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CORTONA
Cortona (23 000 abitanti), è un bella cittadina in provincia d'Arezzo, che si trova sulle pendici di un poggio a circa 500 metri d'altezza, è oggi un importante città turistica con numerose attrattive turistiche principalmente di epoca etrusca, romana, medievale e rinascimentale.
La città di Cortona traccia le sue radici storiche nel periodo etrusco, fondata probabilmente tra il VI e il V secolo a.C., la città divenne ancora più importante nel IV secolo a.C. quando divenne capoluogo di lucumonia e furono costruite le sue poderose mura etrusche lunghe oltre 2 km. Cortona divenne prima alleata e poi parte dell'Impero Romano e i suoi cittadini ricevettero la cittadinanza romana nell'89 a.C.
Con la caduta dell'Impero Romano la città andò incontro ad un notevole periodo di declino. La città si riprese solo nel tardo medioevo, quando nel XIII secolo Cortona divenne un libero comune, sempre in lotta con la vicina Arezzo. Nel 1325 Cortona fu elevata al rango di diocesi e fu data in signoria a Ranieri dei Casali, la cui famiglia governò la citta per 80 anni. Agli inizi del XV secolo Cortona entrò a far parte dei domini fiorentini e seguì poi la storia del Granducato di Toscana.
Da vedere:
Cattedrale
Cattedrale. Ricostruita nel XVI secolo in forme rinascimentali sulla preesistente pieve romanica, conserva al suo interno una tavola dell'artista locale Pietro Berrettini, La Natività.
Santuario di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio
Santuario di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio. Una tra le più eleganti costruzioni rinascimentali su disegno di Francesco di Giorgio Martini (fine XV sec.). All'interno belle vetrate dell'artista francese Guillaume de Marcillat.
Santuario di Santa Margherita
Santuario di Santa Margherita. Costruita sulla sommità della collina nel XIII secolo, la chiesa, ricostruita nel XIX secolo, ospita all'interno di un'urna in argento, il corpo di Santa Margherita e un Crocifisso ligneo del '200.
Abbazia di Farneta
Abbazia di Farneta. Fondata dai benedettini intorno all'anno Mille, poi passata agli Olivetani, rappresenta una delle testimonianze più alte del romanico aretino. La cripta, con tre celle triabsidate, è il nucleo più interessante dell'edificio sacro.
Chiesa di San Niccolò
Chiesa di San Niccolò. L'edificio, ad una sola navata, fu costruito nel XV secolo. Custodisce uno stendardo processionale con la raffigurazione della Deposizione da un lato e la Vergine e Santi dall'altro, opera dell'artista locale Luca Signorelli (XV sec.).
Chiesa di San Domenico
Chiesa di San Domenico. Di origine tardo-gotica, accoglie sull'altare maggiore un polittico, Incoronazione della Vergine, di Lorenzo di Niccolò (XV sec.).
CORTONA : Fortezza del Grifalco -
Fortezza di Girifalco. Situata poco dopo il Santuario di Santa Margherita, fu costruita da Cosimo I de' Medici nella metà del XVI secolo
Chiesa di San Francesco
Chiesa di San Francesco. La chiesa, costruita su progetto di Frate Elia Coppi da Cortona, è uno dei primi edifici francescani sorti nel territorio aretino (XIII sec.).
Convento delle Celle
Convento delle Celle. A qualche chilometro dal centro storico, ai piedi del monte Sant'Egidio sorge il convento con piccole celle e chiesa. Vi soggiornò per qualche tempo San Francesco.
Chiesa di Santa Maria Nuova
Chiesa di Santa Maria Nuova. Chiesa tardo-rinascimentale con disegno del Cristofanello (XVI sec.) poi modificata da Giorgio Vasari. L'interno è arricchito da dipinti del XVI e il XVII secolo.
Chiesa di San Cristoforo
Chiesa di San Cristoforo. Graziosa chiesetta romanica nei pressi della porta etrusca, porta Montanina. Della primitiva costruzione conserva solo un piccolo campaniletto a vela. L'interno presenta interessanti affreschi dei secoli XIV-XVI.
Musei:
Tumulo di Camucia
Il tumulo chiamato anche "melone" di Camucia o tomba François dal nome dell'archeologo che ne seguì gli scavi, fu portata alla luce nel 1842. La tomba è costituita da un corridoio all'estremità del quale si trova una stanza e altre quattro stanze alle quali si accede dal muro frontale. Negli anni '60 accanto a questa tomba, ne fu trovata un'altra di forme molto simili ai meloni di Cortona. Le tue tombe vengono datate intorno all'VIII-VII secolo a.C.
opera del Museo Diocesano
Il museo è ospitato in un antico edificio, la ex Chiesa della Compagnia del Gesù. Al suo interno sono custodite opere di grandi artisti locali quali Luca Signorelli, dipinti di maestri senesi quali il Lorenzetti e una delle più suggestive Annunciazioni del Beato Angelico.
Museo dell'Accademia Etrusca e della Città di Cortona
Il museo ha sede all'interno di un edificio medievale, Palazzo Casali. Le sale ospitano un'interessante raccolta di reperti archeologici etruschi tra i quali il famoso lampadario e la Tabula Cortonensis, oltre a reperti romani. Di particolare interesse è anche la collezione pittorica e numismatica.
Tanella di Pitagora
Il nome deriva da un gioco di parole della lingua greca poiché Cortona fu scambiata per Crotone, patria del matematico Pitagora la cui tomba si credeva fosse quella di Cortona. Risalente probabilmente al IV secolo a.C., la struttura è formata da una camera rettangolare con copertura a volte a botte.
Un meraviglioso castello a Cortona, in Toscana
pubblicato:da Rosario Scelsi
Questo castello etrusco, felicemente ristrutturato, si trova a Cortona (Arezzo), in una posizione collinare molto panoramica, con vista sul lago e sulla valle circostante. Nei suoi 1.800 mq trovano accoglienza 28 vani e 12 bagni, finemente rifiniti. Il complesso si compone di 5 edifici: il palazzo principale, la foresteria, una chiesa, l’ex prigione e la rimessa auto. Tutte le costruzioni sono in pietra serena tipica del luogo.
Il blocco più corposo si sviluppa su cinque livelli e comprende un’ampia hall, la casa del custode, il laboratorio, la cantina e due bagni per gli ospiti a piano terra. Al primo e al secondo piano si trova l’appartamento del proprietario, mentre al terzo c’è un’ampia biblioteca con galleria dei ritratti. Nel quarto piano è possibile ricavare 5 stanze con relativi servizi. La magia dell’edificio si completa con l’antica cinta muraria merlata, i solenni archi e i soffitti con travi in legno e pianelle in terracotta.. -
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Pitigliano
Pitigliano si trova nell'estremo sud della Toscana al confine con il Lazio. Dista circa 75 km da Grosseto (la via più breve è quella che passa da Istia d'Ombrone, Scansano e Manciano) e circa 110 km da Siena (lungo la via Cassia, si passa da Monteroni d'Arbia, Buonconvento, San Quirico d'Orcia, in corrispondenza di Ponte a Rigo si prende a destra per Sorano).
Pitigliano è stata abitata fin dall'età del Bronzo, successivamente, a partire dall'VIII secolo a.C. vi ebbe sede un insediamento Etrusco, di tale presenza resta oggi un breve tratto di mura, in grandi blocchi di tufo, nella parte nord-ovest accanto alla Porta di Sovana. Nell'area attorno a Pitigliano, a testimoniare ulteriormente la presenza Etrusca sono anche le numerose necropoli.
Fu città romana e nel Medioevo divenne feudo degli Aldobrandeschi e dal 1293 degli Orsini, sotto gli Orsini Pitigliano divenne capitale della Contea omonima, divenne sede vescovile, soppiantando Sovana, e poi fu nominata città. Con l'estinzione della famiglia Orsini, divenne feudo di Pietro Strozzi e poi di Cosimo I de' Medici. All’inizio del XVII secolo (1608) entrò a far parte del Granducato di Toscana.
Pitigliano è uno dei paesi più scenografici della Toscana. In particolare giungendo dalla direzione di Manciano, lungo la strada statale n° 74, in corrispondenza della curva di fronte alla chiesa della Madonna delle Grazie si ha davanti una suggestiva e scenografica visione della cittadina (particolarmente bella nel primo pomeriggio, con il sole alle spalle) che si erge maestosa su un masso tufaceo, tra i torrenti Lente e Meleta.
santuario della Madonna delle Grazie
Le case dell'abitato sono costruite sul filo della rupe formando con essa un corpo unico e un insieme alquanto pittoresco. La rupe di Pitigliano è circondata da tre lati da burroni che sono pieni di grotte scavate nel tufo.
Dopo aver ammirato la stupenda veduta che si ha di Pitigliano dalla Chiesa della Madonna della Grazie, lungo la strada che viena da Manciano, si entra nel centro storico dalla piazza Petruccioli (dalla terrazza bella veduta sull'acquedotto mediceo) attraversando la porta del bastione meridionale della Rocca.
la piazza
La Rocca, di origine aldobrandesca, fu ristrutturata fra il 1543 e il 1545 da Antonio da Sangallo il Giovane, che fece costruire due bastioni a pianta poligonale (oggi trasformati in abitazioni private), in sostituzione dei preesistenti torrioni circolari.
Il centro storico si sviluppa su tre vie principali (via Vignoli, via Roma e via Zuccarelli), quasi parallele, collegate da una fitta rete viaria di vicoli. Dopo aver attraversato piazza Garibaldi dove si possono notare le due scale che portavano ai bastioni della cittadella, si fiancheggia le arcate dell'acquedotto mediceo (edificato tra il 1636 e il 1639 su progetto cinquecentesco (1545) di Antonio da Sangallo il Giovane, l'antico acquedotto di Pitigliano è formato da due grandi archi sorretti da un enorme pilastro in blocchi di tufo, risalenti al periodo mediceo, e da tredici piccoli archi realizzati nel periodo lorenese. La scenografica costruzione si erge a picco sulle balze di tufo.
Tre fontane nell'adiacente piazza della Repubblica costituiscono il terminale dell'acquedotto) e si entra nell'ampia piazza della Repubblica dominata dal Palazzo degli Orsini, anch'esso di origine aldobrandesca, fu fatto ristrutturare dagli Orsini tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo. Attualmente appartiene alla Curia Vescovile ed è sede della Diocesi di Pitigliano, Sovana e Orbetello. Palazzo Orsini ospita due musei: il Museo Civico Archeologico e il Museo di Palazzo Orsini, unitamente alla Biblioteca e all’Archivio storico comunale e alla Biblioteca e all’Archivio storico diocesano. Esternamente il Palazzo presenta un caratteristico torrione terrazzato, il portale d'ingresso si trova al termine di una rampa in salita, dal quale si accede al cortile interno con una parte a portico a sei arcate, un pozzo esagonale a colonne si trova accanto al portale d'accesso al Palazzo, in travertino scolpito e oggi ingresso del Museo.
palazzo Orsini
Proseguendo in via Roma si arriva a piazza San Gregorio, dov'è la Cattedrale, con facciata settecentesca, l'interno è a una unica navata. Di fianco alla Cattedrale è il Loggiato del Palazzo della Comunità e di fronte il "Monumento alla progenie Orsina".
Duomo
ghetto ebraico
Dietro alla Cattedrale è il caratteristico Ghetto Ebraico. Infatti a partire dal XIV secolo e poi dopo la definitiva espulsione degli Ebrei dallo Stato Pontificio nel 1569, numerose famiglie ebree trovarono asilo a Pitigliano, dove si venne formando una consistente comunità ebraica. Il Ghetto ebraico occupa la zona tra il Duomo e la Chiesa di Santa Maria ed è caratterizzato da piccole e strette vie, della sinagoga del XVI secolo, restaurata nel 1995 dopo anni di abbandono, dall'Archivio, dalla Scuola Ebraica e dal forno; fuori dal paese sulla strada verso Manciano si trova il piccolo cimitero ebraico.
chiesa di S. Maria e S. Rocco
Proseguendo dalla Cattedrale lungo via Gen. Orsini si raggiunge la bella Chiesa di Santa Maria, forse la più antica di Pitigliano (XII secolo), fu ristrutturata fra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo e presenta una facciata cinquecentesca, l'interno è a tre navate con affreschi di scuola senese alle pareti. Oltre la chiesa si raggiunge la Porta di Sovana da dove si ha un'altra bella veduta sulle case di Pitigliano e dove si possono riconoscere parti delle mura etrusche.
porta di Sovana
Poco fuori dell'abitato (circa 800 metri) sulla strada per Sorano, sulla sommità di un poggio, si può visitare quello che resta del Parco Orsini con statue rupestri e sedili scavati nel tufo. Sempre sulla strada che porta a Sorano, poco fuori Pitigliano si trovano i resti della Chiesa e del Convento di San Francesco, costruiti nel 1522 per volere degli Orsini su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, della chiesa, distrutta da un incendio nel 1911, restano in piedi le mura perimetrali e le tre cappelle laterali, mentre del convento rimane una parte del chiostro addossato ad una casa colonica.
chiesa di S. Francesco
Nei dintorni di Pitigliano sono numerose le cosiddette "vie cave", profondi percorsi ricavati tagliando la roccia tufacea. Alcune "vie" superano il chilometro di lunghezza, con pareti alte fino a 20 metri. Le principali sono quella del Gradone (dove è un interessante Museo all’aperto didattico-informativo), di S.Giuseppe, di Fratenuti, di S.Rocco e della Madonna delle Grazie. Merita una visita anche l'Area archeologica di Poggio Buco, che ospita tombe etrusche dell'VIII – VII sec. a.C.
cava di Gradone
Pitigliano - Sono incappucciati da un saio, sotto un camice bianco, portano sulle spalle un grosso fascio di canne fiammeggianti. Sono i torciatori che la notte di San Giuseppe, al segnale convenuto, s'incamminano in fila dalla via Cava del Gradone a valle del paese lungo il fiume Meleta per poi risalire fino alla piazza del Comune. Qui, già dal giorno prima, è stato eretto un enorme pupazzo di canne, è l'Invernacciu, simbolica rappresentazione dell'inverno che muore. I torciatori, in tutto una quarantina di figuranti preceduti da due portantini con la statua di San Giuseppe, arrivati in piazza appiccano il fuoco all'Invernacciu che in pochi secondi si trasforma in un enorme falò.
La Torciata di San Giuseppe, diretta discendente d'antichi falò, ha origini perdute nella notte dei tempi che ogni anno, nell’equinozio di primavera, rievoca la leggenda propiziatoria dell'arrivo della Primavera. Fin dall'epoca etrusca veniva infatti celebrato il rito del "seme sotterrato simbolo di vita: in occasione di questa festività, coincidente con la fine dell'inverno, venivano anche appiccati enormi fuochi. Durante il Medio Evo tale cerimonia fu cristianizzata e fatta coincidere con la festività di San Giuseppe. Attualmente la Torciata ha il suo culmine con il Corteo Storico, in costumi quattrocenteschi, il quale ripercorre la parte vetusta del paese per portarsi poi verso piazza del Comune dove è stato eretto un enorme pupazzo di canne “l’invernacciu” simbolica rappresentazione dell'inverno. Nella Piazza gremita di persone, al crepuscolo ad un segnale convenuto i torciatori che, incappucciati in rustici sai, iniziano la loro marcia dalla Via Cava del Gradone portando in spalla un grosso fascio di lunghe canne fiammeggianti all'estremità a guisa di torce. Nel buio della notte è suggestivo lo spettacolo di questi uomini che, come fiaccole moventi in lontananza, vanno avvicinandosi alla volta del paese. Frattanto, i figuranti del Corteo Storico dopo aver sfilato nella stupenda cornice del centro storico del paese, raggiungono l'affollata Piazza e si schierano sulle larghe gradinate mentre i sbandieratori si esibiscono giocando con l’invernacciu. Ed ecco che, tra le esclamazioni di gioia, spuntano nel plauso della folla i portantini con la statua del Santo, poi il primo torciatore ed in crescendo tutti gli altri che vanno man mano schierandosi in circolo attorno all’Invernacciu e, dopo la tradizionale benedizione del Vescovo, addossano i loro fasci di canne fiammeggianti all’invernacciu il quale, in pochi secondi divampa in un enorme falò. Poi pian piano la magia si spegne, le fiamme si consumano lentamente lasciando al suo posto la brace che verrà raccolta dalle donne come segno di buon auspicio. E' questo il grande, breve ma affascinante, rituale che torna ogni anno a riconquistare l'antico cuore dei pitiglianesi
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grazie tomiva,pusaaaa . -
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MONTERIGGIONI
Monteriggioni è un caratteristico borgo medievale completamente circondato da una cerchia muraria circolare con 14 torri, che si trova a pochi km da Siena.
Fino all'XI secolo Monteriggioni fu una stazione di scambio lungo la via Francigena. Siena trasformò Monteriggioni in un imponente fortezza per proteggere il confine nord durante le guerre contro Firenze. La sua posizione permetteva il controllo delle valli dei fiumi Staggia e Elsa nella direzione di Firenze. Le sue mura furono costruite negli anni 1213-1219 (come risulta dalla pietra posta sulla Porta Romea) e misurano 570 metri di lunghezza, 20 metri d'altezza ed hanno 14 torri quadrate (più una torre interna) e due porte d'ingresso (Porta Romea o Franca verso Siena e Porta di San Giovanni o Fiorentina verso Firenze).
A causa della sua posizione, Monteriggioni vide spesso sotto le sue mura combattimenti tra senesi e fiorentini. Per esempio nel 1244 e nel 1254. Nel 1269 dopo la battaglia di Colle, i Senesi in fuga si rifugiarono a Monteriggioni che fu invano assediato dai Fiorentini.
A partire dall'anno 1380, gli abitanti di Monteriggioni, furono equiparati ai cittadini senesi. Nel 1383 un gruppo di esuli Senesi si impadronirono, con un’inganno, del castello ma presto furono costretti alla resa dai senesi. Nel 1526 i Fiorentini assediarono Monteriggioni ma non riuscirono ad espugnare la fortezza. Monteriggioni fu infine conquistato, nel 1554, dalle truppe di Cosimo I de Medici, solo in seguito al tradimento del capitano del castello.
La principale caratteristica di Monteriggioni sono le sue mura del XIII secolo, che misurano 570 metri di lunghezza, 20 metri d'altezza ed hanno 14 torri quadrate (più una torre interna) e due porte d'ingresso: Porta Romea o Franca verso Siena e Porta di San Giovanni o Fiorentina verso Firenze. All'interno della cerchia muraria è interessante la Chiesa Parrocchiale in stile romanico-gotico.
L'insieme della cinta muraria di questa cittadina costituisce un eccellente esempio di fortificazione del periodo medievale, arrivato quasi intatto fino ai nostri giorni, questo splendido borgo antico rievoca ogni estate il suo glorioso passato.
In occasione della festa medievale, che si tiene nel mese di luglio, gli abitanti, indossano abiti d'epoca, ogni segno di modernità è bandito, la moneta corrente diventa "lo scudo di Monteriggioni".
Con il 2011 Monteriggioni giunge al suo Ventesimo anno della Festa Medievale, un appuntamento che il castello non poteva non ricordare e festeggiare con un´edizione straordinaria, ricca di eventi a carattere internazionale, intrattenimenti suggestivi, nonché momenti di approfondimento e riflessioni sui temi della storia medievale e della rievocazione.
Realizzata dalla “Monteriggioni A.D. 1213” e sotto la direzione artistica del CERS, Monteriggioni di torri si Corona 2010 avrà come tema “Sulla via dei Pellegrini: homini d’onore, d’arme e di fede” e su questa trama si snoderanno alcuni degli eventi più significativi proposti per i due fine settimana.
La festa, come di consueto, sarà contraddistinta da intrattenimenti ricostruttivi di tecniche militari, di vita quotidiana e di arti e mestieri, il tutto allietato e vivacizzato da saltimbanchi, spettacoli teatrali itineranti e angoli di giocoleria.
Nei due fine settimana della festa, nel campo dei tornei allestito all’esterno del castello, si svolgeranno tornei con combattimenti a cavallo e a piedi, che riproporranno tecniche e abilità delle sfide tra cavalieri di XIII e XV secolo.
Appuntamento da non perdere la Tappa Italiana del Campionato Mondiale di Torneo e Giostra Cavalleresca della International Jousting League.
Per tutta la durata della Festa Medievale le strade e le piazze del castello ospiteranno spettacoli itineranti di musica e recitazione: giullari, artisti di strada, trampolieri e musici accompagneranno lo spettatore in un percorso indietro nel tempo alla scoperta delle atmosfere e dei suoni del medioevo.
Rievocazione storica dell’arrivo a Monteriggioni delle reliquie di S. Cirino Vescovo e Martire, con spettacoli di fuoco, sbandieratori e tamburi. La Via Francigena accoglie il passaggio delle reliquie del santo riproponendo quadri e scene di vita della strada medievale per eccellenza.
dal:web. -
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BARGA
Annoverata tra i “Borghi più belli d’Italia” sorge sulle contrafforti dell’Appennino tosco-emiliano, in provincia di Lucca, a circa 410 metri s.l.m. nella valle del fiume Serchio.
Le prime notizie storiche di questo bellissimo borgo, risalgono a tempi antichi,in cui era feudo longobardo: successivamente fece parte del Marchesato toscano.
A metà del Trecento, Barga si sottopose volontariamente alla Repubblica di Firenze, alla quale rimase sempre fedele: percorrendo le vie del paese, molti palazzi sono caratterizzati dallo stemma mediceo e dal giglio fiorentino, proprio a testimonianza di questa forte influenza durata oltre cinque secoli.
Il centro storico del borgo si sviluppa all’interno di una cinta muraria di notevoli dimensioni e si accede allo stesso passando attraverso uno dei tre varchi, denominati precisamente “Porta Reale”, “Porta Macchiaia” e “Via di Borgo”.
L’edificio artisticamente più importante è indubbiamente il “Duomo di San Cristoforo”in stile romanico, databile intorno al Mille, caratterizzato da una veduta panoramica mozzafiato sulla vallata, con lo sfondo delle vette Apuane a cornice.
Il turista può visitare, inoltre, il bellissimo “Palazzo Pretorio”,attualmente adibito a museo civico e “Palazzo Pancrazi”, sede dell’attuale municipio e “Palazzo Mordini”, uno dei più importanti archivi del Risorgimento, ove nacque Antonio Mordini, Ministro del Regno d’Italia.
Culturalmente Barga è molto vivace, numerose le iniziative proposte al “Teatro dei Differenti”, costruito nel 1688, noto perché il poeta Giovanni Pascoli vi pronunciò, nel 1911, il famoso discorso “La grande proletaria si è mossa”.
Inoltre, molto importante è il Festival lirico internazionale Opera di Barga, che attira molti spettatori a luglio e il Barga Jazz ad agosto.
Per le sue bellezze artistiche, Barga viene definita “la perla del Serchio” ed anche “the most scottish town in Italy”: Barga e la Scozia, infatti sono molto legate…in anni passati molti barghigiani migrarono in Scozia e fecero fortuna…tornati poi in patria…non sciolsero mai questo legame, testimoniato anche dalle feste e dal folklore del borgo!
Percorrendo le vie di Barga, più volte, infatti, mi è capitato di incontrare degli scozzesi che insieme ai barghigiani intonavano canti scozzesi davanti a qualche tipico wine bar…!
da:vagabondaggi.it
il Duomo
La Collegiata di San Cristoforo è collocata nel punto più alto del rilevo che ospita il paese e rappresenta un privilegiato punto di osservazione del territorio e della Valle del Serchio. Venne eretta nel sec XI a partire da una Chiesa castellana citata in una pergamena del 913. Questo edificio andò a costituire la prima parte del Duomo, poi ampliato nel sec. XII. Successivamente nel sec. XIII, con un secondo ampliamento se ne ricavo' una Cattedrale romanica, con affioranti motivi gotici. Con la realizzazione delle due grandi cappelle laterali e del coro (1500-1600), si ebbe il terzo ampliamento completando la definitiva costruzione del Tempio con l'assetto visibile ancora oggi. Purtroppo, a causa del terremoto del 1920 la Collegiata ha subito ulteriori restauri dal 1927 al 1939 che ne hanno cambiato ancora la fisionomia.
La facciata attuale (già fianco sud della Chiesa del sec. XII), semplice e nuda, è in bozze di travertino asimmetriche dette "alberese di Barga. Gli elementi architettonici rimandano al romanico lombardo, con decorazioni di figure umane, fregi e animali fantastici, in alto è presente una doppia serie di archetti a tutto sesto su mensole. Nel mezzo si apre la Porta Maggiore sovrastata da un arco scolpito a foglie d'acanto, fiancheggiata da due colonne alla sommità delle quali si affacciano due leoni simbolo della forza della fede. L'architrave è ornata da un bassorilievo raffigurante una scena di vendemmia.
Sullo stipite di destra è incisa un'iscrizione dall'interpretazione ancora incerta. (vedi le nostre curiosità)
L'interno del Duomo ha tre navate con uno schema basilicale. La luce scende da lunghe e strette finestre. Una delle opere più pregevoli del Duomo è il Pulpito del sec. XII di scuola comacina, che si ritiene opera di Guido Bigarelli da Como. E' costituito da una cassa sorretta da colonne di marmo rosso con alla base due leoni; i lati dell'arca sono ornati con l'Adorazione dei Magi, la Natività, l'annunciazione e Il profeta Isaia
Numerose sono le opere custodite nelle navate. Due plutei marmorei duecenteschi nel presbiterio, una statua lignea policroma di San Cristoforo, varei maioliche Robbiane nella cappella del SS. Sacramento, una grande Croce dipinta, opera del Maestro di Barga, e ancora altre opere. La Torre campanaria del 1771, sorge dall'antico atrio e si inserisce nella facciata; il suono delle sue campane ispirò al Pascoli la lirica " L' ora di Barga".
La travagliata vita di questa cattedrale, annoverata anche tra i monumenti nazionali, più volte modificata, ci permette di ammirare ancora oggi un capolavoro che custodisce più di mille anni di storia della fede.
25 Aprile a Barga
di Maria Luisa Tognelli
"Al mio cantuccio, donde non sento
se non le reste brusir del grano
il suon dell'ore viene col vento
dal non veduto borgo montano ...."
casa museo di Giovanni Pascoli
Così recita appunto la poesia di Giovanni Pascoli "L'ora di Barga" che si riferisce a questo delizioso paese situato in un'ampia conca circondata da alte vette spesso innevate dall'autunno alla primavera (oggi lo abbiamo ben constatato), da una parte le Alpi Apuane, dall'altra gli Appennini ricoperti di faggete. E per la seconda volta, dopo una lunga interruzione, siamo tornati qui anche noi podisti delle Tre Province per correre la marcia organizzata dal Gruppo "Gli amici del cuore" di Barga, sulle distanze di km.2,6,12,18.
Quest'anno per fortuna è una bellissima giornata che ci permetterà di godere di ampi e verdi paesaggi e di scorci incantevoli, ora in mezzo ai castagni le cui foglie hanno preparato un morbido tappeto piacevole al nostro incedere, ora in mezzo alle faggete, ora, arrivati più in alto, in vasti spazi meravigliosamente liberi.
Partiamo e passato il Ponte sull'Ania, attraversiamo già in salita l'abitato entrando dalla Porta Mancianella o Reale, restaurata nel secolo scorso, passiamo quindi per la Via di Mezzo; qui tutto parla del passato e vi regna una grande quiete. Usciamo ben presto dalla Porta Macchiaia, cosìddetta perché portava alla macchie, cioè alle faggete dell'Appennino. Questa Porta è rimasta praticamente intatta, le manca solo il ponte levatoio. Usciti dall'abitato, procedendo su sentiero di acciottolato, giungiamo al bivio dove urge la scelta. Siamo ancora stanchi di domenica scorsa, l'altro ieri in effetti, ma la tentazione di godere delle bellezze che madre Natura ci offre ci spinge a scegliere il percorso più lungo.
Devo dire che più volte il percorso lungo e quello medio si intersecheranno e si separeranno per incontrarsi di nuovo fino all'arrivo. Abbiamo attraversato il borgo di Catagnana, la "terra dei diavoli" come venivano chiamati qui i carbonai che grazie all'abbondante legname dei monti vicini svolgevano la loro attività; appartenne anch'essa ai Rolandinghi, come del resto Sommocolonia che tocchiamo successivamente raggiungendo i 730 m. s.l.m. Da qui in poi troviamo in prevalenza discesa, ora su sentieri sterrati in mezzo ai boschi, ora su acciottolato, ora su strada asfaltata.
A parte la marcia, Barga merita di essere visitata per la sua storia e per le sue opere d'arte, quali il Duomo, la Pieve di Loppia, la Piazza dell'Arringo con il suo palazzo, nonché le sue strade rampanti, le cosiddette "carraie".
da:3province.net
archivio museo
casa museo
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Barga: il paese dei muri parlanti
Touringclub.it:
Questa è una storia vera. E come molte storie vere è improbabile. Una storia che finisce sui monti della Toscana dopo essere passata per l’Irlanda, la Provenza e la Scozia. Una storia che ha un protagonista che non vuole esserlo: “Siete venuti per parlare di Keane o per parlare di Barga?” chiede al nostro arrivo, e il tono di voce si fa per un momento duro, quasi ostile. Perché Keane è così: non vuole si parli di lui. O meglio, non gli interessa, non lo ritiene importante. Gli interessa, invece, che si racconti quello che è stato fatto a Barga (anche) grazie a lui.
Ma chi è Keane? Pittore di talento, fotografo, musicista e tanto altro, Keane nasce in Irlanda 56 anni fa. Non ha un nome di battesimo, o meglio, l’ha tenuto per sé: per l’Italia, dove vive dal 1985, è solo Keane. Arriva in Garfagnana su un sidecar e si innamora di questi luoghi. Nel 1992 si trasferisce a Barga e inizia a lavorare per far conoscere – sono parole sue – “l’Italia agli italiani, e non solo a loro”. Da farlo socio onorario Touring. L’Italia che Keane vuole far conoscere è la sua Italia, la piccola Barga (Lu), cittadina della Media valle del Serchio di poco più di 10mila abitanti, costruita tutta in salita e arroccata intorno a un Duomo millenario che sembra un castello, con un campanile merlato che pare una torre, dove le Alpi Apuane si confondono con l’Appennino.
Qual è il sistema migliore per far conoscere una località turistica, oggi? Internet. Keane lo sa e sfruttando le sue conoscenze tecniche apre nuove strade alla comunicazione. Nel 2003 aveva mandato in streaming il concerto di Paolo Nutini, giovane cantante scozzese di origini barghigiane, quando ancora nessuno in Italia parlava di diretta web. E nel 2008 coinvolge il Comune nella sua idea più avveniristica: il progetto iBarga. Sfruttando la tecnologia dei Qr code, Keane individua 75 punti di interesse turistico in paese: chiese, piazze, palazzi storici, ristoranti, negozi, perfino alcuni alberi del grande piazzale del Fosso, il giardino di Barga. Prepara la descrizione in dieci lingue, compresi l’arabo e il cinese, e poi colloca in ognuno di questi posti una piastrella con il Qr code. Turisti e visitatori dotati di smartphone potranno leggere i codici sulle piastrelle, e sentirsi raccontare, per esempio, la storia del Duomo dal Duomo stesso. Ad aiutarlo c’è don Stefano, il giovane parroco, che lo accompagna in giro in moto a posizionare le piastrelle, a dimostrazione che tutti, qui, credono nell’idea. E forse, che sono matti come lui.
In effetti, qualcosa di strano, a Barga, c’è. Per esempio una sagra dedicata al fish&chips, che di toscano ha poco o nulla. O tre fun club – gli unici in Italia – del Celtic Glasgow, una delle squadre di calcio della città scozzese. Il fatto è che Barga, oltre che Bandiera arancione Tci, è the most scottish town in Italy, la più scozzese delle città italiane. Nel secondo dopoguerra, infatti, molti barghigiani emigrarono in Gran Bretagna e finirono a Glasgow, dove lo sviluppo dei cantieri navali dava molte opportunità di lavoro. In quegli anni nacquero decine e decine di caffè, gelaterie, negozi di fish& chips gestiti da barghigiani, e il legame tra questo lembo di Toscana e quell’angolo di Scozia è rimasto forte, tanto che l’arcivescovo di Glasgow, Mario Conti, è originario di qui.
Barga è il Comune italiano che ha il maggior numero di residenti in Scozia, quasi 10mila, per i quali lo scalo aereo Pisa-Glasgow inaugurato nel 2006 della RyanAir è una manna dal cielo. Del milione di turisti arrivati qui dal 1992 a oggi, la stragrande maggioranza è britannica. È normale, insomma, per Barga avere una vocazione turistica internazionale e che l’inglese sia parlato ovunque. Fortunatamente Keane non è mai stato campanilista, e si è ambientato benissimo, lui irlandese, nella città più scozzese d’Italia. L’estro di Keane ha scatenato quello dei barghigiani, aprendo una sorta di vaso di Pandora dei desideri, facendo capire a quelli che ormai lo considerano un concittadino che i sogni sono realizzabili: basta volerlo. Così, in piazza Angelio, negli spazi dove un tempo c’era la proloco e prima ancora una banca, Alessandro e Claudia hanno aperto il primo concept store di Barga, inaugurandolo con performance artistiche e musicali all’avanguardia e riempiendolo di oggetti unici, vestiti esposti dentro casseforti e frigoriferi d’epoca aperti, pezzi d’arredamento e di design, e l’hanno chiamato, appunto, Il vaso di Pandora. Nella stessa piazza c’è l’atelier di John Bellany, uno dei più apprezzati e quotati pittori scozzesi contemporanei, che si divide tra la terra natia, Barga e Cambridge.
E ancora: in una bottega della via di Borgo c’è un foglio di quaderno con un nome e un numero di cellulare: sono quelli di Swietlan Kraczyna, affermato pittore e incisore nato al confine tra Russia e Polonia nel 1940, che passa buona parte dell’anno a dipingere qui. In via del Pretorio, appena sotto al Duomo, Chris Bell, pittore e insegnante di tecnica pittorica, ospita della sua scuola-convitto Art-Toscana e su una terrazza piena di fiori e di alberi chi voglia imparare a dipingere. La piccola Barga è diventata il buen retiro di artisti, pittori e aspiranti tali, chiusa in sé e al tempo stesso in continuo contatto col mondo grazie al web. Racconta Keane: “Prima di venire in Italia ho vissuto due anni in Provenza ed era meraviglioso, non c’era nessuno, potevo dipingere in assoluta tranquillità. Poi un inglese ha scritto un libro dedicato al paese ed è iniziata l’invasione. Sono scappato”. Allora perché una volta giunto a Barga si è comportato come quell’inglese? Perché ideare un sistema per far conoscere il paese, mettendolo sotto i riflettori e attirando così i turisti?” Keane si fa serio: “Perché internet è un filtro e porta solo un certo tipo di turista. Qui c’è arte, musica, cultura. Qui ci sono festival jazz tutta l’estate. Questo andava raccontato. iBarga è un progetto di marketing turistico, certo, ma è anche un modo di educare al turismo non solo chi arriva, ma anche chi vive qui”.
Prima di iBarga, a far conoscere il paese ci pensava (e ci pensa ancora) Il giornale di Barga, in edizione cartacea e ovviamente online (in italiano e inglese): Keane è, inutile dirlo, uno dei collaboratori. Il direttore è Luca Galeotti, il caporedattore Maria Elena Caproni che poi è la voce di Barga in tutti i sensi: sua infatti è la foto del manifesto iBarga, sua la bocca che spiega l’iniziativa. “La foto l’ha fatta Keane con l’inganno, solo dopo ho scoperto a che cosa serviva, quando mi sono vista sui manifesti”, racconta. Insomma, questa è Barga. Il paese che un irlandese innamorato ha deciso di far conoscere al mondo. Dove l’ultimo piano di casa Cordati, interamente affrescato dal pittore locale Bruno Cordati, non è visitabile e non è chiuso al pubblico: semplicemente, si fa selezione all’ingresso. Educare al turismo, diceva Keane. Ora è più chiaro?
Fuori dal paese, sono almeno due i luoghi da visitare. Uno è la Grotta del vento, a mezz’ora di auto. Tra le più importanti grotte turistiche d’Europa, deve il suo nome alla forte corrente fredda che percorre il tunnel d’ingresso, a 640 metri d’altitudine. Si inoltra nella montagna per oltre quattro chilometri e offre cinque diversi itinerari di visita (tre accessibili a tutti, due per chi ha esperienza e non soffre di vertigini). Lungo la strada per la grotta, s’aggrappa alla roccia un santuario mariano, l’eremo di Calomini, realizzato nel luogo dove intorno all’anno Mille sarebbe apparsa la Madonna.
L’altro luogo è la casa museo di Giovanni Pascoli in frazione Castelvecchio. Nel 1895, l’autore di X agosto e La cavalla storna, soddisfacendo finalmente il suo desiderio di vivere lontano dai clamori delle città dove pure insegnava (Lucca, Firenze, Bologna, Messina...), acquistò questa casa dove restò fino alla morte, e dove è sepolto, con la sorella Maria, l’amatissima Mariù. Pascoli si spegne a Bologna il 6 aprile del 1912 e la sorella fa trasportare tutti gli arredi della stanza a Castelvecchio, preservando la camera del fratello, lo studio, la biblioteca come un museo alla memoria. Mariù lascerà casa Pascoli al Comune di Barga, che la rende accessibile al pubblico. Oggi è oggetto di restauri esterni in vista delle celebrazioni, nel 2012, dei cent’anni dalla morte del poeta.
A dispetto delle tragiche vicende familiari e della solitudine in cui viveva il poeta, casa Pascoli non è cupa né triste. È un luogo raccolto, che domina dall’alto Castelvecchio, pieno di cimeli letterari e storici, alcuni anche curiosi, come un prototipo di macchina per scrivere che Pascoli ricevette in dono ma non usò mai, preferendo scrivere a mano, o come un biglietto autografo di Gabriele D’Annunzio che voleva riappacificarsi dopo uno screzio di natura politica. Il turismo internazionale non conosce I canti di Castelvecchio e qui non arriva: la barriera linguistica non aiuta. Una barriera che Keane ha deciso di abbattere, o perlomeno incrinare: entro la fine dell’anno, infatti, le piastrelle con i Qr code posizionate nel giardino di Barga, tra gli alberi e sulle fontane, declameranno le poesie di Pascoli. Funzionerà? Keane risponde così: “Sapete perché funzionerà? Perché ci siete voi a parlarne”. Una bella responsabilità...
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