Toscana... Parte 2^

..FLORENTIA..LA FAMIGLIA DE’MEDICI..PONTE VECCHIO..PALAZZO PITTI..FIRENZE..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI

    “... Venerdì ... volare sopra i cieli della Toscana da l’idea di attraversare non uno spazio, ma il tempo ... storia antica di un Granducato che porta con se tradizioni e nobiltà ... la mongolfiera dell’Isola Felice attraversa il cielo terso, contemporaneamente vola e travalica il tempo in un’incessante succedersi di avvenimenti ... senza accorgercene ci avviciniamo a Florentia ... Firenze ... è uno spettacolo incredibile ... una città che rappresenta con le sue bellezze la filosofia del popolo toscano ... Buon risveglio amici miei ... oggi visiteremo una città straordinariamente bella ... FIRENZE ...”

    (Claudio)



    ..FLORENTIA..LA FAMIGLIA DE’MEDICI..PONTE VECCHIO..PALAZZO PITTI..FIRENZE..



    “Firenze non ha bisogno di presentazione, è una città d'arte per eccellenza…Firenze è sempre Firenze ogni volta che la si rivede è sempre una città spettacolare, ad ogni stagione e periodo dell'anno la sua arte acquisisce bellezza regalandoti sempre dei suggestivi scorci portandoti al passato… ha avuto il suo massimo splendore nell'epoca rinascimentale: il suo centro storico e la sua urbanistica riflettono fedelmente questo percorso storico. Le statue, le chiese, i monumenti signorili, le antiche botteghe: un'atmosfera unica nel suo genere….”

    “ll nome Firenze…deriva da Florentia, fondata nel 59 A.C. corrisonde alle celebrazioni per l'arrivo della primavera "Ludi Florales" in onore alla dea Flora…. Lo stemma di Firenze, il giglio rosso, deriva dall'iris fiorentino di colore bianco molto diffuso nel territorio….Nel 1265 nacque Dante Alighieri, figura strettamente legata agli avvenimenti della vita politica fiorentina….A quel tempo Firenze stava per diventare la città più potente dell'Italia centrale con il suo commercio internazionale e la sua importanza nel mondo dell'arte. Le guerre fra guelfi, fedeli al papa e i ghibellini, fedeli all'imperatore, divenivano sempre più aspre fino a che, alla nascita di Dante, i guelfi vennero cacciati e la città rimase in mano ai ghibellini. Nel 1266 Firenze ritornò sotto i guelfi e vennero espulsi i ghibellini…Dante incontrò all'età di nove anni Beatrice, figlia del ricco Folco Portinari, grande amore mai ricambiato della sua vita. Purtroppo Beatrice si unì in matrimonio con Simone Bardi e Dante con Gemma Donati, da cui ebbe 4 figli…. incominciò il suo impegno nella politica di Firenze che andò a contrastare l'autorità di Papa Bonifacio VIII fino a che venne condannato all'esilio e cominciò così il suo pellegrinaggio per chiedere ospitalità presso le corti a Forlì, a Verona e in Lunigiana….Nella Divina Commedia incominciata nel 1306 e alla quale lavorerà per tutto il resto della sua vita,traspariva il risentimento per l'ingiustizia subita dal papa, che fece persino comparire in un girone dell'Inferno…La Commedia non è la storia di personaggi esistiti nel tempo, tali personaggi vengono citati soltanto come esempio di creature vissute negli errori umani. Non è solo un viaggio immaginario di una fantasia esaltata, ma la veritiera rappresentazione della "Commedia della Vita" e dell'evoluzione dell'Essere che si affanna alla pericolosa ascesa verso la perfezione… La famiglia dei Medici ebbe un'importanza rilevante all'interno della vita politica di Firenze: Cosimo fu l'unico vero signore della città e venne chiamato, per la sua saggezza, "padre della patria", mentre il nipote Lorenzo, detto il "Magnifico" fu un accorto uomo politico e grazie alla sua abilità, Firenze evitò sempre l'invasione degli stranieri…Con la morte di Lorenzo nel 1492 finì la Repubblica fiorentina e, dopo numerose guerre, nacque il Granducato di Toscana che resse fino all'unificazione politica dell'Italia..Per 5 anni, dal 1865 al 1870, Firenze fu capitale d'Italia..”

    “La prima volta che sentii parlare di Firenze, fu tra i banchi di scuola. Ero una ragazzina di undici anni. Ricordo ancora la voce profonda e appassionata del mio insegnante di storia dell’arte che descriveva con enfasi le botteghe degli artisti fiorentini, il fermento culturale e pittorico, il meraviglioso cantiere di lavori in corso che doveva essere il Duomo, ove si susseguivano idee e progetti per la grande cupola….In piazza del Duomo, la visione di Santa Maria del Fiore mi tolse il respiro: la facciata dai pregiati marmi policromi era riccamente decorata da statue ed ornata da grandi rosoni, in un trionfo di bifore i cui archi acuti rivolti verso il cielo celavano la tensione dell’uomo verso l’Infinito. Accanto vi era il Battistero, una costruzione a pianta ottagonale simboleggiante la Resurrezione del Cristo, un tempo frequentato dal Sommo Poeta….Mi tremavano le ginocchia dall’emozione, quelle strade appena qualche secolo prima avevano visto il passaggio di uomini geniali, di artisti, di predicatori, di poeti. Guardavo intorno a me estasiata tutto ciò che mi circondava, cercando di cogliere fino in fondo tutti i particolari, imprimendoli nella mia mente.... Accanto al Duomo seduti con il cavalletto davanti ed armati di cartoncino e matita, una schiera di artisti moderni si offriva di fare ritratti ai turisti….sul Ponte Vecchio un suono ovattato proveniva da lontano, seguimmo le magiche note e scoprimmo in un piccolo slargo un giovane violinista che regalava ai passanti una musica dolce e struggente….il Duomo di S. Maria del Fiore. Maestoso ed imponente, con la meravigliosa cupola del Brunelleschi… l’immensità delle navate fa persino paura… e mano a mano che ci si avvicina alla cupola si rimane a bocca aperta… è meravigliosa, mi chiedo che razza di geni abbiano vissuto prima di noi ……E’ raffigurato il giudizio universale..Iniziammo la lenta salita per le strette scale che si contorcevano su sé stesse, in cui ogni gradino era un passo in più verso la luce. Salivamo lentamente nella penombra, fin quando giungemmo all’interno della chiesa passando per l’interno della Cupola, sfiorando gli affreschi del Vasari raffiguranti il Giudizio Universale. L’emozione era sempre più forte, dall’alto i pellegrini all’interno della chiesa sembravano dei puntini lontani e noi invece eravamo lì al cospetto di quelle meraviglie….la salita si faceva sempre più ripida, intervallata di tanto in tanto da piccoli lucernai da dove filtrava un po’ d’aria fresca e luce. Nell’ultimo tratto ci arrampicammo ad una scaletta e finalmente uscimmo fuori… l’armonia di quei tetti dalle tegole rosse che si vedevano dall’alto, il campanile di Giotto poteva toccarsi quasi con un dito, davanti a noi le chiese, i monumenti, le case, in uno spettacolo da togliere il respiro. L’aria fresca mista alla pioggia rendeva solo più poetico e suggestivo il panorama…” Anonimo

    “Piazza Signoria…Nel 1268 i Guelfi ripresero in mano la città di Firenze e decisero di abbattere tutte le case dei rivali ghibelllini, cominciando dalle torri dei Foraboschi e degli Uberti. In tutto vennero rase al suolo 36 abitazioni e per questo motivo la piazza oggi ha una conformazione a "L" e gli edifici che la delimitano non sono allineati….l nome deriva dal Palazzo della Signoria, progettato nel 1298 e completato nel 1302 da Arnolfo di Cambio, sede del governo della Repubblica e dei Priori delle Arti. Rimarrà tale anche sotto i De' Medici e Duca Cosimo I che vi abiterà dal 1540 al 1565 facendolo ampliare dall'architetto Giorgio Vasari…Quando, nel 1565, il Duca si trasferirà nella reggia di Palazzo Pitti, il Palazzo della Signoria diventerà Palazzo Vecchio…. Piazza della Signoria è anche un vero museo all'aperto. Sul lato Sud si trova il piazzale degli Uffizi e subito dopo la Loggia dei Lanzi con le sue 15 statue, fra cui Perseo con la testa di Medusa del Cellini. Poco distante da Piazza della Signoria .. la Fontana di Nettuno dell'Ammannati e la statua equestre di Cosimo I del Giambologna. Infine, sul pavimento della piazza, un cerchio di marmo ricorda il punto preciso dove venne bruciato vivo Girolamo Savonarola (23 maggio 1498)…Intorno alla piazza della Signoria vi sono il Tribunale della Mercanzia, il cinquecentesco Palazzo Uguccioni e il Palazzo che ospita la Raccolta Alberto della Ragione: 250 dipinti italiani del periodo 1920-1950…”

    “Palazzo degli Uffizi….Venne eretto dal Vasari e completato dal Buontalenti. Lo scopo era racchiudere i 13 Uffizi, allora collocati in sedi separate…Il Teatro Mediceo, all'interno del Palazzo deli Uffizi è opera del Buontalenti e ai tempi di Firenze capitale d'Italia fu sede del Senato….L'edificio ha la strana forma del ferro di cavallo e poggia su un loggiato decorato da nicchie dentro le quali si trovano le statue di valorosi uomini fiorentini vissuti dal Medioevo all'800…Oggi il Palazzo è la sede della Galleria degli Uffizi….stanza per stanza, opera per opera… Da Leonardo a Botticelli, da Caravaggio a Roubens… e tanti tanti altri artisti favolosi… non guardate solo i dipinti o le statue… guardate anche i soffitti…le statue classiche ed ellenistiche, che documentano il collezionismo dei Medici….. le raccolte degli arazzi, dei marmi antichi, delle miniature. Al pianterreno, nei locali della ex chiesa di S. Pietro Scheraggio, sono collocati pregevoli affreschi.”

    “La famiglia de' Medici volle erigere le Cappelle Medicee nella basilica di San Lorenzo, considerata la loro chiesa privata, come sepolcro in cui dare sepoltura ai membri più illustri della famiglia stessa…I lavori con Michelangelo nel marzo del 1520 e terminarono nel 1546 con Giorgio Vasari. Nella tomba dovevano trovare l'eterno riposo Lorenzo il Magnifico, il fratello Giuliano, Lorenzo duca d'Urbino e Giuliano duca di Nemours.. ( due Magnifici e due Capitani)…Il sepolcro di Lorenzo duca d'Urbino, che fu definito dal Vasari "il Pensieroso", si trova alla sinistra dell'altare: sotto di lui le raffigurazioni del Crepuscolo e l'Aurora. Più giù è collocato il sepolcro di Giuliano con il bastone del comando in mano e di sotto il Giorno e la Notte…Sopra il sarcofago dei due Magnifici si può ammirare la statua della Vergine realizzata da Michelangelo nel 1521; di fianco spiccano i due santi protettori della famiglia Medici, a destra Cosma, eseguito dal Montorsoli nel 1537 e a sinistra Damiano, opera di Raffaele da Montelupo nel 1531.”

    “Ponte Vecchio…Costruito forse già all'epoca della colonia romana, è il ponte più antico della città. … realizzato in legno su pile di pietra.. scavalca l'Arno nel suo punto più stretto, sul luogo dove si trovava l'antico traghetto per l'attraversamento del fiume. Rovinato nel 1117 e quindi ricostruito, fu distrutto nuovamente nel 1333 da un'inondazione e poi rifatto nel 1345 forse da Neri di Fioravante, questa volta in pietra e quindi solidissimo. Il Ponte Vecchio e' tanto largo da avere ai lati due portici ad arcate nelle quali vennero collocate le 43 botteghe, un tempo di macellai e verdurai,fino a quando il granduca Ferdinando I, sul finire del 500, volle che il loro posto venisse occupato da orafi e gioiellieri. Le retrobotteghe furono aggiunte nel secolo XVII…..e sebbene fosse stato realizzato con l'unico scopo di attraversamento del fiume, assume le forme di una strada, di un mercato, di una piazza.”

    “Palazzo Pitti…Nel 1550 Cosimo de' Medici lo acquistò per farne la residenza di famiglia e fece realizzare da Bartolomeo Ammannati il cortile porticato e le grandi finestre dette inginocchiate. Il giardino detto di Boboli dall'omonima collina, venne commissionato a Niccolò Tribolo. Nel 1565 il Vasari realizzò un corridoio sopraelevato per arrivare a Piazza della Signoria…..Oggi Palazzo Pitti è sede di importanti musei (Argenti, Porcellane, Costume, Carrozze e Giardino di Boboli) attraverso i quali si può ripercorrere lo sfarzo e lo splendore di un'epoca lontana….”

    “Giardini di Boboli… dietro Palazzo Pitti .. scende verso Porta Romana; la sua bellezza si deve a vari interventi in epoche diverse. I lavori cominciarono quando Cosimo I de' Medici e sua moglie Eleonora di Toledo .. anche nel Seicento e Settecento i Medici e poi i Lorena arricchirono il giardino che oltre ad avere bellissimi viali e boschetti, è anche un vero museo di scultura all'aperto. .. un Anfiteatro decorato con sculture antiche, la piccola Grotta di Madama e la Grotta grande, con le sue decorazioni interne ed esterne di stalattiti, animata anche da giochi d'acqua… la fontana cosiddetta "del Forcone" o "Vivaio di Nettuno" e la grande statua dell'Abbondanza, proprio sulla sommità del colle, iniziata dal Giambologna come ritratto di Giovanna d'Austria, moglie di Francesco I, ma compiuta nel 1637 come figura allegorica…Dopo il Prato dell'Uccellare…il Viottolone, lungo viale di cipressi e statue che arriva fino al piazzale dell'Isolotto, al centro del quale è situata la grande fontana dell'Oceano del Giambologna circondata da altre tre sculture raffiguranti i fiumi Nilo, Gange ed Eufrate…Il Kaffeehaus, la Limonaia e la Palazzina della Meridiana vennero realizzati nel Settecento, in epoca lorenese. Nel 1789, al centro dell'Anfiteatro, venne eretto l'Obelisco egiziano provenieniente da Luxor.”

    “La Fortezza da Basso, voluta dai Medici, progettata dall’architetto Antonio da Sangallo e costruita sotto l'incalzare di tumultuosi rivolgimenti politici, è una delle primissime cittadelle italiane….un opera ciclopica dai possenti bastioni irti di torrette, cunicoli, camminamenti e passaggi segreti, ma anche gioiello dell'architettura Rinascimentale…Il castello, intitolato a S. Giovanni Battista, patrono della città, venne realizzato nel volgere di un anno solamente, fra il 1533 ed il 1534 d. C., nel periodo in cui sulla scena politica si affermava la figura del duca Alessandro ed i Medici ritornavano alla guida di Firenze. Nella facciata del mastio sono presenti bugne sfaccettate a punta di diamante con pietre sferiche, che richiamano appunto le insegne della famiglia dei Medici. Per un paradossale destino, in tutta la sua lunga storia iniziata nel 1533 …questa inespugnabile fortezza non ha subito attacchi di sorta ed è così rimasta intatta fino ai giorni nostri.”







    Firenze

    (Fiorenza nell'italiano poetico) è una città metropolitana di 369.968 abitanti, nel nord dell'Italia centrale, cuore di un'area metropolitana di oltre 1.500.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Toscana, della quale è la città più grande e popolosa, nonché fulcro storico, artistico, fieristico ed economico. Capitale d'Italia (1865-1871) dopo l'unificazione dell'Italia, è stata nel Medioevo un importante centro culturale, commerciale, economico e finanziario, ricoprendo nell'età moderna il ruolo di capitale del Granducato di Toscana sotto il dominio delle famiglie dei Medici e dei Lorena. Importante centro universitario, è considerata il luogo d'origine del Rinascimento ed è universalmente riconosciuta come una delle culle dell'arte e dell'architettura, nonché rinomata come una delle più belle città del pianeta. Infatti, grazie ai suoi numerosi monumenti e musei - tra i quali il Duomo, Santa Croce, gli Uffizi, Ponte Vecchio, Piazza della Signoria e Palazzo Pitti - è una delle più belle ed importanti mete turistiche d'Italia e del mondo.




    STORIA


    La storia conosciuta di Firenze comincia nel 59 a.C., con la fondazione di un villaggio ("Florentia") per veterani romani. Sede di una diocesi a partire dal IV secolo, la città passò attraverso periodi di dominazione bizantina, ostrogota, longobarda e franca, durante i quali la popolazione a volte scese fino ad appena 1000 persone. A partire dal X secolo la città si sviluppò, e dal 1115 si rese un Comune autonomo. Nel XIII secolo fu divisa dalla lotta intestina tra i Ghibellini, sostenitori dell'imperatore del Sacro Romano Impero, e i Guelfi, a favore del Papato romano. Dopo alterne vicende, i Guelfi vinsero (Colle Val d'Elsa 17 giugno 1269), ma presto si divisero internamente in "Bianchi e Neri". La conflittualità politica interna non impedì alla città di svilupparsi fino a diventare una delle più potenti e prospere in Europa, assistita dalla sua propria valuta in oro, il fiorino (introdotto nel 1252), dalla decadenza della sua rivale Pisa (sconfitta da Genova nel 1284 e comprata da Firenze nel 1406), e dalla sua potenza mercantile risultante da una costituzione anti-aristocratica, i cosiddetti "Ordinamenti di giustizia" di Giano della Bella (1293). A fronte di una popolazione stimata di 80.000 persone prima della peste nera del 1348 (immediatamente dopo Venezia, e subito prima di Milano e Bologna, era la maggiore città italiana dell'epoca per popolazione), 25.000 persone lavoravano nell'industria della lana. Nel 1345 Firenze fu teatro di un sciopero da parte dei Ciompi, che nel 1378 organizzarono una breve rivolta contro il dominio oligarchico della città. Dopo la repressione, la città cadde sotto il dominio della famiglia Albizi (1382-1434), acerrimi nemici ma anche precursori dei Medici. Nel corso del XV secolo Firenze da sola aveva un reddito superiore a quello dell'intera Inghilterra, grazie alle industrie e alle grandi banche di cui se ne contavano circa ottanta tra sedi e filiali, le ultime sparse in buona parte dell'Europa. Il primo periodo del dominio dei Medici terminò con il ritorno di un governo repubblicano, influenzato dagli insegnamenti del radicale priore Domenicano Girolamo Savonarola (che fu giustiziato nel 1498 e che prima di morire lasciò un trattato sul governo di Firenze), nelle cui parole si ritrovano spesso argomenti che saranno oggetto di controversie religiose dei secoli seguenti. Un altro personaggio importante fu Niccolò Machiavelli, le cui indicazioni per il governo di Firenze da parte di una figura forte sono spesso lette come una legittimazione delle tortuosità e anche degli abusi dei politici. Il 16 maggio 1527 i fiorentini estromisero nuovamente i Medici - riportati al potere dagli spagnoli nel 1512 - e ristabilirono una repubblica. Rimessi al loro posto per la seconda volta nel 1530, con il sostegno sia dell'Imperatore sia del Papa, i Medici diventarono nel 1537 duchi ereditari di Firenze, conquistarono la Repubblica di Siena nel 1555 sempre con l'aiuto imperiale e Montalcino nel 1559, arrivando a governare due Stati: lo Stato "Vecchio" di Firenze e lo Stato "Nuovo" di Siena, separati nelle strutture politiche ed istituzionali, ma riuniti nell'unica persona del Sovrano. Questa situazione fu poi sancita nel 1569 con la creazione del titolo di granduchi di Toscana (dignità mai esistita prima di quel momento in Italia). Firenze nel corso dei secoli arrivò a regnare su tutta la Toscana, ad eccezione della Repubblica di Lucca, che rimase indipendente e sovrana fino al diciottesimo secolo (con l'arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte), e del Ducato di Massa e Principato di Carrara, indipendente fino al 1829, quando fu assorbito dal Ducato di Modena. L'estinzione della dinastia dei Medici e l'ascensione nel 1737 di Francesco Stefano, duca di Lorena e marito di Maria Teresa d'Austria, portò all'inclusione della Toscana nei territori della sfera d'influenza asburgica. Il granduca Pietro Leopoldo il 30 novembre del 1786, promulgò il nuovo codice criminale, grazie al quale, per la prima volta nella storia degli stati moderni, furono abolite la pena di morte e la tortura. Il regno della dinastia austriaca finì prima per mano della Francia e poi definitivamente quando 1859, la Toscana venne annessa, tramite plebiscito, al Regno di Sardegna poco prima che diventasse Regno d'Italia nel 1861. Firenze prese il posto di Torino come capitale d'Italia nel 1865, su richiesta di Napoleone III in base alla Convenzione di settembre, finché l'ambìto ruolo non fu trasferito a Roma cinque anni dopo, quando la città papalina fu annessa al regno. Nel XIX secolo la popolazione di Firenze raddoppiò e triplicò nel XX con la crescita del turismo, del commercio, dei servizi finanziari e dell'industria.
    Durante la seconda guerra mondiale la città fu occupata per un anno dai Tedeschi (1943-1944), per poi essere liberata dalla lotta delle brigate partigiane il giorno dell'11 agosto. Firenze è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stata insignita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i sacrifici della sua popolazione e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale.
    Il 4 novembre 1966 i fiorentini lo ricordano come il giorno dell'alluvione di Firenze. Gran parte del centro fu invaso dell'acqua del fiume Arno. La furia delle acque portò una grande devastazione e alcuni morti, invase le chiese, i palazzi e i musei distruggendo archivi ed opere d'arte, allagò i depositi della Biblioteca Nazionale danneggiando molti preziosi volumi. Mischiata alla nafta, per via della rottura delle cisterne di combustibile, l'acqua del fiume s'inerpicò velocemente nei vicoli del centro storico, nei fondi commerciali. Il prezioso Crocifisso di Santa Croce di Cimabue venne deturpato dalla fanghiglia, divenendo presto un simbolo della devastazione. Questo immenso dramma venne vissuto dal mondo con una partecipazione unica, dando ben presto l'avvio ad una incredibile gara di solidarietà che vide la nascita dei famosi angeli del fango, giovani provenienti da ogni dove che si adoperarono nella difficile opera del recupero dei tesori artistici danneggiati. Divenuta Capitale europea della cultura nel 1986, nel 2002 Firenze ha ospitato il primo grande European Social Forum.



    Centro storico di Firenze





    Firenze


    è universalmente riconosciuta come città dell'Arte, con un inestimabile patrimonio di architetture, dipinti, sculture, memorie storiche e scientifiche, che formano il tessuto cittadino, come in un pulsante museo diffuso. Il cuore di Firenze è


    Piazza della Signoria,

    è la piazza centrale di Firenze, sede del potere civile con Palazzo Vecchio e cuore della vita sociale della città. A forma di L, si trova nella parte centrale della Firenze medievale, a sud del Duomo e a poche decine di metri dal Ponte Vecchio e dall'Arno.






    Palazzo Vecchio

    si trova in piazza della Signoria a Firenze ed è la sede del comune della città. Rappresenta la migliore sintesi dell'architettura civile trecentesca cittadina ed uno dei palazzi civici più conosciuti d'Italia. Chiamato in origine Palazzo dei Priori o Palagio Novo, divenne nel XV secolo Palazzo della Signoria, dal nome dell'organismo principale della Repubblica fiorentina; nel 1540 divenne Palazzo Ducale, quando il duca Cosimo I de' Medici ne fece la sua residenza; infine il nome Vecchio lo assunse nel 1565 quando la corte del Duca Cosimo si spostò nel "nuovo" Palazzo Pitti. Dal 1865 al 1871 fu sede del Parlamento italiano, mentre oggi ospita il Sindaco di Firenze e vari uffici comunali. Vi si trova inoltre un museo, che permette di visitare le magnifiche sale (dove lavorarono, tra gli altri, Agnolo Bronzino, Ghirlandaio, Giorgio Vasari, ecc.) e dove sono esposte opere di Michelangelo Buonarroti, Donatello, Verrocchio, ecc. L'edificio si è gradualmente ingrandito verso est, arrivando ad occupare un isolato intero e ingrandendo l'iniziale parallelepipedo trecentesco fino a quadruplicarne le dimensioni, con una pianta che ricorda un trapezio del quale la facciata è solo il lato più corto. Sulla facciata principale a bugnato la Torre di Arnolfo è uno degli emblemi della città.








    ... Altre immagini del Palazzo Vecchio ...





    Il pian terreno e i cortili




    Salone dei Cinquecento






    Studiolo di Francesco



    Dettaglio del soffitto nella Sala di Leone X



    Il soffitto della Cappella con l'Eterno in gloria



    Sala di Clemente VII, l'Assedio di Firenze



    Sala dell'Udienza


    La Sala dell'Udienza o Sala della Giustizia era utilizzata per ospitare gli incontri dei sei Priori. Il tetto a botte, laminato con oro puro, è opera di Giuliano da Maiano (1470-1476). Sul portale della cappella c'è un'iscrizione in onore di Cristo (1529). La porta, che comunica con la Sala dei Gigli, è scolpita nel marmo e decorata da una personificazione della Giustizia nella lunetta, opera dei fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano. I grandi affreschi alle pareti, rappresentanti le Storie di Furio Camillo di Francesco Salviati, con la collaborazione di Domenico Romano, furono portati a termine nella metà del XVI secolo. Dato che Salviati era membro della scuola romana di Raffaello questi affreschi sono ispirati alla tradizione romana e non tipici dell'arte fiorentina.



    Sala dei Gigli


    Il nome della stanza non diriva dal giglio fiorentino, ma dal fleur-de-lys, emblema della corona di Francia, che si distingue dal blasone fiorentino per l'assenza degli stami e per i colori oro/blu invece di rosso/argento. I gigli si trovano sul mirabile soffitto a cassettoni e sulle pareti, e questo omaggio fu un ringraziamento e un tributo di fedeltà agli Angiò, protettori della parte guelfa. Anche questo soffitto e il fregio con i Marzocchi furono realizzati dai fratelli Benedetto e Giuliano, autori anche della statua di San Giovanni Battista e putti sul portale opposto in questa sala. Gli stessi fratelli, con la collaborazione del Francione, realizzarono anche le porte in tarsia lignea, con le figure di Dante e Petrarca. La parete opposta all'ingresso fu affrescata da Domenico Ghirlandaio verso il 1482, con l'Apoteosi di san Zanobi con i diaconi Eugenio e Crescenzio", primo santo patrono di Firenze. La scena è impreziosita da una illusione prospettica dello sfondo, nel quale si riconoscono la Cattedrale, con la facciata originale di Arnolfo di Cambio e il campanile. Le lunette ai lati raffigurano sulla sinistra Bruto, Muzio Scevola e Camillo e a destra Decio, Scipione e Cicerone. Medaglioni di imperatori romani riempiono lo spazio fra le varie sezioni degli affreschi. Nella lunetta superiore si trova un bassorilievo della Madonna con Bambino. In questa sala si trova esposta da 1988 uno dei capolavori di Donatello, la Giuditta e Oloferne, già collocata in piazza della Signoria ed oggi sostituita in loco (sull'Arengario dello stesso Palazzo Vecchio) da una copia. Le finestre che si aprono sulle sale adiacenti testimoniano come questa fosse l'estremità est del palazzo prima che venisse ampliato.




    Il soffitto a cassettoni della Sala dei Gigli




    Dal web ho prelevato per voi alcune foto di Firenze. Sono bellissime (per me).



    Firenze - Tramonto

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    Firenze - Ponte alla Carraia sull’Arno

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    Firenze - Ponte Vecchio

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    Firenze - Ponte alle Grazie



    (Foto – Yury)

    Pellicani in volo "Alle Cascine di Tavola"

    Un posto stupendo immerso nel verde della Natura.....Antica tenuta di caccia della famiglia dei Medici di Firenze

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    FIRENZE Alluvione1966








    Era il 4 Novembre 1966: dopo 2 giorni di intensa e continua pioggia il fiume Arno rompe gli argini alle 5,30 ed inonda Firenze. Dapprima inonda le strada, poi il livello dell'acqua sale sempre di più fino ad arrivare ai primi piani delle case. L'acqua entra nel Battistero, a Palazzo vecchio, nel Duomo provocando grandi danni alle numerosissime opere d'arte. Muoiono moltissime persone, il patrimonio artistico (sopra il ponte vecchio) è minacciato dalle acque. L'arno lascerà le strade di Firenze 2 giorni dopo, il 6 Novembre, lasciando la città in una situazione catastrofica.
    Mancava il pane, l'energia elettrica, la gente non aveva più una casa: l'acqua aveva raggiunto i 4 metri e 92 centimetri (nella foto accanto una veduta di Firenze durante l'alluvione).

    Firenze entra così nel suo periodo più brutto del dopoguerra. Fortunatamente con l'aiuto di volontari e soccorsi venuti da tutta Italia Firenze tornò alla normalità in un periodo di tempo non molto lungo ed ancora oggi la possiamo ammirare in tutto il suo splendore. Oggi purtroppo il pericolo alluvione è ancora vivo e le autorità competenti hanno programmato degli interventi risolutivi da attuarsi nei prossimi anni.




    Queste pagine sono state prese dal
    diario di Fiammetta,
    una bambina di dieci
    che era nata a Firenze e vissuta qui
    al momento del diluvio.

    Il ritiro delle acque

    Quando le acque si ritirarono lentamente, lasciando Firenze sepolta nel fango, olio, articoli per la casa e la disperazione. I fiorentini non ha ancora veramente capito quello che era successo, erano in uno stato di shock e muto fondata, sembrava impossibile che una cosa del genere potesse accadere. Purtroppo era tutto vero e non c'era tempo da perdere: Firenze doveva essere portato a lifm di nuovo.

    Aiuto è arrivato subito: i soldati, i volontari stessi fiorentini e subito al lavoro per rimuovere il fango, distribuire razioni e salvare le opere d'arte, sì, tutti quei monumenti e opere d'arte, tra cui i dipinti della Galleria degli Uffizi e dei manoscritti in la Biblioteca Nazionale.

    La prima risposta alla richiesta di aiuto è venuto dai giovani, (stranieri e italiani), oggi conosciuta come la Beat Generation, che, pieno di spirito di sacrificio, ha lavorato per lunghi giorni e settimane nel fango, fare a meno ogni tipo di comfort moderno, per salvare tutto ciò che era andato perduto.




    Due delle pagine del diario di Fiammetta
    Tutti erano svegli e al lavoro intorno a me e io mi sentivo completamente inutile, volevo andare nel centro della città e di aiutare i miei fratelli, sia moralmente che spiritualmente, ma non ho potuto fare niente, e spesso ho pianto in sordina . Pochi giorni dopo il diluvio, quando ero a piedi intorno a Firenze, mi è capitato di passare davanti alla Biblioteca Nazionale e, sentendo un rumore, ho guardato attraverso una delle finestre (al piano seminterrato) da dove è venuto, e ho visto un sacco di studenti e giovani tirare i libri fuori dal fango.

    Il mio cuore faceva così male e la nostalgia mi faceva venire voglia di gridare "Aspettatemi! Vengo ad aiutare!". Invece ho dovuto continuare sulla mia strada, con il braccio di mia madre che mi circondava, anche se forse lei era l'unica persona che ha capito come mi sentivo.

    Loggia della Signoria o dei Lanzi

    chiamata anche Loggia dei Lanzi (perché vi si accamparono il Lanzichenecchi nel 1527) o Loggia dell'Orcagna (per via di un'errata attribuzione al fratello dell'architetto progettista), venne costruita tra il 1376 e il 1381 da Benci di Cione (fratello appunto dell'Orcagna) e Simone di Francesco Talenti con funzione di "arengario" coperto, ossia di balcone per arringare la folla durante le cerimonie ufficiali. Dal punto di vista architettonico la costruzione unisce elementi gotici, come i pilastri a fascio e il coronamento traforato, ad elementi di matrice classica come i grandi archi a tutto sesto, secondo la particolare interpretazione fiorentina del linguaggio gotico.
    Nel corso del Cinquecento la loggia perse l'originaria funzione, una volta venute meno la struttura democratica, per divenire una sorta di museo all'aperto delle sculture della collezione medicea. Nel 1555 Cosimo I vi pose infatti il Perseo del Cellini e nel 1585 Francesco I vi collocò il Ratto delle Sabine del Giambologna. Alla fine del Settecento, all'epoca di Pietro Leopoldo di Lorena, venne realizzato un nuovo allestimento con la collocazione nella Loggia di numerose sculture antiche trasferite a Firenze da Villa Medici a Roma. Le successive modificazioni ottocentesche, infine, consolidano l'aspetto di Galleria delle Statue che conserva tuttora.



    Perseo




    "Perseo con la testa di Medusa"




    Tribunale della Mercanzia

    venne costruito nel 1359 sul luogo dove sorgeva il Teatro Romano, al fine di ospitare la sede del Tribunale della Mercanzia. L'istituto, fondato nel 1308, aveva la funzione di dirimere le controversie tra le diverse Arti o tra gli iscritti delle singole Arti. Sulla facciata, in alto, vi sono le copie degli stemmi delle ventuno Arti, più quello del Tribunale della Mercanzia, mentre gli originali si conservano all'interno del Palazzo.




    Le statue allineate davanti a Palazzo Vecchio



    Fontana del Nettuno

    è situata in piazza della Signoria, in prossimità dell'angolo nord-ovest di Palazzo Vecchio. Nel 1559 Cosimo I de' Medici bandì un concorso per creare la prima fontana pubblica di Firenze, al quale parteciparono i più importanti scultori fiorentini dell'epoca: Benvenuto Cellini, Baccio Bandinelli, Vincenzo Danti, Bartolomeo Ammannati e il Giambologna. Venne scelto il Nettuno dell'Ammannati perché giudicato più significativo nell'esaltare i gloriosi traguardi marinari raggiunti in quei decenni dal Granducato di Toscana, con la presa di Pisa, la progettazione di Livorno e la fondazione dell'Ordine di Santo Stefano deputato a combattere i turchi nel Mediterraneo per la sicurezza dei traffici di persone e merci.

    Il punto scelto era l'angolo di palazzo Vecchio, che era il punto focale delle due ali di piazza della Signoria, incrociate ad angolo retto e fino ad allora disgregate in due aree separate.

    Per far arrivare l'acqua alla fontana venne appositamente costruito un ingegnoso acquedotto, che dalla Fonte alla Ginevra, presso la porta San Giorgio in Oltrarno, scendeva a valle attraversando poi il fiume sul ponte di Rubaconte, arrivava in piazza Peruzzi e scorreva verso piazza della Signoria in Borgo dei Greci.

    L'apparato scultoreo venne eseguito tra il 1560 e il 1565: l'Ammannati, che aveva avuto uno studio provvisorio sotto la loggia della Signoria, sfruttò anche i disegni di Baccio Bandinelli, nel frattempo morto nel 1560. Fu inaugurata in occasione delle nozze tra Francesco I de' Medici e la granduchessa Giovanna d'Austria il 10 dicembre 1565. La vasca venne completata nel 1575.

    La fontana ha subito numerosi danni nei secoli. Fu usata come lavatoio nel XVI secolo e fu oggetto di vandalismi il 25 gennaio 1580. Nel 1592 fu apposta la ringhiera di protezione.

    Una targa sulla parete di palazzo Vecchio datata 1720 vieta di "fare sporchezze di sorta alcuna, lavare in essa calamai, panni o altro né buttarvi legnami o altre sporcizie".

    Durante il Carnevale del 1830 fu clamorosamente rubata la statua di un satiro del Giambologna; il furto fu operato da un gruppo di buffoni che, dopo aver a lungo ballato attorno alla fontana, avevano mascherato la statua come uno di loro portandola via, probabilmente all'estero; da allora se ne sono perse le tracce. Danneggiata dai bombardamenti dei Borboni nel 1848, fu infine deturpata il 4 agosto 2005, quando un vandalo vi si arrampicò a tarda notte, cadendo rovinosamente dopo aver tentato di aggrapparsi alla mano destra col bastone, che si staccò scheggiando anche la vasca sottostante; per il restauro si dovette attendere le condizioni climatiche favorevoli e fu concluso solo nella primavera del 2006.





    Statua equestre Cosimo I Piazza Signoria






    Galleria degli Uffizi

    è un importante museo italiano situato a Firenze ed è uno dei più conosciuti e rilevanti al mondo. L'edificio ospita una superba raccolta di opere d'arte inestimabili, comprendente la maggiore collezione di dipinti del Botticelli. Divisa in varie sale allestite per scuole e stili in ordine cronologico, espone opere di Giotto, Cimabue, Beato Angelico, Piero della Francesca, Masaccio, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Mantegna, Correggio, Raffaello, Tiziano, Tintoretto, Paolo Uccello, Chardin, Pieter Paul Rubens, Francisco Goya, Caravaggio, Giorgio Vasari, Canaletto, Bernini, Rembrandt, El Greco, Albrecht Dürer, Lucas Cranach, Antonello da Messina, Simone Martini e moltissimi altri.







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    [IMG]http://agriturismo.agraria.org/toscana/firenzepietraia.JPG][/IMGVilla medicea La Pietraia] (foto www.agraria.org)
    Gran parte di Firenze fu ricostruita nel Rinascimento. Archetipo dell’edificio rinascimentale è lo Spedale degli Innocenti; il porticato (1419-26) di Brunelleschi è un capolavoro di sobrie linee classiche.
    I più bei monumenti di Firenze sono racchiusi in un’area talmente ristretta che la città sembra nascondere tesori ad ogni angolo. L’imponente mole del Duomo, con i vicini Battistero e Campanile di Giotto, rappresenta il fulcro geografico e storico della città; Santa Croce, con gli affreschi di Giotto e le tombe di molti uomini illustri, a est, San Marco e il suo bellissimo convento, a nord, Santa Maria Novella e le sue Cappelle, a ovest e, superato Ponte Vecchio, Palazzo Pitti, con i suoi musei e il Giardino di Boboli, a sud, sono i vertici del quadrilatero che racchiude la maggior parte dei monumenti di Firenze. Inutile elencare le bellezze architettoniche e artistiche di Firenze. Moltissimi i musei nazionali e comunali, tra cui spiccano per importanza gli Uffizi, il Bargello e la Galleria dell’Accademia.
    A pochi chilometri da Firenze, su una collina che guarda la città, si trova la bellissima Fiesole, ambita metà turistica per la bellezza del paesaggio che la circonda e per le sue ricchezze storiche e culturali. Sin dal XV secolo la zona di Fiesole è stata un apprezzato luogo di villeggiatura estiva, grazie alle fresche brezze e alla posizione collinare.

    I..BASTIONI..MEDIOEVALI...
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    Cattedrale di Santa Maria del Fiore

    è il Duomo di Firenze e si affaccia su piazza del Duomo. È la quinta chiesa d'Europa per grandezza, dopo San Pietro, Saint Paul a Londra, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano. È lunga, infatti, 153 metri mentre il basamento della cupola è largo 92 braccia fiorentine, pari a circa 54 metri. Ha una pianta peculiare, composta com'è di un corpo basilicale a tre navate saldato ad una enorme rotonda triconca che sorregge l'immensa Cupola del Brunelleschi, la più grande cupola in muratura mai costruita. Al suo interno è visibile uno dei più grandi cicli affrescati; 3600 metri quadri di affreschi, eseguiti tra il 1572-1579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari.
    La costruzione, iniziata sulle antiche fondazioni della chiesa di Santa Reparata nel 1296 da Arnolfo di Cambio, fu continuata da Giotto a partire dal 1334 fino alla sua morte avvenuta nel 1337. Francesco Talenti e Giovanni di Lapo Ghini la continuarono nel 1357. Nel 1412 il nome fu cambiato in Santa Maria del Fiore. La chiesa fu consacrata il 25 marzo del 1436 al termine dei lavori della cupola del Brunelleschi da papa Eugenio IV. Attualmente è cattedrale dell'arcidiocesi di Firenze.













    Piazza del Duomo

    sorge nel cuore del centro storico di Firenze. È dominata dalla mole della cattedrale e degli edifici correlati come il Campanile di Giotto e il Battistero di San Giovanni, anche se l'ipotetica linea fra Via de' Martelli e Via Calzaiuoli divide la piazza in due sezioni, con il Battistero nell'omonima Piazza San Giovanni.




    Campanile di Giotto

    è situato a fianco della cattedrale, originalmente disposto a fianco della facciata invece che in posizione arretrata. Fu progettato da Giotto, da cui il nome, ma realizzato da Andrea Pisano e completato da Francesco Talenti. È alto 84 metri e progressivamente si alleggerisce nelle forme per la presenza di bifore e trifore. Interamente rivestito da marmi policromi bianchi, verdi e rosati, è decorato anche da numerose sculture e formelle, oggi in larga parte sostituite da copie e conservate nel Museo dell'Opera del Duomo. Nelle formelle del basamento sono raffigurate le Attività umane, vero manifesto della Firenze corporativa del medioevo, eseguite da Andrea Pisano e Luca della Robbia, mentre nella seconda fascia I pianeti, le Virtù, le arti liberali ed i sacramenti.





    Battistero






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    PONTE VECCHIO



    Il Ponte Vecchio è uno dei simboli della città di Firenze. Attraversa il fiume Arno nel suo punto più stretto, dove nell'antichità esisteva un comodo guado. La prima costruzione risale all'epoca romana, ma fu più volte danneggiato dalle alluvioni del fiume: nel 1080 esisteva un ponte in legno, mentre il ponte in pietra a cinque arcate costruito intorno al 1170 fu spazzato via dall'alluvione del 1333, una delle più violente che si ricordino.








    Dopo la costruzione dei "lungarni", il ponte venne ricostruito nel 1345 ad opera di Taddeo Gaddi e Neri Fioravanti, a tre valichi ad arco ribassato (Rapporto altezza:larghezza 1:6), con il passaggio fiancheggiato da due file di botteghe artigiane.







    Il passaggio pedonale con i negozi di oreficeriaLe botteghe, occupate inizialmente da pescivendoli, macellai e conciatori, furono poi occupate da orafi e gioiellieri per ordine di Ferdinando I nel 1593 che mal gradiva un commercio poco nobile e con odori sgradevoli sotto le finestre del Corridoio sospeso.









    Lungarno degli Acciaiuoli

    Il lungarno prende il nome dal palazzo principale della famiglia Acciaiuoli che vi si affacciava, finché non venne distrutto dalle mine tedesche dell'agosto del 1944, che ridussero tutte le vie aqtorno al Ponte Vecchio a un cumulo di macerie. Negli anni cinquanta si procedette alla ricostruzione moderne, che cercasse di ricreare le forme e le dimensioni antiche degli edifici, con risultati di compromesso che destarono numerose polemiche.

    Il lungarno Acciaiuoli con il Ponte VecchioIn tempi più antichi il lungarno si chiamo "dei Cappellai", che concentravano in questa zona le loro botteghe, e nel XIX secolo vi si affacciavano due dei più importanti alberghi della città: il Grand Hotel Royal de l'Arno e l'Hotel Royal de la Gran Bretagne, nei quali soggiornarono personalità come Charles Dickens, Henry James e molti altri. esiste ancora invece la storica Pensione Berchielli, dove amava alloggiare il critico Romain Rollard.

    Nel 1823 il lungarno venne ampliato, facendo abbattere lo storico arco dei Pizzicotti che si trovava a ridosso del palazzo Spini.


    LA CONGIURA DEI PAZZI

    A Piero de Medici (il gottoso), figlio di Cosimo, successero (1469) i due figli Giuliano e Lorenzo che diventarono i Signori di Firenze.... nel 1478 la famiglia fiorentina dei Pazzi ordì una congiura contro quella dei Medici... I Pazzi erano una ricca famiglia di banchieri della Firenze del Rinascimento. La congiura ebbe l'appoggio del papa Sisto IV....Lorenzo de’ Medici era stato avvertito dal Duca di Milano che c’era una congiura contro di lui già dal 1474....per questo motivo, i congiurati entrarono in azione in chiesa. Giuliano e Lorenzo dei Medici furono infatti assaliti durante una messa presso la Cattedrale di Firenze. Mentre Giuliano rimase ucciso, Lorenzo riuscì a parare i colpi e si chiuse nella Sagrestia.... Lorenzo si salvò fra il tripudio del popolo fiorentino, sempre più legato alla famiglia dei Medici. Grazie soprattutto all'appoggio popolare, l'epilogo della congiura fu doloroso per i Pazzi e per i loro alleati tanto che entro poche ore dall’agguato vennero fatti precipitare i congiurati dalla finestra di Palazzo Vecchio. Francesco de' Pazzi venne impiccato alla terza finestra della Loggia dei Lanzi e anche Francesco Salviati, suo fratello Jacopo e altri preti cospiratori subirono la stessa sorte. Piazza della Signoria diventò il teatro di una tetra vendetta. L'episodio finì per consolidare la Signoria medicea che rimaneva al potere come e più di prima. Da questo momento Lorenzo de' Medici diventò "l'ago della bilancia" nella politica italiana in virtù delle sue doti diplomatiche e politiche.


    La cappella dei Pazzi


     
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    Firenze, la magia della notte


    ... vista dalla nostra mongolfiera


    Ponte Vwcchio


    Firenze, la luna e......noi

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    Uno scrittore fiorentino autore del "Giornalino di Giamburrasca"
    ch eci ha fatto divertire con Rita Paone


    Luigi Bertelli (Vamba) 1858-1920


     
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    GREVE IN CHIANTI



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    Greve in Chianti (ha aggiunto la denominazione "in Chianti" dal 1972 con l'ingresso nella sottozona classico del Chianti) è un comune italiano di 13.954 abitanti della provincia di Firenze in Toscana, situato sulla via Chiantigiana, che unisce Firenze con Siena passando attraverso il suggestivo panorama del Chianti.

    Storia

    Fin dal Medioevo la storia di Greve è legata alla sua piazza principale che ha sempre esercitato la funzione di mercatale. Il borgo era una semplice dipendenza del castello di Montefioralle ma grazie alla sua posizione, è situato nel punto in cui si incontravano le vie di collegamento tra il Valdarno, la Val di Greve e la via che da Firenze attraverso le Colline del Chianti conduceva nel senese, poté diventare il principale mercatale della zona. La piazza dalla caratteristica forma di triangolo allungato è per gran parte circondata da portici ed al centro è posta la statua di Giovanni da Verrazzano.Uno dei vertici della piazza è occupato dalla chiesa parrocchiale dedicata alla Santa Croce (XIX secolo).

    Dal punto di vista storico-amministrativo, prima di entrare nella Provincia di Firenze, Greve faceva parte del vicariato di San Giovanni Valdarno, anche se a confine col vicariato di Certaldo (di cui faceva parte la provincia del Chianti, attualmente tutta compresa nella Provincia di Siena).
    « (...) la Repubblica Fiorentina divise, e il Granducato Mediceo conservò il distretto politico del Chianti in tre terzi, cioè, Terzo di Radda, Terzo di Gajole e Terzo della Castellina, conosciuti rapporto alla disposizione militare col nome di Lega della Castellina del Chianti e rapporto al potere civile dipendenti dalla potesteria di Radda, allora subalterna al Vicariato di Certaldo, mentre quella della Comunità di Greve alla stessa epoca dipendeva dal Vicario di S. Giovanni in Val d'Arno.. »

    ( 1833, Emanuele Repetti Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana)

    Fra i luoghi da visitare a Greve in Chianti vi sono i castelli di Uzzano, Canonica, Mugnana e Verrazzano, oltre al borgo di Montefioralle e S. Lucia a Barbiano con il castello già roccaforte negli scontri cittadini tra Firenze e Siena. Dalla vicina Convertoie si gode poi un ottimo panorama.

    Monumenti e luoghi d'interesse



    Architetture religiose

    Le principali chiese del comune di Greve in Chianti sono:

    * Propositura di Santa Croce

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    All'interno si trovano l'affresco trecentesco con la Madonna col Bambino, già nel tabernacolo della antistante piazza del Mercatale, il trittico con Madonna e santi di Bicci di Lorenzo, l'Annunciazione di scuola fiorentina del XIV secolo, un Crocifisso ligneo del Trecento e il ciborio attribuito a Santi Buglioni.

    * Pieve di San Donato a Mugnana

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    La Pieve di San Donato a Mugnana sorge sul terreno che fu di proprietà dei Bardi di Vernio. A partire dal Trecento, epoca nella quale le fu dato uno stile romanico, la Pieve ha subito negli anni diverse ristrutturazioni e nel 1934 fu ricostruita. Non molto distante dalla Pieve c'è un piccolo cimitero che è stato ristrutturato in epoca recente.

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    * Pieve di San Leolino

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    È ricordata fin dal X secolo con la denominazione di San Leolino a Flacciano, ma l'attuale edificio, di impianto romanico a tre navate spartite da pilastri quadrangolari, coperte da capriate lignee, risale al XII secolo ed è preceduto da un porticato del XVI secolo. Sulla destra si trova un chiostro trecentesco.

    * Pieve di San Cresci

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    L'antica chiesa è intitolata ad uno dei più importanti evangelizzatori del contado fiorentino. Il suo suggestivo esterno in stile romanico risale al XII secolo; vi è stato aggiunto un portico nel XV, con arco a tutto sesto e due bifore, le cui colonnine sono sormontate da capitelli cubici e pulvini a gruccia, completato da un secondo ordine agli inizi dell'Ottocento, ad imitazione del sottostante.

    * Pieve di San Pietro a Sillano

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    È citata nelle pergamene della Badia a Passignano già nell'anno 884. La Pieve fu poi confermata ai vescovi di Fiesole dai pontefici Pasquale II e da Innocenzo II rispettivamente nel 1003 e nel 1034.

    * Chiesa di San Miniato di Rubbiana

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    La sua esistenza è attestata fin dal 1015. Vi si conserva ancora una lapide che ricorda un vetusto rifacimento e la consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1077 ad opera del cardinale Pietro Igneo e del vescovo di Fiesole Guglielmo. L'edificio romanico, in parte ristrutturato in epoca moderna, specialmente il campanile e la facciata, è diviso all'interno in tre navate con presbiterio rialzato e abside semicircolare, al cui centro si apre una piccola finestra a doppio strombo con archivolto in laterizio.

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    * Chiesa di Santa Cristina a Pàncole

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    La chiesa, di origine romanica, è stata recentemente restaurata, e custodisce un quadro con la Madonna in gloria fra i Santi Lorenzo, Leonardo e Cristina di scuola fiorentina del Cinquecento
    Della santa titolare, particolarmente venerata sul territorio, si conserva un prezioso reliquiario di bronzo dorato e smaltato risalente al XV secolo.


    * Chiesa di San Pietro a Cintoia

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    Essa è menzionata già nel 989 in una pergamena di Badia a Passignano. A questa chiesa appartiene un fonte battesimale in pietra serena del secolo XII che, rubato negli anni sessanta, fu poi recuperato e destinato alla Pieve di San Pancrazio di Castelnuovo dei Sabbioni, vicino a Cavriglia. La chiesa di San Pietro a Cintoia custodiva anche una pala robbiana, Tabernacolo Eucaristico tra i Santi Pietro e Paolo. Questa pala fu poi trasferita nella chiesa de La Panca.
    La chiesa conserva l'originale impianto romanico, ad eccezione della parte iniziale modificata in seguito ad un crollo.

    Esterno

    Nonostante le notevoli dimensioni è ad unica ampia navata conclusa da un'abside semicircolare e coperta con capriate a vista. Originariamente era maggiormente sviluppata in lunghezza in quanto l'antica facciata romanica era allineata alla torre campanaria della quale oggi rimangono i resti della parte basamentale. Anche la zona della tribuna venne modificata e tali interventi sono chiaramente leggibili nella parte superiore dell'abside dove manca totalmente il paramento murario in filaretto d'alberese che caratterizza il resto dell'edificio.

    Interno

    L'interno è stato completamente trasformato nel XVIII secolo in stile barocco cancellando ogni traccia della primitiva costruzione romancia.

    A questa chiesa apparteneva un monolitico fonte battesimale ad immersione in pietra serena del secolo XII di forma ottagonale che, rubato negli anni sessanta, fu poi recuperato e destinato alla Pieve di San Pancrazio di Castelnuovo dei Sabbioni, vicino a Cavriglia.

    La chiesa di San Pietro a Cintoia custodiva anche una pala robbiana, Tabernacolo Eucaristico tra i Santi Pietro e Paolo opera di Santi Buglioni. Questa pala fu poi trasferita nella chiesa de La Panca: essa presenta nella predella gli stemmi Altoviti, che avevano il patronato su questa chiesa - infatti l'arme degli Altoviti compare anche, con data 1688, su tutti gli altari in pietra serena di questa chiesa - mentre la tradizione popolare voleva che essa provenisse dalla chiesa soppressa di Santa Margherita a Sugame. I Santi Pietro e Paolo sono rappresentati in adorazione dell'Eucarestia custodita nel ciborio, che presenta al centro un occhio per contenere l'Ostia e un'apertura in basso per il Santissimo Sacramento. Sulla pala è rappresentato Cristo in pietà, La consegna delle chiavi a San Pietro e la Conversione di San Paolo sulla via di Damasco. La cornice ha decorazioni a candelabri sui lati, l'architrave è decorata, i due capitelli hanno teste di cherubini con cornucopie.

    * Chiesa di San Donato a Làmole

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    La chiesa di San Donato a Làmole si trova a Lamole, una frazione di Greve in Chianti in provincia di Firenze, diocesi di Fiesole.

    È costruzione di stile romanico, trasformata nel 1860. All'interno, oltre ad un trittico di scuola fiorentina del XIV secolo, si custodiscono alcune tele del Seicento: una di scuola senese con la Vergine col Bambino e Santi ed uno Sposalizio mistico di Santa Caterina e Santi, vicino ai modi di Matteo Rosselli.


    * Chiesa di San Donato a Citille


    È una delle più antiche chiese del territorio di Greve. Consacrata nel 1072, era posta sulla strada che collegava le due Badie vallombrosane: Passignano e Montescalari.

    * Chiesa di San Martino a Sezzate

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    Nella chiesa c'è una pianeta in damasco verde, con disegno a maglie ogivali, formate da una serie di tralci verticali arricciolati, che hanno al centro un mazzo di fiori. Questa pianeta, attribuita alla Manifattura toscana del secolo XVII, reca in basso l'arme dei Bardi di Vernio, scaccata di rosso, inquartata con l'arme degli Strozzi, raffigurata da tre crescenti. È uno stemma matrimoniale che fa riferimento alle nozze di Carlo Bardi, figlio di Ottaviano, nel 1601 con Maria Maddalena, figlia del senatore Piero Strozzi, la quale morì nel 1613; Carlo Bardi morì il 4 aprile 1646.

    * Chiesa di San Silvestro a Convertoie

    Da questa chiesa proviene una piccola finestrella di vetro, che attualmente è nel Museo di San Francesco (Greve in Chianti), dopo essere stata depositata nel Seminario di Fiesole, la quale rappresenta San Silvestro in una mandorla, dentro una decorazione a raggi e lingue di fuoco. Il santo è in atteggiamento benedicente, vestito da papa, con piviale e veste gialla, in capo ha la tiara. Esso tiene in mano un quadretto con i volti di San Pietro e San Paolo, sotto di lui è raffigurato un cherubino.


    * Chiesa di Santa Maria a Cintoia

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    Alla chiesa di Santa Maria a Cintoia appartiene un dipinto, La Madonna col Bambino, che è un probabile pezzo di un polittico, attribuita al Maestro di San Niccolò, pittore di estrazione orcagnesca della metà del Trecento.



    * Chiesa di San Cristoforo (Strada in Chianti)

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    La Chiesa di San Cristoforo si trova a Strada in Chianti, una frazione di Greve in Chianti. Appartenente alla diocesi di Fiesole, dipendeva nel 1083 dalla pieve dell'Impruneta ma conserva poche tracce dell'antica struttura romanica.


    * Chiesa di Santa Maria a Vicchiomaggio

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    Nel Museo di San Francesco si trova una campana in bronzo appartenente a questa chiesa. La campana reca un'iscrizione in caratteri gotici per la Vergine e la data incisa è quella del 1312. Sull'occhiello della presa è visibile un giglio, che dimostra la produzione fiorentina dell'opera.

    * Cappella di Santa Maria della Neve a Montagliari

    Posta su di una altura che domina la vallata, fu eretta nel 1632 dalla famiglia Gherardini ed è di proprietà privata. Presenta il tipico impianto di epoca barocca ad unica navata e portico esterno.

    * Oratorio di Sant'Eufròsino

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    L'Oratorio presenta una struttura risalente al XV secolo, con tetto a capanna voltato a crociera ed unica navata chiusa da una scarsella. Un grande arco trasversale con capitelli in pietra serena scolpita a fogliami divide la navata dal presbiterio. Nella parete di fondo del presbiterio si erge un monumento funebre gotico, un'edicola, che conteneva i resti del santo, e che conserva un affresco trecentesco raffigurante Santa Caterina. L'edicola è formata da tre mensole con decori laterali e con lo stemma della famiglia Peruzzi, che sostengono il piano.

    * Oratorio di San Giusto a Montemartiri


    L'origine dell'oratorio si trova nel 1102 nella bolla di Pasquale II per il vescovo di Fiesole. Il Papa dava conferma al vescovo del possesso dell'oratorio (ecclesiam Sancti Justi sitam in Monte Rantuli - come era chiamato nei tempi più antichi) e da ciò si evince che esso esistesse già. Questo oratorio era dedicato a San Giusto, che era stato martirizzato qui durante la persecuzione di Decio nel 250. Molto probabilmente in questo luogo, prima della costruzione dell'oratorio, si praticava il culto pagano, come fa pensare un timbro in bronzo - (doliare) di epoca romana, (I secolo d. C.), rinvenuto nei pressi di Chiocchio, la cui provenienza è ritenuta essere San Giusto. Questo timbro raffigura Ercole e presenta la scritta in greco: EPA, (ERA-KLES). A questa bolla faceva seguito un'altra, quella di Innocenzo II nel 1134, analoga alla precedente. Nel contratto fra il pievano di Cintoia e la Confraternita di San Giusto a Montemartiri del 1544 si apprende che la Confratenita si riunì per restaurare l'oratorio che era stato devastato dall'assedio di Carlo V (1529-1530) a Firenze.

    * Chiesa di San Polo

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    Conserva ancora in parte la struttura romanica dell'XI secolo con campanile a torre.

    Architetture civili


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    * Villa Vignamaggio, dove fu girato completamente il film Molto rumore per nulla nel 1993 con Emma Thompson, Denzel Washington, Keanu Reeves, Michael Keaton e Robert Sean Leonard di Kenneth Branagh.

    * Teatro Boito



    Nel 1924 la Società Filarmonica di Greve, o per meglio dire la Società Operaia di Mutuo Soccorso fra i Filarmonici di Greve, commissionò all'ingegner Giovanni Farneschi il progetto di un teatro per il paese. L'ubicazione dell'opera, che presenta una facciata ad angolo tra la via Figlinese e il viale Rosa Libri, era ed è ideale: prossima al centro storico e con ottime possibilità di parcheggio. La costruzione del teatro fu ultimata nel 1926, e nel 1938, l'intero complesso fu acquistato dalla famiglia Ferruzzi, che ne detiene ancor oggi la proprietà, La facciata, che è ancora quella originale, come del resto il foyer, ha stampo eclettico (una scalinata e un portico d'ingresso a tre luci), mentre la sala è stata più volte restaurata. L'ultimo intervento risale alla fine degli anni '80, ed ha visto, oltre all'ammodernamento del locale, anche un adeguamento ai requisiti per la sicurezza. La platea ha una pianta ovoidale, è dotata di un'ampia balconata e dispone di 321 posti; il palcoscenico che è largo m. 9,80 e profondo m. 5,50 è capace di accogliere spettacoli di medio impegno scenico. Mentre nei suoi primi anni di vita il teatro Boito ospitava spettacoli teatrali e lirici di apprezzabile livello, a poco a poco, e soprattutto nel secondo dopoguerra, ha avuto una funzione principalmente di sala cinematografica, limitando gli spettacoli teatrali ad eventi episodici. All'inizio degli anni '90 l'Assessorato alla Cultura del Comune ha stabilito una collaborazione continuativa con il proprietario del teatro, signor Raffaello Ferruzzi per la realizzazione, insieme alla normale programmazione cinematografica, di una rassegna di film d'autore, e di una vera e propria stagione teatrale. Così da una parte il locale è potuto diventare sala d'essai, dall'altra si è dato vita a spettacoli teatrali che hanno riavvicinato il pubblico al gusto ed alla fruizione di spettacoli di eccellente livello. Il Teatro Boito di Greve in Chianti aderisce alla rete Teatri in Chianti.

    Architetture militari

    * Castello di Mugnana

    Nel XIV secolo il Castello di Mugnana, i cui precedenti proprietari erano gli Amidei, divenne proprietà della famiglia fiorentina dei Bardi. Questo castello faceva parte dell'antica Lega di Cintoia. La sua torre era alta in origine circa sessanta metri, ma poi fu ridotta per motivi militari. La sua costruzione e anche quella delle mura risale agli anni precedenti al XIV secolo. Il castello fu danneggiato dagli Aragonesi alleati di Siena nella guerra contro Firenze (1530) e, nel 1890, a causa di un terremoto. Le sue mura, al centro delle quali c'è il cassero (la cui costruzione risale alla seconda metà del Duecento), hanno avuto molti restauri.

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    Il castello di Mugnana si trova sulla via che da Strada in Chianti sale verso Dudda, precisamente su di un poggio isolato e gran parte del suo giro di mura domina un scosceso dirupo. Nonostante le modifiche e gli interventi per renderlo dimora civile, il castello è uno dei meglio conservati del comune di Greve con le sue alte mura e la grande torre. Qui viene siglato in patto, tra Firenze e alcuni comuni che nel 1198 fa nascere la Lega Toscana. Il castello passa più volte di mano nel corso dei secoli: dagli Amidei agli Strozzi, dai Ginori ai Crespi. Fortunatamente è stato sempre ben conservato e l'ultimo restauro ha messo in luce lo splendido cortile.


    * Castello di Sezzate

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    La cinta muraria ha andamento quasi circolare ed è formata da edifici che compongono l'abitato. La sua torre si trovava nel punto più elevato e di essa resta la parte basamentale. Nel castello dominò la famiglia Bardi, i quali esercitarono il patronato anche nella vicina chiesa di San Martino a Sezzate.

    * Castello di Vicchiomaggio

    Il nome Vicchio significa vico, borgo, originato da viclum, viculum. In origine il castello si chiamava Vicchio dei Lambardi, perché apparteneva a questa famiglia nell'epoca longobarda ed esso è ricordato fino dal 957, nei documenti della Badia di Passignano del X e XI secolo. Il castello apparteneva a Littifredo Nobile, figlio di Adolardo, nel 957.

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    Il castello non è distante da "Le Bolle" su una deviazione della 222 Chiantigiana. Già Vicchio dei Lombardi, secondo memorie risalenti al X secolo, la località appartiene sino a tutto il XII secolo a nobili di origine germanica. In epoca rinascimentale il castello di Vicchio appare nelle carte di Leonardo da Vinci (il quale probabilmente vi soggiorna): nello stesso periodo viene aggiunta la parola Maggio a memoria delle "maggiolate" del calen di maggio dei fiorentini. Di questo luogo così scrive il Repetti "Al Vicchio Maggio sembrano riferirsi diverse pergamene della Badia di Passignano scritte attorno al Mille, una delle quali in Settembre 957. È un contratto di affitto di beni posto nel piviere di Silano che il nobile Littifredo, figlio del fu Adolardo, concedeva a terza persona per l'annua responsione di 20 danari d'argento. Il castello di Vicchiomaggio, con annesso piccolo borgo, rimane a lungo in proprietà dei Lambardi, cui seguiranno i Buondelmonti e poi gli Scolari, che mantengono la proprietà fino al 1590. Del vecchio castello resta oggi una torre del XIII secolo e qualche traccia del giro di mura. In epoca imprecisata viene completamente trasformato per dar luogo all'attuale villa-fattoria, splendidamente conservata. La vicina e piccola chiesa di S. Maria a Vicchiomaggio risale al XII secolo e conserva le più antiche campane del Chianti.


    * Castello di Uzzano

    Questo castello conserva i resti della rettangolare cerchia muraria, costruita in bozze di arenaria; la sua torre risale alla seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XIV secolo e fu ricostruita dopo che i Ghibellini l'ebbero demolita, insieme alle mura, nel 1269. I resti del castello furono inglobati in un edificio costruito su disegno dell'Orcagna e ampliati successivamente.

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    Primo signore del castello fu Ranuccio dei Migliorelli, i cui discendenti presero il cognome da Uzzano e non si distinsero per meriti particolari fino al 1539, anno di nascita di Niccolò di Giovanni, benemerito di Firenze nel trecento per la sua onestà e il suo buon governo.Memorabili furono le lotte dei Medici contro il grande Niccolò, il quale tre anni prima della morte, nel 1430, scrisse il proprio testamento, incaricando i consoli dell'arte dei mercanti di Calimala di continuare la fabbrica cominciata per accogliere lo studio fiorentino in via della Sapienza e di prendere la direzione del collegio per i bambini poveri. Le sue ultime volontà, però, furono disattese: la signoria spese il denaro destinato alle due opere per la guerra contro il duca di Milano e il lavoro non venne mai più ripreso. Altro membro importante della signoria fu, due secoli dopo, Marco, che nel 1567, fu podestà di Greve e l'anna dopo di Radda. Il castello, trasformato in villa signorile su disegno dell'Orcagna, divenne proprietà dei da Bagnano e dei Masetti; e una Masetti sposò un Castelbarco Albani, famiglia che, con il conte Briano Castelbarco, è l'attuale proprietaria dell'edificio. Questo, circondato da un vasto parco con un bel giardino all'italiana, è riccamente addobbato nel suo interno con opere d'arte di grande valore e mobili d'epoca. Ma Uzzano non è famosa solo per la sua storia, ma anche per i suoi 43 ettari di vigneto specializzato che produco annualmente 1600 ettolitri di Chianti Classico. I vigneti sono situtati in una zona per natura privilegiata, mentre gli ambienti delle cantine sono tutt'ora quelli del castello originario, con mura spesse fino a quasi nove metri, che garantiscono una temperatura pressochè costante lungo il corso delle stagioni.


    * Castello di Verrazzano


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    Il castello è posto su una deviazione della statale 222 Chiantigiana in località Greti. Il castello da Verrazzano era una antica "casa da signore" sorta in epoca imprecisata e più volte ampliata. Questo luogo, che ha dato i natali ai Verrazzano, sarebbe forse passato nel dimenticatoio se Giovanni da Verrazzano non avesse dato un contributo rilevante alla scoperta della baia di Hudson. In suo ricordo negli Stati Uniti gli è stato dedicato il ponte dalla campata più lunga. A memoria di questo celebre figlio, viene eretto il monumento che si trova nella piazza di Greve. come è noto, Giovanni sconpare nel 1528 durante la sua seconda spedizione alla volta del Brasile.
    Al castello è annessa una cappella in cui si trova una tavola del Ghirlandaio, l'Eterno Padre.

    castello di Querceto

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    Il castello di Querceto è raggiungibile da Greve in Chianti prendendo la strada che, attraverso i monti del Chianti, porta a Figline val d'Arno; è probabilmente l'origine longobarda del luogo. In tempi remoti Querceto rimane sotto l'influenza della vicina Badia di monte Scalari, mentre nel 1220 tutta la zona che comprende Dudda, Torsoli e altri castelli viene confermata da Federico II sotto la giurisdizione imperiale. Agli inizi del XV secolo si può leggere nel "Decimario delle imposizioni" che in località Querceto, Coppo di Binda Canigiani <<possiede un casamento antico>>: oggi non è possibile fare riferimanti certi visto che la seconda invasione aragonese e la guerra del 1530 causano la distruzione del castello e lo smantellamento di tutto il suo circuito murario. Di certo, insieme ai castelli di Dudda e Lucolena, il castello di Querceto ha controllato per secoli le diramazioni che dalla val d'Arno portano alla val di Greve. Cosa sia avvenuto dopo di allora poco si sa: certamente, all'inizio del Granducato, viene ricostruito (sempre dai Canigiani), non più come residenza fortificata ma come casa di campagna, conservando peraltro la torre al centro della facciata. Oggi la villa, anzi la villa-fattoria, grazie al lavoro apportato dai François, agli attuali proprietari sin dal 1895 (di lontana origini francese ma fiorentini da oltre un secolo), si presenta con una struttura molto interessante: all' interno si sono valorizzati gli spazi di un tempo, mentre le cantine sono state ospitate negli antichi fabbricati usando materiali locali e tradizionali. Un ombroso giardino conclude il felice restauro.


    * Castel Ruggero in località Tizzano
    Il castello di Tizzano
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    Ai confini setentrionali del Chianti Classico, su una deviazione della strada che da S. Polo in Robbiana conduce verso Firenze, è situato il castello di Tizzano, contraddistinto da una torre romanica dell'XI secolo, forse cosruito su fondamenta tardo- imperiali. Già proprietà delle famiglie Pitti, Alamanni, Scolari e Talleyrand, Tizzano viene acquistato nel 1882 dai conti Pandofini (gli attuali proprietari). Non lontano si trova la chiesa di S. Stefano a Tizzano dalla facciata ricoperta di vite canadese. Già appartenente al "popolo" che risiedeva a Tizzano, la chiesa viene eratta intorno al Mille probabilmente da Buondelmonti (che, con gli Scolari, verranno allontanati da Firenze all'indomani della battaglia di Benevento).


    Castel Ruggero
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    In una collina situata tra il Poggio della Fontanaccia e quello di Tizzano, a circa 6 Km da Grassina, sorge la grandiosa villa-castello, di origini cinquecentesche, di Castel Ruggero. Originariamente appartenne, come la tenuta di cui si trova al centro, alla famiglia fiorentina degli Alamanni, che diede a Firenze diplomatici insigni come Piero, per circa quarant'anni ambasciatore della repubblica prima di essere nominato senatore dal signore di Milano Galeazzo Maria Visconti, o come il poeta e uomo politico Luigi. Dopo l'estinzione degli Alamanni, villa e tenuta passarono a un ramo dei Niccolini, poi ai Walter, ai Brichieri Colombi, ai Casardi, ai Visconti e nel 1929 ai Pecchioli. La tenuta, creata con criteri moderni alla fine del XVII secolo, appartiene attualmente alla marchesa Ilda Pecchioli d'Afflitto: comprende 12 ettari di vigneto specializzato e produce 650 ettolitri annui di Chianti Classico.
     
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    COLLODI



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    Sul confine tra la provincia di Lucca e quella di Pistoia si trova il paese di Collodi, il cui nome è famoso nel mondo: infatti Collodi vuole dire Pinocchio, cioè la favola più conosciuta in tutti i continenti. Il paese sembra scendere vertiginosamente da una collina ripida che ha per base la splendida Villa Garzoni e il Giardino Garzoni. Per raggiungere Collodi si prende la strada per Lucca, detta la "pesciatina": giunti a Ponte all'Abate si svolta a destra, o a sinistra secondo la provenienza, per arrivare al paese.

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    - In paese si trova il Parco di Pinocchio realizzato tra il 1956 ed il 1987, esempio di creazione collettiva di artisti, dove si può ripercorrere la fiaba in un divertimento spontaneo e naturale, immersi nella tranquillità della natura. Tutto nacque dall'idea del Sindaco di Pescia di celebrare il famoso burattino con una statua. Al concorso vennero presentati 84 bozzetti. Vinsero ex aequo Emilio Greco, con Pinocchio e la Fata e Venturino Venturi con La Piazzetta dei Mosaici. Nel 1956 si inaugurò il gruppo bronzeo che raffigura il cammino di Pinocchio da burattino a ragazzo. I mosaici della piazzetta narrano i principali episodi delle Avventure. Il Parco si è poi arricchito di nuove realizzazioni.

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    Fondazione Nazionale Carlo Collodi

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    fondazione nazionale carlo collodi foto storicaLa Fondazione Nazionale Carlo Collodi è un Ente Morale senza fini di lucro riconosciuto dallo Stato con D.P.R. n. 1313/1962. Dal 1990 è inserita nella Tabella ufficiale delle Istituzioni Culturali di interesse nazionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

    Ha i seguenti scopi statutari:
    - diffondere e far conoscere nel mondo le opere del Collodi, in particolare Le avventure di Pinocchio;
    - raccogliere in una biblioteca le edizioni italiane e straniere delle opere collodiane e tutto quanto valga a ricordare l'Autore;
    - valorizzare con manifestazioni culturali, premi, convegni, conferenze, mostre, pubblicazioni, concorsi, etc. le opere del Collodi; incoraggiare gli scrittori a produrre opere per l'infanzia;
    - realizzare a Collodi un centro studi sulla letteratura per l'infanzia;
    - curare e migliorare il Parco Monumentale di Pisnocchio, ampliarlo e valorizzarlo. È sottoposta alla vigilanza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

    La Storia della Fondazione Carlo Collodi

    fondazione nazionale carlo collodi opera La Fondazione nasce dal Comitato per un Monumento a Pinocchio, presieduto dal professor Rolando Anzilotti, con il primo nucleo del Parco di Pinocchio (realizzato dal Comitato) come patrimonio.

    Il Comitato aveva già avviato importanti iniziative culturali per la raccolta delle opere collodiane, lo studio del Pinocchio e del suo Autore, la ricerca pluridisciplinare sul capolavoro del Lorenzini, soprattutto nell'ambito della pedagogia della lettura e della letteratura giovanile.

    Nel 1962 il Parco di Pinocchio era divenuto una realtà consolidata, le attività scientifiche si erano evolute ed avevano acquisito importanza, il primo nucleo del Comitato si era arricchito con l'entusiastica adesione di personalità di rilievo nazionale, la raccolta delle opere collodiane in tutto il mondo aveva prodotto notevoli risultati. Il Parco aveva provato di poter essere un sostegno stabile e duraturo per una attività istituzionale e culturale internazionale.

    Fu dunque costituita Fondazione Nazionale Carlo Collodi, riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica n° 1313 del 18 luglio 1962. Questa scelta, che definiva il ruolo, gli scopi e la forma organizzativo-istituzionale dell'ente proprietario del Parco, determinò il successivo sviluppo e successo del Parco stesso come realizzazione culturale permanente, anziché come impresa turistico-commerciale.

    Le attività culturali della Fondazione Nazionale "Carlo Collodi" si esplicano a livello locale, regionale, nazionale ed estero. Quelle realizzate a Collodi sono in gran parte nazionali ed internazionali (Compleanno di Pinocchio, concorsi per la scuola e gli artisti, premi letterari, convegni internazionali, seminari, incontri di studio, mostre d'arte o di illustrazione del libro per ragazzi, spettacoli, Biblioteca Collodiana, Centro Internazionale di Studi per la Lettura e la Letteratura Giovanile, borse di studio). In molti casi la Fondazione opera direttamente sul territorio nazionale ed all'estero con concorsi, mostre, convegni organizzati dall'ente, iniziative di ricerca e di documentazione; oppure, per le stesse attività, collabora con Istituzioni Culturali nazionali ed internazionali (Istituti Italiani di Cultura, municipalità, università italiane, istituti universitari esteri, etc.).



    Pinocchio e il suo Parco

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    pinocchio e la fata nel parco

    Il Parco di Pinocchio, inaugurato nel 1956, non è un consueto parco di divertimento, ma piuttosto la preziosa creazione collettiva di artisti di grande personalità.

    Il Percorso letterario, scandito da mosaici, edifici e sculture immerse nel verde, nasce grazie all' unione fra arte e ambiente: l'andamento è tortuoso, la folta vegetazione fa sì che ogni tappa giunga sorprendente e inaspettata, le piante stesse contribuiscono a creare l'atmosfera e gli episodi del racconto delle Avventure di Pinocchio.

    Il Parco stesso è un luogo di attività culturali sempre rinnovate ma mai dimentiche delle proprie radici: mostre d'arte e d'illustrazioni ispirate alla lettura per ragazzi e alla Storia di Pinocchio, laboratori di creazione burattini, spettacoli di burattini, marionette e cantastorie arricchiscono secondo la stagione, la visita del Parco.

    Storia del Parco di Pinocchio

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    Il Parco di Pinocchio non poteva sorgere che a Collodi, dove l'antico villaggio è rimasto come secoli fa, una cascata di case che termina a ridosso della Villa Garzoni e del suo scenografico Giardino, dove nacque la madre di Carlo Lorenzini e lo scrittore trascorse l'infanzia presso i nonni Orzali.
    Il Parco non è il consueto luogo di divertimenti, ma la suggestiva, preziosa opera collettiva di grandi artisti, dove si ripercorre una fiaba che vive grazie al confronto tra l'immaginario espresso nel linguaggio simbolico dell'arte e l'immaginario personale del visitatore. Il divertimento che ne scaturisce è spontaneo e naturale, grazie alla bellezza dell'arte e dell'ambiente. L'idea di complesso monumentale fu, nel 1951, del Sindaco di Pescia, il Professor Rolando Anzilotti, che costituì il comitato per il Monumento a Pinocchio ed invitò i maggiori artisti a concorso. Ottantaquattro gli scultori che risposero: vincitori ex aequo furono Emilio Greco con Pinocchio e la Fata e Venturino Venturini con la Piazzetta dei Mosaici. Nel 1956 si inaugurarono il celebre gruppo bronzeo, che raffigura simbolicamente la metamorfosi di Pinocchio, e gli straordinari mosaici con i principali episodi delle Avventure, in uno spazio progettato da architetti Renato Baldi e Lionello De Luigi.
    Nel 1963 venne l'Osteria del Gambero Rosso, che ospita l'omonimo ristorante, opera di Giovanni Michelucci, le cui rosse campate richiamano le chele di un gambero: nel 1972 il Parco si ampliò con il Paese dei Balocchi, percorso fantastico attraverso oltre un ettaro di macchia mediterranea progettata da Pietro Porcinai per ventun sculture in bronzo e acciaio di Pietro Consagra e costruzioni di Marco Zanuso, che evocano l'intreccio delle Avventure.
    Infine nel 1987, si aggiunse il "Laboratorio delle Parole e delle Figure", progettato e realizzato da Carlo Anzilotti su un'idea di Giovanni Michelucci.

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    Le attività e le attrazioni del Parco

    LE ANIMAZIONI E I LABORATORI (dal 1° marzo al 31 ottobre – gratuiti)

    All’interno del Parco, gli animatori del gruppo Nasolungo effettuano:

    Laboratori Didattici, che mutano il loro contenuto adattandosi all’età dei giovanissimi visitatori, con laboratori di pittura, di maschere, di decorazione, ecc.

    1) Contastorie oppure intrattenimenti con Burattini;

    2) Racconti e mini magie nel Carrozzone delle Fate;

    3) Trucco del Viso con i personaggi della fantasia infantile (a pagamento);

    4) Foto in costume nell’Atelier di Pinocchio (a pagamento).

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    LE GIOSTRE D’EPOCA (dal 1° marzo al 31 ottobre)

    Sotto i lecci, nelle zone adibite al relax, dal 2004 si trovano le giostre storiche, che risalgono a vari periodi tra il 1900 e il 1950, recuperate grazie alla collaborazione di Antonio Buccioni, ed installate nell’area giochi.
    L’evoluzione impietosa della tecnologia, il mutare dei gusti e delle mode ne avevano decretato la morte. Accuratamente restaurate da abili artigiani (particolarmente prezioso l’intervento di Gionata Francesconi, maestro carrista del Carnevale di Viareggio, e quelli di Stefan Zarkov, Urbano Lazzari e Graziano Filippelli), nel rispetto della loro struttura originale e dei moderni requisiti di sicurezza, conservano tutta la poesia, la freschezza, l’ingenuità dei divertimenti di un tempo.

    1) I Cavallini (tra i quali spunta un Pinocchio-cocchiere),

    2) la Giostra Shimmy del Girotondo delle Automobiline,

    3) il Teatrino Meccanico di Pinocchio (un Carrozzone circondato da un teatrino meccanico artigianale e animato che dedica una scena ad ogni capitolo del libro, accompagnandola con un riassunto in minutissima scrittura),

    3) la Giostra Veneziana Lagunare (rara e bellissima giostra con gondole e gondolieri in legno) offrono ai bambini d’oggi la possibilità di conoscere forme di divertimento ormai scomparse altrove ma non certo superate nello spirito che le animava. Un vero ritorno al Paese dei Balocchi.

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    IL LABORATORIO DELLE PAROLE E DELLE FIGURE

    In questa costruzione, ideata da Giovanni Michelucci si trovano:

    1) le mostre d’arte su Pinocchio

    2) il Grande Carillon, un “generatore di suoni” interamente meccanico appeso in un Bozzolo che lo contiene

    3) la Genealogia di Pinocchio, tante reintepretazioni di Pinocchio secondo personaggi di “altre fantasie

    4) la Nuvola Favolosa, un mondo di seta e tulle, di tappeti e cuscini, di suoni e sensazioni per i più piccoli ;

    5) la Realtà Aumentata (a pagamento – dal 1° marzo al 31 ottobre - VEDI SEZIONE PREZZI), una realtà virtuale interattiva in una grande tenda, dove si gioca con Pinocchio, con l’acqua, con gli animali…

    6) Il sentiero dei bisbigli

    Percorrendo il lungo viale dell’uscita dal Parco nuove sensazioni sonore attendono i visitatori.

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    Storico Giardino Garzoni




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    giardino garzoni a collodi e la villa garzoni

    Lo Storico Giardino Garzoni, uno dei più belli d’Italia, rappresenta la felice sintesi fra la geometricità rinascimentale e la spettacolarità del nascente barocco.
    Il giardino si può considerare un'opera d'arte di raro equilibrio, dove il verde, le scalinate, i trionfi d'acqua e le statue costituiscono un tutto unico.
    È un'esperienza assolutamente indimenticabile perdersi fra le meraviglie di questo luogo della fantasia: grotte, teatri ricavati da siepi di bosso, statue rappresentanti esseri mitologici, satiri, figure femminili, serre con i pavoni, foreste di bambù.

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    Un'antica, maliziosa tradizione vuole che la visita sia propizia agli innamorati e non solo per le ombre delle fronde ed i ripari, che consentono baci e carezze, ma per il labirinto, nel quale ritrovarsi è simbolica allusione del cammino da fare insieme per tutta la vita.

    Appena si entra nel giardino si incontrano bellissime aiuole fiorite, statue e due grandi vasche circolari. Camminando si arriva davanti alle due maestose scalinate a doppia rampa caratterizzate da un complesso sistema idraulico che alimenta i giochi d'acqua.
    Attraverso le scalinate si raggiungono le tre terrazze superiori. Al di là l'impressionante scala d'acqua, fiancheggiata da due statue di donne che rappresentano le due eterne rivali: Lucca e Firenze

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    All'estrema cima si trova la statua della Fama che soffia in una conchiglia, dalla quale scaturisce un getto che traccia un arco altissimo. A fianco del percorso principale del giardino, ci si può addentrare in moltissimi altri viali e vialetti laterali per scoprirne le meraviglie tra i profumi delle essenze, i giochi di ombre e luci dati dalle vegetazioni, il mistero dei labirinti, il fascino delle sculture.

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    Gli animali nello Storico Giardino Garzoni



    LE ANATRE DELLO STORICO GIARDINO GARZONI

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    anatre nel giardino garzoni

    Le Anatre sono storicamente presenti nel Giardino fin dal ‘700.
    Questi esemplari sono nati in cattività presso allevamenti autorizzati, direttamente trasferiti nel Giardino muniti delle certificazioni sanitarie e di provenienza prescritte dalla legge.

    La loro detenzione a scopo ornamentale nel Giardino è autorizzata dalla Provincia di Pistoia con Ordinanza n. 2449/2004.


    Alzavola Brasiliana (Calonetta Leucophrys)
    Originaria dell’America meridionale, si trova anche in molte zone dell’Europa e dell’Asia. Il maschio ha piumaggio colorato con dorso rossiccio, la femmina è marrone.


    Carolina (Aix Sponsa)
    Originaria dell’America del Nord, vive in zone ricche di alberi e laghi o zone acquitrinose. Il maschio ha il mantello colorato, la femmina bruno scuro.

    Fistione Turco ( Netta Rufina)
    Vive in alcune zone dell’Europa e dell’Asia e predilige le zone più settentrionali, ma non oltre il 55° parallelo. Il maschio ha la testa rossiccia, mentre per la femmina è di colore bruno.

    Fistione Cileno ( Anas Sibilatrix)
    Originaria dell’America del Sud, vive in gruppi lungo i corsi d’acqua. Il maschio e la femmina non presentano dimorfismo sessuale.

    Volpoca (Tadoma Tadorna)
    Questa anatra deve il nome all’abitudine di occupare le tane delle volpi. E’ diffusa lungo le coste dell’Europa settentrionale, in Cina, Giappone e in Siberia, in Italia è stanziale in Sardegna.

    Mandarina (Aix Galericulata)
    Originaria del Giappone è stata introdotta in Europa attorno al 1930. Oggi si trova in Gran Bretagna e in Bretagna. Il maschio ha un piumaggio colorato, la femmina un colorazione bruna.

    Moretta dal Ciuffo (Aytya fuligula)
    Specie migratrice molto diffusa in Europa, predilige laghetti e non disdegna spiagge riparate. Il maschio è nero e bianco, la femmina ha un mantello bruno uniforme.


    I CIGNI NELLO STORICO GIARDINO GARZONI

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    cigni nel giardino garzoni

    I Cigni sono da sempre ospiti privilegiati delle grandi vasche del Giardino Garzoni.
    Questi esemplari sono nati in cattività presso allevamenti autorizzati, direttamente trasferiti nel Giardino muniti delle certificazioni sanitarie e di provenienza prescritte dalla legge.

    La loro detenzione a scopo ornamentale nel Giardino è autorizzata dalla Provincia di Pistoia con Ordinanza n. 2449/2004.


    Cigno Reale (Cygnus Olor)

    Della famiglia delle Anatidi, il Cigno Reale adulto è completamente bianco, con il becco color arancio e si distingue per il collo arcuato e la coda più lunga.
    In volo ha un portamento maestoso col collo teso e le larghe ali che si muovono lentamente con eleganza.

    Cigno Nero (Cygnus)

    Il Cigno completamente nero ha origini dal subcontinente australiano, ma è ormai di casa in Europa.
    Meno grande del Cigno Reale e meno maestoso in volo, tuttavia è un abile ed elegante nuotatore, quanto è goffo e buffo quando cammina.



    GLI SCOIATTOLI NELLO STORICO GIARDINO GARZONI

    scoiattolo nel giardino di villa garzoniGli Scoiattoli autoctoni vivono da sempre nel Bosco del Giardino allo stato naturale.
    Questi esemplari sono nati in cattività presso allevamenti autorizzati, direttamente trasferiti nel Giardino muniti delle certificazioni sanitarie e di provenienza prescritte dalla legge.

    La loro detenzione a scopo ornamentale nel Giardino è autorizzata dalla Provincia di Pistoia

    Scoiattolo Canadese (Sciurus Carolinensis)

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    Lo Scoiattolo Grigio è originario della regione ne’artica (Canada) ed è stato introdotto in Sud Africa, Australia, Gran Bretagna e Italia nel 1948.
    Vive nei boschi di querce, faggi e noccioli, nei parchi e nei giardini.
    In libertà compete con la specie autoctona (Sciurus vulgaris) e riesce a sopraffarla in quanto abile predatore. Nei noccioleti ed in generale agli alberi apporta danni a volte gravi. E’ quindi adatto a scopi amatoriali tenuto in cattività.



    GRU NELLO STORICO GIARDINO GARZONI

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    gru nel giardino di villa garzoni

    Esemplari appartenenti alla famiglia delle Gruidi erano presenti nel Giardino, insieme ad animali esotici, nell‘800.
    Questi esemplari sono nati in cattività presso allevamenti autorizzati, direttamente trasferiti nel Giardino muniti delle certificazioni sanitarie e di provenienza prescritte dalla legge.

    La loro detenzione a scopo ornamentale nel Giardino è autorizzata dalla Provincia di Pistoia


    Gru Coronata (Balearica Pavonina)
    Della famiglia delle Gruidi, originaria del Sahara Meridionale dove popola le zone paludose.
    Sulla testa è presente un caratteristico ciuffo dorato.
    Molto apprezzato per l’eleganza ed i vivaci colori, nonché per le parate del maschio durante la stagione degli accoppiamenti.


    PAVONE NELLO STORICO GIARDINO GARZONI

    I Pavoni sono da sempre ospiti privilegiati del Giardino Garzoni.
    Questi esemplari sono nati in cattività presso allevamenti autorizzati, direttamente trasferiti nel Giardino muniti delle certificazioni sanitarie e di provenienza prescritte dalla legge.

    La loro detenzione a scopo ornamentale nel Giardino è autorizzata dalla Provincia di Pistoia


    Pavone (Pavo Cristatus)

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    I Pavoni, originari dell’India, sono tra i galliformi più grossi e sono diffusi in tutta l’Europa.
    l Maschi presentano le 20 penne copritrici della coda allungate e vivamente colorate, formando un lungo strascico che aprono a ruota in presenza della femmina.




     
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    Collodi Butterfly House




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    farfalle all'interno della Butterfly Housecollodi

    La Collodi Butterfly House è uno splendido edificio-serra in pietra e cristallo autoportante, progettata da Emilio Faroldi e Maria Pilar Vettori dello studio di architettura emilio faroldi associati, con sede a Parma e Milano, che ospita un lussureggiante giardino tropicale contenente un migliaio di farfalle provenienti da tutto il mondo. All'interno una presentazione audiovisiva, preparerà il visitatore alla comprensione della vita animale e vegetale che potrà ammirare all'interno della Collodi Butterfly House .

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    Presentazione didattica che prosegue, anche nel percorso interno, con 10 pannelli informativi giganti, due insettari e un formicaio.
    La costruzione fonde la massima tecnologia del vetro attualmente applicabile nelle costruzioni con la magia, la luminosità, la leggerezza che le glasshouses e le farfalle parimenti evocano.

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    All'interno il visitatore può ammirare un bellissimo giardino esotico dove giornalmente si corteggiano, si nutrono sui fiori e si riproducono, circa un migliaio tra le più belle farfalle del mondo provenienti da ambienti Amazzonico o Neotropicale, Afro-tropicale e Indo-australiano.

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    Un mondo affascinante dove trionfa l'etologia, dove si possono vedere tutti gli stadi di sviluppo (uovo, bruco, crisalide e farfalla), osservare le differenze tra le farfalle diurne e le notturne, (falene), riconoscere le colorazioni aposematiche, terrifiche e i trucchi adottati per la sopravvivenza, come il mimetismo batesiano e mulleriano.

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    HESPERIDARIUM


    Il Giardino degli agrumi Pescia


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    Un giardino di livello internazionale, unico nel suo genere poiché raccoglie oltre 200 varietà di agrumi provenienti da tutto il mondo. Non è un agrumeto ma un vero e proprio parco botanico dedicato agli agrumi ornamentali, dove è possibile ammirare antiche Cultivar delle collezioni medicee del ‘500, varietà rare ed esotiche provenienti dal lontano oriente, ma anche nuove varietà più moderne originarie dell’emisfero australe. Con 2.000 metri quadri di estensione, la grande serra principale fa da mantello al parco, lo protegge dalle intemperie e consente di poterlo visitare in ogni condizione meteorologica.

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    Il parco saprà sorprendere il visitatore con un percorso nuovo e pieno di curiosità e costituisce un’occasione particolarmente invitante anche per un pubblico di non addetti ai lavori.

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    La collezione di piante di agrumi si articola infatti tra vialetti, tunnel vegetali, fontane e grandi figure ispirate alla fiaba di Pinocchio. Il parco del più famoso burattino del mondo si trova infatti a soli 2 Km di distanza dal “GIARDINO DEGLI AGRUMI”.

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    Da una storia di famiglia un'idea che guarda al futuro. Era il 1963 quando Oscar Tintori, il fondatore dell'azienda di Pescia che tuttora ne porta il nome, decise di iniziare la conversione dell'attività di floricoltura in allevamento di agrumi ornamentali. La passione per quella pianta e il modo di riprodurla, per margotta, davano tali risultati e soprattutto incontravano un successo così convincente che forse, si sarà detto, il rischio era da correre. Eppure, a guardar bene, la Toscana ha sempre avuto un ruolo importante nell'arte delicata degli agrumi in vaso. Basti pensare alla tradizione delle ville rinascimentali. La Valdinievole in particolare, per la particolari condizioni pedoclimatiche che la caratterizzano, è sempre stata un territorio ideale per gli agrumi.
    Tutto questo ha consentito la realizzazione di una storia di successo che ha portato Tintori in tutta Europa, con una gamma di prodotti che adesso comprende anche gli accessori per la perfetta cura della pianta oltre a derivati come marmellate e miele, ovviamente di agrumi. Ma il gene dell'inventiva deve essere ben radicato in questa famiglia, se arrivati ormai alla terza generazione, ed evidentemente non senza soddisfazione, hanno deciso di proporre un progetto che certamente segnerà un momento importante nel loro cammino.

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    In effetti visitando lo straordinario Giardino degli Agrumi, nel quale è possibile ammirare le oltre duecento varietà che la famiglia ha raccolto, è possibile avere un'idea concreta del concetto di Biodiversità che pare oggi fortemente minacciato. Una straordinaria ricchezza di forme e colori caratterizza un percorso dove, tra un agrume del deserto australiano e una particolarissima varietà dai frutti a forma di mano, fanno bella mostra di sé le sculture lignee di quel Pinocchio che proprio a pochi passi da qui ha trovato i suoi natali.


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    La magia degli agrumi.
    Le straordinarie forme, i colori, la loro armonia.

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    CASTEL DEL PIANO


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    "... facile primum..."
    "..Castel del Piano..per la bellezza del luogo, per la comodita' dell'amena posizione, senza dubbio e'il primo tra quanti sorgono su quel versante... (Papa PioII)

    Un paese situato in una straordinaria posizione naturale, ai limiti di un pianoro da cui deriva il nome (Castrum Plani). Circondato a monte da boschi - castagneto a quote piu' basse e faggeta - (una delle piu' grandi d'Europa) a mille metri circa e a valle da oliveti, vigne e alberi da frutta, dotato di tutti i servizi e le attrezzature sportive e ricreative per una vacanza ideale. Al centro di una zona di acque sorgive purissime che sono al tempo stesso un notevole spettacolo naturale e la principale risorsa idrica delle province di Grosseto e Siena.

    Una montagna a misura d'uomo raggiungibile in un quarto d'ora dai 632 metri del centro storico ai 1300-1400 dei Prati delle Macinaie e della Contessa (entrambi nel territorio comunale di Castel del Piano), fino ai 1732 metri della vetta Amiata, antichissimo vulcano, dove e' possibile ammirare la monumentale "Croce" e la "Madonnina degli Scouts".
    Cenni storici

    Castel del Piano.Numerosi reperti rinvenuti nelle immediate vicinanze riferibili al Paleolitico, Neolitico ed alla civilta' appenninica ed ai periodi etrusco-romano, rendono antichissime le origini di Castel del Piano. Forse gli Etruschi sfruttavano le miniere di cinabro (mercurio) del Monte Amiata ed anche la terra "bolare" che si trova nei pressi del Paese. Nell'890, Casale Plana (Castel del Piano) e' tra i possedimenti della grande Abbazia benedettina-cistercense di Abbadia San Salvatore.

    Sec. XII - Comincia la penetrazione di Siena nel territorio amiatino. Scarsi nel '200 i documenti che riguardano Castel del Piano. Il castello viene riconfermato agli Aldobrandeschi di Santa Fiora e la Chiesa di San Leonardo, divenuta "Pieve", ai monaci benedettini di Abbadia San Salvatore, con brevi parentesi di diritti anche da parte del vescovo di Chiusi.

    Nel 1175 il Casale e' trasformato in Castello (Castrum Plani).

    Nel 1198 la localita' e' detta anche "Plana Ferraria"; lo storico Pecci sostiene che tale denominazione sarebbe derivata da una ferriera, secondo altri starebbe ad indicare le rocce di colore ferrigno che sovrastano il pianoro.

    1330 - 7 settembre - I Conti di Santa Fiora concedono a Siena meta' di Castel del Piano in garanzia dell'accettazione delle condanne loro inflitte dal Comune stesso di Siena.

    Castel del Piano.1331 - 21 aprile - Guidoriccio da Fogliano, capitano dei Senesi conquista Scansano e secondo alcune fonti anche Castel del Piano e muore alla conquista di Arcidosso.

    1331 - agosto - Deliberazione di spendere 12 lire e 6 soldi per un Palio fatto in onore di Guidoriccio vittorioso sulla terra di Castel del Piano ed Arcidosso.

    1331 - 14 dicembre - Cessione di Castel del Piano alla Repubblica di Siena dietro pagamento di 8.000 fiorini d'oro.

    1331 - 14 dicembre - "Maestro Simone dipegnitore die' avere 7 fiorini d'oro per suo salaro che depense nel Palazzo del Chomune di Siena, Arcidosso et Chastello del Piano". (A questo punto e' doveroso accennare alla "querelle" sul Guidoriccio da Fogliano dipinto nella Sala del Mappamondo a Siena: il professore americano Gordon Moran non lo ritiene opera di Simone Martini avanzando senza mezzi termini l'ipotesi del falso. Le tesi provocatorie dello studioso statunitense sono state riprodotte in un murales all'interno del Palazzo Comunale di Castel del Piano, nel 1990, ad opera degli artisti mantovani William Tode e Paulangel).

    1332 - febbraio - Giuramento di fedelta' alla Repubblica di Siena di 283 uomini di Arcidosso e 81 di Castel del Piano.

    1377 - Santa Caterina da Siena e' presente a Montegiovi, Colombaio, San Processo e Pieve di Lamula. I Castelpianesi combatterono cosi' valorosamente nell'esercito senese nelle successive guerre contro i Conti di Santa Fiora da meritarsi,come ricompensa, una prima franchigia sulle tasse dal Comune di Siena ed in seguito, il 7 settembre 1393, la concessione degli "Statuti". La "Fiera di merci e bestiame" del 9 settembre, che si tiene ancora oggi, risale al 1402 e venne concessa dal Comune di Siena.

    Castel del Piano.1430 - Quattro soldati nati a Castel del Piano (Arrighi, Donati, Ricci e Vagaggini), durante una delle guerre tra Siena e gli Aldobrandeschi, portarono come ex voto da Sorano a Castel del Piano la santissima effige della Madonna (attribuita a Sano di Pietro) e fu iniziata l'edificazione del primo nucleo dell'attuale Chiesa della Madonna delle Grazie.

    1462 - Il Papa umanista Pio II (Enea Silvio Piccolomini) elogia Castel del Piano: "...facile primum..." (sicuramente il primo) "...per la bellezza del luogo, per la comodita' dell'amena posizione, senza dubbio e' il primo tra quanti sorgono su quel versante..." (Commentari di Pio II). Quindi segui' le sorti della Repubblica senese e dopo la sua caduta (1555/1559) passo' ai Medici di Firenze.

    1571 - Furono confermati gli antichi "Statuti", In seguito fece parte del Granducato di Toscana sotto i Lorena.

    Fine XVII inizio XVIII secolo - Sono attivi i pittori di scuola senese Nasini, a partire dal capostipite Francesco. Al numero civico 43 di Corso Nasini troviamo la casa natale di alcuni di loro, come ci ricorda una lapide del 1869.

    1765 - 14 luglio - "Fu determinato farsi un palio di valore circa quindici scudi da giuocarsi alla corsa dei cavalli quando potra' riuscire nelle Storte", Deputazione della S.S. Madonna delle Grazie; questa data si puo' considerare il vero atto di nascita del Palio di Castel del Piano.

    Castel del Piano.1771 - 7 settembre - Il Granduca di Toscana conferma in onore della Madonna delle Grazie una straordinaria fiera, gia' concessa da Siena nel 1402. Questo avvenimento e' molto importante per la materia "paliesca" in quanto abbiamo una prima descrizione minuziosa di "carriere" corse "alla lunga" e "alla tonda". Sempre nel 1771 Pietro Leopoldo di Lorena, "motu proprio", venne a far parte della Provincia Inferiore di Siena, che ebbe come Capoluogo Grosseto.

    1859 - 1860 - Nelle battaglie di Curtatone e Montanara combatterono due cittadini di Castel del Piano: Andrea Fratini ed Achille Franci. Altri due cittadini, Francesco Magliacani e Giuseppe Sorbelli, furono accanto a Garibaldi e tornati al paese natio vollero ricordare l'impresa con due panchine di pietra trachitica in Piazza R.G.Carducci, il popolare "piazzone, su una delle quali vi e' inciso "uno dei mille".

    1915 - 1918 - Molti figli di Castel del Piano parteciparono alla Grande Guerra e il loro sacrificio e' immortalato nel Parco della Rimembranza nel Monumento ai caduti di tutte le guerre (1926), opera dell'architetto e pittore Francesco Notari.

    1944 - Passaggio del fronte alleato; fu presente il generale De Gaulle (sembra che abbia diretto le adunanze da una delle ville del Parco della Rimembranza).

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    Il palazzo e la loggia

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    La Loggia


    La loggia pubblica, situata a fianco del palazzo Nerucci del quale fa parte integrante, risale al 1554, come documenta una targa con questa data incisa fra gli archi. Fu costruita per iniziativa di Domenico Nerucci (nato a Castel del Piano nel 1529) lo stesso che commissionò la costruzione dell'adiacente palazzo; fu questi un importante personaggio, legato alla corte pontificia, che rivestì numerose cariche ecclesiatiche, prima come auditore del Cardinale Fornelli, poi come auditore fiscale in Campidoglio sotto Gregorio XII ed infine come Giudice d'appello sotto Sisto V. Il nome "Domenicus Nerutius" compare infatti inciso sopra l'architrave di una finestra al primo piano, mentre su un'altra si legge la data "A.D. MDLXXXII". Il Palazzo che occupa una vasta area tra Piazza Colonna ae Corso Nasini è improntato sul modello del palazzo rinascimentale ad avancorpi laterali racchiudenti un cortile, adottato all'inizio del Cinquecento da Baldassarre Peruzzi a Roma per la Villa della Farnesina di Agostino Chigi costruita lungo la riva del Tevere: Il fronte principale è caratterizzato da un ampio portale bugnato fiancheggiato da finestre inginocchiate e reca a livello superiore finestre con cornici ed architravi in pietra serena, allineate al di sopraLa Loggia di una marca-davanzale anch'esso in pietra. Anche la composizione degli altri fronti sul Corso Nasini è improntata ad un rigoroso ordine simmetrico e ad una sapiente distribuzione di pieni e di vuoti conferita attraverso l'uso della pietra che risalta sulle superfici ad intonaco. Questo edificio è riferibile probabilmente ad un archietetto di rilievo, forse un seguace dello stesso Peruzzi. La loggia, dai caratteri rinascimentali, si sviluppa su uno schema ad "L" aderente al lato Nord del Palazzo. È coperta a travatura lignea e formata da coppie di archi a tutto sesto poggianti su colonne a capitello dorico alternate a pilastri a fascio nell'angolo e alle sue estremità. All'interno di essa, sono murati alcuni stemmi ed iscrizioni che ricordano personaggi che hanno ricoperto cariche pubbliche a Castel del Piano nel corso del XVI e XVII secolo, come quello di Giorgio Petrucci "viroiterum praetori" recante la data 1629, quello di Alfonso Bandini "pretori ustissimo" recante la data "1637" e d ancora quello di Benvoglienti di Siena con iscrizione illeggibile e a data 1629 (?). Il palazzo dunque dopo essere appartenuto ai Nerucci fu adibito ad uso pybblico, fu residenza dei capitani di giustizia, poi sede comunale, funzione che ha mantenuto fino al secolo scorso quando il Comune si è trasferito nel Palazzo Ginnaneschi.

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    Secondo i critici la struttura originaria del palazzo era improntata al modello adottato all'inizio del cinquecento da Baldassarre Peruzzi a Roma per Villa della Farnesina. Al centro della Piazza vi sono i "resti della colonna angolare di piazza" dove erano affissi gli avvisi pubblici.In Via Nerucci si nota una colonna che, secondo alcuni, delimitava le diocesi di Chiusi e Montalcino; poco sopra vi e' un'antica "buca per le lettere" (1471), probabilmente una elemosiniera riadattata.

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    Salendo verso l'alto troviamo l'antico Spedale (1765) e il teatrino comunale, ex oratorio della Compagnia del Corpus Domini, dove nella facciata e' dipinto l'antico stemma di Castel del Piano: un castagno in campo bianco.





    Il Palio delle Contrade



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    Il Palio delle Contrade di Castel del Piano nasce dalla tradizione plurisecolare di venerare la Madonna Santissima delle Grazie con solenni funzioni e con corse dei cavalli.

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    Il Palio ha origini molto antiche, risalenti alla "Fiera di Merci e Bestiame" del 9 settembre 1402, concesso dalla Repubblica di Siena, che aveva conquistato il paese nel 1331, per mano del famoso Guidoriccio da Fogliano. L'illustre storico, accademico dei Georgofili, Ildebrando Imberciadori (1902-1995), ha ipotizzato che le prime corse, dette carriere, possano essere iniziate proprio in quel periodo, con sfide tra i mercanti e i barrocciai accorsi per la grande festa. Dal 1431 con la leggenda legata alla SS. Madonna delle Grazie (pregevole opera su fondo oro attribuita al quattrocentista senese Sano di Pietro), diviene principalmente una festa religiosa.

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    SS. Madonna delle Grazie.

    La leggenda radicata nella tradizione, vuole che questa immagine fosse venerata in una piccola cappella della campagna di Sorano, posseduto, in quei tempi, dai conti Aldobrandeschi di Santa Fiora.

    E fu appunto durante una delle frequenti guerre tra Siena e gli Aldobrandeschi, nel 1430, che quattro soldati di Castel del Piano, che combattevano a fianco di Siena,furono salvati grazie all'intervento della Vergine Maria. L'esercito senese era accampato nei pressi di Sorano e i quattro soldati, Vagheggini, Ricci, Donati e Arrighi, decisero di visitare la sacra effige. E fu proprio l'immagine della Madonna di fronte a cui essi si erano raccolti in preghiera, che li avvertì che i nemici erano vicini ed in gran numero e che avrebbero distrutto l'oratorio.

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    I quattro, dunque, fuggirono per salvare la tavola e se stessi e, tornati a Castel del Piano, la deposero nella piccola cappella fuori delle Mura, davanti alla Porta Pianese.

    Dagli ultimi studi la data di nascita del Palio delle Contrade di Castel del Piano può essere fatta risalire all'adunanza del 14 luglio 1765 della Deputazione della SS. Madonna delle Grazie. "Fu determinato farsi un Palio di valore circa quindici scudi da giuocarsi alla Corsa dei Cavalli quando potrà riuscire nelle Storte". Ed infatti il Palio fu corso il 7 luglio 1771in occasione dell'incoronamento della Santissima Madonna delle Grazie da parte del Granduca di Toscana Leopoldo di Lorena e fu vinto dalla Comunità di Montenero. Si può quindi ben dire che la "carriera" di Castel del Piano ha assunto da quell'anno la struttura attuale. Dopo il 1771 le carriere, nel quadro delle festivita' castelpianesi, continuarono per tutto l'ottocento e i primi del novecento. Nel dopoguerra proseguirono le corse nella storica Piazza Garibaldi, con gare e premi, ma senza Contrade, Comunità e Comuni. Nel 1967 fu decisa una radicale trasformazione delle corse dei cavalli in Palio delle Contrade, scelte per affinità di territorio e tradizionali divisioni in rioni.

    Le attuali quattro Contrade, BORGO - MONUMENTO - POGGIO - STORTE corsero il primo Palio dell'era moderna l'8 settembre 1968. Nel 1990 è avvenuta la rifondazione del Palio, con l'introduzione di molte novità regolamentari e con l'aggiuntadi un colore di listatura alle insegne di ogni Contrada, legato alla tradizione delle Compagnie laicali.

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    .Il Palio delle Contrade di Castel del Piano si disputa ogni anno l'8 settembre ed è preceduto dal "corteo storico", che costituisce la rappresentazione allegorica degli avvenimenti storici compresi tra il 1330 e il 1571. Il corteo è aperto da un vessillifero che porta la "balzana", stemma dello Stato senese, in ossequio alla fedeltà verso la Repubblica dimostrata dalla popolazione di Castel del Piano, dall'anno del passaggio (1330) a quello della caduta (1559), nonché a perenne ringraziamento per la concessione della fiera del 9 settembre, che sin dall'istituzione (1402) è stata inesauribile fonte per l'economia del Paese. Segue il vessillifero che porta l'antico stemma di Castel del Piano, raffigurante un maestoso castagno, simbolo delle principali attività del Paese: agricoltura, commercio e artigianato. Ai lati sfilano i vessilliferi che portano gli antichi stemmi delle Frazioni di Montegiovi e Montenero, raffiguranti tre losanghe gialle su sfondo rosso ed un leone rampante su sfondo bianco.


    .E' la volta, quindi, del collegio dei Priori, vestiti ognuno con i colori delle contrade che rappresentano. Il Poggio rappresenta il Priore della Lira Maggiore, il Monumento quello della Lira Minore, le Storte e il Borgo quelli della Lira Media. È la volta del Palio e rappresenta la riproposizione storica ed allegorica della consegna, alla popolazione di Castel del Piano, della pittura lignea di scuola senese raffigurante la Madonna col Bambino e venerata ininterrottamente dal 1431.

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    È sorretto da quattro soldati che rappresentano la riproposizione allegorica di quei castelpianesi Vagheggini, Donati, Arrighi e Ricci, che portarono la sacra effige a Castel del Piano. Dietro il Palio sfilano in ordine le comparse delle quattro contrade, ognuna con i propri colori, simboli e bandiere.

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    Rappresentano le classi sociali, le attività economiche dell'antico Comune e le Compagnie laicali. Il Poggio è la nobiltà locale e senese, i proprietari degli antichi palazzi e dei terreni a valle; tra le sue comparse sfila anche il Camerlengo, che era il "Ministro del tesoro e delle finanze" dell'epoca. Le Storte e il Borgo sono il ceto medio, nerbo dell'economia del paese, i piccoli e medi proprietari di appezzamenti a valle e i titolari delle botteghe artigiane e commerciali. Il Monumento rappresenta i coltivatori, i tessitori ed i mercanti di lino, prodotto con colture intensive nei Campi di S. Giovanni e fonte di primaria importanza per l'economia dell'antico Comune. Tutte le contrade hanno "uomini in armi" che rappresentano la partecipazione dell'intera popolazione alla vittoriosa guerra del 1369 contro i Conti Aldobrandeschi di Santa Fiora.


    Contrada Borgo

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    I Colori sono il rosa e viola con listatura nera.

    Il territorio comprende l'intera zona del Borgo, si estende da Via S. Giovanni a Via di Montegiovi e rappresenta le antiche Contrade Fonte, Volpaio, Colombaio, Tepolini.

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    Il Santo Patrono è Francesco D'Assisi e la festa si celebra il 2 agosto giorno del Perdono di Assisi.

    La Chiesa è quella di San Giuseppe.

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    12 Vittorie
    Ultima vittoria 2009.
    CAPITANO: Alessandro Pasqui
    PRIORE: Ivano Pucci

    La Compagnia laicale è quella dei "Neri", che rappresenta i piccoli artigiani e i commercianti e, quindi, il Primo Priore della "Lira Media".



    Contrada Monumento



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    I Colori sono rosso e blu con listatura bianca.

    Il Territorio comprende i campi di S.Giovanni e si estende fino a Via del Fattorone.

    Il Santo Patrono è Giovanni Battista e la festa si celebra il 29 agosto.

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    La Chiesa non è presente ed officia nell'Altare del Monumento ai Caduti.

    La Compagnia Laicale è quella dei "Bianchi", che rappresenta i coltivatori, i tessitori ed i mercanti di lino e, quindi, il Priore della "Lira Minore".
    9 Vittorie
    Ultima vittoria 2008
    CAPITANO: Daniele Lepori
    PRESIDENTE: Massimo Bonelli
    La Sede è in Via Campogrande.

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    Contrada Poggio



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    I Colori sono giallo e verde con listatura rossa.

    Il Territorio comprende l'intera zona del Castello e raggruppa la contrada Piana, Capezzuolo, Penna e Palazzo.

    Il Santo Patrono è il SS. Corpo di Cristo e la festa si celebra l'8 di agosto.

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    La Chiesa è quella del SS.Sacramento (Chiesa Piccina).

    La Compagnia laicale è quella dei "Rossi", che rappresenta la nobiltà e, quindi, il Priore della "Lira Maggiore" ed il Camerlengo.

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    Immagine.8 Vittorie
    Ultima vittoria 2006.
    CAPITANO: Giuseppe Roussell
    PRESIDENTE: Marco Pieraccini
    La Sede è in Piazza Colonna.





    Contrada Storte



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    I Colori sono bianco e nero con listatura celeste.

    Il Territorio comprende il lato esterno di Piazza Garibaldi e da Via del Fattorone a Via dei Mulini estendendosi fino alle Frazioni di Montenero e Montegiovi.

    Il Santo Patrono è l'Assunta e la festa si celebra il 16 agosto.

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    La Chiesa è quella dell'Opera.

    La Compagnia Laicale è quella dei "Celesti", che rappresenta i piccoli artigiani e i commercianti e, quindi, il Secondo Priore della "Lira Media".

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    13 Vittorie
    Ultima vittoria 2007.
    CAPITANO: Simone Mastacchini
    PRESIDENTE: Silvia Nieto
    La Sede è in Via G.Marconi.
     
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  10. gheagabry
     
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    « Per mezza Toscana si spazia un fiumicel
    che nasce in Falterona e cento miglia di corso nol sazia »
    (Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, Canto XIV)



    ......I ponti di FIRENZE......





    Già intorno alla metà del I secolo a.C., pochi anni dopo la fondazione della città, fu costruito il primo ponte della storia di Firenze, ma solo nel XII secolo la prima cerchia urbana comunale (1125-1175) comprendeva per la prima volta anche una parte dell'Oltrarno. Da questo momento l'Arno diventa un'infrastruttura interna alla città e elemento fondamentale della fortuna di Firenze fra il XIII e il XV secolo....La città è divisa in due dal fiume, ma i suoi affascinanti ponti riescono a conferirle un armonico senso di continuità. L’Arno arriva da sud attraversando la città e passando sotto Ponte San Niccolò....e, infine, saluta Firenze con il Ponte all'Indiano.


    Del 1317 è l’idea del Ponte a San Niccolò che avrebbe dovuto chiamarsi Ponte Reale in onore del re Roberto d’Angiò, capo del partito guelfo...Si pose la prima pietra ma lì ci si fermò. Il ponte sorse solo nel 1835 per volontà di Leopoldo II...In origine era un ponte sospeso, tenuto su da corde metalliche tese tra sponda e sponda dell’Arno...Travolto dall’alluvione del 1844, venne ricostruito nel 1853 e ancora modificato nel 1890 mantenendo sempre una struttura metallica....Caduto il Granducato lorense, decadde il nome a favore dell’attuale in onore del quartiere adiacente e anche il balzello economico per il transito. Ricostruito nel 1890 per permettere il passaggio del tram, fu poi chiuso nel 1939. Un ponte provvisorio, costruito nel 1944 dagli Alleati, fu infine smontato per la costruzione del ponte attuale, edificato nel 1949 su progetto di R.Moranti....Come tutti gli altri ponti fiorentini, ad eccezione del Ponte Vecchio, fu minato e distrutto nel corso della seconda guerra mondiale e ricostruito negli anni seguenti con l’attuale struttura in cemento armato, ad una sola arcata, a differenza di tutte le precedenti strutture che erano state sviluppate a tre arcate, con eccezione della prima che era sospesa.


    Ponte delle Grazie...Terzo ponte per data di costruzione, nacque nel 1237 quando il podestà dell’epoca, Rubaconte da Mandello, pose la prima pietra insieme a Lapo, padre di Arnolfo di Cambio. Per questo a lungo il suo nome di ponte Rubaconte..Costruito subito interamente in pietra, con nove arcate, nel punto più ampio del fiume, era il ponte più lungo di Firenze. Anche sul Ponte alle Grazie (o Rubaconte) erano state erette un certo numero di costruzioni, casette in legno, perlopiù tabernacoli, poi trasformati in cappelle (1471), romitori e botteghe, simili a quelle esistenti sul Ponte Vecchio, ma più graziose. Fra questi c’erano le celle delle <<murate>>, dove viveva sin dal 1320 una piccola comunità di monache di clausura trasferite poi nel Quattrocento nel monastero omonimo in via Ghibellina...Fra queste cappelle vi era una con una Madonna di patronato degli Alberti presente sul primo pilone dell’antica struttura, detta Santa Maria alle Grazie (attribuita al Maestro della Santa Cecilia, fine XIII - inizi XIV secolo), per via delle sue proprietà miracolose che tradizionalmente riuscivano a fare la grazia, cioè ad esaudire i desideri di chi vi si rivolgeva. Da questo tabernacolo il ponte prese il nome attuale...Sulla testa di questo ponte nel 1273 le fazioni fiorentine dei Guelfi e dei Ghibellini siglarono una pace solenne alla presenza del pontefice Gregorio X.
    Solo dopo quattro giorni la pace saltava e le ostilità riprendevano più accanite di prima.
    Il ponte resistette a tutte le alluvioni, anche a quella disastrosa del 1333.





    .......ponte vecchio.......



    Primo e unico ponte costruito durante l’età romana intorno alla metà del I secolo a.C., il Ponte Vecchio è uno dei simboli di Firenze, l’unico risparmiato dai tedeschi durante la ritirata fatta di bombardamenti per tutti i ponti nel 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale, e attrazione per turisti provenienti da tutto il mondo.
    Con grande storia alle spalle, il primo ponte venne costruito sul luogo dove si trovava l’antico traghetto usato per attraversare l’Arno....In legno e su pile di pietra, si trovava un po’ più a monte di dove si colloca ora,
    in asse con l’allineamento via Roma- via Calimala.
    Nel II secolo con l’apertura della via Cassia il ponte fu ricostruito un po’ più a valle, dove è ora, sulla linea via Romana- via Por S. Maria: fino al 1218 tale ponte era l’unico collegamento tra le due rive dell’Arno.
    Più volte rovinato dalle alluvioni tra le quali quella del 1117, dopo la quale venne ricostruito, nel 1170, in pietra e a cinque arcate, lungo e largo e dove vi furono installate botteghe di legno ai due lati a sbalzo sul fiume.
    Costruito così, il ponte aveva il difetto di essere un grosso ingombro alle correnti in piena, e non riuscì a resistere
    a una delle più terribili e tragiche piene come quella del 4 Novembre del 1333, che si portò totalmente via il ponte.
    Dopo la costruzione dei lungarni, il ponte venne ricostruito nel 1345 ad opera di Taddeo Gaddi e Neri Fioravanti, con struttura di tre arcate ribassate, e di larghezza da permettere di costruire al disopra di esso due portici ad arcate.
    La ricostruzione, avvenuta tra il 1333 ed il 1345, fu possibile grazie al guadagno reso dall’affitto dei negozi, in origine quarantatrè costruiti in legno, e questa volta rifatti in muratura e disposti simmetricamente ai lati del ponte e interrotti al centro da una piazzetta. Le botteghe furono destinate ad arti come quello della Lana, a macellai e verdurai. O più precisamente, da un censimento che Cosimo I fece eseguire verso la metà del Cinquecento, risultava che in quel tempo sul Ponte Vecchio avevano la propria bottega 3 beccai, 3 pizzicagnogli, 5 calzolai, 2 legnaioli,
    2 biadaioli, 1 bicchieraio, 1 merciaio, 1 rivendugliolo e una decina di venditori di generi diversi.
    Questo fino a quando il granduca Ferdinando I ordinava che le botteghe del Ponte Vecchio venissero sgomberate dagli attuali occupanti e divenissero sede obbligatoria di orafi, argentieri, bancherotti, (ossia i gioiellieri), della città, poiché il ponte era diventato “luogo assai frequentato da gentiluomini e forestieri”.
    Da una relazione risulta che gli orefici erano 41 e i bancherotti 8.
    Il ponte, molto diverso da come oggi appare, manteneva le forme e le caratteristiche della città medievale; perfettamente armonioso, era costruito in conci di pietra forte. Le botteghe, tutte delle stesse dimensioni, non dovevano avere alcuna finestra dalla parte esterna, quelle che guarda il fiume, e si interrompevano a metà con una piazzetta con libera visuale sull’Arno.
    Iniziò ad avere l’aspetto prossimo a quello attuale verso il 1700,
    quando i negozi cominciarono ad abbellirsi con aggiunte di vetrine, specchi, decorazioni.



    L’aspetto del ponte cambiò notevolmente con la costruzione del CORRIDOIO VASARIANO, ordinata nel 1565.
    Costruito da Giorgio Vasari per ordine di Cosimo I, tale corridoio aveva lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti, e per dare opportunità ai granduchi di muoversi liberamente e senza pericoli, visto l’appoggio ancora non certo della popolazione
    verso il nuovo Duca e il nuovo sistema di governo che aveva abolito l’antica Repubblica fiorentina.
    Per questo anche il cambiamento voluto da Ferdinando I delle botteghe: per evitare
    che odori di cibarie varie come pesce o carni potessero raggiungere il corridoio.
    Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il Lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli e prosegue sulla riva sinistra (“Oltrarno”) fino a Palazzo Pitti...Al centro del Ponte Vecchio si aprono una serie di grandi finestre panoramiche sull’Arno in direzione del Ponte Santa Trinita. Queste finestre, molto diverse dai piccoli oblò rinascimentali, furono realizzate nel 1939 su desiderio di Benito Mussolini...In quell’anno Hadolf Hitler venne in visita ufficiale per stringere l’Asse fra Italia e Germania, passando anche da Firenze.
    Si dice che la visita fu molto gradita al Fuhrer ed ai gerarchi nazzisti che poterono goderne,
    e forse fu la possibile ragione che salvò il ponte dalla distruzione.
    Il Corridoio Vasariano rimase l’unico modo di spostarsi fra nord e sud della città, per molti partigiani prima e per tutti in seguito, durante i giorni della liberazione, com’è testimoniato anche dall’episodio dedicato a Firenze del film Paisà di Roberto Rossellini, dove la protagonista passa in incognito da una spoglia Galleria degli Uffizi piena di statue antiche impacchettate.
    Attualmente il Corridoio Vasariano fa parte della Galleria degli Uffizi e
    mantiene esposta la vasta collezione di autoritratti e una parte di ritratti del seicento e del settecento.





    Il ponte S.S.Trinità sorge tra Ponte Vecchio e Ponte alla Carraia; prende il nome dalla vicina chiesa della Santa Trinità ed è uno dei ponti più belli di tutta Italia e fra i più eleganti d’Europa...Costruito nel 1252, con il patrocinio della famiglia Frescobaldi, unisce Piazza Santa Trinita a Piazza de’ Frescobaldi, con due importanti palazzi a testa del ponte: il Palazzo Spini Feroni a nord e il Palazzo della Missione a sud.
    Il palazzo dei Frescobaldi conserva ancora la struttura medievale, e la vicina piazza intitolata sempre a questa famiglia perché furono loro che nel 1252 fecero edificare il primo attraversamento dell’Arno che poi divenne, in seguito alle ricostruzioni, Ponte Santa Trinita. Era un ponte di legno che univa Via Tornabuoni con l’altra riva dell’Arno.
    Crolla nel 1259 sotto il peso della folla che assisteva ad uno spettacolo sull’Arno, e a rimetterlo in piedi saranno i monaci architetti Giovanni e Ristoro...Venne riedificato in pietra, ma cedette sotto la spinta della grande piena del 1333..Una nuova alluvione, nel 1557, spazzò via il ponte, che però permise la costruzione della struttura odierna. Cosimo I de’ Medici incaricò Bartolomeo Ammannati di realizzare un nuovo ponte, più resistente e più bello.


    Ponte alla Carraia....Fu il secondo ponte costruito nel 1218 dall’architetto Lapo; per distinguere i due ponti venne messo il nome di “Vecchio” a quello precedente e “Nuovo” a questo...Inizialmente in legno per facilitare il trasporto delle merci dirette al porto di Pisa, il ponte fu distrutto da una piena nel 1274 e venne riedificato con piloni in pietra e carreggiata in legno dagli architetti religiosi fra’ Sisto e fra’ Ristoro...Il nome Carraia gli derivava dal continuo transito di carri carichi di merci.





    ....oltre ai ponti... misteri e leggende....



    Firenze è una città che, oltre ad esserre ricca di arte e cultura, accoglie una imponente quantità di misteri, curiosità e luoghi dove l'alchimia e l'ermetismo si palesano ad ogni angolo di strada. Un classico esempio è lo studiolo alchemico di Francesco I de’ Medici (1541-1587), sito al primo piano presso il lato sud di Palazzo Vecchio, e tutt'oggi visitabile. Firenze, inoltre, è il capoluogo degli artisti. Di qui passarono Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello e tanti altri. Il palazzo si trova in Piazza della Signoria, un luogo ricco di cultura e di statue così belle da lasciarci senza fiato. Lo studiolo alchemico del granduca è decorato da pitture e statue allegoriche, rappresentanti alcuni concetti filosofali tipicamente alchemici. Infatti, Francesco I era un appassionato di esoterismo. Fu lui a inaugurare a Firenze la lavorazione della porcellana a imitazione di quella cinese. Scoprì inoltre come fondere il cristallo di rocca, con lo scopo di ricavarne degli stupendi vasi. Tuttavia, lo studiolo di Palazzo Vecchio era un ambiente di riflessione. Il vero e proprio laboratorio si trovava altrove, presso la Chiesa di San Marco...Un altro luogo dove l’ermetismo è di casa è il Giardino di Boboli, ricco di statue, grotte, messaggi arcani e scenografie uniche al mondo. Di notevole importanza simbolica è l’obelisco egizio del XVI secolo a.C., l’unico obelisco presente in Toscana: un simbolo solare e fallico, legato al simbolismo maschile e massonico.
    Per la duchessa Giovanna d’Austria, prima moglie di Francesco I de’ Medici, venne realizzato anche il Giardino di Madama, nelle quali ritroviamo un forte simbolismo ermetico, specialmente nella grotta delle capre. Ma di particolare interesse è la Grotta del Buontalenti, realizzata tra il 1583 e il 1593 per volere del granduca Francesco I. Nella Grotta del Buontalenti, dopo aver superato una facciata, che richiama la composizione di una caverna naturale, si entra in un ambiente molto particolare (un ambiente simile lo ritroviamo anche a Palazzo Te, a Mantova). Delle statue (in origine, opere di Michelangelo) sembra quasi che stiano cercando di uscire dalle pareti che le tengono prigioniere, tra stalattiti, spugne e conchiglie, e al centro della sala, su un piedistallo simile a un calice, troviamo una pietra.... Pietra filosofale?....In Via Santa Margherita troviamo la casa di Dante Alighieri, poeta e padre della letteratura italiana.Potrebbe trovarsi qui, nascosto da qualche parte, il manoscritto perduto del suo più grande capolavoro, la Divina Commedia. Infatti, non possediamo alcun manoscritto firmato dalla mano dell’autore, probabilmente sono andati tutti perduti.....Santa Croce: sono qui conservate le tombe di molti personaggi illustri, tra cui quella di Girolamo Segato, Ugo Foscolo, Leon Battista Alberti, Vittorio Alfieri, Galileo Galilei, Michelangelo Buonarroti, Niccolò Machiavelli e altre ancora. Da notare la tomba del massone Giovanni Battista Niccolini, coronata dalla Statua della Liberta della Poesia, che venne presa come modello per la successiva Statua della Libertà statunitense..... Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria: nel Salone dei Cinquecento troviamo vari dipinti di Giorgio Vasari. Sotto a uno di questi, probabilmente sopra alla porta sita a sud-est,
    potrebbe trovarsi un’opera perduta di Leonardo da Vinci, la sua Battaglia di Anghiari.


    Il «mistero dei tetti» di Firenze è tutto qui:
    essi sono, con la Cupola, quasi un «sacramento» che si fa specchio e
    diffusore della bellezza, della purità e della pace celeste!
    (Giorgio La Pira)





    ..... una canzone .....



    Firenze lo sai, non e' servita a cambiarla .. la cosa che ho amato di piu' e' stata l'aria.
    Lei ha disegnato ha riempito cartelle di sogni, ma gli occhi di marmo
    del colosso toscano .. guardano troppo lontano.
    Caro il mio Barbarossa, studente in filosofia, col tuo italiano insicuro certe cose
    le sapevi dire ..oh lo so, lo so, lo so .. lo so bene lo so
    una donna da amare in due .. in comune tra te e me
    ma di tempo ce n'e' in questa citta'
    fottuti di malinconia e di lei.
    Per questo canto una canzone .. triste triste triste .. triste triste triste .. triste come me
    e non c'e' piu' nessuno che mi parli ancora un po' di lei .. ancora un po' di lei ..
    Ricordi i suoi occhi, strano tipo di donna che era
    quando getto' i suoi disegni con rabbia giu' da Ponte Vecchio
    "Io sono nata da una conchiglia"..diceva.."la mia casa e' il mare e
    con un fiume no .. non lo posso cambiare."
    Caro il mio Barbarossa, compagno di un'avventura
    certo che se lei se n'e' andata no .. non e' colpa mia
    lo so, lo so, lo so .. la tua vita non cambiera' ritornerai in Irlanda
    con la tua laurea in filosofia
    ma io che faro' in questa citta'?
    fottuto di malinconia e di lei.
    Per questo canto una canzone .. triste triste triste ..triste triste triste ..triste come me
    e non c'e' piu' nessuno che mi parli ancora un po' di lei
    - Ivan Graziani -





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  11. tomiva57
     
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    grazie gabry
     
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  12. tomiva57
     
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    Chiesa dell'Autostrada del Sole


    Da Wikipedia

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    « è un bellissimo insieme di luce, struttura e spazio »

    (Robert Venturi)


    La chiesa di San Giovanni Battista alle porte di Firenze è chiamata anche Chiesa dell'Autostrada del Sole per la sua collocazione all'incrocio fra l'Autostrada del Sole e la A11 Firenze-Mare. Si estende in un'oasi di seimila metri quadrati (metà dei quali coperti), appena fuori dal casello di Firenze-Nord. Si trova amministrativamente nel comune di Campi Bisenzio, nella frazione di Limite; dal punto di vista ecclesiastico, la chiesa è una Rettoria dipendente dalla Pieve di Santo Stefano a Campi e fa parte del Vicariato di Campi Bisenzio.

    Storia del progetto

    La chiesa venne costruita per ricordare i numerosi caduti sul lavoro causati della costruzione dell'Autostrada del Sole. Il luogo venne scelto simbolicamente in quanto posto esattamente a metà strada tra Milano e Roma, le due città collegate dall'imponente infrastruttura L'incarico per la realizzazione della chiesa di San Giovanni Battista viene affidato a Giovanni Michelucci nel settembre del 1960, dopo che il precedente progetto dell'ingegnere Lamberto Stoppa era stato accantonato a causa dei giudizi negativi della Soprintendenza ai monumenti e dell'Istituto internazionale di arte liturgica, del quale all'epoca faceva parte l'architetto fiorentino Raffaello Fagnoni, che spinse per l'incarico a Michelucci.

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    L'interno



    Del primitivo progetto, l'architetto pistoiese eredita l'impianto - a pianta longitudinale con battistero distaccato - e parte delle fondazioni, all'epoca già realizzate (la posa della prima pietra era stata effettuata il 13 giugno del 1960), nonché il ricco corredo iconografico definito dall'Istituto di arte liturgica ed in buona parte già commissionato agli artisti. A tal fine Michelucci ipotizza la creazione di un ampio nartece, avente da una parte la funzione di introibo alla chiesa e dall'altra quella di galleria atta ad ospitare i grandi bassorilievi raffiguranti tutte le città italiane collegate dalla nuova autostrada.

    Nel dicembre del 1960, l'impianto della chiesa è già completamente definito: all'aula a croce latina si giustappongono gli assi longitudinali del nartece galleria e del percorso di accesso al battistero. Il progetto di massima di Michelucci è pronto nella primavera del 1961: in questa fase alcuni punti sono già compiutamente definiti (rapporto tra tessitura muraria in pietra e copertura in rame, connessione battistero - nartece, campanile - traliccio a sviluppo orizzontale) mentre altri necessitano di un ulteriore approfondimento, come ad esempio i pilastri di sostegno e la struttura della copertura. Relativamente ai primi Michelucci immagina pilastri molto più esili di quelli poi realizzati (complice l'ipotesi di una copertura a struttura metallica), riguardo al tetto invece numerose sono le varianti proposte: per la chiesa ad esempio un insieme di cupole dal sapore orientale, per la galleria una copertura a carena di nave, per il battistero il tetto coclide.

    Per giungere alla definizione volumetrica del modello definitivo di copertura Michelucci ricorre all'ausilio di plastici in creta e bronzo: si fa progressivamente strada la soluzione della copertura - tenda a sezione iperbolica, con apice in corrispondenza dell'altare maggiore, sul cui dorso si articola un percorso ascensionale verso la croce, evidente richiamo al Golgota. Più difficile risulta la scelta del materiale e delle tecniche costruttive: in un primo momento l'architetto ipotizza, in collaborazione con l'ingegnere Giacomo Spotti, una copertura con struttura in ferro, presto abbandonata a vantaggio del cemento armato.

    I lavori, affidati alla ditta Lambertini, iniziano nel luglio del 1961 e la necessità di palificazioni rende impossibile il riutilizzo delle preesistenti fondazioni: sin dall'inizio si verificano ritardi nei tempi, dovuti in parte alla complessità dell'opera, e contrasti tra Michelucci e l'ingegnere Tagliaventi, sostituito per il calcolo delle fondazioni dall'ingegnere Baulina.

    È soltanto con l'affidamento del calcolo delle strutture in alzato all'architetto Enzo Vannucci (gennaio 1962) che l'edificio trova finalmente il suo volto definitivo: le murature di pietrame divengono portanti, alla stessa stregua dei pilastri che si ingrossano notevolmente sino ad assumere le fattezze di alberi, mentre la copertura in conglomerato precompresso assume l'aspetto di una vela adagiata sulle strutture portanti. Se si escludono tali varianti per i pilastri e la copertura, i disegni esecutivi sono assai vicini al progetto di massima: uniche differenze rilevanti la collocazione del traliccio orizzontale per le campane e l'eliminazione del percorso sulla copertura.

    Nei primi mesi del 1962 si alzano i muri dell'edificio; durante l'estate è completata la struttura al rustico del battistero ed i muri della chiesa raggiungono l'altezza di una decina di metri. L'involucro murario è finalmente completato nella primavera del 1963. Le finiture e la sistemazione interna richiedono più tempo del previsto, fatto che comporta un'inevitabile lievitazione dei prezzi; la chiesa è finalmente inaugurata nell'aprile del 1964. Assai complessa risulta per Michelucci, che rifiuta ogni messaggio di monumentalità, la sintesi tra apparato decorativo e organismo architettonico: grazie alla mobilitazione di un gruppo di artisti ed intellettuali capeggiati da Bruno Zevi, la commissione liturgica accetta l'eliminazione di nove tele di Sciltian, che avrebbero irrevocabilmente alterato la nuda plasticità dei muri in pietra.

    La critica


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    Vista laterale




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    Un deambulatorio




    Nella volontà di Michelucci, la chiesta doveva essere metafora di un incontro di culture e religioni diverse, parallele a quello delle popolazioni in una strada “ Mi sono reso conto che una tale costruzione- disse quando accettò dalla Società Autostrade l’incarico - avrebbe potuto costituire, per se stessa, un luogo d’incontro tra uomini di ogni paese quando, provenuti da ogni parte del continente, percorse le nostre autostrade, sostano per una tappa quasi sempre inevitabile e necessaria, a Firenze”.. La chiesa ottiene, sin dalle prime fasi, un'attenzione ed una notorietà inconsuete per un'architettura contemporanea. La schiera degli scettici o dei detrattori - per alcuni "architettura delirante" per altri non riuscita sintesi della dicotomia pietra rustica - basamento, rame - copertura, in quanto disattende l'attesa di un organismo assolutamente unitario, suggerita dagli schizzi e dai modelli - sembra sin dagli esordi assai ridotta rispetto alla quantità degli estimatori dell'opera: Ponti e Koenig (1964, 1968) la elevano a capolavoro assoluto dell'architettura del Novecento, seppur con diverse motivazioni, esaltandone il valore plastico e l'alto portato religioso; il primo ne loda la sapiente sintesi tra tecnologia ed artigianato che la rendono ad un tempo antica e moderna, mentre il secondo ne sottolinea l'originalità ed il vigore plastico di matrice espressionista, definendola la più importante opera architettonica italiana degli anni sessanta, sintesi spaziale estrema di spazio architettonico e scultoreo. Meno iperbolici, ma ugualmente positivi, risultano in generale i giudizi formulati tra gli anni sessanta e settanta: mentre Zevi (1964) da una parte riconosce all'edificio una forza profanatrice di ogni atteggiamento tradizionale - seppur sotto la dipendenza dall'effetto traumatico di Ronchamp e da quella vena espressionista che schiaccia e deforma lo spazio - ed una percorrenza e fruibilità totali, e dall'altra ripropone in parte il dubbio di Portoghesi sulla non perfetta coerenza tra schizzi ed esecuzione, Figini (1964) offre una lettura ad ampio raggio dello spazio, cogliendone giustamente gli aspetti di "anarchia controllata" e problematicità spaziale nonché il riferimento agli elementi naturali, tema centrale della poetica michelucciana, rifiutando l'etichetta di "informale" o "esistenziale" per un'opera tanto complessa, oscillante fra l'eccesso, la ridondanza delle soluzioni spaziali e formali proposte e l'incontestabile forza del messaggio sacro. Molto interessante appare la definizione di Robert Venturi del 1978 che, nel corregere un suo giudizio espresso nel suo testo più importante in cui aveva definito l'opera pittoresca, aveva dichiarato:è un bellissimo insieme di luce, struttura e spazio. A partire dagli anni ottanta, frapposto quel tempo necessario a sdrammatizzare e storicizzare i giudizi, la valutazione rimane, più pacatamente positiva: mentre Cresti (1991) ne dà una lettura urbana, sottolineandone il valore dimensionale e l'impatto formale, Dal Co (1993) sottolinea l'alto senso etico del messaggio dell'architetto, indifferente ai clamori del tempo e fedele alla propria poetica, e Belluzzi (1986, p.147) ne coglie tutta la forza di "un'opera d'eccezione, formalmente emergente, capace d'innescare un'identificazione collettiva". È stata inoltre sottolineato da alcuni critici il valore d'icona, di manifesto architettonico dell'opera "simbolo (suo malgrado?) della Italia motorizzata di massa degli anni '60. Se l'opera ha un difetto è quello di oscillare fra letture e significati eterogenei. La fluidità degli spazi interni, fatti per avvertire la radice naturalistica e vibrante, è impreziosita dai bei materiali e la realizzazione rivela, alla distanza, una superba qualità tecnica che contribuisce alla durata del mito" .


    Area della chiesa

    La chiesa è situata nella piana ad ovest di Firenze, in territorio comunale di Campi Bisenzio, in un'area in origine agricola ed oggi caratterizzata da numerose attrezzature a carattere produttivo e amministrativo. Essa si eleva - con un volume di forte impatto plastico che evita qualunque confronto con le architetture circostanti - in adiacenza del nastro dell'autostrada del Sole, fatto questo che accresce nel viaggiatore l'impressione che la chiesa si connoti come una tenda in prossimità di una sorta di pista per ininterrotte e meccanizzate carovane. Le relazioni dell'architettura michelucciana con il territorio circostante si sono profondamente modificate dagli anni sessanta ad oggi: se immutate risultano le coordinate d'inquadramento - piana con colline circostanti, nastro autostradale, casa colonica nelle vicinanze con ampi appezzamenti a colture intensive - numerose infrastrutture (dalla pista dell'aeroporto con i suoi impianti, sino al limitrofo edificio amministrativo delle Autostrade ed alla vicina zona commerciale dell'Osmannoro) si sono inserite sino a ridurre progressivamente quel carattere rurale che tanto peso ha avuto nella progettazione della chiesa, sostituendovi un'immagine di città come conurbazione di episodi anonimi, incapaci di dialogare l'uno con l'altro. In tale alterato contesto il volume della chiesa sembra aver perso parte dell'originaria forza, inghiottito in un tessuto che anziché farla emergere ne attenua le valenze segniche e simboliche.

    Il complesso è inserito in un lotto verde, costellato da ulivi, caratterizzato da una pendenza variabile, elemento questo sfruttato dallo stesso progettista per realizzare un percorso esterno atto a conoscere e scoprire l'articolazione volumetrica della chiesa ed i suoi episodi plastici e scultorei.


    L'esterno


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    L'esterno





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    La porta principale



    La chiesa presenta un impianto planimetrico e volumetrico estremamente articolato, che ripropone con forte impatto plastico il tema anagogico della nave (l'arca), della montagna (il calvario) e dell'albero (l'orto del Getsemani e l'albero della vita); il tutto trascritto in un lessico che sembra rifuggire qualunque formalismo, compiacimento estetico, velleità monumentale, alla ricerca di un messaggio dal chiaro senso etico: come lo stesso progettista ricorda "la perfezione stilistica, l'invenzione o la purezza strutturale non hanno avuto per me mai alcun interesse. Anzi quello che più mi ha convinto e convince in un'opera sono le "rotture", i segni dell'arrestarsi improvviso di un pensiero per il profilarsi alla mente di nuove possibilità, di nuove strade da percorrere" .

    L'impianto è caratterizzato da tre diversi corpi giustapposti, distribuiti longitudinalmente secondo l'asse est-ovest: procedendo da meridione, la galleria battesimale conclusa ad ovest dal corpo del battistero ad andamento curvilineo, il nartece o galleria delle città d'Italia, a pianta rettangolare, ed infine il corpo della chiesa vera e propria, con aula a pianta a croce latina articolata: frapposti tra i tre diversi ambienti, due piccoli giardini con ulivi, anch'essi a sviluppo longitudinale, aventi la doppia funzione di dare luce agli spazi adiacenti e di conferire un ritmo più pacato al percorso della galleria. Tale articolazione planimetrica è riscontrabile anche in alzato, grazie all'uso, dinamico e drammatico al contempo, della copertura, fortemente verticalizzata in corrispondenza dell'aula (tanto da formare una cuspide, con ampia cesura e contrafforte di contro ventatura, al di sopra dell'altare maggiore), assai più contenuta, in altezza e pendenza, e assai meno articolata nel disegno, al di sopra del nartece e della galleria delle città (semplice copertura ad una falda inclinata).

    L'articolazione volumetrica è connotata all'esterno da un primo livello, basamento dal contorno sinuoso in bozze di pietra rosa di San Giuliano scalpellate a mano, nel quale si aprono piccole finestre e feritoie, evidente richiamo alla luce delle chiese romaniche, e gli accessi alla chiesa: il principale, sul fronte est, è costituito da un sagrato con cippo commemorativo il cui introibo, protetto da una muratura con feritoie, è caratterizzato da un'ampia tettoia in cemento armato, sorta di imbuto dal quale, attraverso il bel portale in bronzo ed ottone (opera di Pericle Fazzini gettata in fusione da Lorenzo Michelucci, raffigurante il passaggio del Mar Rosso ed il viaggio dei Magi) si accede alla galleria, mentre sul fronte est si apre l'ingresso alla galleria battesimale (porta in bronzo opera di Giovanni Pirrone, raffigurante episodi della Genesi) e su quello nord quelli alla Via Crucis (porta in bronzo di A. Biggi raffigurante San Cristoforo e San Rocco) ed alla sagrestia (porta in bronzo di L. Venturini raffigurante Santa Francesca Romana e San Francesco di Paola).

    Un secondo livello, in parte in bozze di pietra in parte in cemento faccia vista, conduce sino alla superficie corrugata della copertura, rivestita in lastre di rame: in tale tessuto murario si ritagliano le piccole feritoie che illuminano i due altari minori e, sul fronte nord, la grande superficie vetrata decorata (opera di Marcello Avenali in vetro e ferro, raffigurante San Giovanni Battista) corrispondente all'altare maggiore: da tale continuità emergono inoltre i segni orizzontali dei tralicci del campanile e verticali dei contrafforti in cemento armato, che a stento sembrano ancorare a terra la grande massa della vela di copertura. Un percorso su diverse quote rende possibile la fruizione continua dell'involucro murario nei suoi molteplici episodi plastici.

    L'interno


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    Galleria d'accesso




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    Aula interna



    L'interno presenta, come l'esterno, la dicotomia basamento-pietra, muratura e solaio-cemento in tutti gli ambienti: nella galleria la scansione longitudinale è contrassegnata da una teoria di 5 pannelli in cemento su cui sono posti, su ambedue i fronti, 10 bassorilievi in bronzo (opera di Emilio Greco e Venanzo Crocetti quelli sul verso, raffiguranti i santi patroni delle città collegate dall'autostrada) ai quali corrispondono sul solaio altrettanti travi ricalate in cemento dal profilo osteomorfo: sul fondo un percorso sopraelevato, arricchito da un bassorilievo a tessere vitree (opera di Bruno Saetti raffigurante gli Angeli), collega la chiesa con il battistero e segnala l'ingresso all'aula, a cui si accede attraverso un andito rialzato rispetto alla quota della galleria, caratterizzato da un'acquasantiera in pietra e da una cancellata in bronzo (opera di G. D'Aloisio con stemmi di papa Giovanni XXIII e dell'Arcivescovo di Firenze).

    L'aula ha una pianta a croce latina qualificata, sui lati est e nord, da un deambulatorio fungente da galleria della via crucis, il quale, si inserisce in corrispondenza del presbiterio, nell'altare maggiore e nella sagrestia, rialzata rispetto alla quota del pavimento: la disposizione dell'altare maggiore secondo l'asse nord-sud, così come quella dell'ingresso lievemente disassato rispetto all'altare, è il risultato del consapevole ribaltamento operato dall'architetto rispetto ai tradizionali spazi liturgici a sviluppo longitudinale, volendo con ciò ribadire la centralità dell'elemento generatore dello spazio come del culto, sottolineata dal disegno coclide del pavimento: agli estremi dell'asse longitudinale sono collocati altri due altari, sorta di cappelle su cui la luce cade con notevole compostezza, dedicati quello ad est alla Vergine (mosaico a tessere vitree opera di L. Montanarini) e quello ad ovest al crocifisso (scultura in bronzo di Jorio Vivarelli, fusa a Pistoia nelle fonderie Michelucci).



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    Dettaglio dei pilastri "a albero"



    Lo spazio interno è animato da una fitta schiera di pilastri albero in cemento, caratterizzati da una base massiccia che va rastremandosi ed articolandosi verso la grande tenda in cemento: su tale spazio, con funzione di crasi con quello della galleria, si proietta il matroneo, con solaio a sbalzo e parapetto il cemento, nel quale è situato un secondo spazio liturgico destinato ai matrimoni ("altare degli sposi" con sovrastante scultura in pietra arenaria di Angelo Biancini raffigurante le nozze di Cana). Dalla cappella del crocifisso una scala a chiocciola in cemento conduce al livello superiore della cantoria, mentre un percorso più articolato, e quasi nascosto agli occhi del visitatore, conduce, passando per la galleria, al battistero: questo spazio è caratterizzato da un percorso a spirale che partendo dal centro ipogeo segnato dal fonte battesimale (monolite in granito rosso della Scandinavia, con coperchio in bronzo di E. Manfrini raffigurante l'Arca di Noè, la Crocifissione e la Resurrezione) conduce, accompagnato dalla muratura in pietra in cui è collocata in una piccola nicchia una statua in bronzo di San Giovanni Battista, ad un ballatoio superiore: tale percorso si conclude, dopo essersi affacciato sul giardinetto, con l'uscita sul fronte est.

    Tutti gli ambienti sono caratterizzati dall'estrema raffinatezza delle finiture e dalla qualità della lavorazione del materiale lapideo: per quanto riguarda i pavimenti, nella galleria sono in pietra lucidata di colore grigio, a moduli rettangolari; nell'aula sono di colore viola, del tipo "rosa del campo", con disegno ad andamento concentrico e giunti in piombo; nel battistero sono in pietra di Lido, di colore grigio dorato, con disegno a moduli concentrici. L'originario valore cromatico del rapporto tra il beige rosato della muratura in pietra ed il marrone omogeneo del rame è oggi assi mutato, sebbene questa trasformazione abbia un carattere di organicità e naturalità probabilmente già intuito da Michelucci: il marrone della copertura si è trasformato, a seguito dell'ossidazione del rame, in un verde-grigio, diffondesi successivamente tramite progressive colature sulla sottostante muratura, che dà oggi l'impressione di essere parzialmente rivestita di muschio


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  13. tomiva57
     
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    A Firenze Italia 150 nel segno di Dante
    31 maggio,2011

    Torna alla sua originaria luminosita' la statua di Dante posta sul sagrato della Basilica di Santa Croce a Firenze




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    FIRENZE - Torna alla sua originaria luminosita' la statua di Dante posta sul sagrato della Basilica di Santa Croce a Firenze: stamattina cerimonia del taglio del nastro dopo due mesi di restauro. Sempre oggi, inoltre, e' stata anche inaugurata nella vicina Biblioteca Nazionale Centrale, la mostra 'Dante vittorioso. Il mito di Dante nell'Ottocento'. La statua di Dante e' uno dei cento monumenti che l'Unita' tecnica di missione della Presidenza del Consiglio per i 150 dell'Unita' italiana ha deciso di restaurare.

    All'inaugurazione in piazza Santa Croce sono intervenuti, tra gli altri, il prefetto di Firenze Paolo Padoin, il consigliere della Presidenza del Consiglio dei ministri Paolo Peluffo e la soprintendente per il Polo museale di Firenze, Cristina Acidini. Subito dopo la cerimonia si e' aperta la mostra 'Dante vittorioso', aperta fino al 31 luglio nella Tribuna Dantesca della Biblioteca: l'allestimento racconta il sommo poeta attraverso una selezione di opere pittoriche di artisti come Morelli, Altamura, Faruffini e Previati. Ai dipinti si aggiungono anche sculture, disegni, incisioni, stampe e preziose edizioni ottocentesche illustrate della Divina Commedia.


     
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    CASTELLO MEDICEO

    DI CAFAGGIOLO



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    Storia
    Il Castello di Cafaggiolo si trova a nord di Firenze, nel Mugello, antico luogo di provenienza della famiglia Medici. E' uno dei grandi capolavori dell'architettura rinascimentale, opera di Michelozzo. L'impianto originale del castello risale al trecento, epoca in cui era fortilizio della Repubblica. Nel 1443 Cosimo il vecchio diede incarico a Michelozzo di trasformare l'antico fortilizio in un edificio residenziale.


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    Lunetta raffigurante il castello - Giusto Utens, 1599




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    Nella lunetta di Giusto Utens (1599) si riesce a cogliere l' aspetto severo della costruzione, ma anche l' atmosfera pacata e serena. Dentro le sue mura i Medici andavano a passare periodi più o meno lunghi, ospitando personaggi illustri ed artisti. Gli ampi saloni e il vasto parco sono stati luogo di incontri, simposi, feste, balli, ricevimenti per principi e papi. Lorenzo il Magnifico trascorse parte dell' infanzia a Cafaggiolo e da adulto vi soggiornò circondato da uomini di cultura. Nel 1515 le porte del Castello si aprirono al Papa Leone X, cresciuto in quella dimora insieme ai fratelli e alla madre Clarice Orsini. Furono ricevute nella dimora Mugellana anche alcune future spose della famiglia Medici. Si ricorda che qui Margherita d' Austria nel 1533 fu accolta da Caterina de' Medici e da 12 donzelle e che nel 1565 giunse da Vienna Giovanna d'Austria, per sposare il Granduca Francesco I. Dopo l' estinzione della famiglia Medici, avvenuta con Giangastone nel 1737, il Castello di Cafaggiolo ha continuato ad essere meta di famosi personaggi. Passò agli Asburgo Lorena, poi nel 1864 il governo italiano lo vendette ai principi Borghese, i quali fecero apportare sostanziali modifiche. Attualmente è proprietà privata.


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    CASTELLO DI TREBBIO

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    Il Castello del Trebbio e' situato sull'omonimo poggio, un tempo attraversato dall'importante via romana che univa Firenze a Bologna: complesso fortificato medievale, con torre del IX secolo, gia' degli Ubaldini, ristrutturato nel 1427 su progetto di Michelozzo Michelozzi in villa castello per volere di Giovanni di Bicci e Cosimo Il Vecchio de' Medici, e' una villa castello con architettura sobria e modellata con volumi semplici pur avendo l'aspetto di una fortezza. Nella sua veste di villa - castello aveva anche una funzione agricola in quanto al centro di una vasta proprieta' e aveva anche la funzione di residenza per la famiglia Medici in occasione di grandi battute di caccia.

    Costituito da un massiccio corpo quadrangolare dotato d'apparati a sporgere, e' sovrastato da un'altra torre merlata con base a scarpa. Circondato oggi da alti e monumentali cipressi, il Castello del Trebbio mantiene ancora un giardino all'italiana sul lato ovest e ampie terrazzature ad orto a sud con un bel pergolato su pilastri cilindrici in mattone a vista a vista (XVII sec.).

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    chiesa del castello





    Villa Medicea "Ambra" di Poggio a Caiano
    Un capolavoro dell'epoca medicea


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    Chi desidera avventurarsi nel percorso delle magnifiche ville medicee delle Toscana non può tralasciare una visita al capolavoro architettonico di Giuliano da Sangallo a Poggio a Caiano.


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    La villa, voluta da Lorenzo de' Medici e dai suoi eredi, venne fatta edificare tra il 1445 e il 1520 circa e divenne la residenza estiva della magnificente famiglia fiorentina. È stata in seguito residenza di campagna dei Medici, dei Lorena, dei Savoia e poi è passata allo Stato nel 1914. Conserva decorazioni pittoriche di epoca medicea, mentre agli anni dei Savoia risalgono la sistemazione delle arredi e anche grande parte delle pitture delle sale.

    L’edificio è il primo esempio di architettura rinascimentale nella quale si fondono, in un’armonia perfetta di equilibri spaziali e stilistici, la lezione dei classici con gli elementi caratteristici dell'architettura signorile rurale toscana.

    Giuliano da Sangallo seppe abilmente fondere tali elementi, gettando le basi per un’architettura che traeva spunto dalle lezioni del passato per arricchirle di nuovi interventi architettonici innovativi e creare un ambiente fatto di razionalità stilistica, volumi e armonia d’insieme. Una variazione al progetto originario, sono le scalinate gemelle che conducono al terrazzo, fatte erigere nei primi dell’Ottocento, secondo il disegno di Pasquale Poccianti.

    La perfezione del modello progettato dal Sangallo è stato arricchito dalle perle pittoriche presenti nell’edificio: dal decoro a fresco del sacrificio di Lacoonte di Filippino Lippi ai dipinti sulle pareti di Andrea del Sarto, del Pontormo e del Franciabigio oltre che dell’Allori che ne ultimò i lavori. La villa è famosa anche per una delle opere del maestro manierista Pontormo: l'allegoria di Vertumno e Pomona.

    Da visitare infine, anche i giardini della Villa dove possono essere ammirate rare specie vegetali e alcune statue in terracotta.

    Nel 2007, all'interno della villa, è stato inaugurato il Museo della Natura Morta, nel quale sono esposti circa 200 dipinti provenienti dalle collezioni medicee.


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    Edifici adiacenti alla Villa e giardini


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    La limonaia

    Adiacenti alla Villa sono alcune costruzioni come la cappella,(dove si trova la Pietà con i Santi Cosimo e Damiano, dipinta nel 1560 da Giorgio Vasari, in attesa di restauro), ospitata al piano terra del bastione di sud-est; il Cucinone realizzato ai primi del Seicento e il neoclassico stanzone per le piante (o limonaia) "con annessa conserva d'acqua", opera del Poccianti (1825 circa). La Sala della Pallacorda è un edificio all'angolo del giardino, che risale alla fine del Settecento per praticare questo gioco, e oggi ospita la portineria e un deposito.

    A metà del XVI secolo circa, sotto Cosimo I, Niccolò Tribolo risistemò i giardini e terminò la costruzione delle scuderie (1548). La veduta d'insieme dell'assetto del giardino e delle scuderie dopo l'intervento del Tribolo si ha nella famosa lunetta di Giusto Utens del 1599 conservata nel Museo di Firenze com'era.





    Le scuderie
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    L'ampio interno delle scuderie medicee

    Acquistate alla fine degli anni settanta dal Comune di Poggio a Caiano, sono poste subito fuori del muro di cinta della Villa, lungo la strada per Prato. L'edificio è organizzato al piano terra su sei navate voltate a crociera (suddivise in due corsie di tre navate ciascuna) che servivano per la rimessa dei cavalli e dei muli; su di un lato, ampi locali per accogliere i cani da caccia; sulla testata sud un ampio locale con volta unghiata, accoglieva le carrozze; al piano primo una lunga galleria centrale, illuminata alle estremità da due ampi finestroni crociati, distribuiva sui due lati gli alloggi per il personale di servizio della Villa. L'edificio ha dimensioni imponenti tali da farlo sembrare una sorta di basilica laica e trascendere la funzione a cui era destinato. Dopo un periodo di abbandono e degrado è oggi in atto un progetto complessivo di recupero e valorizzazione dell'architetto Franco Purini. Attualmente il piano terra, è sede di un centro mostre e congressi, con biblioteca e ufficio informazioni turistiche al piano terra. In attesa di un completo recupero il piano primo.


    I giardini


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    Di grande interesse sono i giardini che circondano la Villa, e risalgono soprattutto all'Ottocento.

    Fino al Seicento infatti il giardino della villa era piuttosto semplice se paragonato a quelli di Castello o della Petraia: aree sterrate e aree boschive ordinate, con un giardino all'italiana a destra, il tutto privo di fontane e di decorazioni scultoree, come appare dalla lunetta di Giusto Utens.

    Nel Settecento furono risistemate alcune aree del giardino, ampliando il bosco dove si praticava la caccia, la cosiddetta fagianaia. Nella zona del giardino all'italiana viene sistemata una fontana al centro al posto di un boschetto di alberi, alimentata da una nuova cisterna idrica.

    I giardini furono ridisegnati dopo il 1811, ma senza seguire del tutto l'originario progetto elaborato dall'ingegnere Giuseppe Manetti, su commissione di Elisa Baciocchi. Louis Martin Berthauld nel 1813 annotò la desolazione del piazzale antistante la villa e si propose di rimediare al fatto che i vari luoghi di delizia del parco, che sarebbe vastissimo, sono in realtà isolati gli uni dagli altri: la villa e il bosco retrostante sono attigui, ma il giardino all'italiana è tagliato dalla via per Prato e il Barco mediceo di Bonistallo (da non confondersi con il ben più grande Barco Reale posto sul crinale del Montalbano), un bosco destinato alla caccia che ancora oggi sale sulla collina antistante la villa verso la chiesa di San Francesco, dalla strada per Pistoia; le Pavoniere, oltre le Cascine e ancora esistenti, sono invece separate dal fiume Ombrone.

    Per porre rimedio a questi svantaggi a diverse riprese vennero prese delle iniziative: fu deviata la strada per Prato, abbattuti i numerosi muri che separano le zone della tenuta e unificati in un'unica recinzione, mentre sul piazzale della villa furono realizzati alcuni vialetti serpentini con varia decorazione vegetale; venne raddrizzato il corso dell'Ombrone e realizzato un nuovo ponte in ferro cavalcabile per collegarsi con le Cascine di Tavola e le Pavoniere.

    Il parco arrivò così ad acquistare una forma irregolare, che sarà sfruttata nella realizzazione di un giardino all'inglese, con la creazione di un laghetto e di tempio dedicato a Diana e con ulteriori interventi in chiave romantica. Le cucine, la conserva d'acqua e la cappella vennero nascoste da nuovi gruppi di alberi.

    Attualmente solo la parte dei giardini che si estende oltre la facciata posteriore della Villa, verso l'Ombrone, si presenta come un giardino all'inglese, con viali ombreggiati ed angoli caratteristici. Sul lato destro della Villa essi hanno invece mantenuto l'aspetto di un giardino all'italiana, con una vasca centrale e numerosi vasi di limoni. Il giardino è qui recinto su tre lati e chiuso sul quarto dalla già citata limonaia-stanzone del Poccianti. I giardini sono arricchiti da rare specie vegetali e da alcune statue, come quella in terracotta raffigurante la cattura della ninfa Ambra da parte di Ombrone descritta da Lorenzo de' Medici nel suo poemetto Ambra.

    Oggi il parco è visitabile, nonostante problemi di carente manutenzione, essendosi notevolmente ridotto per limitatezza di fondi l'impiego di giardinieri alla villa. La parte più curata resta il bel giardino all'italiana davanti alla limonaia, con aiuole geometriche che ritagliano vialetti, dipanandosi da una fontana dal grosso invaso circolare.

     
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  15. gheagabry
     
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    ........è la regione che amo di più.......

    ....medioevo, rinascimento.......con un contorno fantastico..

    grazie ivana


     
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15 replies since 27/9/2010, 10:07   5168 views
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