Toscana... Parte 4^

..SIENA..UN VIAGGIO NEL TEMPO… TORRI .. CHIESE… CASTELLI E UN’ANTICA SPADA NELLA ROCCIA..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “Domenica……continua il volo dell’isola felice…d’un tratto un leggero vento richiama la nostra attenzione….la mongolfiera come guidata da una mano leggera ed invisibile, inizia a scendere lentamente….planiamo come una piuma che si adagia sul vento…Porte di cristallo si aprono davanti a noi e ci ritroviamo nel bel mezzo della campagna senese…un dipinto dai colori pastello, ecco lo spettacolo che si mostra ai nostri occhi…prati immensi in un susseguirsi di dolci colline fiorite…mai visti colori così belli e caldi…un abbraccio avvolgente …profumi inebrianti di una natura gentile ed amica…camminiamo in questo idillio di colori….all’improvviso un'altra porta…una piazza enorme…cavalieri colorati e gente entusiasta…Piazza del campo…siamo a Siena……Buon risveglio amici miei…anche oggi la Toscana e le sue province.. è pronta a stupirci…”


    (Claudio)


    ..SIENA..UN VIAGGIO NEL TEMPO… TORRI .. CHIESE… CASTELLI E UN’ANTICA SPADA NELLA ROCCIA..


    “Siena è una città speciale. Forse perché il centro storico, isolato dalla parte più moderna della città e chiuso dalle sue mura rosse, non è accessibile alle auto, mantenendo intatto nei secoli un fascino senza tempo. Forse perché senza tempo è l’attaccamento dei senesi alla propria città, e alla propria contrada, dove si vive una vita collettiva fatta di feste e di cene per strada….I suoi abitanti vanno molto fieri della città "dentro le mura" tanto che non reputano tali chi abita fuori di esse”

    “…l’immagine più nota … Piazza del Campo. La piazza, un grande anfiteatro circondato da eleganti edifici eretti con i laterizi rossi tipici della zona, è costruita in discesa, secondo l’andamento naturale del terreno. Nella parte più alta sorge la Fonte Gaia, costruita nel quattrocento da Jacopo della Quercia. Nella parte più bassa, ideale palcoscenico dell’anfiteatro, sorgono il Palazzo Pubblico, con la Torre del Mangia e il Palazzo Sansedoni. Il Palazzo Pubblico ha la facciata concava che segue la linea circolare della piazza, gli edifici, di origine medievale, sono abbelliti da file di finestre e di archi. Nonostante i numerosi interventi compiuti nei secoli sulle facciate, l’assetto generale della piazza non è mutato: esiste infatti uno Statuto del 1262 che fissa le norme per l’estetica degli edifici (ad esempio, pone il divieto di costruire balconi), e nel tempo non sono state fatte modifiche all’antico piano urbanistico.”

    “Siena, celebre per il Duomo, lo slancio della Torre del Mangia e la Piazza del Campo ospita ogni anno quel Palio dell'Assunta, capace di risuscitare ogni antica rivalità fra le varie contrade senesi, e che testimonia come l'identità cittadina non possa prescindere dalla storia medioevale e rinascimentale del comune…La città sorge sui colli delimitati dal corso dei fiumi Arbia ed Elsa, nell'area geografica segnata a settentrione dalle colline del Chianti con i centri di Monteriggioni e San Gimignano, ad oriente dalla Val di Chiana con Arezzo, a Meridione, dalle Crete senesi con Montalcino e Montepulciano e ad occidente dalle Colline Metallifere…. la leggenda dice che il fondatore della città fu il figlio di Remo, della gens Julia, Senio, e con ciò si possa giustificare il simbolo araldico di Siena rappresentato da una lupa romana, è più probabile che l'area fosse abitata già in epoca etrusca…Dopo la caduta dell'impero di Roma e l'occupazione dei Longobardi avvenuta nel VI secolo d.C., Siena rimane lungo il percorso della via francigena, una tappa privilegiata per tutti coloro che volevano spostarsi longitudinalmente nella penisola italiana per pellegrinaggio od affari…per la sua posizione gli è valsa addirittura la scelta della Chiesa di istituirla nel VII secolo sede vescovile, e gli abbia quindi garantito quello sviluppo economico e culturale che porterà Siena a proclamarsi libero comune nel X secolo d.C…Dopo la vittoria dei ghibellini nel 1260 d.C. a Montaperti, Siena deve cedere le armi nove anni più tardi ai guelfi nella battaglia di Colle di Val d'Elsa, di fronte a Carlo d'Angio e l'esercito fiorentino. Durante questa fase della storia senese, vengono eretti il Palazzo del Comune con la Torre del Mangia ..il Duomo, viene fondata l'Università e si afferma la pittura senese che vedrà come suoi massimi esponenti, dopo Guido da Siena, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Ambrogio e Pietro Lorenzetti….Dopo che negli ultimi anni del XIV secolo, il comune passa nella sfera d'influenza dei Visconti, viene fondata nel 1472 d.C., con lo scopo di favorire lo sviluppo economico delle classi meno abbienti, quella che è considerata la più antica banca del mondo, il Monte dei Paschi di Siena.”

    “L’origine di Palazzo Pubblico risale al 1194, quando i cittadini senesi fecero erigere uno sbarramento per separare Piazza del Campo da Piazza del Mercato. Successivamente, i magistrati del comune lo trasformarono in un vero e proprio palazzo ..a lato del palazzo si innalza la trecentesca Torre del Mangia , torre campanaria in pietra accessibile dopo aver salito 336 scalini e rivestita in cotto, alla cui base si trova la Cappella di Piazza, costruita per ringraziare la fine dell’epidemia di peste del 1348…..PIAZZA DEL CAMPO.. centro del potere civile, ha una forma a conchiglia, chiusa da edifici in mattoni e con due accessi. La parte centrale è lastricata da mattoni e suddivisa in nove settori, che ricordano il Governo dei Nove….In piazza si trova la Fonte Gaia il cui nome deriva dalle feste avvenute a Siena per l’arrivo dell’acqua nel Campo nel 1344….FONTE BRANDA… ai piedi del colle sul quale si trova la chiesa di S. Domenico ed è di epoca molto antica. Sembra risalga all’XI secolo e fu poi restaurata intorno al XIII secolo.”

    “IL DUOMO – S.MARIA ASSUNTA..Tra le più belle chiese gotiche in Italia.. costruito nel XIII-XIV secolo. Presenta una facciata in marmi policromi, aperta da tre portali, ed ornata da statue dei profeti, dei filosofi e dei patriarchi. Il campanile, a fasce bianche e nere, sorge su un'antica torre… l'affresco dell'abside si trova la finestra circolare realizzata su disegno di Duccio, esemplare più antico di vetrata piombata in Italia…la rinascimentale Cappella di San Giovanni Battista, custodisce affreschi di Pinturicchio e la statua bronzea di San Giovanni Battista, opera tarda di Donatello.”

    “….girano a Siena leggende su un italiano Fantasma di Canterville…presso l’orto botanico, che si trova non molto distante dall’accademia dei fisiocritici aleggia la leggenda dello spirito di Giorno. Questi, frate camaldolese vissuto nel tredicesimo secolo sembra sia stato avvistato più volte vicino all’entrata e che abbia bersagliato i turisti con lanci di sassi.”

    “Ci sono varie vie d'accesso al paese che, nella maggior parte dei casi, sono le antiche porte della città come la Porta San Marco che conduce direttamente al Duomo….Non tutti sanno del fatto che esiste ancora il ghetto ebreo del medioevo. Qui alcune strade sembrano ancora condurre a supposti antri della strega, con vie buie e strette, in parte restaurate e rese più agevoli a partire dal Novecento.”

    “L’immagine delle alte torri che svettano oltre le altre costruzioni è il simbolo di San Gimignano…si trova in cima a un colle e proprio grazie a questa sua posizione rialzata divenne presto un comune emergente. I primi insediamenti sono quelli degli Etruschi, ma è con l’apertura della Via Francigena che nasce la fortuna della cittadina……La via Francigena è il percorso che da Canterbury portava a Roma: molti pellegrini la percorrevano ogni anno e San Gimignano si trovò, quindi, ad essere uno dei centri della maggiore via di comunicazione dell’epoca…le famose torri, emblema della città: le famiglie ricche costruirono le torri in cui abitavano, come simbolo di potenza e ricchezza. Nel Medioevo, se ne contavano addirittura 72! La tendenza a costruirle sempre più alte (per “svettare” sulle altre famiglie) costrinse a emanare una legge apposita, che regolamentava l’altezza raggiungibile. Adesso, le torri rimaste sono 14, ognuna con la sua particolare storia.”

    “Sovicille.. un’altra di quelle meraviglie che furono create da un originario castello…uno dei più antichi di questa zona perché risale all’XI secolo…Le mura perimetrali hanno forma ellittica, una eredità etrusca e da esse si affacciano ogni tanto le finestre di alcune case. Il centro storico è in gran parte ancora quello del trecento….Tra Sovicille e Casole d’Elsa si trova una delle bellezze architettoniche che ci hanno affascinato di più per la storia a cui rimandano: il ponte della Pia, del XII secolo, una costruzione sul fiume Rosia. La tradizione vuole che la Pia in questione sia proprio la contessa Pia de’ Tolomei citata da Dante nel Purgatorio: “Ricorditi di me, che son la Pia;/ Siena mi fé, disfecemi Maremma:/ salsi colui che ‘nnanellata pria/ disposando m’avea con la sua gemma”. (Purg., V, vv.133-136) . La storia di Pia, lo ricordiamo, parla di un matrimonio infelice, finito in tragedia: la contessa non seppe dar figli al suo secondo marito, che per risposarsi con una donna di cui si era invaghito, la fece buttare dalla rupe di Castel di Pietra in Maremma. Probabilmente dietro l’omicidio c’erano ben più venali motivi politici, ma la leggenda racconta che ancora oggi nelle sere di luna piena, il fantasma di Pia appaia sul ponte con una veste candida e che lo attraversi fluttuando nell’aria.”

    “Originariamente il lago di Montepulciano ed il lago di Chiusi formavano un’unica zona interamente navigabile, che veniva attraversata da molte navi di commercianti e pescatori.-… un’opera di bonifica e le zone prima ricoperte dall’acqua divennero coltivabili e vennero costruite case, chiese e interi paesi…L’Oasi Lipu di Montepulciano, che si trova sul lago, è un parco… il birdwatching…forse una pratica un po’ insolita ma che sicuramente sa donare uno spazio di pace e di comunione con la natura … guardare il sole che rispecchia sull’acqua tra i canneti, gli uccelli che nuotano ed il vento che passa tra la vegetazione….molti pescatori cercano di prendere qualcosa ed intorno tutto è quiete e lo stress viene dimenticato...comportamenti talvolta indecifrabili di questa comunità, che pare discendere dagli etruschi, hanno origine remote, da quando, per esempio, i poliziani si schierarono al fianco di Firenze e contro Siena, pur essendo decisamente più vicini all’attuale capoluogo, e pagarono con decenni di guerre, spargimenti di sangue e forti tensioni – siamo a cavallo tra il ‘200 ed il ‘300 – una scelta fatta per mettersi al riparo dalle mire espansionistiche della repubblica senese.”

    “….girovagare tra le dolci colline della Val d’Orcia, nel suo limite settentrionale e quasi a ridotto dell’altra toscanissima Provincia di Grosseto, si incontra Montalcino. …Il borgo si nota da lontano e non si può ignorare la larga distesa di vigneti…Giunti alle soglie di Montalcino, la splendida cinta muraria, antico modo per difendersi dagli attacchi… oltre alla saggia decisione di arroccarsi su questa collina. Imponenti sono le due torri agli angoli del lato corto della cinta…”
    San Galgano..Chi giunge adesso presso le rovine dell'Abbazia rimane incantato dall'imponenza del possente perimetro scoperchiato rimasto in piedi nei secoli a testimoniare la ricchezza e la potenza di quella comunità, la totale vista del cielo dal soffitto e il pavimento ricoperto dal prato regalano grandi suggestioni…L'Abbazia di San Galgano, consacrata nel 1268, dopo periodi di gran splendore iniziò una lenta decadenza che la ridusse alla fine del Settecento ad un grandioso mistico rudere….La Cappella di Montesiepi è una piccola chiesa situata su una collina a poche centinaia di metri dall'Abbazia di San Galgano…Al centro della Cappella affiora dal pavimento la "Spada nella Roccia"…che corrispondere esattamente a una vera spada del XII secolo….Alcuni studiosi fanno notare come ci siano dei punti di contatto tra la vicenda di San Galgano, e quella di Re Artu', infatti entrambi i fatti si svolsero nel XII secolo e tra Galgano e il nome di uno dei cavalieri Arturiani, Galvano, esistono delle particolari assonanze.”

    “Arezzo è come un vecchio baule di legno lasciato in soffitta: apparentemente non ha importanza ma quando lo apri… forse dimenticata a vantaggio delle più famose Siena e Firenze, zitta zitta o conserva e protegge capolavori unici al mondo, lontana dai grandi clamori delle vicine città ed ogni tanto li ripresenta all’attenzione del “grande pubblico”, con una mostra, un articolo su una rivista patinata…San Francesco, Pieve di Santa Maria, Piazza Grande, Duomo e San Domenico, passando per palazzo pretorio, logge Vasari, casa del Petrarca, piazza del Comune…la Badia delle sante Flora e Lucilla, dove oltre le opere del Vasari ed un crocefisso trecentesco, attira la curiosità la finta cupola di Andrea Pozzo (1701), di fronte a questa tutti restano a bocca aperta e non credono che sia finta..”

    “Pratovecchio…..“Li ruscelletti che d’i verdi colli..del Casentin discendon giuso in Arno,..faccendo i lor canali freddi e molli [...].Ivi è Romena”..Così Dante Alighieri ricorda nel XXX Canto dell’Inferno questo luogo, dove visse per diverso tempo alla corte dei conti Guidi…il castello di Romena poteva vantare una triplice cinta di mura e ben 14 torri…ora immerso nel verde, quel che resta di questo antico maniero, che ha le sue origini nel 1008, ancora possente nonostante restino in piedi solo 3 torri e poca parte delle mura.”

    “L’antico castello di Poppi, castello dei conti Guidi, è il simbolo di questo paese della provincia di Arezzo….il portone di entrata, il primo, quello che vi farà accedere al ponte di attraversamento del piccolo fossato…una volta varcato il secondo portone, ci si rende conto di essere entrati in un vero e proprio castello medievale….Al suo interno… un ambiente quasi da favola. Una lunga scala in pietra corre lungo i muri del perimetro di quello che doveva essere l’atrio e anche il cortiletto interno e porta ai piani superiori, quelli degli appartamenti…. che si affacciavano su balconate in legno che ancora oggi sono visibili e percorribili….Sulle pareti interne del cortiletto, antichi stemmi e pietre con incisioni che ricordano antiche vittorie e riconoscimenti…I muri degli ambienti interni sono ancora oggi decorati con gli antichi colori e danno la sensazione che il tempo, lì, si sia fermato completamente. Fa un certo effetto sedersi sulla poltrona della sala dove ora ha sede il consiglio comunale e dove, nel 1440, l’ultimo dei conti Guidi firmò la resa in favore della Repubblica Fiorentina.”

    “….uno dei borghi più belli che la zona dell’aretino conserva: Cortona. Quando la strada comincia a salire mi accorgo che il paesaggio intorno a noi sta cambiando. Cortona è li sopra che ci aspetta e ci mostra da qui solo le sue mura medievali. Pare quasi non voglia farsi vedere. È uno spettacolo ad ogni curva. Squarci di vegetazione che lasciano spazio a panorami mozzafiato sulla bellissima pianura toscana…Salendo verso il borgo i colori dell’autunno ci regalano emozioni che tolgono il fiato. Foglie di tutti i colori sono ancora li, sugli alberi, in attesa del vento che le farà cadere. E nei campi la gente che con le reti raccoglie le olive. Cassette e ceste piene di frutti che diventeranno presto olio e ritroveremo nelle nostre case. Salendo ancora anche le case cambiano aspetto. Non più quelle in cemento che siamo abituati a vedere a valle. Ora sono in sassi, chiare, sembrano quasi disegnate con la matita. Arriviamo al borgo di Cortona e passiamo la porta per entrare in città. Senza parole, perché non ce ne sono che possono descrivere un posto tanto bello…Le case sfilano sia a destra che a sinistra. Tipiche costruzioni medievali, arricchite di portoni con le borchie e balconcini con parapetti in ferro battuto…La sensazione è quella di aver fatto un viaggio indietro nel tempo, come se, attraversando quella porta, avessimo fatto un salto di mille anni e che a breve da quelle porte e da quei balconi sarebbero usciti personaggi di altri tempi. È tutto conservato come allora. I colori dei fiori alle finestre risaltano e contrastano con il colore grigio delle case e dei palazzi.”
    Anonimo







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    Siena, Piazza del Campo vista dalla nostra mongolfiera



    Strada di Siena








    Palio di Siena

    è una competizione fra le contrade di Siena nella forma di una giostra equestre di origine medievale. La "carriera" (come viene tradizionalmente chiamata la corsa) si svolge normalmente due volte l'anno: il 2 luglio si corre il Palio di Provenzano (in onore della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto il Palio dell'Assunta (in onore della Madonna Assunta). In occasione di avvenimenti eccezionali (come ad esempio nel 1969 la conquista della Luna da parte della missione Apollo 11) o di ricorrenze cittadine o nazionali ritenute rilevanti e pertinenti (ad es. il centenario dell'Unità d'Italia) la comunità senese può decidere di effettuare un Palio straordinario, tra maggio e settembre (l'ultimo si è tenuto nel 2000, per celebrare l'ingresso nel nuovo millennio).





    VAL D'ORCIA



    Secondo alcune fonti, fu in ricordo della memorabile battaglia di Montaperti (1260) e dello scampato pericolo che i senesi decisero di indire il famoso Palio, ritenuto oggi da molti la manifestazione e festa storica più importante e rinomata d'Italia. La storia del Palio di Siena è però più articolata e complessa, e affonda le proprie radici in un'epoca ancor più remota. Nelle città italiane del XII e XIII secolo era usanza organizzare corse di cavalli, sia come spettacolo pubblico, sia come competizione tra i diversi allevamenti equini posseduti dai nobili cittadini e non. A queste origini si ricongiungono idealmente le diverse rievocazioni storiche che ancora si svolgono in Italia. Ma questo tipo di Palio non è ancora il diretto progenitore della competizione senese attuale. Parallelamente ai palii dei nobili, i cittadini di Siena cominciarono ad organizzare, più o meno spontaneamente, altre competizioni nei modi più disparati. Si ricordano, a partire dal XV secolo, Palii rionali, Bufalate, Cacce ai tori, Giochi delle pugna, gioco dell'Elmora, giochi di San Giorgio, Asinate, Pallonate. Molte di queste competizioni erano precedute da cortei, rappresentazioni allegoriche, carri trionfali a tema mitologico greco. Notizie di palii si hanno attraverso tutto il XV e il XVI secolo, ma in alcuni casi è difficile capire se le cronache si riferiscano a palii dei nobili (Palio alla lunga) o già a palii alla tonda. L'organizzazione su base rionale della Festa e delle comunità trova la sua origine, probabilmente, nel tipo di organizzazione territoriale delle compagnie militari che caratterizzava l'esercito senese medievale. Quando non c'era la guerra, questa organizzazione si riversava nella competizione nei giochi già citati. Su questa organizzazione interclassista sono state fatte anche interpretazioni di tipo antropologico, relative al carattere territoriale dell'organizzazione sociale senese opposto a quello classista o per censo più diffuso, ad esempio, nei paesi anglosassoni. Il manifesto che convoca il Palio La corsa del Palio prende il nome, e non solo a Siena, dal premio: il Palio, dal latino pallium (mantello di lana), era in genere un drappo di stoffa molto pregiata che veniva utilizzato per gli scopi più svariati. A Siena, in genere, era destinato alla chiesa del rione vincitore. Poteva essere utilizzato sia come arredo per la chiesa stessa, o per altri scopi analoghi. Un pallium cinquecentesco sembra abbia decorato fino a non moltissimi anni fa l'altare della Chiesa di San Giuseppe, della Contrada Capitana dell'Onda. Questo avveniva perché, ai loro albori, le Contrade si appoggiavano per le loro riunioni alle Parrocchie o alle compagnie laicali che sostenevano e supportavano gli ordini monastici. È comprensibile come, in caso di vittoria, il premio venisse regalato alla Chiesa del rione, sia per riconoscenza sia per devozione. Un'altra possibilità era la restituzione del premio alla Comunità civica in cambio del suo valore in denaro. In questo caso l'importo poteva essere usato, ad esempio, per fornire di dote le giovani più indigenti della contrada o per altre spese di utilità comune. È dal Settecento che si afferma l’idea del Palio-dipinto (il più antico conservato a Siena, presente nel museo della contrada dell’Aquila, risalente al 2 luglio 1719) e solo dopo la Seconda guerra mondiale che a dipingerlo vengono chiamati non più i bravissimi artigiani senesi (vedi Federico Joni e i falsari senesi di inizio Novecento) ma pittori di fama nazionale e internazionale. Tra i vari spettacoli e competizioni, nel XVI secolo si va lentamente affermando il Palio alla tonda, quello che conosciamo anche oggi. Questo si accentua dopo il 1555, anno in cui termina la guerra di Siena e la città, sconfitta, si richiude in sé stessa sfogando il peso della perdita della libertà nei giochi e nelle celebrazioni al suo interno. Il vero elemento ‘scatenante’ del Palio moderno sta probabilmente in un episodio avvenuto durante l'occupazione fiorentina e spagnola della città. Verso la fine del Cinquecento una famosa Pietà conservata in un tabernacolo nel rione dove aveva abitato Provenzano Salvani, che si diceva essere stata posta nella sua collocazione da Santa Caterina tre secoli prima, fu oltraggiata da un soldato spagnolo. Forse in preda all'alcool, egli sparò alla statua, rimanendo ucciso dall'esplosione del suo stesso archibugio. Era il 2 luglio e, per commemorare il miracolo fatto dalla Vergine protettrice di Siena contro gli occupanti, i cittadini cominciarono di anno in anno a celebrare con sempre maggiore sfarzo l'anniversario. Tra le varie celebrazioni, fu naturale inserire una corsa del Palio. Nel 1611 fu anche innalzata la Basilica di Provenzano che custodisce ancora oggi quello che resta dell'immagine sacra oltraggiata, la Madonna di Provenzano. Questa corsa differiva dalle altre organizzate spontaneamente in altre occasioni: vi partecipavano le contrade (quindi il popolo) e non i nobili; si correva in Piazza del Campo alla tonda e non attraverso le strade della città alla lunga (organizzato dalla nobiltà) o in uno specifico rione. Bisogna presupporre che esperimenti di questo tipo di corsa fossero già stati fatti in precedenza, ma è solo all'inizio del Seicento che il Palio moderno si afferma nel gusto ludico dei senesi. Dal 1656 il Comune di Siena (allora denominato Balìa) si prende in carico l'organizzazione del Palio, consolidando una festa che sappiamo essere precedente. Era nato il Palio di Provenzano come lo conosciamo oggi. I costi del Palio saranno presi in carico dall'aristocrazia fino al 1836. I verbali della comunità senese relativi all'effettuazione del Palio esistono dal 1659 ed è quindi da questo anno che si conteggiano le vittorie "ufficiali" delle Contrade da parte del Comune. Le registrazioni delle vittorie antecedenti a questo anno sono da considerarsi attendibili solo se suffragate da documenti conservati presso le singole Contrade o da ricerche storiche approfondite. Nel 1701 si comincia a correre, in maniera intermittente perché ancora spontanea, anche il Palio dell'Assunta. La data del 16 agosto sembra in questo caso ‘anomala’ in quanto successiva al giorno di festa della Madonna Assunta. Venne scelta questa data perché gli altri giorni canonici delle feste d'agosto, il 14 e il 15, a Siena erano già ‘occupati’, rispettivamente, dal Corteo dei Ceri e dei Censi e dalla festa dell'Assunta che culminava nel Palio alla lunga. Quest'ultimo andrà pian piano a perdere di importanza, fino ad essere abolito all'inizio dell'Ottocento, in concomitanza col propagarsi delle idee della Rivoluzione Francese e la conseguente perdita di centralità del ceto nobiliare. Questo nuovo Palio d'agosto era all'inizio un prolungamento dei festeggiamenti della Contrada vincitrice del Palio di luglio, che lo organizzava a proprie spese (quando economicamente possibile, di qui la sua saltuarietà). Dal 1802 segue la stessa sorte di quello di luglio, cominciando ad essere organizzato dall'ormai costituito Comune di Siena moderno. Nel 1729, la governatrice di Siena Violante di Baviera stabilisce i confini delle Contrade. A causa di incidenti occorsi negli anni precedenti, decreta inoltre che non possano partecipare più di 10 Contrade alla volta. Queste sono ancora oggi le date in cui si corre il Palio, la cui caratteristica principale è appunto quella di non costituire una rievocazione storica, in quanto a differenza di altre manifestazioni simili si disputa ininterrottamente da alcune centinaia di anni. È il Comune di Siena a organizzare il Palio, a gestirne l'aspetto economico (tranne, naturalmente, per quanto riguarda le somme elargite dalle singole contrade ai fantini ingaggiati o per i patti con altre contrade) e quello della giustizia paliesca (eventuali sanzioni a fantini e/o contrade in caso di violazioni del regolamento paliesco): il Palio si autofinanzia dalla comunità senese e non prevede (né accetterebbe) alcun tipo di sponsorizzazione, come si può vedere dalle immagini della Carriera in cui non compaiono mai cartelloni né scritte pubblicitarie. Il palio è trasmesso ogni anno in Eurovisione, in Italia dalla RAI.



    Il carroccio che trasporta il palio dell'Assunta









    Siena








    PALAZZO PUBBLICO - TORRE DEL MANGIA
    La famosa Torre del Mangia ed il Palazzo Pubblico Sono situati su un lato di Piazza del Campo. La torre, costruita nel 1848 e alta 102 m, offre una magnifica vista sulla città e la campagna che la circonda. Palazzo Pubblico, costruito tra il 1297 ed il 1342 è un esempio achitettura gotica classica in Toscana, ed ospita numerosi affreschi di artisti quali Vecchietta, Simone Martini e Sodoma.






    DUOMO DI SIENA
    Il Duomo o cattedrale è una stupenda cosrtuzione, realizzata in uno stile a metà tra il gotico e il romanico, con marmi verdi e bianchi sulla facciata. All'interno ci sono opere di molti artisti famosi, tra i quali anche Donatello, Pisano e Arnolfo di Cambio. Una delle sue principali attrattive è il pavimento in marmo, alla realizzazione del quale hanno partecipato molti artisti. Il museo del Duomo, situato nella stessa piazza, ospita alcune statue originali del Pisano, spostate lì per motivi di conservazione e numerose altre opere d'arte, tra le quali la famosa "Maestà" di Duccio di Buoninsegna. Sulla stessa piazza si affaccia anche l'ospedale di Santa Maria della Scala, che ora ospita un complesso museale, nel quale sono esposti affreschi, opere d'arte e oggetti di valore collezionati attraverso i lunghi anni della sua storia millenaria e nel quale si tengono mostre temporanee.










    CHIESA DI SAN DOMENICO
    All'interno vi è conservato un affresco di Andrea Vanni, che rappresenta Santa Caterina. Nell'ala sinistra della chiesa, una cappella con uno stupendo altare in marmo, ospita delle reliquie del Santo. Nella cripta è conservato un'altra meravigliosa opera, una croce dorata dipinta da Sano di Pietro.





    CHIESA DI SAN AGOSTINO
    Ospita molte opere d'arte di Vanni e Manetti. Nella cappella del secolo XV, chiamata la cappella dei Bichi, ci sono svariati affreschi di Martini e Signorelli. La cappella dei Piccolomini reca invece un affresco del Lorenzetti






    PIAZZA SALIMBENI
    Tre importanti edifici si affacciano su piazza Salimbeni, ma il Palazzo Salimbeni è senza dubbio il più importante, dal momento che ospita la direzione della banca senese sel Monte dei Paschi, fondata oltre 500 anni fa. All'interno si trova inoltre una ricca collezione di quadri ed opere d'arte, che è possibile visitare su prenotazione






    Palio



    Siena è una delle città italiane più amorevolmente salvaguardate.
    La fierezza è il carattere che da sempre la contraddistingue.

    I dintorni di Siena sono pieni di casolari ristrutturati
    e di agriturismi,
    dove si gustano specialità del luogo,
    dal sapore rustico e antico!





    Ammirate la vetrata centrale
    del Duomo!



    Per oltre sei anni, più di venti esperti e restauratori hanno lavorato per sistemare
    circa 9.000 tessere di vetro e più di 170 metri di intelaiatura.
    Sono solo alcuni dei numeri che si riferiscono all’incredibile restauro che ha interessato una delle opere più spettacolari al mondo,
    la grande vetrata del coro del duomo di Siena, il capolavoro attorno al quale si è, per così dire,
    costituita la mostra dedicata a Duccio di Buoninsegna, il più importante pittore attivo nella città toscana
    tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento.

    La “rosa” di Duccio - che raffigura tre scene di gloria della Vergine (la Sepoltura, l’Assunzione e la sua Incoronazione),
    i Santi protettori di Siena nel Duecento (Bartolomeo, Ansano, Crescenzio e Savino)
    e i quattro evangelisti seduti in trono – è normalmente posta al trenta metri d’altezza nell’abside del Duomo.
    Grazie alla monumentale opera conservativa che si è da poco conclusa,
    oggi può essere ammirata nel complesso di Santa Maria della Scala
    dai visitatori della mostra a distanza ravvicinata.
    Un evento davvero più unico che raro.



    NUOVA DIVISIONE DEI CONFINI DELLE CONTRADE,
    DECRETATA DALLA PRINCIPESSA VIOLANTE DI BAVIERA,
    GOVERNATRICE DI SIENA, IL 13 SETTEMBRE 1729.

    Venerdì 19 agosto 1729.

    Adunati gl'illustrissimi signori ufficiali dell'illustrissimo collegio di Balìa a suono di campana ed in numero di 9 con dispensa, cioè il sig. Cotoni priore, signori cav. Palmieri, cav. Malavolti, cav. Tantucci, Perfetti, Cosati, Venturini, Tommasi e Bandinelli, si lesse la relazione delli signori deputati sopra il memoriale delle Contrade della città di Siena, supplicanti a voler stabilire una determinazione di confini fra di esse, giacché per detta causa erano fra le medesime insorte liti a cagione del questuare e del batter cassa per l'adunanze, come appresso:

    Illustrissimi Signori. In adempimento de comandi delle SS.VV. Ill.me, doppo aver fatte più sessioni col maestrato di Biccherna per compilare la commessaci terminazione de confini fra le Contrade di questa città a riguardo non tanto di por termine alle pericolose e dispendiose liti insorte fra gli abitanti di esse a causa del questuare e batter cassa per le loro adunanze, acciò avendo tutte un ugual numero di abitatori possano fare decorosa ed ugual comparsa nell'occasione delle pubbliche feste, le referiamo aver concordato di proporre alla prudenza delle SS.VV. Ill.me la qui annessa divisione di confini, colla quale per non pregiudicare a quelle descrizzioni che per lo passato fossero state fatte ne' pubblici documenti, le vien proposta col titolo di nuova divisione de' confini fra le Contrade, secondo la quale in avvenire debbono contenersi sì nel questuare, che nel battere la cassa, tolta la facoltà di ritrovarne o riassumere delle nuove, e reservate le facoltà agli abitatori di ciascuna Contrada per poter eleggere in loro protettori nobili anco quelli che abitassero fuori delle proprie Contrade, come anco di battere cassa e far feste in quelle strade o piazze che fan confine fra di loro.

    Ad effetto poi che venga osservata inviolabilmente, sarà necessario venga proposta questa per l'approvazione a Sua Altezza Reale, quando così piaccia al prudente intendimento delle Signorie Vostre Illustrissime, alle quali rimettendoci le facciamo ossequiosissima reverenza.

    Di casa, 27 luglio 1729.
    Delle Signorie Vostre Illustrissime, devotissimi e obbligatissimi servitori
    e colleghi Niccolò Maria Sozzini, deputato, Angelo del Cotone, deputato.

    NUOVA DIVISIONE DE CONFINI FRA LE CONTRADE

    Chiocciola n.1 - Dalla Porta S. Marco comprenda le due strade fino al campanile dei Padri del Carmine; siccome la Via delle Monache della Madonna detta delle Sperandie per tutta la Chiesa ed Ospizio di S. Lucia fino all'Arco della Via de' Maestri, ed abbracciando le case di rimpetto al Cimitero di S. Marco, salga la piaggia di S. Quirico e vada sino all'Arco del Convento di Castelvecchio, e fino a S. Quirico, prendendo detta Chiesa e Case fino alla svolta, lasciando la strada, che cala alla Madonna del Corvo.

    Pantera n.2 - Dal campanile dei Padri del Carmine prenda tutta la Piazza detta il Pian de' Mantellini, tutto il Laterino, e strada di S. Ansano fino al Convento di S.Sebastiano esclusive e per la via delle Due Porte arrivi all'imboccatura della piazzetta di Postierla, esclusa però detta Piazza, e case all'intorno, ed abbracci la strada che dalla Madonna del Corvo va alla chiesa di S. Quirico.

    Tartuca n.3 - Dall'Ospizio di S. Lucia esclusive comprenda la strada dell'Ellera da ambe le parti, Convento, Chiesa e Piazza S. Agostino, Convento e Case dei Padri della Rosa e tutta la strada fino a Porta Tufi; dall'Arco di S. Agostino prenda solamente a man sinistra, ed occupi da ambe le parti la via de' Maestri siccome la via delle Murella fino all'Arco delle Monache di Castelvecchio, comprendendo la via di Castelvecchino e Castelvecchio e scendendo per la costa in faccia alla chiesa di S. Pietro termini alla crociata di dette tre strade dette della Porta all'Arco attenendosi in detta crociata solo a man destra.

    Aquila n.4 - Dalla Colonna di Postierla e sua Piazza inclusive occupi le case intorno a detta Piazza ed il vicolo e da ambe le parti la strada dov'è il Palazzo di S.A.R., la Piazza tutta del Duomo e lo Spedale, fino allo svoltare nella Piazzetta che porta alla Compagnia di S. Girolamo, escluso però il Palazzo Arcivescovile; abbia il vicolo di Casa Marsili fino al Convento di Monagnesa, detto Convento, e Compagnia della Morte e per quella parte scendendo in faccia a S. Desiderio, per la via delle Campane entri nella Via Maestra che porta a Postierla, la quale dal Chiasso del Bargello in su prenda da ambe le parti, e scendendo per il Chiasso del Bargello a destra solamente, entrando in Piazza svolti nel Casato e tenga le case a man destra con i vicoli adiacenti fino alla Costa Larga, abbracciando questa da ambe le parti salga a Postierla, e di lì da ambe le parti, caminando per la via di S. Pietro termini a destra alla salita di Castelvecchio e da sinistra comprenda le case alla svolta del Casato.

    Selva n.5 - Comprenda il Palazzo Arcivescovile, la strada delle Balie e Piaggetta che porta alla Compagnia di S. Girolamo con ambe le strade di Valle Piatta, ed occupando la Piazza, Pieve e Compagnia di S. Giovanni Battista col Palazzo del Magnifico, prenda la via che conduce alla Costarella abbracciando la Chiesa di S. Desiderio, e Piaggia delle Campane a sinistra con tutto quel tratto di Strada che porta alla Costarella e per il Chiasso del Bargello a sinistra entri in Piazza e di lì a sinistra vada alla Costarella, di dove seguendo pure a sinistra vada per la strada maestra nell'Arco di S. Pellegrino e prendendo le case da man sinistra, cioè dell'Accademia de' Rozzi, comprenda la via di Diacceto da quella parte, e rientri nella Piazza di S. Giovanni: appartenga ad essa la via della Costaccia da man destra venendo da Fonte Blanda.

    Onda n.6 - Dall'arco di S. Giuseppe per tutta la strada di S. Salvadore colla metà del Mercato Vecchio da detta parte entri in Piazza presso il Palazzo dell'Eccelsa Signoria, e quello comprenda fin dove abita il Signor Capitano di Giustizia; salga nel Casato, prenda a man sinistra tutte le case fino alla Costa Larga, e da quella in su camini da ambe le parti comprendendo tutti i vicoli che sono verso S. Salvadore, passi per la svolta del Casato e prendendo le case a man sinistra passi per l'Arco di S. Agostino tenendo per quella parte fino a S. Giuseppe ed appartenga ad essa la strada di Fontanella fino alla svolta di Porta Tufi.

    Torre n.7 - Dal Palazzo del Signor Capitano di Giustizia inclusive entri in Salicotto con prendere da ambe le parti detta strada e mezzo il Mercato Vecchio per quella parte, ed arrivando al fine di detta Strada di Salicotto volti per la strada che porta alla chiesa di S. Martino tenendo per quella a sinistra solamente. Pervenuta alle scale di detta Chiesa svolti nella Via di Pantaneto tenendo solo dalla parte del Collegio Tolomei, abbracciando quel palazzo, per il Chiasso Largo si porti in Piazza fino alla Cappella, intendendovisi comprese le strade di S. Giusto, il Realto ed altre entro al detto recinto.

    Valdimontone n.8 - Dalla Porta Romana tenga per la via maestra da ambe le parti fino alla Colonna del Ponte esclusive, di dove tenendosi a man sinistra solamente passi per l'Arco del Ponte, svolti rimpetto a S. Maurizio, tenendosi a sinistra fino a capo a Salicotto. Poi occupando da ambe le parti comprenda il Convento di S. Girolamo, tutto il Piano e Convento de' Serviti, la Strada di sotto, colla Commenda di S. Leonardo.

    Nicchio n.9 - Dalla Porta S. Viene comprenda tutte le Strade de' Pispini e S. Gaetano, Fiera Nuova e Fiera Vecchia, e Strada del Refugio, col convento di S. Monaca, Piazza del Ponte, inclusive la Colonna; prenda passando per l'Arco del Ponte le case a man destra fino alla Chiesa di S. Giorgio inclusive, contenendo la Piazza col Convento di S. Spirito, e Finimondo.

    Leocorno n.10 - Dalla Chiesa di S. Giorgio tenga tutta la Via di Pantaneto da ambe le parti fino alla Loggia del Papa, siccome da ambe le parti la Strada di S. Giovannino detta della Staffa fino al Vicolo sopra la Casa Piccolomini. Poi attenendosi solo a sinistra comprenda la Chiesa di S. Vigilio e suo Collegio scendendo per quella parte la Piaggia e tenendosi pure a sinistra vada alla Loggia del Papa e Chiesa di S. Martino prosegua a tenere a sinistra per tutta la via di S. Martino fino alla Strada che svolta alla Chiesa di S. Maurizio, svolti per quella, tenendola a sinistra, per la qual parte voltando pure nella Via Maestra, tenga fino in faccia a S. Giorgio.

    Civetta n.11 - Dalla Costarella a sinistra circondi la Piazza fino al Chiasso Largo, e seguendo dalla parte del Palazzo Zondadari salga a S. Vigilio, e dietro al Castellare Ugurgieri sempre a sinistra per tutta la Via del Refe Nero, ed alla fine di essa, tenendo pur solo la sinistra, volti all'Arco de' Rossi, e sotto detto Arco vada per la stessa parte per la Strada Maestra abbracciando i palazzi de' Signori Marchesi Bichi e Palmieri, da dove svoltando per l'Arco nella Strada de' Galli occupi per la Piazza dell'Erba ambedue le parti di detta Piazza e Strada fino alla Chiesa di S. Pellegrino inclusive e di lì tenendo la sinistra per quell'Arco entri nella Strada Maestra, nella quale tenendo pure la sinistra ritorni alla Costarella, intendendovisi comprese le Strade di Banchi e Croce del Travaglio, Calzoleria, Castellare, Piazza Tolomei da tutte le parti e l'altre Strade entro detto recinto..

    Giraffa n.12 - Dalla Chiesa di S. Francesco inclusive colla metà di detta Piazza verso il Convento passi per l'Arco ed occupando solo le case a sinistra, occupi tutta la Strada Maestra fino all'imboccatura della Via del Refe Nero, e per quella scendendo pure a sinistra vada fino al Vicolo del Signor Muzio Piccolomini, e contenendo da ambe le parti le case entro a detto Vicolo, vada alla Piaggia della Madonna di Provenzano abbracciando quella Piazza e Strade annesse, con tutte le Piaggie verso la Madonna del Fosso e via di S. Pietro a Ovile.

    Bruco n.13 - Dalla Porta Ovile a sinistra occupi quel piano sino alla Chiesa di S. Biagio inclusive, ed abbracciando da tutte le parti le tre coste, che portano alla Fonte di S. Francesco occupi mezza la Piazza avanti a detta Chiesa, compresa solamente la Compagnia di S. Gherardo e di lì retrocedendo s'attenga per l'Arco a man destra, prenda la Fonte, ed a man destra si porti per detta strada all'Arco de' Rossi, di dove per la strada di Camollia, abbracciando solo le case a man destra salga in Dogana, e tenendo solo la parte della Depositaria col Monte Pio e Paschi, scenda nella Piazza dell'Abbadia, comprenda la Chiesa e Convento de' Padri Carmelitani, via degli Orbachi e ritorni a S. Biagio.

    Lupa n.14 - Dalla Porta Ovile a man destra tenga quel Piano fino in faccia alla Chiesa di S. Biagio e di lì per ambe le parti occupando la via di Vallerozzi, si conduca nella via maestra e di lì tenendo la via della Posta a man destra, si porti in faccia al Razzo, o cantonata della Piaggetta che porta alla Lizza; dalla parte di S. Donato occupi le case a sinistra, e per la via maestra salendo in Dogana stando pure a sinistra, comprenda la Dogana e Ruota, e scendendo alla Piazza dell'Abbadia, comprenda a sinistra le due chiese di S. Michele, e scendendo per la Piaggetta abbracci la via della Stufa Secca, e ancora la Piazza dalla parte del Convento di S. Petronilla, con tutta la via di S. Bastiano e del Convento di S. Lorenzo, e per tutta la Fonte Nuova ritorni al Piano d'Ovile.

    Istrice n.15 - Dalla Porta Camollia per la Strada Maestra da ambe le parti si porti fino alla dirittura della Piaggia che porta alla Lizza e Poggio Malavolti dalla Casa de' Signori Francesconi e di lì salga a man destra solamente alla Scuola di Cavallerizza, e non compreso il Palazzo Malavolti, occupi La Lizza tutta con la Fortezza siccome le case della Piaggia che va a S. Petronilla, la strada tutta di Campansi e Pignattello, con quelle che portano a Fontegiusta.

    Drago n.16 - Dalla Chiesa di S. Domenico in Campo Regio inclusive, tenga per ambe le parti la Via che porta alla Sapienza, scenda la Piaggia da ambe le parti fino alla Chiesa Curata di S. Antonio esclusive, di dove ritornando nella via sopradetta della Sapienza quella tutta tenga, e svoltando e tenendo a sinistra salga il vicolo all'Osteria della Rosa, ed a man sinistra tenendo passi sotto l'Arco in faccia a' Galli nella Strada Maestra di Camollia, ove tenendo pure a sinistra vada fino alla svolta della Cavallerizza ed occupando tutte le case da quella parte, comprendendo il Palazzo ed il Poggio Malavolti, Convento e Via del Paradiso ritorni a Campo Regio, e comprenda la Via del Pulcino, e la strada che da Campo Regio per gli orti porta alla Lizza..

    Oca n.17 - Dalla Porta Fonteblanda salga per tutta la Strada di S. Caterina, occupando la Crociata, cioè da man sinistra, sino alla Chiesa Curata di S. Antonio inclusive, cogli edifizi delle Tira, da man destra poi salga a Diacceto, comprendendo le case a destra fino all'Osteria della Scala, ed a sinistra tenendo vada nell'Arte della Lana, ed esclusa la Chiesa Curata di San Pellegrino occupi la via dell'Arte fino a S. Andrea Gallerani inclusive a man sinistra e da man destra fino al Vicolo che svolta all'Osteria della Rosa, colla Piaggia che porta alla Chiesa Curata di S. Antonio, e ad essa appartenga la Costaccia a man sinistra in venire da Fonte Blanda alla Porta Salaria, ed i vicoli tutti entro a detto Recinto.

    Sentita detta divisione delle Contrade e fattane proposta dall'illustrissimo signor Priore, consigliò il signor cavaliere conte Orlando Malavolti, che si sottoponga al partito la nuova divisione delle Contrade fatta dall'illustrissimi signori deputati col Maestrato della General Biccherna, e riportando questa due terze parti di voti bianchi s'abbia per approvata nel modo e forma che viene saggiamente divisato nella Relazione, con che si partecipi il tutto a S.A.R. per l'approvazione, e doppo farne una nuova stampa, acciò possa sempre vedersi detta divisione e non possa esser allegata ignoranza alcuna sopra la medesima.

    Andarono a partito separatamente il consiglio e la detta divisione e l'uno e l'altra furono approvate per voti tutti bianchi.

    Balìa, 231, c.78.



    Le contrade :


    Aquila n.4



    Alla Nobile Contrada dell’Aquila è legato un episodio quasi unico nella storia del Palio, la partecipazione di una donna alla carriera, il 16 agosto 1957 corse su Percina, Rosanna Bonelli detto "Diavola", una giovane senese figlia del celebre scrittore Luigi. In precedenza solo nel 1581 una donna aveva corso il Palio, la quindicenne Virginia Tecci, una pastorella che difese con coraggio i colori del Drago, piazzandosi seconda, suscitando l’entusiasmo di tutto il popolo senese. La leggendaria Virginia però non aveva sfidato la Piazza, infatti corse in un Palio alla lunga, quindi Rosanna Bonelli resta ancora oggi l’unica donna-fantino della storia paliesca. Le vicende che la portarono a correre sono abbastanza curiose, un misto di passione ed incredibili coincidenze. Rosanna sin da piccola montava a cavallo, con ottimi risultati, visto che negli anni seguenti diventò una delle poche donne in Italia a correre nelle regolari ad ostacoli.
    Il suo sogno era quello di correre il Palio, ricalcando le gesta della mitica Rompicollo, donna-fantino protagonista dell’operetta omonima del padre Luigi Bonelli. Sulle tavole di molti teatri "Rompicollo" riscosse numerosi consensi, la storia di una "fantina" che vince il Palio contornata da veri alfieri di piazza e da ottimi attori, dava un fascino particolare a quest’operetta. Il sogno di Rosanna sembrava tuttavia destinato a rimanere tale, anche il grande Ganascia, che allenava con lei alcuni cavalli, la persuadeva. La grande occasione arrivò quasi per caso, nella primavera del 1957, durante le riprese del film "La ragazza del Palio", di Luigi Zampa, liberamente ispirato a "Rompicollo". Rosanna, sfruttando l’amicizia del regista con suo padre, ottenne il permesso di assistere alla riprese dall’entrone. Le scene di Palio simulato furono girate nel Campo, come comparse furono scelti dei vecchi fantini, quali Ganascia, Amaranto, Ruscetto e Pietrino che trovo la morte proprio dopo una di queste riprese a causa di un infarto. Una mattina, mancava una delle comparse a cavallo, Rosanna, con la complicità di Ganascia, decise di sostituire l’attore assente all’insaputa della produzione. Raccolti i capelli nello zucchino, Rosanna si trovò a correre col giubbetto della Pantera un Palio simulato, pieno di nerbate, per lei la gioia fu immensa, anche dopo gli aspri rimproveri subiti per aver corso senza permesso e senza assicurazione.
    Soddisfatta, Rosanna tornò a casa senza nemmeno immaginare cosa sarebbe accaduto di li a pochi giorni. La controfigura dell’attrice Diana Doors, avvenente star americana, protagonista del film con Vittorio Gassman, dopo una rovinosa caduta si rifiutò di continuare a girare, la produzione decise così di far chiamare Rosanna che fu scritturata come controfigura. Nelle riprese Rosanna montò la mitica Gaudenzia e nel film vinceva insieme a lei il Palio per i colori della Chiocciola, nonostante le scorrettezze del fantino "Manolesta". La ragazza, nei giorni delle riprese, aveva fatto più volte presente ai responsabili del film che il suo sogno era quello di correre il Palio vero, questi, in previsione del lancio pubblicitario del film, decisero di appoggiare Rosanna iniziando a contattare i capitani delle contrade per trovare una monta. L’idea trovò subito la durissima opposizione di Umberto Bonelli, capitano plurivittorioso della Selva e zio di Rosanna. Il capitano selvaiolo, essendo morto da poco il padre della ragazza, trovò assurda l’ipotesi di far correre la nipote in piazza e pregò i suoi colleghi di non accettare le offerte della produzione del film. Tutto sembrava destinato a fallire, ma il destino diede una mano a Rosanna, il capitano dell’Aquila nei giorni precedenti al Palio era fuori Siena e non fu contattato da Umberto Bonelli, in breve tempo l’accordo fu sottoscritto.
    L’Aquila aveva vinto il Palio l’anno precedente ed avendo avuto in sorte l’esordiente Percina accettò di montare Rosanna, che si trovò in Piazza a correre le prove con il giubbetto della sua contrada. Alla quarta prova la giovane "fantina" sostituì il fantino Biba, passato poi all’Oca, corse tre prove vincendone due. La curiosità attorno alla "fantina" era notevole, anche fra i colleghi, per niente abituati ad avere come avversario una donna. Rosanna fu segnata in Comune col soprannome di Diavola, ma per tutti era ed è Rompicollo, come l’eroina dell’operetta di suo padre. Alla mossa Rompicollo si trovò fra Vittorino nel Nicchio e Biba nell’Oca, allo scattare dei canapi partì nettamente in ritardo, ma riuscì a recuperare terreno, tanto da iniziare il secondo giro in terza posizione. A San Martino però Rompicollo cadde, trascinando con se il fantino della Lupa, Romanino.
    Il dopo corsa fu per Rompicollo molto turbolento, mentre i nicchiaioli festeggiavano la loro vittoria, dei torraioli si avvicinarono inacciosamente alla ragazza, accusandola di aver ostacolato il loro fantino. Volò qualche ceffone, ad evitare il peggio ci pensò un contradaiolo dell’Aquila il quale, usando come arma un mazzo di rose che voleva donare a Rosanna, allontanò i contestatori torraioli. Nei giorni seguenti oltre alle scuse della Contrada della Torre, Rosanna ricevette il compenso dalla produzione del film e lasciò alla sua contrada l’ammontare dei partiti. La Nobile Contrada dell’Aquila, riconoscente verso la sua contradaiola-fantina le attribuì il titolo di "fantino onorario".



    Qualche agrituismo nei pressi di Siena








    ...ci sono molti posti che in toscana mi hanno dato sensazioni indestrivibili...ma c'è un posto dove ci ho lasciato il cuore....San Galgano......per me ha un sapore di magico........si trova in mezzo alla campagna senese...non ci sono orde tutistiche....c'è un senso di pace ed il silenzio...puoi sentire i resti dell'abbazia che ti sussurrano la loro storia..

    qualce mio scatto..









    Adoro San Gimignano!!!


    E' qui che si svolge la storia del mio libro,
    non ancora pubblicato...

    Ve ne scrivo un pezzetto:

    ....per arrivare a S.Gimignano non c'era una superstrada,
    ma una strada tutta curve che si inerpicava sulle colline toscane.
    Un cartello diceva "Strada del vino" ed effettivamente non vedeva altro che
    collinette basse, coltivate a viti, a perdita d'occhio, ogni tanto
    intervallate da alberi di olivi, che con i loro tronchi nodosi,
    parevano volerti raccontare storie antiche.
    Tutto quel verde intorno le ricordava la
    "contea di Frodo Beggins" nel "Signore degli anelli".
    Ma ecco che in lontananza vide spuntare un piccolo paesino circondato da mura
    e tante torri che si innalzavano al cielo, come a volerlo toccare.
    Era ormai pomeriggio inoltrato, pennellate di rosso e arancio tingevano il cielo
    che fino ad allora era stato terso e limpido.
    L'ultimo tratto era una stradina in salita, fiancheggiata
    da pioppi e cipressi.
    Qualcuno scendeva a piedi, qualcuno in bicicletta,
    non si vedeva nessuna macchina.
    La corriera si fermò in uno spiazzo vicino ad un giardino...........

    Beh! Ora mi fermo qui,
    non posso scrivervi tutto il libro!

    Barbara Sorbino




    La nobil contrada del Bruco ...


    Si fregia del titolo di NOBILE, dal 1841, per i seguenti motivi:
    - Per il concorso delle sue soldatesche al fatto d'arme avvenuto nel 1369 alla Croce del Travaglio dove fu cacciato l'imperatore Carlo IV di Boemia.
    - Per la sommossa del 1371 capeggiata da Francesco d'Agnolo detto Barbicone che portò al potere il "Monte del Popolo".
    Stemma: un bruco al naturale coronato alla gran ducale, passante su un ramoscello di rosa; il capo dello stemma è formato da una croce sabauda inquartata d'argento e di rosso.
    Colori: giallo e verde con liste turchine
    Motto: "Come rivoluzion sóna il mio nome"
    Simboleggia: l'industriosità
    Corporazione: setaioli
    Compagnie militari: San Pietro a Ovile di Sotto
    Santo patrono e festa titolare: visitazione di Maria Vergine, 2 luglio
    Oratorio: in Nome SS.mo di Dio, Via del Comune, costruito a spese degli abitanti nel 1680
    Sede storico-museale: Via del Comune
    Stalla: Vicolo degli Orbachi
    Fontanina: l'antica fonte di San Francesco restaurata nel 1978 da Lorenzo Borgogni. Ne fa parte una scultura di Angelo Canevari che ritrae Barbicone, il leggendario capopopolo del Bruco. E' situata difronte al Vicolo degli Orbachi.




    Contrada del Drago



    La Contrada del Drago fu fra le prime a comparire sul Campo nelle pubbliche feste. Insieme a Giraffa, Chiocciola e Onda partecipa ad una "Pugna", organizzata in onore del Cardinale St. Malò il 1° marzo 1494. Risultati scaturiti da una recente ricerca ne documentano l'esistenza già nel 1481 e, dato molto importante, al di fuori della partecipazione a pubblici eventi. La Contrada comprende le antiche Compagnie Militari di San Donato da' Montanini e Sant'Egidio del Poggio Malavolti. Dall'animale mitologico rappresentato sullo stemma della prima prese probabilmente insegna e nome. Taluni credono invece possibile che il nome e l'insegna possano derivare dall'arma gentilizia dei Borghesi: un drago giallo in campo verde; altri che abbia ripreso l'emblema da quello della famiglia Benincasa, la famiglia di Santa Caterina, che è anche la sua Patrona. Comunque sia, fu proprio con una macchina a foggia di Drago che gli appartenenti a questa Contrada parteciparono alle prime "Cacce ai tori" e furono chiamati "gli uomini del Drago".



    Fino alla metà del XVII sec. I dragaioli tennero le proprie adunanze in abitazioni private o in botteghe del rione, mentre a partire dal Settembre 1650 fu loro concesso di adunarsi presso la cappella della Compagnia Laicale di San Domenico in Camporegio che, dal 1679, si impegnò addirittura a contribuire alle spese sostenute in occasione del Palio, purché il premio, in caso di vittoria, venisse offerto all'altare di San Domenico. Questa collaborazione durò quasi cento anni ed ebbe termine, causa dissapori, dopo la vittoria del Palio del 2 Luglio 1738. Da questa data al 1787 la storia del Drago ritorna nell'oscurità, fatta eccezione per qualche breve cenno, ancora una volta nei verbali della Compagnia di San Domenico. Unica testimonianza tangibile di quel periodo è il drappellone vinto il 16 Agosto 1986 e conservato nella Sala delle Vittorie. Il Drago ha avuto una sede propria solo a partire dal 1787, quando il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo gli donò la chiesa di Santa Caterina e parte del Convento delle Monache dette del Paradiso. Chiesa e Museo si trovano sul Poggio Malavolti, poggio che oggi non esiste più e di cui si sta perdendo anche il ricordo. Il luogo prese il nome dall'antica famiglia Malavolti (già presente a Siena nel XII secolo) che qui aveva il suo castellare, numerosi fondaci ed era proprietaria di tutta quella vastissima area chiamata Camporegio, dove la tradizione vuole vi si sia accampato Enrico VI nell'assedio del 1186. Ancora oggi la Contrada del Drago, per il forte legame con questa parte di territorio, è appellata "Popolo di Camporegio". Il Drago conserva la montura più vecchia giunta ai giorni nostri. Si tratta di un costume di foggia "spagnolesca" del 1839. Vanta la vittoria di cinque Masgalani (1951, 1966-67, 1973, 1987, 1991), di un Minimasgalano (1988) e di tre riconoscimenti per i migliori Alfieri (1907, 1961, 1991). L'Oratorio della Contrada del Drago, ex Chiesa di Santa Caterina, fu costruito intorno al 1620 ed era di pertinenza del Convento delle Monache del Paradiso. Le scali attuali testimoniano la diversa altezza del terreno ove si estendeva l'antico prato antistante la Chiesa. Il Poggio Malavolti fu più volte sbassato e la sistemazione attuale risale al 1903.



    altri scatti..






    gironzolando intorno all'abbazia......





    Imperiale Contrada della Giraffa

    La Contrada della Giraffa, già presente all'inizio del XV secolo nelle giostre cittadine, prese parte nel 1482 a un corteo con un carro appunto a forma di giraffa, guidato dagli uomini della Compagnia di San Pietro Ovile di sopra. Nel primo decennio del XVII secolo nel quartiere di Provenzano, cuore della contrada, sorse una grande chiesa dedicata alla venerata immagine di una Madonna miracolosa. In suo onore dal 1656 si cominciò a correre il 2 luglio il cosidetto Palio "alla tonda" cioè intorno al Campo. Al 1686 risalgono invece le prime notizie certe sulla sede della Contrada in tale occasione la Giraffa offrì un palio alla Congregazione del Suffragio e ottenne in cambio il permesso di adunarsi nella sua chiesa, situata soto la Basilica di Provenzano.
    STEMMA - Una giraffa condotta da un moro ed un nastro con la scritta "Humbertus I dedit".
    Nel 1546 la Contrada della Giraffa inalberò un'insegna a liste azzurre e rosse. 1694 - Per distinguersi dalla Contrada della Pantera, all'azzurro fu sostituito il bianco. 1717 - Bandiera di colore rosso con raggi, o fiamme, bianchi. 1786 - Bandiera bianca e rossa.
    COLORI - Il bianco e il rosso.
    SEDE - Via delle Vergini telef: 0577287091.
    SOCIETA' - Società della Giraffa.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE -
    Madonna della Visitazione, terza domenica di luglio.
    MOTTO - "Altius caput maior gloria ".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Pittori.
    COMPAGNIE MILITARI - San Pietro a Ovile di Sopra.
    CONTRADE ALLEATE - Civetta, Istrice e Pantera.
    CONTRADA AVVERSARIA - Nessuna.
    ULTIMA VITTORIA - 2 Luglio 2004 Salasso su Denosu Tou




    Contrada della LUPA


    STEMMA - Una lupa che allatta i gemelli.
    Nel 1546 la Contrada della Lupa inalberò un'insegna a liste verdi e gialle.
    1650 - Bandiera a scacchi bianchi e neri.
    1694 - Bandiera a liste bianche e neri.
    1717-1739 - Bandiera a quarti bianchi e neri con Lupa.
    Sempre nel sec. XVIII aggiunse un pò di arancio e
    formò una bandiera bianca e nera listata di arancione.
    COLORI - Il bianco e il nero, listati di arancio.
    SEDE - Via Vallerozzi, 71.
    SOCIETA' - Società Romolo e Remo Via Pian d'Ovile tel. 280414.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - San Rocco Confessore, 16 agosto.
    MOTTO - "Et urbis et senarum signum et decus".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Fornai.
    COMPAGNIE MILITARI - San Donato allato alla Chiesa, Sant' Andrea.
    CONTRADE ALLEATE - Nessuna.
    CONTRADA AVVERSARIA - Istrice.
    ULTIMA VITTORIA - 2/7/'89 (Dario Colagè detto Il Bufera su Vipera).
    VITTORIE UFFICIALI - 34.
    MUSEO - Via Vallerozzi, 71/73 / Si può visitare prendendo appuntamento
    con la contrada al 27077.




    a san galgano è custodita.........un oggetto che ci riporta ad an antica leggenda.....nel bel mezzo di una stanza...sorge uno sperone roccioso...nel quale e conficcata in spada di ferro ......... dopo aver sentito tante leggende ...vedere quella spada.........ti fa domandare.....allora qualcosa è vero.........esiste.




    purtroppo a causa del vandalismi...ora è protetti da una grossa e spessa cupola trasparente......che dimezza la magia..

    La contrada del NICCHIO


    STEMMA - Una conchiglia di mare incoronata e
    attorniata da due rami di corallo rosso.
    Nel 1546 la Contrada del Nicchio inalberò un'insegna tutta rosa.
    1694 - Bandiera tutta bleu.
    1702 - Bandiera rossa e bleu a parti uguali.
    1717 - Bandiera bleu con Nicchia.
    Sempre nel XVIII sec. furono aggiunti gli arabeschi gialli e rossi.
    COLORI - Azzurro con liste gialle e rosse.
    SEDE - Via dell'Oliviera 47.
    SOCIETA' - La Pania.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - San Gaetano da Thiene, 7 agosto.
    MOTTO - "E' il rosso del corallo che m' arde in cor".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Vasai.
    COMPAGNIE MILITARI - Abbadia nuova di Sopra, Abbadia nuova di Sotto.
    CONTRADE ALLEATE - Bruco, Onda e Tartuca.
    CONTRADA AVVERSARIA - Valdimontone.
    ULTIMA VITTORIA - 16/8/'98 (Dario Colagè detto Bufera su Re Artù).
    VITTORIE UFFICIALI - 42.




    La contrada della PANTERA


    STEMMA - Una pantera rampante.
    COLORI - Rosso e azzurro listati di bianco.
    SEDE - Via San Quirico, 26.
    SOCIETA' - Due Porte.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - San Giovanni Decollato, 29 agosto.
    MOTTO - "Il mio slancio ogni ostacolo abbatte".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Speziali.
    COMPAGNIE MILITARI - Stalloreggi di dentro, Stalloreggi di fuori.
    CONTRADE ALLEATE - Chiocciola, Civetta, Giraffa e Leocorno.
    CONTRADA AVVERSARIA - Aquila.
    ULTIMA VITTORIA - 2/7/'06 (Andrea Mari detto Brio su Choci).
    VITTORIE UFFICIALI - 26.




    San Galgano, il cui vero nome è Galgano Guidotti, nacque nel 1148 a Chiusdino da una famiglia di piccola nobiltà locale, e morì il 3 dicembre 1181.

    Di San Galgano si parla in diversi scritti antichi: in tre Vitae del Trecento: l'anonima Vita beati Galgani, la Legenda sancti Galgani confexoris del Blasius e l'anonima Leggenda di santo Galgano confessore.

    Galgano visse la fanciullezza da cavaliere giovane, libertino e dedito ai divertimenti più sfrenati, finchè qualcosa gli fece cambiare vita e trasformandolo in un vero e proprio Santo Cavaliere di Dio.
    Accadde che, un giorno, mentre viaggiava verso una giornata dedicata a lussuria e gozzoviglie, ebbe improvvisamente due visioni dell'Arcangelo Michele. Nella prima l'Arcangelo solo gli si manifestò innanzi, nella seconda lo invitò a seguirlo. Galgano, accettato l'invito e, attraversato un ponte e un prato fiorito, raggiunse Monte Siepi, dove isi trovò dinnanzi a un edificio rotondo (probabilmente una visione di un edificio, dato che l'eremo fu costruito dopo la sua morte) e ai dodici apostoli. Venne da loro accolto e, aprendo un libro sacro, gli apparve il Creatore che lo convertì definitivamente.

    Ritornò comunque alla sua vita di tutti i giorni, finchè accadde un secondo episodio, questa volta definitivo per il suo destino. In una tranquilla giornata il proprio cavallo si rifiutò di continuare il cammino, e, prendendo di sua iniziativa il percorso da seguire, lo ricondusse di nuovo a Monte Siepi, esattamente nello stesso luogo dove precedentemente aveva incontrato i dodici apostoli. a quel punto Galgano non ebbe più dubbi, quello era un luogo sacro e, come tale, meritava un'identità, una croce. Cercò del legname per costruirla, ma, non trovandone, decise prendere la propria spada e conficcarla nella roccia, apparendo così una croce perfetta a chiunque la guardasse. Inoltre, prese il proprio mantello e lo indossò come saio.




    La contrada della SELVA


    STEMMA - Un rinoceronte ai piedi di una quercia con arnesi da caccia.
    COLORI - Il verde e l' arancio listati di bianco.
    SEDE - Piazzetta della Selva, 4.
    SOCIETA' - Rinoceronte.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - Madonna Assunta, 15 agosto.
    MOTTO - "Prima Selvalta in Campo".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Tessitori.
    COMPAGNIE MILITARI - Vallepiatta, San Giovanni, Porta Salaia.
    CONTRADE ALLEATE - Chiocciola e Tartuca.
    CONTRADA AVVERSARIA - Nessuna.
    ULTIMA VITTORIA - 16 Agosto 2006 Salasso su Caro Amico
    VITTORIE UFFICIALI - 36.




    La Contrada di VALDIMONTONE


    STEMMA - Un montone rampante coronato.
    Nel 1546 la Contrada di Valdimontone inalberò un'insegna tutta celeste.
    1694 - Bandiera rosa chiaro (incarnato).
    1714-1717 - Bandiera rosso vinato con Montone.
    1791 - Bandiera rossa e gialla listata di bianco con, nel mezzo, il Montone.
    COLORI - Il rosso ed il giallo listati di bianco.
    SEDE - Via Valdimontone, 6.
    SOCIETA' - Castelmontorio tel 0577222688.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - Maria Santissima del Buonconsiglio, 26 aprile.
    MOTTO - "Sotto il mio colpo la muraglia crolla".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Ligrittieri.
    COMPAGNIE MILITARI - Borgo Santa Maria, Sant' Angelo a Montone, Samoreci.
    CONTRADE ALLEATE - Onda.
    CONTRADA AVVERSARIA - Nicchio.
    ULTIMA VITTORIA - 16/8/'90 (Salvatore Ladu detto Cianchino su Pytheos).
    VITTORIE UFFICIALI - 43.




    un pensiero...




    La scorsa settimana sono stata a Siena...
    che spettacolo.
    La piazza ti trasporta indientro nel tempo,
    in ogni momento ti aspetti di vedere un cavaliere a cavallo,
    fiero e maestoso col Vessillo al vento.
    La città ti dà un caldo senso di intimità,
    ti avvolge con la sua romantica aria
    che trasporta a tratti un profumo antico...
    La gente è cordiale e disponibile e nonostante l'ambiente intorno a me,
    fosse diverso dal solito, in certi momenti mi sono sentita come fossi a casa.

    Quello che in realtà mi ha portato a Siena, è stato un desiderio di scoperta, la voglia di indipendenza, il bisogno di realizzare un sogno da lungo tempo chiuso in un cassetto...
    Un viaggio per sentire e vivere i miei sentimenti e desideri più profondi...
    per essere di nuovo "Io"
    e godere totalmente di ogni respiro

    Anonimo

    La Contrada della CHIOCCIOLA


    STEMMA - Il suo stemma
    (con le iniziali dei reali Umberto e Margherita)
    è una chiocciola che striscia.
    Nel 1546 la Contrada della Chiocciola inalberò un'insegna a liste
    gialle e rosse con al centro una lista bleu.
    1694 - Bandiera a liste gialle e rosse.
    1717-1739-1786 - Bandiera a liste gialle e rosse con , in mezzo, una chiocciola.
    Dopo il 1786 fu nuovamente aggiunto un pò di bleu, come oggi si vede.
    COLORI - Il giallo ed il rosso con liste turchine.
    SEDE - Via San Marco, 31.
    SOCIETA' - San Marco.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE -
    SS. Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno.
    MOTTO - "Con lento passo e grave, nel campo
    a trionfar Chiocciola scende"
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Cuoiai.
    COMPAGNIE MILITARI - San Marco, San Quirico, Monistero.
    CONTRADE ALLEATE - Istrice, Pantera e Selva.
    CONTRADA AVVERSARIA - Tartuca.




    Alcuni scatti di San Gimignano. Questo vuole essere un omaggio a Barbara con l'augurio di una pronta publicazione del suo libro














    fra magia e realtà



    Fontebranda, una delle più belle e antiche fonti di Siena, venne costruita fra il XII e XIII secolo.

    Le prime notizie che abbiamo dai documenti ufficiali risalgono al 1081, ma quella che è giunta fino a noi sembra sia stata costruita nel 1246 in sostituzione della precedente, proprio sotto la Basilica di San Domenico. È la fonte che ha visto nascere e crescere Santa Caterina da Siena che per questo è ricordata come la Santa di Fontebranda.

    Citata da Dante nel XXX canto dell'Inferno, Fontebranda è senza dubbio la più famosa e la più imponente tra le fonti senesi ed è anche la più ricca d'acqua: oltre a dissetare la città, faceva funzionare i mulini e dava lavoro a conciatori e tintori di panni dell'Arte della lana.







    A siena ci sono stata solo una volta.........ma mio padre aveva un amico ..conosciuto in guerra....di siena.....e come tutti i toscani decantava la sua città in modo sublime.........mi colpi quando parlò di questa fonte...

    alcuni miei scatti a San giminiano








    altri........








    A san Gimignano...
    ...Piazza della Cisterna!!!







    un video di san galgano....



    image

    SBANDIERATORE..DELLA CONTRADA..DEL LEOCORNO..image

    IL DUOMO..DI SIENA....image

    PALIO DI SIENA...image







    montalcino










    Contrada Priora della CIVETTA


    STEMMA - Una civetta incoronata sul ramo.
    Nel 1546 la Contrada della Civetta inalberò un'insegna a liste
    rosse, bertine, (grigio) e bianche.
    1694- Bandiera color rosa pallido (incarnato).
    1714-1717- Bandiera grigia e lilla con Civetta nel mezzo.
    Sempre nel XVIII secolo questa Contrada cambiò ancora
    la bandiera, prima in rosso vinato con arabeschi neri e bianchi e
    successivamente (1791) in rosso e nero in parti uguali con arabeschi bianchi.
    Attualmente l'insegna della Contrada della Civetta risulta secondo
    la concessione del Re Umberto I (1889).
    COLORI - Il rosso e il nero listati di bianco.
    SEDE - Castellare degli Ugurgeri.
    SOCIETA' - Cecco Angiolieri Vicolo al Vento 8 tel+39-0577-285505.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - Sant' Antonio da Padova, 13 giugno.
    MOTTO - "Vedo nella notte".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Calzolai.
    COMPAGNIE MILITARI - San Vigilio, San Pietro in Banchi, San Cristoforo.
    CONTRADE ALLEATE - Aquila, Giraffa, Istrice e Pantera.
    CONTRADA AVVERSARIA - Leocorno.
    ULTIMA VITTORIA - 16/08/2009 Andrea Mari detto Brio su Istriceddu.
    VITTORIE UFFICIALI - 33.
    MUSEO - Piazzetta del Castellare / La visita è consentita ogni domenica
    dalle 10.30 alle 12.30.






    Contrada Priora dell'ISTRICE


    STEMMA - Un istrice su base erbosa.
    Nel 1564 la Contrada inalberò un'insegna
    a liste bianche e nere con croce di S. Andrea rossa.
    1704 - Bandiera a liste celesti e nere.
    1714 - Bandiera a liste grigio-perlato e nero.
    1717 - Bandiera a quarti grigio-perlati e neri con Istrice.
    1786 - Bandiera bianca con arabeschi rossi, celesti e neri con Istrice.
    COLORI - Bianco, rosso, azzurro e nero
    (unica Contrada con quattro colori).
    SEDE - Via Camollia, 89.
    SOCIETA' - Circolo Il Leone Via Camollia 207/209 tel. 0577-47347.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE -
    San Bartolomeo apostolo, 24 agosto.
    MOTTO - "Sol per difesa io pungo".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Fabbri.
    COMPAGNIE MILITARI - Santo Stefano, San Vincenti,
    La Magione, San Bartolomeo.
    CONTRADE ALLEATE - Bruco, Chiocciola, Civetta e Giraffa.
    CONTRADA AVVERSARIA - Lupa.
    ULTIMA VITTORIA -
    2 Luglio 2008 (Luigi Bruschelli detto Trecciolino su Già del Menhir)
    VITTORIE UFFICIALI - 41.
    MUSEO - Via Camollia, 87 Visita consentita il sabato pomeriggio e la
    domenica mattina, previo avviso al 48495 dalle 17 alle 19.





    Contrada del LEOCORNO


    STEMMA - Un unicorno rampante con il motto "Humberti regio gratia".
    Nel 1546 la Contrada di Leocorno inalberò un'insegna tutta rossa usando per simbolo un Leocorno bianco.
    1694 - Bandiera color dorè (oro) con Unicorno.
    1714 - Bandiera color dorè e ceciato (avana) con Unicorno.
    1717 - Bandiera color dorè ed Unicorno.
    1773 - Bandiera bianca con arabeschi color dorè e piccoli arabeschi bleu con Unicorno.
    1786 - Bandiera color dorè e bianco con Unicorno.
    1791 - Bandiera di color giallo in campo azzurro con Unicorno.
    Dal sec. XIX bandiera bianca e orange listata di bleu con Unicorno
    I COLORI - Bianco e arancio listati di turchino.
    SEDE - Piazzetta Virgilio Grassi.
    SOCIETA' - Il Cavallino Piazzetta Grassi 6 tel. 49298.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - San Giovanni Battista, 24 giugno.
    MOTTO - "Fiede e risana al par l' arma c' ho in fronte".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Orafi.
    COMPAGNIE MILITARI - San Giorgio, Pantaneto, Spadaforte.
    CONTRADE ALLEATE - Pantera e Tartuca.
    CONTRADA AVVERSARIA - Civetta.
    ULTIMA VITTORIA: 16 Agosto 2007 (Jonathan Bartoletti detto Scompiglio su Brento).
    VITTORIE UFFICIALI - 30.
    MUSEO - Via di Follonica, 15 / Per informazioni relative alle visite,
    rivolgersi al 289021.




    Nobile Contrada dell'OCA


    STEMMA - Un' oca incoronata, che reca al collo un nastro azzurro con la croce di Savoia.
    COLORI - Il bianco e il verde listati di rosso.
    SEDE - Vicolo Tiratoio, 11.
    SOCIETA' - Trieste Strada S. Caterina 55 tel. 280003.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - Santa Caterina da Siena, 29 aprile.


    MOTTO - "Clangit ad arma".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Tintori.
    COMPAGNIE MILITARI - Sant' Antonio, San Pellegrino.
    CONTRADE ALLEATE - Nessuna.
    CONTRADA AVVERSARIA - Torre.
    ULTIMA VITTORIA - 2/7/'07 (Giovanni Atzeni detto "Tittìa" su Fedora Saura)
    VITTORIE UFFICIALI - 63.
    MUSEO - Visita consentita previo appuntamento ai numeri 0577-285413 / 282534



    Contrada Capitana dell' ONDA


    STEMMA - Un delfino natante.
    COLORI - Bianco e celeste.
    SEDE - Via S.Giuseppe n° 111
    SOCIETA' - G. Duprè.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE -
    Madonna (Visitazione di Maria Vergine), 2 luglio.
    MOTTO - "Il colore del cielo, la forza del mare".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Falegnami.
    COMPAGNIE MILITARI - Casato di Sotto, San Salvatore.
    CONTRADE ALLEATE - Tartuca, Valdimontone e Nobile Contrada del Nicchio.
    CONTRADA AVVERSARIA - Torre.
    ULTIMA VITTORIA - 2/7/'95 (Salvatore Ladu detto Cianchino su Oriolu de Zamaglia).
    VITTORIE UFFICIALI - 37 e mezzo.
    MUSEO - Via Giovanni Dupré 111. Rivolgersi allo 0577/48384




    Contrada della TARTUCA


    STEMMA - Una tartaruga greca con nodi di Savoia alternati a margherite.
    COLORI - Il giallo ed il turchino.
    SEDE - Via Pendola, 28.
    SOCIETA' - Castelsenio Via T. Pendola 17 tel. 285448.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - Sant' Antonio da Padova, 13 giugno.
    MOTTO - "Forza e costanza albergo".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Maestri di pietra.
    COMPAGNIE MILITARI - Porta all' Arco, Sant' Agata.
    CONTRADE ALLEATE - Leocorno, Onda, Nicchio e Selva.
    CONTRADA AVVERSARIA - Chiocciola.
    ULTIMA VITTORIA - 16 agosto 2004 Gigi Bruschelli detto "Trecciolino" su Alesandra.
    VITTORIE UFFICIALI - 45 e mezzo.
    MUSEO - Via T. Pendola 21. Chiuso per restauri




    Contrada della TORRE


    STEMMA - Un elefante sormontato da una torre.
    COLORI - Rosso cremisi con striature bianche e azzurre.
    SEDE - Via Salicotto, 103.
    SOCIETA' - Elefante Via Salicotto 92 tel 222555.
    SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE - San Giacomo Maggiore Apostolo
    e Sant' Anna, 25 luglio.
    MOTTO - "Oltre la forza, la potenza".
    ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO - Battilana.
    COMPAGNIE MILITARI - Salicotto di Sopra, Salicotto di Sotto,
    Rialto, San Giusto.
    CONTRADE ALLEATE - Bruco.
    CONTRADE AVVERSARIE - Oca e Onda.
    ULTIMA VITTORIA - 16 Agosto 2005 (Trecciolino su Berio).
    VITTORIE UFFICIALI - 44.
    MUSEO - Via Salicotto / Telefonare al 222555 per eventuali informazioni




    Sovicille

    è un comune di 8.346 abitanti della provincia di Siena, nella Montagnola senese. Il toponimo è attestato per la prima volta nel 1123 come Sufficille e deriva probabilmente dal latino sub ("sotto") e ficinulae (diminutivo di ficus). Già nel XIII secolo Sovicille si costituì comune con propri statuti.









    Sovicille, il ponte della Pia







    Il Lago di Montepulciano


    Il lago di Montepulciano è un residuo della vasta palude che ha occupato gran parte della Val di Chiana fino all'epoca medicea e rappresenta oggi, insieme a parte del Canale Maestro della Chiana e ad alcuni terreni agricoli adiacenti, una delle più importanti zone umide dell'Italia centrale, individuata attualmente come Riserva Naturale del Lago di Montepulciano. La Riserva, situata pochi chilometri ad est di Montepulciano capoluogo, nella parte meridionale del territorio comunale, a ridosso del confine con l'Umbria, si estende per circa 300 ettari ed è stata formalmente istituita dalla Regione Toscana nel 1995. Già dal 1989 il Comune di Montepulciano e la Provincia di Siena avevano istituito l'Oasi LIPU di Montepulciano, affidandone la gestione alla LIPU. La Riserva è, infatti, un importante punto di sosta per l'avifauna che si sposta stagionalmente dai paesi africani all'Europa, oltre ad essere utilizzata da numerose specie di uccelli per lo svernamento e per la nidificazione. Per apprezzare in pieno l'Oasi si può prenotare presso il Centro visite un'escursione guidata in barchino. L'Oasi è dotata inoltre di un centro visite, tre capanni e due piattaforme di osservazione, nonché di un parcheggio in grado di ospitare oltre 100 auto e camper.






    Montepulciano

    è un comune di 14.472 abitanti della provincia di Siena, posto a 605 metri sul livello del mare, a cavallo tra la Val di Chiana e la Val d'Orcia. Di antica e lunga storia, Montepulciano ha origini dal popolo degli Etruschi a partire dal IV secolo a.C. Ha notorietà anche per la ricchezza di ottimi vigneti da dove si ricava il vino Nobile di Montepulciano DOCG.








    Duomo


    La Cattedrale venne edificata tra il 1594 ed il 1680 e solennemente consacrata il 19 giugno 1712, da S. Ecc.za Mons. Francesco Maria Arrighi. Per erigerla fu abbattuta la vecchia pieve di Santa Maria, i cui diritti plebani, acquisiti intorno all'anno Mille, derivavano da un'antica chiesa posta fuori delle mura castellane, dove è oggi il Tempio di San Biagio. Il progetto venne affidato all'architetto orvietano Ippolito Scalza. L'unica struttura superstite dell'antica pieve è la massiccia torre campanaria in conci di travertino e laterizi, costruita nel terzo quarto del Quattrocento da Iacomo e Checco di Meo da Settignano. La parte apicale, denotata dalle slanciate bifore campanarie, non venne mai ultimata. Nella stessa sorte è incorsa la facciata, mentre i fianchi, terminati da un rivestimento a mattoni e conci di travertino, sono movimentati da paraste tuscaniche tra cui si inseriscono archi a tutto sesto. All'interno l'ordito architettonico, di chiara ascendenza fiorentina, risulta austero ed elegante per la nitidezza delle superfici ad intonaco che si alternano ai paramenti murari in conci di pietra. La pianta è a croce latina divisa in tre navate da possenti pilastri sorreggenti archi a tutto sesto. Nella navata centrale, nei transetti e nella scarsella absidale, rilevate trabeazioni sostengono una volta a botte; all'incrocio dei due corpi ortogonali i pennacchi angolari sostengono il tamburo (architettura) su cui si imposta la cupola. Le navate laterali sono coperte da volte a crociera; sulle pareti, in corrispondenza di ogni campata, si aprono cappelle voltate a botte. A un pilastro di destra è addossato il pulpito sorretto da colonnine ioniche. I vasti spazi del tempio sono ornati da un ingente numero di opere d'arte. Alcune provengono dall'antica pieve e da altre chiese poliziane. Tra queste si ricordano il monumentale trittico dell'Assunta, dipinto da Taddeo di Bartolo nel 1401, che troneggia sull'altare maggiore; il piccolo dipinto quattrocentesco su tavola denominato Madonna del Pilastro, realizzato da Sano di Pietro; il trecentesco fonte battesimale attribuito a Tino di Camaino ed il retrostante altare dei Gigli in terracotta invetriata policroma, creato verso il 1512 da Andrea Della Robbia, che incornicia un piccolo bassorilievo marmoreo dell'ultimo quarto del Quattrocento; le statue lignee policromate dell'Angelo annunziante e della Vergine annunziata, opera di Francesco di Valdambrino; la cinquecentesca tavola con il Redentore di Bartolomeo Neroni detto il Riccio; la tela effigiante San Sebastiano, opera del Seicento fiorentino; nella cappella del Sacramento, la tela dipinta nel 1830 da Luigi Ademollo. Il quattrocentesco monumento funebre in marmo di Carrara di Bartolomeo Aragazzi fu realizzato da Michelozzo; oggi il monumento è diviso in sette frammenti murati in luoghi diversi: due statue ed il fregio con putti e ghirlande sono ubicate sull'altare maggiore; la sua demolizione avvenne nel secondo decennio del Seicento, quando venne effettuata la trasformazione degli altari e delle cappelle; nei primi del 1800 vennero sottratti due angeli che oggi si conservano al Victoria and Albert Museum di Londra; l'attuale sistemazione risale al 1815. Il grande organo ubicato sulla cantoria semicircolare dell'abside venne inaugurato nel 1839. Nei locali della sacrestia e nella sala capitolare si conserva un importante nucleo di arredi sacri e di dipinti, riferibili a varie epoche.



    Palazzo Nobili-Tarugi


    Situato sulla Piazza Grande di fronte al Duomo di Montepulciano, è stato attribuito ad Antonio da Sangallo il Vecchio (anche se qualcuno in epoca più recente preferisce riferirlo a Jacopo Barozzi da Vignola) che lo avrebbe edificato nei primi decenni del '500. È stato residenza prima della famiglia Nobili e successivamente della famiglia Tarugi. Completamente rivestito in travertino, presenta al piano terreno un imponente portico, con archi a tutto sesto, un tempo aperto al pubblico. Al piano nobile, che presenta finestre dal timpano curvo, il rivestimento è ritmato da semicolonne di ordine ionico poggianti su alti piedistalli. Queste sorreggono la balaustra del secondo piano anch'essa in travertino ove però la partitura è ottenuta con semipilastrini di ordine dorico. Sull'angolo in corrispondenza del loggiato inferiore si apriva, anche al secondo piano, un loggiato ora tamponato. Il palazzo non è aperto al pubblico.











    Storia del vino a Montepulciano

    Montepulciano e il vino di qualità: un connubio che ha profonde radici storiche e che appare ormai inscindibile.
    In questa piccola area del sud - est della Toscana, già caratterizzata dalla straordinaria ricchezza di un patrimonio artistico e paesaggistico in cui si incontrano e si fondono un bellissimo territorio ed una conformazione architettonica del centro abitato rimasta inalterata dal 1580, nascono vini di eccezionale pregio che fanno apparire questa terra quasi come "privilegiata". In realtà il vino, come altri prodotti del lavoro e dell’ingegno dell’uomo, non viene alla luce "per caso" a Montepulciano.

    Anzi è ormai unanime la convinzione opposta e cioè che solo grazie ad un territorio con queste caratteristiche e ad una cultura, ad una civiltà profondamente sviluppata ed attenta alla tutela ed alla valorizzazione del proprio bagaglio di capacità ed esperienze, poteva nascere una bevanda di pregio come il "Nobile".



    La storia di Montepulciano è da sempre intimamente legata alla fama delle sue vigne e del suo vino.
    Un' antica leggenda vuole Montepulciano fondata per volontà del re etrusco Lars Porsenna. Si dice, infatti, che egli si trasferì da Chiusi sull'antico colle di Mons Mercurius seguito dagli abitanti di Chiusi che più tardi cambiarono il nome del colle in Mont Politicus.
    Fin dalle sue origini remotissime Montepulciano fonde con il vino la sua storia come testimonia una kylix (tazza da vino) a figure rosse di produzione chiusina rinvenuta nel 1868, insieme a numerosi oggetti in bronzo in una tomba etrusca nei pressi del paese toscano. La tazza, infatti, recava la rappresentazione di Flufluns, il Bacco etrusco dio del vino, che gioca insieme ad una menade al cottabo, un gioco in cui il vino era protagonista.

    Livio nelle sue "Storie" (V,33), riferisce che i Galli calarono in Italia attratti proprio dal vino di quelle colline che un etrusco di Chiusi, tal Arunte o Arrunte, aveva fatto loro assaggiare per convincerli a varcare le Alpi e vendicarsi così del suo Locumone, per una banale questione di gelosia.

    Comunque, il documento più antico riferibile al vino di Montepulciano è del 789: il chierico Arnipert offre alla chiesa di San Silvestro o di San Salvatore a Lanciniano sull'Amiata, un pezzo di terra coltivata a vigna posta nel castello di Policiano. In seguito il Ripetti nel suo "Dizionario storico e geografico della Toscana" cita un documento che risale al 1350 nel quale si stabiliscono le clausole per il commercio e l'esportazione del vino di Montepulciano.

    E' comunque documentato fin dall'Alto Medioevo che i vigneti di Mons Pulitianus producevano vini eccellenti e alla metà del 1500 Sante Lancerio, cantiniere di papa Paolo III Farnese, celebrava il Montepulciano “perfettissimo tanto il verno quanto la state odorifero, polputo, non agrestino, né carico di colore, sicchè è vino da Signori” per le tavole dei nobili, appunto, anche se le etichette più remote indicavano semplicemente Rosso Scelto di Montepulciano.

    All'inizio del 1900 il Vino Nobile di Montepulciano sembra qualcosa appartenente al passato, finchè alla prima mostra mercato dei vini tipici svoltasi a Siena nel 1933, organizzata dall'Ente Mostra-Mercato Nazionale dei vini tipici e pregiati, la Cantina Fanetti, una delle aziende ancora attive a Montepulciano, presenta un vino rosso pregiato che ottiene larghi consensi. L'esempio fu seguito da altre aziende e nel 1937 viene fondata una cantina sociale con l'intento di creare una struttura per la commercializzazione del vino prodotto anche dai piccoli coltivatori. La maggior parte del vino prodotto era Chianti; modeste le quantità del Nobile. Oggi, invece, la cantina sociale produce la maggior parte del Nobile imbottigliato.
    Negli anni sessanta si assiste al risveglio della vitivinicultura indirizzata soprattutto verso la produzione di Vino Nobile piuttosto che del Chianti. I contributi dello Stato e della CEE, con i quali le aziende hanno riconvertito gli impianti vitati secondo le esigenze dettate dalla DOC (1966), hanno permesso a nuove aziende di entrare sul mercato.

    Il riconoscimento come DOCG arriva nel 1980 e il Vino Nobile comincia una nuova vita.
    In aggiunta l'istituzione della Doc Rosso di Montepulciano si affianca a quella del Vino Nobile di Montepulciano, distinguendosi da essa unicamente per quanto riguarda resa per ettaro, gradazione alcolica ed invecchiamento, mentre l'area di produzione è la stessa; è data facoltà ai singoli produttori di indirizzarsi ad una delle due DOC, in considerazione dell'esposizione dei terreni, del decorso climatico della stagione e di tutti gli altri elementi che possono rendere più adatto l'impiego delle uve per la produzione dell'uno o dell'altro vino.
    Il passato glorioso e l’importanza del legame tra il territorio di Montepulciano, la sua storia e il Vino Nobile sono tuttora gli elementi essenziali per garantire, nel presente come nel futuro, qualità e autenticità a tutto ciò che viene da questa “terra nobile”.



    fonte
    www.consorziovinonobile.it
     
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    Il nome

    Deriva dal latino bonus conventus e ha il significato di comunità felice, fortunata: una buona adunanza di persone che gode della fertilità della terra e dei vantaggi derivanti dalla vicinanza dei fiumi Arbia e Ombrone, nonché dall'ottima posizione presso il guado del fiume sull'importante Via Francigena o Romea.

    Qui i viandanti interrompevano il viaggio per alloggiare e rifocillarsi.

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    Sorto sulla confluenza dei fiumi Arbia ed Ombrone, il comune di Buonconvento, in provincia di Siena, è posizionato ad un'altitudine di 147 metri s.l.m. ed ha una popolazione di circa 3.000 abitanti. Il centro, grazie alla sua vantaggiosa posizione geografica, è attivo sin dall'antichità.

    Sebbene sia facile intuire che l'insediamento possa risalire ad epoche molto remote, le prime informazioni documentarie su Buonconvento risalgono alla fine del XII secolo. Nelle cronache viene come un borgo dall'importante ricchezza commerciale, grazie alla vicinanza ai fiumi (l'Ombrone è anche navigabile con chiatte ed imbarcazioni leggere) ed al passaggio nelle vicinanze della via Francigena, percorsa dai pellegrini in viaggio per Roma dal nord Europa. È del 1191 il primo documento che si riferisce al paese, quando il re di Francia Filippo Augusto, di ritorno dalla terza crociata, percorrendo proprio quella strada, annota una sua sosta nella mansione di "Bon-couvent".
    Sotto il dominio di Siena, Buonconvento si trasforma in un importante punto strategico e viene elevato al rango di Podesteria, nel 1270. Successivamente, nel 1289, subisce l'incursione dei dissidenti ghibellini senesi e l'occupazione delle truppe imperiali guidate da Enrico (o Arrigo) VII di Lussemburgo. Proprio a Buonconvento, il 24 agosto 1313, avviene la morte dell'imperatore, episodio che fa tramontare definitivamente le speranze di riscossa ghibelline.
    Dopo essere stato per breve tempo conquistato dalle truppe perugine, il borgo viene fortificato dai Senesi fra il 1371 e il 1385. La splendida cinta muraria in cotto cinge ancora il perimetro del centro storico. Nel 1480 Buonconvento entra a far parte della cittadinanza senese. Con la caduta di Siena, nel 1559, il centro viene integrato, insieme al resto del senese, nei domini del Granducato di Toscana, prima sotto la giurisdizione dei Medici e poi dei Lorena.
    La maggiore attività economica del comune, oggi, è legata all'agricoltura, in particolar modo alle coltivazioni di cereali, vite, olivo, lino e canapa, oltre a quella delle piante di gelso, per la produzione del baco da seta, che ha fatto la fortuna della città in epoca moderna. La Val d'Arbia è interessata anche dalla presenza di numerosi allevamenti e del rinomato tartufo bianco. La produzione industriale, sviluppata di recente, si occupa della lavorazione del tabacco e delle ceramiche per rivestimento.
    All'interno della città di Buonconvento è da poco stato inaugurato il nuovo Museo della Val d'Arbia, che ospita opere di Sano di Pietro e Matteo di Giovanni. Il territorio è ricco di costruzioni architettoniche. Si possono visitare il Museo di Arte Sacra, Palazzo Ricci, la chiesa di San Pietro e Paolo e l'Oratorio di San Sebastiano.



    decori floreali e dolci sguardi di Madonne



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    La robusta cinta muraria trecentesca, che conserva nella forma architettonica il carattere senese, un tempo racchiudeva tutto il borgo come una farfalla nel bozzolo.

    Su di essa non esistevano aperture, all'infuori di due porte di accesso munite di robusti infissi in legno con ferrature: Porta Senese sul lato nord verso Siena, e sul lato sud Porta Romana, distrutta nel 1944 dai tedeschi in ritirata.

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    Rimasto intatto per secoli, al riparo del fossato e dei merli guelfi del cammino di ronda, il borgo ha subito grandi trasformazioni nell'800, con la costruzione di fabbricati a ridosso delle mura, tra cui il Teatro dei Risorti.


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    Il borgo all'interno è attraversato da nord a sud da via Soccini, in ricordo dell'antica famiglia che contava tra i suoi membri un paio di eretici, contestatori nel XVI secolo di alcune dottrine della Chiesa.

    La via in cui nacque, si può dire, il "socianesimo", è anche la più nobile di Buonconvento, quella su cui si affacciano i palazzi del potere e dei maggiori possidenti.


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    Innanzitutto, il Palazzo Podestarile con la torre civica a pianta rettangolare del secolo XIV e i due archi gotici che si aprono sulla facciata, su cui si contano 25 stemmi in pietra degli antichi podestà.

    S'incontrano poi il Palazzo Comunale con la bella fronte in mattoni e l'imponente Palazzo Taja, costruito tutto in mattoni nella seconda metà del '700 da una nobile famiglia. Sul lato sud la facciata è mossa da un grande balcone con ringhiera in ferro lavorato, sormontato da una meridiana solare.


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    Di fronte c'è Palazzo Borghesi, risalente al XIV secolo, appartenuto a un'antica famiglia senese i cui stemmi sono sulla splendida facciata.

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    Vicino si nota il Palazzo del Glorione, in passato proprietà dello Spedale di Santa Maria della Scala che vi aveva ricavato un ospedale e un ospizio, dato che di qui passava la Via Francigena. Ora al piano terreno ha sede il Museo della Confraternita della Misericordia, con l'interessante Oratorio di S. Sebastiano, databile XVI secolo (da notare il cancelletto di ferro battuto, piccolo gioiello di artigianato).

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    Di fronte si trova la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, anch'essa con bella facciata in mattoni. Le sue attuali forme classicheggianti sono il frutto del restauro settecentesco. Una piccola pietra marmorea inserita nella muratura sul lato sinistro della facciata, raffigurante una croce, porta incisa la data del 1103, che potrebbe corrispondere all'anno di fondazione.

    Nel 1313 in questa chiesa morì l'imperatore Arrigo VII. Le importanti opere che vi erano collocate, dei migliori artisti senesi tra i quali Duccio di Boninsegna, sono custodite nel Museo d'Arte Sacra della Val d'Arbia, che s'incontra proseguendo il cammino, ospitato nell'ottocentesco Palazzo Ricci-Socini. La famiglia Ricci nel 1907 decise di ristrutturare l'immobile secondo le teorie moderniste dello stile floreale, affidando il progetto all'architetto Gino Chierici, che intervenne con gusto, realizzando in pieno centro storico una facciata elegante insieme classica e liberty, con decorazioni interne di pregio.

    Nel borgo antico vi sono altre due vie importanti, una dalla parte di levante chiamata via del Sole e l'altra sul lato di ponente detta via Oscura, entrambe comunicanti con via Soccini e come questa pavimentate con lastre di pietra.

    In via del Sole i fabbricati hanno una tipologia più modesta, in quanto fino agli anni '30 vi abitavano famiglie di vetturali, barrocciai, addetti ai trasporti delle merci. Il tratto iniziale di via Oscura è caratterizzato da un insieme di sovrappassi con archi a tunnel intermittenti che creano atmosfere di chiaroscuro. Questo scorcio è chiamato "chiasso buio" ed è la zona più caratteristica, con una parte della strada a selciato medievale.

    Ma Buonconvento significa anche liberty, un fenomeno tipicamente urbano che curiosamente ha attecchito anche qui, ponendo il paese all'attenzione del mondo dell'arte e del buon gusto. Il liberty a Buonconvento si risolve - con risultati tutt'altro che provinciali - in uno stile pacato, raffinato, giocato sui materiali, sui cromatismi, sugli effetti decorativi, negli esterni come nella decorazione di interni spiccatamente floreale, ben rappresentata negli affreschi, nelle vetrate e nelle lavorazioni con il ferro battuto. Ne sono esempi il già citato Palazzo Ricci-Socini, Palazzo Farnetani in via Soccini 51, Palazzo Ricci in via Roma 3, l'Asilo Infantile Grisaldi del Taja in via Dante, la Palazzina Sensi, d'ispirazione coppedé, e la Palazzina Castellani Bettarini, nella stessa via.


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    Sulla Cassia, infine, in direzione di Roma, sorge su una collinetta villa Rondinella, opera dell'architetto Gino Chierici (1910) ricca di decorazioni e preziosa nei materiali usati.


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  6. gheagabry
     
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    Nonostante faccia parte del patrimonio dell’UNESCO, la città di Siena in Toscana mantiene un’aria di impenetrabile mistero. Contrariamente alla vicina e tradizionale rivale Firenze, questa città prende forma dalle campagne circostanti, dalle curve delle tre colline sulle quali è situata alle strane sommità vulcaniche e sorgenti sotterranee che caratterizzano il suo territorio. Il mistero più profondo che circonda Siena, allora, è proprio il mistero del nostro rapporto umano con la natura. Non c’è campagna più armoniosa e più naturale delle colline arrotondate che si estendono da Piazza del Campo, la piazza cittadina a forma di conchiglia, eppure proprio la dolcezza di queste colline rivela il fatto che questo è uno dei territori più sfruttati del mondo.

    La consuetudine duratura ha portato i ritmi umani e naturali ad un equilibrio così completo che talvolta gli alberi sembrano battere le mani in esultanza, proprio come gli alberi dei Salmi. Eppure fra queste foreste di alberi esultanti ci sono segmenti di terreno in cui emergono brulli blocchi di gesso desolati quanto la caverna di un eremita. Un gruppo di monaci locali ha costruito uno dei più bei monasteri al centro di una pianura di gesso e l’ha chiamato Monte Oliveto Maggiore. L’uva, che fortunatamente riesce a maturare nel terreno argilloso della regione, produce vini rossi di qualità rara, tra cui il Chianti, il Brunello di Montalcino e il Vino nobile di Montepulciano (tutti creati con metodi acquisiti dagli Etruschi). Lo stesso terreno contiene depositi sotterranei di allume, gas naturale e alabastro, così come pozzi artesiani da cui scaturiscono acque calde e fredde, eredità di antichi vulcani.



    Guardando verso sud dal palazzo municipale di Siena, il Palazzo Pubblico, ancora adesso non si può immaginare cosa o chi potrebbe improvvisamente emergere alla vista: attraverso questa stessa vallata (anch’essa sito protetto dall’UNESCO), sono passati il condottiero etrusco Lars Porsenna, in movimento dalla sua fortezza a Chiusi, nel 510 a.C., e il traditore Lucio Sergio Catilina, in fuga per salvarsi la vita dopo il suo tentativo fallito di assassinare Cicerone nel 63 a.C. Nel XIII sec. c’era stato il bandito Ghino di Tacco, arroccato nella sua cima vulcanica a Radicofani, nascosto per sorprendere ai viaggiatori. Nel 1503 ci fu Cesare Borgia, venendo su da Roma, e minacciando i senesi della distruzione totale se non avessero consegnato il Moderatore di Siena Pandolfo Petrucci (che fu esiliato, per un breve periodo, e sopravvisse di gran lunga a Cesare Borgia). Galileo passò i primi 6 mesi della sua condanna al carcere a vita per eresia lontano da Siena al confino a San Quirico D’Orcia nel 1633, tuttavia le condizioni della sua detenzione vennero a ragione considerate troppo lussuose, e la sentenza fu trasformata in arresti domiciliari vicino Firenze nel 1634.
    Nel XIX secolo, sulla stessa strada e sulle stesse colline del monte Amiata, Davide Lazzaretti di Arcidosso, che si era autoproclamato messia, invocò fine dei peccatori finchè i Carabinieri riuscirono a ottenere la sua fine.



    In queste stesse zone, i primi Etruschi potrebbero essere giunti dall’Asia Minore, camminando al passo lento delle loro mandrie di bestiame. Più tardi, gruppi di schiavi romani marciarono nelle loro rumorose gambe in catene e i veterani romani nelle loro corazze di bronzo, seguiti secoli dopo dai Lombardi in splendore barbarico, poi dai pellegrini cristiani verso Roma e, millenni più tardi dai convoglio di Nazisti in movimento verso nord nelle loro jeep, inseguiti dagli Alleati.
    Prima dell’epoca del costruttore di auto Enzo Ferrari e del campione automobilistico Tazio Nuvolari, la parola velocità era associata ai rapidi cavalli del più famoso banchiere del XVI secolo, il senese Agostino Chigi, i cui compagni di viaggio includevano Cesare Borgia, Machiavelli, e due papi: il papa terribile [N.d.T., in italiano nel testo] Giulio II, e il “timido coniglio” Leone X, tutti viaggiatori lungo questa stessa strada mozzafiato per Siena.
    Durante il Medioevo e il Rinascimento, gli uomini senesi erano ovunque ritenuti matti, così come le donne senesi erano note per essere le piú belle in Italia. Gli uomini erano di certo eccentrici. Anche una figura misurata come il papa senese Pio II curava la sua artrite con una poltiglia di donnola bollita, inframmezzata con pezzi di carne di struzzo. E quando il pittore rinascimentale Giovanni Bazzi, proveniente dal pratico Piemonte, raggiunse Siena, iniziò a vestirsi con sete colorate, a tenere uno zoo, e ad assumere l’atteggiamento che gli procurò il soprannome di Sodoma. Il suo talento gli valse la cittadinanza onoraria di Siena, un buon matrimonio e la condizione di proprietario terriero.



    Un altro senese del XVI secolo andò ad Alessandria in Egitto, per cercare fortuna, e con il tempo si convertì all’Islam. I trent’anni passati sulle rive del mediterraneo gli fecero patire la mancanza di casa; purtroppo, i due uomini che lo riaccompagnarono a Siena, decisero di ucciderlo e derubarlo dei suoi guadagni prima che potesse raccontare la storia della sua vita al cronachista ufficiale della città, un prete con i capelli rossi, studioso di storia e, in qualche caso di pettegolezzi, il cui vero nome era Sigismondo Ticci, ma che è tutt’ora noto come Sigismondo Tizio, (tizio è la traduzione italiana di “guy”) . Sigismondo sperava di scrivere in tutto tre storie: una storia dei concili della Chiesa, una “Historia Barbarica”, and una storia di Siena dalla sua fondazione da parte degli Etruschi, fino ai suoi giorni. Egli morì nel 1528 all’età di 70 anni, mentre stava ancora scrivendo. Di questi tre progetti, sopravvive solo la storia di Siena con le sue cinquemila pagine, conservata nella Libreria Vaticana grazie all’impegno di un papa senese, Alessandro VII Chigi.

    La bellezza delle donne senesi è stata celebrata nella letteratura e nell’arte, per non parlare delle cronache di Sigismondo, il quale prese gli ordini sacri solo dopo una relazione sentimentale disastrosa. Dipinti e sculture rievocano un tipo fisico ben contraddistinto: donne con lunghi occhi a mandorla e una carnagione luminosa, molte di esse con capelli tinti di un biondo improbabile (nell’epoca precedente all’acqua ossigenata, le donne tingevano i loro capelli distribuendoli sulle falde larghe di cappeli di paglia specificamente concepiti senza corona, spruzzandone i ciuffi con succo di limone, e poi sedendosi al sole cosicchè potessero esporre le chiome ai suoi raggi, ma non la loro pelle chiara). Quegli stessi occhi a mandorla e i medesimi capelli tinti, erano presenti già nei templi e nelle tombe degli Etruschi. Così come gli abiti ricercati, le danze raffinate, e le fulgenti scarpe alla moda. Le sinuose linee delle donne senesi e le loro danze evocano le graziose curve del paesaggio, e le strade dolcemente arcuate di una città costruita per assecondare i crinali delle colline.



    Eppure questo paesaggio, apparentemente millenario, cambia continuamente. Ciò che vediamo oggi della campagna è stato drasticamente deforestato, e stranamente anche di recente. Sigismondo Tizio descrive la vendita dell’area boschiva della città nel 1508, e annota minuziosamente il successivo svuotamento, l’erosione e l’assenza di raccolto. Durante gli ultimi trent’anni, le modifiche delle macchine agricole hanno cambiato la forma delle balle di paglia che punteggiano i campi: negli anni ‘70 queste erano come dei piccoli pacchi a forma di scatola, legati con del filo; adesso sono degli enormi cilindri legati con corde di plastica o avvolti in rivestimenti di plastica. I cambiamenti delle macchine agricole hanno anche modificato la forma dei solchi e le vite dei contadini; l’abolizione della mezzadrìa e gli sforzi verso l’alfabetizzazione di massa hanno fatto il resto.

    Le persone che lavorano nelle campagne senesi non sono mai state così ricche, grazie al fatto che non devono più dare la metà di quello che producono al barone feudale del posto, e sono anche in grado di produrre molto di più con i loro trattori rispetto a quanto facessero in passato con la forca e la zappa. Non si tratta più di contadini, ma agricoltori sofisticati che adoperano gli stessi metodi utilizzati dalla loro controparte tedesca, americana e canadese; il termine che li descrive, agricoltori, riflette il cambiamento fondamentale nella tipologia del loro lavoro.
    Gli agricoltori della Siena rurale, non ammazzano più un maiale per Natale, ma si nutrono di prosciutto, salsiccia, e il piatto di fegato chiamato “fegatelli” tutto l’anno. Inoltre le famiglie contadine non si separano più per mesi a causa dell’antico rituale della transumanza, quando uomini e ragazzi passavano la maggior parte dell’anno al seguito di gradi greggi di pecore lungo la penisola italiana, lasciando le loro mogli, le figlie e i figli più giovani a casa. Già trent’ anni fa la transumanza era solo per i sardi (alcuni dei quali arrotondavano i loro guadagni con dei rapimenti a scopo di estorsione); al giorno d’oggi i pastori per lo più vengono dai paesi balcanici, come l’Albania e la Macedonia.




    Siena oggi è anche famosa per uno spettacolo rinascimentale di solide radici etrusche, la gara chiamata Palio che si tiene due volte l’anno, il cui nome deriva dal premio finale: un vessillo in onore della Vergine Maria, il santo patrono più importante di Siena. Non c’è dubbio tuttavia, quando il Palio fa la sua comparsa, in un carro guidato da buoi bianchi e dalle lunghe corna, che il rituale probabilmente deve risalire al più tardi all’età del ferro, quando Uni, la Giunone etrusca dagli occhi di bue e le braccia bianche, era la regina del cielo. Dopo due ore di sfilata di ufficiali e sbandieratori, 10 cavalli fanno per 3 volte il giro di Piazza del Campo, ricoperta di terra trasportata qui da ciascuno dei diciassette distretti della città, chiamati contrade. La piazza a forma di conchiglia è gremita da circa 70.000 senesi e turisti; la gara, che dura tre minuti, è davvero eccitante, con i suoi fantini che cavalcano senza sella, ognuno armato di una frusta fatta con pene di toro essiccato. Un cavallo che arriva al traguardo senza il fantino può comunque vincere.

    Tuttavia l’atteggiamento verso il Palio sta cambiando. Troppi cavalli si sono rotti le caviglie nel correre intorno alla stretta pista, specialmente i purosangue. Le proteste sono diventate ancora più insistenti quando, due anni fa, uno splendido purosangue chiamato Amoroso ha sbattuto la testa su un sostegno di travertino lungo la pista ed è morto sul colpo (in passato, i cavalli feriti venivano discretamente spostati nelle strade laterali ed eliminati). Negli ultimi anni, la corsa è stata volutamente rallentata e i cavalli selezionati da razze più resistenti, ma tutto sommato anche se il Palio cambia la sua coreografia apparentemente senza età, non lo fa per la prima volta. Nel XVI e XVII secolo, le corse di cavalli avevano luogo al di fuori della città, sul terreno piatto noto come “La Lizza”, o al di fuori della porta nord di Siena, la Porta Camollìa; queste erano probabilmente piste da corsa anche ai tempi degli Etruschi.
    Un’altra eredità del Rinascimento è il Monte dei Paschi, anticamente un monte dei pegni gestito dalla città di Siena, e adesso la banca in funzione senza interruzione più antica del mondo. Fondato nel 1472 il Monte dei Paschi, fornisce la testimonianza che Siena è stata una città bancaria come minimo fin dal Medioevo; simboleggia l’intelligenza di un popolo la cui città non ha nessuna risorsa naturale, e, diversamente dalla maggior parte delle città italiane, neanche facile accesso all’acqua. Invece Siena costituisce un tributo all’ingegno umano, uno dei pochissimi posti al mondo in cui uno spazio progettato da un comitato, la Piazza del Campo, si è rivelato un successo trionfale dell’architettura.



    Oggi Siena gode di una ripresa di benessere, grazie in gran parte al Monte dei Paschi e a due università di prima categoria: l’Università di Siena, fondata nel Medioevo, e la molto più recente Università per Stranieri. Il Monte dei Paschi, per esempio, ha in parte sponsorizzato una mostra spettacolare di arte senese recentemente allestita alla National Gallery a Londra, ma è anche dietro molte delle pubblicazioni che sono appparse negli ultimi anni sui vari aspetti della vita cittadina. Gli estesi archivi cittadini, conservati meticolosamente in un palazzo cinquecentesco, risalgono al Medioevo, e inoltre contengono le pagine eclettiche delle cronache di Sigismondo Tizio per aggiungere dettagli. Nonostante i senesi siano famosi per la loro chiusa società, essi sono estremamente ospitali. Un’iscrizione nella porta nord della città dichiara “COR MAGIS TIBI SENA PANDIT”, cioè “Siena apre completamente il suo cuore a te”, e ciò è vero. Siena davvero apre il suo cuore. Ed è impossibile non rispondere allo stesso modo.

    A causa dell’antica rivalità con Firenze, il suo posto nella storia della cultura italiana, e specialmente nell’arte, spesso è stato limitato con sferzante malizia dai forestieri più ostili. Il biografo di artisti del XVI secolo, Giorgio Vasari, proveniva da un’altra città toscana rivale, Arezzo, e idolatrava il fiorentino Michelangelo. Sia Machiavelli che Francesco Guicciardini, storici del XVI secolo, erano fiorentini. Il pettegolo Sigismondo Tizio, l’unico autorevole testimone a difesa di Siena, non aderì mai agli standard altezzosi dell’obbiettività storica; la sua cronaca fu trascritta una volta nel XVII secolo da un senese, ed una volta nel XVIII secolo da un fiorentino, ma sta per venire pubblicata soltanto ora.
    Di conseguenza tuttavia, la ricerca più recente su Siena sembra sorprendentemente florida e moderna. La città è andata avanti con il suo ritmo, seguendo i propri canoni di bellezza, una bellezza profondamente radicata nella tradizione, e solo comprendendo che i senesi amano la continuità è possibile apprezzare veramente la grazia singolare dell’arte senese. Grazie alla completezza dell’Archivio di Stato senese, i lavori di arte e architettura commissionati nella Siena medioevale e moderna possono essere ricollegati a individui specifici e alle loro famiglie. Piuttosto che oggetti isolati, essi diventano i fili di un più grande e colorato tessuto di vita.



    Gli archivi rivelano anche, come Fabrizio Nevola mostra nel suo ottimo studio della pianificazione urbana di Siena nel Rinascimento (*), che molto di ciò che sembra medioevale a Siena al giorno d’oggi, in realtà è il frutto di un restauro del diciannovesimo secolo – Rinascita Gotica, invece che Gotico per sé. Nevola appartiene ad un gruppo di giovani studiosi, tra cui Mauro Mussolin, Philippa Jackson e Roberto Bartalini, che hanno fatto luce sul presente di Siena studiandone il passato. Come vetrina per questi studi, la mostra alla National Gallery “Il Rinascimento a Siena: arte per una città”, è stata un grande successo. I lavori esibiti erano notevoli, non solo per la loro qualità, ma anche per i loro legami con la gente normale. Una cosa è guardare allo stupefacente ritratto di gesso del giovane nobile Antonio Spannocchi fatto da Sodoma, e un’altra è conoscere le pressioni che Spannocchi stava subendo quando posava di fronte allo stravagante artista; grazie all’autoritratto di Sodoma a Monte Oliveto Maggiore possiamo immaginare il contrasto fra il sobrio e ricco garbo da mercante di Spannocchi, e il gilé e la calzamaglia dai colori arlecchineschi di Sodoma.

    Il padre di Antonio Spannocchi, Ambrogio, era stato banchiere per Papa Pio II, utilizzando questa importante connessione per portare la sua impresa in una posizione superiore fra le case bancarie di Siena. Antonio era nato tardi nella vita di Ambrogio Spannocchi, forse nel 1475; il capofamiglia morì subito dopo. Con suo fratello Giulio, quindi, Antonio fu catapultato alla guida di affari per i quali egli era troppo giovane per essere adeguatamente preparato. In ogni caso, il ritratto di Sodoma mostra un uomo con l’aspetto da ragazzo, molto avvenente, con grandi occhi chiari, ma senza segni particolari di iniziativa o intelligenza.



    Nel corso dei loro affari a Roma e a Siena, i fratelli Spannocchi si erano diretti gradatamente verso una stretta collaborazione con un altro banchiere senese, Agostino Chigi, egli stesso dotato di grandi occhi brillanti – tuttavia gli occhi di Chigi avevano quel tipo di espressione che gela il sangue nelle vene dei suoi avversari (J.P. Morgan lo ammirava moltissimo). Agostino Chigi, infatti, diventò presto per il grande Ambrogio Spannocchi, ciò che il suo amico Raffaello sarebbe stato per Pintoricchio e il Perugino: un genio soprannaturale. All’epoca del ritratto di Sodoma, Agostino Chigi e Antonio Spannocchi avevano in comune un barbiere e forse molto più; ciò che non avrebbero mai condiviso era la pura chiarezza di visione di Chigi o la sua brama di ricchezza e potere e ciò che essi potevano fornire. Nel giro di due anni dalla realizzazione del ritratto, Antonio Spannocchi morì, l’impresa degli Spannocchi fallì, e Agostino Chigi divenne l’uomo più ricco in Italia.

    In occasione del loro concomitante matrimonio nel 1494, Antonio e Giulio Pannocchi commissionarono ad un maestro senese una serie di quadri oblunghi chiamati spallieri. Questi illustravano il racconto boccaccesco de “la paziente Griselda”, una contadina che viene fatta sposare ad un nobiluomo. A causa delle differenze del loro ambiente, il marito sottopone sua moglie ad una serie di prove sadiche (spogliarla in pubblico, fingere di divorziare, nascondere i loro figli e dirle che erano morti, confinarla in campagna) alle quali Griselda sottostà con obbedienza incondizionata. Alla fine il marito ritorna dalla sua isolata e impoverita moglie con i loro figli ormai cresciuti, per riunire la famiglia in qualche forma di unione benedetta possibile dopo una storia così crudele di casta e genere. Da pannello a pannello, possiamo vedere lo sconosciuto Maestro di Griselda, diventare sempre più confidente, sviluppando uno stile che interpreta l’attrazione del Rinascimento verso l’antichità classica, con un tratto gotico aggraziato e con proporzioni straordinariamente allungate. La malvagità del marito di Griselda è attenuata dalla genuina eleganza di ciò che gli sta intorno, e dalle piroette dei cani domestici esotici e delle scimmie che saltellano fra i colonnati.



    Venti anni più tardi, il vecchio socio dei fratelli Spannocchi, Agostino Chigi, avrebbe commissionato a Raffaello un soffitto che illustrava la storia di Cupido e Psiche, una scelta che non avrebbe potuto essere più diversa dai pannelli degli Spannocchi sia per il tema che per l’interpretazione. Innanzitutto, il mito di Cupido e Psiche era una storia antica, presa dall’Asino d’oro di Apuleio, invece che dal cavalleresco Decamerone. Lo stile di Raffaello per questa commissione, aveva una caratteristica scultorea ispirata dagli antichi, lontana anni luce dalla leggera grazia gotica del Maestro di Griselda; inoltre i personaggi di Raffaello, come di consuetudine per gli antichi, erano considerevolmente nudi.

    C’è anche una grossa differenza di contenuti. Psiche non ha nulla della pazienza vile di Griselda quando gli avvenimenti le sono avversi, nonostante il fatto che il suo aguzzino, non certo un mortale marito, era il dio dell’amore in persona. Psiche primeggia non per la sua pazienza, ma per la sua operosità senza posa, lavorando, con determinazione implacabile, per ottenere l’immortalità. Al laborioso Chigi probabilmente piaceva l’intraprendenza sia per gli uomini che per le donne. La sua seconda moglie, come la Paziente Griselda, veniva da una famiglia umile, ma il grande banchiere non la mise alla prova né la umiliò pubblicamente; al contrario egli la fece ritrarre dal maestro veneziano Sebastiano Luciani.




    Grazie a Sigismondo Tizio, possiamo ricostruire il dramma umano che sta dietro lo stupefacente complesso di commissioni artistiche che celebravano il matrimonio nel 1509 di Borghese Petrucci e Vittoria Piccolomini, entrambi provenienti da prominenti famiglie senesi, e che ha fornito il materiale per una sezione della mostra di Londra che ha riunito tutte le arti, dalle ceramiche (comprese le piastrelle del pavimento e il pentolame) all’architettura su grande scala. Due dei migliori pittori in Italia, Luca Signorelli e Pintoricchio, fecero l’affresco del ricevimento nuziale, con inni alla castità e all’armonia familiare: l’affresco del Pintoricchio di Penelope al suo telaio è uno dei tesori della collezione permamente della National Gallery. È raro trovare scene prese da Omero ritratte nell’arte italiana del Sedicesimo secolo, e la scelta testimonia le ambizioni culturali della famiglia Petrucci. L’affresco è anche notevole per l’importanza del gatto che gioca con una pallina del filato di Penelope, e dato l’affetto della famiglia Petrucci per i suoi animali (il cane rosso del padre dello sposo, Pandolfo Petrucci, il governatore di Siena, appare in un altro affresco del Pintoricchio, in una cattedrale di Siena), l’immagine probabilmente è anche un ritratto.

    Ciò che Sigismondo Tizio scrive del dietro le quinte di questo matrimonio è meno edificante:

    Nel frattempo, il 9 settembre, al calare della sera, fu sigillata l’alleanza a lungo cercata tra Pandolfo e i Piccolomini, con il matrimonio; c’erano state discussioni sconvenienti sull’ammontare della dote. Pandolfo voleva far sposare suo figlio Borghese alla figlia del defunto Andrea Piccolomini, Vittoria… Quando la dote fu ricevuta… Borghese e suo padre andarono a conoscere la ragazza quella sera stessa. Nonostante l’avessero chiamata, la madre della ragazza, Agnese Farnese, non si fece vedere, fingendo di essere malata. Ma quando ella si rese conto di quale drago si era insinuato nella sua casa e nella sua ricchezza, prevedendo che il peggio dovesse ancora arrivare, le venne una vera febbre a causa della milza infiammata, e iniziò ad ammalarsi seriamente. La Luna era nel segno del Leone in congiuntura con Marte, e così il 19 Settembre, Pandolfo, sotto consiglio dell’astrologo, cercò il fratello della ragazza Pierfrancesco e dispose che ella sposasse in segreto suo figlio all’ora decisa.

    Il 23 settembre, quando la ragazza Vittoria fu accompagnata per ascoltare la messa nella Cattedrale e le fu ordinato di dirigersi alla casa di Pandolfo senza alcuna cerimonia nuziale, sembrava che fosse stata rapita piuttosto che portata a suo marito… Nel frattempo, Agnese Farnese, moglie del defunto Andrea Piccolomini, stremata per il dolore e la tristezza, come abbiamo giá riportato, morì la mattina dell’8 ottobre. Fu sepolta il giorno dopo.



    Borghese e Vittoria presero un appartamento di 7 stanze a palazzo Petrucci, Palazzo del Magnifico, insieme con un’altra dozzina di figli di Petrucci. Questa vicinanza aveva i suoi svantaggi. Nel 1510, come Tizio riportò con evidente gioia, Borghese Petrucci trovò suo fratello Alfonso in una situazione compromettente con la loro sorella e percosse il giovane a sangue. La famiglia Petrucci, comprensibilmente, insistè che i due fratelli si erano picchiati a causa di un pezzo di armatura, un pettorale appena forgiato dal fabbro di talento Vannoccio Biringucci. Nel 1511, Alfonso era stato inquadrato con un cappello da cardinale che costò a Pandolfo Petrucci circa 16000 ducati in doni a Papa Giulio II, grazie naturalmente all’intervento del sempre presente Agostino Chigi. Nel 1512 Pandolfo morì a causa di un ictus. Borghese prese il posto di potere del padre, ma fu deposto nel 1516 con un colpo di stato e e scappò a Napoli, dove, secondo Sigismondo Tizio, iniziò a esibirsi. Alfonso non ebbe miglior sorte; fu accusato di aver tentato di avvelenare il fiorentino Papa Leo X nel 1517, fu imprigionato a Roma, e strangolato da un Moro con una corda scarlatta, così da evitare di obbligare un Cristiano di giustiziare un cardinale.

    La mostra di Londra terminava con una stanza dedicata al peculiare pittore Domenico Beccafumi, i cui colori pastello e le facce di porcellana ricordano un po’ il manierismo fiorentino ma anche un po’ forse l’antica pittura romana. Le figure ombreggiate nei disegni di Beccafumi esposti a Londra potrebbero benissimo essere state prese da un muro pompeiano, e il pittore sicuramente aveva visto degli esempi di arte della Roma antica nei suoi viaggi nella città eterna. Anche Sodoma mostra un’affinità straordinaria con la pittura antica, nel fogliame leggero dei suoi splendidi paesaggi e nelle brevi linee con cui disegna alcuni dei suoi personaggi affrescati. Come un altro senese originale, Fransceco di Giorgio Martini, Sodoma lavorava con bravura molto variabile, anche nello stesso quadro, ma al loro meglio questi artisti sono dei visionari di prima classe. Grazie al nuovo lavoro sugli artisti senesi e a mostre come quella londinese, adesso è molto più facile apprezzare i tratti distintivi di quella scena senese, la cui grazia capace di mescolare antiche tradizioni e nuove idee è davvero un’eredità di valori per il mondo intero.



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    grazie ....grandeee!!
     
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  11. gheagabry
     
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    ACCADE a SIENA... cent'anni fa



    Fonte: Facebook

    Nel 1910 Mario Bianchi Bandinelli ricopre contemporaneamente la carica di Sindaco di Siena e di Priore nella Contrada di Valdimontone. Questa è una delle curiosità che si annotano scorrendo le cronache di un tempo che fu...

    PALIO
    Si corrono tre palii: ai due ordinari di luglio (corso il 3 perché giorno festivo) e di agosto, se ne aggiunge un terzo, disputato a settembre per onorare una delegazione di giornalisti francesi riuniti a Siena in convegno (che per altro non avranno l'opportunità di vederlo in quanto rinviato per due giorni a causa della pioggia). Mossiere è Pasquale Meucci. Vincono nell'ordine le Contrade di: Valdimontone (con la cavalla di Lorenzo Franci e Angelo Meloni detto Picino), Tartuca (con Stella e Scansino) e Torre (con la Gobba e il Moro).
    In quest'anno si registra il debutto in Piazza di tre fantini: a Luglio, Edoardo Cortoni detto Cartone (nel Drago che correrà il secondo ed ultimo Palio ad agosto nell'Aquila); a settembre, Guido Rossi (nell'Onda) e Aldo Mantovani Bubbolo (nel Drago. Correrà 30 volte vincendo 4 carriere).
    Fatto storico nel secolo accade in occasione del Palio Straordinario di settembre: Dopo due giorni di rinvio per la pioggia, la mattina del 13 settembre, quando i giornalisti francesi sono già partiti da Siena, il rintocco del campanone alle 11.30 annuncia la corsa del Palio. Dopo mezzogiorno il tempo si fa di nuovo minaccioso e viene quindi effettuato rapidamente lo sgombero della Piazza, tanto che molta gente resta fuori dello sbocco a San Martino. Verso il tocco i fantini entrano in pista e, dopo una mossa non valida, ormai sotto la pioggia, viene data una seconda mossa, questa valida.
    Un altra curiosità da citare riguarda ancora il Palio corso a settembre quando in occasione della terza prova, la Contrada del Drago si presenta alla mossa con il proprio barbaresco (Lorenzo Fabbri detto Pappio) come fantino... si dovranno attendere 72 anni per annotare un analoga situazione quando Alessandro Mori, barbaresco della Contrada della Selva, corse le prime due prove con il giubbetto della propria Contrada nel Palio del 2 luglio 1982.

    AFFOGASANTI
    Nel 1910, dopo tanti palii persi sfortunatamente, le donne della contrada organizzano una sottoscrizione per prosciugare il pozzo e recuperare l'effige di Sant'Antonio Abate. L'immagine fu recuperata e restaurata, e l'anno successivo la Chiocciola ebbe la fortuna di pescare il miglior cavallo e finalmente vinse il palio. L'immagine del santo era stata gettata con rabbia nel pozzo al termine del palio del 2 luglio 1896, dal popolano Francesco Dominici, furioso per la mancata vittoria della propria contrada. Negli anni successivi la Chiocciola continuò a perdere, spesso perdendo nel finale, e molti diedero così la colpa di queste sconfitte al S.Antonio annegato.

    LA RONDINELLA
    In quest'anno fu costruita dall'architetto Gino Chierici, per Luigi Saverio Ricci, la rinomata Villa Rondinella (si trova poco fuori Buonconvento), in stile liberty circondata da un grande giardino. Il proprietario fece costruire la villa per una misteriosa donna... Le testimonianze che parlano di avvenimenti strani sono molte, e incominciano a circolare alla fine della seconda guerra mondiale: rumori strani, passi, porte che sbattono, il cancello che si chiude da solo, un fantasma di colore verde, le figure dipinte all'esterno che si animano, banchetti che si consumano ancora dopo tanti anni (era usata da sfollati durante la seconda guerra mondiale per scappare dai bombardamenti, e questi banchetti sono attribuiti a loro) e anche un racconto che ricalca una leggenda metropolitana! Un camionista raccontò di aver dato un passaggio ad un'autostoppista e di essere stato invitato a bere un caffè, il giorno dopo scoprendo che la casa era disabitata da anni e che nessuna giovane ci abitava, ci tornò ed oltre a tanta polvere e ragnatele trovò la tazzina che aveva usato la sera prima! Alcuni pensano che il fantasma sia quello della donna misteriosa...

    RIVALITA'
    La rivalità fra Chiocciola e Tartuca è sicuramente fra le più antiche e radicate, anche se non sono mancati momenti in cui le due Contrade ebbero rapporti di collaborazione ed amicizia: ad un periodo di gravi tensioni, ne seguì uno di alleanza dalla fine del seicento per circa cento anni. Ma già nei primi decenni dell’ottocento, specie dopo gli incidenti scoppiati ad un Palio del 1814, la situazione tornò a farsi difficile. Le incomprensioni furono ricomposte a fatica, ma negli anni successivi la rivalità riesplose in maniera definitiva, dopo la vittoria tartuchina del 1910.

    IL CENCIO
    L'amministrazione comunale istituisce un concorso per gli alunni dell'istituto provinciale delle belle arti allargato agli ex alunni dell'ultimo triennio per il bozzetto del Palio. Al momento del collaudo tutti ricevono una somma pari a lire 150.
    Con questo concorso inizia un’epoca di più spiccata personalizzazione e il “cencio” diventa un tema di esercitazione importante che, a partire dal 1970, anno in cui si decide di affidare la cura di quello di agosto a prestigiosi artisti contemporanei nazionali e internazionali, vedrà protagonisti, tra gli altri, autori come Guttuso, Sassu, Purificato, Botero.

    PUBBLICAZIONI
    - Ezio Felici (giornalista, poeta, drammaturgo e bibliotecario italiano nato a Siena nel 1882, in Vallerozzi nella contrada della Lupa) pubblica un volume di sonetti in vernacolo senese: "La battaglia di Monteaperti", copertina di Ferruccio Pasqui, Società editrice Palagi, Genova.
    - Federigo Tozzi scrive "Ricordi di un Impiegato" una sorta di romanzo-diario di evidente contenuto autobiografico. Il romanzo fu stampato per la prima volta nel 1927, sette anni dopo la morte dell'autore.
    - Momo Giovannelli pubblica "Sena Vetus... i sonetti in vernacolo senese".
    - Angelo Redaelli pubblica "Per l'antica curva del Campo".

    SILVIO GIGLI
    Il 10 agosto 1910 nasce a Siena Silvio Gigli, indimenticato giornalista, conduttore radiofonico, regista, scrittore e paroliere italiano.
    Silvio Gigli – scomparso a Roma il 7 febbraio 1988 - è stato autore e presentatore di molte trasmissioni radiofoniche, cronista storico del Palio di Siena (contradaiolo della Tartuca), è stato uno dei primi presentatori di quiz. Noto per il caratteristico timbro di voce, diviene uno degli speaker più conosciuti della radio, dal dopoguerra agli anni '60. Inizia giovanissimo la carriera giornalistica: nel 1927 è già cronista per il quotidiano fiorentino La Nazione, passando in seguito al livornese Il Telegrafo. Lavora in seguito all'allora EIAR, come presentatore.
    I suoi programmi sono in genere oggetto di vasti ascolti, a partire da "Radio Igea" (1939) dedicato ai malati ricoverati negli ospedali. Nello stesso anno parte "L'ora del dilettante", con il quale scopre fra gli altri Salvatore Accardo e Corrado. Per Alberto Sordi, parallelamente, crea la memorabile macchietta di "Mario Pio".
    Nel 1944 lancia "Botta e risposta", un radio-quiz che, stanti i tempi di guerra, viene diffuso dall'EIAR (in realtà inizia su "Radio Firenze Libera") nelle zone a controllo alleato ed ha il compito di fornire una forma di distrazione alla popolazione. I premi in palio sono in genere piccoli prodotti di fresca importazione americana.
    Nel 1951 conduce "Sorella Radio", uno dei programmi più longevi della radiofonia italiana. Cura inoltre una nutrita serie di interviste (ad esempio a Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello, Grazia Deledda).
    Gigli, grazie ad un seguito programma di presentazione di "voci nuove", è scopritore di talenti della canzone italiana come Gianni Morandi, Iva Zanicchi, Orietta Berti, Loretta Goggi. Si occupa spesso di musica, ad esempio con il breve "Piccola storia della canzone italiana" ed apre la strada a molti altri talenti, fra i quali Domenico Modugno e Delia Scala. Conduce in radio il già noto Paolo Panelli, che non avrebbe più abbandonato questo mezzo.
    Per le sue opere, anche letterarie, è nominato Accademico della Crusca.
    Attore cinematografico, fra il 1949 ed il 1952, in alcune particine de "La tratta delle bianche" (Comencini), "Fiorenzo il terzo uomo" (Canzio), "Botta e risposta" (Soldati).
    Di carattere "senesemente" vivace, nel 1945 al "Palio della Pace" guida una sorta di rivolta dei contradaioli della Tartuca (di cui era "mangino"), che si ritirano per protesta perché per due volte il mossiere annulla la partenza del loro cavallo; Gigli, alla testa di un gruppo di contestatori, schiaffeggia il mossiere.
    A Gigli si deve anche la creazione delle fontanine che, in ogni contrada di Siena, sono adibite alla cerimonia del "battesimo contradaiolo", col quale i giovani vengono ammessi fra, appunto, i contradaioli. Sua l'idea di un concorso del 1965 per premiare il più bell'inno delle 17 contrade, cosa che costringe quelle che ancora non ne avevano uno a realizzarlo in fretta e furia.
    Come cronista, conia il motto "E Siena trionfa immortale", col quale concludeva immancabilmente le sue trasmissioni da Piazza del Campo.

    I TRE PALII


    3 LUGLIO 1910
    Vince la Contrada di Valdimontone. Corrono di diritto: Bruco, Tartuca, Selva, Pantera, Onda, Oca, Nicchio. A cui si aggiungono le Contrade estratte a sorte mercoledì 8 giugno: Valdimontone (estratta dal Nicchio), Drago (Selva) e Aquila (Drago). Le altre sette: Istrice, Giraffa, Leocorno, Lupa, Torre, Civetta, Chiocciola.
    Segnatura dei fantini: Bruco (Domenico Fradiacono detto Scansino), Tartuca (Giulio Cerpi detto Testina), Selva (Alduino Emidi detto Zaraballe), Pantera (Ugo Benedeti detto Il Rosso), Onda (Guido Sampieri detto Fulmine), Oca (Sallustio Beligni detto Sciò), Nicchio (Domenico Leoni detto Moro), Montone (Angelo Meloni detto Picino), Drago (Edoardo Cortoni detto Cartone), Aquila (Alfonso Menichetti detto Nappa).
    Così alla Mossa: Onda, Oca, Valdimontone, Drago, Aquila, Pantera, Tartuca, Selva, Nicchio, Bruco di rincorsa.
    Cronaca del Palio: Assente la cavalla Stella (il barbero di maggior prestigio) i migliori sono Calabresella e Gobba toccati in sorte a Onda e Selva. Il Valdimontone si assicura subito Angelo Meloni detto Picino e gira Il Rosso alla Pantera, Zaraballe sostituisce Pioviscola nella Selva, il Bruco preferisce Scansino al Moro che si accorda con il Nicchio. La mossa è perfetta, solo l'Oca resta ferma fra i canapi con Sciò nettamente sorpreso da uno scarto del suo barbero. L'Onda, sfrutta la prima posizione e parte al comando. A San Martino passa in testa il Valdimontone, seguito da Onda e Nicchio. Al Casato il Nicchio supera l'Onda ed inizia il duello fra Moro e Picino, terza la tartuca. Per i restanti due giri Picino respinge col nerbo gli attacchi del Nicchio, poi al terzo Casato il cavallo trova il guizzo decisivo vincendo il Palio davanti a Tartuca e Nicchio.
    Sindaco: Mario Bianchi Bandinelli; Mossiere: Pasquale Meucci; Pittore del Palio: Aldo Piantini; Cavallo: sauro con stella in fronte di Lorenzo Franci di Volterra; Capitano: Giuseppe Pucci; Priore: Mario Bianchi Bandinelli. Note: Palio corso il 3 perchè festivo. Sesta vittoria per Meloni Angelo detto "Picino", la seconda ottenuta con il Montone. Fantino Esordiente: Edoardo Cortoni detto “Cartone”.

    16 AGOSTO 1910
    Vince la Contrada della Tartuca. Corrono di diritto: Valdimontone, Giraffa, Chiocciola, Tartuca, Onda, Oca, Istrice. A cui si aggiungono le Contrade estratte a sorte mercoledì 13 luglio: Aquila (estratta dalla Lupa), Nicchio (Valdimontone) e Lupa (Oca). Le altre sette: Torre, Drago, Selva, Bruco, Leocorno, Pantera, Civetta.
    Segnatura dei fantini: Valdimontone (Domenico Leoni detto Moro), Giraffa (Guido Sampieri detto Fulmine), Chiocciola (Sallustio Beligni detto Sciò), Tartuca (Domenico Fradiacono detto Scansino), Onda (Alfonso Menichetti detto Nappa), Oca (Angelo Meloni detto Picino), Istrice (Benvenuto Fineschi detto Benvenuto), Aquila (Edoardo Cortoni detto Cartone), Nicchio (Alduino Emidi detto Zaraballe), Lupa (Ugo Benedeti detto Rosso).
    Così alla Mossa: Giraffa Valdimontone, Aquila, Tartuca, Nicchio, Oca, Lupa, Chiocciola, Istrice, Onda di rincorsa.
    Cronaca del Palio: Farfalla, Gobba, Stella e Calabresella sono i migliori barberi vanno in sorte a: Nicchio, Oca, Tartuca ed Onda. La Tartuca ha difficoltà per trovare la monta adatta per Stella, nelle prime tre prove monta tre fantini diversi, poi alla quarta arriva Scansino dal Nicchio in cui approda Zaraballe. Il Moro sostituisce Pioviscola nel Valdimontone.
    La mossa è splendida, tutte le Contrade fiancano bene e partono in un gruppo molto compatto.
    A San Martino la Tartuca riesce a prendere la testa, segue l'Oca, nelle retrovie l'Istrice e Nicchio bloccano l'Onda a nerbate. Il Palio è senza storia, la Tartuca resta sempre al comando, Gobba non recupera nemmeno un metro su Stella. il Confronto diretto fra Scansino e Picino si risolve a favore del fantino tartuchino che coglie la sua settima ed ultima vittoria.
    Sindaco: Mario Bianchi Bandinelli; Mossiere: Pasquale Meucci; Pittore del Palio: Aldo Piantini; Cavallo: Stella di Giovacchino Pianigiani; Capitano: Tito Ciacci; Priore: Alfredo Venturini.

    13 SETTEMBRE 1910
    Vince la Contrada della Torre. Le dieci Contrade vengono estratte, giovedì 8 settembre, nel seguente ordine: Drago, Pantera, Onda, Tartuca, Torre, Chiocciola, Lupa, Selva, Giraffa, Aquila.
    Segnatura dei fantini: Drago (Aldo Mantovani detto Bubbolo), Pantera (Sallustio Beligni detto Sciò), Onda (Guido Rossi), Tartuca (Domenico Fradiacono detto Scansino), Torre (Domenico Leoni detto Moro), Chiocciola (Alfonso Menichetti detto Nappa), Lupa (Ugo Benedeti detto Il Rosso), Selva (Angelo Meloni detto Picino), Giraffa (Guido Sampieri detto Fulmine), Aquila (Agostino Papi detto Pioviscola).
    Così alla Mossa: Chiocciola, Selva, Tartuca, Onda, Torre, Pantera, Aquila, Giraffa, Drago, Lupa di rincorsa.
    Cronaca del Palio: La Tratta favorisce la Torre con Gobba, una cavallina baia di Pianigiani Giovacchino,
    nettamente superiore agli altri nove barberi. Il maltempo condiziona il regolare svolgimento della Festa sin dalle prove, la quarta, la Prova Generale e la Provaccia saltano per la pioggia. Nelle tre prove disputate cambiano molte monte, Nappa Sciò e Rossi Guido arrivano al Palio senza aver mai provato nella rispettiva contrada.
    La terza prova nel Drago la corre Fabbri Lorenzo detto "Pappio", storico barbaresco della Contrada di Camporegio, in sostituzione di Bubbolo, girato alla Pantera solo momentaneamente. L'undici Settembre, una pioggia incessante, impedisce la disputa della Carriera. Il Palio è rinviato, i giornalisti francesi, cui era dedicato, lasciano Siena. Anche il dodici settembre la pioggia continua a cadere ed il Palio subisce un'ulteriore rinvio. Si decide di correre il tredici Settembre, all'inedito orario delle dieci di mattina. Il tempo è ancora incerto, quando i cavalli sono fra i canapi molti spettatori hanno gli ombrelli aperti. La Lupa da la rincorsa, parte prima la Selva con Picino, mandato dall'Oca per impedire la vittoria torraiola. La Selva gira prima a San Martino, seguono Torre, Tartuca e Chiocciola, che si ostacolano a vicenda. Già al Casato emerge la superiorità del barbero della Torre, Moro porta Gobba in testa. Il Palio non ha più storia, per la Torre è una cavalcata trionfale, seconda la Selva, terza la Chiocciola, entrambe staccate di mezzo giro.
    Sindaco: Mario Bianchi Bandinelli; Mossiere: Pasquale Meucci; Pittore del Palio: Corrado Potenti e Vittorio
    Emanuele Giunti. Cavallo: Gobba di Giovacchino Pianigiani; Capitano: Pietro Pagnini Priore: Angelo Zondadari. Note: Palio straordinario in onore dei giornalisti francesi convenuti a Siena. Rinviato per due giorni causa pioggia. Domenico Leoni detto Moro era il padre di Ganascia. Fantino Esordiente: Guido Rossi, Aldo Mantovani detto “Bubbolo”.

     
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    TREQUANDA


    fortificatodipetroio



    Fuori dagli itinerari turistici più battuti, la Toscana poco nota di questo angolo della campagna senese possiede attrattive d'arte, cultura e paesaggio capaci di affascinare chi abbia voglia di esplorare e conoscere.
    Il borgo medioevale di Trequanda se ne stà appollaiato su un poggio a cavallo tra la Val d'Asso a ovest e l'ampia Val di Chiana a est, al centro della quale, parallela al corso del fiume, i Romani, conquistata l'Etruria, costruirono la Via Cassia.
    Al viaggiatore odierno che giunge dalla Val di Chiana, il profilo del borgo medioevale di Trequanda apparirà molto simile a quello che si presentava agli occhi di un cavaliere di quel tempo che salendo, si lasciava alle spalle una pianura in cui la Chiana " .. ogni dì più mancante d'impulso, scorre con lentore verso il centro della valle e si abbandona a paludose dilatazioni ... "
    Trequanda : il suono del suo nome sembra evocare remote località esotiche. La sua etimologia resta oscura. C'è chi la fa risalire al mitico eroe etrusco Tarkonte; chi forse con maggiore attendibilità , ad una modificazione di
    " terram quadram " - terra particolare - a sottolineare la sua posizione isolata. Un'ultima ipotesi allude alle tre porte nelle mura del borgo, da cui si ricostruirebbe il termine " tre-guarda " e per assonanza Trequanda.
    Anche l'antico stemma del Comune ha a che fare con il numero tre : tre calici d'argento su fondo rosso, ed il mistero resta insoluto.
    I primi abitanti di queste colline sono stati gli etruschi i quali, dall'ottavo al terzo secolo a.C. vivevano fra il Tirreno e le valli dell'Arno e del Tevere.
    Rimangono tracce degli antichi insediamenti sia nei nomi di origine etrusca dei luoghi (Cennano, Petroio; Sicille) sia nei ritrovamenti archeologici , databili nel periodo compreso tra il terzo ed il primo secolo a.C.
    Trequanda viene nominata per la prima volta nei documenti storici nel 1198 e per la sua posizione dominante sull'importante strada che da Chiusi portava fino a Siena passando per Asciano , fu oggetto di continue pretese e interferenze da parte della Repubblica di Siena.
    All'epoca della lotta tra Guelfi e Ghibellini il villaggio servì da base ai fuoriusciti ghibellini. Possedimento dei signori Cacciaconti della Scialenga, Trequanda venne annessa al Granducato di Toscana da Cosimo d' Medici.


    panorama-paese


    Il colore Terra di Siena trae nome dai caldi toni ocra della terra della campagna senese. Nel periodo pliocenico queste terre si abbassarono fino ad essere invase dal mare. In seguito si sollevarono ed il mare si ritirò lasciando sabbia ed argilla che oggi costituiscono la crosta superficiale della zona.
    Dai solchi tracciati dagli aratri affiorano ancora oggi fossili marini e la pietra locale è intarsiata di valve di molluschi calcificati.
    La zona delle crete senesi, distribuita fra i comuni di Trequanda, Asciano, San Giovanni d'Asso e Buonconvento, è un paesaggio unico ed affascinante di brulle ed ondulate colline d'argilla a perdita d'occhio, qualche rara quercia o un cipresso solitario, qualche casa colonica isolata sulla sommità o sul crinale di un'altura, tratti di bosco negli avvallamenti, qua e là i "fontoni" che raccolgono l'acqua piovana.
    Il panorama sempre suggestivo, cambia con l'avvicendarsi delle stagioni. In autunno le nude terre arate mostrano un'ampia gamma di sfumature dal bianco ghiaccio al bruno fondo. In inverno le zolle verzicano per le pianticelle di grano appena spuntato che in primavera ammanta la collina di un verde smagliante e nell'estate la imbiondisce di spighe mature.
    Nelle crete i terreni lasciati a pascolo per le greggi, in maggio si tingono del colore sanguigno della sulla e del rosa della lupinella.
    Tipiche conformazioni del terreno sono i calanchi, le balze e le biancane.
    Il territorio di Trequanda è ricco di boschi rigogliosi i cui alberi ed arbusti sono quelli tipici della flora mediterranea e della mezza montagna appenninica. In certi tratti dove il suolo è sabbioso, la vegetazione è molto simile a quella delle coste marine.
    I cipressi sono la specie arborea che più colpisce nel paesaggio. Distribuiti all'interno dei boschi o isolati a segnare un confine,oppure allineati in doppi filari lungo le strade poderali o raggruppati sulle alture.
    La sommità del monte di Piazza di Siena si erge sulla sinistra di Trequanda ed è coperta di boschi di carpini. Il bosco del monte Lecceto che domina Castelmuzio, è costituito soprattutto da lecci.
    Sulle colline si coltivano viti ed olivi, nei fondovalle irrigati il granturco, il girasole e talvolta il tabacco.
    Animali poderosi , solenni dal mantello candido e dalle corna corte, pascolano libere nei prati le vacche di razza chianina. Dominano da sempre il paesaggio agrario toscano ed un tempo, prima delle macchine agricole, questi esemplari erano usati per lavorare nei campi.
    Terra di mistici, di santi e di predicatori quella senese, ma anche di mercanti, viaggiatori, soldati di ventura e briganti.
    Queste antiche contrade furono nei secoli medioevali un crocevia di genti , di eserciti e di intensi traffici provenienti da ogni parte d'Europa.





    portapetro328



    Architetture religiose


    Chiese di Trequanda:





    trequanda trequanda-1

    Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Andrea





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    Chiesa della Madonna della Rosa
    Subito fuori dal paese, solitaria in un dolce pianoro, madonna rosa ext dxsi trova la cappella della Madonna della Rosa. La dedica ricorda il casuale ritrovamento dell'immagine miracolosa della Madonna della Rosa, da parte di una bambina nata a Castelmuzio nel 1648, Apollonia Generali, fattasi poi suora oblata di san Domenico con il nome di Rosa Maria Generali. Qui soleva recarsi ogni giorno in preghiera con una rosa fiorita. Qui maturò la sua conversione che la portò nel convento domenicano del Paradiso in Siena del quale esiste ancora la chiesa, oggi sede della contrada del Drago.
    La chiesa è in stile barocco rustico e al suo interno ospita l'immagine su tempera della Madonna col Bambino (sec. XVII) che tiene nella mano sinistra una rosa.



    Castelmuzio:



    200px-Castelmuzio,_Chiesa_Parrocchiale_di_Santa_Maria_Assunta,_facciata
    Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta



    Oratorio della confraternita della Santissima Trinità e di San Bernardino




    IMGP0374-a
    Pieve di Santo Stefano a Cennano




    Petroio:




    s.giorgio

    Chiesa di San Giorgio s. maria assuntala più antica del borgo. Essa sorge su uno strapiombo dal quale si gode un panorama splendido con Pienza e la Rocca di Radicofani. La chiesa ha una facciata romanica rifatta posteriormente nella parte superiore con il bel campanile a vela settecentesco. Nell'interno, composto da aula rettangolare con soffitto a volta, figurano sopra l'altare una tela settecentesca di scuola senese con la Pietà fra i Santi Bartolomeo e Maddalena e una immagine di Santo in tela di forma ovale, che la tradizione identifica in San Giuseppe. Sotto l'altare un'urna contenente le reliquie di un non meglio identificato San Emiliano; forse Vescovo di Nantes vissuto nel XVI secolo. In questa Chiesa era custodita la tavola mutila di Taddeo di Bartolo attualmente nella Parrocchiale. Da san Giorgio fu portato nel 1906 alla Pinacoteca di Siena un pregevole dipinto a tempera su tavola del Maestro di Badia a Isola, allievo di Duccio.




    parrocchialepetroio
    Chiesa dei Santi Pietro e Paolo
    La Chiesa è caratterizzata all'esterno da stili sovrapposti che conferiscono all'insieme un aspetto solenne, con un basso campanile quadrato. L'ultima sistemazione risale al secolo scorso, mentre all'interno è stata recentemente molto bene ristrutturata conservando la nota distintiva di ambiente tardo-barocco di maestoso aspetto. La nuda facciata termina in un ampio portale, privo di elementi decorativi, sormontato da oculo. Riunisce al suo interno le opere di maggior pregio artistico del paese, grazie alla previdente lungimiranza dell'attuale parroco Don Sergio Graziani, cosicchè oggi assume l'apetto di una interessante raccolta di arte sacra.
    Fra le opere d'arte contenute nella Chiesa va ricordata la tavola mutila di Taddeo di Bartolo (1362-1422), taddeouno dei più importanti esponenti della pittura senese della fine del trecento. La tavola, proveniente dalla chiesa di San Giorgio, era in origine molto più grande, a noi è giunta solo la lunetta ( la parte superiore) poichè la rimanente parte sembra sia stata adoperata per costruire un carretto! La Madonna, dolce e solenne al contempo, sorregge il Bambino che stringe nella mano un uccellino.interno chiesa petroio
    Citiamo inoltre la bella tela di Domenico Manetti (Siena 1609 - 1663) raffigurante l'Ascensione di Cristo tra santi.
    Nella parete dell'abside troviamo i pannelli degli affreschi staccati dalla cappella di sant'Andrea, attribuiti a Andrea di iccolò ( notizie 1440 - 1514): il grande crocefisso al centro è attorniato da santi; sulla destra la Madonna allatta il Bambino e a sinistra il martirio di san Sebastiano. In basso, al centro, l'"Ecce homo".
    Accenniamo ancora alla singolare tela dell'Ultima cena (scuola fiorentina sec. XVII) posta nella parte destra del presbiterio. La scena è senza sfondo, è ben visibile lo sconcerti nei volti degli apostoli, con giuda in primo piano che regge la borsa dei trenta denari, e infine la mensa ha forma circolare-ogivale.
    Infine uno sguardo alla tela di Ventura Salimbeni (Siena 1567-1613) raffigurante la Madonna del Carmine con santi.




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    Abbadia Sicille: chiesa di Santa Maria a Sicille
    Posto tra Petroio e Trequanda, l'antico borgo di "Badia a Sicille" ha origini antichissime.abbadia sicille ext Le prime notizie documentate della chiesa e del convento che qui si trovava risalgono al 1.000 d. C. e sul portale della chiesa si legge la data 1263.
    Il nome deriva dal toponimo etrusco "Segnes", che attraverso il latino "Secennius" diventò l'attuale Sicille.
    La presenza delle due croci di Malta ai lati del portale della chiesa fa supporre la fondazione del complesso da parte dei Cavalieri di Malta.
    La facciata della chiesa è romanica e il campanile a vela è del XVIII secolo. Sulla facciata troviamo anche il simbolo degli Olivetani, ordine al quale la Badia passò nel XIV sec., dopo la soppressione dei Cavalieri Templari.affresco sicille
    All'interno della chiesa sono conservati due affreschi quattrocenteschi di Scuola senese. Sull'altare di destra san Benedetto e san Sebastiano, sulla parete di fondo il trittico della Vergine col Bambino, san Pietro e san Paolo. L'urna cineraria etrusca rinvenuta in una nicchia di una parete della chiesa si trova al Museo della Confraternita di san Bernardino in Castelmuzio.
    Attiguo alla chiesa vi è il bellissimo castello - fattoria risalente al seicento che sostituì l'ospizio per i pellegrini fondato dai Templari.






    Architetture civili

    Trequanda:



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    Rocca


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    Municipio




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    Castelmuzio



    Castelmuzio:

    Monumento ai caduti



    Musei



    Museo d'arte sacra della confraternita di San Bernardino da Siena e della Santissima Trinità a Castelmuzio



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    Museo della Terracotta a Petroio






    Il Museo della Terracotta di Petroio
    fa parte del Sistema dei Musei Senesi e rientra nella sezione dei musei etnografici.
    Tali strutture nascono da una duplice esigenza: da un lato conservare e riproporre alcuni momenti fondamentali della cultura del territorio e dall'altra di coordinare la richiesta di sistemazione delle raccolte legate alla cultura materiale presente in alcune specifiche aree. Storicamente queste raccolte esprimono una grossa passione e sensibilità per la storia del territorio e come tali sono un patrimonio importante per la comunità.
    Il progetto del Sistema dei Musei Etnografici punta, in accordo con i Comuni, ad assicurare un apparato scientifico alle raccolte ed a predisporre un piano provinciale coordinato di museografia che eviti una serie ripetitiva di musei dalle tematiche assai simili e permetta inoltre che alcuni servizi (laboratorio didattico, depositi, archivi, etc.) siano centralizzati per poter avere il massimo di competenze ed una maggiore efficienza.
    Il Museo della Terracotta di Petroio è un esempio significativo. Le sue sale non raccolgono soltanto antichi reperti di prodotti in terracotta e la documentazione dei tradizionali metodi di lavorazione, ma si collegano al presente mostrando sia le caratteristiche del cambiamento tecnico, sia i nuovi prodotti. Infatti accanto al progetto generale di conservare e di trasmettere alle nuove generazioni elementi caratteristici materiali e simbolici della cultura tradizionale mezzadrile, viene costruito un ponte tra passato e presente, tra forme tradizionali e forme innovative. La conservatività di alcune forme, come ad esempio le conche un tempo usate soprattutto per il bucato ed ora solo per le piante di limoni, dialoga con l'innovazione del moderno disign.
    All'interno del Museo uno spazio apposito è stato ritagliato per le mostre temporanee con la funzione di allargare la trattazione sulla terracotta, sottolineando la plasticità della materia e mostrando le sue potenzialità nel campo dell'espressione artistica.



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    Il Palazzo Pretorio

    L'antico Palazzo Pretorio, di fronte alla parrocchiale, in Via Valgelata ospita il Museo delle Terrecotte, vanto e amore di questa terra. La facciata, integra, è abbellita da arcate tamponate; risalente alla metà del tredicesimo secolo, era probabilmente la sede del governo Pretorio della Petroio medioevale. museo
    Il Museo fa parte del sistema dei musei etnografici senesi. Le sue sale raccolgono antichi reperti di manufatti in terracotta e la documentazione dei metodi tradizionali di lavorazione. Nel percorso museale si possono notare i passaggi dal passato all'oggi, come nel caso delle destinazioni delle conche, un tempo usate per il bucato ed oggi splendidi vasi dimora dei limoni, o gli orci invetriati che contenevano il nostro prezioso olio, oggi frequentemente elementi di arredo dei giardini. La visita alla tradizione delle terrecotte non si esaurisce all'interno del Museo, ma può essere integrata da una passeggiata nelle strade del borgo, dove si trova un fiorire di oggetti, stemmi, edicole, elementi decorativi delle terrazze, e così via tutto in terracotta.


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    Il Museo rinvia al territorio come grande contenitore non solo di antiche terrecotte inamovibili come alcuni "madonnini" o le caratteristiche gronde di alcune case, ma anche della modernità. Un apposito accordo con i concai della zona potrà permettere la visita anche agli impianti moderni di lavorazione dell'argilla.
    Tradizione ed innovazione saranno i termini di un dialogo che potrà unire momenti espositivi diversi, in questo modo il Museo non sarà solo un polveroso contenitore, ma un luogo teso a coniugare passato e presente ad aspetti culturali ed economici diversi.

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    I sapori

    Il cibo rappresenta un elemento di grande importanza nella scoperta di un luogo. Scoperta di sapori, odori, colori ed al tempo stesso della storia locale per cui quel cibo è stato inventato, prodotto e tramandato nel tempo.
    Le usanze alimentari di questa porzione della campagna senese sono in gran parte rimaste quelle tramandate da secoli e legate a ciò che si coltiva, si alleva, si raccoglie, si caccia sul posto.
    Base d'orgoglio della cucina locale è l'olio, riconosciuto tra i migliori d'Italia. Il terreno tufaceo della zona fa crescere splendidi olivi che costituiscono una delle caratteristiche più appariscenti del paesaggio.
    Dal grano che cresce rigoglioso nella zona collinare delle crete, proviene il buon pane confezionato nelle forme tradizionali di un tempo, impastato senza sale perché si conservasse fresco più a lungo e meglio si armonizzasse con i piatti locali ed i salumi forti e saporiti. Tagliato a fette spesse ed abbrustolito, strofinato con uno spicchio d'aglio e irrorato di olio di frantoio, diventa l'appetitosa bruschetta o panunto e le sue varianti: la fetta, cui si aggiunge cavolo nero bollito, tritato e condito insieme a d un poco del suo brodo; il pane coi pomodori ben maturi spezzettati e profumati con foglie di basilico; i crostini di milza, acciughe e capperi. Secondo gli austeri usi contadini buttare il pane raffermo era peccato mortale. Da qui la necessità di aguzzare l'ingegno per riutilizzarlo. Bagnato e ben strizzato per la panzanella con l'aggiunta di cipolla cruda tritata, cetrioli affettati, pomodoro a pezzi, olio ed aceto. Oppure aggiunto nella minestra di pane o ribollita insieme ad un battuto di cipolle e pancetta, cavolo, verdure varie, legumi, cipollotti freschi e olio a crudo. O ancora l'acquacotta poverissima zuppa di pane secco aromatizzata con salvia, maggiorana e peperoncino.

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    Infine la zuppa con il pomodoro con pane raffermo a fettine e strofinato con pomodoro condita con olio e parmigiano.
    Con la farina di grano si impastano i pici, sorta di spaghettoni freschi modellati a mano uno ad uno, forse inventati dagli Etruschi, conditi con un odorosissimo ragù di carne sobbollito per ore a fuoco lento o, secondo la tradizione più stretta, con sugo d'oca. E appunto locio, al maschile, è uno dei piatti tipici del luogo, soprattutto il collo ripieno. La succulenta cucina locale utilizza una grande varietà di carni: le nane, le faraone, il billo ossia il tacchino, il pollo, il conigliolo, la selvaggina, il cinghiale. Senza dimenticare che in questi luoghi sono allevati i bovini di razza chianina che da marzo a dicembre pascolano allo stato brado nei prati, da cui proviene la pregiata bistecca tagliata spessa e cotta sulla brace.
    Con il puro latte di pecora non pastorizzato, viene confezionato artigianalmente il gioiello gastronomico della zona: il formaggio pecorino o cacio, fresco o stagionato, che assume fragranze e sfumature diverse a seconda dei differenti stadi di stagionatura. Nella zona vi sono piccoli caseifici artigianali ed ognuno, in ragione dei pascoli diversi, della lavorazione e conservazione, produce un formaggio con il suo particolare sapore.
    Dai cibi salati a quelli dolci a partire dal miele di qualità finissima. Nella zona esiste un'ampia varietà di dolci ed ognuno ha la sua stagione. Il pane co' santi pepato e farci di noci ed uva passa, si prepara a Novembre in corrispondenza con le feste dei Santi e dei Morti. I ricciarelli ed i cavallucci fanno la loro apparizione a Natale. Il castagnaccio coi pinoli, uvetta, noci e rosmarino accompagna l'Autunno. Le crostate con confetture ed i cantucci - biscotti secchi alle mandorle - regnano tutto l'anno.
    Ogni cibo, sia dolce che salato, è accompagnato dal suo vino. Chianti rosso dei colli senesi ricavato dalle uve di vitigni Malvasia, Canaiolo e Trebbiano, invecchiato in botti di rovere, si accompagna alle carni ed alla selvaggina. Il bianco proviene dalle uve Malvasia e Pulceinculo ed insieme al rosè , viene servito con antipasti , pesce e carni bianche. Il prefetto completamento dei dolci secchi alla fine pasto è il Vin Santo, spremuto d'inverno dalle uve bianche passite oppure un bicchierino di ottima grappa distillata dall'uva.
    Nell'area che rientra nella DOC del Chianti Colli Senesi accanto alla produzione delle numerose aziende vinicole, sopravvive forte la tradizione delle famiglie . Il Vino Bono della propria cantina da consumare ai pasti o da offrire all'ospite in segno d'amicizia, viene vantato da ognuno come superiore in qualità genuinità colore ed armonia.


    ricciarelli1
    ricciarelli

    vigneti+trequanda+02+





    da:trequanda.si.it
    da:wikipedia
    foto web
     
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13 replies since 29/9/2010, 10:20   3690 views
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