Glenn Close

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    Glenn Close



    Glenn Close (Greenwich, 19 marzo 1947) è un'attrice statunitense.



    Cenni biografici



    Nata da famiglia aristocratica, nel 1960 si trasferisce nel Congo Belga a seguito del padre chirurgo. Frequenta contemporaneamente un collegio svizzero, viaggiando continuamente tra Africa ed Europa.

    Conseguita la laurea nel 1974 in Virginia, si trasferisce a New York dove partecipa a diverse rappresentazioni teatrali a Broadway.

    Il suo esordio cinematografico, nel 1982 con Il mondo secondo Garp di una infermiera femminista, colpisce positivamente l'interesse di Hollywood, portandole una nomination agli Oscar.

    Il suo viso austero ha portato spesso la Close a rivestire i panni di donna severa, spesso in ruoli di personaggio negativo, come in Le relazioni pericolose del 1988, al fianco di John Malkovich e Michelle Pfeiffer.Ha inoltre interpretato con grande maestranza e stile Crudelia De Mon in La Carica dei 101,questa volta la magia e' vera,interpretandola poi di nuovo nel sequel della serie La Carica dei 102,un nuovo colpo di coda-

    Recentemente ha interpretato il personaggio del capitano di polizia Monica Rowling nella pluripremiata serie televisiva The Shield.

    Ha una figlia avuta dalla relazione con John Starke e tre matrimoni alle spalle.




    Premi



    * Circolo della critica di Los Angeles per Il mondo secondo Garp, (1982)
    * National Board of Review per Il mondo secondo Garp, (1982)
    * Migliore attrice al Festival di Locarno per 9 vite da donna (2005)
    * Nominata 5 volte al Premio Oscar, mai ricevuto.



    filmografia



    * Il mondo secondo Garp (The World According to Garp) (1982)
    * Il migliore (The Natural) (1983)
    * Il grande freddo (The Big Chill) (1983)
    * Doppio taglio (Jagged Edge) (1985)
    * Maxie (Maxie) (1985)
    * Attrazione fatale (Fatal Attraction) (1987)
    * Le relazioni pericolose (Dangerous Liaisons) (1988)
    * Il mistero Von Bulow (Reversal of Fortune) (1990)
    * Amleto (Hamlet) (1990)
    * Legami di famiglia (Immediate Family) (1990)
    * Tentazione di Venere (Meeting Venus) (1991)
    * La casa degli spiriti (Das Geisterman) (1993)
    * Cronisti d'assalto (The Paper) (1994)
    * Mary Reilly (Mary Reilly) (1995)
    * La carica dei 101 - Questa volta la magia è vera (101 Dalmatians) (1996)
    * Mars Attacks (Mars Attacks) (1996)
    * La luce del crepuscolo (In the Gloaming) (1997)
    * Paradise Road (Paradise Road) (1997)
    * Air Force One (Air Force One) (1997)
    * La fortuna di Cookie (Cookie's Fortune) (1999)
    * Le cose che so di lei (Things you Can Tell Just By Looking at Her) (2000)
    * La carica dei 102 - Un nuovo colpo di coda (102 Dalmatians) (2000)
    * La sicurezza degli oggetti (The Safety of Objects) (2002)
    * The Lion in Winter (The Lion in Winter) (2003)
    * Le Divorce (Le Divorce) (2003)
    * La donna perfetta (The Stepford Wives) (2004)
    * 9 vite da donna (Nine Lives) (2005)
    * Paint (Paint) (2006)
    * Un amore senza tempo (Evening) (2007)



    Doppiaggio



    Ha prestato la voce alla Fata Turchina nel doppiaggio inglese di Pinocchio di Roberto Benigni.



    Fonte; Wikipedia
     
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    UN PO' D'IMMAGINI DI QUESTA BRAVISSIMA ATTRICE












     
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    GLENN CLOSE



    ....intervista.....

    Glenn Close spiega le motivazioni che l'hanno spinta a calarsi nei panni (maschili) di Albert Nobbs, cameriere perfetto in un albergo nella Dublino dell'800

    ROMA - Seno fasciato, pantalone largo, capelli tirati e nessun sorriso. Signori ecco a voi Albert Nobbs, cameriere perfetto in un albergo nella Dublino dell'800. Uomo solo in apparenza, in realtà donna che da 30 anni si finge uomo, dopo essere stata abbandonata da bambina e violentata: per sopravvivere ha abbandonato ogni identità e non sorride per paura che il sorriso la tradisca. In "Albert Nobbs" di Rodrigo Garcia (dal 10 febbraio nei nostri cinema) ha la faccia di Glenn Close e tutto il suo cuore. Perché? "Perché io inseguo questo personaggio da quasi trenta anni. Lo interpretai a Broadway nel 1982, da allora ho fatto di tutto come attrice, ma non ho mai smesso di pensarci, tanto che, stavolta, ho voluto partecipare alla sceneggiatura ed esserci come produttrice, alla mia età i bei ruoli devi cercarteli, te ne offrono ben pochi. Credo che Albert sia un grande personaggio e la storia, in tutta la sua disarmante semplicità, è molto potente dal punto di vista emotivo".

    Che differenza c'è tra il film e la piècé da lei interpretata?
    "L'opera teatrale da me interpretata era minimalista. La storia è potente, così come può esserlo un semplice bicchiere d'acqua, che riflette la luce attraverso un processo molto complesso. Anche in questo caso, la storia è semplice, ma tocca dei temi importanti per chiunque e tutti portano il proprio bagaglio di vita e ne escono arricchiti. Spero conquisti gli spettatori a livello internazionale. Un film può farlo".

    Ma la eccita l'idea di recitare nei panni di un uomo?
    "Sì, ma nell'82 fu Kevin Kline a convincermi. Oggi dal teatro, dove basta mettersi una parrucca, al set è stata dura. All'inizio mi guardavo allo specchio e piangevo".

    Che cosa l'affascina di più del ruolo?
    "Non affronta solo un problema di identità ma il bisogno di conferme, di sicurezze, punti critici soprattutto per le donne, cui viene insegnato a essere solo ciò che gli altri desiderano. Vale anche oggi, non solo nell'Irlanda vittoriana. Per questo quel personaggio mi è rimasto dentro. C'è qualcosa di molto toccante nella vita di Albert. È un personaggio che mi ha colpito subito. La mia carriera è stata molto intensa, ma non ho mai dimenticato quella storia particolare, che a mio avviso poteva diventare un film meraviglioso".

    Che tipo di film?
    "La storia di una donna che non vuole finire in un ospizio. All'epoca l'Irlanda era estremamente povera e la miseria era evidente ad ogni angolo della strada, anche accanto al lussuoso albergo della storia. Albert sa benissimo che senza un lavoro finirà per strada e sa benissimo che, pur avendo un lavoro, si può essere licenziati in qualunque momento. E questa paura serpeggia anche fra chi lavora nell'hotel. E fa la sua scelta. Drastica, Disperata. Quando il pubblico incontra la protagonista, questa si è calata nei panni di un cameriere uomo che lavora presso il Morrison's Hotel da molto tempo, talmente tanto da aver ormai perso la propria identità. Questa donna non sa più neanche come si chiama. È una figlia illegittima, cresciuta presso una donna pagata affinché non le riveli il suo vero nome e la tenga lontano dalla sua famiglia d'origine, che non vuole avere nulla a che fare con lei. Pertanto, la lacuna della propria identità è insita nella vita di Albert e aumenta nel corso del tempo, tanto che sin dall'età di 14 anni, inizia a lavorare nell'albergo sotto mentite spoglie. Non ha strumenti per affrontare la vita; ha vissuto tutta la vita in un albergo".

    E Glenn Close ha mai vissuto una crisi di identità?
    "Sì, dagli 8 ai 20 anni per colpa della mia famiglia. Mi ritrovai solo fuggendo, andando all'università e lontano da casa".
    (ondacinema)

    per la biografia

    https://isolafelice.forumcommunity.net/?t=40961022
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    ALBERT NOBBS





    Titolo originale Albert Nobbs
    Lingua originale inglese
    Paese Gran Bretagna, Irlanda
    Anno 2011
    Durata 113 min
    Genere drammatico
    Regia Rodrigo García
    Soggetto George Moore
    Sceneggiatura Glenn Close, John Banville
    Casa di produzione Amblin Entertainment
    Distribuzione (Italia) Videa - CDE
    Interpreti e personaggi
    Glenn Close: Albert Nobbs
    Mia Wasikowska: Helen Dawes
    Aaron Johnson: Joe
    Janet McTeer: Hubert Page
    Jonathan Rhys Meyers: Visconte Yarrell
    Brendan Gleeson: Dr. Holloran
    Pauline Collins: Mrs. Baker
    Brenda Fricker: Polly
    Maria Doyle Kennedy: Mary




    TRAMA



    Siamo nell'Irlanda del diciottesimo secolo. Albert Nobbs è migliore dei camerieri che lavorano in un albergo di Dublino. La sua vita è totalmente dedicata a svolgere la sua professione il meglio possibile, in modo da poter guadagnare il denaro necessario per aprire in futuro una sua attività commerciale. Albert Nobbs ha però un segreto: è una donna. Quando nell'albergo arriva un pittore che deve imbiancare gli interni la sua copertura vacilla. Proprio nel momento di massima difficoltà però Nobbs scopre una persona in grado di capire il suo segreto e di aiutarla a sopportare la frustrazione e il dolore di una condizione così disperata. Rinfrancata da questa nuova amicizia la donna può dedicarsi più serena a costruire il proprio futuro.

    ...recensioni...

    Tutti, in qualche modo, sono costretti a negare se stessi in nome della sopravvivenza, schiacciati da una società che non lascia molte alternative a chi ha avuto la sventura di nascere povero. Ironica è la sorte di Albert, che si maschera per conquistare la libertà e resta imprigionata nella sua stessa finzione, tramutandosi nell’immagine della disillusione. All’inizio della storia, i suoi sacrifici sembrano mirati a uno scopo ben preciso, nobile e comprensibile.
    Grazie all’ottima interpretazione di Glenn Close (candidata all’Oscar) e alla fedele ricostruzione dell’ambiente, nella prima parte il film si sviluppa in modo convincente e raffinato, giocando su un umorismo sottile e discreto. Dalla metà in poi, però, la protagonista diventa l’artefice della sua rovina e la sceneggiatura la segue a ruota, inceppandosi tra i poco credibili piani per conquistare l’agognata “vita ordinaria” e rischiando di spegnere l’interesse del pubblico.
    La facilità con cui Albert si lascia fuorviare da un concetto errato di “coppia”, intesa come un accordo pianificato per condividere il lavoro in proprio, non appare credibile. Il fatto che Hubert, a sua volta donna sotto mentite spoglie, abbia trovato la sua isola felice in un finto matrimonio, non basta a giustificare l’ostinazione con cui Albert insegue la giovane e capricciosa Helen, persa in sogni di altro genere.
    Il susseguirsi di eventi verso il finale rischia così di distogliere l’attenzione dall’elemento più interessante del film, la riflessione sulle scelte obbligate della donna dell’epoca, sulla repressione dei sentimenti e degli impulsi autentici dell’essere umano. La scena migliore arriva quando Albert e Hubert indossano gli abiti femminili e si concedono una passeggiata sulla spiaggia, respirando finalmente la libertà e la gioia di vivere che si conquistano soltanto esprimendo la propria natura. Solo in quel momento si ha davvero l’impressione di “percepire” l’animo della protagonista, altrimenti nascosto dietro la maschera indossata per il resto della storia.
    Un film interessante che lascia però l’amaro in bocca, come se si intuisse un potenziale non completamente sfruttato: le premesse erano buone, ma non sono state sviluppate nel modo migliore.
    (Ilenia Provenzi)


    Dopo una lunga giornata di lavoro e autocontrollo il compassato Albert Nobbs, naso importante e vaga somiglianza con Spencer Tracy, si ritira nella sua stanza per riposare. Prima però conta le mance, scribacchia su un taccuino, nasconde le monete sotto il parquet, getta un’occhiata alla misteriosa foto di una giovinetta e finalmente inizia a spogliarsi, allentando le fasce che comprimono il seno sotto il tight d’ordinanza. Uso a servir tacendo, l’inappuntabile Albert Nobbs è infatti una donna, di cui non sapremo mai nemmeno il nome. Una figlia illegittima, cresciuta malamente nella Dublino miserabile fine ’800, e ora cameriere in un grande albergo senza che nessuno sospetti la sua identità.
    Tratto da un racconto dell’irlandese George Moore, Morrison’s Hotel, Dublino (Tranchida, in ristampa col titolo del film), adattato per le scene dalla francese Simone Benmussa nel ’77 e interpretato da attrici diversissime anche fisicamente, da Susannah York a Juliet Berto, da Maddalena Crippa a Aurore Clément, Albert Nobbs è stato per anni un cavallo di battaglia di Glenn Close a teatro. In una versione che però evitava il naturalismo e i problemi di rappresentazione connessi, ricorrendo addirittura al mimo per alcune scene. Mentre per raccontare con linguaggio volutamente piano non solo Nobbs ma trame e sottotrame del suo mondo, il film di Rodrigo Garcia, scritto (con John Banville), prodotto e dominato da Glenn Close, si perde invece in forzature e stridori che minano la forza di un racconto fin troppo nutrito di suggestioni.
    Al dramma dell’identità e di quella vita bloccata nella finzione, Nobbs aggiunge infatti lo scontro con le convenzioni e le ipocrisie dei ricchi clienti (bella la scena dei giovani blasonati che si danno al bel tempo in abiti femminili sotto il suo sguardo impassibile). Nonché la paradossale consapevolezza di non essere sola. Anche l’imbianchino dell’albergo è infatti una donna in abiti maschili (la notevole Janet McTeer, candidata all’Oscar con Glenn Close). Che però avendo risolto felicemente, si fa per dire, la faccenda, riporta a galla i sogni più folli e repressi del povero Nobbs che va a incapricciarsi dio solo sa perché di una giovanissima collega (Mia Wasikowska).
    Troppi eventi insomma, e troppi registri, per un film che solo a tratti mette davvero le ali, lasciando intravedere cosa avrebbe potuto dare il cinema al soggetto. Come nella scena in cui McTeer e Close si concedono una passeggiata al mare, per una volta in abiti femminili, in un’esplosione di sensualità e gioia di vivere che ci avvicina - finalmente - un personaggio sempre un po’ congelato nella sua ostentata diversità.
    (ilmessaggero)
     
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3 replies since 1/10/2010, 17:54   1060 views
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