FIORI E PIANTE VELENOSE o NOCIVE

TUTTO QUELLO CHE C'E DA SAPERE..

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  1. gheagabry
     
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    Una delle cose più affascinanti nei fiori
    è il loro meraviglioso riserbo.
    (Henry David Thoreau)


    LA SCILLA MARITTIMA


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    La scilla marittima, (Drimia maritima) è nota anche come cipolla marina. In inglese è detta squill, in francese è la scille marittime, i tedeschi la chiamano blaustern mentre in Spagna è la esquila. E’ una pianta che appartiene alle Liliaceae (o alle Asparagaceae secondo la classificazione APG), molto comune che vive allo stato selvatico lungo le coste sabbiose. Pianta erbacea perenne caratterizzata da un grosso bulbo tunicato, dal diametro compreso fra 10 e 20 cm, il cui peso può arrivare a diversi chili. In agosto, nella macchia mediterranea costiera, appaiono dei pennacchi di colore violaceo che terminano in un lungo grappolo di fiori bianchi, peduncolati e formati da sei tepali ovali bianchi, che ondeggiano nel vento: è l'infiorescenza del bulbo della scilla marittima, che cresce non lontano dal mare dove si interra nella sabbia o fra le rocce. Le foglie, molli e carnose, crescono dopo la fioritura nella rosetta basale, e durano fino all'estate seguente. Il frutto è una capsula membranacea, che contiene diversi semi di colore nero.

    Il genere comprende un centinaio di specie. Alcune sono rustiche altre sono solo da serra. E’ diffusa dall'Europa alla Cina, attraverso la Persia e l'Asia, con una punta in Algeria. In Italia diverse specie sono spontanee: l'italica, la bifolia, l'amoena, la campanulata, l'intermedia, la marittima, la hyacinthoides oltre alla natans o non-scripta, alla peruviana e alla autumnalis che sono molto interessanti per il giardino. Ne esistono due varietà: la scilla femmina o bianca, di dimensioni minori, e la scilla rossa il cui bulbo può arrivare a 3–4 kg e le dimensioni di un melone. La distinzione si riferisce al colore delle squame bulbari.



    La Scilla maritima è originaria del Sudeuropa e spontanea in Sicilia. E' una specie velenosa.
    La Scilla non-scripta è una pianta spontanea o inselvatichita in alcune regioni del centro-nord. Cresce generalmente nei boschi e a primavera forma bellissimi tappeti azzurri, molto estesi. Ha foglie verde pallido, lunghe e sottili, fiori penduli, a forma di campana, portati in gran numero su steli rigidi, alti fino a 40 cm, con sepali azzurri. Ne esistono anche con fiori bianchi o rosa, generalmente profumati.
    La Scilla peruviana cresce nei luoghi aridi e sassosi delle regioni mediterranee. Ha fiori in spiga color lilla o bianchi, a forma di stella, e foglie lanceolate, piuttosto carnose.
    La Scilla siberica è una specie originaria dell'Asia Minore, è coltivata fin dal Settecento. E’ chiamata Falso Giacinto per i suoi fiori con tonalità che vanno dall’azzurro scuro all’azzurro vivo fino al bianco puro.

    Nella cultura popolare, segna la fine dell'estate e le prime piogge autunnali. La parte interessante è il bulbo, che viene raccolto in agosto, prima della fioritura, tagliato a fette ed essiccato. Il bulbo è velenoso, specie fresco. La varietà rossa contiene lo scilliroside che era usata per la pesca di frodo nei torrenti. Il succo ottenuto dal bulbo veniva mischiato con formaggio o ricotta ed usato come topicida. Veniva impiegato anche per quagliare il colostro.

    La scilla presenta proprietà simili a quelle della digitale. Le proprietà diuretiche sono più potenti della digitale, ma il loro effetto è di breve durata. Gli scillareni presentano azione cardiotonica. La proscillaridina , la sostanza più attiva, esercita effetti diuretici che si sommano favorevolmente alle proprietà tonico-cardiache. L'utilizzo della scilla come cardio-tonico è tuttavia desueto in quanto la concentrazione dei principi attivi può variare fortemente a seconda della preparazione e della qualità della droga. Questa pianta fornisce una droga molto pregiata con cui si fanno dei preparati come lo Scillaren di Sandoz, assai stimato in terapia.

    ….storia, miti e leggende….


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    Il nome Scilla è un'antica parola greca usata da Ippocrate e significa ferire, nuocere, con allusione alla velenosità dei bulbi di alcune specie. Linneo la classificò nel Genere Scilla, ma poi Baker la riposizionò nel Genere Urginea, ma ormai la sua popolarità con il nome scilla era ormai radicata e le rimase. Il nome Urginea detiva dal fatto che cresce in abbondanza nel territorio della tribù araba Beni Urgin, presso Bonav in Algeria, dove fu raccolta e studiata per la prima volta nel 1834.
    È una pianta molto velenosa, gli antichi greci lo capirono ben presto a proprie spese e le diedero il nome di skiullein: dilaniare, da cui poi schilla e infine scilla. I Greci piantavano la scilla sulle tombe e le attribuivano la proprietà di guarire la follia.
    Teofrasto (IV-III sec. a.C.) descrive che la pianta era impiegata in cerimonie espiatorie e per allontanare i sortilegi. Plinio (I sec. d.C.) narra che veniva appesa come amuleto universale sopra la soglia di casa per tenere lontano i malefici: "il bulbo della scilla , generalmente sporgente dal terreno e molto grosso (pesa in media 1-2 chili, ma può arrivare anche a 8) capace di sopravvivere alla siccità estiva e da cui spunta coi primi freddi autunnali, lo scapo alto circa un metro, terminante in un grappolo di fiori, simboleggia la forza vitale, che con la sua magia s'intende trasferire agli uomini e alle loro case".
    Della pianta erano conosciute anche le proprietà medicinali, presenti nel papiro Ebers la più importante testimonianza della scienza medica egizia(1550 a.C.).
    Il famoso tossicologo Orfila Matheo José Bonaventura (1787-1853), che si occupò in modo particolare degli effetti dei veleni inorganici e organici sull'uomo, segnalava di usare con prudenza la pianta, in quanto: "riesce... un veleno narcotico acre, potendo produrre, presa in troppa dose per bocca, la stranguria, il mitto sanguigno, delle nausee e vomiti, diarrea, coliche, sudori freddi, convulsioni e, in qualche caso, se non sempre, la morte."

    Nella tradizione sarda, nel giuramento fatto in forma di ordalia, che in Barbagia si praticava fino alla prima metà del '900, la si mescolava nell'acqua con cui il colpevole si bagnava gli occhi e che gli avrebbe procurato la cecità in caso di spergiuro. A Ghilarza, la scilla veniva impiegata in aggiunta o in alternativa alla pervica, al rito impetratorio della pioggia al Dio Maimone e che si svolgeva in periodo di siccità.
    Nel XX secolo le proprietà della scilla verranno meglio definite anche grazie agli studi farmacologici che ne individuaranno i principi attivi. La pianta si presenta in due varietà, che si differenziano sia morfologicamente che per i principi attivi: scilla bianca o femmina (var. alba), contenente scillareni, e scilla rossa o maschio (var. rubra). A Olmedo era usata a carnevale. Ogni anno si costruiva il pupazzo da bruciare in piazza, e la testa di questo Giosi Bullittadu, così lo chiamavano gli adulti, era il bulbo della bellissima urginea, sulla quale si praticavano due buchi e vi si inserivano gli occhi, in genere biglie vecchie o due sassi rotondi, e aveva la bocca e il naso. Lo si vestiva di vecchi stracci, e quando il fuoco divorava tutto, la testa, formata dal bulbo risultava appena bruciacchiata. Gli anziani sapevano della sua pericolosità e al ragazzo che andava a coglierla, raccomandavano vivamente di non toccarla con le mani, specie la bava, perché era velenosa. La scelta del bulbo come testa del Giosi Bullittadu, pare fosse legata al potere che la scilla avrebbe di allontanare le influenze maligne e liberare l'intera comunità dalla malasorte.


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    Edited by gheagabry1 - 7/2/2022, 15:01
     
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    LA SYMPLOCARPUS RENIFOLIUS

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    La Symplocarpus renifolius è una specie di piante da fiore della famiglia Araceae. Originarie negli Stati Uniti, Canada e Asia orientale in particolare in Corea, Manciuria, Russia e Giappone. In Giappone è chiamata Zazen che significa "seduto in meditazione Zen"; la caratteristica del fiore si presenta come un monaco. E' quasi sconosciuta dai giardinieri europei. Conosciuto anche come il Arum famiglia, si tratta di un gruppo di affini monocotyledonous piante da fiore in cui i fiori sono a carico su un tipo di infiorescenza chiamato un spadice.
    Il genere è caratterizzato da grandi foglie e apparati radicali profondi. Insolitamente producono anche radici contrattili che vengono utilizzate per cambiare il livello della pianta con il terreno. Le loro foglie rilasciano un cattivo odore, se schiacciate. Cresce in luoghi umidi, soprattutto a cielo aperto, anche se a volte è stato trovato sotto gli alberi ma, spesso la si trova lungo ruscelli. Il fiore è in realtà una foglia modificata, conosciuta come spata e nasce all'inizio della primavera. A differenza di molti altre piante sono impollinate dalle mosche. Utilizzando una sofisticata reazione chimica, lo spadice è in grado di produrre calore che aiuta a liberare un profumo piuttosto pungente.

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    Il colore della spadice, della spata e cappuccio esterno sono viola; i fiori densamente disposti sono di colore giallo. Tutte le parti della pianta sono tossiche a causa della presenza di calcio oxylate.


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    Edited by gheagabry1 - 7/2/2022, 14:29
     
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    Hippomane mancinella
    l'albero della morte

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    La mancinella, detta anche ippomane o manzaniglio (Hippomane mancinella L.), è una pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Euphorbiaceae. È originaria dei Caraibi, Florida, Bahamas, Messico, America Centrale. L'albero può essere trovato su spiagge costiere e più in generale negli acquitrini di acqua salmastra, dove cresce tra le mangrovie. E' una sempreverde, che cresce in altezza fino a 15 metri. Ha un tronco grigio-rosso, piccoli fiori gialli o verdi, e foglie di un verde brillante. Le foglie sono semplici, alternate, molto serrate e dentellate, dai 5 ai 10 centimetri di lunghezza. Sprazzi di fiori sono seguiti da un frutto che è molto simile ad una mela. Assumono colori verdi o giallo-verdi quando maturi. Il frutto della Mancinella è estremamente velenoso.

    Il filosofo greco Teofrasto (371-287 aC) nominò una pianta originaria della Grecia dopo aver stabilito che i cavalli impazzivano dopo averla mangiata, e il padre della moderna tassonomia, lo svedese Carl Linnaeus, diede lo stesso nome al nocivo albero americano.
    L'epiteto specifico "mancinella" è di origine spagnola, dove Manzanilla ha il significato di "piccola mela", ed è dovuto alla somiglianza superficiale del suo frutto e delle foglie a quelle di un melo. Il nome attuale in lingua spagnola è infatti "manzanilla de la muerte", piccola mela della morte.

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    Si tratta dell'albero più pericoloso del mondo. La resina biancastra contiene il forbolo, una potente tossina irritante idrosolubile, che a contatto con la pioggia si ristruttura a livello molecolare andando a formare una sostanza simile a pioggia acida e può provocare gravi vesciche simili a bruciature a contatto con la pelle. Tutte le parti della mancinella sono estremamente velenose e l'interazione e l'ingestione di qualsiasi parte di questo albero può essere letale. In varie parti delle zone di diffusione, gli alberi sono stati contrassegnati con cartelli, mentre altri vengono marchiati con una X rossa sul tronco, ad indicarne il pericolo.

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    Non viene estirpata perché, crescendo in fitti boschetti, fornisce una protezione contro l'erosione costiera sulle spiagge. Nonostante i pericoli ad essa associati, la pianta è stata usata come fonte di legname dai popoli dei Caraibi per secoli. Il legno, infatti, viene lasciato essiccare al Sole finché la linfa non svanisce. Gli indios usano l'estratto delle foglie per applicazioni medicinali.


    Il famoso bucaniere e probabile ugonotto di nazionalità incerta Alexandre Olivier Exquemelin (1645 – 1707), autore del più importante testo coévo sulla pirateria americana. Sbarcato presso una qualche spiaggia assolata della Florida, infatti, egli si trovò assediato da zanzare e moscerini. Al punto che, stanco di sopportarli, si diresse verso l’arbusto più vicino e ne staccò un ramo, allo scopo di farne un ventaglio, per farsi aria e scacciare gli sgraditi insetti da tutto attorno al suo volto. Nel giro di pochi minuti, il prurito peggiorò in maniera esponenziale, la sua gola prese a gonfiarsi e un intero lato della testa iniziò immediatamente a ricoprirsi di vesciche. Narra di essere rimasto “praticamente cieco” per un periodo di tre giorni esatti.
    Gli Indios erano soliti sfruttare l’albero nel corso delle loro guerre. Intingevano nella sua resina la punta delle frecce. Nel 1521, il celebre esploratore spagnolo Ponce de Leòn, personaggio legato alla leggendaria ricerca della Fonte della Giovinezza, venne ucciso da una freccia avvelenata con la mancinella.

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