegna Veneziano per la parte idraulica, tale opera era stata eretta per celebrare l'arrivo dell'acqua nella parte alta della città grazie al nuovo acquedotto, che convogliava le acque provenienti dal Monte Pacciano nel centro di Perugia. È costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una tazza bronzea (opera del fonditore perugino Rosso Padellaio). La fontana ha la decorazione incentrata in 50 bassorilievi e 24 statue con cui la ornarono Nicola e Giovanni Pisano. Le due vasche poligonali concentriche sono decorate a bassorilievi: in quella inferiore sono rappresentati i simboli e le scene della tradizione agraria e della cultura feudale, i mesi dell'anno con i segni zodiacali e le arti liberali, la bibbia e la storia di Roma; in quella superiore sono raffigurati nelle statue poste agli spigoli personaggi biblici e mitologici. La Fontana ha recentemente subito un restauro durato cinque anni che l'ha riportata all'antico splendore. Situata al centro della bellissima Piazza IV novembre (già Piazza Grande) è stata la prima fontana a non essere stata costruita sul posto, infatti la fontana fu costruita in laboratorio e poi montata al centro della piazza, costruita con la pietra di Assisi riceve da più di 800 anni l'acqua dal monte Pacciano situato a pochi km dalla città.








    Le mura di Perugia e la città vecchia

    Perugia possiede due cinte murarie: le mura etrusche sorsero tra il IV ed il III secolo a.C. e furono costruite in modo piuttosto unitario; la seconda cerchia di mura, di età medievale, raggiunse lo sviluppo di circa 6 km ed inglobò i borghi creatisi in corrispondenza delle cinque antiche porte.

    Arco Etrusco, III secolo a.C.

    Porta San Pietro



    Rocca Paolina

    Fu costruita tra il 1540 e il 1543 per volere del papa Paolo III e ha rappresentato, fino al 1860, il simbolo del potere papale sull'antico comune. La costruzione, progettata da Antonio da Sangallo il Giovane, venne realizzata su quelle che erano le case dei Baglioni ed occupava buona parte dell'attuale centro storico. Per la costruzione, furono utilizzate, come strutture di fondazione, parte delle case dei Baglioni, furono mozzate le torri, coperte di volte le strade e i cortili e, per recuperare i materiali da costruzione, fu demolito quasi del tutto l'antico borgo di Santa Giuliana con relative chiese e conventi.
    In parte distrutta nel 1848, ricostruita nel 1860 per volere di papa Pio IX, la Rocca fu abbattuta definitivamente in quello stesso anno dopo l'annessione al Regno d'Italia. Oggi, dopo la distruzione della Rocca nel 1860 e la rimozione delle macerie iniziata nel 1932 e conclusa nel 1965, questa "città sotterranea" offre uno spettacolo unico e affascinante. I suoi grandi spazi sono utilizzati, durante l'anno, per diverse manifestazioni culturali.

    L'antico borgo medievale inglobato nella rocca



    La Rocca Paolina è celebre per una delle più famose poesie di Giosue Carducci dal titolo Il canto dell'amore.


    « Oh bella a' suoi be' dí Rocca Paolina
    Co' baluardi lunghi e i sproni a sghembo!
    La pensò Paol terzo una mattina
    Tra il latin del messale e quel del Bembo.
    — Quel gregge perugino in tra i burroni
    Troppo volentier— disse — mi si svia.
    Per ammonire, il padre eterno ha i tuoni
    Io suo vicario avrò l'artiglieria. »



    Palazzo dei Priori

    o Comunale, ottimo esempio di palazzo pubblico dell'età comunale, fu edificato a Perugia tra il 1293 ed il 1443. In stile gotico, vi si accede da piazza IV Novembre, attraverso un portale duecentesco ornato dalle statue del grifo e del leone, e si estende lungo Corso Vannucci fino a via Boncampi. È ancora oggi sede del Municipio. Al terzo piano dell'edificio ha sede la Galleria nazionale dell'Umbria.





    Sala dei Notari



    Pinturicchio o Pintoricchio nome d'arte di Bernardino di Betto (Perugia, 1454 – Siena, 1513) è stato un pittore italiano, allievo del Perugino.
    È possibile che il soprannome di Pinturicchio ("piccolo pittore") gli derivasse dalla statura minuta.

    Datate 1473 sono le due tavolette con Storie di san Bernardino: la Guarigione del paralitico e Liberazione del prigioniero probabilmente su impostazione del giovane Perugino, a cui il Pinturicchio aggiunse costumi ed elementi paesistici pittoreschi. Partecipò alla decorazione della Cappella Sistina a Roma, come aiutante del Perugino, eseguendo gli affreschi, impostati da quest'ultimo, con Viaggio di Mosè e Battesimo di Cristo.


    Partenza di Enea Silvio Piccolomini per il Concilio, affresco, Siena, Libreria Piccolomini

    Nel 1486 eseguì gli affreschi con Storie di san Bernardino nella Cappella Bufalini della chiesa romana dell'Aracoeli; successivi sono gli affreschi della cappella del Presepio in Santa Maria del Popolo a Roma. Tra il 1492 e il 1494 eseguì, in collaborazione con Antonio del Massaro da Viterbo detto il Pastura, la decorazione dell'Appartamento Borgia in Vaticano, dove prevaleva il gusto per una decorazione sovraccarica con dorature e grottesche, con temi più e meno tradizionali: oltre a Profeti, Sibille, Virtù, Arti Liberali e Scene della vita di Cristo, di Maria e dei Santi, vennero inseriti motivi paganeggianti, tratti dalla mitologia, volti a celebrare in modo allegorico il committente. Fritz Saxl ne parla in questo modo: "Eppure non esiste forse in questo periodo nessun'altra opera in cui il paganesimo e l'orgoglio individuale abbiano potuto manifestarsi con altrettanta nettezza che nell'appartamento Borgia".


    "Dio benedicente con angeli ed arcangeli", affresco, Spoleto, Cappella Eroli nel Duomo

    Dal 1495 lavorò alla Pala di Santa Maria dei Fossi (oggi conservata presso la Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia). Nel 1501 affrescò con le Storie di Maria la cappella Baglioni in Santa Maria Maggiore di Spello, in cui dipinse un suo autoritratto.

    Nel 1497 realizzò gli affreschi della cappella Eroli nel Duomo di Spoleto commissionati dal vescovo Costantino Eroli (Madonna con Bambino con santi e nella lunetta sormontata dallo stemma degli Eroli Dio benedicente con angeli e arcangeli).
    Traccia del passaggio dell'artista a San Gimignano è la pala d'altare con la Madonna in gloria tra san Benedetto e san Gregorio, realizzata nei primissimi anni del Cinquecento e che oggi è esposta nel Museo Civico di quella città. La tavola, di fattura assai pregevole, presenta la Madonna racchiusa entro una mandorla composta da testine di angeli osannanti. In primo piano, inginocchiati, con lo sguardo rivolto alla Vergine, vediamo sulla destra san Gregorio e sulla sinistra san Benedetto.


    "Madonna con Bambino con Santi", affresco, Spoleto, Cappella Eroli nel Duomo

    Dal 1505 lavorò alla decorazione della Libreria Piccolomini presso il Duomo di Siena, con l'Incoronazione di Pio II e Storie di Pio II. Per alcune di queste si valse della collaborazione del giovane Raffaello: suo è il cartone con la Partenza di Enea Silvio Piccolomini per il concilio.


    Natività

    Nel mosaico pavimentale è la scena allegorica con la 'Via della Virtù, in alto è, fra i filosofi antichi Socrate e Crates, che getta in mare oro e gioielli, la figura allegorica della Sapienza, in basso è la stretta via della Virtù, percorsa da vari personaggi, sulla destra è la Fortuna, in equilibrio instabile, con un piede su una sfera e uno su una barca, caratterizzata da una cornucopia, simbolo dell'abbondanza e da una vela, appartenente all'albero spezzato della nave, su cui poggia un piede, e simbolo di successo infelice.

    Intorno al 1509 lavora agli affreschi del presbiterio di Santa Maria del Popolo a Roma.

    Morì nel 1513, ricco ma in solitudine, abbandonato dalla moglie fedifraga e dimenticato dai cinque figli. Fu sepolto a Siena, nell'Oratorio dei Santi Vincenzo e Atanasio.



    Palazzo del Capitano del Popolo

    o di Giustizia venne realizzato tra il 1472 ed il 1481 dagli architetti lombardi Gasparino di Antonio e Leone di Matteo. È una struttura rinascimentale con qualche richiamo al gotico.



    perugia ...arco degli etruschi




    PORTE ETRUSCHE E MEDIEVALI

    Le principali aperture lungo la prima cinta muraria etrusca (circa 3 km) furono: l'Arco di Augusto (verso nord), Porta Marzia (verso sud) e Porta Trasimena (verso ovest). Questo, non solo in considerazione della forma a "trifoglio" che assumeva la pianta della città, ma anche nel rispetto di un un'antica legge etrusca che prevedeva, appunto, tre accessi principali.
    In epoca medievale, poi, con l'espansione della città, le vecchie mura etrusche (e anche alcune porte) vennero inglobate nelle varie costruzioni o, addirittura, smantellate, per recuperare materiale da utilizzare per la costruzione della cinta esterna. E' anche per questo motivo che, spesso, alcune porte "esterne" prendevano il nome delle corrispettive più interne (corrispondenti per orientamento).



    Porta Sole
    Così sono state chiamate numerose porte di Perugia. L'originaria Porta del Sole sembra essere stata collocata sulla Piaggia dei Calderari, in cima all'attuale Via Alessi.

    Arco dei Gigli
    (Arco di Montesperelli, Porta Sole)....porta etrusca Anch'essa rimaneggiata ampiamente in epoca medievale, presenta nella sommità della volta i gigli, forse simbolo della famiglia Farnese, in onore di Papa Paolo III, che vi sarebbe transitato nel 1535.

    Arco dei Tei
    (Porta di Santa Maria Nuova) XIV secolo Aperta nella prima cinta muraria, prende il nome dall'antica famiglia che abitava il borgo. E' l'unica porta che rimane nel largo di Porta Pesa; qui, infatti, v'era una porta distrutta per far spazio alla barriera daziaria innalzata al centro della piazza e, poi, smantellata.

    Arco della Mandorla
    (Porta Eburnea) porta etrusca Porta etrusca anch’essa rimaneggiata in epoca medievale, prende il nome da un probabile tempio tutto incrostato d'avorio che sorgeva nelle vicinanze e che era dedicato a Vertunno. Unica decorazione rimasta è una testa di leone in travertino. Rimangono anche alcune pietre con incisioni che fanno pensare alla scritta "AUGUSTA PERUSIA, COLONIA VIBIA" (apposta probabilmente sui tutte le principali entrate della città).

    Arco Etrusco
    (Arco di Augusto, Trionfale, Porta Boreale) seconda metà del III secolo a.C. Situato all'estremità del cardus (la più antica via cittadina) è forse il più importante monumento etrusco rimasto. La loggia disposta sul torrione sinistro è un bell'esempio di inserimento rinascimentale sopra un monumento antico, mentre l'arco superiore venne murato intorno al 1740. Oltre ai segni etruschi presenti su alcune pietre (forse marchi di cave), sono ancora ben visibili due scritte: "AUGUSTA PERUSIA" e "COLONIA VIBIA". La prima è in onore di Ottaviano Augusto che, dopo aver saccheggiato e distrutto la città (in seguito alle lotte di successione scatenatesi dopo la morte di Cesare, fra lo stesso Ottaviano e Lucio Antonio, che s'era rifugiato a Perugia), ne ordinò la riedificazione. La seconda, invece, in onore di Vibio Treboniano Gallo, cittadino perugino che, per pochi anni, fu imperatore (III secolo d.C.). Nel 780, su ordine di Adriano I, gli enormi portali in bronzo furono tolti e portati a Roma.

    Porta Cornea
    (Arco di S. Ercolano, Porta Bernarda, Porta dei Comitoli) porta etrusca Modificata come le altre porte etrusche in epoca medievale, presenta sopra l'arco un leone, simbolo della fazione guelfa e dello stesso rione.

    Porta Crucia
    (Porta Nuova de Borgone, Porta Eburnea Nuova) XV secolo riedificata nel 1576 La lapide sopra l'arco ricorda la riedificazione sotto il Governatore Antonio Santacroce (Legato Pontificio) nel 1576. Ai lati sono visibili dei nicchioni che avrebbero dovuto ospitare statue di Santi, mai realizzate. La via che attraversava questa porta sembra essere stata la "via del pesce", la strada più diretta per i pescatori che dal lago Trasimeno portavano il pesce in centro (dove ora è via Oberdan). A dimostrazione di ciò, come segnaletica ante litteram, v'è tutt'oggi un pesce di pietra affisso all'angolo di via Eburnea.

    Porta dei Funari
    (Porta dei Della Penna, Porta dei Vibi, Porta S. Croce) porta medievale Prendeva il nome dagli artigiani che svolgevano la loro attività in quella zona. Dopo la realizzazione della nuova Porta S. Croce (oggi Tre Archi), rimase nascosta e semiaffossata, a causa dell'innalzamento del livello stradale, e fu murata e adibita a latrina pubblica. Oggi è stata riaperta.

    Porta del Bulagaio 1765 Risalente al periodo in cui venne realizzata la strada per Ponte Rio, prende il nome dal fosso sottostante, il cui nome popolare è stato variamente spiegato dagli storici (bugliare = buttare rifiuti; bulicame = vena d'acqua; buligame = profondità).

    Porta della Conca
    (Elce di sotto) - Affiancata da due torri quadrate, è originaria del trecento ed è stata modificata intorno alla metà dell'ottocento, durante la ricostruzione viaria e la costruzione dell'adiacente mattatoio (oggi sede della Facoltà di Giurisprudenza).

    Porta dello Sperandio
    Prende il nome dal convento delle suore benedettine che sorge nelle vicinanze, il cui portone recava la scritta "spera in Dio". Probabilmente faceva parte di un complesso di opere volte a proteggere il Borgo di Sant'Angelo e la Conca.

    Porta di Braccio
    (Porta Romana, Porta di S. Costanzo) anteriore al 1270 Con l'ampliamento dell'Abbazia di San Pietro, quest'antica porta rimase inclusa nei giardini del convento, dove è tutt'ora visibile. I giardini del convento sono ora annessi alla Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Perugia.

    Porta di Elce di sopra
    (Porta della Conca) 1300 circa Aperta intorno al trecento, fu spesso chiusa per motivi daziari. Poi, con l'apertura delle barriere daziarie di via F. Innamorati, fu murata del tutto fino al 1931, quando tornò ad essere utilizzata.
    Porta di Sant'Antonio anteriore al 1270 Prende il nome dalla vicina chiesa di Sant'Antonio Abate. Fu affiancata intorno al 1372 da un cassero fortificato che ebbe vita breve (distrutto intorno al 1424). Attraverso questa porta, il 14 settembre 1860, entrarono i soldati del Re Vittorio Emanuele II, come testimonia la lapide apposta sopra l'arco.

    Porta Marzia
    (Porta San Pietro, Porta Romana) III secolo a.C. ricomposta nel 1542 Chiamata così forse per la vicinanza di un tempio in onore di Marte (è probabile anche che nelle vicinanze si svolgessero giochi marziali), originariamente era posta circa quattro metri più indietro (sono visibili gli stipiti all'interno della Rocca Paolina). La costruzione della Rocca comportò la distruzione di numerosi edifici e solo la sensibilità del Sangallo fece sì che la parte superiore di questa porta fu smontata e ricomposta dove è visibile oggi (al Sangallo si deve, anche, la "salvezza" della chiesa di S. Ercolano).

    Porta S. Simone
    (Porta del Carmine) XI secolo Anche se non sembra, questa era una vera porta d'accesso alla città per chi proveniva dal borgo di Fontenuovo, ed era affiancata da un torrione circolare. Con il riassetto stradale del 1822 (e la relativa costruzione dell'attuale via XIV Settembre), il torrione fu demolito e la porta fu affossata ad un livello inferiore rispetto alla nuova via.

    Porta San Costanzo
    (Portaccia) 1586 Da questa porta il 20 giugno 1859 entrarono i soldati svizzeri del generale Schmidt che, a seguito di un duro scontro, restauravano il Governo Pontificio nella città. Prima di questa porta, ne esisteva un'altra medievale, chiamata Porta di Braccio (ora visibile all'interno dell'Orto Medievale della facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Perugia).

    Porta San Giacomo
    (Porta del Castellano, Porta S. Prospero, Porta dell'Olmo) - Prende il nome dalla chiesetta di San Giacomo posta lì vicino.

    Porta San Girolamo
    (Porta Romana, Porta Alessandrina) XV secolo ricostruita nel 1582 Prende il nome dall'attiguo convento francescano (originariamente dei Frati Amadeiti) cui appartiene anche la loggia sovrastante l'arco. Ai lati sono presenti due nicchie vuote. Vi erano poste le statue di San Paolo e San Pietro, trasferite sembra presso l'Università degli Studi, intorno all'ottocento.

    Porta San Pietro
    (Porta alle Due Porte) 1473-1481 La vera porta detta le "Due Porte" è, in realtà, quella verso C.so Cavour. Originariamente, infatti, era costituita da due archi che, ora, sono stati murati (ma ancora visibili). La porta conserva da questo lato il suo aspetto trecentesco ed in cima, in una nicchia, è possibile ammirare il dipinto della Madonna del Rosario di Lorenzo Faina (1817). La porta esterna, invece, è un elegante rifacimento rinascimentale ed è considerata, insieme alla Porta Capuana di Napoli, uno degli accessi urbici più belli d'Italia. Nell'intercapedine sono presenti due aperture: da un lato vi era l'ufficio del dazio (Gabella), mentre dall'altro c'è l'antica Cappella di San Giacomo che, dopo il restauro del 1765, assunse il nome di Cappella del Buon Consiglio, in onore dell'immagine della Madonna del Buon Consiglio, ritenuta prodigiosa e ivi riposta.

    Porta Santa Croce
    (Tre Archi, Porta Nuova) 1857 Costruita durante il riassetto viario dell'ottocento, inizialmente presentava un solo arco aperto: quello centrale.
    Porta Santa Margherita - Prende il nome dall'antico monastero di S. Margherita, al quale si giungeva uscendo dalla porta, trasformato poi in ospedale psichiatrico nel 1818.

    Porta Santa Susanna
    (Porta Sant'Andrea, Porta della Colombaia) XIV sec Prende il nome dall'antica chiesa di S. Susanna che sorgeva dove ora c'è San Francesco al Prato. Nel tempo la porta è stata rimaneggiata ed è scomparsa l'immagine della Madonna presente all'interno dell'arco.

    Porta Sant'Angelo
    (Porta degli Armeni) XIV secolo Più che una vera e propria porta, questo era un torrione difensivo con funzioni di vedetta, eretto nella cerchia medievale nella conclusione del popolare rione di Sant'Angelo. Nel 1479 fu trasformata in fortino (munito di porta caditoria, botole e feritoie) da cui il nome di Cassero di Sant'Angelo. Infine, durante la Seconda Guerra Mondiale, vi fu posta una stazione di avvistamento contro le incursioni aeree. Oggi, è possibile visitare al suo interno il Museo delle Mura.

    Porta Trasimena
    (Porta San Luca, Porta della Luna, Porta Senese, Porta Luzia) porta etrusca Posta in direzione del Lago Trasimeno, fu modificata in epoca medievale: l'arco fu trasformato da tutto sesto a sesto acuto e, probabilmente, furono asportate le varie decorazioni. Rimane solo un leone sulla facciata occidentale, in alto a sinistra. Sulla sommità dell'arco, inoltre, è possibile notare un altro segno: il sagittario con una mezza luna, stemma forse dei Templari che lì accanto avevano posto la loro sede. C'è però chi invece ha visto in quel segno non la mezza luna, bensì una lasca, tipico pesce del lago Trasimeno che veniva introdotto in città, forse, attraverso questa porta.



    Perugia antica






    L'Arco Etrusco o di Augusto rappresenta la più integra e monumentale delle porte etrusche cittadine. Costruito nella seconda metà del III secolo a.C., è costituito da una facciata attraversata da un solo fornice e da due torrioni trapezoidali. L'apertura monumentale non fa parte dell'impianto murario originale, essendo sorto in sostituzione di una porta precedente che si trovava in una posizione più arretratadi circa venti metri. L'ampliamento ottenuto in questo modo fu minimo, ed il motivo della riedificazione va cercato soprattutto nell'intento di dare maggiore monumentalità ad un ingresso cittadino ritenuto particolarmente importante: in effetti, questa porta si distingueva dalle altre sin dalla tarda antichità e già nel VII secolo era denominata porta pulchra, ossia la "porta bella".






    La Porta Marzia è una delle antiche porte della cinta muraria etrusca della città. Costruita in travertino, presenta un arco a tutto sesto inquadrato da lesene con capitelli a rosetta centrale, sormontato da una balaustra scandita da quattro pilastri in stile italo-corinzio dalla quale sporgono cinque sculture: Giove tra i Dioscuri Castore e Polluce, e due cavalli alle estremità.





    La Porta Trasimena, situata in via dei Priori, venne rifatta nel XIV secolo. Dell'originale porta etrusca rimane ben poco, l'arco è infatti ogivale e non più a tutto sesto, e la scultura di forma leonina è stata anch'essa aggiunta nel medioevo.





    Porta Sole è una delle più antiche porte d'ingresso di Perugia. Citata da Dante Alighieri nel Paradiso, aveva la sua collocazione originaria nel punto più alto della città, l'omonimo colle del Sole. Oggi non più esistente nella forma originaria, ne ha ereditato il nome l'Arco dei Gigli, situato in via Bontempi e ricostruito nel medioevo. L'area venne fortificata nel XIV secolo, ma la cittadella militare fu abbattuta dopo una sommossa popolare nel 1376.





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    ROCCA S.ANGELO.PETRIGNANO..ASSISI...

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    BASILICA..DI SAN FRANCESCO....

    La Basilica di Santa Maria degli Angeli



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    La Basilica di Santa Maria degli Angeli sorge nella pianura che si apre ai piedi del colle di Assisi a protezione della Porziuncola, dove San Francesco avrebbe fondato il primo nucleo dell'Ordine dei Frati Minori nel 1209 e della cappella del Transito dove il santo morì il 3 ottobre 1226.

    La chiesa viene realizzata su ordine di Papa Pio V in 110 anni a partire dal 1569 d.C. su progetto dell'architetto Galeazzo Alessi e con la consulenza, fra gli altri anche del Vignola; l'edificio è oggi uno dei santuari più grandi del Cristianesimo contando 126 metri di lunghezza, circa 65 di larghezza e 75 metri di altezza in corrispondenza della cupola portata a termine nel 1680. L'attuale aspetto della chiesa di Santa Maria degli Angeli è dovuto alle varianti in corso d'opera per la realizzazione del campanile intorno alla fine del XVIII secolo, agli interventi del 1832, resisi necessari dopo un terremoto ed alla riedificazione della facciata su progetto di Cesare Bazzani fra il 1924 ed il 1930. Nello stesso 1930 viene posta al vertice della facciata la statua della "Madonna degli Angeli" realizzata dallo scultore Colasanti, mentre, perché il piazzale antistante raggiunga l'attuale sistemazione, si deve attendere il progetto dell'architetto Nicolosi del 1950.
    La struttura architettonica degli interni prevede tre navate in stile dorico neoclassico dovuta agli interventi di L.Poletti a seguito del terremoto del 1832; l'abside che, secondo i progetti originari avrebbe dovuto avere pianta quadrata, è oggi di forma semicircolare e racchiude un prezioso coro ligneo della fine del '700 e l'altare papale dell' architetto Apoloni Ghetti con opere scultoree di E.Manfredini. La basilica ospita alcuni affreschi di F Appiani del 1757 e nelle cappelle dipinti del '600 di Pomarancio, Giorgetti, Sermei Salimbeni e dei fratelli Zuccari.


    PS:PROPRIO IN QSTA BASILICA LO SCORSO ANNO..MIA CUGINA HA PRESO I VOTI CM SUORA FRANCESCANA ALCANTARINA...UNA CERIMONIA EMOZIONANTE



    perugia





    norcia




    Cascia

    Cascia è un comune di 3.245 abitanti della provincia di Perugia. Fa parte della Comunità Montana Valnerina.





    Storia

    Nel territorio comunale di Cascia sorgeva Cursula, centro abitato romano distrutto nel I secolo a.C. a causa delle devastazioni dei popoli barbarici e dei terremoti che da sempre sconvolgono la cittadina e le zone limitrofe. In età medievale fu saccheggiata dai Bizantini e dai Longobardi. Costituitasi in comune nel XII secolo, fu sottomessa dalla famiglia Trinci e successivamente da Federico II. Come grande parte delle città umbre, è durante il Medioevo che Cascia conosce il periodo di massimo splendore. Dapprima sotto la dominazione delle signoria folignate, passò in seguito sotto il dominio di Federico II di Svevia, a seguire fu contesa, senza successo, dalle vicine città di Norcia, Leonessa e Spoleto. Solo alle soglie del XVI secolo, si arrese allo Stato Pontificio sotto il cui dominio rimase per meno di trenta anni, da allora mantenne sempre la propria indipendenza. Restò legata allo Stato della Chiesa (tranne durante il breve periodo napoleonico) fino al 1860, anno in cui tornò, con tutta l'Umbria, all'Italia.





    Il Pozzo di San Patrizio storico è una struttura costruita da Antonio da Sangallo ad Orvieto, tra il 1527 e il 1537, per volere del papa Clemente VII. I lavori del pozzo – progettato per fornire acqua in caso di calamità o assedio – furono conclusi durante il papato di Paolo III Farnese.
    L'accesso all'acqua, capolavoro di ingegneria, è fornito da due rampe elicoidali a senso unico, completamente autonome e servite da due diverse porte, che consentivano di trasportare con i muli l'acqua estratta, senza ostacolarsi e senza dover ricorrere all'unica via che saliva al paese dal fondovalle.
    • Il pozzo, profondo 53,15 metri,[1] è stato realizzato scavando nel tufo dell'altopiano tozzo ed alto della valle tiberina ove sorge il paese di Orvieto, una pietra abbastanza dura ma che ora sta risentendo, dopo vari secoli, degli scarichi fognari.
    • Ha forma cilindrica a base circolare con diametro di 13 m.
    • Gli scalini sono 248, e i finestroni che vi danno luce sono 70.
    Forse per l'aura di sacro e di magico che accompagna le cavità profonde, o per pura imitazione di modelli cinematografici, i turisti moderni vi gettano monetine con la speranza di tornarvi.


    Orvieto, la Cattedrale


    Orvieto, interno della Cattedrale


    Orvieto, panorama

    ed all'improvviso compare.....il duomo d'orvieto..





    Orvieto






    Orvieto, centro storico


    Orvieto dentr.......il trombone


    Città della Pieve...... da mozzare il fiato


    Città della Pieve, Torre civica
     
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    Da Assisi a Cannara



    Partendo da Assisi si scende verso la pianura e dopo aver attraversato la frazione di Santa Maria degli Angeli, dove si può visitare la basilica con la Porziuncola, si raggiunge Bastia Umbra.
    Costeggiando il corso del fiume Chiascio attraverso i borghi di S. Lorenzo e Costano, si sale fino a Bettona; da qui attraverso la frazione di Passaggio si raggiunge in breve il paese di Cannara.

    BASTIA UMBRA



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    Bastia Umbra, posta nella pianura dominata dal Monte Subasio, è oggi un importante centro economico per la zona di Assisi.

    La vocazione di Bastia, infatti, non può essere quella turistica perché un confronto con i centri più vicini la vedrebbe irrimediabilmente sconfitta; tuttavia, benché l' aspetto prevalente dell' abitato sia di stampo moderno, nel nucleo del paese possiamo trovare fortificazioni ed edifici molto antichi. In Piazza Mazzini, ad esempio, sorge la chiesa trecentesca di S.Croce, caratterizzata dalla facciata di calcare bianco e rosa tipico del Subasio.
    Lo stesso materiale viene usato anche in molte altre costruzioni della zona come per la chiesa di S. Chiara ad Assisi. Poco distante, sopra una bassa collina, è possibile visitare la Rocca S. Angelo, che cinta da mura e torri di epoca medioevale, ospita uno dei più antichi conventi dell' ordine francescano.

    Storia

    Sono presenti resti di strutture e tracce archeologiche attribuite all'epoca romana. La località è attestata nell'XI secolo, quando il luogo era chiamato Insula, forse a causa delle numerose inondazioni del fiume Chiascio e alle paludi, risultato del prosciugamento dell'antico Lacus Umber, che avrebbe conferito alla piccola altura l'aspetto di un'isola o di una penisola.

    La notizia risale all'anno 1053 e proviene dal sermone di san Pier Damiani su san Rufino, dove gli abitanti della località sono chiamati Isolani. Il toponimo compare nei documenti d'archivio fino al XIV secolo, come Insula Romana o Romanesca.

    In un primo tempo, il borgo parteggiò per Assisi e nel 1319 rallentò la marcia delle truppe perugine, resistendo ai loro assalti per sette mesi. Quando alla fine si arrese, fu devastata e le sue fortificazioni furono distrutte. Ma presto furono ricostruite e il nome di Bastia le fu dato proprio grazie alle sue imponenti opere militari, alle mura e al castello dotato di 17 torrioni (o "bastioni").

    Nel 1340 il castello di Bastia faceva ancora parte del territorio di Assisi, Nel 1380 il comune di Assisi stabilì che si ricostruissero, presso l'Isola, gualchiere e mulini e che venisse fortificato il castello. Lo stemma recava un vomere, testimonianza di un'economia basata prevalentemente sull'agricoltura. Nel 1397 divenne signore del castello di Bastia il perugino Biordo Michelotti.

    Nel 1419 Bastia fu presa dal capitano di ventura Braccio da Montone. Dopo essere ritornata brevemente sotto Assisi, nel 1431 si dette a Malatesta Baglioni e rimase sotto il dominio di questa famiglia fino al 1580, quando passò a Filippo Boncompagni, nipote del papa Gregorio XIII. Per concessione del pontefice, cominciò a tenersi, fin dal 1581, una fiera, che durava dal 17 al 25 settembre di ogni anno.

    Nel 1614 Bastia si dava un proprio statuto, staccandosi così per sempre dal comune di Assisi.

    Nel 1808 insieme al resto dell'Umbria, fu invasa dall'esercito di Napoleone; nel 1816 ritornò sotto lo Stato Pontificio, finché nel 1861 entrò a far parte del Regno d'Italia. Nel 1832 e nel 1854 gravi terremoti colpirono anche Bastia, come altri centri dell'Umbria, provocando ingenti danni alle abitazioni ed agli edifici pubblici.

    Nel 1926 prese il nome di Bastia Umbra, per distinguerla da altre località con lo stesso toponimo.

    Durante la seconda guerra mondiale subì bombardamenti che colpirono in particolare gli opifici, la ferrovia e i ponti sul fiume Chiascio. Nel secondo dopoguerra ha conosciuto una forte crescita urbanistica ed economica, grazie alla presenza di stabilimenti industriali (settori alimentare, del tabacco, metalmeccanico, dell'arredamento ed abbigliamento) e di varie imprese agricole, artigianali e commerciali.

    Nel 1978 è stato inaugurato il centro fieristico regionale chiamato "Umbrafiere" e dedicato a Lodovico Maschiella, politico e giornalista.

    Chiesa di Sant'Angelo

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    La chiesa di Sant'Angelo, situata in piazza Umberto I, si trova dentro il castello ed è la più antica chiesa della città. Ricostruita agli inizi del XV secolo, è caratterizzata da una navata unica con copertura a capanna impostata su tre archi a sesto acuto.

    La facciata era scandita da due ingressi e da un oculo di cui ancora si leggono le tracce; nella muratura è inserito un frammento di lapide funeraria romana.

    I Baglioni, fra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, arricchirono l'interno con numerose opere, commissionate a pittori di scuola umbra (Niccolò Alunno, Tiberio d'Assisi, Orazio Merlini).

    Dal 1788, in seguito alla spostamento della sede priorale nella chiesa di Santa Croce, diventata la nuova sede parrocchiale, perse gradualmente importanza. Sconsacrata, e trasferite nel 1899 le opere in Santa Croce, venne utilizzata come deposito. All'inizio del XX secolo fu adibita a sala cinematografica e teatrale della parrocchia. Nel 1955 venne venduta a privati che la trasformarono in magazzino.

    Dopo aver subito gravi danni a seguito del sisma del 1997, il comune ne ha recentemente acquisito la proprietà per poterla ristrutturare ed adibire ad auditorium cittadino.

    Chiesa collegiata di Santa Croce

    La chiesa collegiata di Santa Croce, situata in piazza Mazzini, venne costruita nel 1295, unitamente ad un convento, dall'ordine dei frati minori. Il convento ospitò per qualche tempo il beato Corrado da Offida, famoso predicatore francescano, che morì a Bastia nel 1306, mentre stava annunciando l'Avvento. I frati minori lasciarono Santa Croce nel 1653 al clero regolare per la volontà pontificia di chiudere i piccoli conventi.

    Nel 1788 la chiesa assunse il titolo di chiesa collegiata e parrocchiale: nel 1962 la sede della parrocchia fu trasferita nella chiesa di San Michele Arcangelo.

    L'edificio si presenta con una facciata rivestita in pietra bicroma del Monte Subasio, tetto a capanna, rosone centrale e portale centrale con lunetta dipinta da Domenico Bruschi (Sant'Elena fra San sebastiano e San Michele arcangelo, 1886).

    La chiesa, a navata unica, conserva molte opere fra le quali il Polittico di Sant'Angelo (1499), opera di Niccolò Alunno; Madonna con Gesù Bambino e angeli (inizio XVI secolo) di ambito umbro-toscano; Madonna con Gesù Bambino e San Luca evangelista (1510) di Tiberio d'Assisi; Miracoli di Sant'Antonio abate (XVII secolo) di Cesare Sermei[2]. A Domenico Bruschi si deve la decorazione della navata, delle cappelle laterali, del presbiterio e dell'abside, eseguita nel 1886; le vetrate (1903, 1923) sono opera della famiglia perugina Moretti-Caselli.

    Il campanile, che si innalza alla destra della chiesa, è stato eretto tra il 1835 e il 1839 su progetto dell'architetto Domenico Antonelli.

    Chiesa di San Paolo delle Abbadesse

    La chiesa di San Paolo delle Abbadesse si trova al di fuori del nucleo abitato, oggi annessa al cimitero comunale, costruito nel 1862. È situata presso la confluenza del torrente Tescio con il fiume Chiascio.

    L'edificio venne eretto tra l'XI e il XII secolo. Si presenta con un'unica navata con copertura a capanna e campanile a vela. L'abside semicircolare, esternamente decorato da semicolonne, mensole e archetti, presenta al centro una bifora sormontata da un rilievo con due colombe. Nel XII secolo apparteneva ad un monastero benedettino femminile, che nel 1212 accolse santa Chiara d'Assisi.


    Chiesa di San Rocco

    La chiesa di San Rocco è situata all'angolo di via Roma con via Veneto. Venne edificata nei primi decenni del XVI secolo, come ex-voto degli abitanti al santo, dopo una pestilenza. La chiesa è simbolo dell'omonimo rione.

    Al suo interno sono conservati: un gonfalone processionale raffigurante la Madonna con Gesù Bambino fra San Sebastiano e San Rocco (XVI secolo) di Dono Doni; una statua di San Rocco (inizio XVI secolo) di bottega umbra; il gonfalone processionale con la Madonna della Misericordia fra Sant'Antonio abate e Sant'Antonio da Padova (XVI secolo) di Bernardino di Mariotto.

    Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo

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    La chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo sorge in piazza Mazzini, sul luogo dove un tempo si trovavano due chiese dedicate rispettivamente a Sant'Antonio Abate e alla Buona Morte. Fu costruita su iniziativa dell'allora parroco, don Luigi Toppetti, e progettata dall'architetto Antonio Bindelli, consacrata ed aperta al culto il 29 settembre 1962.

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    Vi si conservano il portale centrale in bronzo (1962) di Umbro Travaglini, due statue lignee della Madonna, di San Michele Arcangelo e il Presepe (1962) di Flavio Pancheri. Le pale degli altari laterali raffiguranti il Sacro Cuore e la Madonna del Rosario (1962) sono opera di Edgardo Abbozzo. Inoltre, nel battistero sono collocate: la Madonna addolorata (fine XIX secolo) di Vincenzo Rosignoli e Gesù Cristo


    Rocca baglionesca

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    La Rocca baglionesca, situata fra piazza Umberto I e via della Rocca, è un edificio fortificato caratterizzato dall'andamento speronato del basamento (quasi privo di aperture), da possenti bastioni poligonali sporgenti verso l'esterno e da torri angolari. Nel 1431 divenne sede della famiglia Baglioni che la ricostruirono e consolidarono. Dal XVI secolo, sotto il potere dello Stato della Chiesa, perse la sua funzione militare e venne abbandonata, solo all'inizio del Seicento fu adibita a monastero benedettino femminile.

    All'interno della Rocca si trova la chiesa di Sant'Anna, realizzata nel XVIII secolo grazie al contributo economico della contessa perugina Artemisia Baldeschi, e caratterizzata da un'unica navata. Al suo interno sono conservate due tele una con la Madonna con Gesù Bambino fra i Santi Anna, Francesco e Chiara di Francesco Provvidoni (XVIII secolo) e l'altra con San Benedetto di Francesco Appiani (XVIII secolo).

    Porta Sant'Angelo

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    La porta Sant'Angelo,risalente al XIII secolo, è rivolta verso ovest ed è quella meglio conservata tra le cinque porte dell'antico borgo. Al di sopra della volta d'ingresso si trovano due fenditure laterali, che servivano per alloggiare i meccanismi di manovra del ponte levatoio, sostituito successivamente da un piccolo ponte in muratura. Il fossato antistante era alimentato dal fiume Chiascio. Nei primi decenni del Novecento il fossato venne interrato e il ponte demolito per lasciare spazio alla carreggiata stradale. I merli in laterizio che coronano la terminazione della porta sono stati ricostruiti nell'intervento di restauro del 1931.

    Altri monumenti image

    Il ponte sul Chiascio venne realizzato alla confluenza del torrente Tescio nel fiume Chiascio tra il 1546 e il 1548, su progetto dell'architetto Galeazzo Alessi, per incarico del papa Paolo III. I sostegni delle tre arcate sono decorati da due grandi oculi contenenti rispettivamente le insegne del pontefice committente e di papa Gregorio XIII, che lo fece cosolidare fra il 1579 e il 1581.

    Il monumento a Colomba Antonietti, situato in piazza Cavour, venne eretto di fronte alla sede municipale in ricordo dell'eroina risorgimentale, nata a Bastia Umbra nel 1826 e morta nel 1849 presso la porta San Pancrazio a Roma combattendo in difesa della Repubblica Romana. Il monumento attuale venne costruito nel 1964, in sostituzione di un altro, opera di Vincenzo Rosignoli, eretto nel 1910 in piazza Mazzini, di cui riutilizza in parte l'impianto decorativo.

    Il conservone torre dell'acquedotto, costruito nel 1963, e sito all'incrocio tra Viale Umbria e Via San Michele Arcangelo. A partire dal 2008 tale edificio la sera viene illuminato con i colori dei Rioni cittadini. Nella settimana successiva alla fine del Palio de San Michele (ultima decade di settembre) è rischiarato dal colore del rione vincitore.

    Il Centro Gruppi Famiglia, costituito da tre volumi in cemento armato, di pianta rettangolare, fu progettato alla fine degli anni settanta dall'architetto Renzo Piano. Due delle strutture presentano una chiusura vetrata sui lati corti, che può essere oscurata da pannelli scorrevoli in legno. Gli edifici, ad oggi dismessi e fatiscenti, erano impiegati per finalità sociali.

    Palio de San Michele

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    In onore del patrono di Bastia Umbra (san Michele arcangelo festeggiato il 29 settembre), dal 20 al 28 settembre, ha luogo dal 1962 il palio de San Michele sfida tra i quattro rioni della città con tre prove:

    * le "sfilate", spettacoli teatrali di piazza con scenografie fisse e mobili, giudicate da una giuria esterna di esperti (21-24 settembre);
    * i "giochi" con diverse prove ludiche sia tradizionali che moderne (26 settembre);
    * la "lizza", corsa a staffetta nella piazza, dalla chiesa parrocchiale al palazzo comunale e ritorno (28 settembre).

    Il palio, uno stendardo di stoffa dipinto ogni anno da un diverso artista e raffigurante il santo patrono e i quattro rioni, viene attribuito al rione che ha conseguito il migliore risultato nelle tre prove.

    I rioni cittadini che partecipano al palio sono:

    * il rione Moncioveta, a sud, simboleggiato dalla fonte Moncioveta e dal colore rosso;
    * il rione Portella, a nord, identificato dalla più piccola delle porte cittadine, detta "Portella", dal ponte sul Chiascio e dal colore blu;
    * il rione San Rocco, a ovest, simboleggiato dalla facciata della chiesa di San Rocco e dal colore verde;
    * il rione Sant' Angelo, a est, rappresentato dal prospetto della porta Sant'Angelo e dal colore giallo.

    La manifestazione è stata ideata nel 1962 dall'allora parrocco, don Luigi Toppetti, in occassione dell'inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale intitolata al Santo patrono.

    Durante la festa in ogni rione viene allestita una "taverna", che diviene il centro della vita rionale, dove si possono gustare specialità gastronomiche (locali e regionali) e dove si festeggia l'eventuale vittoria del palio.

    Rinchinata

    Nella domenica di Pasqua, la processione della "Rinchinata" propone il rito tradizionale dell'incontro tra Gesù Cristo risorto con la Madonna. Due processioni, condotte dalla Confraternita della Buona Morte e Cristo Redentore, partono dalla chiesa parrocchiale di San Michele arcangelo e dalla chiesa collegiata di Santa Croce, trasportando l'una la statua di Gesù Cristo risorto, l'altra quella della Madonna. Quando i simulacri giungono a poca distanza l'uno dall'altro si salutano con un inchino: dalla simultaneità del movimento, si traggono auspici per l'anno in corso e per il raccolto.

    Altri eventi e manifestazioni

    * Mostra mercato internazionale d'Antiquariato di Assisi (aprile): si tiene al Centro fieristico Umbriafiere ed è una mostra per collezionisti, storici dell'arte o semplici appassionati di antiquariato.
    * Agriumbria (maggio): si tiene al Centro fieristico Umbriafiere ed è la fiera agricola più importante del centro Italia[senza fonte].
    * Premio letterario Fenice-Europa (settembre - ottobre).
    * Premio letterario Insula Romana (settembre - ottobre).

    Personalità legate a Bastia Umbra [modifica]

    * San Rufino di Assisi (morto a Costano di Bastia Umbra, 238), vescovo e martire cristiano.
    * San Vitale eremita (Bastia Umbra, 1295 - Assisi, 1370), religioso italiano.
    * Beato Corrado da Offida (Offida, 1237 - Bastia Umbra, 1306), predicatore e confessore francescano.
    * Girolamo Gambara detto il Bastiolo, capitano militare al servizio prima di Giampaolo Baglioni (+ 1520) e poi di suo figlio Malatesta IV (+ 1531).
    * Petrini, famiglia di imprenditori bastioli, fondatori nel 1822 dell'azienda Petrini-Spigadoro.
    * Colomba Antonietti (Bastia Umbra, 1826 - Roma, 1849), patriota italiana.
    * Francesco Giontella (cavaliere del lavoro) (Montecchio, 1895 - Assisi, 1969), imprenditore e politico, sindaco di Bastia Umbra dal 1935 al 1944 e dal 1952 al 1964.
    * Lodovico Maschiella (Todi, 1923 - Perugia, 1987), politico e giornalista, sindaco di Bastia Umbra
    * Pino Lancetti (Bastia Umbra, 1928 - Roma, 2007), stilista.
    * Alberto La Volpe (Napoli, 1933), giornalista e politico, sindaco di Bastia Umbra dal 1970 al 1980.
    * Pierluigi Paracucco (1943 - 2010), artista affermato, Gran Croce al merito Cristoforo Colombo[3].
    * Silvana Iafolla (Sulmona, 1941 ), pittrice di fama internazionale[4].
    * Leonardo Acori (Bastia Umbra, 1955), allenatore di calcio ed ex calciatore.
    * Antonio Ferrari, alias Dj Ralf (Bastia Umbra, 1957), disc jockey.
    * Gualtiero Sigismondi (Ospedalicchio di Bastia Umbra, 1961), vescovo cattolico, attualmente ordinario della Diocesi di Foligno.
    * Filippo Furiani (Bastia Umbra, 1977), calciatore della Fermana, Cosenza Calcio, Palermo Calcio, Pisa Calcio e Cremonese[5] .
    * Rodolfo Mantovani (Foligno, 1978), attore, vive dalla nascita a Bastia Umbra.
    * Andrea Ranocchia (Assisi, 1988), calciatore dell'Arezzo Calcio, Bari Calcio, Genoa e della Nazionale di calcio dell'Italia Under-21, vive dalla nascita a Bastia Umbra.







     
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    BETTONA



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    La cittadina di Bettona può vantare antichissime origini etrusche, tanto è vero che la sua fondazione viene datata fra l' VIII e il VII secolo a.C.

    Troppo piccola per scegliere una politica indipendente, il suo destino già avviato i cantieri per la realizzazione della rocca di Spoleto. Da allora la storia di questo antico borgo rimane legata alle sorti dello Stato Pontificio fino all' esistenza di quest' ultimo. Da vedere la chiesa di S. Maria Maggiore, la piccola raccolta d' arte nel palazzo del podestà e i resti delle mura etrusche e medioevali.

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    Le sue radici lontane sono testimoniate dal nome stesso, che significa probabilmente “paese degli antichi”, e il profumo del passato è una presenza affascinante che invade ogni angolo del borgo, ogni pietra delle mura e ogni ciottolo delle strade. L’atmosfera di Bettona, comune umbro in provincia di Perugia, ci riporta indietro di molti secoli, ma allo stesso tempo ci immerge in un’ospitalità viva e colorita, dalla solarità contagiosa.

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    Popolata da poco più di 4 mila abitanti, la cittadina si colloca al confine nordorientale dei Monti Martani, ed è compresa a ragione tra i Borghi più belli d’Italia. Non solo il paese, ma anche la cornice che l’abbraccia è di una bellezza stupefacente: dal colle su cui Bettona si erge si può godere di un panorama splendido su gran parte dell’Umbria, da Perugia ad Assisi, fino alla pittoresca Spello, in un tripudio di verdi teneri e coltivazioni ondeggianti nel vento.

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    Ad accogliere i visitatori ci pensano innanzitutto le antiche mura, erette in parte sull’originaria struttura etrusca e realizzate con grossi massi di arenaria. Risale invece all’avventurosa epoca medievale il grande portone ligneo della porta di Santa Caterina, da cui si accede direttamente nel cuore del villaggio. Qui si scopre un tessuto intricato di stradicciole, cortili e piazzette, le cui pietre sussurrano storie antiche colme di mistero.

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    Tra gli esemplari più antichi dell’architettura paesana c’è la Chiesa di San Crispolto, fatta erigere da un gruppo di monaci benedettini all’inizio del Duecento per custodire le spoglie del primo vescovo e martire umbro, tuttora patrono di Bettona.

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    La pianta è a croce latina, e la facciata che si può ammirare oggi è di epoca ottocentesca. Soltanto la torre campanaria cuspidata, in stile romanico, appartiene all’edificio originario. Del XIII secolo è anche l’Oratorio di Sant’Andrea, più volte modificato nel corso dei secoli ma tuttora ricco di fascino: il soffitto a cassettoni, di fattura pregiata, è del XVI secolo, l’altare risale al Settecento ed è del 1394 il ciclo di affreschi di scuola giottesca che rappresenta la Passione di Cristo.

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    Ma l’edificio di culto più affascinante è certamente la Collegiata di Santa Maria Maggiore, risalente ai primi anni del Cristianesimo, ampliata e nuovamente consacrata nel 1225, per poi essere restaurata secondo il tipico stile neoclassico tra il 1803 e il 1816. Soltanto la cappella ci rimanda al primo impianto romano-gotico, mentre ben più recenti sono i dipinti nell’abside, realizzati dal futurista Gerardo Dottori nel 1939. Ammirevole l’altare principale, con un ciborio a forma di tempietto, l’abside e le finestre con i vetri istoriati.

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    La religiosità dell’antico borgo è sempre stata forte e autentica, ma a Bettona ci sono anche architetture civili di indiscutibile valore. Da vedere il Palazzetto del Podestà del 1371, che attualmente ospita la Pinacoteca Comunale, l’ottocentesco Palazzo Biancalana che presto ospiterà il Museo Archeologico, e infine il Palazzo Baglioni, in cui trascorse i suoi ultimi giorni il condottiero Malatesta IV Baglioni, la cui famiglia governò il paese fino al XVII secolo. Spingendosi un poco al di fuori del centro ci si imbatte nella mole grandiosa della Villa del Boccaglione, progettata nel Settecento dal Piermarini, e nella piccola chiesa romanica di San Quirico. Dell’anno Mille è la Badia di San Crispoldo, fondata dai monaci benedettini e oggi trasformata in residenza privata.

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    Se Bettona fa innamorare i turisti nelle giornate più tranquille dell’anno, figurarsi nei momenti di festa più allegri, quando le stradicciole del borgo sono brulicanti di visitatori e tutto testimonia le tradizioni accattivanti del paese. Tra gli appuntamenti più attesi c’è il Festival Internazionale del Cavallo e la Sagra dello Sport, la prima metà di luglio, con stand gastronomici a disposizione dei palati più esigenti, concerti musicali, serate danzanti e gare equestri a livello nazionale e internazionale. Dalla fine di luglio alla prima settimana di agosto la protagonista della festa diventa l’oca arrosto, in occasione della Sagra dell’Oca Arrosto, ma i piatti deliziosi che si possono degustare sono davvero innumerevoli, accompagnati da un olio d’oliva purissimo e il buon vino delle cantine locali. Per salutare l’estate che se ne va c’è la manifestazione settembrina Tuttinfesta, con musica, buon cibo e spettacoli di vario tipo all’insegna dell’allegria.





    CANNARA



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    Le prime notizie del centro abitato di Cannara indicherebbero circa nel I secolo a.C. la probabile data di fondazione della cittadina, tuttavia si è più inclini a credere che l'accampamento che i Romani chiamavano "Castrum Canarii", abbia visto sorgere il borgo solo dopo le invasioni barbariche in Italia.

    L'analisi toponomastica ci ricorda che, ai tempi in cui Valerio Ranieri costruì qui il castello, la zona era caratterizzata da pozze e acquitrini sui quali crescevano in abbondanza le canne. Contesa fra la fine del XIII secolo e la metà del XIV fra Guelfi e Ghibellini, fu sottomessa prima dal Ducato di Spoleto e, dopo che intorno alla fine del 1400 era stata la roccaforte dei soldati Bretoni, dallo Stato Pontificio.

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    Storia

    Cannara sorge sulla riva sinistra del fiume Topino ed è situata quasi al centro della Valle Umbra, in un territorio anticamente lacustre, noto ai Romani come “Lacus Umber”. I primi insediamenti in questa zona che fu molto acquitrinosa (Cannara deriva il nome da “canna”, pianta acquatica ancor oggi persistente) sono dagli storici datati attorno al Mille. In origine e per molti secoli fu un castello ben fortificato con alte mura e torri, che divenne comune nel corso del Duecento. Fu a lungo minacciato dall'espansionismo della vicina Assisi, finché i Cannaresi non decisero di sottomettersi a Perugia (1291), ottenendo in cambio protezione. Nel 1424 divenne feudo della potente famiglia perugina dei Baglioni, che la tennero sotto il loro dominio fino al 1648, anno in cui muore Malatesta V, ultimo discendente di quel ramo.

    Da allora, e fino all'Unità d'Italia (1861), appartenne allo Stato della Chiesa.

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    Monumenti e luoghi d'interesse

    * Chiesa di San Biagio:
    è documentata sin dal 1244, quando i monaci di San Benedetto del Subasio la annoveravano tra i loro possedimenti. La facciata è un tipico esempio di tardo romanico umbro, costruita in conci di pietra bianca e rosa. L'interno è costituito da un unico ambiente coperto da una volta a quattro vele separate da robusti costoloni. Sull'altare maggiore è esposta la tela tardo cinquecentesca raffigurante la Trinità con i Santi Lorenzo e Benedetto a sinistra e San Biagio e il Beato Lorenzo Giustiniani a destra.


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    * Chiesa parrocchiale di San Matteo: di origine trecentesca, è stata trasformata nella sua forma attuale negli anni 1788 - 1793 secondo il progetto di un giovane architetto assisiate Giuseppe Brizi. Il campanile a guglia, parzialmente crollato dopo il terremoto del 1832, fu ricostruito con l'attuale calotta terminale dall'ing. Domenico Martinangeli di Cannara nel 1860. All'interno è esposta una interessante tavola di Nicolò di Liberatore detto l'Alunno raffigurante la Madonna in trono col Figlio tra San Francesco e San Matteo.

    * Chiesa di San Sebastiano (sconsacrata e oggi Auditorium comunale): è documentata sin dal 1184 mentre il campanile risale al XVIII secolo. Degli arredi originali non restano che i gradevoli stucchi alle pareti, imbiancate nel 1976 con un maldestro intervento a tempera. Il restauro, in occasione dell'inaugurazione come auditorium nel 2008, ha riportato alla luce i colori originali delle volte e dell'altare maggiore, dove è stato rinvenuto un affresco raffigurante il castello di Cannara.

    * Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista: documentata sin dal 1333, è stata trasformata nell'attuale prospetto a capanna presumibilmente nei lavori del 1584. Nella facciata si apre un semplice portale, con ante in legno della fine del XVI secolo. Nel settecentesco altare maggiore, fiancheggiato dalle coeve statue in gesso dei santi Liberio a destra e Rufino a sinistra, è esposta la bella tavola dipinta a tempera raffigurante la Madonna col figlio tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano, eseguita nel 1482 dal pittore Nicolò di Liberatore detto l'Alunno e da suo figlio Lattanzio.

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    * Chiesa di San Francesco: sorse fra Quattrocento e Cinquecento e fu dedicata al Santo di Assisi che, secondo la tradizione, proprio a Cannara avrebbe ideato il Terz'Ordine Francescano e fatto la celeberrima "Predica agli uccelli" in località Piandarca. Sull'altare maggiore, con bella mostra in legno e stucco, è posta una interessante tela del primo quarto del XVII secolo raffigurante la vestizione di una donna del Terz'Ordine. L'altare è fiancheggiato da due nicchie. In quella di destra è posta la statua di San Francesco (1660) mentre in quella di sinistra è collocata una Santa Elisabetta (XIX secolo).


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    * Chiesa della Buona Morte (ovvero delle Sacre Stimmate di San Francesco): è la trasformazione, avvenuta nei secoli, del piccolo oratorio in cui San Francesco d'Assisi, secondo la tradizione, concesse il primo abito del Terz'Ordine Francescano al beato Lucio Modestini di Cannara. Nel semplice prospetto tardo cinquecentesco, di recente restauro (primi anni del novecento), è murata una lapide che ricorda la fondazione del Terz'Ordine. Nel primo altare di sinistra è venerata la Madonna Nera di Loreto raffigurata nel prezioso simulacro in legno di pioppo (restaurato nel 2005) che per un certo tempo nella Santa Casa di Loreto sostituì l'originale, trafugato in Francia dalle truppe napoleoniche nel 1797.
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    * Palazzo Majolica Landrini: all'interno è visibile un tugurio in cui San Francesco d'Assisi dimorava durante le sue visite a Cannara.

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    * Piandarca: è una edicola che si raggiunge, ormai in aperta campagna, percorrendo per pochi centinaia di metri la strada SP403 che conduce a Bevagna. Fu eretta nel 1926 e rappresenta il luogo dove secondo la tradizione San Francesco d'Assisi fece la celebre predica agli uccelli. In realtà il sito storico della tradizione è segnalato da un cippo commemorativo collocato a pochi centinaia di metri dall'edicola ma comunque ancora nei confini territoriali del Comune di Cannara.

    Cultura

    Lo Stemma

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    Lo stemma di Cannara raffigura un grifo rampante che afferra con gli artigli una canna recisa, a testimonianza dell'etimologia della parola "Cannara" che deriva appunto da "canna".

    La facoltà di utilizzare il grifo, emblema perugino per eccellenza, venne concessa al castello di Cannara dopo la sottomissione alla città di Perugia nel 1291.

    Descrizione ufficiale: "Di azzurro, al grifo d’oro, allumato, linguato, armato di rosso, afferrante con le quattro zampe la canna recisa, di verde, convessa verso il fianco destro. Ornamenti esteriori da Comune."
    Originariamente e fino al 1996 lo stemma del Comune era su sfondo rosso e il grifo era di colore bianco. Oggi tale emblema non è più adottato ufficialmente.


    Fra le associazioni culturali più importanti presenti nel territorio comunale troviamo il Concerto Musicale "Francesco Morlacchi" di Cannara (PG) una banda musicale tra le più antiche d'Italia (fondata nel 1843) che comprende anche una scuola di musica per strumenti bandistici.

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    A Cannara, secondo la tradizione, San Francesco d'Assisi nel 1221 istituì il Terz'Ordine Francescano, oggi chiamato Terzo Ordine Secolare, e vestì dell'abito il primo seguace di questo stile di vita laicale nel segno del Vangelo: il beato Lucio Modestini da Cannara. Gli altri due Ordini sono consacrati e sono costituiti dai Frati Minori e dalle Monache Clarisse. Come già visto, numerose fonti e lapidi come pure alcune chiese di Cannara sono rimaste a testimonianza di questo importante evento

    Sempre a Cannara la tradizione vuole che San Francesco d'Assisi abbia fatto la famosa "Predica agli uccelli" come testimoniato anche dai "Fioretti": San Francesco, dopo aver predicato al popolo di Cannara che voleva seguirlo abbandonando le proprie case, ed averli rassicurati che lui avrebbe pensato a qualcosa per la salvezza delle loro anime (ideazione del Terz'Ordine), si allontanò da lì "...et venne fra Cannaia et Bevagni. Et passando oltra con quello fervore, levò li occhi in alto et vide alquanti arbori ad lato la via in su li quali era grande moltitudine de ucelli..." È questo l'inizio del racconto della "Predica agli uccelli".

    I due celebri avvenimenti legati alla vita e alle opere di San Francesco d'Assisi sono immortalati in due importanti affreschi. Il primo è l'istituzione del Terz'Ordine Francescano, dipinto cinquecentesco del pittore Baldassarre Croce dove è chiaramente visibile, alle spalle del santo, il castello di Cannara. L'opera si trova nella cappella papale di San Pio V nella basilica di Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola. Sotto l'affresco si legge "De mundi contemptu dicentem Franciscum / Canarienses turmatim sequi cupiunt / his ad sua remissis tertium ordinem / primo patriarca instituit".

    L'altra importante testimonianza artistica è costituita della Predica agli uccelli, affresco di Benozzo Gozzoli del 1452 che si trova nella chiesa di San Francesco a Montefalco, dove ancora una volta si scorge sullo sfondo il castello di Cannara.

    Nella vicina frazione di Collemancio è presente, inoltre, una importante area archeologica che ha riportato alla luce il municipio romano di "Urvinum Hortense" con le sue famose terme a cui appartiene il mosaico a soggetto nilotico di 65 metri quadrati, oggi, conservato nel nuovissimo museo "Città di Cannara".

    Eventi

    * Festa di Sant'Antonio abate, patrono degli animali si celebra a gennaio la domenica successiva al giorno 17. Tutti portano le proprie bestie che vengono solennemente benedette in piazza Marconi, sul sagrato delle chiese di San Francesco e San Giovanni Battista. Qui i membri della confraternita di Sant'Antonio distribuiscono vino, salsicce, arance, pane e rocce conditi da anice e uva passa.

    * Festa di San Biagio, si festeggia il 3 febbraio. Il programma dei festeggiamenti civili si conclude in piazza Garibaldi (già del Grano) con giochi popolari di abilità, consistenti nella corsa con i sacchi o nel rompere con un bastone, e bendati, delle brocche appese fra le case che si affacciano sulla piazza. Sin dal giorno prima è usanza far rotolare, quanto più a lungo possibile, forme di formaggio per le vie del centro storico secondo una tradizione già attestata nel XVI secolo col none di Ruzzolone.

    * Processione del Cristo Morto, si svolge il Venerdì Santo per le vie del paese illuminate solo dal tenue bagliore delle fiaccole. Crociferi, penitenti incappucciati o incatenati accompagnano, insieme ai membri di tutte le confraternite, il catafalco con il simulacro del Cristo Morto: una statua quattrocentesca con le braccia snodabili che, per la processione, viene deposta dalla croce e adagiata, richiudendo gli arti superiori, sul letto funebre. Durante l'anno la singolare opera è custodita nella chiesa della Buona Morte.

    * La rinchinata, si tiene il giorno di Pasqua. Due processioni distinte accompagnano rispettivamente l'uscita della statua del Cristo Risorto da San Matteo e quella della Vergine da San Biagio. Sul sagrato della parrocchiale si incontrano e avviene l'inchino dei due simulacri che deve compiersi in perfetto sincronismo, sorretti dai membri delle confraternite. Dalla riuscita del rito si traggono tuttora auspici per il raccolto estivo. È usuale, da qualche anno, associare a questo rito religioso anche la festa della Vernaccia di Cannara un vino locale ottenuto dall'uva passita da degustare per le vie del paese insieme a torte di formaggio, salumi e dolci di uvetta e canditi.

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    * L'Infiorata, è la manifestazione più importante dell'anno dopo la festa della cipolla. Si svolge il giorno del Corpus Domini e la notte precedente serve per allestire lungo le vie del paese splendidi tappeti floreali, destinati ad ospitare il passaggio del sacerdote in processione con il Santissimo Sacramento: solo a lui è consentito calpestarli. L'infiorata è realizzata con il concorso di tutta la popolazione cannarese che partecipa alle lunghe fasi preparatorie consistenti nella raccolta e nella scelta dei fiori necessari a creare i variopinti tappeti, ispirati nelle raffigurazioni a temi religiosi o di attualità, comunque legati alla solennità della festa.

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    * Festa della cipolla, è la manifestazione più importante di tutto l'anno oltre che l'evento clou del settembre cannarese che alterna per tutto il mese esposizioni d'arte e fotografiche, momenti di teatro, musica, folclore, alle tradizionali celebrazioni liturgiche in onore del patrono San Matteo (21 settembre). La festa della cipolla ha lo scopo di valorizzare questo importante prodotto locale che viene cucinato in numerosi modi ed offerto alla degustazione del pubblico in sei stand gastronomici, allestiti nelle varie piazze cittadine. Le cipolle, assieme ad altri prodotti tipici, sono anche vendute nelle caratteristiche trecce dai numerosi mercanti ambulanti.

    * I Focaracci, sono grandi falò che vengono incendiati lungo il fiume Topino la sera del 5 dicembre in occasione della festività di San Nicola da Bari che, secondo tradizione, durante la notte porta doni ai bambini maschi.

    Personalità legate a Cannara

    * Ettore Thesorieri (Andria, 1553 – Cannara, 1638), notaio, cancelliere, poeta e compositore vissuto a Cannara agli inizi del Seicento.
    * Ermete Stella (Spoleto, 1855 – Acquasparta, 1937), musicista, pianista, compositore e direttore d'orchestra. Maestro del Complesso bandistico di Cannara dal 1893 al 1913.
    * Giuseppe Savini (Cannara, 1883 – Parigi, 1950), musicista e compositore. Divenne direttore del Conservatorio di musica di Parigi negli anni Venti.
    * Rocco Cristiano (Sasso di Castalda, 1884 – Terni, 1967), direttore di banda, musicista e compositore. Dal 1913 al 1927 diresse il Concerto Municipale e l'annessa scuola di musica. Prestò servizio anche come organista della Collegiata di San Matteo (l'attuale chiesa parrocchiale di Cannara).
    * Giuseppe Reverberi (Cannara, 1901 – Roma, 1988), presbitero e biologo.
    * Mario dell'Arco (Roma, 1905 – Roma, 1996), architetto e poeta sfollato a Cannara durante la seconda guerra mondiale.
    * Angelo Paracucchi (Cannara, 1929 – Foligno, 2004), cuoco e padre della cucina creativa italiana.

    Musei e Teatri

    * Museo Città di Cannara: inaugurato il 30 maggio 2009 ospita per lo più reperti rinvenuti negli scavi archeologici della vicina frazione di Collemancio riguardanti un insediamento romano denominato "Urvinum Hortense". Fra i numerosi ritrovamenti esposti il più importante è senza dubbio il mosaico a soggetto nilotico di 65 metri quadrati appartenente alle terme di Urvinum Hortense e riportato alla luce nel 1932 dal Prof. Giovanni Bizzozzero, uno fra i primi lungimiranti studiosi ad intraprendere la campagna di scavi a Collemancio. Nel museo è allestita anche una sala dedicata alla storia della banda musicale di Cannara.

    * Teatro Ettore Thesorieri: edificato nel 1767, fu chiamato inizialmente Teatro del Leone, perché sul siparo era dipinto un leone seduto sopra un pilastro. Aveva due ordini di palchi in legno sostenuti da robuste colonne che arrivavano fino al soffitto. Venne restaurato nel 1780 dal decoratore perugino Valentino Carattoli e successivamente divenne Teatro comunale. Nel 1901 venne intitolato dal Consiglio municipale a Ettore Thesorieri assieme alla via adiacente. È stato trasformato nella sua forma attuale alla fine degli anni Settanta.

     
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    Corbara (Orvieto)



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    Corbara è una frazione del comune di Orvieto (TR), situata presso la omonima diga sul fiume Tevere, a 186 m s.l.m.. Secondo i dati del censimento Istat del 2001, il paese è abitato da 123 residenti.

    A Corbara si accede dalla strada comunale di Camorena (Ciconia -Corbara) ; dalla statale Todi-Baschi passando sotto la diga e dalla strada comunale Colonnetta di Prodo-diga di Corbara, lungo la quale si trova anche un'altra frazione di Orvieto, Fossatello. Corbara è anche in prossimità della strada statale 448 Todi-Baschi.

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    Storia

    Il paese di Corbara è legato strettamente alle vicende della famiglia nobile dei Montemarte. Agli inizi del XIII secolo i tuderti si impossessarono del castello di Monte Marte, che si trovava sulla riva destra del Tevere, in prossimità dell'uscita dalla gola del Forello (tuttora i resti sono visibili). I Montemarte si spostarono così a Titignano ed a Corbara, dove costruirono una grande villa fortificata tuttora esistente. I Montemarte parteciparono attivamente alla vita politica orvietana, e Francesco di Montemarte documentò ampiamente gli avvenimenti locali negli anni dal 1333 al 1400. Giacché i Montemarte erano fedeli allo Stato della Chiesa, la loro tenuta subì numerosi assedi e devastazioni nel corso del XIV e XV secolo, ad opera di armate perugine e tuderti.

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    Nel 1962 venne costruita la diga sul fiume Tevere, a formare così un imponente bacino idroelettrico da 207 milioni di m³. La diga è lunga 641 m, di cui 416 in cemento e 225 in terra.

    Economia

    L'economia di Corbara è principalmente di tipo agricolo, con un buon sviluppo della viticoltura, ed è legata anche alle attività di genere eno-gastronomico. Da ricordare il vino Lago di Corbara, una DOC istituita nel 1998.

    Monumenti e luoghi d'arte
    La diga di Corbara in un momento di apertura delle cerniere di svuotamento

    Diga di corbara (1962), in terra e cemento;

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    La diga di Corbara, vicino ad Orvieto, è uno sbarramento artificiale sul fiume Tevere, creato per produrre energia elettrica. Il bacino della diga sarebbe fondamentale nella gestione dell’emergenza e soprattutto nelle azioni di tutela della città di Roma.

    Castello di Corbara;


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    Nel 1235 Andrea di Montemarte, imprigionato dai tuderti, fu costretto a cedere il castello di MonteMarte, che era situato alla fine della gola del Forello sulla riva destra del Tevere, in una posizione strategica da dove si vedono le città di Orvieto e Todi.
    I conti di Montemarte si ritirarono nel castello di Titignano e di Corbara, estesero i loro possedimenti verso la città di Orvieto e parteciparono attivamente alla vita politica orvietana.corbara 2
    La presenza dei Montemarte a Corbara è testimoniata dallo stemma araldico della famiglia sul portale del castello, nonchè da Francesco di Montemarte, che fu autore di una Cronaca degli avvenimenti di Orvieto dall'anno 1333 all'anno 1400, pubblicata dal marchese Filippo Antonio Gualtiero nel 1846.



    Corbara e la cappella dei 7 dolori

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    A Corbara c'è una bellissima passeggiata che conduce alla cappella dei 7 dolori, in parte attraversa il paese, poi si inerpica fra mandorli e fichi d'india, fino alle rovine di un castello del IX secolo e poi si prosegue sul crinale con a destra il mare e il golfo di Algajola, Sant'Ambrogio e la Revellata laggiù e, a sinistra, la valle di Corbara, Pigna, Sant'Antonino. La cappella è minuscola e intima, in una posizione incantevole. Si può ridiscendere in paese da un'altra strada più diretta facendo cosi' un anello. La luce rutilante del tramonto lungo il percorso e, al ritorno, il villaggio con tutte le lucine accese, faranno di questa passeggiata un'esperienza magica e un ricordo prezioso.

    Chiesa di S. Antonio e della Madonna Addolorata;

    ruderi del porto romano di Pagliano, alla confluenza tra il fiume Paglia ed il Tevere.

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    Il lago di Corbara è un bacino artificiale creato negli anni 50 grazie ad una diga sul fiume Tevere, costruita a sud-est del paese omonimo, che lo domina dall'alto. E' una goccia d'azzurro tra Orvieto e Todi, tra l'oasi del Tevere ed il verde dei boschi del Monte Peglia.
    Fa parte, unitamente ai territori circostanti, del Parco fluviale del Tevere, area naturale protetta dell'Umbria. E' caratterizzato da rive frastagliate che si allungano dentro una profonda e stretta gola che si insinua fin quasi a Todi, detta gola del Forello.


    Il bacino è ritenuto dai pescatori sportivi uno dei laghi del centro Italia più interessanti, in particolare per la pesca della carpa, oltre naturalmente a luccio, pesce gatto, siluro, trota iridea e fario (rarissime), barbo, cavedano, persico reale, persico trota, persico sole.
    Ma oltre alla pesca, in questo lago si praticano altre attività sportive quali ad esempio il canottaggio. Da alcuni anni infatti il lago di Corbara è divenuto un luogo di ritrovo per gli appassionati della pagaia.
    In località Salviano, lungo la statale 448 Baschi-Todi, si trova il Centro di Canottaggio della Corlago, dotato di pontile, rimessa per imbarcazioni, servizi per attività sportive e sociali. Vi si tengono attività amatoriali, agonistiche e gare interregionali. Tra le altre specialità presenti c'è il Dragon Boat, barca con venti e più rematori di derivazione orientale, con ritmi di pagaia scanditi dal tamburo.


    Questo è anche il luogo ideale per il turismo all'aria aperta, l'escursionismo, gli sport fluviali, il bird watching, l'enogastronomia. Tutto intorno c'è il folclore dei centri storici dell'Umbria, con manifestazioni e percorsi museali che svelano il fascino dei luoghi.
    Una delle viste migliori si gode da Civitella del Lago, antico borgo collinare che deve la sua fortuna alla signorìa degli Atti (di cui ancora oggi si può ammirare l'omonimo palazzo).
    Da vedere anche la chiesa della Madonna del Prato (1660), contenente una "Via Crucis" eseguita da otto pittori contemporanei, tra cui Giovanni Tenneroni.
    Tra il lago e i monti è situato il Parco di Bottilandia, un bosco in cui gli animali trovano riparo all'interno di casupole ricavate da vecchie botti in legno.

    Chi vuole godersi da vicino la natura può seguire i sentieri segnalati dalla "Comunità Montana monte Peglia e selva di Meana", che con una rete di circa 200 chilometri collegano tutte le principali località di interesse storico artistico e paesaggistico. Sono sentieri adatti a tutti, da percorrere lentamente, anche a cavallo e in montain bike.

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    Le strade della ceramica



    La produzione di ceramiche artistiche è una delle attività artigianali più rappresentative dell'Umbria

    Comuni interessati dall'itinerario:
    ORVIETO - DERUTA - GUALDO TADINO - GUBBIO

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    Madonna dei Bagni, Deruta

    I centri della regione che sono stati fondamentali nella produzione d'arte tradizionale sono quelli di Deruta, Gualdo Tadino, Gubbio e Orvieto. Ma possiamo parlare di un fenomeno diffuso capillarmente perché la maggioranza dei comuni umbri sono stati interessati, nella loro storia,dalle varie attività produttive della ceramica. Si hanno, infatti, esempi di centri dove oggi è esaurita ogni lavorazione ma che in passato hanno conosciuto, insieme con una consistente produzione di terrecotte e laterizi, l'attività di laboratori di maiolica.
    La qualità della produzione umbra oggi sta nella capacità di difendere la tradizione ma anche nel saper cogliere le linee del cambiamento e dell'innovazione. Si sono affacciate negli ultimi anni in maniera decisiva nuove espressioni della creatività artistica che traggono spunto dall'arte moderna, sapendo innestare sull'arbusto della tradizione consolidata nuovi germogli.

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    Deruta

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    La produzione di ceramiche a Deruta è documentata fin dal XIII secolo. Ma è fra la fine del secolo XV e la metà del XVI che essa vive il suo maggiore splendore, accanto agli oggetti di uso quotidiano compaiono pezzi ornamentali con motivi geometrici e antropomorfi. La policromia cambia completamento rispetto alla tradizione precedente, appare il blu cobalto intenso e diluito, accanto al giallo su uno smalto impreziosito da sovrapposizioni che danno luogo ad un raffinato gioco di bianco su bianco. In questo periodo si attesta con successo la produzione di ceramica a lustro, all'epoca detta "maiolica", prima che il termine finisseper designare tutta la ceramica rivestita a smalto, che costituirà una prerogativa quasi esclusiva delle officine derutesi. Molte opere uscite dalle botteghe artigiane derutesi sembrano, nei motivi e nei soggetti raffigurati, ispirarsi alle opere pittoriche dell'artista perugino Bernardino di Betta detto il Pinturicchio. Sono di questo periodo le caratteristiche coppe amatorie che costituivano oggetto di dono fra fidanzati. Anche le piastrelle per pavimenti raggiungono un alto livello nella fattura e nel colore.

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    Di gran pregio è quello della Cappella Baglioni nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Spello. Tra i ceramisti la figura di maggior spicco fu senza dubbio quella di Giacomo Mancini soprannominato il Frate. Verso la fine del XVI secolo inizia la decadenza sia qualitativa (gli influssi esterni hanno il sopravvento sull'originalità) sia quantitativa, con la diminuzione delle botteghe artigiane. La rinascita si ha all'inizio del Novecento dando luogo alla produzione moderna che recupera nei colori e nei disegni il periodo di maggior splendore. L'attività di una serie di artigiani derutesi quali Isocrate Casti, Salvatore Grazia, Angelo Artegiani, Domenico Grazia, Ubaldo Grazia, Alpinolo Magnini, Francesco Briganti, fecero nuovamente di Deruta il massimo centro regionale di produzione ceramica. Non fu solo il "revival" a caratterizzare la produzione del XX secolo. Anche se con un certo ritardo, rispetto ai movimenti artistici europei, vengono realizzate opere influenzate dall'art decò e dal liberty ed anche dalle avanguardie del secondo Novecento.
    Deruta oggi rappresenta il più importante distretto di produzione della ceramica dell' Umbria. Numerose sono, infatti, le aziende, più o meno grandi, che producono oggetti in ceramica, dalle stoviglie ai tavoli, riproducendo sia disegni classici sia elementi innovativi. Suggeriamo al visitatore prima di iniziare lo shopping fra i numerosi spacci aziendali della parte bassa che costeggia la superstrada E45, di salire al borgo medioevale per visitare il Museo regionale della ceramica. Questa visita permette di avere un idea delle componenti e articolazioni della manifattura derutese nelle diverse epoche. Nelle ultime sale si possono vedere opere contemporanee a dimostrazione anche dell'interesse verso canoni estetici che non siano solo quelli della riproduzione di opere rinascimentali. Il Museo è ospitato all'interno di un complesso architettonico di grande valore storico-artistico quale è l'ex convento di San Francesco. A pochi chilometri sorge l'interessante Santuario della Madonna dei Bagni. Si tratta di una piccola chiesa, eretta alla metà del Seicento per soddisfare un voto, le cui pareti interne sono ricoperte di mattonelle votive in ceramica, fabbricate nella vicina Deruta, che riproducono le scene dello scampato pericolo. Esse coprono un arco cronologico che va dalla metà del Seicento ai giorni nostri. Le scene riprodotte sono naif, ma suscitano nei visitatori un grande interesse perché raffigurano, con molto realismo, gli eventi per cui vennero offerte, diventando cosi documenti fondamentali per una storia degli usi e costumi popolari.

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    DERUTA : CITTA ' DELLA CERAMICA






    Le origini di Deruta rimangono in parte oscure come dimostrano le diverse denominazioni che questa ha assunto nel tempo: Ruto, Ruta, Rupto, Direpta, Diruta. Da quest'ultimo termine, che evoca gli incendi e le distruzioni cui la città fu sottoposta, sembra aver avuto origine il nome Deruta. Certo è il suo antico legame con Perugia, di cui è stata sempre un valido baluardo.
    Di tale ruolo è tuttora testimonianza l'aspetto del castello fortificato che il centro storico conserva. Nel XIII secolo, Deruta ha un proprio statuto, seguito nel 1465 da un nuovo documento in volgare. Questo prevede la presenza nel castello, oltre che di un podestà inviato da Perugia, di quattro "bono omni" eletti tra gli abitanti. Le continue pestilenze, della seconda metà del '400, sterminarono la popolazione, tanto da comportare una riduzione della cinta muraria. Durante la guerra del sale (1540), Deruta, schieratasi contro il Papa, subì saccheggi e devastazioni. L'assoggettamento di Perugia alla Chiesa portò alla cittadina un lungo periodo di pace e di prosperità, durante il quale riorganizzò la sua vita politica e sociale. Con il Rinascimento la produzione e l'importanza delle ceramiche raggiunsero il massimo splendore, un elevato sviluppo e la più ampia diffusione. Durante tutto il '600 e il 700 la cittadina fu protagonista di un grande sviluppo economico e sociale, tanto da diventare un modello per le aree circostanti.
    Il XVIII secolo vide la città impegnata in opere di miglioramento e miglioramento. Nel 1744 venne 4 restaurato l'archivio comunale, nel 1784 furono censiti i beni stabili e gli abitanti, nel 1749 vennero restaurate le strade interne e risale al 1751 il progetto di ripristino dell'antico Ospedale di S. Giacomo. All'inizio dell'Ottocento, per breve tempo, Deruta subì il dominio napoleonico. Nel 1812 il "maire" ordinò la demolizione della fortificazione castellana in prossimità di Porta S. Angelo causando una grave alterazione della struttura urbana. Nel 1814 il governo pontificio tornò a dominare su Deruta. Nel 1831 la città aderì ai moti rivoluzionari abbassando lo stemma pontifìcio ed issando il tricolore; ma la severa repressione, a seguito del fallito tentativo, riporterà Deruta nella sfera politica del Papato.

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    Descrizione di Deruta

    Si accede al centro storico di Deruta da Porta S. Michele Arcangelo, dalla quale sono visibili testimonianze di antiche fornaci e la piazzetta Biordo Michelotti nella quale si affacciano le sobrie linee romanico-gotiche della Chiesa di S. Michele Arcangelo, non più destinata al culto. Di fronte è situata la fontana, a pianta poligonale, realizzata dai quinquenviri del Comune nel 1849. Si apre quindi, Piazza dei Consoli dove è ubicato il Palazzo Municipale del 1300, con portale e bifore.
    Nell'atrio sono raccolti reperti archeologici, neolitici ed etruschi, frammenti di epigrafi, sculture e capitelli. Il Palazzo ospita anche la Pinacoteca Comunale.
    Di fronte al Palazzo Comunale c'è la Chiesa di San Francesco, in stile gotico, consacrata nel 1388. Di notevole interesse oltre all'interno, sono i campanili che, insieme alla torre civica, sovrastano la Piazza, caratterizzando Deruta anche da lontano. Attiguo alla Chiesa c'è l'ex convento di San Francesco, oggi sede del Museo Regionale della Ceramica.

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    Più avanti, in fondo alla stretta via Pinturicchio, sorge la Chiesa di S. Antonio nella quale sono conserva¬ti significativi affreschi di Bartolomeo e G. Battista Caporali. Poco oltre, si apre un'ampia veduta sulla pianura del Tevere e sulle colline che la limitano.
    La parte bassa del centro storico è costituita dalla Valle, vecchio rione popolare, il cui asse viario, la via Maturanzio, unisce Porta Perugina alla Porta del Borgo. All'altezza di piazza Cavour si trova la piccola Chiesa della Madonna del Divino Amore, oggi nota con il nome di Madonna della Cerasa. Lungo la Via Tiberina si incontra la Chiesa delle Piagge del 1601 la cui facciata è ornata da una bella maiolica del ceramista Amerigo Lunghi, mentre all'interno conserva un affresco raffigurante la Vergine con il Bambino di un artista locale tardomanierista.


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    Museo Regionale della Ceramica di Deruta
    La Sede del Museo Regionale della Ceramica è situata nel trecentesco ex Convento di San Francesco nel Centro Storico di Deruta (Largo S. Francesco) appositamente ristrutturato e aperto al pubblico nell'aprile del 1998.
    Gli spazi espositivi coprono completamente una superficie utile di mq. 1700 suddivisa in 1200 di percorso e 500 destinata ai depositi. Il percorso è costituito da 14 sale espositive e distribuito su tre piani al quale va aggiunto l'immenso spazio destinato ai depositi. Al piano terreno si accede dall'ingresso a tre sale "open" dove sono sistemate sintetiche mostre temporanee (attualmente una dedicata alle terrecotte invetriate e due ad artisti derutesi del Novecento) che consentono al visitatore di cogliere a colpo d'occhio un saggio della sistemazione del Museo e di decidere se proseguire la visita a pagamento.
    Dalla stessa area si accede alla biblioteca specialistica in storia della ceramica, già ricca di oltre 1400 volumi.
    Superato all'ingresso il banco della reception si accede al percorso che apre con una sale dedicata alla tecnica della ceramica. Nell'ultima sala del piano terreno è riassunta la storia della ceramica di Deruta tramite i frammenti per cominciare poi il percorso espositivo con una sezione dedicata alla ceramica arcaica.

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    Il restante percorso sale ai piani superiori ed organizza in periodi l'evoluzione della Maiolica derutese sino ai primi anni del 1900. Nell'itinerario morfologico e stilistico che esalta il periodo rinascimentale con piatti da pompa recanti stemmi nobiliari o ritratti di belle donne rinascimentali decorati con la tecnica del lustro, sono inserite coppe amatorie, gamelii, ballate, impagliate, oggetti per la tavola, alzate, saliere boccali e brocche oltre che del rinascimento del periodo compendiario del settecento e dell'ottocento. Durante il percorso vengono poi salvaguardate alcune aree tematiche, come la sezione dei pavimenti, delle targhe votive, nonché la ricostruzione di un'antica farmacia. Una particolare attenzione al secondo piano è dedicata al collezionismo, essendo a compendio del percorso destinata alla esposizione della "Collezione Magnini" l'intero salone.
    Le teche di inizio secolo costitui¬scono elemento di arredo che ben si integra con la straordinaria ricostruzione del controsoffitto a volte e le sezioni di ceramica, non solo derutese, testimoniano nel contempo il fenomeno del collezionismo locale di inizio secolo e la sapiente politica delle acquisizioni condotta a partire dagli anni 80. Una torre metallica di quattro piani e riservata infine ai depositi anch'essi visitabili. La grande quantità di oggetti dei quali può essere interessante e gradevole la visione completa, è pensata come una esposizione-deposito, in un grande ambiente colmo di scaffali in cui - come in una biblioteca o in un archivio - è possibile, oltre alla visione di insieme, anche accedere lungo gli scaffali con la possibilità di soffermarsi, di prendere appunti, di stabilire confronti e itinerari di ricerca autonomi.
    Per gli studiosi proprio come negli archivi, sono previsti posti di lavoro, dislocasti lungo i percorso di visita, ma riservati. Nel complesso le opere conservate nel Museo sono oltre 7.000.

    La Pinacoteca Comunale di Deruta
    La Pinacoteca Comunale è ubicata nel centro storico di Deruta, P.zza dei Consoli 13, nei due piani dell'ala sinistra del Palazzo Comunale. Si costituì nel primo decennio del Novecento con la demaniazione di due importanti opere da Chiese di Deruta di Nicolo di Liberatore detto l'Alunno: "La Madonna dei Consoli", sec. XV e un "Gonfalone Professionale" del XV secolo. A seguito di un'importante ristrutturazione dell'edifìcio, ancor oggi sede della Pinacoteca, il 2 giugno 1975, venne aperta al pubblico. Contestualmente venne acquisita un'importante opera d'arte: un affresco staccato del Perugino
    "Padre Eterno, San Rocco e San Romano, del sec. XV, proveniente dalla Chiesa di San Francesco in Deruta.
    L'apertura del Museo Regionale della Ceramica ha permesso una diversa e più appropriata sistema¬zione sotto il profilo conservativo ed espositivo delle opere, oggi ordinate secondo un migliore ed organico assetto.
    La Pinacoteca è costituita da una raccolta di opere importanti e diversificate anche per la provenienza. Al nucleo di dipinti provenienti da varie chiese del territorio comunale e dall'ex Ospedale di San Giacomo, si associa quello costituito dalle ca. 52 opere della Collezione "Lione Pascoli". Nella sala reception sono esposti alcuni affreschi staccati di pittori uomini della fine del XV secolo e gli inizi del XVI, tutti provenienti da chiese del territorio comunale. Nelle tre sale del primo piano sono esposte le opere più importanti del nucleo di dipinti provenienti da Chiese di Deruta:
    - "La Madonna dei Consoli" sec. XV di Nicolo di Liberatore detto l'Alunno;
    - "Gonfalone Professionale" sec. XV di Nicolo di Liberatore detto l'A¬lunno;
    - Affresco staccato "Padre Eterno, San Romano e S. Rocco" sec. XV di Pietro Vannucci, detto il Perugino;
    - Messale Francescano della fine del XIII secolo.
    Al secondo piano è esposta la Collezione "Lione Pascoli", insigne scrittore e collezionista d'arte del Settecento e donata alla Pinacoteca Comunale di Deruta per disposizione testamentaria della nel 1931 dell'erede Consilia Pascoli. La Collezione comprende ca. 52 dipinti di pittori italiani e stranieri del '600 e del 700: Antonio Amorosi, Maco Benfìal, Luigi Garzi, Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, Francesco Trevisani, Pietre Van Bloomen, Guido Reni, Francesco Graziani, Sebastiano Conca, Giovanni Paolo Panini, Placido Costanzi, Cristoforo Gasperi e pittori Perugini della metà del sec. XVIII.


     
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    Gualdo Tadino



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    Ubicata al confine tra Umbria e Marche ai piedi dell’Appennino centrale, Gualdo Tadino possiede una lunga e tormentata storia. Di origine umbra col nome di Tarsina, già assoggettata a Roma nella prima metà del III a.C., fu rasa al suolo da Annibale poco dopo. Posta sulla via Flaminia divenne presto municipio romano e fiorente città con un ampio tessuto urbano. Nei secoli successivi subì varie incursioni gotiche e fu teatro della famosa battaglia di Tagina (552 d.C.) che vide l’esercito bizantino del generale Narsete sconfiggere quello dei Goti di Totila.

    Dalla sua definitiva distruzione per mano di Ottone III nel 996 fino alla prima metà del Duecento, fu più volte ricostruita e distrutta. Nel 1237 trovò la sua definitiva ubicazione sul Colle Sant’Angelo con l’ausilio e la protezione di Federico II, che restaurò la Rocca Flea ed eresse la cinta muraria, fiancheggiata da quattro porte e protetta da diciassette torri. Dopo varie libere istituzioni comunali si sottomise a Perugia, per poi passare al potere della Chiesa nel 1458 e rimanervi fino all’Unità d’Italia.

    La cittadina fu vittima nel 1751 di un terremoto che cancellò gran parte delle sue caratteristiche tardo-medievali, anche se rimasero in piedi alcuni palazzi e delle chiese romaniche e gotiche.
    I poli di interesse storico-monumentale sono distribuiti lungo l’asse costituito da corso Italia. Si inizia dal duecentesco Palazzo del Podestà – oggi sede del Comune – e dall’adiacente Torre Civica, struttura militare del XII secolo con modifiche settecentesche, che ospitano la sede del Museo Regionale dell’Emigrazione “Pietro Conti”. A sinistra si erge la trecentesca chiesa di San Benedetto con una splendida facciata romanico-gotica e un campanile neoromanico; esternamente è visibile una fontana (XVI secolo) attribuita a Sangallo il Vecchio.

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    Proseguendo e poco distante si può ammirare la duecentesca chiesa di San Francesco che presenta un interno in stile gotico decorato con numerosi affreschi di Matteo da Gualdo (1435-1507) e altri riconducibili alla Scuola del Nelli (1469), alla Scuola umbra e umbro-senese del Trecento e del Quattrocento.

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    Presso la vicina piazza del Sopramuro si trova la Pinacoteca Comunale che conserva opere di Matteo da Gualdo, Avanzino Nucci, Sano di Pietro, Antonio e Gentile da Fabriano, Ottaviano Nelli e Luca della Robbia. Risalendo il percorso si arriva alla Rocca Flea, antica fortezza e notevole esempio di architettura militare medievale del XII secolo, ricostruita da Federico II nel Duecento.

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    Da qualunque direzione si arrivi a Gualdo Tadino non si può far a meno di notare la Rocca Flea: l'antico maniero che si erge a protezione della città.

    Antichi documenti testimoniano che già alla fine del X secolo la Rocca Flea esisteva e faceva parte dei possedimenti dei conti di Nocera. Ma preesistente alla stessa Rocca doveva essere l'antica chiesa di Sant'Angelo de Flea come testimoniano due pitture riscoperte nel 1995 nel corso dei lavori di restauro. Nel 1177 era in possesso dell'imperatore Federico Barbarossa. E'nel XIII sec , quando Wald viene visitata da Federico II di Svevia che vi soggiorno a lungo, che la Rocca Flea riprende l'antico vigore e la città viene cinta da una possente cerchia muraria comprensiva di 17 Torri.
    E' questa la versione praticamente definitiva della struttura che da lì in poi sarebbe divenuta nei secoli futuri un punto di riferimento importante per tutti coloro che avrebbero governato la città di Gualdo Tadino. Nel 1499 tutto il territorio gualdese, e di conseguenza anche la Rocca Flea, venne assegnata da Papa Alessandro VI alla celebre figlia Lucrezia Borgia. Nel 1513 e per i successivi 80 anni la Rocca Flea sarà la sede della Legazione Cardinalizia Autonoma che reggerà le sorti della città regalandole un periodo di splendore coincidente con il Rinascimento. Il primo e forse più famoso Cardinale Legato fu Antonio Ciocchi di Monte San Savino, nel corso del suo mandato venne costruito il nuovo acquedotto che tansitava anche per la Rocca Flea . Non vi furono più grossi cambiamenti della struttura che con alterne vicende, fu sede di carcere mandamentale dal 1860 con l'avvento del regno d'Italia fino al 1985.

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    Gualdo Tadino è tra le città umbre che detengono il primato della produzione di ceramica. Le oltre sessanta aziende locali che operano nel settore si rifanno a un indirizzo di tipo medievale. Nell’ultimo decennio del Novecento, accanto ad alcune tradizionali botteghe d’arte che custodiscono ancora gli antichi segreti della ceramica “a riflessi a terzo fuoco”, sono nati centri produttivi moderni che realizzano pezzi di grande qualità. Un importante impulso a questo settore è dato dal Concorso Internazionale della Ceramica che, da oltre mezzo secolo, vede esposte ogni anno opere di artisti di tutto il mondo.





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    Anche Gualdo Tadino fa risalire la sua tradizione ceramica al XIII secolo. Ma la produzione di "qualità" si ha nel Cinquecento, sulla scia di quello che stava accadendo a Gubbio con Mastro Giorgio, le cui opere influenzarono gli artisti gualdesi. È in questo periodo, infatti, che le maioliche vengono realizzate con lustri metallici: rosso rubino e giallo oro. Anche qui il declino e poi la ripresa nella seconda metà dell'Ottocento. La rinascita a Gualdo Tadino porta il nome di Paolo Rubboli che nel 1873 diede vita all'azienda, la cui attività venne proseguita dopo la sua morte dai famigliari. Il lustro di Rubboli è fatto di rosso rubino, rosato, giallo oro in varie intensità, mentre le ornamentazioni sono azzurro cobalto su fondo bianco.

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    Non solo i colori ma anche gli oggetti prodotti: piatti da pompa e vasi ornamentali segnano la rinascita gualdese. Un altro nome di artigiano si affaccia alla fine dell'Ottocento, quello di Alfredo Santarelli, le cui opere anch'esse rievocano con grande maestria i capolavori del Rinascimento. Oggi la ceramica gualdese spazia dalla produzione artistica tradizionale a quella industriale di oggetto d'uso e da arredamento. Si possono fare compere nelle numerose botteghe e laboratori che si incontrano nella cittadina. Ma per chi volesse sapere di più prima di fare acquisti consigliamo di visitare il Museo Civico presso la Rocca Flea. Oltre ad importanti e interessanti opere di pittori umbri, come Matteo da Gualdo e Nicolo di Liberatore detto l'Alunno, sono esposte ceramiche del XIX e XX secolo.

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    Gubbio



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    Fin dal 1300 risulta da dati d'archivio la presenza di ceramisti a Gubbio. Ma la sua fama è legata al grande ceramista Giorgio Andreoli detto Mastro Giorgio, che giunse a Gubbio nel 1489 proveniente da Intra, sul Lago Maggiore. Fu l'arte di applicare il lustro, di cui Mastro Giorgio fu maestro indiscusso, a render famosa la ceramica eugubina: oro, argento, verde, e soprattutto un bei rosso rubino di tonalità più intensa di quello di Deruta. È proprio questa tonalità di rosso la novità che impose il grande maestro, diversificandola da quella di Deruta, che negli stessi anni accentuò la bicromia blu e oro. Piatti, albarelli, coppe, vasi sono le lavorazioni che escono dalla bottega di Mastro Giorgio, ma sarà l'alzata su basso piede che, intorno al 1530, diverrà preponderante nella produzione del grande maestro. Anche a Gubbio, dopo un lungo periodo di decadenza, la ripresa si ebbe nella seconda metà dell'Ottocento all'interno di un movimento culturale che investì l'Umbria con lo scopo di recuperare la tradizione rinascimentale. La ripresa artigiana, opera dei vari Antonio Passalboni, Giuseppe Magni, Pio Pieri, Rodolfo Spinaci, si ispira ai lavori di Mastro Giorgio non solo per gli insuperabili riverberi rosso rubino ma anche per il modo di interpretare e riproporre immagini della classicità rinascimentale.





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    Negli ultimi quaranta anni del Novecento i ceramisti eugubini hanno intrapreso anche altre strade, oltre quella della produzione a riverbero di stile cinquecentesco, come la lavorazione dei buccheri, lucidati e poi decorati a graffito o con smalti policromi e con oro oppure ceramiche di ispirazione medioevale in cui predomina il blu cobalto. Fra le tortuose vie medioevali che si diramano dall'imponente Palazzo dei Consoli si trovano numerose botteghe e laboratori dove è possibile comprare vasi, piatti, albarelli e buccheri. Anche qui consigliamo una visita al Museo Comunale, dove oltre alle Tavole eugubine e alla Pinacoteca, è possibile vedere una ricca collezione di ceramiche che va dal XVI secolo al "revival" ottocentesco, fra cui segnaliamo due piatti di Mastro Giorgio.

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    Orvieto



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    L'arte della ceramica ad Orvieto ha avuto origine dagli etruschi. Nel Medioevo essa riprese vita ed i vascellari raggiunsero un livello qualitativo tale da portare la maiolica arcaica orvietana ad un primato indiscusso diventando un "modello" per altri centri produttivi italiani. Tra la fine del Duecento e la metà del Trecento è il periodo di maggior splendore in cui si afferma la tipica maiolica in bruno e verde su smalto bianco arricchita da forme e combinazioni iconografiche, da raffinatezze stilistiche, in cui compaiono uccelli, pesci, animali, esseri umani e bestie dalle teste umane. La riscoperta della maiolica arcaica nei primi anni del Novecento fornì le basi e gli incentivi per quel "revival" della produzione ceramica che, come in altri centri umbri, aprì ad Orvieto la prospettiva della visitazione storicistica, che si manifestò principalmente nella rielaborazione di forme e decorazioni antiche, adattate alla nuova produzione artigianale locale. Nel periodo tra le due guerre, grazie al lavoro svolto dalla società Arte de' vascellari di Orvieto, rinasceva un artigianato della ceramica ispirato dalla reinvenzione di nuove forme e ammodernate decorazioni che la sensibilità e la fantasia aveva creato nel lontano medioevo. Aggirandosi per le suggestive vie medioevali della cittadina, dopo aver visitato le numerose opere d'arte che essa contiene, come non dimenticare il maestoso Duomo che svetta da lontano con le sue guglie bianche e il grandioso Giudizio Universale di Luca Signorelli, troverete la possibilità di acquistare nelle botteghe-laboratori le splendide ceramiche, di cui suggeriamo le brocche con il largo beccuccio sporgente.

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    I Musei che si possoni visitare sul percorso:

    Orvieto: Musei archeologici "Claudio Faina" e civico



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    Ospitato in un palazzo di fronte al Duomo, espone la collezione realizzata, verso la fine dell’Ottocento, dai conti Mauro ed Eugenio Faina, appassionati di archeologia. Oltre tremila monete, reperti preistorici e protostorici, buccheri, vasi figurati etruschi, bronzi. Di particolare interesse una serie di vasi attici a figure nere e a figure rosse, attribuiti ad alcuni tra i maggiori ceramografi ateniesi. C’è anche un percorso espositivo destinato ai ragazzi con appositi pannelli didascalici concepiti anche per avvicinare i più giovani all’affascinante e avventuroso mestiere del cercatore d’antichità.


    Musei

    La collezione Faina si formò nel 1864, ad opera di due esponenti importanti della famiglia: i conti Mauro ed Eugenio.
    Secondo una tradizione il nucleo originario della raccolta sarebbe costituito da 34 vasi donati al conte Mauro dalla principessa Maria Bonaparte in Valentini, figlia di Luciano Bonaparte - lo scopritore delle necropoli di Vulci - e nipote di Napoleone.
    Mauro Faina gestì la raccolta fino al 1868; alla sua morte venne ereditata dal fratello Claudio e affidata alle cure del nipote Eugenio. La collezione, ospitata inizialmente nel palazzo di famiglia a Perugia, fu trasferita ad Orvieto negli ambienti dove ha ancora sede.
    Ad Eugenio si deve un mutamento negli indirizzi collezionistici: egli cessò di acquistare antichità sul mercato d’arte e indirizzò l’interesse verso i reperti che, durante gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, venivano riportati alla luce nelle necropoli orvietane.
    Ereditata da Claudio junior, la collezione, ormai completa, fu da lui conservata e resa pubblica nel 1954.
    Il palazzo Faina, posto in piazza del Duomo, proprio di fronte alla Cattedrale, venne acquistato alla metà dell'Ottocento dal conte Claudio Faina senior.
    Nel 1954, il nipote, Claudio junior, lasciò per testamento al Municipio di Orvieto tutte le sue proprietà per finanziare la Fondazione per il Museo Claudio Faina; da quel momento l’edificio è divenuto sede museale.
    Al piano nobile del palazzo, l’esposizione propone le tappe di formazione della raccolta legate all'attività dei collezionisti Mauro ed Eugenio.
    Il percorso espositivo si apre con la presentazione del ricco monetiere, prosegue con l’esposizione di reperti caratteristici di Chiusi e di vasi attici a figure nere e a figure rosse; tra i primi spiccano tre anfore di eccezionale valore attribuite ad Exekias, il maggiore ceramografo attico nella tecnica a figure nere.
    Al secondo piano, le antichità sono ordinate secondo un criterio tipologico e cronologico: i materiali preistorici e protostorici precedono il bucchero, la ceramica attica a figure nere e a figure rosse e i bronzi etruschi; tre ambienti sono dedicati alla ceramica etrusca. Un torso in marmo chiude il percorso.
    Caratteristica del secondo piano è una galleria che consente una visione particolarissima del Duomo di Orvieto.
    Al pianterreno ha sede il Museo Civico, il quale, articolato su tre grandi vani, accoglie le antichità collezionate durante l'Ottocento dalla municipalità orvietana.
    Tra queste meritano di essere ricordati almeno la Venere di Cannicella, il Cippo a testa di Guerriero e la decorazione frontonale del Tempio del Belvedere.




    Deruta: Museo Regionale della ceramica



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    Il Museo Regionale della Ceramica di Deruta è il più antico museo italiano per la ceramica; istituito nel 1898, conserva oltre 6000 opere ed è ospitato nel trecentesco complesso conventuale di San Francesco, interamente restaurato. La sistemazione definitiva disegna un percorso innovativo: le sale d’ingresso sono libere e sede di sintetiche esposizioni temporanee, che consentono al visitatore di cogliere a colpo d’occhio un saggio dei contenuti della raccolta; dalla stessa area si accede alla biblioteca specialistica, ricca di oltre 1500 volumi. Il percorso, che si sviluppa dal piano terra ai due piani superiori ed è introdotto da una sala didattica, descrive, organizzata in periodi, l’evoluzione della maiolica derutese dalla produzione arcaica a quella del Novecento.

    Sono poi salvaguardate alcune aree tematiche, come la ricostruzione di un’antica spezieria, alcune collezioni presentate integralmente, la sezione dei pavimenti in maiolica e quella delle targhe votive. La peculiarità che rende unico il museo è la presenza di una torre metallica di quattro piani comunicante su tutti i livelli con l’edificio dell’ex convento; si tratta di un’imponente struttura riservata ai depositi, accessibile al pubblico e debitamente attrezzata per attività di studio, che raccoglie circa 5000 opere. Il magazzino, così concepito, ha espliciti scopi didattici, divulgativi e promozionali ed è luogo d’ispirazione per artigiani e studiosi.

    Il consistente nucleo della sezione contemporanea è costituito principalmente da opere realizzate nell’ambito della mostra “Multiplo d’Artista in Maiolica” e da quelle provenienti dalle varie edizioni del Premio Deruta; la sezione archeologica offre invece un significativo panorama dei principali tipi di vasellame prodotti in epoca antica e riunisce oggetti di ceramica greca, italiota, etrusca e romana.
    Il Museo Regionale della Ceramica di Deruta è un’istituzione estremamente vivace e dinamica che onora la ricerca, l’arte, la cultura e la tradizione, rivolta sia verso la documentazione storica e la conservazione, sia verso un’utilità didattica e promozionale diretta allo sviluppo economico e produttivo.


    Gualdo Tadino: Museo Civico Rocca Flea



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    Dal 1999 la Rocca Flea è sede del Museo Civico. Il suo nome, derivato dal vicino fiume Flebeo, poi chiamato Feo, compare già in documenti del XII secolo. Con il succedersi delle diverse dominazioni imposte alla città, vi si insediarono dapprima le milizie di Federico Barbarossa, poi quelle del papa e, nel 1208, quelle della guelfa Perugia. Danneggiata dai molti conflitti, venne restaurata da Federico II intorno al 1242.
    Nel 1350, quando Gualdo Tadino fu nuovamente assoggettata da Perugia, iniziò la costruzione del cassero, sul quale, infatti, insieme all´emblema cittadino, figura il grifo perugino. Nel XVI secolo divenne la residenza dei legati pontifici e gli ambienti interni furono di conseguenza adattati e decorati con affreschi. Notevoli le Pianta Rocca Fleamodifiche che si ebbero a partire dal 1888, quando la Rocca divenne carcere.
    Riportata al suo precedente aspetto grazie a recenti restauri e adibita a museo, accoglie oggi nella sala al pian terreno e in due sale al primo piano, nella palazzina Del Monte, reperti archeologici che testimoniano il popolamento di Gualdo Tadino dalla preistoria al Medioevo; nell´atrio e nella stanza al primo piano, è ospitata la sezione ceramica, con opere del XIX e XX secolo; negli ambienti soprastanti la pinacoteca. Costituita a seguito delle demaniazioni, la raccolta dei dipinti era stata dapprima ospitata in una sala del palazzo comunale e poi trasferita, nel 1919, nel palazzotto medievale di via Calai.
    Riorganizzata nel 1966 dall´allora soprintendente Francesco Santi nella chiesa di San Francesco, in pieno centro storico, per sopravvenuti dissesti dell´edificio fu chiusa al pubblico nel 1979.
    Comprende opere provenienti in massima parte dalle chiese della zona, pienamente rappresentative della cultura figurativa di confine fra Umbria e Marche. Di notevole interesse i dipinti del capostipite della scuola locale Matteo da Gualdo e il grande polittico di Niccolò di Liberatore, detto l´Alunno.

    Collezioni Museo Civico Rocca Flea



    Con la sistemazione della Pinacoteca comunale nella Rocca Flea ha trovato attuazione il disegno di associare alla stessa le sezioni archeologica e ceramica, primo importante passo per riunire progressivamente le testimonianze più remote della civiltà locale.

    Così il percorso museale si articola in tre sezioni:
    La sezione archeologica o antiquarium: insieme di reperti che testimoniano la presenza sul territorio gualdese di insediamenti preistorici, umbri, romani e longobardi. Le tre sale che costituiscono la sezione, ospitano testimonianze di varia natura, tra cui manufatti di epoca preistorica, una piccola sezione numismatica, frammenti marmorei di epoca romana, oltre alle testimonianze di epoca preromanica provenienti da necropoli venute alla luce proprio nei territori del gualdese.
    Collezione Antiquarium

    La sezione di ceramica artistica, espone manufatti risalenti al XV secolo ed un'ampia raccolta di opere a lustro oro e rubino prodotte tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, che mettono in piena evidenza la grande fioritura di questa importante manifattura artistica nella città, con particolare riguardo alle grandi personalità locali.

    Collezzione ceramica
    La Pinacoteca accoglie opere provenienti dalle chiese della città e del territorio circostante, tra cui il polittico del 1471 di Niccolò di Liberatore detto l'Alunno, sua opera capitale, ed alcune importanti opere quattrocentesche del noto pittore locale, Matteo da Gualdo, oltre ad un notevole corpus di opere di suoi seguaci. Pinacoteca

    Va ricordata la presenza all’interno della Rocca Flea di una serie di paramenti, arredi e corredi, che fanno parte attiva della sua storia, è inoltre possibile durante il percorso museale, ammirare le palazzine cinquecentesche volute dai cardinali legati, e la presenza di particolari affreschi, come la rappresentazione della Trinità secondo l’iconografia del Vultus Trifrons, all’interno dell’antica chiesa del X secolo, che fu inglobata all’interno della fortezza..


    Gubbio: Museo Civico



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    Le sale di Palazzo dei Consoli ospitano dal 1909 le collezioni del Museo Civico.
    Irrinunciabile meta negli itinerari regionali, l'edificio è considerato il principale polo museale della città di Gubbio. La raccolta museale allestita su diversi piani, illustra la storia e la cultura locale dal VI sec. a.C. al XIX sec. Di assoluto rilievo e fama internazionale sono le Tavole iguvine, sette lastre di bronzo su cui è inciso il più importante testo in lingua umbra e la più estesa descrizione di riti religiosi che il mondo occidentale antico abbia mai restituito. Le Tavole rappresentano il cuore di una collezione archeologica tra le più ricche dell'Umbria con reperti risalenti all'epoca umbra e romana.

    La raccolta numismatica si compone di importanti esemplari italici e romani in bronzo, monete medievali, ducali e papali, quest'ultime coniate dalla zecca di Gubbio.

    Allestita nella sala della loggetta e lungo il corridoio segreto, la raccolta di ceramica spazia dalle maioliche arcaiche (XIV sec.) ai manufatti del XIX sec. Di particolare rilievo è la produzione eugubina rinascimentale a lustro rosso e dorato della bottega di Mastro Giorgio Andreoli (XVI sec.) Numericamente significativo è il vasellame farmaceutico tra cui originali duomi d'alambicco in terracotta rossa.

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    Le sale del piano nobile ospitano la pinacoteca ricca di dipinti su tavola e tela principalmente di scuola umbra, databili dal tardo Duecento all'Ottocento.
    Degni di nota sono il Reliquiario miniato (XIV sec.), il Crocifisso ligneo di scuola giottesca opera del Maestro della Croce di Gubbio (inizio XIV sec.), il Gonfalone (inizio XVi sec.) realizato da Sinibaldo Ibi, artista seguace del Perugino e l'Immacolata Concezione di Francesco Signorelli (1527).

     
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    Acquasparta



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    E' posta su di un colle a circa 350 m s.l.m. da cui domina la valle del Naia, affluente del Tevere.
    E' al centro di un vasto territorio tra il variare delle colline e dei monti prospicienti, ricco di vegetazione e di sorgenti di acque curative e da tavola.
    La ricchezza dal punto di vista idrico del suo territorio ne ha da sempre caratterizzato la vocazione termale, tanto che proprio per le sue acque già in epoca romana essa trasse il suo nome: ACQUAS PARTAS, ad indicare la sua posizione tra le sorgenti dell'Amerino e Furapane.
    Conserva ancora l'aspetto di un centro medioevale con una suggestiva cinta muraria e una caratteristica "Porta Vecchia" che nei secoli passati consentiva l'accesso al paese.
    La cittadina è servita da ottime vie di comunicazione: la superstrada E 45, le strade per Todi, Narni e Amelia, la ferrovia Centrale Umbra ed infine la panoramica suggestiva arteria che valicando i monti Martani porta il turista a Spoleto e Foligno.
    Tutt'intorno al capoluogo ci sono le otto frazioni che presentano notevoli attrattive.

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    Il CASTELLO di CASIGLIANO
    comprendente la località di SELVARELLE, l'amena e pittoresca frazione di ROSARO, il bellissimo castello feudale di PORTARIA, la turrita frazione di MACERINO a cavallo di un'importante nodo stradale che immetteva nella valle di Spoleto.
    Il turista che ami sostare sui monti Martani scoprirà le memorie storiche ed artistiche di FIRENZUOLA o le bellezze paesaggistiche dello SCOPPIO dove si può pernottare al rifugio escursionistico.
    Proseguendo verso nord si possono seguire i percorsi Trekking dei Martani tutti segnati e facilmente individuabili.
    Ancora un elemento concorre a costruire la ricchezza e l' importanza del territorio di Acquasparta: la SORGENTE dell' AMERINO conosciuta da tempi antichissimi e celebrata per la sua rara efficacia contro le affezioni del ricambio, calcolosi, gotta e acidi urici.

    Insomma, la bellezza del paesaggio, la ricchezza di acque, il clima felice, le memorie storiche ed i monumenti artistici fanno di Acquasparta un luogo di soggiorno ideale.

    La storia

    Non ci sono testimonianze certe sull'esistenza di un nucleo abitato prima del X secolo, anche se ruderi e frammenti di lapidi potrebbero far pensare che originariamente nel territorio dove ora sorge Acquasparta esistesse uno dei tanti vichi posti lungo la Via Flaminia, nè è certo, come sostengono alcuni autori, che questa terra fosse soggetta al Ducato longobardo di Spoleto. Quello che è presumibile è che le terre comprese tra il Ducato longobardo di Spoleto e le città di Todi e Terni e quindi anche Acquasparta furono date in feudo dall'Imperatore Ottone I di Sassonia al Conte Arnolfo, un potentissimo personaggio a lui fedele, che figura addirittura tra i firmatari di un documento in cui Ottone I fa donazione alla Chiesa di terre, castelli e città nell'anno 962. Il Conte Arnolfo avrebbe fatto costruire, alla fine del X secolo, le Abbazie di S.Barbara e di S.Nicolò attorno alle quali, successivamente, si sviluppò il primo insediamento abitativo con semplici capanne di fango e tronchi d'albero.
    La prima notizia documentata sulle Terre Arnolfe risale al 1002 quando questa zona fu al centro di uno scambio tra l'Imperatore Enrico II e il Papa: il primo ebbe alcuni territori in Carinzia, mentre il secondo ebbe quelle terre comprese fra Terni, Spoleto e Narni per cui i discendenti di Arnolfo persero la loro sudditanza germanica diventando Vassalli della Chiesa.
    Per un periodo non ben precisato si pensa che Acquasparta sia stata assoggettata ai Monaci dell'Abbazia di Farfa: prove ne sarebbero il Regesto in cui in un documento dell'anno 1115 si nomina il castello di Acquasparta in un contratto tra i Conti tudertini, discendenti del Conte Arnolfo, e l'Abate Berardo di Farfa e un documento dell'anno 1118 in cui l'Imperatore Enrico V conferma i possedimenti dei Monaci di Farfa tra i quali c'era anche Acquasparta. Quello che è certo e che alla fine del XII secolo Acquasparta faceva ancora parte del dominio dei discendenti di Arnolfo che vennero a chiamarsi dei Bentivenga o Nobili di Acquasparta; essi furono impegnati a difendersi dai potentissimi vicini di Terni e Todi ma alla fine, intorno al 1233, furono sottomessi da quest'ultimi. Per circa due secoli Acquasparta rimase sotto la giurisdizione di Todi fin quando, l'8 agosto 1489 il Papa Innocenzo VIII con un suo Breve la dichiarava terra franca, cioè libera. Questa libertà fu minacciata intorno al 1500 dalle lotte intestine di Todi poiché Acquasparta ospitò una delle due fazioni in lotta finendo per essere assalita ed espugnata da Altobello da Canale o Chiaravalle che provocò l'intervento dei Guelfi di Todi che chiesero aiuto a Lucrezia Borgia la quale si trovava a Spoleto. Intervenne così Papa Alessandro VI che mandò un forte esercito comandato dai migliori capitani di ventura dell'epoca i quali distrussero il castello di Acquasparta e catturarono Altobello. Il Papa riunisce di nuovo Acquasparta alle Terre Arnolfe con l'intenzione di ostacolare le brame di Todi, Terni e Spoleto su queste terre mettendole sotto il dominio della Camera Apostolica.
    Nel 1538 Papa Paolo III, conscio dell'importanza strategica di Acquasparta, la fece vendere a Pier Luigi Farnese che nel 1540 la permutò con i possedimenti della figlia di Bartolomeo d'Alviano, Isabella Liviani moglie di Gian Giacomo Cesi, portando quindi a questa famiglia la signoria di Acquasparta e Portaria. Sisto V eresse Acquasparta a ducato nel 1588 con Federico che ne fu il primo duca. Ma è con il figlio Federico II che Acquasparta raggiunse il massimo splendore. Egli fondò a soli 18 anni, nel 1603, l'Accademia dei Lincei che sotto un'altra denominazione, esiste anche ai nostri giorni. Alla morte di Federico II il feudo di Acquasparta passò nelle mani del fratello Giovanni Federico che, risiedendo a Roma, si fece rappresentare da un governatore. Seguì un periodo di calamità: la peste del 1630, anno della morte di Federico II ed il sisma del 1703 che devastò buona parte della zona appenninica dell'Italia centrale.
    Alla fine del XVIII secolo le sorti di Acquasparta si legarono a quelle della Francia, prima con gli influssi della Rivoluzione Francese del 1789, poi con le alterne fortune di Napoleone Bonaparte in Italia. E' di questo periodo (1798) che sotto gli influssi della Repubblica Romana venne fatta la municipalità di Acquasparta la quale si sottomise a quella di Spoleto. Dopo le sollevazioni antifrancesi Acquasparta ebbe solo pochi anni di libertà poichè l'Italia fu invasa nuovamente da Napoleone questa volta sotto le vesti di Imperatore; alla sua caduta e affossato il sogno unitario di Murat si riaffermò il potere papale che era subentrato, nel 1800, alla famiglia Cesi poiché l'ultimo discendente diretto Federico IX aveva rinunciato ai diritti su queste terre ad eccezione del titolo. Nel 1861 entrò a far parte del Regno d'Italia sotto la Provincia di Perugia che all'epoca era l'unica dell'Umbria fino al 1927 quando venne istituita la Provincia di Terni.


    Chiesa del Sacramento


    Questa Chiesa fu costruita nel 1684 in contrada la Piazza Vecchia della Società del Santissimo Sacramento. E’ di forma quadrata e con tetto in legno con capriata fino alla metà del XIX secolo. All’interno è possibile ammirare un pezzo di mosaico romano proveniente dalla antica città di Carsulae.

    Chiesa della Madonna del Giglio


    La chiesa della Madonna del Giglio, situata di fronte alla “porta vecchia” che nel passato consentiva l’accesso al paese, risale al 1600.
    Al suo interno sono visibili numerosi affreschi alcuni dei quali ben conservati.

    Chiesa di San Francesco


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    Posta fuori le mura di Acquasparta, fu fatta costruire nel 1294 dal Cardinale Matteo Bentivenga d’Acquasparta.
    La chiesa, espressione tipica dell’architettura francescana “povera”, è un esempio assai interessante di quell’arte di transizione dal romanico.
    Dietro l’abside della chiesa rimane il grazioso e piccolo chiostro francescano recentemente riacquistato e ristrutturato dal Comune, il refettorio e parte dei dormitori.
    All’interno vi è una interessante icona rappresentante la Vergine col Figlio in braccio della prima metà del XIV secolo, invocata da sempre dagli Acquaspartani, con il titolo di Madonna della Stella. L’immagine di questa Madonnina compare in tutta la storia di Acquasparta, specialmente in occasione di pestilenze, di terremoti, di guerre.
    Si conserva inoltre una tela francescana copia della celebre tela di Margheritone di Arezzo che si trova in Firenze agli Uffizi e raffigurante San Francesco e, sui lati, noti episodi della vita del Poverello di Assisi.
    Da ultimo si deve ricordare l’antichissimo Crocifisso ligneo (sec. XIV), portato in questa chiesa da San Giovanni di Butris.


    Chiesa di San Giovanni de Butris


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    Fuori del centro abitato lungo la strada Tiberina che ricalca fedelmente il tracciato della vecchia Via Flaminia, la chiesa di San Giovanni de Butris è un vero esempio di arte romanica.
    Costruita sopra un ponte romano a due archi presumibilmente intorno al XIII secolo, è dedicata a San Giovanni Battista e a suo tempo fece parte dell’Ordine dei Cavalieri di Malta.

    Chiesa di San Giuseppe

    La Chiesa di San Giuseppe si trova nell’omonima via. Fu voluta ed innalzata dalla Compagnia di San Giuseppe nel 1626.
    Al momento della costruzione, il luogo ove fu costruita nell’anno 1737, era detto “Contrada di San Cristoforo”.


    Chiesa di Santa Cecilia


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    La Chiesa di Santa Cecilia (Patrona della città) risale al XII secolo come si può notare dall’abside. Di notevole interesse al suo interno è la cappella Cesia, fatta costruire nel 1581 da Isabella Liviani Cesi bisnonna di Federico II il Linceo.
    Nella insigne collegiata di S. Cecilia si trovano sette tele collocate nelle cappelle opere di diversi pittori che vanno dalla fine del XVI secolo alla seconda metà del XVIII secolo.

    Chiesa di Santa Lucia di Burchiano

    Questa Chiesa si trova a nordi di Acquasparta, ad est della vecchia Flaminia e della moderna superstrada E45.
    Si riconosce essere assai antica mediante una memoria in lapide posta nella facciata della Chiesa sopra alla porta principale al di fuori, che guarda a ponente, scritta a carattere gotico, dove si legge essere stata restaurata nell’anno 1312. La chiesa è tutta una navata a tetto. Oggi purtroppo appare completamente spoglia.



    Casa della Cultura


    IN CENTRO CULTURALE DEL COMPLESSO DELL’EX CONVENTO DI S. FRANCESCO .

    Il complesso monumentale di S. Francesco, oggi “Casa della Cultura Matteo D’Acquasparta” rappresenta una delle emergenze storico-architettoniche più rilevanti della città.

    La storia

    Situato fuori dalla cinta urbica del centro storico di Acquasparta, ha avuto origine probabilmente durante la metà del XIII secolo in prossimità di una cappella votiva più antica (oggi non più riconoscibile) dedicata alla Madonna della Stella.
    Quasi sicuramente la grande sala voltata al piano terra costituisce il nucleo più antico, al quale è stato grossolanamente addossata, forse con la trasformazione in monastero francescano, la bella struttura del chiostro, databile quasi sicuramente al 1417; dubbia l’utilizzazione di questo ambiente (attualmente il più suggestivo e meglio conservato), incerta tra “hospitalis”/lebbrosario (forse quella iniziale) e sala capitolare/refettorio del convento.
    Molte, come di consueto nella nostra tradizione, sono state le aggiunte, le modifiche e le sopraelevazioni realizzate via via nei secoli, a cominciare da quelle cinque-seicentesche per continuare con gli interventi più devastanti all’inizio del secolo, con la costruzione dell’adiacente “Grande Albergo Amerino” (hotel di moda nell’epoca Dannunziana, oggi residenza sanitaria assistita), che ha inglobato parte del complesso e del porticato, fino alle deturpazioni subite tra le due guerre con il frazionamento della struttura in parti abitative ed le trasformazioni per vari usi (magazzini, deposito munizioni, officina di un fabbro, ecc.).
    A fronte di questa situazione di estremo degrado, nel luglio 1999 il l’amministrazione comunale riuscì, con il fondamentale e generoso contributo economico della Fondazione ing. Ferdinando Creonti, ad acquistare l’edificio in abbandono per realizzare il dovuto e necessario recupero.

    Il progetto

    Il complesso architettonico, dedicato al suo fondatore Matteo Bentivegna (nato nel 1240 ad Acquasparta) il cardinale ambasciatore di Bonifacio VIII nel 1300, è stato trasformato in “Casa della Cultura” con molteplici finalità sociali e pubbliche in modo da conseguire anche una sostenibilità gestionale ed economica.
    Attualmente, grazie alle opere di restauro eseguite, è stato reso agibile il piano terra e creato un vano interrato, destinato ai necessari spazi di servizio, prima inesistenti.
    Il chiostro diverrà mostra permanente di reperti archeologici, ritrovamenti appartenenti al percorso della via Flaminia, il portico opportunamente vetrato, atrio di ingresso e percorso per allestimenti temporanei.
    Lo splendido ambiente voltato del piano terra, si trasformerà all’occorrenza in scenario teatrale, sala convegni, auditorium per ospitare piccoli spettacoli, concerti, eventi e proiezioni, ricevimenti, congressi e meeting, spazio oggi assente nel centro abitato cittadino.
    L’edificio è stato concepito non solo per ospitare eventi saltuari o temporanei, ma anche per essere reintegrato negli usi quotidiani della collettività: quando il complesso sarà ultimato, infatti, sarà possibile disporre di un'altra sala polifunzionale al primo piano, di uno spazio polivalente per uso museale (laboratorio pedagogico dedicato a Federico Cesi e Galileo) o biblo-mediateca comunale, di spazi per uffici e amministrazione, di una cucina-loc. catering e di una terrazza - bar dallo splendido panorama sul territorio cittadino. Tutti gli spazi saranno pienamente fruibile dalle persone disabili grazie a due ascensori opportunamente ubicati .

    Palazzo Cesi

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    Cinquecentesca dimora di una tra le famiglie illustri e prestigiose umbre-romane e sede nei primi anni del XVII sec. dell'attività scientifica del Principe Federico e della prima Accademia dei Lincei. Alla famiglia Cesi appartennero magistrati, cardinali di Santa Romana Chiesa, frati, vescovi e beati uomini.
    Fra le loro residenze la più eminente è quella di Acquasparta, centro di un feudo che nel 1540 Gian Giacomo Cesi e la moglie Isabella di Alviano ottennero da Pier Luigi Farnese.
    La splendida dimora sorse nel luogo di una rocca distrutta nel primo cinquecento nel corso delle guerre fra Todi, Terni e Spoleto e di cui utilizza le torri uniche strutture superstiti.
    La costruzione del Palazzo intrapresa dal Cardinale Federico nel 1561 si concluse intorno al 1579 anno del matrimonio di Federico Cesi figlio di Angelo Cesi e Beatrice Caetani, nipote di Gian Giacomo e Isabella d'Alviano, con Olimpia Corsini.
    Dal 1565 è documentato come architetto del palazzo il milanese Giovan Domenico Bianchi. La nobile severa facciata del palazzo è animata dal grande portale a bugne molto rilevate sulla cui sommità si innestano la loggia e la slanciata finestra. Il prospetto si articola verso la piazza con due robusti avancorpi laterali e all'interno verso il giardino è coronato da una elegante loggia a due piani. Nel cortile antistante si trova l'orto botanico e la torretta dove il principe era solito ritirarsi.
    Nel palazzo si accede dall'androne agli ambienti del piano terreno, dal portico con una scala anticamente ornata di statue dentro le nicchie si sale al piano nobile in cui affreschi e soffitti lignei a cassettoni con intagli testimoniano ancora oggi la ricchezza della decorazione delle sale, realizzati su disegni di Giovanni Domenico Bianchi e forse ispirati a quelli di palazzo Farnese a Roma sono da considerarsi tra gli esempi più importanti di questo altissimo artigianato in area romana.
    Nei cassettoni del salone sono intagliate figure di Ercole, putti, trofei d'armi e mascheroni e in quello centrale un grande stemma dei Cesi sorretto da due figure di Vittorie.
    I fregi ad affresco celebrano la famiglia Cesi ispirandosi alla vite di Plutarco ed esaltano le virtù militari di Gian Giacomo e di Angelo Cesi e la personalità di Paolo Emilio, primo cardinale della famiglia, uomo ricchissimo, colto e potente.
    Per la decorazione degli ambienti al piano terreno di destinazione privata si ricorse al ricchissimo patrimonio della mitologia soprattutto alle Metamorfosi di Ovidio.
    Tra le decorazioni pittoriche è ben visibile lo stendardo con l'emblema dell'Accademia, cioè la lince contornata da una corona d'alloro, simbolo della ricerca scientifica e della proverbiale acutezza di vista della lince, ed invito a non fermarsi alle apparenze sensibili della realtà.
    I documenti e i caratteri stilistici hanno consentito di identificare il responsabile degli affreschi con Giovan Battista Lombardelli un pittore di origine marchigiana dalla pittura ricca di piacevoli effetti e di gustoso senso narrativo che proprio in quegli anni trovò fortuna a Roma lavorando nei Palazzi Vaticani e in molte chiese romane.
    Fra il 1618 e il 1624 Federico il Linceo fece decorare al piano terreno "la sala di Callisto" con le storie della ninfa amata da Giove e trasformata da Giunone in orsa. La scena al centro della volta con Diana e Callisto deriva dal modello illustre del dipinto di Tiziano ora esposto a Vienna.
    Federico fece inoltre dipingere nelle stanze delle targhe con iscrizioni e motti in latino, greco ed ebraico in cui esprime i suoi ideali di ricerca, una epigrafe che sovrasta l'architrave di una delle porte della sala della "genealogia dei Cesi" sede delle riunioni del 1609, esprime quasi fosse il suo testamento spirituale, l'idea di un rinnovamento culturale basato su profonde convinzioni di ordine etico ed epistemologico.
    Intessuta di mitologie e storie romane di trionfi e allegorie di emblemi, la decorazione che arricchisce palazzo Cesi costituisce uno dei maggiori esempi della pittura di gusto romano in Umbria del periodo di rinascita del mondo cortese del cinquecento.
    All'inoltrato settecento risale infine la decorazione della cappella che per i caratteri architettonici va riferita al Romano Niccolò Ricciolini (1687-1772).
    Molto interessante nella sala del trono con un camino che porta una dedica a Galileo il quale nell'aprile 1624 fu ospite del giovane Federico.Nell'arredo spiccano due importanti tele "Mosè e le figlie di Jetro" di Matteo Rosselli (Firenze 1578-1650) e la "Fuga di Lot da Sadoma" di un pittore fiorentino suo contemporaneo.
    Disabitato per lungo tempo, utilizzato per ospitare i senzatetto nel dopoguerra l'edificio fu infine acquistato nel 1964 dall'università di Perugia che nel 1973 ne concluse il restauro.

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    montefranco



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    Montefranco, posto a 414 metri tra olivi e boschi di querce e pinete, domina sulla Valle del Nera. Il paese deve le sue origini al vecchio castello di Bufone, preesistente al 1228, di cui restano le porte Franca e Spoletina e le mura esterne.

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    Questo castello nacque probabilmente alla fine del primo millennio su un luogo facilmente difendibile dalle orde saracene che infestarono la valle attorno al 900. Nel 1228 alcuni uomuni di Arrone, lasciarono il loro paese per sottrarsi al dominio di Rinaldo, che scorrazzava in Val di Narca per conto di Federico II, e passarono sotto il dominio di Spoleto sul Colle di Bufone che fu loro concesso. Questo nuovo paese fu per gli arronesi come terra franca; da qui il nome Montefranco.
    Il nuovo castello fu sempre possesso del Comune di Spoleto e quando nel 1264 Montefranco fu occupato da truppe germaniche e mussulmane del ghibellino Percivalle Doria, queste furono subito ricacciate dalle truppe spoletine. In seguito Montefranco aderì alla confederazione dei dodici castelli che, guidata dall'Abbazia di S. Pietro in Valle, non rinnovarono la sudditanza a Spoleto. Ma nel 1372 questi castelli ribelli furono di nuovo obbligati alla sudditanza a Spoleto.
    A seguito delle antiche controversie tra Spoleto e Terni, nel 1498 Montefranco fu cinto d'assedio, ma resistette. Nel 1522 Montefranco partecipò alla nuova rivolta dei castelli della Valnerina contro Spoleto. Il paese fu distaccato da Spoleto nell'1527, ma Urbano VIII ve lo riunì nel 1627. Nel 1799 Montefranco fu occupato da bande di insorti, ma le truppe spoletine riuscirono a recuperarlo. Dopo la restaurazione fu Comune di secondo ordine con un governatore. Interessante, nella parte più antica del paese sopra il Colle di Bufone (Castrum Bufonis), la Chiesa di origine medievale dedicata a S. Maria Assunta in ossequio alla Chiesa Cattedrale di Spoleto. A seguito di pesante degrado, la chiesa fu pesantemente restaurata i primi del secolo.

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  12. gheagabry
     
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    Ogni pagina della sua storia è iscritta nelle sue pietre, mirabilmente dipinta nelle sue mura, in un intrigo di civiltà e culture che hanno lasciato ampie tracce del loro passaggio, disegnando la città medievale più suggestiva ed intrigante, un borgo fortificato dal volto gentile..



    PERUGIA




    Capoluogo dell'Umbria è Perugia, che conta 155.000 abitanti ed è certamente una delle più affascinanti città d’Italia. Essa sorge sulla sommità di un colle ed estende l’abitato lungo le sue pendici, allargandosi a forma di stella. La struttura stellare deriva dall’espansione dei cinque borghi storici, in direzione del contado. Nella piana sottostante, il Tevere scorre lento e sonnacchioso fra i campi, e il suo fluire scandisce il passare dei secoli. Il nucleo più antico della città di Perugia è quello etrusco, compreso - ancora in gran parte - entro la possente cerchia muraria, su cui si aprono varie porte, soprattutto etrusche e medievali. Delle molte torri - erette per la difesa della città, nel XII e XIII secolo - ne rimane solo una: quella degli Sciri....A Perugia l’antico convive col moderno. Il numero e la bellezza dei suoi monumenti, delle sue chiese e dei suoi palazzi, ne fanno un centro artistico di grande interesse. L’architettura etrusca, romana, romanica e gotica si sono armonicamente succedute, lasciando impronte profonde. A Perugia sono ampiamente rappresentate la scultura e la pittura antica e moderna che qui mostrano opere insigni. In realtà, è stato osservato che non esiste una sola Perugia: n’esistono molte, tutte in perfetta fusione. L’Augusta Perusia è un diamante a più facce, che ne riflettono le caratteristiche e i contrasti: arte, misticismo, l’anima del commercio e della banca, l’ardore della conquista, l’amaro sapore della sconfitta e dell’invasione, l’orgoglio del sapere, le sanguinose faide per il governo cittadino...Per questa sua essenza poliedrica, per visitare Perugia bisogna scoprirla pian piano, camminando per le strade del centro, lungo le mura antiche; guardando - dall’alto dei poggi erbosi - i palazzi, le chiese, i giardini, le piazze; cogliendo dapprima l’insieme ancora medievale;
    osservando poi dettagli e colori, i segni del sacro e del profano.
    Nel 1875 Henry James scriveva: «Forse farò un favore al lettore dicendogli come dovrà trascorrere una settimana a Perugia. La sua prima cura sarà di non aver fretta, di camminare dappertutto molto lentamente e senza meta e di osservare tutto quello che i suoi occhi incontreranno». Non mancheranno le sorprese e i lati curiosi...zvisitare Perugia significa visitare una delle capitali della musica. La città ospita il festival jazz più importante d'Italia: Umbria Jazz. Dulcis in fundo, Perugia è anche la città del cioccolato.





    Perugia, munita di grandi mezzi di difesa dalla natura
    e dalla mano dell'uomo,
    sorge improvvisamente su di un'altura.
    (Charles Dickens)



    ...storia ...



    Il mito medioevale vuole che il leggendario eroe, fondatore di Perugia si chiamasse Euliste e venisse da Troia....Servio afferma che fu fondata dall’etrusco Auleste, padre (o fratello) di Ocno, fondatore di Felsina (Bologna) e di Mantova. Ma Plinio attribuisce la sua origine agli Umbri. Quale che sia la sua “nascita” (che data presumibilmente verso la fine dell’età del bronzo), è certo che dal VI secolo a.C., Perugia diviene una delle più importanti città della “dodecapoli etrusca”, la federazione delle principali città dell’Etruria.
    Alta sul colle che domina la valle del Tevere e forte della posizione di confine tra il territorio degli umbri e quello degli etruschi, Perugia si rafforza sempre più, sviluppando i commerci e proteggendosi con forti e imponenti mura.
    Le stesse mura che ancora oggi cingono la parte più interna della città.
    In ogni caso, la nascita di Perugia come città è fatta generalmente risalire al periodo in cui gli Etruschi, in espansione dalle regioni tirreniche, ne presero possesso (VI-V secolo a.C.).
    Sotto la dominazione etrusca Perugia assume rapidamente un'importanza tale da assurgere al ruolo di lucumonia (il distretto amministrativo etrusco per eccellenza). Sconfitta e sottomessa dai Romani a seguito della battaglia di Sentino (295 a.C.), Perugia mantiene comunque una discreta autonomia politica. A quest'epoca risale probabilmente la costruzione della cinta muraria. Nello stesso secolo, i Romani subirono una delle più gravi sconfitte della loro storia, da parte dei Cartaginesi di Annibale, proprio sulle sponde del Trasimeno (217 a.C.),
    e Perugia si ritrovò ad offrire rifugio a numerosi soldati romani scampati al massacro.
    L'assimilazione agli usi ed ai costumi romani prosegue per tutto il secolo e si protrae senza traumi fino al 140 a.C., anno in cui la lotta di potere tra l'imperatore Ottaviano e Lucio Antonio, fratello di Marco Antonio che aveva fatto di Perugia la propria roccaforte, si conclude con la resa di quest'ultimo
    e con il conseguente incendio e saccheggio della città;
    i membri del senato perugino furono sterminati ed i domini del municipium drasticamente ridotti.
    L'opera di riedificazione condotta dallo stesso Ottaviano rende ben presto Perugia più ricca e potente di quanto non fosse in precedenza e le fa meritare il titolo di "Augusta", a conferma dello stretto controllo esercitato su di essa dall'imperatore. Il periodo imperiale trascorre con una certa tranquillità; a partire però dal IV secolo, la penetrazione del Cristianesimo tra la popolazione assume proporzioni tali da giustificare la nascita di una diocesi (V secolo); nel seguente periodo di crisi e di progressivo disfacimento dell'Impero il vescovo diviene in breve tempo la guida non soltanto spirituale ma anche politica della città: durante l'invasione barbarica guidata da Totila, il vescovo Ercolano, successivamente santificato, oppose una strenua resistenza e difese Perugia fino al martirio.
    La città fu invasa e devastata (548).
    Fino a oltre l'anno Mille le frammentarie notizie su Perugia testimoniano
    della lunga dominazione bizantina e della successiva annessione a Roma (VIII secolo).
    E' proprio durante il secolo XI che nascono le prime istituzioni comunali, mentre il XII è ricordato soprattutto per le battaglie con le limitrofe Chiusi, Cortona, Todi, Foligno e Assisi; con quest'ultima si apre nel XIII secolo una sanguinosa lotta che si conclude con la vittoria perugina nella battaglia di Collestrada (1202):
    tra i prigionieri sconfitti figura anche il futuro San Francesco d'Assisi.
    I successi militari aprono la strada al dominio di Perugia sulla vasta zona che va dai versanti appenninici fino all'attuale Val di Chiana. La città si estende, si rafforza e si arricchisce, mantenendo negli anni l'appoggio della Chiesa di Roma cui non viene però riconosciuta la Signoria; il tentativo di sottomettere direttamente Perugia costò addirittura la vita a Papa Innocenzo III, ucciso in città nel 1216. Tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo sorgono alcuni dei monumenti e delle istituzioni che rappresentano tutt'oggi il vanto di Perugia:
    la Fontana Maggiore, il Palazzo dei Priori, le principali chiese, l'Università (1308).
    Ormai definitivamente costituitosi in Comune, il principale centro umbro continua ad accrescere la propria importanza, anche dopo il trasferimento del Papato ad Avignone e per tutta la prima metà del XIV secolo.
    Per i tre secoli successivi Perugia non riesce a sottrarsi allo stretto controllo pontificio; soltanto con l'avvento di Napoleone, e con la conseguente inclusione nel Dipartimento del Trasimeno (1798), la città torna a godere di una certa autonomia, ma questa dura fino al Congresso di Vienna. Con la restaurazione, Perugia torna a far parte dello Stato Pontificio. Nel 1859 una rivolta contro il legato pontificio viene prontamente soffocata nel sangue dalle truppe di Pio IX, ma ormai lo spirito risorgimentale non può più essere arrestato: il 14 settembre 1860 i bersaglieri di Vittorio Emanuele II entrano trionfalmente in città, e Perugia viene annessa al Regno d'Italia.





    ......La Fontana Maggiore ....




    Costruita tra il 1275 e il 1278 per portare l'acqua in città dal nuovo acquedotto di monte Pacciano, la fontana maggiore è un gioiello di scultura e il simbolo della Perugia medievale. I lavori dell'acquedotto e della fontana furono diretti da Frate Bevignate, che riuscì, laddove altri prima di lui avevano fallito, a risolvere brillantemente il problema dell'approvvigionamento idrico della città. Al disegno della fontana si dedicarono Nicola e Giovanni Pisano, i due grandi protagonisti della scultura italiana duecentesca.
    Nella fontana di Perugia si realizza una straordinaria unità di intenti tra le due personalità. Elevata su una gradinata circolare e formata da due vasche di pietra bianca e rosa, sormontate da una conca bronzea da cui si levano tre ninfe. L'opera è un esempio di fontana medievale a bacini sovrapposti tra i più monumentali... La vasca inferiore è formata da un poligono di venticinque lati e su ogni lato, separati da una colonnina, sono scolpiti due bassorilievi. Le cinquanta formelle raffigurano il calendario dei lavori agricoli, episodi biblici, storici e mitologici, oltre a due scene tratte dalle favole di Esopo, nonchè i simboli della città (il grifo), del partito guelfo (il leone) e dell'impero (l'aquila). La conca superiore è un bacino poligonale di dodici lati, decorato con i personaggi, reali e immaginari di Perugia... dal mitico fondatore troiano Euliste a sant'Ercolano, il vescovo difensore della città contro i Goti. L'artista lascia la sua firma su un'iscrizione della vasca inferiore, quasi a sottolineare un processo di autonomia ormai compiuto.





    .....personaggi .....



    Bernardino di Betto (1454-1513), detto il Pinturicchio, o anche Sordicchio, per una certa sua sordità, è nativo di Perugia. Forse fu allievo di Fiorenzo di Lorenzo, ancora giovanissimo diventa collaboratore del Perugino...Criticato dal Vasari per il suo vezzo di fare nelle sue pitture ornamenti d'oro, il Pinturicchio va comunque ricordato come un abile, gustoso decoratore e un colorito narratore.

    Fra' Bevignate fu architetto e frate benedettino dell'ordine di San Silvestro. Nasce probabilmente a Cingoli, comune delle Marche in provincia di Macerata, ma la sua lunga attività nella città di Perugia e dintorni, il suo prezioso contributo alla realizzazione di numerose opere cittadine, fa del personaggio un membro eminente della cultura locale. A lui furono affidati il progetto e il disegno della Fontana Maggiore di Perugia, realizzata in collaborazione con Nicola Pisano e Arnolfo di Cambio, due fra i maggiori scultori dell'epoca.

    Niccolò di Liberatore, detto "l'Alunno", nasce a Foligno, e deve il suo soprannome all'errata interpretazione attribuita dal Vasari alla firma del pittore "alumnus Fulginie". Lo stile dell'Alunno si caratterizza per il tratto teso ed asciutto.
    Riceve la propria educazione artistica dai maestri Angelico e, per suo tramite, del Gozzoli, ma distinguendosi ed elevandosi nettamente al di sopra di essi per un più sincero sentimento mistico, in grado di tradurre l'emotività e il patetismo tipico della scuola umbra in termini di vivo risalto plastico e di drammatico plasticismo. Questo aspetto è particolarmente evidente nel Polittico del Duomo di Assisi (1470), e in quello della Chiesa di San Francesco di Gualdo Tadino (1472).

    Gerardo Dottori fu artista futurista e areopittore di grande importanza nel panorama italiano ed europeo. Frequenta a Perugia l'Accademia di Belle Arti e dopo un breve soggiorno a Milano, torna nella città natale, aderendo nel 1912 al Movimento Futurista, scelta che caratterizzerà integralmente la carriera artistica del pittore e poeta perugino.

    Andrea Fortebracci, nasce a Montone da una famiglia della nobiltà perugina, messa al bando poco tempo dopo la sua nascita, a causa delle insanabili rivalità fra le fazioni per il controllo del territorio e del governo di Perugia. L'episodio segnò profondamente la sua infanzia, facendo maturare in lui l'irrefrenabile desiderio di governare la città di Perugia. A tale scopo iniziò a raccogliere un vasto esercito, facendosi immediatamente notare come stratega in ambito militare. Si arrivò allo scontro il 15 luglio 1416 nella battaglia di Sant'Egidio, al termine della quale Braccio da Montone prese la città di Perugia e ne fu acclamato signore.

    Pietro Vannucci, detto il Perugino è forse il figlio più eccellente della città di Perugia, anche se "adottivo". Nasce difatti a Città della Pieve, formandosi grazie all'insegnamento diretto di Piero della Francesca. Il Perugino si afferma come il massimo esponente e il primo artista veramente rinascimentale della scuola umbra.





    "....ci rimangono come testimonianza di una epoca,
    di un "c'era una volta",
    di un sentimentale amarcord,
    dove solo la curiosità riesce a far sì che possano ancora esistere...."


    Nella Basilica di S. Pietro, la seconda colonna a sinistra, sulla quale è dipinta la figura del Santo, è chiamata la "colonna miracolosa" perché durante la costruzione della basilica stava per cadere e fu tenuta in piedi dal Santo. Sempre in questa Chiesa pare che fino a qualche anno fa esistesse un leccio di più di 1.000 anni, alto 30 metri e talmente grande che al suo interno ci si poteva sedere su panche: gli ultimi a farlo furono nel 1931 i vescovi umbri durante un loro congresso.

    La Cappella del Santo Anello che si trova nella Cattedrale di Perugia, conserva il leggendario anello nuziale della Madonna che fu portato via da Chiusi, nel '400, da un certo frate Winter di Magonza.

    Via della Gabbia, dietro al Palazzo dei Priori, deve il suo nome alla gabbia di ferro sporgente dal palazzo in cui venivano chiusi i delinquenti.

    La Chiesa di S.Angelo, più conosciuta con il nome di Tempietto, è detta anche Padiglione di Orlando (il famoso paladino) per la sua struttura interna che la fa somigliare ad una tenda da guerra.



    Nei tuoi sassi, Perugia, nei palazzi, nelle strade son le vestigia, il tuo mondo.
    Nelle tue piazze il respiro etrusco, le stagioni del sole,
    delle torri orgogliose possenti della guerra, dei cavalli bardati splendenti,
    delle tombe antiche nascoste sotterra.
    Alla prima luce del giorno rimbomba ancora alle tue porte
    delle legioni il passo cadenzato e di Totila il grido di vittoria,
    contro i bastioni, contro le mura tuona ancora il cannone del Farnese.
    Nel tuo ateneo dell’età di mezzo non conosce tramonto il lauro
    di Bartolo e Baldo giuristi, che la scienza diffusero di Roma e dei commerci.






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  13. gheagabry
     
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    "Il viaggio è una specie di porta
    attraverso la quale si esce dalla realtà come
    per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno".
    (Guy de Maupassant)



    L'Umbria ha un cuore verde e un lago blu



    IL LAGO TRASIMENO





    Il lago Trasimeno, detto anche lago di Perugia, è il più esteso lago dell'Italia peninsulare.
    Tale estensione si affianca ad una scarsa profondità (mediamente di 4,3 m), di modo che il Trasimeno rientra tra i laghi di tipo laminare.

    Il lago Trasimeno, con le sue tre isole: Maggiore, Minore e Polvese, immerso nel verde dei suoi canneti, con un contorno di colline ricoperte di olivi viene descritto da personaggi illustri, che già in epoche passate venivano qui per ritrovare la calma e il contatto con la natura... Byron, in "Passeggiate romane", agli inizi dell'ottocento scrisse: "Io preferisco la via di Perugia a quella di Siena: si ha modo di visitare Arezzo, dove sembra che nulla sia cambiato dal secolo di Dante; e poi i dintorni del lago Trasimeno sono bellissimi".
    In tutto il territorio che circonda il lago Trasimeno si respira un'atmosfera medievale, data da antichi borghi, cattedrali e castelli che più o meno si affacciano sul lago dall'alto delle colline erbose, ricoperte di una vegetazione fatta di viti e olivi.

    Le acque del lago ospitano una ricca ittiofauna, in parte di pregio: la tinca, l’anguilla, la carpa regina, il luccio, il persico reale e il pesce gatto.
    L’avifauna è presente con i rapaci come il biancone, il gufo reale e il falco pescatore, ma soprattutto, dopo il bando della caccia nel territorio del parco, si è moltiplicata l’avifauna migratoria.
    Oggi vi si trovano l’airone, la cicogna, la garzetta, il tarabuso, il cigno selvatico, il fischione, il germano reale, la moretta, l’oca selvatica, lo smergo, il cavaliere d’Italia, il gabbiano, la folaga, la gallinella d’acqua, lo svasso.




    ....nella storia.....



    Il Lago si trova in un'estesa valle tettonica, prende il nome dalla tragica storia d'amore tra Trasimeno, figlio di Tirreno, trascinato sul fondo del Lago dalla ninfa Agilla (o Agille) innamorata di Lui.
    A circa 10 km dal Trasimeno sorsero le Lucomonie etrusche di Cortona e Chiusi ed a circa 20 km la città (sempre di origini etrusche) di Perugia.
    Ma la storia è fatta di date e quella del Trasimeno ha inizio con la battaglia del 217 a.C. tra i Cartaginesi comandati da Annibale contro i Romani del Console Caio Flaminio.
    Le rive paludose hanno poi scoraggiato grossi insediamenti e tutta l'antichità ed il medioevo passano quasi senza toccare il Trasimeno.
    Il 31 Luglio 1514 nasce a Perugia Ascanio della Corgna nipote del futuro Papa Giulio III... Ai più questo nome non dice niente, ma ai suoi tempi fu una persona famosa, importante ... ed estremamente pericolosa e letale.....Combatté tutte le guerre che si svolsero in Italia dal 1535 fino alla Battaglia di Lepanto del 1571, dove con il grado di Maestro di Campo (lo stratega militare) dell'esercito Cristiano sconfisse le forze Ottomane.
    Ma la storia dei Della Corgna, nobile famiglia perugina, nel comprensorio del Trasimeno era iniziata dalla concessione, per nove anni, di Papa Giulio III alla sorella Jacoma ed ai nipoti Ascanio e Fulvio (divenuto poi Cardinale) di Castel del Pieve (ora Città: della Pieve, Castiglione del Lago ed il Chiugi (la zona verso Chiusi).
    La pace tra il Granducato di Toscana e lo stato Pontificio ebbe come conseguenza una lunga tranquillità sulle rive sempre più malariche del Trasimeno, cosicchè, nel 1777, tal frate Cosimo Peintinger ne propose il completo prosciugamento...E l'idea ebbe dei proseliti tanto che sorse una "lobby" (la società dei Caratanti) con lo scopo di trasformare il Trasimeno in terreno agricolo.
    L'idea venne bloccata da due illuminati professori dell'Università di Perugia tal Annibale Mariotti e Benedetto Bernardi i cui nomi sono stati pressoche dimenticati dalle popolazioni odierne.
    Passa Napoleone ed il Congresso di Vienna quando nel 1828 prima e nel 1842 poi due ingegneri riprendono la balzana idea....Passa il Risorgimento e l'Unità d'Italia ed ecco che il Governo Sabaudo concede nel 1865 al Camillo Bonfigli la concessione per il prosciugamento...L'idea fu bloccata dalla carenza dei mezzi finanziari del Bonfigli e dalla tenace opposizione sia di alcuni esponenti locali e sia del comune di Perugia.
    E fu allora che si decisero di fare il "Consorzio per la sistemazione del Trasimeno" il cui ventenne segretario era Guido Pompilj....Il Consorzio inizialmente guidato da Reginaldo Ansidei e successivamente dal Pompilj stesso procedettè alla sistemazione del Lago realizzando a San Savino l'emissario (1898) per smaltire le ondate di piena e bonificando dalla malaria le coste.





    ....nella mitologia.....



    La leggenda del Trasimeno narra le vicende della ninfa Agilla e del principe Trasimeno, figlio del dio Tirreno.
    L’amore tra la ninfa e Trasimeno sbocciò sull'isola Polvese posta in mezzo al lago. Attirato da un canto angelico, Trasimeno raggiunse l'isola. E lì Trasimeno e Agilla si trovarono uno di fronte all'altra. Fu amore a prima vista.
    Ma il destino era avverso, e la felicità dei due durò solo un giorno.
    La mattina seguente le nozze, Trasimeno decise di fare un bagno nel lago. Agilla lo guardava dalla riva. Il giovane, improvvisamente, finì sott'acqua e non tornò a galla. Il suo corpo non venne più ritrovato.
    Agilla non si diede per vinta. Giorno dopo giorno, continò a cercarlo e non perse la speranza di riabbracciare il suo Trasimeno. La ninfa finì i suoi giorni su una barca in mezzo al lago, controllando tutte le imbarcazioni alla ricerca dell'amato.

    I pescatori raccontano che d'estate, quando soffia il vento dalla Toscana, si sente il pianto di Agilla. E, se all'improvviso si alza un'onda che rischia di fare rovesciare le barche è la ninfa che crede di avere ritrovato Trasimeno.

    Ecco la canzone d'amore che cantò Agilla per Trasimeno:



    "Non m'importa se le nubi chiudono il cielo,
    se la notte mi cinge di nero;
    non m'importa perché lo splendore del sole io l'ho dentro di me.
    Non m'importa se l'autunno dispoglia la terra,
    non m'importa perché il rigoglio dell'erba io l'ho dentro di me.
    Non m'importa se l'inverno mi stringe nel gelo,
    non m'importa perché il calore del sole io l'ho dentro di me."




    I colori del lago non sono sempre uguali.
    Cambiano, con le stagioni e con il tempo, con la luce del mattino e le prime ombre della sera.
    Tutte le gradazioni dell’azzurro si susseguono, da una sponda all’altra,
    con armoniose sfumature e riflessi argentei.





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  14. tomiva57
     
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    Sellano
    Da Wikipedia


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    Sellano è un comune di 1.165 abitanti della provincia di Perugia, situato a 640 m s.l.m. lungo la valle del torrente Vigi, affluente di destra del fiume Nera. Il suo territorio si estende per 85 km² e comprende le frazioni di Apagni, Cammoro, Ceseggi, Molini di Cammoro, Montesanto, Orsano, Piaggia, Postignano, Pupaggi, Villamagina.


    Sellano sorge su di un colle prevalentemente argilloso, in un'area paseggisticamente tipica del Subappenino umbro. È situata nella valle del torrente Vigi e nel suo territorio ha origine il fiume Menotre, che nella frazione folignate di Altolina si getta nel fiume Topino, affluente del Tevere. Inoltre, a Sellano sorgono numerose sorgenti, tra cui quella che viene usata dal marchio Fonte Tullia e quella che rifornisce di acqua la città di Spoleto. Il capoluogo è situato a 640 m. s.l.m.


    sellano

    Le origini del nome

    Il toponimo Sellano deriverebbe dalla tribù romana della gens “Suilla” o dei Syllinates (Plinio, Naturalis Historia, Libro III) così almeno secondo gli storici spoletini Severo Minervio (1700) e Achille Sansi (1900), mentre altri storici (a cominciare dall’abate folignate Ludovico Jacobilli nel 1800) vorrebbe ricondurre il nome dell’abitato ai seguaci di Lucio Cornelio Silla, che, in retrovia a seguito della battaglia di Spoletium (Spoleto) durante la prima guerra civile, l’avrebbero fondata nell’84 a.C. trovandovi rifugio ed imponendovi il nome del loro capo, da cui appunto “Syllanum”.


    Storia antica e medievale

    Le prime tracce di abitato risalgono all’età romana (si trattava probabilmente di un vicus, come testimoniano alcune epigrafi rinvenute nel territorio), dalla quale, pare, abbia derivazione il nome stesso. Sellano nell'aspetto attuale risulta interamente tardo medievale e sorse in corrispondenza di itinerari che attraverso la valle del Vigi collegavano la Valnerina con Foligno e il Camerte e raggiungevano Spoleto lungo la Via della Spina. A seguito dell’invasione longobarda e della cristianizzazione dei territori, divenne una curtis con intorno alcune comunità monastiche dell’Ordine benedettino, possedimento feudale ed infine libero comune, però sotto la sudditanza della città di Spoleto, ma lungamente conteso dalla Curia imperiale. A cominciare dall’epoca tardo-antica Sellano assunse un sempre maggiore peso strategico, determinato in primis dalla sua posizione geografica, e per questo, assoggettato ai longobardi e compreso nel Ducato di Spoleto. Fino alla seconda metà del XII secolo, dopo essere stato sotto il dominio dei Signori di Norcia, fu feudo appenninico dei conti germanici degli Alviano, probabilmente tra i primi castelli ad essere edificati in quest’area, fino a svilupparsi nella struttura di comune autonomo montano e stabilendo un patto federativo e difensivo con l’espansionista comune di Spoleto, al quale rimane tutt’ora agganciato come diocesi di Spoleto-Norcia insieme a tutta la Valnerina. Nel XIII secolo, infatti, diviene parte dello Stato pontificio e nel 1300 c.a. Feudo dei Colligola, signori di Montesanto. Di marcate tendenze ghibelline e autonomistiche, Sellano non fu mai abbastanza forte da poter essere indipendente, ma ritenuta sempre un ottimo punto strategico per la sua posizione geografica, nei secoli il suo destino diviene indissolubilmente legato a quello dei centri vicini. In varie occasioni fu a capo o in compartecipazione a moti di ribellione (come nel 1300 insieme ad altri castelli vicini contro Spoleto) e di rivendicazione politica e statutaria, fino all’anno 1523, nel quale avvenne la definitiva pacificazione con Spoleto.




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    Storia moderna e contemporanea


    Da allora fino all’età napoleonica, Sellano visse come “terra” del Distretto spoletino, sviluppandosi successivamente e gradualmente da Comune autonomo, ampliando la potestà amministrativa e territoriale sugli ex castelli limitrofi Apagni, Postignano, Cammoro, Orsano e Montesanto, che, essendo più piccoli, non avevano abitanti sufficienti a mantenere la propria autonomia. Nel 1860 anche Sellano votò per l'annessione al Regno d'Italia. L’archivio storico comunale è depositato presso la Sezione di Archivio di Stato di Spoleto. Colpito dagli eventi sismici che coinvolsero l'Umbria e le Marche nel settembre 1997, è oggi tornato alla sua vita normale, dopo un restauro rispettoso della qualità storica degli edifici e delle normative antisismiche.

    Il centro si presenta alquanto compatto all’interno della cinta muraria, con baluardi e porte di accesso al mastio principale, con alcuni palazzetti gentilizi, tra cui spicca quello comunale, ed alcuni edifici di culto. Lo stemma comunale raffigura San Michele Arcangelo in piedi sopra una sella che, molto semplicemente, offre una spiegazione sull’origine del suo nome, in quanto il paese si trova costruito sopra la sella di un colle. Il santo patrono è San Severino festeggiato l'8 giugno.



    Edifici storici e di culto





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    - Palazzo Comunale (costruzione con evidenti caratteristiche cinquecentesche che conserva preziose tracce di affreschi del secolo XVI).




    - chiesa di San Francesco, detta Madonna della Croce. Terminata nel 1538, è a pianta ottagonale con pronao sormontato da timpano e corpo absidale a pianta rettangolare. L'interno è diviso in tre navate, tutte le cappelle hanno altari cinquecenteschi in legno e in pietra.


    fotone_sellano

    - chiesa di Santa Maria. Edificata nel 1200 fu ricostruita nel 1500. All'interno, tele del 1500 e del 1600, pulpito di noce intagliato e trittico su fondo oro del 1400. Custodisce le spoglie del beato Jolo, eremita vissuto tra il 1250 ed il 1315, anacoreta, co-patrono di Sellano. Nei pressi della frazione di Villamagina è la caratteristica grotta del beato Jolo, alla quale si accede da un tortuoso sentiero in cui la tradizione trovò riparo il Santo.




    - chiesa di Santa Maria Novella (a Cammoro).




    Sellano_090
    valle del fiume Vigi

    foto:web

    Itinerari :



    Le Cascate di Sellano



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    Da Montesanto a Sellano, gli antichi castelli tra il ducato di Spoleto e il ducato dei Varano: una splendida passeggiata a piedi nel cuore della Valle del Vigi.
    Un itinerario di grande interesse storico e artistico che ripercorre l’antico passato medioevale della zona.


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    1) Monte Santo di Sellano: visita dell’antico borgo medievale ed inizio dell’escursione, in discesa nel bosco per il sentiero lastricato fino alla valle del Vigi; sosta al laghetto del Vigi, e rientro a Sellano.

    2) Sellano: Visita del paese, Convento dei Cappuccini.

    3) Sellano - Montesanto: antichi castelli tra il ducato di Spoleto ed il ducato dei Varano. Itinerario di grande interesse storico ed artistico, da percorrere a piedi: si visita, dapprima, il paese di Montesanto che ancora conserva la caratteristica struttura del castello di sommità, e di qui, percorrendo un’antica mulattiera lastricata che ancora pochi decenni or sono era l’unica via di collegamento tra i due paesi, si scende verso la valle del fiume Vigi. Nella discesa si attraversa il bosco in cui prevalgono le specie della roverella e del carpino nero frammiste a ginestra, ginepro e ginestrella. Sono evidenti anche interessanti affioramenti di scaglia rossa. Giunti nella valle dopo aver costeggiato alcuni laghetti creati artificialmente, si risale verso il paese di Sellano costeggiando una zona di rimboschimento con conifere ed una vegetazione di tipo prevalentemente arbustivo.



    Questo itinerario consente di apprezzare alcune fra le maggiori emergenze storico-artistiche e naturalistiche del territorio di Sellano partendo dal centro storico del paese. Sellano è un castello del XII secolo in posizione dominante sulla Valle del Vigi.
    Le origini si perdono nella leggenda, dovute forse alla tribù romana dei Syllinates, ricordata da Plinio, o addirittura ai seguaci di Lucio Cornelio Silla, che sembra la fondarono nell’84 a.C. Prima dell'anno Mille appartenne ai Longobardi e fece parte del Ducato di Spoleto. In seguito passò allo Stato Pontificio. Da visitare nel paese, la Chiesa Madonna della Croce, ultimata nel 1538, dove tutte le cappelle hanno dei bei altari cinquecenteschi in pietra e legno, la Chiesa di S. Maria del XIII secolo e il Palazzo Comunale con una bella facciata del ‘500.
    Sellano è famosa per le sue acque minerali e per la produzione di lime e raspe, che viene effettuata artigianalmente da secoli nella frazione di Villamagina.
    Appena fuori dall’abitato un sentiero ben evidente permette di scendere di quota e di scorgere, specialmente nel tratto iniziale, al di là della valle del Vigi, il castello di Montesanto, antico ed importante castello di poggio, sorto a guardia dell’antica pieve di Mevale. Fu comune indipendente fino al 1879, anno in cui venne accorpato a Sellano.
    Proseguendo sino al fondovalle si giunge al Lago di Vigi. Questo bacino artificiale è stato creato nei primi anni ’60 dello scorso secolo con la funzione di alimentare un altro invaso, nei pressi di Ponte Sargano nel comune di Cerreto di Spoleto, il quale a sua volta, mediante condotte forzate, è attualmente utilizzato per la produzione di energia idroelettrica.
    L’ambiente circostante è caratterizzato da una forte connotazione naturale: intorno al laghetto sono infatti presenti ontani neri, salici bianchi, giunchi d’acqua e, sui versanti rocciosi, boschi di roverella e lecci rupicoli.
    Il cammino continua in falsopiano per un breve tratto su strada asfaltata poi su sterrata fino ad un bivio che, dopo la svolta a destra, conduce ad un prato alla base della cascata delle Rote, uno stretto salto d’acqua di diversi metri scavato da migliaia di anni di costante e continuo scorrere, oggi in eccezionale evidenza negli scatti dei fotografi naturalisti e degli appassionati.
    Per il ritorno si ripercorrono i 2 Km circa a ritroso, mantenendo in riserva qualche energia per affrontare il sentiero che in salita raggiunge il paese.
     
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  15. tomiva57
     
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    Cerreto di Spoleto

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    Cerreto di Spoleto è una cittadina a 557 m. sul livello del mare che deve il suo nome alle foreste ci cerri che cescono nelle immediate vicinanze.

    I primi riferimenti storici della cittadina risalgono agli albori del 1200. Storicamente, fu durante il Medio Evo che conobbe il massimo splendore, periodo in cui tuttavia, dovette fronteggiare i continui assalti di Norcia e Spoleto. Oggi Cerreto di Spoleto è soprattutto conosciuto per la raccolta dei tartufi neri, mentre da un punto di vista artistico, offre interessanti complessi di edifici pubblici e sacri del periodo a cavallo tra Medio Evo e rinascimento.
    Il monumento più conosciuto di Cerreto è senza dubbio il monastero di San Giacomo del XIV-XV secolo. Le pareti interne sono tappezzate da una serie di pitture che si articloano su due file per lo più risalenti al XV secolo. In particolare le storie dei Santi Giovanni e Caterina, oltre alle splendide immagini della Madonna con Bambino e della Crocifissione. La Chiesa di S. Maria De Libera, anche essa di epoca rinascimentale ospita nell'interno delle sue cappelle laterali preziosi affreschi di scuola umbro-marchigiana.
    Borgo Cerreto è un attraente villaggio nelle immediate vicinanze di Cerreto di Spoleto. Tradizionalmente fu sempre sotto il dominio del più possente villaggio di Cerreto, che ne fece un vero e proprio forte difensivo, come è ancora oggi visibile dai resti delle mura e dei torrioni. Infine sempre nelle vicinanze, in prossimità del villaggio di Ruscio, da non perdere il Santuario della Madonna della Stella, antico eremo agostiniano del 1600.


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    Monastero di S. Giacomo


    Situato nella parte bassa di Cerreto di Spoleto in prossimità della via cerretana che da Borgo Cerreto sale,venne fondato nel XIII secolo. Ospitava le suore benedettine che lo occuparono fino dal 1783.
    La facciata corrisponde alla parete sinistra della navata ed è ornata da un portale ad arco acuto con una croce scolpita sulla lunetta.
    All'interno, sulla parete sinistra, "Visitazione" tela risalente al 1573 (di Camillo Angelucci da Mevale) che un tempo era situata sull'altare maggiore. Sempre sul lato sinistro sono raffigurati i Santi Benedetto e Scolastica, i Santi Michele Arcangelo, Giacomo e Filippo Neri,due tele del XVII secolo.
    Le altre tre pareti sono ricoperte di affreschi del XV secolo. Tra tutti ricordiamo la "Crocifissione fra Santi", l'"Annunciazione" la "Trinità" ed alcuni frammenti nella parte superiore alcuni dei quali sono collocabili intorno alla metà del XV secolo e che sembrano simili agli affreschi presenti nella chiesa di santa Maria a Vallo di Nera quindi collegati all'ambiente del Maestro di Eggi. Sulla stessa parete, inoltre "Cristo in gloria con angeli recanti i simboli della passione" e "San Michele Arcangelo e figure oranti" del XV secolo. A destra "storie della Passione" "Santa Caterina" e "Santa Martire di buona qualità", tutti riferibili ad uno stesso autori e databili intorno al XIV secolo.
    Nel Monastero "Giudizio Universale con Cristo giudice entro mandorla", "Maria, Apostoli su troni e angeli buccinatori" ed in basso " eletti, dannati e il committente" affresco della prima metà del XV secolo.
    Oggi il Monastero è sede del CEDRAV (Centro per la Documentazione e la Ricerca Antropologica in Valnerina e nella Dorsale appenninica umbra).





    da:cerretodispoleto.pg.it
     
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