Ayrton Senna Da Silva

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    Ayrton Senna Da Silva







    Queste pagine sono dedicate al campione brasiliano e alle sue grandi imprese che sono rimaste nella storia dello sport. Ayrton nasceva il 21 marzo 1960, primo giorno di primavera, a San Paolo. Inizia la sua carriera nel mondo dei motori a soli tredici anni sui Go-Kart distinguendosi subito fra tutti. Passerà poi per la Formula Ford inglese per poi approdare in Formula 1 nel 1984 al volante di una obsoleta Toleman. Sfiora la vittoria nell'anno del debutto che arriverà pochi mesi dopo al volante di una Lotus-Renault. Ayrton si fa conoscere a suon di pole e vittorie, fino ad arrivare a vincere il suo primo titolo mondiale nel 1988 con una McLaren-Honda. Meravigliosi i duelli con Prost e Mansell che lo porteranno a riconfermarsi campione iridato nel 1990 e 1991. Una storia di vittorie, pole, grandi duelli, una storia di una grandissima persona prima che pilota. Sempre presente nell'aiutare il prossimo con la fondazione, che tuttora vive ancora grazie al suo nome, che aiuta i tanti bambini sfortunati del suo Brasile. Una storia che si interrompe in un giorno di primavera mentre il mondo stava correndo insieme a lui verso il quarto titolo.. una curva veloce verso sinistra, il piantone che cede, il muretto, l' urto e il campione che se ne va...



    Biografia


    Il Brasile è un paese meraviglioso e terribile al tempo stesso. In nessun altro angolo del mondo è cosi palpabile la differenza tra il ricco e il povero, tra l'indigenza e il lusso, tra la vita e la morte. A volte nascere in una famiglia benestante può rappresentare qualcosa di più della semplice ricchezza materiale. Ayrton Senna da Silva nasce a San Paolo il 21 marzo 1960, da Milton Guirando Theodoro da Silva e Neide Senna. Prima di lui era nata Viviane (madre di Bruno Senna attuale pilota di GP2 e quindi nipote di Ayrton), dopo di lui sarebbe arrivato Leonardo. il padre di Ayrton era un uomo molto in vista, si occupava di componenti per autovetture e possedeva alcune aziende agricole che, nonostante la perenne mancanza di tempo, seguiva personalmente. Fin da piccolo, Ayrton viene educato con grande attenzione: non gli viene fatto mancare nulla, anche se è lui stesso, prendendo buoni voti a scuola e aiutando il padre nell'azienda di famiglia, a meritarsi un trattamento speciale. "E' una regola di vita importante: per avere occorre meritare, e per meritare occorre lavorare", disse qualche anno più tardi Milton. Su queste basi Ayrton cementa con la famiglia un rapporto unico e irrinunciabile. Una condizione di vita che neppure i miliardi guadagnati nelle corse, gli appartamenti a Montecarlo e le ville nei posti più esclusivi gli hanno mai fatto dimenticare. "La mia famiglia è la cosa più importante che possiedo", disse all'indomani del suo primo trionfo mondiale. "Più dei soldi, più della fama, più di tutto. nonostante faccia questo lavoro da molti anni, non mi sono ancora abituato alla lontananza da casa. il mio cuore è sempre a San Paolo, dove ci sono i miei amici, la mia famiglia e le mie cose. I brasiliani sono un popolo molto legato alla propria terra e in questo senso, io sarei il più brasiliano dei brasiliani. E' una condizione dura, ma questa è la vita che ho scelto, con tutti i suoi lati positivi e tutti i sacrifici che richiede. Ayrton non era un bambino come tutti gli altri.



    Gli piacevano le macchine ed era affascinato da come il padre riusciva a domare quei mostri su quattro ruote che ogni tanto rompevano con il loro rumore la quiete domestica. Cosi, ad appena quattro anni, Milton gli costruì il suo primo kart.



    Ayrton non sapeva coniugare i verbi ma imparò presto quali emozioni poteva dare il piccolo motore della sua "macchina". Se fosse riuscito a mettere nello studio lo stesso impegno che dimostrava alla guida di qualsiasi mezzo, forse oggi Ayrton sarebbe stato un celebre studioso brasiliano, un personaggio importante della cultura del suo paese. Invece la scuola veniva sempre dopo i motori. Gli amici a San Paolo hanno ancora oggi impresso nella mente il giorno in cui Ayrton guidò per la prima volta la jeep del padre. Prima, seconda, terza, quarta. Il motore non girava alla perfezione, troppo vecchio e arrugginito, ma Ayrton "sentiva" il mezzo e lo guidava con perizia. Il tutto di fronte all'incredulità di Milton: la sorpresa di un padre che vede il proprio figlio di sette anni guidare come un provetto automobilista. Il legame tra Ayrton e la sua famiglia ha sempre rappresentato per i suoi biografi quell'elemento che non gli consentì di vivere fino in fondo il successo. Soldi, popolarità e vittorie non hanno mai sostituito il Brasile nel cuore di Senna che, nel pieno della sua avventura europea, cercò di vincere la sua nostalgia di casa portando con sè la bella Liliane Vasconcelos Souza.



    Si erano conosciuti da ragazzi e, per tutti e due, la loro era stata la prima storia d'amore importante. Nel 1981, alla vigilia del trasferimento in Inghilterra, si sposarono, ma l'unione tra la bionda e affascinante Liliane e il timido Ayrton fu tumultuosa e travagliata.



    Il matrimonio durò solamente otto mesi, anche perchè, come scrissero i giornali brasiliani, lei aveva troppa paura delle corse per potergli rimanere accanto.



    "Credo che la loro unione sia finita per via delle paure di Liliane", afferma il fotografo Keith Sutton, tra i primi amici europei di Ayrton. "Lui era troppo concentrato sulla sua carriera per poter sopportare il peso di una moglie angosciata dalle corse. La presenza di Liliane era una delle attrattive principali del campionato di Formula Ford. Era la classica brasiliana tutta curve che vestiva in maniera provocante.



    Era bellissima e sempre allegra, ma dopo un pò di tempo Senna capì di aver sbagliato persona e il loro matrimonio fallì" . Quello che è certo è il filo indissolubile che ha sempre legato Senna alla propria famiglia e alla propria terra, un legame assoluto e inscindibile. Il grande campione aveva bisogno della propria gente e del proprio paese, ma anche il Brasile aveva bisogno di Senna, di un campione, per continuare a sperare nel domani. "La mancanza delle persone a cui sono legato e la distanza che mi separa da loro sono le due cose che più hanno caratterizzato la mia carriera. La solitudine è un fatto acquisito, una situazione con cui ho imparato a convivere. Quando si è sempre sotto pressione come lo sono io, si sente il bisogno di tornare ad essere Ayrton Senna e non essere più il campione del mondo. Per me la solitudine è diventata uno stile di vita, uno stato psicologico. E' una scelta che ho fatto , ma non un bene" Dalla madre, Ayrton imparò anche a credere in Dio, a coltivare la propria fede anche in un ambiente difficile come quello delle corse. Era molto legato a mamma Neide, tanto da assumere il suo cognome quando iniziò a correre. "C'erano molti Da Silva nel campionato kart brasiliano, mentre Senna non era un cognome molto diffuso", spiegò qualche anno fa Ayrton, ma forse dietro a quella scelta esisteva qualcosa di molto profondo, di intimo e inviolabile
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    La mia famiglia non mi ha fatto mai mancare nulla, mi hanno dato sempre tanto amore. Senza l'affetto dei miei genitori non avrei trovato la forza, l'equilibrio e la chiarezza di sapere dove volevo arrivare.




    Capitolo 1.

    Un campione sui kart



    "Il kart è la cosa più eccitante che ho mai provato nella mia vita. Quando incontri sulla tua strada un avversario bravo quanto te, allora diventa anche un divertimento unico. Rimpiango i tempi del karting, tanto divertimento e pochi problemi."
    (dicembre 1993)


    A dieci anni Senna era già un abile meccanico e cercava qualsiasi stratagemma "ingegneristico" per fare andare più forte degli altri il suo kart. Il sabato, forse perchè preoccupato di cosa poteva accadere lasciando sfogare Ayrton sulle pericolose strade di San Paolo, Milton accompagnava il figlio al piccolo kartodromo di Parque Anhembi.



    Qui Ayrton corse fino al compimento del tredicesimo anno, primo anno utile per iscriversi alle gare ufficiali.



    La prima fu a Interlagos, per molti anni sede ufficiale del Gran Premio di Formula 1 del Brasile, fino a quando la Federazione Internazionale non si spostò sul circuito di Rio de Janeiro. Ayrton trovò nel giovane connazionale Mauricio Sala un avversario tenace e di grande talento. Ma la voglia di vittoria del giovane Da Silva (suo vero cognome, mentre Senna era il cognome della madre che qualche tempo dopo decise di aggiungere al suo nome) era qualcosa che non conosceva ostacoli. Cosi, per tutta la stagione, il duello tra le due giovani promesse monopolizzò l'attenzione dei molti spettatori che ogni domenica si recavano nei kartodromi più famosi del Brasile.



    La supremazia di Ayrton non mancò di attirare su di lui le critiche di un ambiente appassionato ma povero, che quindi mal digeriva la presenza di un furgone-officina del Team Da Silva nei box dei circuiti. Li si poteva trovare tutto: il pezzo mancante, la chiave giusta, l'olio migliore, le gomme nuove. "Ayrton era straordinariamente bravo e determinato", ricorda Sala, "e i nostri duelli furono qualcosa di assolutamente indimenticabile. Ma il fatto che fosse cosi forte e che dipendesse di un'organizzazione efficiente e,per certi versi, addirittura professionistica, attirò su Ayrton l'antipatia di molta gente. "Io lo rispettavo, ma molti vedevano in lui il classico figlio di papà che aveva sempre il meglio." Al tempo, Ayrton aveva solo quindici anni, ma la sete di vittorie, il riuscire a primeggiare sugli altri piloti, erano diventati per lui un'esigenza fisica. Se perdeva stava male. Se vinceva era contento. Senna abbandonò i piccoli kart nel 1977, quando passò alla categoria 100cc, conquistando nello stesso anno il titolo brasiliano e sudamericano. A tutti gli addetti ai lavori sembrò normale la vittoria del debuttante Ayrton, semplicemente perchè tutti riconoscevano in lui il più forte, il migliore. Era sostenuto dai tifosi e ben visto dai giornalisti, sempre disponibile a rilasciare un'intervista e a concedere, con una punta di nascosto imbarazzo, un autografo ai suoi giovanissimi sostenitori. Forse perchè ormai considerato il migliore, forse perchè bisognoso di nuovi stimoli, Ayrton si imbarcò nel 1978 per l'Europa: una nuova tappa verso la gloria. Il suo primo obiettivo fu il campionato del mondo kart a Le Mans, un nome leggendario a cui sono legate alcune delle più belle pagine del mondo dell'automobilismo.



    In Francia, Ayrton non vinse, finendo addirittura sesto. Un buon piazzamento per un debuttante, una totale delusione per un vincente come lui. Alla sconfitta si aggiunse anche l'isolamento, l'assoluta mancanza di comunicazione con gli altri concorrenti, un pò per colpa dell'inglese zoppicante di Ayrton, un pò per il suo carattere chiuso. Comunque, ancora oggi, gli avversari di allora ricordano quello strano "oggetto misterioso" con grande rispetto, sottolineando come "la cosa che più colpiva di lui era la straordinaria padronanza del mezzo, la scioltezza con cui riusciva a guidare. Se fosse stato più estroverso, forse sarebbe diventato l'idolo anche di noi piloti, perchè la gente, i tifosi, già impazzivano per lui." Nel 1979 Ayrton Senna, ormai considerato dagli addetti ai lavori uno dei migliori piloti di kart del campionato, si presento a Jesolo per l'annuale manifestazione, seconda solo come importanza al Mondiale. Anche in questa occasione non mancò di ribadire la sua assoluta eccezionalità. Mentre la maggior parte degli altri piloti preferì trascorrere lunghe ore sulle assolate spiagge del lido, il brasiliano studiò nei minimi particolari la pista, curando in modo maniacale il proprio kart. Sentiva il "dovere" di essere il migliore in ogni occasione, in prova in gara. A Jesolo, Ayrton si trovò a competere con un avversario oggettivamente più esperto e impaziente di lui, l'inglese Terry Fullerton, vincitore delle ultime quattro Coppe dei Campioni kart. Andò cosi anche quell'anno, complice un incidente di Senna, schizzato sulle protezioni alla seconda curva del circuito e tradito si dalle gomme, ma ancor prima dalla sua irrefrenabile smania di essere primo. L'errore, in quella occasione, fu solo ed esclusivamente di Ayrton. Non cosi pochi mesi dopo ai campionati del mondo a Estoril in Portogallo. Durante le prove, Senna ebbe un grave incidente scontrandosi con un altro concorrente e ribaltandosi più volte. A tradirlo, stavolta, era stata la possibilità di accontentarsi: "L'incidente avvenne in semifinale, quando mi bastava arrivare secondo per aggiudicarmi la migliore posizione in griglia di partenza della finale. Il concorrente che mi precedeva grippò il motore , piantandosi improvvisamente. Non riusciì ad evitare di tamponarlo e cosi finiì la gara lontano dai primi. Ero molto arrabbiato, perchè mi sentivo che quell'incidente mi sarebbe costato il titolo, anche se ero convinto di essere il più forte." E fu cosi. Per la gioia di Fullerton. L'appuntamento con l'inglese volante venne fissato a Nivelles, in Belgio, sede del mondiale 1980. La voglia di dimostrare a tutto l'ambiente che il migliore era lui costò ad Ayrton la prima batteria, conclusa con una mesta uscita di pista. Andò meglio nelle due gare successive, dove il brasiliano raccolse un primo e un terzo posto, ma l'impegno non fu sufficiente a consacrarlo campione del mondo. Fu solo secondo, cosi coma a Estoril. Battuto, ma sempre convinto di essere il più veloce. Il mondiale in Belgio rappresentò una tappa molto importante per Senna, per la prima volta di fronte ad un bivio: continuare a correre nei kart, con un impegno finanziario alla sua portata e rischi ridotti, oppure tentare la scalata alla Formula 1, con tutti gli ostacoli e i dubbi che questa scelta avrebbe comportato. "Formula Ford 1600, poi la 2000, quindi la Formula 3 e infine la Formula 1. Quella era la mia strada, la vita che avevo scelto fin da bambino. I motori erano tutto per me, vivere senza poter provare il brivido del rischio e il sapore della competizione, non aveva senso. C'era solo un problema: chi poteva dare fiducia ad un brasiliano che parlava male l'inglese e amava poco la vita mondana?"[/color]

    Io voglio vincere sempre. L'opinione secondo cui la cosa importante è competere è un assurdità





    Capitolo 2.

    Il grande salto: dai kart alla Formula Ford



    "Ho lasciato il mio paese e la mia famiglia perchè voglio diventare un pilota di Formula 1. Sono in Europa per fare esperienza e per cominciare a far conoscere il mio nome nell'ambiente. Forse qualcuno mi darà la possibilità di realizzare il mio sogno".
    (Londra, marzo 1981)


    Nella primavera del 1981 Ayrton Senna Da Silva era riuscito a fissare un appuntamento a East Anglia, nell'ufficio di Ralph Firmin, responsabile del team Van Diemen, uno dei migliori in circolazione. Quell' incontro rappresentava la grande occasione di Ayrton. Furono sufficienti un'ora nell'ufficio e una cena in un ristorante italiano per far capire a Firmin le intenzioni del suo nuovo brasiliano (la Van Diemen aveva già avuto in squadra Carlos Pace, Roberto Moreno, Chico Serra e Raul Boesel). Ayrton si trasferì presto a Norfolk, in un piccolo appartamento di due stanze dove erano soliti alloggiare i piloti della scuderia. Il programma per la prima stagione comprendeva la sua partecipazione a tre dei maggiori campionati di Formula Ford 1600: il P&O Ferries, il Townsend Thoresen e il RAC (sponsorizzato dal Royal Automobile Club).



    Alla fine però, tutte le corse si svolgevano nei medesimi tracciati, da Brands Hatch a Mallory Park, da Snetterton a Outlon, fino a Thruxton. Il campionato Ford 1600 è quanto di meglio esista per forgiare un pilota che abbia ambizioni di Formula 1. Le vetture sono piccole e molto nervose e il fatto di gareggiare con lo stesso motore sulle stesse piste metteva su un ruolo di sostanziale parità tutti i concorrenti. Al giovane brasiliano venne affidata per impratichirsi una macchina con il telaio dell'anno precedente ed un motore ormai spompo.




    "Non era stata ancora completata la macchina nuova" , ricorda Firmin, "e in tutta sincerità sarebbe stata una pazzia affidare il mezzo più competitivo ad un giovane pilota alla sua prima vera esperienza automobilistica. Ma quello che riuscì a fare Ayrton con quella vecchia macchina lasciò tutti senza fiato.



    Si capiva che possedeva un talento raro, era incredibile come entrasse subito in sintonia con la vettura. A volte però, il cosiddetto 'piede pesante' non è sufficiente per emergere, ma il toccare con mano la professionalità e la smania di perfezionismo di Ayrton mi rassicurò subito. Ero convinto che avremmo vinto molte corse durante la stagione." Per il giorno del suo debutto, Senna studiò la macchina e percorso fin nei minimi particolari. Non voleva che qualcosa potesse rovinare quel fantastico momento. Il primo marzo a Brands Hatch si apriva il campionato P&O, uno degli obiettivi della scuderia Van Diemen.



    La pista si presentò subito molto impegnativa, tanto che Ayrton preferì non rischiare tutto subito, qualificandosi nelle posizioni di mezzo. Alla fine della corsa, dopo una gara caratterizzata da numerosi colpi di scena, la Van Diemen riuscì a piazzare quattro macchine nei primi cinque posti. il quinto classificato era Senna. Al di là del risultato, furono in molti gli addetti ai lavori impressionati dalla voglia di vittoria di quel giovane brasiliano dalla parlata inglese impossibile. Eppure, quella di Brands Hatch rimase l'unica corsa P&O disputata da Senna. Per la gara successiva, programmata sul circuito di Thruxton, Ayrton guidò in maniera impeccabile, agguantando con caparbia uno spettacolo terzo posto. La prima vittoria di Senna giunse il 15 marzo a Brands Hatch, seconda prova del campionato Townsend Thoresen. Quel giorno non ci fu storia e, fin dai primi minuti, il giovane brasiliano misa al sicuro la vittoria. Gli avversari cominciarono a capire che battere Ayrton non sarebbe stato più molto facile. Poi venne il grande giorno di Snetterton. La corsa prese il via sotto un cielo cupo e, per molti giri, Senna conservò a fatica la prima posizione, poi arrivò la pioggia e le cose cambiarono. "La gara era appassionante" ricorda Dennis Ruschen, responsabile della Van Diemen di Formula 2000, "anche se quel brasiliano di cui mi avevano parlato era primo solo per pochi decimi di secondo. Poi iniziò a piovere improvvisamente e, in meno di trenta secondi Senna, staccò tutti di oltre mezzo giro. La differenza l avevano fatta gli altri piloti, che avevano rallentato, tutti tranne lui. Forse si era accorto dell'uragano che gli si era scatenato intorno." Sta di fatto che Rushen, impressionato da quello che aveva appena visto, propose a Senna di correre in Formula 2000, e per sole 10.000 sterline. "Ma quando vedi un pilota correre in quel modo sotto la pioggia, anche 10 sterline diventano sufficienti." Alla fine dell'anno Ayrton aveva vinto dodici gare su venti, piazzandosi cinque volte al secondo posto, una volta al terzo, una al quarto e una volta al quinto. Aveva trionfato nel campionato Townsend Thoresen e nel RAC ma, all'indomani dell'ultima gara di Brands Hatch, comunicò ai giornalisti la sua intenzione di lasciare le corse per tornare in Brasile. Era molto abbattuto per la mancanza di uno sponsor che potesse sostenere il suo passaggio alla Formula Ford 2000, mentre il padre premeva sempre di più per riavere il figlio a casa ad occuparsi dell'azienda di famiglia. Una situazione insostenibile e difficile da gestire. "Decisi di lasciare tutto perchè la delusione era più grande della soddisfazione di aver vinto due campionati al primo colpo", raccontò tempo dopo Senna, "Avevo finito i soldi e nessun sponsor si era fatto avanti, nonostante avessi spedito in Brasile le mie foto e i risultati di ogni gara. La gente era troppo presa dalle vittorie di Piquet in Formula 1 per occuparsi della Formula Ford. E se i giornali non parlavano di me significava che aveva troppa poca pubblicità per aspirare a qualcosa di più". Partecipò al mondiale kart di Parma, piazzandosi solo al quarto posto, quindi snobbò la grande kermesse del festival della Formula Ford a Brands Hatch che ogni anno chiudeva la stagione agonistica consentendo ai piloti una vetrina di grande prestigio. Quello di Ayrton non fu un addio, come molti pensarono, ma un arrivederci. Infatti, all'inizio del 1982, Senna telefonò a Dennis Rushen e si accordò con lui per la stagione di Formula Ford 2000 che stava per cominciare. "La decisione di tornare in Inghilterra venne presa di comune accordo con mio padre", rivelò Senna. "Stipulammo un accordo che prevedeva la resa di tutti i soldi che mi avevano prestato per correre appena fossi stato in grado di farlo. Il lavoro d'ufficio non faceva al mio caso. La mia vita erano le corse, e questo lo comprese anche la mia famiglia." Ayrton arrivò a Londra pochi giorni prima dell'inizio del campionato e non ebbe il tempo di provare la macchina.



    Ma il 7 marzo a Brands Hatch, prima prova del campionato Pacific British, il brasiliano vinse la corsa facendo registrare anche la pole position e il giro più veloce.



    Le cose non cambiarono neppure per le successive gare e ,alla fine dell'anno,dopo aver partecipato a venti prove del Pacific British e a nove dell'Efda (il campionato europeo di Formula 2000), Ayrton aveva collezionato 23 vittorie, 2 secondi posti e 4 ritiri.



    Ormai tutti, nell'ambito automobilistico, parlavano di questo straordinario brasiliano che correva con i soldi del padre . Tra gli estimatori di Senna c'erano anche i dirigenti della scuderia Toleman, una piccola squadra ma pur sempre di Formula 1. Alex Hawkridge, il direttore sportivo della Toleman, era cosi convinto delle eccezionali capacità di Senna che gli propose una sponsorizzazione per correre in Formula 3. Ma lui rifiutò. "Tutta la squadra era convinta che Ayrton possedeva un talento unico", rivela Hawkkridge, "e facemmo di tutto per metterlo sotto contratto. Gli assicurammo tutta l'assistenza tecnica ed economica per una stagione di Formula 3, indispensabile per ottenere la superlicenza utile per correre in Formula 1. Ma lui non ne volle sapere. Credeva nelle proprie possibilità, e una volta ottenuta la superlicenza voleva essere libero di scegliere la squadra migliore. Il suo obiettivo non era semplicemente "correre" in Formula 1, ma vincere"


    È la voglia di vincere che mi spinge ad andare avanti. È questa la mia maggiore motivazione; la voglia di vincere è ciò che mi spinge a gareggiare.







    Capitolo 3.

    A un passo dal paradiso



    "Ho deciso di partecipare al campionato di Formula 3 solo perchè rappresenta l'unico modo per arrivare a correre in Formula 1. Il mio obiettivo non è vincere il campionato, ma cercare di arrivare a gareggiare, prima possibile, con i migliori" (Silverstone, 6 marzo 1983)

    Alla fine del 1982, Ayrton Senna partecipò ad una gara di Formula 3 sul circuito di Thruxton, non valevole per il campionato. Lo aveva convinto Dick Bennetts, team manager della West Surrey Racing. Gli venne affidata la macchina di un pilota argentino, Marsilla, e lui, effettuando solo poche modifiche, stabilì la pole position al sabato e vinse la gara di domencia con il miglior tempo sul giro.



    "Ci accordammo subito", ricorda Bennetts, "visto che in cuor suo sapeva di poter disporre di una macchina vincente ad un prezzo accettabile, coperto da alcune piccole sponsorizzazioni e dai suoi risparmi." In considerazione di quello che aveva dimostrato a Thruxton, i pronostici per la stagione erano tutti per Senna.



    Solo l'inglese Martin Brundle sembrava in grado di ostacolare la marcia verso il titolo di Ayrton. "Avevo sentito parlare molto di lui", dice Brundle, "e personalmente avevo assistito ad alcune delle sue vittorie in Formula Ford. Quello che mi sembrava strano era sentire i giornalisti e tecnici rasseganti alla vittoria di Ayrton. Mi suonava male perchè era un debuttante. Ma forse, dentro di me, anch'io ero convinto che nessuno avrebbe frenato la sua corsa." Dalla prima gara del 6 marzo alla nona del 30 maggio, entrambe corse sul velocissimo tracciato di Silverstone, Ayrton Senna e la sua Ralt-Toyota non diedero scampo agli avversari, facendo un impressionante pieno di vittorie, pole position e giri veloci.



    La prima sconfitta del brasiliano arrivò il 12 giugno, ancora una volta a Silverstone. Un'errata scelta di gomme penalizzò Ayrton a beneficio di Brundle che, cosi, ebbe modo di battere l'acerrimo avversario e far gioire il suo team manager. Eddie Jordan, che non provava molta simpatia nei confronti di Senna: la colpa è da attribuirsi ad un provino dell'anno precedente, completamente gratuito, a cui Ayrton non aveva dato risposta. "Reputavo Senna un grande pilota", confessa Jordan, "ma sotto il profilo umano lasciava molto a desiderare. Era inaffidabile, troppo concentrato sulla vittoria per tenere conto dei rapporti umani con i colleghi e gli addetti ai lavori. Per lui esistevano solo la macchina e la promozione degli sponsor e stampa. Nient'altro. Ormai il duello tra noi(Jordan e il suo pilota Brundle) era diventata una questione personale, una battaglia all'ultimo sangue, incredibile. Feci molta attenzione a tenere sempre alto il morale di Martin, cercando di convincerlo delle sue potenzialità. Ad un certo punto credeva di essere bravo quanto Senna, anche se, in realtà, tutti sapevamo che non era vero. Ma a volte le gare si decidono prima della partenza, lavorando sul pilota." La delusione per la mancata vittoria a Silverstone si fece sentire nelle due successive gare. A Cadwell Park Senna conquistò la pole position, ma un'incauta manovra alla terza curva del circuito lo fece uscire di pista contro il guard-rail. Risultato: macchina distrutta, un commissario di pista in ospedale e la vittoria a Martin Brundle. A Snetterton, tre settimane dopo, Ayrton rimase per tutta la gara tra Brundle e Dave Jones fino a quando, a tre giri dalla fine, tentò il sorpasso impossibile: due ruote in pista e due sulla terra. Si correva vicino a Norfolk, città natale di Brundle e la rivalità (sostenuta a grandi titoli anche dalla stampa specializzata) tra il pilota inglese e il campione brasiliano era ormai diventata una questione nazionale. Brundle vide sbucare Senna alla sua destra ma non gli lasciò strada. I due viaggiarono affiancati per alcune centinaia di metri, fino a quando Ayrton non si trovò con il muso della sua Ralt infilato nelle gomme poste a protezione del muretto. Venne aperta un'inchiesta per accertare le responsabilità dell'incidente, ma gli spettatori presenti non se la sentirono additare il loro campione, così Brundle se la cavò a buon mercato, senza una multa e senza il ritiro della licenza.



    Il vantaggio di Ayrton si stava assottigliando sempre di più. "Ayrton non riusciva a capire che a volte era necessario accontentarsi", cerca di spiegare Bennetts. "Lui non conosceva le mezze misure, voleva solo vincere, non arrivare secondo. I punti avevano per Senna un importanza relativa, perchè solo la vittoria appagava il suo straordinario talento, ma alla fine riuscii a farlo riflettere sul fatto che il campionato si era riaperto. Occorreva accettare anche una sconfitta se voleva diventare campione".



    Due vittorie (entrambe a Silverstone), due secondi posti ( a Donington e a Silverstone) e tre ritiri (due a Outlon e uno a Thruxton) di Senna avevano riaperto il campionato e, prima dell'ultima gara a Thruxton, la classifica vedeva Brundle primo con 113 punti e Senna secondo con 112. Ayrton era deciso a presentarsi al cospetto dei grandi team di Formula 1 con il titolo in tasca, cosa che gli avrebbe garantito un trattamento decisamente migliore. Con rabbia e determinazione conquistò la pole position e, tenendo conto che aveva vinto durante l'anno tre delle quattro gare disputate a Thruxton , la speranza di vincere il campionato stava diventando certezza. Senna schizzò via come un proiettile alla partenza e, nel corso di sei giri conquistò un notevole vantaggio su Brundle e Jones. Merito anche di un piccolo trucco: aveva coperto lo scarico del radiatore dell'olio per far scaldare più velocemente il motore, a tutto vantaggio della velocità. Quando si accorse che la temperatura dell'olio era arrivata a livello di guardia, Ayrton si slacciò la cintura di sicurezza e tentò di liberare lo scarico. Lo fece, però, a poche centinaia di metri dalla chicane più impegnativa del circuito. Una follia, con la forza della disperazione. Bennetts di fronte a quella scena chiuse gli occhi, non voleva vedere il suo pilota buttar via il campionato andando fuori strada. Alla fine, con la forza della disperazione, Senna riuscì a liberare lo scarico e ad impostare in qualche modo la curva, 'ballando' dentro l'abitacolo in amniera fin troppo evidente. Sul podio Ayrton rese omaggio al suo avversario, definendo Brundle il pilota più competitivo che aveva mai incontrato.



    Ma per lui la Formula 3 era già un ricordo, proiettato com'era con la mente alla Formula 1. Ci sarebbe arrivato da campione.


    Credo che ogni pilota sia convinto di essere il migliore e di poter vincere tutto.






    Capitolo 4.

    L'olimpo dei campioni



    La Formula 1 è un ambiente difficile. Il mio primo obiettivo sarà quello di conoscere l'ambiente e la squadra, poi cercherò di concentrarmi sulle corse per vincerne il più possibile. Sono fiducioso"
    (Londra, maggio 1984)


    Durante l'ultimo anno di Formula 2000 e nel corso della stagione di Formula 3, Ayrton Senna, cosi come molti altri giovani piloti, ebbe modo di provare alcune monoposto di Formula 1. Fece una serie di prove con Brabham, McLaren e Williams, ma nè Bernie Ecclestone (team manager della Brabham), nè Ron Dennis (responsabile della scuderia Marlboro McLaren) nè Frank Williams (proprietario della Williams) erano disposti a far esordire il giovane campione brasiliano.







    La loro era stata una proposta di sponsorizzazione per il campionato di Formula 3, in attesa di verificare le effettive qualità del pilota. Alla fien del 1983, con il campionato vinto in volata su Brundle, Ayrton venne convocato da Chris Witty, direttore sportivo della Toleman, per una prova. L'appuntamento venne fissato a Silverstone e, fin dal primo giro, Senna entrò in possesso della macchina. Non l'aveva mai guidata, ma sembrava conoscere ogni sua piccola particolarità. Alla fine dei giri previsti, il miglior tempo fatto segnare da Ayrton era di oltre un secondo inferiore a quello registrato da Derek Warwick (pilota 1983 della Toleman) in occasione del Gran premio d'Inghilterra.



    "Non fu difficile capire che Senna era l'uomo giusto per noi", ricorda Witty. "Appena salì in macchina si trovò a proprio agio e gli furono sufficienti due giri per comprendere i limiti della macchina. Il fatto che non riuscisse a comunicare alla perfezione con i meccanici non fece altro che confermare le nostre sensazioni." Dopo aver valutato tutte le offerte e la situazione specifica - Ted Toleman aveva già avuto un contatto con Martin Brundle che, pur essendo meno forte di Senna era inglese, come la scuderia -, Ayrton firmò per la Toleman. L'unica alternativa valida era la Brabham, ma il veto posto da Nelson Piquet nei confronti di Senna sembrava un ostacolo difficilmente superabile. "La scelta di correre con la Toleman mi sembrava la migliore che potessi prendere", rivelò più tardi il pilota. "Era una squadra giovane, guidata da persone serie. All'inizio non ero molto convinto, volevo avere delle garanzie precise e non nego di aver sperato nell'offerta di qualche squadra importante. MA alla fine compresi che il team era pronto ad impegnarsi per me. Un'occasione da non perdere per muovere i primi passi." Il debutto di Senna in Formula 1 avvenne in occasione del Gran Premio del Brasile, ma l'emozione di correre davanti alla sua gente e la rottura del turbo gli impedirono di concludere la corsa. Ma già in occasione della seconda gara, in Sudafrica, Ayrton conquistò il suo primo punto mondiale, finendo sesto.



    L'episodio più significativo della stagione con la Toleman fu senza dubbio il Gran Premio di Monaco, nella splendida ed esclusiva cornice di Montecarlo. Ayrton si trovò subito a suo agio nello stretto circuito cittadino (in undici anni di Formula 1 Senna ha vinto per ben 6 volte a Montecarlo) e in prova fece segnare un incoraggiante settimo tempo. La gara si svolse sotto un' autentico uragano e, chi ha corso a Montecarlo, sa che il più piccolo errore viene pagato a caro prezzo. Sotto la pioggia le possibilità dio errore del pilota vengono decuplicate e i margini di recupero pressochè azzerati.



    Se al primo giro Ayrton era stato superato da due concorrenti, dodici giri dopo era già risalito fino alla quinta posizione. Superò nell'ordine Arnoux e Lauda. Tra Senna e la sua prima vittoria iridata era dunque rimasto solo Alain Prost,l'idolo di casa, il "Professore" come era stato soprannominato. Ma neppure i calcoli del campione francese riuscirono a fermare uno scatenato Senna.



    Sembrava che per lui la pioggia fosse un aiuto invece che un pericoloso ostacolo. Dal ventesimo al trentunesimo giro, il brasiliano guadagnò su Prost quasi trenta secondi, diciannove dei quali in soli cinque giri. C'erano meno di otto secondi tra il francese e Senna, sarebbero bastati ancora un giro e mezzo considerato il ritmo di Ayrton (nel trentunesimo giro il brasiliano girò quattro secondi e mezzo più veloce di Prost). Ma improvvisamente, Jacky Ickx direttore di gara da qualche anno del Gran Premio di Monaco, decise di interrompere la gara al trentaduesimo giro, proprio nell'istante in cui Senna superava di slancio l'impotente e sorpreso Prost. Purtroppo per il brasiliano la classifica finale venne stilata al giro precedente: 1° Prost - 2° Senna. Alla fine della gara, di fronte ad un evidente scippo, Ayrton si lasciò sfuggire un semplice "Sono molto arrabbiato, anche se ho dimostrato quello che posso valere a parità di macchina", ma alcuni anni più tardi, dimenticata la delusione per quella vittoria sfuggita per un giro disse: "Ero sicuro di quello che facevo, e ormai avevo Prost nel mirino. Non so se una volta superato il francese sarei riuscito a vincere, ma quello che è certo è la straordinaria prova che diedi. A posteriori, quel secondo posto valse più di una vittoria in termini di pubblicità." Alla fine della sua prima stagione di Formula 1, Ayrton Senna raccolse due sesti posti (Sudafrica e Belgio), due terzi (Brands Hatch e Estoril) e un secondo posto (Montecarlo).



    Un bottino sufficiente per convincere la Lotus di Peter Warr ad ingaggiare il "mago della pioggia". I primi contatti tra la scuderia fondata da Colin Chapman e Senna risalivano già a Montreal, in occasione del GP del Canada, ma le voci di mercato si rincorsero fino a quando la Lotus non distribuì a Zandvoort un comunicato stampa nel quale si annunciava la firma di Ayrton per la squadra griffata John Player Special.



    La Toleman ci rimase molto male per quell'episodio, giustamente, si sentiva tradita dal pilota e, per questo appiedò Senna in occasione del GP di Monza. Fu una scelta estrema ma corretta. Ayrton, nella sua rincorsa verso il titolo di campione del mondo, si era comportato male. Ayrton rimase alla Lotus per tre stagioni, potendo disporre di un buon motore (Renault) e di una squadra al suo totale servizio.



    Tra gli episodi più significativi dell'avventura di Senna con la scuderia inglese c'è sicuramente il GP del Portogallo del 1985, dove il brasiliano colse la sua prima pole position in Formula 1. Quello che più conta però è la sua prima vittoria. Domenica 21 aprile pioveva molto, quasi come era capitato un'anno prima a Montecarlo.



    Alla fine furono soltanto dieci i piloti che riuscirono ad uscirne indenni da quell' autentico inferno d'acqua, anzi nove, perchè Senna fece una gara a parte, con se stesso, migliorandosi giro dopo giro. Per lui, il "mago della pioggia", l'acqua sembrava essere l'elemento naturale. "Ho avuto molta paura", dichiarò in sala stampa dopo la vittoria. "La visibilità era minima mentre il rischio di uscire ad ogni curva era molto alto. Ho perfino messo quattro ruote sull'erba prima di rientrare in pista. Credo di essere stato fortunato ma anche bravo. Mi piace correre sotto la pioggia, non per il rischio, ma per la soddisfazione di guidare all'estremo delle possibilità una macchina di FOrmula 1." Ayrton chiuse il campionato 1985 al quarto posto con trentotto punti, in virtù di quattro podi e due vittorie, all'Estoril e a Spa. L'indimenticato e sfortunato Elio De Angelis (scomparso nel 1986 a causa di un incidente con la sua Brabham durante alcune prove private al PAul Ricard) si vide costretto a cambiare squadra, perchè Ayrton impose a Warr di concentrarsi solo su di lui.



    Venne scelto come secondo pilota nel 1986 Johnny Dumfries ma, se da una parte Senna raggiunse il suo obiettivo, dall'altra il grande Circus della Formula 1iniziava ad interrogarsi sulle effettive qualità umane del brasiliano. Come pilota non si discuteva, ma nei rapporti personali Ayrton lasciava molto a desiderare.



    Migliorò con il tempo ma all'epoca era davvero una persona impossibile." forse durante i miei primi anni in Formula 1", confessò tempo dopo "ero più attento alla ricerca del risultato che non a stringere amicizia con gli altri piloti. Eppure, la mia non voleva essere una mancanza di rispetto verso gli altri, solo che per ottenere il massimo dalla macchina era necessario concentrarsi su di essa. Non c'è tempo per nient'altro che quello." E il carattere difficile , da dominatore, di Senna traspare anche dalle parole di Jo Ramirez, per anni responsabile in pista della McLaren, uno dei pochi addetti ai lavori che possono dire di aver conosciuto 'veramente' il pilota. " Se una squadra non si mette a totale servizio di Ayrton rischia di spaccarsi. Lui è capace di regalarti gioie incredibili, di valorizzare al massimo il tuo lavoro, ma pretende il cento per cento da tutti. Ti costringe a lavorare fino a notte fonda pur di risolvere l'ultimo dei problemi, anche se piccolo.



    E' un perfezionista, a volte anche un grande arrogante, ma se lo conosci fino in fondo riesci a superare anche questo lato del suo carattere." Alla fine del 1987, nonostante un onorevole terzo posto nel mondiale e con alle spalle due vittorie e un'infinità di piazzamenti, Ayrton comprese che la strada verso il titolo di campione del mondo non passava per la Lotus.



    Non fu una scelta facile, ma l'unica consentita. "La Lotus ha avuto un ruolo molto importante nella mia crescita professionale", disse alla fine del campionato, "ma è giunto il momento di fare delle scelte importanti. Qui ho molti amici, ma le corse non si vincono con i sentimenti." Ai più questa dichiarazione potrebbe sembrare fin troppo cinica e spietata, ma nel mirino di Ayrton c'era la McLaren, lo squadrone imbattibile che aveva monopolizzato le ultime tre stagioni con l'accoppiata Prost-Lauda.


    Finora ho fatto tante pole position: in confronto a questo dato, i giri veloci che ho segnato in gara sono relativamente pochi. La ragione di ciò è che non sempre ritengo che spingere al massimo per tutto un gran premio sia la scelta giusta: tutto il contrario di ciò che certa gente pensa, cioè che io rischio troppo, continuamente






    Capitolo 5.

    Alla corte del professore



    "Molti dicono che sono un pilota difficile. Un compagno di squadra scomodo. Ma quello che conta è avere rispetto per chi lavora, solo così si può mantenere un buon rapporto umano e professionale. Quando non c'è rispetto allora è finita."
    (Portogallo 1990)


    Ayrton Senna ha indissolubilmente legato il suo nome alla McLaren e al suo proprietario, Ron Dennis. L'ultimo sfortunato passaggio alla Williams non può cancellare una collaborazione durata sei stagioni, che ha consentito al pilota brasiliano di vincere tre titoli mondiali, perdendone uno, storico, solo per una feroce rivalità con Alain Prost, il "Professore" della Formula 1.



    Un abisso, sportivo e umano, ha sempre diviso i due piloti che non hanno esitato a rischiare la loro stessa vita per danneggiarsi l'un l'altro (Suzuka 1989 e 1990).



    Non si trattava di scorrettezza ma di autentico odio. I primi contatti tra Senna e Ron Dennis avvennero alla fine del 1982, quando il tema manager si disse disponibile a sostenere economicamente la stagione di Formula 3 del brasiliano, che però rifiutò l'offerta. Dennis non comprese mai quella scelta. Ad inizio di stagione, giornalisti e addetti ai lavori erano per una volta d'accordo sul pronostico: nessuno sarebbe stato in grado di fermare la marcia di Senna e della sua McLaren. Questo unanime consenso per il brasiliano era avvalorato da una semplice considerazione: l'anno precedente Ayrton era riuscito a conquistare oltre cinquanta punti con una macchina, la Lotus, nettamente inferiore alla concorrenza. La somma era semplice, quindi.



    La sua macchina più competitiva (McLaren) guidata dal pilota più veloce (Senna) non poteva che significare il titolo mondiale. E cosi fu. Ayrton vinse il campionato 1988 trionfando in otto gare e accontentandosi del secondo posto in tre. Un ruolino di marcia che non lasciò speranze a nessuno, neppure a Prost, irritato dall'evidente supremazia del compagno di squadra.



    I due non si aiutarono durante la stagione e, all'interno della McLaren nacquero, di fatto, due squadre. Ognuna con una propria struttura e metodi di lavoro differenti. La prima scintilla in gara tra Senna e Prost si accese in occasione del GP d'Inghilterra sul velocissimo circuito di Silverstone. Quel giorno la pioggia caratterizzò una gara molto pericolosa e, per un istante, i due piloti della McLaren furono sul punto di toccarsi.
    Avvenne verso la fine della gara, quando Prost accusò un problema alla frizione e Senna era lanciato verso la vittoria. La manifesta superiorità del brasiliano sul compagno scatenò la stampa specializzata francese che accusò il "Professore" di non avere il fegato sufficiente per competere con Senna sul bagnato. Prost, idolo di patria, soffrì molto per questa situazione: la rivalità tra i due iniziò a crescere e decollò definitivamente all'Estoril. Fin dai primi giri, la gara era diventata un' affare privato per i due galletti della McLaren che, ad un certo punto, si presentarono affiancati davanti ai box.



    Viaggiavano ad oltre 300 km all'ora, ma tra le due macchine la distanza si misurava in centimetri. Alla fine del rettilineo c'era una curva molto impegnativa e stretta, non si poteva passare in due. I deboli di cuore chiusero gli occhi perchè un eventuale toccata tra i due si sarebbe risolta tragicamente. Alla fine Prost accelerò e riuscì a precedere il compagno, ma l'incidente era stato evitato solo per miracolo. "Se vuole vincere il Mondiale con questi mezzi lo dica subito e vedrò di adeguarmi", disse dopo la gara il francese, visibilmente sconvolto nonostante la vittoria. Ayrton si limitò a dire di essere molto arrabbiato. Il campionato si risolse a Suzuka, alla penultima gara. Se Senna avrebbe vinto si sarebbe laureato campione del mondo, indipendentemente dal piazzamento di Prost. Ayrton passò dei brutti momenti alla partenza per via della frizione, e cosi fu costretto a fare una gara tutta in salita, rincorrendo il Professore. A metà corsa Senna riuscì a superare il rivale, anche se la pioggia da leggera era diventata molto fitta. A sei giri dalla fine, anche il "mago della pioggia" agitò le braccia per chiedere la conclusione della corsa. Era diventato impossibile tenere in strada la macchina. Ma, alla fine, la bandiera a scacchi consegnò a Senna il suo primo titolo mondiale.



    In cuor suo era sicuro che un giorno o l'altro avrebbe raggiunto il suo sogno e durante l'intervista di rito a fine gara scoppiò in un pianto a dirotto. Mentre il Brasile era in festa. "Oggi ho vinto qualcosa di più di una gara di Formula 1 ", disse il campione. "Sono molto contento, ma credo di meritare questo titolo per tutti i sacrifici che ho fatto durante la mia carriera. Ringrazio Dio di avermi dato la forza di arrivare dove ho sempre desiderato." Il Gran Premio del Giappone ha sempre rappresentato qualcosa di particolare nella personalissima sfida tra Prost e Senna. Infatti, i successivi due titoli mondiali si decisero a Suzuka e sempre in maniera spettacolare e traumatica allo stesso tempo. Il campionato 1989 si decise proprio come l'anno precedente sul circuito di proprietà della Honda. Questa volta, però, era Prost in posizione più favorevole. Gli bastava finire davanti a Senna per conquistare il titolo. Le prove videro ancora primeggiare Ayrton, ormai conosciuto come il "signore della pole". Significativa fu la dichiarazione di Prost prima della partenza: "Quest'anno ho alzato il piede molte volte per evitare di toccarmi con lui, ma questa volta non gli lascerò spazio." Al 46° giro, dopo una rincorsa a Prost che sembrava non finire mai, Ayrton cercò di anticipare l'avversario infilandolo in una chicane dove era obiettivamente impossibile superare. Lui tentò lo stesso. Prost non gli diede strada, come aveva promesso, e così i due si toccarono finendo dritti nella corsia di fuga.



    Ayrton proseguì ma venne squalificato per aver saltato la chicane. Prost vinse il mondiale. Ma chi aveva sbagliato dei due? Prost: "Ero in testa dall'inizio della gara e nella chicane ero io a poter impostare al meglio la curva. Lui ha voluto tentare una manovra scorretta e impossibile. Siamo usciti di strada e lui è stato giustamente squalificato. " Senna:"La chicane era l'unico posto dove potevo superare il mio avversario, ma lui non mi ha dato strada e siamo finiti fuori." Ayrton rimase molto male per quell' epilogo quantomeno burrascoso e per un attimo meditò addirittura il ritiro. Tornò in Brasile.




    "Alla fine del 1989 ero intenzionato a lasciare la Formula 1", disse all'inizio del campionato 1990 il brasiliano. "Volevo staccare la spina e allontanarmi dalle corse. Ero disgustato non volevo correre in quel modo. Poi, grazie all'affetto della famiglia, sono riuscito a raggiungere nuovamente il giusto equilibrio e così decisi di continuare. Il problema più grosso fu quello di superare il rancore e la rabbia, sentimenti giustificati in un uomo che sente di aver subito un ingiustizia." Una grossa spinta gli venne data dall'annuncio del passaggio di Prost alla Ferrari. Non avrebbe più dovuto dividere con l'odiato nemico i box. Quello del 1990 fu un campionato strano, caratterizzato da prestazioni altalenanti sia di Senna che di Prost. E così si arrivò a decidere il campionato ancora una volta a Suzuka. La sensazione comune era di una Ferrari decisamente competitiva e di una McLaren leggermente in affanno. con grande grinta e consapevolezza dei propri mezzi, Ayrton ottenne la pole position. Su quella avrebbe potuto impostare la propria gara. Di fianco a lui c'era Prost che non poteva permettersi di farsi battere dal rivale. La prima curva fu decisiva: il francese bruciò il semaforo e superò Senna di potenza. Il brasiliano riuscì però a riguadagnare qualche metro e, alla prima curva, i due si trovarono praticamente affiancati. Prost, a sinistra, allargò leggermente verso l'esterno. Questa minima manovra consentì a Senna di infilare il muso della sua McLaren all'interno della curva: pochi metri dopo ci fu l'inevitabile scontro e l'uscita di strada.




    Questa volta a vincere il Mondiale fu Senna. La Ferrari non presentò reclamo ma definì Senna scorretto e pericoloso. Prost, da parte sua, era moderatamente arrabbiato. Chi invece mostrò grande sdegno fu l'opinione pubblica. I fans della Formula 1 rifiutavano l'idea che, per la seconda volta, un campionato venisse deciso da una gara di autoscontro. "Senna sapeva che era impossibile passare all'interno della curva visto che ero io davanti", commentò Prost. "Ma il suo obiettivo non era superarmi, era buttarmi fuori strada. E' disgustoso quello che ha fatto, un bell' esempio per i giovani. Con lui ho chiuso, è un uomo che non vale niente. Per lui la vittoria è l'unica ragione di vita, è un pazzo pericoloso." Ayrton, contento di aver vinto il suo secondo titolo mondiale, disse semplicemente "che a volte le gare finiscono subito dopo il via e a volte a sei giri dalla fine..." Riferimento più che evidente all'episodio dell' anno precedente.


    Tutti vogliamo vincere e c'è soltanto un posto per la vittoria, soltanto un numero uno


    Capitolo 6.

    L'inizio della leggenda



    "Alla curva veloce del Tamburello ci sono alcuni gradini che fanno sbattere la macchina a terra e accentuano la tendenza ad andare dritti. Spero che si faccia qualcosa al più presto."
    (Imola, 8 marzo 1994)

    Così come era accaduto nel 1988, quando Ayrton passò dalla Lotus alla McLaren campione del mondo, il campionato 1994 aveva assunto per Senna un sapore particolare. Dopo aver vinto senza fatica il mondiale nel 1991, il brasiliano era stato costretto a correre per due anni con una macchina nettamente inferiore alla Williams,




    guidata alla vittoria nel 1992 da Nigel Mansell e nel 1993 da Alain Prost. Ayrton poteva arrivare alla scuderia di Frank Williams già nel 1993, ma il veto contrattuale posto dal Professore francese, tornato alle corse dopo un anno di assenza, gli impedì di poter dimostrare di essere ancora il migliore. Stoicamente, Senna vinse ugualmente quattro gare nel 1993, ma solo grazie al suo straordinario talento.



    La McLaren aveva concluso il suo ciclo vincente, mentre la Williams aveva inaugurato un periodo di autentica egemonia. Cosi, solo all'inizio del 1994, dopo il secondo addio alle corse di Prost, Ayrton ebbe modo di guidare nuovamente la macchina più veloce. Come era già accaduto alla sua prima stagione in Formula 3, nessuno sembrava in grado di fermare la sua corsa verso il quarto titolo mondiale. "Sono contento di poter guidare una Williams", disse alla firma del contratto che lo legava per due stagioni alla scuderia inglese, "ma vorrei precisare che se ora posso disporre della macchina più competitiva del campionato è merito mio. Mi sono guadagnato questa possibilità." Ayrton sognava il record di Fangio, campione del mondo per cinque volte e, probabilmente, sarebbe riuscito ad ottenerlo. Infatti, l'unico in grado di poter competere con lui era il tedesco Michael Schumacher sulla Benetton Ford. Senna aveva finalmente raggiunto una vera pace interiore, grazie anche alla rinnovata fede in DIo e al legame sentimentale con la modella brasiliana Adriane Galisteu.



    Biondissima e bellissima come Liliane, la prima moglie di Ayrton. Senna era ormai diventato un leader tra i piloti: a lui era affidato l'onere di portare avanti le trattative di sicurezza della Formula 1, impegnandosi di persona e mettendo in campo tutto il proprio carisma. "Credo che si possa correre a 300 all'ora limitando il rischio al minimo", disse Senna alla fine del 1993. "Occorre sedersi ad un tavolo insieme ai rappresentanti della Federazione e ai costruttori. Bisogna impegnare uomini e soldi nella ricerca del migliore compromesso tra sicurezza e spettacolarità. Nessuno ci ha ordinato di correre in Formula 1, ma non siamo pagati per morire." Nelle prime due gare del 1994 Senna non era riuscito a concludere la gara, in Brasile per un testa-coda, in Giappone a causa di una collisione con il pilota finlandese Hakkinen.




    In entrambe le occasione a vincere era stato Michael Schumacher. Tra il tedesco e Ayrton c'era molto rispetto, ma in pista l'unica cosa che conta per un pilota è vincere. Per questo, a Imola, Ayrton Senna voleva vincere: per dimostrare di essere sempre il migliore. Le prove del venerdi avevano ristabilito le gerarchie, con il brasiliano nettamente davanti al giovane campione tedesco, nonostante l'apprensione e la preoccupazione generale per l'incidente occorso al connazionale Rubens Barrichello, volato fuori pista ad oltre 270km/h.



    Il sabato, durante la seconda sessione ufficiale di prove, un nuovo incidente che vedeva, per la prima volta dai tempi di Villeneuva (che morì l'8 maggio 1982 a Zolder), la Formula 1 doveva fare i conti con la morte di un pilota. Roland Ratzenberger non riusciva infatti a sopravvivere al terribile impatto con il muro alla curva Villeneuve, essendo uscito di strada a causa della perdita di una delle appendici aerodinamiche che permettono alla macchina di rimanere incollata all'asfalto.




    "I miei timori sono stati confermati", disse Senna dopo aver ispezionato il luogo dell'incidente - cosa che gli procurò un richiamo ufficiale da parte della federazione -. "Qualcosa non va in questa Formula 1, perchè due indcidenti gravissimi come quelli di Barrichello e Ratzenberger dovevano far pensare. Ormai si fa molto per il business e poco per la sicurezza. Occorre rivedere le regole." Senna era rimasto molto turbato dall'incidente di Ratzenberger, tanto che Frank Williams non ebbe nulla da dire di fronte alla decisione del brasiliano di non effettuare le prove del sabato. Qualche giorno dopo, la fidanzata ha rivelato di aver sentito Ayrton al telefono molto abbattuto, preoccupato per la gara. Imola non è un circuito facile e, sopratutto con le attuali monoposto, il minimo errore viene pagato a caro prezzo. Comunque, per quanto non in condizioni psicologiche perfette, Ayrton la domenica si presentò sulla linea di partenza.



    Subito alla partenza un incidente. Come da regolamento ecco l'entrata della safety-car poi, al settimo giro, la tragedia. Alla velocissima curva del Tamburello, immediatamente dopo il rettilineo dell'arrivo, la Williams di Senna perde stabilità e si dirige impazzita verso il muretto.




    L'impatto è violentissimo. L'immagine, di quelle da dimenticare. I soccorsi entrano subito in pista, ma per Ayrton non c'è più niente da fare. Viene dichiarato morto alle 18,40. Il mondo, non solo quello della Formula 1, rimane impotente ed atterrito di fronte alla scomparsa del grande brasiliano. Al rientro della salma in Brasile, milioni di persone accompagnano il feretro di Ayrton dall'aeroporto di Cumbica alla camera ardente preparata a San Paolo.




    Arrivano in continuazione tifosi di tutto il mondo. La scomparsa di Senna è un lutto per tutti. Di chi 'aveva avuto come avversario sulle piste e di chi aveva visto in lui il campionissimo. Anche e sopratutto di quel ragazzo ricoverato in coma all'ospedale di Imola a cui Ayrton aveva registrato una cassetta con la sua voce: "Ciao Massimo, qui Ayrton Senna il pilota di Formula 1 a chi mi sembra tua sia un gran tifoso. Ti posso dire forza, cerca da alzarsi da svegliarsi e venire a guardarci qui a Imola sia le prove che la gara, insomma tutti qui ti aspettano e ti vogliono tutti bene e ti diciamo cerca ti alzarti, forza con la mentalità positiva. E ci speriamo, ciao ti saluto". Quel ragazzo un giorno si sveglierà dal suo lungo sonno, ma ad attenderlo a Imola non ci sarà il suo amico Ayrton. Lui non c'è più.


    Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E immediatamente riesci a correre un po' più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e grazie all'esperienza, puoi volare molto in alto.






    Epilogo



    Tragedia annunciata, cosi è stata definita quasi all'unanimità l'incidente mortale del campione brasiliano. A Imola sono impazzite tre macchine, due hanno strappato la vita a chi le stava guidando tra i prati imolesi, l'ultima,ma prima in ordine cronologico, è stata soltanto un avviso. Col senno del poi è facile intravedere un segno premonitore nell'agghiacciante carambola di Rubens Barrichello. La Jordan del giovane brasiliano si è schiantata venerdi 29 aprile 1994 contro le protezioni della variante bassa poco prima del rettilineo d'arrivo. Solo 24 ore dopo un debuttante, Roland Ratzenberger muore alla curva Villeneuve. La gara e la vita di Ayrton finiscono alle 14:17: è un uscita oltre i 250 km/h, le immagini agghiaccianti. Quando le telecamere si soffermano sulle lamiere contorte della Williams FW16 del brasiliano, la tragedia si materializza in tutto il mondo, nelle case di milioni di persone. Il campo di ripresa dall'elicottero si restringe, Ayrton per un attimo muove la testa, qualcuno tira un sospiro di sollievo. i soccorritori si apprestano a tirare fuori dalla vettura Ayrton, viene disteso al fianco della sua Williams cosi da prestare le prime cure al pilota, che lascia sul luogo dell'incidente un enorme chiazza di sangue che lascia poche speranze. Nemmeno una fioca speranza è salito a bordo dell' elicottero fatto atterrare in pista per portare Ayrton all'ospedale maggiore di Bologna. L'ospedale lentamente si anima, un pellegrinaggio durato tutto un pomeriggio, un fiume di persone. Alle 15:30 la dottoressa Maria Teresa Fiandri, primario del reparto di rianimazione, ufficializza, per chi ancora nutrisse delle speranza, la gravità del quadro clinico. Accertati trauma cranico con insufficienza respiratorie, stato di choc ed emorragie alle vie aeree, ma vengono preannunciati accertamenti radiologici e Tac. La lancetta delle ore compie un giro esatto d'orologio ed ecco il secondo bollettino medico: la situazione precipita. In sessanta interminabili minuti vengono accertati anche fratture multiple alla base cranica, sfondamento frontale, una sofferenza generale di tutto il cervello e uno stato di coma profondo. in due parole: elettroencefalogramma piatto. Ogniqualvolta un medico aggiorna la situazione, i problemi aumentano. Fino al laconico comunicato letto intorno alle or 19:00: "Devo solo dire che gli accertamenti elettroencefalo grafici che abbiamo terminato cinque minuti fa purtroppo confermano quella che era stata la diagnosi clinica di morte celebrale". Un' unica consolazione, se ne è andato come voleva. Forse non se ne è nemmeno accorto. Era terrorizzato dall' idea di rimanere paralizzato. Il destino lo ha accontentato. Gli eroi muoiono giovani raccontavano a scuola. Senna è morto da eroe, ma nella sua scomparsa come già detto ce qualcosa di morte annunciata. Ayrton ci ha lasciati a modo suo, in un giorno di primavera mentre conduceva il Gran Premio di San Marino. La sua morte gettò nel lutto il mondo della Formula 1, ma soprattutto un popolo intero, quello del Brasile, che aveva eletto Senna a idolo facendone un simbolo nazionale. Vennero addirittura proclamati tre giorni di lutto nazionale, e numerosi fans arrivarono perfino al suicidio. La morte di Senna fu accompagnata da forti polemiche: secondo la legge italiana infatti, il teatro di un evento sportivo nel quale si verifica la morte di un atleta, dev'essere immediatamente abbandonato da ogni tipo di manifestazione agonistica . La morte di Roland Ratzenberger, il giorno prima di quella di Senna, sempre a Imola, avrebbe dovuto dunque far saltare il regolare svolgimento del G.P. stesso. Per aggirare tale eventualità, che avrebbe sicuramente danneggiato economicamente molti interessi, si certificò che la morte di Ratzenberger non era avvenuta sul circuito, ma in ospedale: mentre sulla definizione di morte si può sicuramente discutere, e quindi si possa effettivamente ritenere che Ratzenberger sia morto in ospedale, è invece lapalissiano come la morte dello sfortunato pilota austriaco sia stata conseguenza unicamente dell'incidente di Imola.
    Prima di impattarsi al Tamburello, Ayrton era primo: ci ha lasciato da dominatore. Molti quel giorno avranno pianto. Molti.
    Senna, rilevò Jean Todt, sarebbe poi dovuto approdare molto probabilmente in Ferrari nel 1995, ma questa è un'altra storia. In 11 anni di carriera in F1, Ayrton Senna da Silva ha disputato 181 Gp conquistando tre titoli mondiali, 41 vittorie, realizzando 65 pole position, facendo 19 giri veloci e unico neo, fallendo la qualificazione al Gp di San Marino nel 1984. Molti fatti sono stati resi noti dopo la sua morte, si scopre l’uomo Senna , grandissima persona prima che pilota. Senna dava in beneficenza parte dei guadagni che accumulava grazie alla sua attività di pilota; la sua opera di carità è stata rivelata solamente dopo la sua morte: è stata la sorella a dichiarare e ad affermare queste donazioni che il pilota tenne sempre nascoste mentre era in vita. Nel testamento del campione brasiliano, grosse somme sono state destinate a opere di beneficenza. Durante l'anniversario dei dieci anni dalla scomparsa del campione brasiliano, la sorella Viviane rese pubblico un episodio, ufficiosamente scoperto prima, cioè che nella vettura con cui il fratello corse quel fatale 1º maggio 1994 portava con sé la bandiera austriaca, che avrebbe sventolato nel caso avesse vinto in onore di Roland Ratzenberger, morto il giorno precedente durante le qualifiche. Tale bandiera fu poi rinvenuta all'interno dei resti della Williams dopo l'incidente, intrisa del sangue perso dal pilota Brasiliano. Milton Da Silva, padre di Ayrton, dichiarò che il figlio, visti i buoni rapporti con Giancarlo Minardi e i componenti del suo Team, avrebbe espresso il desiderio, a fine carriera, di correre per un anno e a titolo gratuito a bordo di una Minardi, per dare una mano al team nello sviluppo della loro vettura. Dopo la sua morte la nazionale brasiliana di calcio gli dedicò il mondiale vinto nel 1994.



    (Tratto da: www.ayrtonsennadasilva.it di Luca Covitto; www.ayrtondasilva.net)


    falcon58


     
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  2. neny64
     
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    grazie, penso il più forte pilota che abbia mai corso in F1
     
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  3. tappi
     
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    GRAZIE
     
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    grazie.....aveva il viso sempre con un 'aria melanconica
     
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  5. lella06
     
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    GRAZIE...COME MI PIACEVA SENNA..
     
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  7. gheagabry
     
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    Formula Uno, per i lettori di Adnkronos è Senna il più grande di tutti i tempi.
    (Ign) - Ayrton Senna non smette di fare breccia nel cuore degli appassionati di Formula Uno. A pochi giorni dall'appuntamento nel fine settimana con il mondiale, che si correrà nella storica pista di Spa in Belgio, gli utenti di Ign/Adnkronos hanno risposto sulla pagina di Facebook alla domanda su quale fosse stato il più grande pilota del circus. Oltre il 50% dei votanti non ha avuto dubbi: è il brasiliano tre volte campione del mondo ad essere il preferito. Al secondo posto, con meno della metà dei voti, c'è Michael Scumacher. Ma la vera sorpresa è Tazio Nuvolari al terzo posto: il 'mantovano volante' rimane impresso nella memoria dei lettori di Adnkronos a quasi 60 anni dalla sua scomparsa. Chiude la classifica Gilles Villeneuve, con meno dell'1% dei voti. C'è anche chi ritiene che non sia possibile un confronto tra i vari campioni di ieri e di oggi e chi sostiene in un commento, invece, che Schumacher sia il perfetto mix tra lo spericolato Senna e lo stratega Prost. Ayrton Senna, dunque, il più grande per i lettori di Ign/Adnkronos. Il pilota, nato a San Paolo nel 1960, debuttò in Formula Uno nel suo Brasile nel 1984 guidando la monoposto Toleman-Hart. L'anno dopo passò alla Lotus, ma il grande successo arrivò con la McLaren, scuderia alla quale approdò nel 1988, aggiudicandosi il mondiale con otto vittore e 13 pole position. Impresa che gli riuscì anche nel 1990 e nel 1991. Nel 1994 passa alla McLaren. Sarà l'anno del suo incidente mortale, sul circuito di Imola, causato dal cedimento del piantone dello sterzo della sua monoposto, che impattò a forte velocità sul muro della curva del Tamburello. Ricoverato in gravissime condizioni, Senna morì poche ore dopo nell'ospedale di Bologna. Al secondo posto per gradimento, il tedesco Michael Schumacher, considerato il mostro sacro del circus grazie ai suoi sette mondiali conquistati in carriera, due con la Benetton e ben cinque consecutivi con la Ferrari. Schumi debutta in Formula Uno a bordo della Jordan nel 1991, per poi passare immediatamente alla Benetton grazie a Flavio Briatore, accortosi del suo talento già dalla prima gara disputata. La prima conquista di un mondiale arriva nel 1994, con la contestatissima gara in Australia nella quale si rese protagonista di una collisione con il diretto sfidante al titolo Damon Hill. L'anno successivo il tedesco bissa il successo e nel 1996 approda alla Ferrari. Per riuscire a sollevare nuovamente la coppa del campione del mondo, Schumacher deve attendere il 2000, per poi portare a casa anche i titoli dei quattro anni successivi, entrando definitivamente nella storia. Dopo tre anni di stop, il pilota tedesco è tornato in pista nel circus, correndo dal 2010 per la Mercedes GP. La 'sorpresa' Tazio Nuvolari è al terzo posto secondo i lettori di Ign/Adnkronos. Nato due secoli fa, nel 1892, il 'mantovano volante' per trent'anni ha calcato le scene dell'automobilismo, venendo universalmente riconosciuto come il più grande pilota di tutti i tempi, autore di decine di vittorie e inventando quella che viene definita la 'sbandata controllata' per ottenere maggiore velocità d'uscita dalle curve. Nuvolari morì poco dopo aver abbandonato il mondo dei motori. Al suo funerale partecipò praticamente tutta la città di Manotva, e la bara del 'Nivola' venne trasportato sul telaio di una macchina da corsa scortato da altri mostri sacri del mondo dei motori, Alberto Ascari, Luigi Villoresi e Juan Manuel Fangio.



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  9. arca1959
     
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    grazie.....sono daccordo ....Senna e stato il più grande pilota della storia dell F1!!!!
     
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  10. tomiva57
     
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    1 Maggio: Adeus Ayrton

    Imola, 1 Maggio 1994: in ricordo di Ayrton Senna.




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    E’ luogo comune dire, che quella domenica ce la ricordiamo tutti molto bene anche se sono passati ormai tanti anni. Ed in effetti è vero perché ancora oggi, si sente una stretta al cuore ripensando agli eventi di quel tragico pomeriggio.

    Ayrton era già allora un monumento vivente e la sua morte contribuì ad alimentarne il mito. Il pilota Senna stava antipatico a qualcuno perché la sua ostinazione nel voler vincere a tutti i costi era un fastidioso tarlo che tanti giudicavano come segno di arroganza e manifesta superiorità verso gli avversari, anche quelli blasonati. Il fatto è che lui Ayrton era veramente una spanna sopra agli altri e sono tanti gli episodi che lo testimoniano ancora oggi.

    Tutti avevano preso a chiamarlo Magic, forse perché emanava qualcosa di mistico, qualcosa di superiore, Tina Turner in un concerto a margine del GP d’Australia, gli aveva dedicato Live la sua super hit “Simply the Best”, forse perché era evidente quanto rappresentasse Senna per il mondo della F1 e più in generale per il mondo dello sport. Un leader carismatico ma sopra ogni cosa un pilota con la P maiuscola, l’uomo che seppe spezzare l’egemonia di Prost, il Professore, l’acerrimo nemico, l’elemento che lo completava e che andava a creare con lo stesso Ayrton l’alchimia perfetta.

    Quel mix di talento che nella stagione 1988 aveva prodotto, anche grazie alla super corazzata Mclaren Honda una sequenza impressionante di vittorie 15 su 16 gare in calendario. Il mito di Senna arriva da lontano, il ragazzo brasiliano che giunse in Italia per confrontarsi con i Kartisti più forti del mondo, fu allievo di Achille Parrilla alla Dap, che lo lanciò fino cima all’olimpo di quella disciplina, ma curiosamente non fu mai iridato e questo anche anni dopo rimase un rammarico per lui.

    Appena arrivato il giovane Ayrton parlava poco, al massimo sessanta parole al giorno e quasi rigorosamente in portoghese, in compenso mangiava come un lupo e stupiva tutti all’interno della squadra corse per l’enorme talento di cui era dotato. Il primo test glielo fecero fare sulla pista di Parma per rodare diversi motori destinati a tutti i piloti del team, un lavoro stressante, più di sessanta propulsori in due giorni ad andatura limitata. Era come un leone in gabbia.

    Alla sera del secondo giorno gli diedero il via libera per fare qualche giro tirato. A quel test era presente anche il campione britannico Terry Fullerton, che lo stesso Ayrton definiva “il migliore”. Senna che ai tempi si faceva chiamare Da Silva usando il cognome della madre, non conosceva le Bridgestone perché in Brasile si usavano altre gomme, ma lo stesso riuscì ad eguagliare e battere i tempi dell’asso inglese in quei pochi passaggi inanellati al calare della sera. Era nato un fenomeno. Gli anni a venire furono come un crescendo rossiniano, prima nel Kart e poi nelle monoposto addestrative, F.Ford e F3, categoria dove diede vita nella stagione 83 ad un serratissimo duello con Martin Brundle, vincendo il titolo.

    Nel 1984 il grande salto direttamente in F1, proprio come fece a suo tempo Alain Prost qualche anno prima. Il primo anno nella massima categoria Senna è alla guida della modesta Toleman motorizzata dal Turbo di Brian Hart, dove come compagno si ritrova l’ex centauro Johnny Cecotto che incapperà in un grave incidente al Gp di Gran Bretagna che di fatto ne stroncherà la carriera in F1. Nonostante tutte limitazioni tecniche della sua vettura, il giovane brasiliano riesce a stupire gli addetti ai lavori, fornendo sempre prestazioni al di sopra delle potenzialità della monoposto.

    A Montecarlo, sale per la prima volta sul podio grazie ad una fenomenale prestazione sul bagnato. Finisce secondo dopo che il direttore di gara Jacky Ickx ha interrotto la gara sotto un autentico diluvio, proprio mentre Ayrton stava per agguantare il battistrada Prost su Mclaren, grazie ad una furiosa rimonta, che rimane ancora oggi negli annali della F1. Quella di Monaco 84 fu una vera lezione di guida sull’acqua che Senna impartì a tutti i rivali, Prost compreso, probabilmente un segno del destino.

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    Nel 1985 il passaggio alla Lotus Renault e già al secondo Gp quello del Portogallo, disputato sotto un autentico diluvio sulla pista di Estoril, Ayrton fa sua la prima vittoria in F1. In questa stagione colleziona diversi podi e ottiene anche la sua seconda affermazione, sulla mitica pista di Spa in Belgio, una sorta di consacrazione per quello che era già definito come il miglior talento del futuro. A fine stagione si piazzerà quarto nella classifica iridata, lasciando presagire che tutto il suo potenziale sarebbe esploso di lì a breve.

    Nei due anni successivi rimane fedele alla Lotus di Peter Warr, ottenendo quattro vittorie e svariate pole position, ed è proprio sul giro singolo che Senna costruisce il suo mito. E’ velocissimo, dotato di una sensibilità fuori dal comune che lo porta sempre a spingere al limite, senza quasi mai compiere errori di guida, una sintesi perfetta di classe e determinazione. E’ dotato di grande acume nella messa a punto tanto che nel 1987 il suo ultimo anno in Lotus, la vettura è scorbutica per via del potente motore Honda e acerba a causa dell’innovativo sistema di sospensioni attive che la equipaggiano. Nonostante queste limitazioni tecniche l’asso di San Paolo, ottiene due vittorie proprio sui tracciati ai quali meglio la vettura si adatta, i cittadini di Monaco e Detroit.

    A fine campionato sarà terzo con 57 punti dietro all’imbattibile duo della Williams Honda formato da Piquet e Mansell. Questa sua capacità di adattarsi e saper sfruttare al meglio ogni singola risorsa della monoposto, gli valgono per il 1988 la chiamata in Mclaren al fianco del due volte iridato Alain Prost, il pilota più vittorioso e temuto del circus in quegli anni. Il francese soprannominato dalla stampa “il Professore”, è molto veloce ma il suo vero punto di forza è la grande sensibilità e la capacità nella messa a punto che lo rende imbattibile quando trova l’assetto giusto per le sue vetture. Inoltre Prost, è molto astuto e riesce a leggere in anticipo le situazioni di gara tanto che, nel 1986 ottiene il suo secondo titolo con una vettura inferiore sfruttando gli errori dei piloti Williams.

    Senna da parte sua risponde con il talento, e nella prima stagione impara molto da Prost su come “fare” la macchina: in pratica in poco tempo gli ruba il mestiere. La vettura di Woking è progettata in quella stagione da Gordon Murray e Steve Nichols, e motorizzata dal poderoso V6 Honda in luogo dell’ ormai obsoleto Tag Porsche. Con questa monoposto denominata MP4/4 i due piloti vincono, come detto in precedenza tutte le gare tranne quella di Monza, nella quale lo stesso Senna che stava dominando fu eliminato in contatto con il doppiato Schlesser.

    Si arriva così al penultimo Gp quello del Giappone a Suzuka, con Prost davanti a Senna in classifica per via della gestione “certosina” nei piazzamenti da parte del francese. La gara vede Alain balzare al comando perché Senna ha un’esitazione in partenza e si ritrova nelle retrovie, ma complice la “solita” pioggia che cade per pochi minuti e grazie anche ad una condotta di gara aggressiva, Ayrton riesce ad agguantare Prost passandolo di forza nelle battute finali. Questo gli vale la vittoria nella gara e il primo titolo mondiale della carriera, oltre che lo scettro di pilota più forte della F1.

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    L’anno dopo il 1989, che coincide con il ritorno dei motori aspirati, è quello dei veleni e dello scontro verbale con il compagno Prost. Ormai è chiaro che i due non si sopportano perché, il transalpino si sente spodestato della sua autorità all’interno del team e del suo status di leader in senso più ampio. Chiaramente il patron Ron Dennis è combattuto, perché ha nella sua scuderia i due piloti più forti dell’ultimo decennio. Da un lato Prost, colui che gli ha fatto conquistare due titoli mondiali e innumerevoli vittorie, dotato di grande velocità e della miglior capacità nello sviluppo di una F1. Dall’altra Senna, un talento allo stato puro una forza della natura, l’esatto opposto di Prost, ma come il francese egualmente efficace, tanto che al primo anno alla corte di Woking conquista il mondiale, battendo proprio Prost.

    A Imola si arriva alla svolta: in partenza i due che scattano come al solito dalla prima fila, si accordano per non ostacolarsi a vicenda, ma non si intendono e si vanno praticamente a toccare alla prima curva. Questo innescherà una serie di accuse che porterà alla faida più seguita e commentata dai media nella F1 moderna. Da lì in poi, smetteranno di condividere le informazioni tecniche e addirittura perfino di parlarsi. Una situazione imbarazzante che Ron Dennis non riesce più a gestire, il cui epilogo sarà ancora una volta a Suzuka nel penultimo Gran Premio della stagione, dove Senna e Prost si giocano per la seconda volta di fila il mondiale in uno scontro tutto targato Mclaren.

    Come l’anno precedente Prost riesce a portarsi davanti in gara superando nelle prime fasi Senna che partiva dalla pole, ma il brasiliano non molla e cerca in tutti i modi di attaccare l’acerrimo compagno rivale. A cinque giri dalla fine Ayrton riesce ad affiancare Prost prima della staccata dell’ultima chicane, una sorta di imbuto molto stretto. Di fatto il francese, anticipando l’ingresso in curva, chiuse il brasiliano bloccando le due vetture. Si trattò di una manovra molto discussa che ancora oggi non mette d’accordo i sostenitori dei due piloti: effettivamente, a termini di regolamento, Prost aveva diritto di traiettoria, avendo il muso della macchina più avanti di quello dell’avversario, ma la sua decisa sterzata anticipata sembrò una manovra volta a generare l’incidente. Prost terminò lì la propria gara, Senna invece ripartì grazie ad una spinta dei commissari, ed attraversando la chicane rientrò in gara, pur con l’ala anteriore fuori uso per il contatto col francese.

    Dopo la sosta ai box, per il cambio del musetto, e il furioso inseguimento ad Alessandro Nannini, primo a quattro giri dal termine con dieci secondi di vantaggio sul brasiliano, Senna riuscì a tagliare per primo il traguardo, aggiudicandosi virtualmente il Mondiale. Sul gradino più alto del podio però salì Nannini: Senna era stato squalificato perché, tagliando la chicane, aveva tratto vantaggio dalla spinta dei commissari. Prost poté così fregiarsi del suo terzo titolo di Campione del Mondo.

    L’episodio inasprì definitivamente i già compromessi rapporti che Senna aveva col francese e con la Federazione, a quel tempo retta da Jean Marie Balestre. Seguirono di conseguenza una serie di polemiche durante tutto l’inverno: Senna, profondamente rattristato e scoraggiato, paventò il ritiro dalle corse, parlando di cospirazione ordita dal Presidente della FIA nei suoi confronti, mentre la Federazione minacciò al brasiliano la revoca della superlicenza.

    Nel 1990 con Prost che emigra alla Ferrari, Senna diventa leader indiscusso del team Mclaren e l’arrivo del fido scudiero Berger per via dello scambio con Prost tra la Scuderia di Maranello e quella britannica porterà di nuovo serenità e voglia di vincere in Ayrton. E’ un’annata molto combattuta, guarda caso il rivale di Senna sarà sempre lui, Prost che alla guida della Ferrari 641/2 progettata da John Barnard deve interrompere il digiuno iride del Cavallino che dura ormai dal 1979, quando Schecketer conquistò l’ultimo titolo per Maranello. Il campionato si decide manco a dirlo a Suzuka, dopo che i due rivali si sono dati battaglia per tutto l’arco della stagione ottenendo il maggior numero di punti e vittorie.

    Alla partenza Senna è in pole ma scatta dal lato sporco della pista e Prost è subito pronto ad approfittarne, sopravanzando Magic in partenza, ed involandosi al comando. Il francese della Ferrari, chiuse la traiettoria impostando la curva successiva al rettifilo dei box, ma Senna ritardò volutamente la frenata (come egli stesso ammise qualche anno dopo) andando a speronare la Rossa di Alain ed entrambi finirono la loro gara nella sabbia. Senna intervistato a caldo sull’accaduto, disse una frase sibillina che riassumeva in pieno il suo gesto: «A volte le gare finiscono a sei giri dal termine, a volte alla prima curva»…In ogni caso visto il vantaggio in classifica che conservava su Prost, il brasiliano divenne per la seconda volta Campione del Mondo.

    Nel 1991 Senna si trova di fronte ad un nuovo rivale Nigel Mansell alla guida della Williams Renault. Prost ha un mare di problemi con la Ferrari che si rivela scarsamente competitiva per via di scelte troppo conservative nel progetto: questa scarsità di prestazioni porterà a fine anno il francese al divorzio con le Rosse e la scelta di prendersi nel 1992 un anno sabbatico dal Circus. La battaglia tra la Mclaren MP4/6 Honda dell’asso brasiliano e la Williams FW14 Renault di Mansell è leale; i due se le danno di santa ragione in pista, ma sempre nel rispetto reciproco come onesti combattenti.


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    La vettura di Frank Williams progettata da Newey è un vero gioiello, ma manca in alcune occasioni di affidabilità . Per fronteggiare questa situazione, la Honda ha deciso di fornire alla Mclaren un nuovo motore a 12 cilindri, in luogo del V10 utilizzato ad inizio stagione. Questo porterà sotto certi aspetti ad una perdita di prestazioni per via dello sviluppo a tappe forzate della nuova unità. Il brasiliano vince le prime quattro gare ma poi, la supremazia tecnica della FW14 prende il sopravvento e il team di Didcot recupera punti su punti ad ogni Gp. Senna ci mette tanto del suo per respingere gli attacchi di Mansell, che essendo dotato di una vettura velocissima, pare avere la meglio nella seconda parte della stagione.


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    Come sempre a Suzuka dove ormai da anni si decide il campionato, il Leone d’Inghilterra della Williams compie un errore di guida proprio mentre si trova dietro a Senna durante la gara e si ritira dopo essere finito nella ghiaia. Con l’uscita di scena di Nigel, Ayrton diventa per la terza volta Campione del Mondo proprio sulla pista giapponese, teatro di molti ricordi dolci e amari per il fuoriclasse di San Paolo.

    Il 1992 rappresenta per Senna una stagione sfortunata. L’annata è dominata dalle Williams che manifestano in questo periodo tutta la loro superiorità tecnica, forti di una sistema sospensivo gestito elettronicamente dai box. Ayrton riesce comunque a vincere per l’ennesima volta a Montecarlo, in Ungheria e a Monza, dimostrando che anche con una vettura inferiore alla concorrenza riesce ad esprimere tutta la sua classe. Ed è proprio in occasione della vittoria in Ungheria che Senna cede lo scettro iridato a Nigel Mansell. L’inglese, giungendo secondo dietro al brasiliano, va a conquistare matematicamente il suo unico titolo iridato all’età di 39 anni.

    Il 1993 è simile all’anno precedente, con la Honda che si ritira dalla F1 e lascia la Mclaren orfana di una partnership tecnica di livello. Il team di Dennis si affida al motore più affidabile sul mercato: il Ford Cosworth V8. In quella stagione torna in gioco Alain Prost l’eterno rivale, che subentra al posto di Mansell (emigrato nella Indycar) al volante della Williams Renault iridata. La vettura di Sir Frank, è sempre la migliore del lotto e i distacchi inflitti agli avversari in prova, a volte sfiorano i due secondi al giro. La maggior parte delle prime file della stagione vedono sempre Prost e il suo nuovo compagno Hill davanti a tutti. Nonostante questa netta supremazia, Senna riesce miracolosamente a vincere cinque Gran Premi. Quello più spettacolare rimane il trionfo di Donington Park sotto l’acqua, l’elemento della natura più caro ad Ayrton.

    In questa gara Senna, riesce a doppiare persino Prost (3°) che con il diluvio ha un passo decisamente diverso rispetto a quello dell’asso carioca. Il secondo classificato in quella corsa sarà Damon Hill, che giunge a più di un minuto di distacco dal vincitore. L’impresa è titanica, tanto che questo sarà uno degli ultimi tasselli che porteranno il pilota brasiliano di diritto nella leggenda di questo Sport.

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    A fine campionato stanco di non avere una vettura vincente da almeno due stagioni, Magic dice addio con rammarico alla Mclaren, dopo che nell’anno appena trascorso aveva già meditato un cambio di scuderia. Ron Dennis saluta dopo sei stagioni il suo miglior pilota di sempre e con il quale aveva un rapporto umano che andava al di là del semplice business. Bisogna ricordare che proprio all’inizio del 1993, Senna aveva avuto lunghe trattative con lo stesso Dennis che non voleva lasciarlo andare in un altro team, e di fatto riuscì a convincerlo in extremis a correre come si suole dire a “gettone” per tutto la stagione. Ron Dennis non proverà mai più sentimenti così forti nei confronti di un pilota, tranne che in parte per Mika Hakkinen negli anni successivi.

    A fine 1993 si verifica un altro importante evento per Ayrton: Prost dopo essere diventato per la quarta volta Campione del Mondo (questa volta con la Williams) si ritira definitivamente dalla F1, lasciando nel cuore agonistico di Senna un grande vuoto. Con il ritiro del Professore, viene a mancare un elemento fondamentale per Ayrton. Quel piccolo francese come lo definiva lui, era l’unico in grado di contrastarlo, l’unico con il quale aveva combattuto oltre le regole, l’unico che l’aveva battuto sul campo. Uno stimolo non da poco se vogliamo ben guardare, perché finita questa epoca la F1 si appresta a voltare pagina per sempre.

    Finalmente nel 1994, Senna approda nella scuderia più forte del momento la Williams, che da campione in carica gli promette una vettura in grado di lottare di nuovo per il titolo che da due anni manca all’asso brasiliano. Come compagno di team avrà il fidato Damon Hill, una persona corretta e un ottimo pilota. Purtroppo però la stagione parte male, con Ayrton che deve fronteggiare a causa dei nuovi regolamenti l’abolizione delle sospensioni attive e anche il nuovo che avanza.

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    Una nuova scuderia e un nuovo pilota cambiano i connotati a questa F1: si tratta di Michael Schumacher tedesco di venticinque anni e della Benetton gestita dal manager italiano Flavio Briatore. Nelle prime due gare, Senna centra due pole su due portando il suo numero di partenze al palo il più alto di tutti i tempi. Ma in gara, dove la costanza di rendimento della Benetton è migliore rispetto a quella della sua nervosa Williams, Ayrton deve soccombere all’arrembante Schumacher, che vince sia nel “suo” Brasile che ad Aida, dove Magic si ferma per un incidente subito dopo la partenza.

    Si arriva così all’ultima pagina del libro della vita di Senna, e più precisamente ad Imola in quel disgraziato week end del primo maggio 1994. Il venerdì delle prove il giovane deb Barrichello, si schianta alla variante Bassa con la sua Jordan, ma dopo un grande spavento iniziale se la cava con poche contusioni e l’ambiente tira un sospiro di sollievo. Senna appare invece rabbuiato e scosso da un triste presagio. Al sabato infatti, la morte che era in agguato si prende il povero Roland Ratzenberger della Simtek e se lo porta via dopo un terrificante volo in prossimità della curva Villeneuve.

    Uno schianto terribile, davanti al quale tutto il mondo della F1 è impietrito. Erano anni che nessuno perdeva la vita nel Circus e sembrava impossibile che questo potesse accadere di nuovo. Senna in ogni caso fa sua anche questa pole che rimane l’ultima di un infinita serie: 65 in dieci anni di F1. In quei giorni, Ayrton è strano, apatico e sembra aver perso l’entusiasmo dei tempi migliori. In ogni caso alla sera del sabato, di ritorno nei box dopo un lungo colloquio con il medico della Fia e suo amico Sid Watkins, va ad incitare i meccanici e promette loro di dare il massimo il giorno dopo. Vuole rendere omaggio al povero Roland, tanto che si fa mettere nell’abitacolo una bandiera austriaca da sventolare dopo il traguardo in caso di successo.

    Domenica pomeriggio in griglia di partenza Senna è ancora più cupo del giorno precedente, e i suoi occhi sono pervasi da un’immensa tristezza. Guardandolo da vicino, si vede un uomo diverso: uno che non si diverte più nel fare ciò che ha sempre amato fin da bambino. Qualcosa si è irrimediabilmente rotto dentro di lui. Ayrton era molto religioso, e negli anni non aveva mai fatto mistero nemmeno con i media di essere devoto e di leggere sempre prima di ogni gara un passo della Bibbia. Anche quel giorno lesse un passo, quello che gli annunciava che presto avrebbe incontrato Dio nella fede.

    Forse, è un’esagerazione pensare che queste cose possano coincidere con la consapevolezza di sapere che di lì a poco ne se sarebbe andato. Volando via, veloce come il vento che spesso era meno veloce di quel pilota dal casco giallo che ad ogni giro di qualifica sfidava le leggi della fisica. Ci fermiamo qui, perché tutto quello che successe dopo il semaforo verde quel primo maggio di tanti anni fa, rimane vivo nella memoria di tutti come una delle pagine più dolorose della storia dei motori.

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    Sulla sua tomba, a San Paolo del Brasile, è scolpita una citazione dalla Lettera dell’apostolo Paolo ai Romani 8,39: «Nada pode me separar do amor de Deus» (Niente mi può separare dall’amore di Dio).

    da: f1passion.it
     
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    Chi era Ayrton Senna. Il migliore, morto 19 anni fa
    Il ricordo di Ayrton Senna, campione della F1 morto 19 anni fa all'autodromo di Imola "Enzo e Dino Ferrari".





    “Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota”… Inizia così una canzone. E quelle parole risuonano nella mente ogni Primo Maggio, tra una
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    canzone a San Giovanni e un raggio di sole. Parole che ricordano quel giovane pilota brasiliano scomparso una domenica di 19 anni fa alla fine di una curva, il “Tamburello”. Una curva lunga e veloce di quelle che Ayrton amava. Quelle curve in cui scali fino ad arrivare in seconda e poi riapri il gas innestando una marcia dopo l’altra. Erano tempi un cui il Kers non c’era e l’unico amico – e al tempo stesso nemico – del pilota era quel cordolo. Quell’incedere di bianco e rosso che possono tenerti in pista o sbatterti lontano; lì, dove neanche un terrapieno di sabbia può fermarti.
    Ayrton morì così. Al fondo di una curva. Non una qualsiasi. Il Tamburello: la curva dell’autodromo di Imola che lancia i piloti verso il traguardo o verso la morte. Preceduta dalla variante Villeneuve – scherzi del destino – e poco dopo la mitica “Rivazza” come cantava Vasco. Senna morì proprio lì. in mezzo ad una terra fatta di motori, dopo una curva che porta il nome di un’artista dell’automobilismo, su una pista in memoria del più grande costruttore di veicoli da corsa.
    E’ morto al culmine della sua carriera. E’ morto all’inizio della sua prima stagione sulla Williams. La macchina più forte guidata, finalmente, dal pilota più forte di sempre. Perché Ayrton è stato il migliore. Non ha vinto quanto Schumacher (o Fangio) ma ha emozionato più del tedesco – capace di rimanere impassibile anche mentre la sua macchina prendeva fuoco, a Zeltweg nel 2003 – ha dato a tutti gli amanti di F1 una ragione per rimanere incollati davanti alla tv. Eravamo tutti là in attesa di un suo sorpasso, di un suo guizzo, di un suo giro veloce: di una sua pole. Lui il re della prima posizione era riuscito nell’impresa di inanellare 65 pole positions (record battuto solo da Schumacher – 68 – ma con molti gran premi disputati in più) di cui 8 consecutive (record imbattuto in F1).
    Anche quella domenica era andato forte ma non gli doveva esser bastato. Voleva che il piantone dello sterzo fosse modificato per migliorare la visibilità. Era sicuro del suo team, era il team migliore. Le modifiche furono apportate secondo le richieste di Senna e il piantone dello sterzo fu risaldato a mano. Chissà come sarebbe andata se…

    Hasta-siempre-Senna


    A Imola c’era il sole quel week end. Chissà come sarebbe andata se fosse piovuto e le auto non avessero spinto al massimo i motori. Chissà… E chissà cosa pensava Ayrton mentre metteva nella sua monoposto la bandiera austriaca, lui brasiliano fino allo spasmo era pronto a sventolarla in memoria di Roland Ratzenberger, morto durante le prove del venerdì in seguito ad un’uscita di pista alla curva Villeneuve. Forse era sicuro di vincerla quella gara. D’altronde il suo motore Renault 10 cilindri era una spanna sopra tutti gli altri e lui era il migliore.
    Dopo la bagarre iniziarle entra le safety car. Coda di macchine fino al 7° giro, il solito tira e molla per non rovinare l’aerodinamica e via riparte il gran premio. Senna attacca e mette dentro una marcia dopo l’altro come si fa quando si ha voglia di mangiare l’asfalto. Quando si viene dal Brasile e si capisce che in quel momento non si corre solo per se stessi ma per un intero popolo che dalle tue mani cerca il riscatto. E allora Senna aggredisce le curve fino al Tamburello. Fino a quella saldatura che si spezza, come un osso che non ha più la forza di reggere un corpo. La macchina è ingovernabile, Ayrton tenta la frenata ma… 14.17; 1 Maggio 1994. L’uomo che aveva fatto innamorare il mondo delle corse esce di pista e va a sbattere contro un muro. Ricordo il silenzio che usciva dagli appartamenti accanto al mio; quello dei cronisti. Ricordo le prime immagini che mostrano la testa muoversi. Ricordo il sospiro di sollievo nel vedere quel capo spostarsi da sinista a destra, convinti che il peggio fosse passato. Poi l’elicottero, la corsa verso l’Ospedale Maggiore di Bologna e il tragico epilogo. Senna morì alle 18.40 senza mai svegliarsi dal coma.
    Qualche giorno dopo due milioni e mezzo di brasiliani parteciparono al suo funerale. Un corteo di uomini piangenti giunti da ogni angolo del Brasile per onorare quell’uomo che li aveva portati in cima al mondo. Diciannove anni dopo le immagini dell’incidente ritornano vive nella mente insieme alle parole di Lucio Dalla: “E ho deciso una notte di maggio in una terra di sognatori ho deciso che toccava forse a me”. 1 Maggio 2013, ti fermi e pensi che questa terra – senza Ayrton – sogna un po’ di meno.


    http://motori.fanpage.it/


    F1, Senna 19 anni dopo: Massa lo ricorda, il Brasile gli dedica un samba
    Nel giorno delle commemorazioni per la scomparsa del leggendario campione - il 1 maggio 1994 a Bologna, dopo l'incidente di Imola - la famosa scuola di Rio, Unidos da Tijuca, gli dedicherà il ballo che presenterà al Carnevale del 2014. Il ferrarista su twitter: "Ci manchi"
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    Diciannove anni dopo la scomparsa di Ayrton Senna- morto il 1 maggio 1994 a Bologna dopo un incidente fatale nel GP di Imola, alla curva del Tamburello - il Brasile gli ha dedicato numerose commemorazioni a testimonianza di un amore che il tempo non ha cancellato. Fra queste, c'è anche la dedica del samba che la scuola Unidos da Tijuca, una delle più antiche di Rio, farà ad Ayrton in occasione della sfilata del Carnevale del 2014, quando ricorrerà il ventennale della sua morte. Negli ultimi 4 anni anni i gialloblù di Unidos da Tijuca hanno vinto il Carnevale due volte - 2010 e 2012 - e con il samba enredo intitolato "Acelere, Tijuca", che sarà dedicato al tre volte iridato di F.1 si candidano per una tripletta. "Porteremo di nuovo il nostro idolo in pista", ha detto Paulo Barros, `carnavalesco´ della scuola.
    IL RICORDO DI MASSA— Anche Felipa Massa, il brasiliano della Ferrari ha ricordato l'anniversario della morte di Ayrton. Lo ha fatto su Twitter, con una dedica semplice ma efficace: ''19 anni dalla morte di Ayrton. Ci manchi''.



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    Edited by gheagabry - 1/5/2014, 17:33
     
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    L’ultima notte di Ayrton Senna, raccontata in un libro
    di Giorgio Terruzzi
    Giorgio Terruzzi ha scritto un libro sulla vigilia della morte di Senna, vent'anni fa: in un albergo di Castel San Pietro
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    1992, Silverstone
    Ayrton Senna a Silverstone, durante le prove del Gran Premio d’Inghilterra, il 12 luglio 1992. (Pascal Rondeau/Getty Images)



    Ayrton Senna fu un grande e amatissimo pilota brasiliano di Formula Uno e avrebbe compiuto 54 anni il 21 marzo 2014. Morì invece in un incidente a Imola, in Italia, durante il Gran Premio di San Marino del primo maggio 1994: aveva 34 anni. Ayrton Senna aveva vinto per tre volte il Campionato del mondo di Formula Uno e solo Michael Schumacher e Alain Prost hanno vinto più Gran Premi di lui: la sua morte precoce in gara rese ancora più leggendari i suoi successi e la sua storia:
    Il prossimo 17 aprile uscirà per la casa editrice 66thand2nd “Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna”, un libro di Giorgio Terruzzi, scrittore e giornalista, grande esperto di Formula Uno, che aveva conosciuto Ayrton Senna molto bene, come racconta in appendice al libro: la storia è costruita proprio intorno a quell’ultima notte e a quell’ultimo giorno di vent’anni fa. Alla vigilia dell’uscita del libro e intorno a questi anniversari, Terruzzi racconta a cosa si riferisce il titolo del libro e lo presenta per il Post.

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    1984, Nürburgring
    Ayrton Senna nel 1984 dopo la vittoria in una gara Mercedes in Germania, al Nürburgring, davanti a Niki Lauda (AP Photo/Udo Weitz)



    La data rilascia sempre un punto esclamativo. 21 marzo. L’anno: 1960. Il luogo: San Paolo, Brasile. Ayrton Senna avrebbe oggi qualche ruga attorno agli occhi, sulla fronte, nulla in grado di mascherare uno sguardo dolce, profondo, non importa l’anagrafe. Un passo ancora deciso, un sorriso dissociato dalla mezza età.

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    1993, Silverstone
    1993: Ayrton Senna a 33 anni a Silverstone, Inghilterra (JOHNNY EGGITT/AFP/Getty Images)



    Il suo volto resta, resiste, compare comunque gessato in un tempo già lontano. Ayrton continua a viaggiare nei nostri pensieri, nelle fantasie e nelle memorie. E’ forse l’unico conforto prodotto da quella morte in pista cruenta e permanente anch’essa, 1 maggio 1994: un evento capace di consegnarci per sempre i tratti della giovinezza, i gesti di un campione dall’incedere furibondo, i comportamenti di un uomo esposto, attraversato da sentimenti mai scontati, per nulla trascurabili.
    Ho avuto il privilegio di lavorare nell’epoca sua, segnata dal suo correre, perdere, vincere, stravincere, dalla sua determinazione assoluta, dal bisogno di trovare una pace, di combattere anche con qualche avversario interno, di trovare conforto in Dio, di fare i conti con se stesso in un modo autarchico, manifesto e sconcertante. Ho cercato di corrergli dietro, in qualche modo, perdendo il passo ma ritrovandolo, in fin dei conti, sempre, perché perderlo di vista era proprio impossibile.

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    1990, Budapest
    Ayrton Senna e Gerhard Berger, compagni di squadra alla McLaren, durante le prove libere del Gran Premio d’Ungheria, a Budapest, l’11 agosto 1990. (Pascal Rondeau/Getty Images)



    Meravigliato com’ero, come eravamo in molti, quasi tutti, da un ragazzo preso da una sorta di missione spesso suprema e basta, dalla propria ombra nella quale cercava un compendio alla luce abbagliante del talento.
    Per una serie di circostanze curiose che abbinano coincidenze, vite private, spostamenti, ho avuto la possibilità di scambiare qualcosa che andava oltre il lavoro, suo e mio, sulle piste del Mondiale. Una vicinanza relativa ma sufficiente a far scattare una curiosità e poi un interesse e poi qualche inattesa confidenza con un uomo che per molti versi era capace di gesti lontanissimi dai miei, dai nostri, dettati da un qualche raggio celeste e poi, all’improvviso protagonista di atti ben più leggibili, vicini, persino somiglianti ad una fatica condivisibile e quotidiana.

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    1989, Montecarlo
    Ayrton Senna festeggia la vittoria del Gran Premio di Monaco, a Montecarlo, il 7 maggio 1989. (AP Photo/Gilbert Tourte)



    Un essere umano, semplicemente, simile ad altri, a ciascuno di noi, pronto addirittura ad offrirsi così. Preso da un dubbio, da una rabbia, da una preghiera, da una debolezza, mentre in pista sembrava solo formidabile, un fenomeno, un vero capo.

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    1990, Imola
    Ayrton Senna alla guida della McLaren-Honda MP4/5B durante una sessione di test invernali a Imola, San Marino, a febbraio del 1990. (Pascal Rondeau/Getty Images)



    La morte in pista è parsa, talvolta, come un sigillo così drammatico da rendere ogni resto memorabile a tempo indeterminato. Non credo si tratti solo del capitolo ultimo e finale quando cerchiamo di spiegare come mai Ayrton Senna resta Ayrton Senna, una specie di simbolo, una figura leggendaria. Penso ai capitoli di una carriera sempre accompagnata da picchi evidentissimi. Nei momenti della gioia, così come nei momenti difficili. Qualcosa che ha costretto chiunque a guardare nella sua direzione, a prendere in mano a prendere atto, a valutare le caratteristiche di un viaggio unico. Umanamente unico, oltre che agonisticamente strabiliante.

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    1993, Suzuka
    Ayrton Senna sulla McLaren MP4-8 durante le prove libere del Gran Premio del Giappone, a Suzuka, il 23 ottobre 1993. (Pascal Rondeau/Getty Images)



    Per i vent’anni dalla morte ho scritto un libro. Per scriverlo ho sentito il bisogno di tornare nella sua camera d’albergo, la Suite 200 dell’Hotel Castello di Castel San Pietro Terme, dove Ayrton trascorse la sua ultima notte, alle prese con un lutto primo e fresco da pista, la morte di Roland Ratzenberger, e con un momento decisivo della propria vita, con molte decisioni da prendere e la necessità di comporre una bilancio urgente. Mentre mi trovavo là, nel silenzio della stanza, mentre scrivevo, ho ritrovato un patrimonio intatto, ciò che Ayrton mostrò a suo tempo, come pilota, come persona. Abbastanza per commuovere e rimpiangere ma anche per ripristinare un conforto profondo. Il valore di un percorso, di uno sforzo spaventoso, persino di un insegnamento. È questo, credo, che conta, che tiene qui Ayrton, che porta Ayrton anche nel cuore e nella testa di chi non lo vide correre o fare. Giovani o giovanissimi, pronti anche loro ad incontrare un uomo singolare e modernissimo. Capace di considerare ciò che aveva ricevuto in dote dal firmamento, in un primo capitolo soltanto, in una specie di spunto o di debito da accudire con un impegno assoluto, pagando pegno con una sofferenza acuta.

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    1988, Silverstone
    Ayrton Senna festeggia con Nigel Mansell (secondo) la vittoria del Gran Premio d’Inghilterra, a Silverstone, il 10 luglio 1988. (AP Photo)



    Luce e ombra, uniche e tenere, feroci e rare. Da guardarci dentro, guardando anche dentro noi stessi. È questa l’eredità. Ed è per questo che Ayrton continua a correre nei nostri pressi come un ragazzo fortissimo, fragile, meraviglioso.

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    1988, Suzuka
    Ayrton Senna festeggia la vittoria del Gran Premio del Giappone, a Suzuka, il 30 ottobre 1988. (AP Photo/Neokazu Oinuma)
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    1990, Montecarlo
    Ayrton Senna festeggia la vittoria del Gran Premio di Monaco, a Montecarlo, il 12 maggio 1990. (AP Photo/Lionel Cironneau)
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    1989, Melbourne
    Ayrton Senna durante le prove libere del Gran premio d’Australia, il 4 novembre 1989. (AP Photo/STEPHAN HOLLAND)
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    1984, Le Castellet
    Ayrton Senna con Jeanne Damerot di Bourg-en-Bresse, sua fan di 82 anni, a Le Castellet in Francia nel 1984 (ERIC CABANIS/AFP/GettyImages)
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    1993, Adelaide
    Ayrton Senna con la sua fidanzata Adriana Galisteu ad Adelaide, Australia, nel 1993 (TORSTEN BLACKWOOD/AFP/GettyImages)
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    1988, Suzuka
    Ayrton Senna e Alain Prost durante le prove a Suzuka nel 1988 (KAZUHIRO NOGI/AFP/GettyImages)
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    1986, Estoril
    Ayrton Senna, Alain Prost, Nigel Mansell e Nelson Piquet prima del Gran Premio del Portogallo del 1986 all’Estoril (DOMINIQUE FAGET/AFP/Getty Images)
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    1992, Imola
    Ayrton Senna durante le prove a Imola del Gran Premio di San Marino del 1992 (Mike Hewitt/Getty Images)
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    1987, Montecarlo
    1987: Ayrton Senna sulla Lotus Honda durante il Gran Premio di Montecarlo che vincerà (Simon Bruty/Allsport)
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    1988, Jacarepagua
    Ayrton Senna nel 1988 durante le prove del Gran Premio del Brasile a Jacarepagua (Simon Bruty/Getty Images)
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    1994, Imola
    Ayrton Senna sistema lo specchietto retrovisore prima della partenza del Gran Premio di San Marino a Imola, il 1° maggio 1994: morirà in un incidente al settimo giro della gara (JEAN-LOUP GAUTREAU/AFP/Getty Images)
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    1991, Suzuka
    Ayrton Senna festeggia il secondo posto nel Gran Premio del Giappone, a Suzuka, insieme a Riccardo Patrese, terzo, il 20 ottobre 1991. (Pascal Rondeau/Getty Images)
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    1988, Jacarepagua
    Ayrton Senna nel 1988 al Gran Premio del Brasile (Simon Bruty/Allsport)
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    1990, Jerez
    1990: Ayrton Senna dopo il ritiro per una furatura al Gran Premio di Spagna a Jerez (Pascal Rondeau/Allsport)
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    1991, Montecarlo
    1991: Ayrton Senna sulla McLaren Honda durante il Gran Premio di Monaco in cui arriverà primo (Pascal Rondeau/Allsport)
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    1991, Jacarepagua
    Ayrton Senna festeggia la vittoria del Gran Premio del Brasile del 1991 (Pascal Rondeau/ALLSPORT)
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    1990, Città del Messico
    Ayrton Senna a bordo della McLaren-Honda MP4/5B durante il Gran Premio del Messico, a Città del Messico, il 23 giugno 1990. (Pascal Rondeau/Getty Images)
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    1991, Spa Francorchamps
    1991: Ayrton Senna dopo la vittoria del Gran Premio del Belgio (Pascal Rondeau/Allsport)
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    1994, Imola
    L’auto schiantata di Ayrton Senna subito dopo l’incidente del 1° maggio 1994 a Imola (AP Photo/Pesci)
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    1994, Imola
    L’auto di Ayrton Senna dopo l’incidente del 1° maggio 1994 a Imola (JEAN-LOUP GAUTREAU/AFP/Getty Images)
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    1997, Imola
    Una statua di Ayrton Senna svelata durante una cerimonia il 25 aprile 1997, alla curva del Tamburello, a Imola, luogo dell’incidente mortale di Senna. (AP Photo/Luca Bruno)
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    1991, Imola
    Ayrton Senna a Imola nel 1991, prima del Gran Premio di San Marino in cui arriverà primo (Chris Cole/Allsport)





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    Ayrton Senna, il doodle perché oggi avrebbe 54 anni
    Era nato il 21 marzo 1960, vinse tantissimo e morì giovane a Imola: Google ha disegnato lui e la sua macchina
    ayrton-senna


    Ad Ayrton Senna è dedicato oggi il doodle di Google, che rimpiazza il tradizionale logo col nome della società nelle sue pagine di ricerca in gran parte dei paesi del mondo (i doodle di Google per eventi e anniversari sono spesso scelti solo in alcune declinazioni nazionali). Senna fu tre volte campione del mondo di Formula tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta. Era nato a San Paolo il 21 marzo del 1960 e iniziò a correre nelle formule minori, esordendo nella Formula 1 al Gran Premio del Brasile del 1984. Nel 1988 Senna dalla Lotus passò alla McLaren, scuderia con cui vinse i mondiali del 1988, 1990 e 1991. Fu uno dei più grandi e amati piloti di Formula 1 e morì in seguito a un grave incidente al Gran Premio di San Marino, sul circuito di Imola, il primo maggio 1994. Il doodle ricorda Ayrton Senna con un ritratto di profilo e la sagoma di un’auto di Formula 1 mentre idealmente raggiunge il traguardo, tra i colori della bandiera del Brasile.



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  15. gheagabry
     
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    “Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota
    e corro veloce per la mia strada
    anche se non è più la stessa strada
    anche se non è più la stessa cosa
    anche se qui non ci sono piloti
    anche se qui non ci sono bandiere
    anche se qui non ci sono sigarette e birra
    che pagano per continuare
    per continuare poi che cosa
    per sponsorizzare in realtà che cosa.
    E come uomo io ci ho messo degli anni
    a capire che la colpa era anche mia
    a capire che ero stato un poco anch’io
    e ho capito che era tutto finto
    ho capito che un vincitore vale quanto un vinto
    ho capito che la gente amava me
    potevo fare qualcosa
    dovevo cambiare qualche cosa.
    E ho deciso una notte di maggio
    in una terra di sognatori
    ho deciso che toccava forse a me
    e ho capito che Dio mi aveva dato
    il potere di far tornare indietro il mondo
    rimbalzando nella curva insieme a me
    mi ha detto - chiudi gli occhi e riposa -
    e io ho chiuso gli occhi.
    Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota
    e corro veloce per la mia strada
    anche se non è più la stessa strada
    anche se non è più la stessa cosa
    anche se qui non ci sono i piloti
    anche se qui non ci sono bandiere
    anche se forse non è servito a niente
    tanto il circo cambierà città
    tu mi hai detto - chiudi gli occhi e riposa -
    e io adesso chiudo gli occhi…”
    —————————————————-
    Lucio Dalla

     
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