FABRIZIO DE ANDRE...

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  1. tomiva57
     
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    Dormi sepolto in un campo di grano
    non è la rosa non è il tulipano
    che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
    ma son mille papaveri rossi
    lungo le sponde del mio torrente
    voglio che scendano i lucci argentati
    non più i cadaveri dei soldati
    portati in braccio dalla corrente
    così dicevi ed era inverno
    e come gli altri verso l'inferno
    te ne vai triste come chi deve
    il vento ti sputa in faccia la neve
    fermati Piero , fermati adesso
    lascia che il vento ti passi un po' addosso
    dei morti in battaglia ti porti la voce
    chi diede la vita ebbe in cambio una croce
    ma tu no lo udisti e il tempo passava
    con le stagioni a passo di giava
    ed arrivasti a varcar la frontiera
    in un bel giorno di primavera
    e mentre marciavi con l'anima in spalle
    vedesti un uomo in fondo alla valle
    che aveva il tuo stesso identico umore
    ma la divisa di un altro colore
    sparagli Piero , sparagli ora
    e dopo un colpo sparagli ancora
    fino a che tu non lo vedrai esangue
    cadere in terra a coprire il suo sangue
    e se gli sparo in fronte o nel cuore
    soltanto il tempo avrà per morire
    ma il tempo a me resterà per vedere
    vedere gli occhi di un uomo che muore
    e mentre gli usi questa premura
    quello si volta , ti vede e ha paura
    ed imbracciata l'artiglieria
    non ti ricambia la cortesia
    cadesti in terra senza un lamento
    e ti accorgesti in un solo momento
    che il tempo non ti sarebbe bastato
    a chiedere perdono per ogni peccato
    cadesti interra senza un lamento
    e ti accorgesti in un solo momento
    che la tua vita finiva quel giorno
    e non ci sarebbe stato un ritorno
    Ninetta mia crepare di maggio
    ci vuole tanto troppo coraggio
    Ninetta bella dritto all'inferno
    avrei preferito andarci in inverno
    e mentre il grano ti stava a sentire
    dentro alle mani stringevi un fucile
    dentro alla bocca stringevi parole
    troppo gelate per sciogliersi al sole
    dormi sepolto in un campo di grano
    non è la rosa non è il tulipano
    che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
    ma sono mille papaveri rossi.




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    FABRIZIO DE ANDRE'
    In Direzione Ostinata E Contraria

    di Claudio Fabretti



    La morte di Fabrizio De André, oltre ad averci privato di uno dei massimi cantautori italiani di sempre, ci ha lasciato in pasto a un inarrestabile fenomeno di cannibalismo musicale, mascherato sotto il voto rassicurante degli "omaggi", dei "tributi" e delle "celebrazioni". Un'orda di musicisti italioti ha così pensato bene di sovrapporre la propria voce a quella inconfondibile del cantautore genovese, reinterpretandone, con esiti a volte raccapriccianti, i suoi classici. Anche sul versante antologico-discografico non è andata molto meglio, con la raffica di raccolte abborracciate uscite a ciclo continuo per sfruttare adeguatamente il mito. Per tacere, poi, delle vacue rivisitazioni televisive Mollica-style...

    Un'opera come quella che ci rigiriamo tra le mani con soddisfazione è quindi, in primo luogo, un sospiro di sollievo. Un "finalmente!" gridato in faccia a quanti finora avevano tentato in tutti i modi di inquinare una delle esperienze basilari del songwriting italiano. Già, perché il cofanetto "In direzione ostinata e contraria" - a cominciare dal titolo, perfetta sintesi della personalità di De André - rappresenta nel modo migliore l'eredità di una carriera quasi quarantennale, che ha preso per mano la canzone italiana, liberandola della stucchevole patina sentimentale che l'avvolgeva, e trascinandola nei dirupi della desolazione umana.

    Le antologie, si sa, sono soggette a regole commerciali, che spesso partoriscono opinabili selezioni, specialmente quando c'è il Natale di mezzo. In questo caso, però, si ha l'impressione davvero di avere a che fare con i pezzi pregiati del canzoniere deandreiano. Nei tre cd, infatti, sono raccolti ben 54 brani, che ripercorrono "la cattiva strada" di Fabrizio dalle origini fino ai capolavori degli anni 80 e 90. Dalle ballate folk della giovinezza alle murder ballads di "Tutti morimmo a stento", dall'atto di fede laico de "La Buona Novella" (che lo stesso De André considerava il suo album più riuscito) alle spietate (auto)analisi politiche e sentimentali di album come "Storia di un impiegato" e "Volume VIII" (il disco dell'incontro con Francesco De Gregori), dalle memorie del sequestro de "L'Indiano" alla world-music ante-litteram di "Creuza de mä" e al songwriting maturo, eppur ancora freschissimo, di "Anime Salve", il suo vero epitaffio, nato dal sodalizio con l'altra anima migrante genovese, Ivano Fossati.

    Brani ormai entrati a far parte del patrimonio non solo della musica, ma anche della cultura e del costume italiani, ai quali se ne affiancano altri pressoché inediti, come "Titti", ispirata da "Dona Flor" di Jorge Amado, "Una storia sbagliata", dedicata a Pasolini, la commovente versione di "Geordie" cantata con la figlia Luvi e l'inedito duetto live di "Cose che dimentico", insieme al figlio Cristiano.

    A guidare l'intera operazione, la mano amorevole di Dori Ghezzi, che ha scelto e curato personalmente tutti i brani, con la supervisione del Maestro Gian Piero Reverberi, già arrangiatore in sei album di Fabrizio. Ed è della vedova del cantautore ligure anche l'inconsueta scelta di "demasterizzare" le tracce. Grazie al certosino lavoro di Antonio Baglio, sono stati infatti recuperati tutti i nastri master e si è intervenuti sul suono con minimi accorgimenti, usando solo gli strumenti disponibili nell'anno di pubblicazione dei brani. In questo modo si sono cancellati tutti gli strati di compressioni digitali che avevano aggiunto le varie riedizioni delle canzoni, riportandone alla luce lo spirito originario, imperfezioni comprese. Un ulteriore passo "in direzione ostinata e contraria", ma anche una sincera testimonianza d'amore.

    Completa il box un ricco booklet di cinquantadue pagine con foto, testi e una prefazione di Aldo Grasso. Se davvero le liriche di De André - come si blatera da anni - dovessero mai entrare nei programmi scolastici, questo libretto ne sarebbe il sunto ideale. L'eredità di un poeta non allineato, che usava la forza dissacrante dell'ironia per denunciare l'ipocrisia di quella stessa borghesia cui apparteneva. Un disperato messaggio di libertà e di riscatto contro "le leggi del branco" e l'arroganza del potere.

    "In direzione ostinata e contraria" è un'opera che, senza esagerazione, si potrebbe definire necessaria. Per chi ha amato De André e per chi non lo conosce ancora.

     
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62 replies since 29/9/2010, 21:26   3486 views
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