Toscana... Parte 6^

GLI GNUDI..LE FRITTELLE..I PICI ALL’AGLIONE..IL CHIANTI..IL SAPORE DELLA TOSCANA..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI

    “... Martedì ... raccontiamo oggi l’ultimo aspetto di questa magnifica terra ... come un diamante prezioso abbiamo analizzato ogni sua sfaccettatura ... oggi racconteremo le tradizioni culinarie della Toscana ... profumi e aromi unici che descrivono appieno la complessità della cultura e delle tradizioni del giardino d’Italia ... la Toscana ... preapariamoci amici miei, lasciamo che la cucina di questa terra ci inebri e ci faccia comprendere ancora di più l’unicità di questa regione della nostra amata Italia ... Buon risveglio amici miei ... il viaggio sulla mongolfiera dell’Isola Felice riprende anche oggi ..."

    (Claudio)



    GLI GNUDI..LE FRITTELLE..I PICI ALL’AGLIONE..IL CHIANTI..IL SAPORE DELLA TOSCANA..


    “… in Toscana, il piccolo, caro, vecchio giardino d'Italia…. i suoi paesaggi verdi e colorati ..dalle montagne pistoiesi alla indiscussa Garfagnana, tra fondo valle e ripidi pendii….Il Ponte del Diavolo nell'antico Borgo a Mozzano o S.Marcello Pistoiese, dogana delle famose piste di sci… le Colline del Chianti dove, a perdita d'occhio, precisi come tanti soldati, i filari delle viti tanto antiche quanto preziose….Nella terra dove il ferro dona un brunato colore e il vino prende il sapore del medievale…La Campagna Senese ancora memore di un antico passato con la sua terra friabile e rossa come il tramonto, i suoi agglomerati cintati da mura come vecchi manieri evasi dal passato …Lungo la costa profuma il mare da Carrara a Grosseto, i colori cambiano nel paesaggio. L'azzurro della Versilia, il blu di Calafuria e Castiglioncello, le sabbie bianche di Rosignano e il rosato e incontaminato della costa, giù giù fino a Grosseto.”

    “Non solo straordinario pittore, architetto ed inventore…Leonardo sa Vinci volle lasciare in segno anche nell’arte culinaria….cresciuto in campagna e da sempre affascinato dalla cucina, Leonardo si dilettò a lungo nella creazione di straordinarie macchine per allietare i banchetti…La sua passione per la medicina lo fece avvicinare anche all’utilizza delle spezie e dai suoi scritti emergono esperimenti con erbe e spezie, tra cui il curcuma, aloe, zafferano, fiori di papavero, fiordalisi, ginestre, olio di semenza di senape e olio di lino…Inoltre è sicuro che negli ultimi anni abbia firmato una bevanda che nel codice Atlantico descrisse minuziosamente negli in gradienti (acquarosa, zucchero e limone) e nel sistema di filtraggio (colati in tela bianca). La leggenda però vuole che il gioventù fosse ancora più appassionato di cucina al punto da fondare a Firenze, insieme all’amico Botticelli, l’osteria “Le tre rane” dove di dilettava a sperimentare alcune delle idee espresse nei suoi disegni, quali lo strumento tritura cibi e un marchingegno per autorizzare lo spiedo degli arrosti.”

    “…quando si parla di Toscana, della sua gente, delle sue tradizioni, si parla inevitabilmente anche di sapori: il pane qui è fatto di grano tenero, ma non contiene sale. È il compagno ideale per assaporare salumi e formaggi ed è un alimento base per zuppe e minestre celebri come la Ribollita, la Panzanella e la Fettunta.”

    “Gli gnudi sono dei tortelli fatti soltanto con il ripieno, senza dunque essere avvolti dalla pasta fresca; sono tondi e di colore verde per la presenza di spinaci nell’impasto. Hanno il sapore della pasta fresca, degli spinaci e del pecorino toscano….una ricetta tramandata nel tempo”

    “La pasta per le “lasagne bastarde” si ottiene mescolando, in percentuali diverse, farina di castagne e di grano tenero.La pasta ha colore scuro e sapore dolciastro con profumo di castagna, e ha la forma di losanghe o quadrati.. Queste lasagne sono il risultato degli scambi che nei secoli sono avvenuti in Lunigiana fra le aree di fondovalle, produttrici di grano, e quelle di montagna, produttrici di castagne… si consumano condite con un sugo fatto con lardo, porri e pomodoro.”

    “La Sagra delle Frittelle a San Donato in Collina – Firenze….. a San Donato in Collina frazione di Rignano sull'Arno.. La sagra è rinomata per la qualità e quantità delle frittelle, preparate secondo i dettami delle ricette familiari. Le tradizionali frittelle di riso sono servite con dell'ottimo vinsanto.”

    “Al borgo di Quercia di Aulla - Massa Carrara - …la Sagra del chiodo di maiale…Il chiodo è un'antica ricetta contadina che si prepara con l'impasto della salsiccia cotta nei testi di terracotta scaldati nel forno a legna.”

    “… a Le Piastre - Pistoia - la Sagra della polenta dolce o "polenda". ..Nella piazza della chiesa …il prodotto tipico locale: la polenta dolce di farina di castagne…un piatto tipico accompagnato dai necci, baci di castagna”

    “..leccornie senesi: fra i primi va la menzione d'onore ai pici all'aglione, spaghettoni con un sugo di pomodore e aglio, oppure, ai pici al ragù di carne, a base di cinta senese…i dolci: ricciarelli, cavallucci, e, ovviamente, panforte e panpepato, vere glorie cittadine…Pantagrueliche golosità di Massa .. rinomata per le castagne, piccole e saporite, essiccate nei gradili, utilizzate con la patata di montagna, per panificare i panigacci, insaporiti con i pecorini apuani o il celeberrimo Lardo di Colonnata ... Glorie locali sono: i taglierini con i fagioli, i tordelli di carne al ragù e le lasagne intordellate. La polenta, anche di castagne, può essere impreziosita con fiori di zucca, funghi e usata per accompagnare carni varie: la “kazalà”… la “torta d'erbi” con ortiche, finocchi, cicoria e borragine e il miele della Lunigiana… La torta di riso … torta cinquecentesca della corte dei Cybo….”

    “A Lamporecchio, in provincia di Pistoia, i dolci tipici e tradizionali sono i Brigidini…Si trovano ai mercati e alle fiere e hanno il soave profumo di anice..Ma come sono nate queste cialde leggere e friabili e perché hanno un nome così particolare? Una leggenda narra che il merito (o la colpa?) sia di una monaca che viveva in un convento e che era addetta alla preparazione delle ostie. Si chiamava Suor Brigida ed era famosa per la sua distrazione. Un giorno fece confusione con gli ingredienti e sbagliò completamente la ricetta. Non sapendo che pesci pigliare e non volendo sprecare l’impasto, chiese aiuto alle consorelle che aggiunsero un po’ di questo e un po’ di quello come uovo sbattuto, zucchero ed un pizzico di anice. Fecero delle grandi ostie e le fecero cuocere tra due piattini caldi e piacquero così tanto alle consorelle e poi a tutta la Toscana che nessuno redarguì mai più suor Brigida per la sua sbadataggine!”

    “L’aspretto di more è un aceto di frutta aromatico, dal sapore assai intenso e dolciastro e dalla colorazione molto scura….La tradizionalità dell’aspretto di more e il suo aroma unico, sono legati principalmente al particolare processo di trasformazione, agli attrezzi e ai materiali impiegati (trucioli di faggio, botti di rovere) e alle tecniche manuali di produzione che si sono tramandate e raffinate nel tempo. Inoltre l’utilizzo di more selvatiche dà a questo prodotto un gusto molto più intenso e dolce rispetto a quello dell’aceto ricavato da more coltivate. L’aspretto di more viene utilizzato in molti piatti tipici della zona: per insaporire i cibi, per attenuare il sapore di selvatico della cacciagione e per cucinare carni di struzzo. Ottimo accostamento con il caviale. Può essere ricavato anche dall’uva di vitigni locali, ed è utilizzato nel sugo del cacciucco, per cucinare la carne di vitella con la cipolla e per preparare le cipolline in agrodolce.”

    “Tempio della cultura della Lunigiana, regione storica attigua alle Alpi Apuane e divisa fra Liguria e Toscana, è il Museo Etnologico delle Apuane….la ricca sezione dedicata all'enologia.. per chi voglia farsi trascinare da dionisiaci sacri furori in giro per la Lunigiana la Strada del Vino parte dalle vicine colline del Candia.”

    “Il primo documento nel quale viene nominato il Chianti … è del 1404, archivio dal famoso mercante Francesco Datini di Prato, anche se già da molti secoli si sono trovate tracce che in questi luoghi si coltivava la vite e l’olivo. Il vino rosso, nel XIV sec. aveva già notevole fama tanto che la Lega del Chianti, costituitasi proprio in quegli anni, sentì la necessità di legiferare su questo argomento, con la proibizione di vendemmiare prima del 29 settembre, giorno di S. Michele, per non compromettere, con vendemmie anticipate la qualità del prodotto. Nel 1924 fu costituito il consorzio per la Tutela del Chianti Classico, assumendo come emblema il Gallo Nero, lo stesso Gallo dell’insegna dell’antica Lega del Chianti e del Comune di Castellina in Chianti…E' un vino brillante, dal colore rubino vivace e tendente al granato con l'invecchiamento, ha un odore intensamente vinoso, con profumo di mammola e con un pronunciato carattere di finezza nella fase dell'invecchiamento; dotato di un sapore armonico, asciutto, sapido e leggermente tanico, si affina col tempo al morbido vellutato.”

    “La provincia di Arezzo, già al tempo degli Etruschi, abbondava di coltivazioni di vigneti ed il sapore dei vini dell’aretino erano celebrati in diversi documenti di storici latini…. il Trebbiano, lo Chardonnay ed il Pinot bianco, il Sangiovese….. La provincia di Livorno può vantare antiche origini ed in effetti, l’intera area corrisponde con la costa degli Etruschi, con gli insediamenti della popolazione estrusca e romana….La cultura del vino nasce proprio con gli etruschi e si intensifica durante il periodo medioevale…”

    “Alcuni oggetti sono oramai di uso così comune che sembra impossibile che i nostri antenati non li conoscessero…uno degli esempi più interessante è il “tovagliolo”. Fino al ‘500 non si conosceva e la sua invenzione si deve a uno dei geni più straordinari della cultura italiana..Leonardo da Vinci. Grande estimatore del cibo e della tavola, Leonardo non riusciva ad adeguarsi all’uso corrente di pulirsi, durante il pasto, mani e bocca nella tovaglia….. trovando insopportabile una tale incuria cercò la soluzione e la trovò ideando una piccola tovaglia, ossia tovagliolo. Provò ad imporlo alla corte di Ludovico il Moro, magli sforzi, ai primi tentativi, caddero nel vuoto…ci volle qualche tempo, ma con un po’ di sforzo Leonardo riuscì ad imporne l’uso con grande soddisfazione sua e dei posteri.”

    "TRAVERSANDO LA MAREMMA TOSCANA….Dolce paese, onde portai conforme..l'abito fiero e lo sdegnoso canto e il petto ov'odio e amor mai non s'addorme….pur ti riveggo, e il cuor mi balza in tanto…Ben riconosco in te le usate forme con gli occhi incerti tra 'l sorriso e il pianto…e in quelle seguo de' miei sogni l'orme erranti dietro il giovanile incanto….Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano: e sempre corsi, e mai non giunsi il fine: e dimani cadrò. Ma di lontano pace dicono al cuor le tue collina..con le nebbie sfumanti e il verde piano..ridente ne le piogge mattutine."

    (Carducci)








    Brunello di Montalcino


    Il nome "Brunello" appare già nel 1870 nei documenti della dichiarazione delle uve del Comune di Siena, per definire questo particolare vino della zona di Montalcino.
    Ed oggi come allora il Brunello di Montalcino propone i suoi sapori così ricchi, ampi, raffinati e inalterati nel rispetto e nella continuazione della propria cultura.
    Questo si deve soprattuto alle particolari attenzioni che le aziende rivolgono alla lavorazione delle uve sia in vigna che in cantina ed anche al vigile controllo del Consorzio di tutela che garantisce il rispetto della normativa della D.O.C.G. italiana.
    Il Brunello, oltre ad essere uno dei grandi vini italiani, rappresenta un simbolo dell'italian style: sempre presente su tutte le tavole più importanti del mondo ed in tutte le occasioni principali, ottiene ampi assensi in tutte le circostanze per il suo sapore e le sue fragranze, donando piacere e gusto.



    Comune di Montalcino


    La produzione del Brunello è limitata al comune di Montalcino, un caratteristico paese medievale nella parte sud della provincia di Siena.
    Il nome Montalcino è dovuto alle caratteristiche di questo territorio, cioè" Mons Ilcinus", facendo riferimento al territorio montuoso (Mons) ricco di foreste di lecci (dal latino ilex).
    Il centro storico è particolarmente gradevole, formato da piccoli vicoli e talvolta particolarmente irti, ma che consentono ampie e panoramiche visuali sulle vallate sottostanti .
    Piazza del Popolo, la piazza centrale di Montalcino è facilmente arrivabile: infatti qui confluiscono le principali arterie stradali cittadine. Al vostro arrivo ad "attendervi" troverete il Palazzo Comunale detto anche dei Priori, tipico palazzo medievale che potete vedere in foto



    Folclore di Montalcino


    Vi sono varie manifestazioni ma spicca senz’altro la rievocazione della Sagra del Tordo e l’ Apertura delle Cacce.
    L’Apertura delle Cacce coincide con la seconda domenica di agosto e la Sagra del Tordo è in programma l’ultima domenica di ottobre.
    Da sempre contornata da boschi ricchi di selvaggina, la caccia è da sempre stata un importante approvvigionamento per la popolazione della zona.
    L’apertura delle cacce segna il momento in cui avevano inizio le prime battute,
    per poi arrivare al termine di ottobre ( e quindi alla Sagra del Tordo) che rapprsentava il culmine della stagione stessa.
    Alla manifestazione prendono parte i 4 quartieri della città : Borghetto, Pianello, Ruga e Travaglio che si sfidano in una competizione di tiro con l’arco.
    Ogni singola squadra è composta da 2 arceri, i quali hanno lo scopo di centrare le sagome fatte a forma di cinghiale poste a distanze via via maggiori e con punteggi crescenti a seconda del livello di difficoltà. Ogni arciere dispone di 4 serie di 5 frecce e la coppia che ottiene il risultato maggiore, vince.

    Altri appuntamenti importanti sono :
    La settimana del miele, la prima domenica di settembre
    Premio lettererario Cinelli-Colombini, l'ultima domenica di settembre




    Buongiorno Zara

    LA RIBOLLITA - Curiosità e origine del nome

    La ribollita è una zuppa tradizionale fiorentina a base di cavolo nero, pane toscano raffermo, fagioli cannellini ed olio "quello bono" extravergine di oliva: tutti elementi fondamentali della cucina della città gigliata.
    È un piatto talmente riuscito e conosciuto, che in esso si identifica non solo Firenze, ma tutta la Toscana.
    Il nome e gli ingredienti utilizzati fanno capire che ci troviamo di fronte ad un piatto di recupero, come lo sono molti piatti della cucina povera della campagna toscana, dove "non si buttava via niente".
    La saggezza popolare del recupero degli avanzi, che dovrebbe essere reimparata, ci ha lasciato molti piatti della tradizione, frutto della creatività e della passione delle forti donne toscane, che davano poco retta ai mariti, ma tanto all'estro e all'intuito in cucina.



    Il minestrone di verdure avanzato veniva "ribollito" nei giorni successivi ed irrobustito con l'aggiunta di pane, fagioli (ha ragion d'essere la cantilena popolare "fiorentin mangia fagioli, lecca piatti e ramaioli"), cipolla e cavolo nero.
    Un passaggio al fuoco o al forno per "ribollirlo" piano-piano, ma abbastanza a lungo da far formare una lievissima crosticina; una carezza d'olio appena franto; una spolverata di pepe ed eccoci: una bontà.
    Il massimo è mangiarla insieme ad un cipollotto fresco: un morso al cipollotto ed una cucchiaiata di ribollita. Si sogna.
    Obbligate i vostri commensali a fare lo stesso: non vi sentirete isolati nel dopo cena e li farete felici.
    Se vi sembra poco elegante addentare una cipolla, tagliatela a strisce o a rondelle finissime da spargere sulla zuppa.

    N.B. Il cavolo utilizzato per la preparazione è quello nero riccio di Toscana (detto anche "braschetta") prodotto da ottobre a marzo, soprattutto nelle provincie di Firenze ed Arezzo. Chi utilizza il cavolo verza va preso a pannocchiate nella testa




    LA RIBOLLITA - Ricetta

    Questa è una delle tante versioni della zuppa. Il motivo di questa varietà sta nel fatto che è una preparazione popolare: così ognuno la fa alla sua maniera. Anche le quantità e la varietà degli ingredienti sono approssimative ed a discrezione (e gusto) di chi prepara il piatto.


    Gli ingredienti

    - pane toscano raffermo
    (tipo casalingo, cotto a legna)
    - fagioli cannellini lessati
    - cavolo nero riccio di Toscana
    - bietola
    - patate
    - carote
    - sedano
    - zucchine
    - porro
    - cipolla
    - poca passata di pomodoro
    - olio extravergine di oliva
    - pepolino
    - pepe nero
    - sale
    - brodo vegetale



    La preparazione

    Prima di tutto occorre passare metà dei cannellini lessati al passaverdure, diluendo la purea con la loro acqua di cottura.
    Preparare poi un soffritto con cipolla e porro in abbondante olio (utilizzare una pentola capiente a bordi alti) e, quando le verdure si saranno imbiondite, coprirle con poca passata di pomodoro; lasciare insaporire per qualche minuto e aggiungere quindi cavolo nero, patate, sedano, carote, zucchine, il tutto tagliato grossolanamente e lasciare stufare dolcemente, con un po' di brodo.
    Coprire e far sobbollire per almeno un'ora.
    Versare i fagioli cotti, sia quelli interi che quelli passati: questo facilita l'addensarsi della zuppa.
    Prima del termine aggiungere il pepolino, il pepe nero, il sale e due o tre cucchiai di passata di pomodoro. Portare a fine cottura.

    Per completare il piatto, disporre delle fette di pane in una zuppiera alternandole con mestoli di zuppa, fino ad assorbire bene tutto il pane. Far riposare per un giorno intero.

    Per poterla gustare, togliere dal tegame la quantità desiderata e metterla nuovamente a riscaldare, o meglio a 'ribollire', come abbiamo visto sopra.

    Accarezzarla con un filo d'olio e pepe, mettere nella mano destra il cucchiaio, nella sinistra un cipollotto e via.

    Buon appetito!



    Ciao Veronica

    Monete storiche in Toscana

    Il sistema toscano monetario si basava sull'antichissimo sistema duodecimale di origini etrusco-romane. La moneta di cambio pr eccellenza era il Fiorino d'oro, conosciuto ed apprezzato in tutta europa per il suo valore aureo intrinseco ed oggetto di numerose falsificazioni ed imitazioni da parte di altre potenze. Ovviamente il valore di cambio delle monete toscane cambiava nel corso dei secoli. Al momento dell'Unità italiana la moneta di conto base del granducato era la Lira toscana o fiorentina, equivalente ad 84 centesimi di lira italiana del tempo. Una Lira era costituita da 20 soldi toscani. La zecca era a Firenze ed a Pisa. Di seguito le monete di corso e di conto in circolazione nel Granducato.


    Fiorno d'oro

    1 Leopoldino d'oro = 200 Paoli = 133,33 lire toscane = 80 fiorini
    1 Ruspone d'oro = 60 Paoli = 40 Lire toscane = 24 Fiorini = 3 Zecchini
    1 Zecchino = 20 Paoli = 13,33 Lire = 8 Fiorini
    1 Francescone = 10 Paoli = 1 Scudo o Piastra = 6,66 Lire = 4 Fiorini (5,60 lire italiane)
    1 Franceschino = 5 Paoli = 1/2 Scudo
    1 Paolo = 40 Quattrini = 0,4 Fiorini = 8 Crazie
    1 Testone = 3 Paoli = 2 Lire
    1 Crazia = 5 quattrini o 1 soldo e 8 denari = 7 centesimi italiani
    1 Soldo = 3 quattrini = 12 denari

    Le Colline del Chianti

    (note anche come Monti del Chianti) sono una breve catena montuosa (circa 20 km) a cavallo fra le province di Firenze, Siena e Arezzo che segnano il confine orientale della regione del Chianti con il Valdarno e la val di Chiana. La vetta più alta è quella di Monte San Michele (893 metri s.l.m.) nel comune di Greve in Chianti in provincia di Firenze. Il rimanente territorio risulta invece prevalentemente collinare e i comuni presenti in questa area costituiscono parte della zona di produzione del Chianti, vino rosso DOCG.













    ....e anche questa (Gabernet Sauvignon)


    Grappolo di Chianti


    .....fiaschi di ieri.....



    .... bottiglie di oggi..

    Campagna Senese

    La campagna senese, una delle più belle atmosfere che l'uomo possa sognare, un idilliaco spazio che porta l'uomo a indubbio contatto con le sue origini, e al tempo stesso permette di sognare periodi diversi, tempi in cui la giornata non era dettata dall'orologio, ma dal muoversi del sole. Il verde abbagliante, eppure denso, morbido e gentile, è ovunque, e sebbene dappertutto ci sia la mano umana, si potrebbe anche dire che questa si è mossa con un tale rispetto della natura, da raggiungere un sodalizio, un matrimonio durevole negli anni.









    Terra di

    Siena






    Panzanella

    chiamata anche "panmolle" o panmòllo, è un piatto tipico toscano e del resto dell'Italia centrale (Umbria, Marche e Lazio).

    Ricetta

    La ricetta originale prevede pane raffermo, pomodoro crudo a pezzi, cipolla rossa, basilico e un cetriolo, il tutto condito con olio, aceto non tanto e sale. In Toscana il pane viene lasciato a bagno in acqua e poi strizzato fino a sbriciolarlo e spezzettarlo per mescolarlo agli altri ingredienti; in Umbria e nelle Marche le fette di pane raffermo vengono bagnate ma non sbriciolate e gli altri ingredienti posti sopra come si trattasse di una bruschetta. Nel tempo sono state introdotte alcune aggiunte, come cetriolo, olive speziate, uova sode a rotelle (si usano come guarnizione) e talvolta tonno. C'è da dire che la ricetta si presenta in molte varianti con aggiunte e sostituzioni di vario tipo: carote, sedano, würstel a tocchetti, mozzarella, sottoli, sottaceti, fagioli borlotti ecc.

    Consigli

    Il piatto risulta molto fresco, secondo alcuni è consigliabile addirittura riporlo qualche minuto in frigorifero, prima di essere servito; a livello e a temperatura uguale a quella dove viene riposta la verdura fresca. Consumato preferibilmente in estate, anche perché è il periodo in cui si trovano con facilità le verdure di cui è composto, rappresenta un buon piatto unico.





    Fettunta

    Ingredienti

    Pane toscano (senza sale) - olio extravergine di oliva spremuto a freddo - aglio - sale aromatico - pepe macinato al momento.
    Preparazione
    Fate dorare sulla brace alcune fette di pane tagliate spesse.
    Sfregatele con uno spicchio d'aglio, cospargetele con abbondante olio extravergine di oliva spremuto a freddo, un pizzico di sale e di pepe.
    Servite calde.
    In alternativa potete cuocerle in forno, modificando la preparazione come segue:
    Disponetele su una teglia da forno, ungetele con abbondante olio extravergine di oliva spremuto a freddo, servendovi eventualmente di un pennellino da cucina. Consigliato anche un buon olio aromatico. Salate e pepate.
    Fate cuocere in forno caldo per pochi minuti, fino a farle diventare leggermente croccanti e servitele caldissime.




    Gnudi

    gli gnudi sono dei tortelli fatti soltanto con il ripieno, senza dunque essere avvolti dalla pasta fresca; sono tondi e di colore verde per la presenza di spinaci nell’impasto. Hanno il sapore della pasta fresca, degli spinaci e del pecorino toscano. Si producono tutto l’anno. Gli spinaci vengono lessati in acqua salata, scolati, tritati finemente e messi in un recipiente insieme a ricotta, uova, pecorino toscano grattugiato, farina, noce moscata grattugiata, sale e pepe. Il tutto viene lavorato con le mani, fino ad ottenere un impasto ben amalgamato. Sempre con le mani, dall’impasto si prendono delle piccole quantità per ottenere, con la farina, delle piccole palline. Queste vengono poi cotte in acqua bollente salata o nel brodo di carne, per 4-5 minuti. Una volta scolate si possono condire con ragù o con burro e salvia, insieme ad una spolverata di pecorino toscano grattato.






    Le lasagne bastarde

    Le lasagne bastarde, o lasagne matte, sono un tipo di pasta fresca caratteristico della Lunigiana in provincia di Massa-Carrara. Devono la loro particolarità agli ingredienti che vengono combinati fra loro, molti dei quali di origine locale. Queste lasagne sono il risultato degli scambi che nei secoli sono avvenuti in Lunigiana fra le aree di fondovalle, produttrici di grano, e quelle di montagna, produttrici di castagne. La farina di castagne conferisce a questa "pasta" un aspetto più scuro ed un gusto più dolciastro rispetto alle lasagne normali. Per tradizione si consumano condite con un sugo fatto con lardo, porri e pomodoro. La pasta delle lasagne si ottiene mescolando, in percentuali diverse, farina di castagne e di grano tenero. La pasta ha colore scuro e sapore dolciastro con profumo di castagna, e ha la forma di losanghe o quadrati di circa 8 cm di lato. Si possono consumare fresche, oppure possono essere essiccate e confezionate per la vendita. La pasta viene cotta e condita a strati. Le lasagne vengono poi cosparse con formaggio di latte vaccino stagionato grattugiato e messe in forno per la cottura. La percentuale di farina di castagne utilizzata per questa preparazione può variare molto a seconda delle zone e della necessità di conservare la pasta: si va dal 25% fino al 50-60%. Esigenze commerciali e di presentazione, legate all’affermarsi di un mercato locale del prodotto, hanno portato la percentuale di farina di castagne attorno al 25-30%, mentre nei ristoranti e nella cucina casalinga la percentuale è maggiore. È stato rilevato un unico produttore di lasagne bastarde che ne prepara un quantitativo di oltre 1000 quintali all’anno. Il prodotto viene commercializzato sia nel territorio regionale, sia nel resto d’Italia. Le due manifestazioni legate alle lasagne bastarde sono la Sagra della castagna a Licciana, ad ottobre, e La via del sale.




    Sagra delle Frittelle a San Donato in Collina

    La sagra è rinomata per la qualità e quantità delle frittelle, preparate secondo i dettami delle ricette familiari. Le tradizionali frittelle di riso verranno servite con dell'ottimo vinsanto.









    Non ditemi subito:
    -Troppo pesante!!!

    Assaggiate prima e poi mi direte!

    LA STORIA DEL LARDO DI COLONNATA
    Non esiste una storia del lardo di Colonnata, ma solo ipotesi e leggende,
    come quella di Michelangelo, che quando saliva a Colonnata per scegliere
    di persona i blocchi di marmo statuario, faceva incetta di lardo.
    Il lardo è un salume semplice e povero, ma sulle Apuane era proprio l'ultimo degli alimenti.
    Lo chiamavano "cibo degli anarchici", perché i rifugiati in montagna dopo i moti del 1894
    si portarono i maiali e sopravvissero nei loro rifugi grazie al grasso conservato sotto sale.
    La tecnica per stagionare il lardo di Colonnata era esattamente quella di oggi,
    ma erano diverse le materie prime.
    Il grasso era quello dei maiali allevati in paese.
    Le spezie erano una merce rara e costosa e l'abilità dei Colonnatesi
    era proprio quella di saper trovare sostituti locali:
    sulle rocce delle Apuane raccoglievano erbe profumatissime.

    COLONNATA

    Colonnata è un antico borgo che sorge su uno sperone roccioso adagiato ai piedi delle Apuane
    e segnatamente vicino ai monti Maggiore, Spallone e Sagro:
    è famoso in tutto il mondo per il lardo che vi si produce, che è veramente unico.
    Ma come si arriva a questo paese?
    Colonnata si trova vicino a Carrara e per chi viene dalla costa bisogna aggiungere
    che si trova oltre la città sui contrafforti montuosi delle Apuane:
    per arrivarci è necessario uscire con l'auto al casello di Carrara dell'autostrada Genova - Rosignano
    per seguire, poi, le indicazioni per le cave di marmo e, segnatamente,
    per questo antico paese.
    La valle di Colonnata la si raggiunge da una strada che dall'antico borgo di Vezzala.
    Questo borgo è posto a 532 metri slm: tra le cose più interessanti di questa zona
    si segnala il più grande complesso estrattivo di epoca romana fino ad ora mai
    rinvenuto nella zona apuana, quello di Fossacava, località posta un chilometro a valle del paese.
    La cava, che si sviluppava ad anfiteatro lungo un fronte di 200 m., risale alla prima metà del I° sec. d.C.
    e produceva un marmo chiamato all'epoca "azzurro variegato":
    l'interesse archeologico per questa zona è stato accresciuto dal ritrovamento,
    tra i molti attrezzi da scavo, di una statuetta raffigurante Artemide
    che sorregge una fiaccola, ora al Museo Archeologico di Firenze.
    Anche il paese di Colonnata è di origine romana e il nome stesso deriva dal fatto
    di essere nato come colonia, abitato da coloro che lavoravano alle cave:
    in paese non si può entrare con l'auto che va invece parcheggiata nei due piazzali
    posti all'ingresso del centro abitato;
    le vie sono, infatti, molte strette, ripide, passano sotto caratteristici archi
    e raggiungono il punto più alto nel luogo ove è posta la Chiesa che risale al XII sec.
    e dove si trova il monumento al cavatore;
    comunque non si può visitare il paese senza fare una sosta nelle botteghe
    dove si vende il lardo, che qui è proprio il massimo.

    Barbara[/color][/size]

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    Le Piastre

    È la località montana in provincia di Pistoia in cui i due rami del fiume Reno, il Reno di Prunetta ed il Reno di Campolungo si uniscono (valico del Poggiolo). I primi insediamenti nella zona avvennero durante gli ultimi anni prima della caduta dell'Impero Romano, ma il paese come lo conosciamo oggi fu fondato intorno al 1769, anno il cui Pietro Leopoldo II di Lorena, Granduca di Toscana, costruì la Via Ximeniana (l'odierna Strada Statale 66), passaggio che collegava, attraverso il passo dell'Abetone, la Toscana con l'Emilia-Romagna. Inizialmente, Le Piastre faceva parte del Comune di Cireglio. La situazione non rimase invariata per molto tempo tanto che, intorno alla fine del '700 Le Piastre divenne un Comune a sè, anche se per solo due anni. Dopodiché passò sotto la giurisdizione del comune di Porta al Borgo. A pochi chilometri da Le Piastre si può trovare la "Ghiacciaia della Madonnina" un edificio in cui, dal XX secolo fino alla prima metà del '900, veniva stivato e conservato il ghiaccio prodotto dalle acque del fiume. Nella valle del Reno (Italia), situate sul tragitto che univa Le Piastre con Pontepetri, vi erano centinaia di ghiacciaie private, la maggior parte delle quali sono andate distrutte nel tempo, a causa di frane o l'azione erosiva del fiume. La produzione e la vendita di ghiaccio fu il più importante investimento economico delle famiglie Piastresi e, più in generale, di molti imprenditori della Montagna Pistoiese durante gli ultimi due secoli. Questa località toscana è famosa per alcuni aneddoti, manifestazioni e legende ...

    Campionato Italiano della Bugia

    Domenica 7 Agosto in località Le Piastre, Pistoia, si svolgerà il XXIX Campionato Italiano della Bugia Grafica e verbale organizzato dalla Pro Loco Alta Valle del Reno. A tutti capita di raccontare una bugia piccola o grande che sia, ma per alcuni è proprio impossibile passare una giornata senza pensarne una nuova. La giuria presente alla gara avrà il compito di capire chi sia veramente bugiardo e chi invece è un barzellettiere, al più bravo verrà consegnato il Bugiardino d’oro. La manifestazione non è nata a caso da queste parti, sembra infatti che cacciatori e fungaioli siano due tra le categorie che fanno a gara a chi la spara più grossa.





    Polenda dolce

    Il passaggio del Granduca dette origine ad una tradizione che da allora ogni anno si ripete ovvero "la Festa della Polenda dolce", si tratta della preparazione nella Piazza del Paese della polenta di farina dolce "mestata" in paioli di rame e distribuita gratuitamente a tutti i partecipanti. Nella penultima domenica di Carnevale ancora oggi si "mesta la polenda" accompagnata da necci, frittelle e castagnaccio, tutto obbligatoriamente di farina di castagne, alimento che ha rappresentato la maggior ricchezza della la montagna pistoiese.



    Questo dessert viene anche chiamata polenta dolce, non solo per la presenza della farina di mais, ma anche per la modalità di preparazione, simile appunto a quella della polenta. E' un fine pasto delicato e morbido, che può seguire quasi tutti i piatti, ad eccezione della polenta e degli umidi.Il vino indicato è il Moscato di Casteggio Passito Liquoroso per un abbinamento importante, oppure il Verdea di S. Colombano per un abbinamento raffinato ma meno impegnativo. In una casseruola portare a ebollizione il latte versarvi la farina gialla e far cuocere per 20 minuti.Ritirare la casseruola dal fuoco e quando la polentina diventa tiepida, unire i rossi d'uovo uno per volta, la cannella, lo zucchero, il burro e gli amaretti ridotti in polvere. Fare un impasto omogeneo e versarlo in una tortiera imburrata. Cuocere in forno a 180° C per circa 30 minuti; lasciare intiepidire il dolce, sformarlo, spolverizzarlo di zucchero a velo e servire.



    ... quest'ultima è una cosa che gli abitanti del luogo raccontano ... sarà vero ... non lo so, io ve la riporto (ndr Claudio) ...

    ..."Ma davvero non sapete che Dante Alighieri si fermò a Le Piastre prima di scrivere la Divina Commedia? Rimase talmente colpito dal fluido dialetto piastrese, successivamente divenuto italiano, che decise di adottarlo nella stesura della sua opera. In realtà rimase colpito anche dall'ospitalità della gente: gli fu offerto un piatto di PolenDa dolce e ne rimase estasiato (per Raethia: a mestare c'era il trisnonno di Nacchino). Dedicò anche la prima terzina dell'inferno al nostro paese; sentite:
    Nel mezzo del cammin di nostra vita
    mi ritrovai per una selva oscura
    che la diritta via era smarrita.
    Vi pare che la strada per raggiungere Le Piastre non sia immersa in una selva? (fra l'altro le selve sono i boschi di castagni (castagni=farina dolce= anche polenda dolce; vedete, tutto fila). Di certo per salire a Le Piastre la strada non è certo dritta, anzi addirittura da quanto è lunga pare di smarrirla quella dritta via (il poeta qua si riferisce alla strada"retta" della piana pistoiese)." ....




    Sagra del Chiodo di Maiale - Quercia di Aulla, Massa


    Il chiodo, ovvero una salsiccia di maiale speziata e cotta nei tipici testi di terracotta scaldati direttamente sulla brace, è uno dei prodotti tipici più apprezzati della Lunigiana. Gli stand gastronomici aprono sabato e domenica per la cena dalle ore 19 e domenica anche per il pranzo dalle ore 13, ed oltre al chiodo di maiale offrono un’ampia scelta di specialità gastronomiche locali. Il chiodo è un'antica ricetta contadina che si prepara con l'impasto della salsiccia cotta nei testi di terracotta scaldati nel forno a legna. Insieme al chiodo si potranno gustare minestre, torte salate accompagnate da vini locali.



    Qualche proverbio toscano

    Amicizia di grand'uomo e vin di fiasco, la mattina l'è bono e a sera è guasto.
    L'amicizia dura poco quando non è fra gente di pari livello sociale.

    Amico e vino vogliono esser vecchi.

    Bella moglie, dolce veleno.

    Amico vecchio e casa nuova.

    Amare e non essere amato è come pulissi ir culo e non aver caato.
    (scusate se è un poco volgare, ma è toscana DOC)

    Chi bene e mal non può sofrrire, a grande onor non può venire.



    Chi è in alto, non pensa mai al cadere.

    Chi non arde non inceude.
    Chi non arde non incendia.
    Chi non si appassiona ad una cosa non può far nascere interesse negli altri.

    Chi t'accarezza più di quel che suole, o t'ha ingannato o ingannar ti vuole.

    Chi ti loda in presenza, ti biasima in assenza.

    Chi troppo in alto sal, cade repente.

    Chi va a Lucca e non riporta il buccellato e come se un ci fosse mai andato.

    Conversazione in giovinezza, fraternità in vecchiezza.

    Di giovani ne more tanti ma di vecchi 'un se ne salva uno.

    La prima oliva è oro, la seconda argento, la terza non val niente.

    La prima scodella piace a tutti.

    Meglio padron d'una castagna che garzon d'una montagna.

    panforte

    In una raccolta latina di ricette risalente al I sec. vi è menzione di un pane dolce fatto di miele e farina. Pare però che il panforte senese derivi da un dolce di farina, frutta secca e acqua nella quale erano state lavate mele ammuffite che davano un odore acido, dunque "fortis".
    La prima testimonianza di un pane con le spezie preparato nel territorio di Siena si trova in un documento del 1205 custodito nel convento di Montecelso. Nel testo è scritto che i contadini avevano l'obbligo di pagare alle suore una tassa consistente in una grand quantità di "panpepati". Questo dolce era già nel 1370 un prodotto senese da esportazione, consumato anche a Venezia durante le festività (Natale).
    Oltre alle sue presunte qualità afrodisiache, questo "pane" avrebbe assolto anche la funzione di “cibo d’emergenza" per le affamate milizie senesi, durante l'assedio dei fiorentini che causò la caduta della repubblica (1555).
    Diciassette sono gli ingredienti che compongono l'odierno panforte, come dal 1675 diciassette sono le contrade del Palio.
    Ecco nell’ordine: miele, zucchero, farina di grano, noci, nocciole, mandorle, popone candito, cedro candito, aranci canditi, scorza di limone candita, corteccia di cannella, coriandolo, pepe aromatico, pinoli, chiodi di garofano, acqua per impastare e fuoco per cuocere.
    Il famoso “Panforte Margherita”, più delicato, fu inventato solo nel 1879 da Enrico Righi (allora proprietario del negozio Panforte Parenti), in occasione della visita a Siena della regina Margherita di Savoia .
    La ricetta di questo panforte è analoga a quello tradizionale, ma senza le spezie miste, con molto sentore di vaniglia, e canditi di cedro al posto di quelli di popone.



     
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