Gary Oldman

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    Gary Oldman


    biografia

    Gary Leonard Oldman (New Cross, Londra, 21 marzo 1958) è un attore, sceneggiatore e produttore cinematografico britannico.



    Figlio di Leonard e Kathleen Oldman. Il padre, un saldatore che all'occorrenza diventava marinaio, era un forte bevitore e abbandonò la famiglia quando Gary aveva sette anni.

    Così il giovane Oldman è cresciuto con la madre e le due sorelle maggiori, una di queste è Laila Morse (anagramma di "mia sorella" in italiano) nata nell'agosto del 1945, anch'essa attrice.

    Dopo un primo amore per la musica, deciso a diventare pianista, impara da autodidatta a suonare il pianoforte, grazie all'incontro con Roger Williams si appassiona alla recitazione. A 15 anni, Gary diventa membro del Greenwich Young People's Theatre, e poco dopo lascia la scuola per andare a lavorare in un negozio di articoli sportivi. Il suo tempo libero però, è tutto dedicato alla recitazione, al pianoforte e alla lettura dei classici.

    A 17 anni tenta di entrare alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra, ma la sua domanda d'ammissione è respinta, e Gary, che non vuole rinunciare al suo sogno, si iscrive alla Rose Bruford School of Speech and Drama, nel Kent, dove ottiene una borsa di studio. Si diploma nel 1979. L'anno successivo, Gary Oldman è in tour in Europa e America del Sud con il Glasgow Citizen's Theatre, e presto comincia ad apparire in film prodotti dalla televisione britannica.

    Nel 1986 la giovane star del teatro inglese è accolta al Royal Court Theatre e nella Royal Shakespeare Company, e nello stesso anno debutta al cinema con Sid e Nancy, film biografico sull'ex leader del gruppo punk dei Sex Pistols, diretto da Alex Cox. Abile nel trasformare sia il suo corpo che il suo accento, da vita sullo schermo a una vasta serie di personaggi, molti dei quali particolarmente "cattivi": Lee Harvey Oswald in JFK - Un caso ancora aperto (1991) di Oliver Stone, il Conte Dracula in Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola e il poliziotto corrotto e tossicomane Norman Stansfield in Léon (1994) di Luc Besson.

    Gli anni Novanta lo vedono protagonista non solo in veste di attore ma anche di produttore e regista. Fondata con Douglas Urbanski la casa di produzione SE8 Group (il nome deriva dal codice di avviamento postale dalla cittadina natale di Oldman) nel 1997 Oldman ha scritto e diretto Niente per Bocca un ottimo film pieno di elementi autobiografici, che ha fatto vincere alla protagonista Kathy Burke la Palma d'Oro al Festival di Cannes.

    I successi del lavoro non vanno però di pari passo con la vita privata. Dedito all'abuso di alcolici (vizio ereditato dal padre), fu arrestato l'8 agosto 1991 a Los Angeles per guida in stato di ebbrezza, in macchina con lui c'era l'attore Kiefer Sutherland. Fu rilasciato dietro pagamento di una forte cauzione.

    Nel 1995 si sottopone a una cura disintossicante e conosce la fotografa e modella Donya Fiorentino. I due si sposano il 16 febbraio 1997. Il 20 agosto 1997 nasce il loro primogenito Gulliver Flynn, mentre nel 1999 nasce il loro secondo figlio Charles John. L'attore è al terzo matrimonio dopo quello con le attrici Lesley Manville, sposata nel 1980 da cui ha divorziato nel 1990 da cui ha avuto un figlio Alfie; Uma Thurman sposata nell'ottobre 1990 da cui ha divorziato 18 mesi dopo.

    In entrambi i casi, la rottura pare sia legata proprio ai suoi problemi con l'alcool, così come il divorzio dalla Fiorentino, avvenuto il 13 aprile 2001.

    Dal 1994 al 1996 ha avuto una relazione sentimentale con l'attrice e modella Isabella Rossellini incontrata sul set di Amata immortale. Successivamente, si è fidanzato con la modella e attrice Ailsa Marshall. Nel 2001 ha lavorato sotto la regia di Ridley Scott in Hannibal, dove interpretava il ruolo di un uomo sfigurato, vittima del famoso Dott. Lecter.

    Nel 2005 ha interpretato in modo eccellente il ruolo del commissario Gordon in Batman Begins; ha interpretato il medesimo personaggio in The Dark Knight che uscirà nelle sale nel 2008 Ha anche recitato in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, e Harry Potter e l'ordine della fenice, dove interpreta Sirius Black.


    filmografia

    * Sid e Nancy (1986)
    * Prick Up - L'importanza di essere Joe (Prick Up Your Ears) (1987)
    * Mille pezzi di un delirio (Track 29) (1988)
    * Legge criminale (Criminal Law) (1988)
    * Il più grande bene del mondo (We Think the World of You) (1988)
    * Rosencrantz e Guildenstern sono morti (Rosencrantz and Guildenstern Are Dead) (1990)
    * Stato di grazia (State of Grace) (1990)
    * JFK - Un caso ancora aperto (JFK), regia di Oliver Stone (1991)
    * Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker's Dracula) (1992)
    * Fallen Angels (1993)
    * Una vita al massimo (True Romance) (1993)
    * Triplo gioco (Romeo Is Bleeding) (1993)
    * Léon (1994)
    * Amata immortale (Immortal Beloved) (1994)
    * L'isola dell'ingiustizia - Alcatraz (Murder in the First) (1994)
    * La lettera scarlatta (The Scarlet Letter) (1995)
    * Basquiat (1996)
    * Il quinto elemento (Le cinquième element) (1997)
    * Air Force One (1997)
    * Lost in Space (1998)
    * The Contender (2000)
    * Nobody's Baby (2001)
    * Interstate 60 (2002)
    * Sin (2003)
    * Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban) (2004)
    * The Backwoods - Prigionieri nel Bosco (2005))
    * Batman Begins (2005)
    * Harry Potter e il calice di fuoco (Harry Potter and the Goblet of Fire) (2005)
    * Harry Potter e l'ordine della fenice (Harry Potter and the order of the phoenix) (2007)
    * Il Cavaliere Oscuro (The Dark Knight) (2008)


     
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    grazie biondina..
     
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    grazie...molto bravo come attore
     
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    Gary Oldman in AIR FORCE ONE (1997)


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    Gary Oldman in LOST IN SPACE (1998)


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    Oldman in DRACULA (1992)

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    Gary Oldman in THE FIFTH ELEMENT


     
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    Harry Potter e i doni della morte: Parte II



    Esce il 15 luglio 2011 l’ultimo capitolo della celebre saga fantasy


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    Ultimo degli otto film basati sulla serie letteraria firmata da J.K. Rowling e unico, insieme alla Parte I, a uscire in sala nel doppio formato 2D e 3D, Harry Potter e i doni della morte - Parte II chiuderà per sempre la celeberrima saga fantasy, almeno fino a quando qualcuno (in futuro) non deciderà di farne un bel remake. Ma per questo ancora c'è tempo. C'è da chiedersi, piuttosto, come vivranno Daniel Radcliffe, Rupert Grint ed Emma Watson la fine della loro adolescenza cinematografica. Quando l'ultimo capitolo avrà terminato il suo giro in sala, quando anche l'ultimo cinema del mondo avrà spento il proiettore sui doni della morte, allora i tre giovani protagonisti potranno spogliarsi delle loro divise da maghi, riporre le bacchette, soffiare sulle polveri magiche per tentare di indossare con lo stesso successo gli abiti di nuovi personaggi.
    Cosa possiamo aspettarci, invece, dal film? Se consideriamo che a dirigerlo sarà ancora una volta David Yates (già regista di l'ordine della Fenice, il principe mezzosangue e della prima parte di i doni della morte), possiamo essere certi che, conoscendo personaggi e ambientazione, saprà chiudere la serie in bellezza nonostante il passo falso della penultima installazione. Se lo staff tecnico rimane più o meno invariato, una nuova entry c'è ed è rappresentata dal compositore Alexandre Desplat (Lussuria - Seduzione e tradimento, Coco Avant Chanel, The Twilight Saga: New Moon), responsabile della colonna sonora delle due parti finali della serie. Quanto ai protagonisti e alle loro sorti, chi ha letto il libro conoscerà tutti i segreti dell'ultimo capitolo.
    Sebbene inizialmente si pensasse che non dovesse tornare a interpretare Sibilla Cooman perché impegnata sul set del sequel di Nanny McPhee - Tata Matilda, Emma Thompson è riuscita a riunirsi al cast prima del termine delle riprese prestando per l'ultima volta omaggio al personaggio della professoressa. Tra gli altri, ad accoglierla sul set della saga, c'erano la sorella Sophie (che interpreta la strega del Ministero della Magia, Mafalda Hopkirk), Rhys Ifans, Ralph Fiennes e Maggie Smith. Non vi aspettate però che l'ultimo capitolo di Harry Potter sia fermo a Hogwarts. Come ci ha tenuto a precisare Daniel Radcliffe, il doppio finale è un road movie che permetterà al pubblico di assistere all'ultima avventura con uno sguardo fresco poiché lo scenario sarà totalmente differente rispetto al passato. In pratica Harry, Ron e Hermione, proprio come i tre attori che li interpretano, usciranno dalle buie stanze di Hogwarts per avventurarsi nel mondo.
    Di Tirza Bonifazi Tognazzi




     
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    ....intervista a Gary.......

    “Ricordo molti anni fa, una cena con Jack Nicholson. Nel momento in cui lui entrò nella sala da pranzo, fu come se si accendessero mille luci. La sua presenza illuminava la stanza. Ecco, il personaggio che interpreto in La Talpa, George Smiley, è proprio l’opposto: vuole solo diventare invisibile”.
    E così ha fatto Gary Oldman: è scomparso nella parte, è diventato la spia creata dalla penna di John le Carré. Con quell’impermeabile incolore, la faccia inespressiva, la voce controllata, è laconico, grigio e anonimo: in una parola, perfetto. Per un attore come lui, sfavillante e roboante, è l’ennesimo esercizio di maestria recitativa.

    La sua interpretazione è sottotono. Come ha cerato questo personaggio?

    Cerco sempre una chiave che mi permetta di aprire una porta. C’è un passaggio nel libro di John le Carré in cui Ann, la moglie, lo descrive come un interruttore, capace di regolare la temperatura del suo dell’ambiente in cui si trova. L’immobilità del mio personaggio arriva appunto da lì. Dopo tanti ruoli estremi sul piano emozionale e fisico, la definirei un’interpretazione “da seduto”.

    Ha passato mesi a studiare i trucchi e il mestiere della spia britannica ai tempi della guerra fredda. Lei potrebbe mai essere un agente segreto?

    Non credo proprio! Sono terribile quando mento, non convinco mai nessuno. E lo ripeto di continuo ai miei figli (Gulliver e Charlie, 14 e 12 anni, avuti dalla fotografa Donya Fiorentino, ndr): non c’è nulla che mi dia più fastidio della mancanza di lealtà, della disonestà, della menzogna. Il paradosso vuole che io faccia l’attore – anche tutte le spie, in fondo, sono attori – e cerchi sempre di essere qualcun altro…

    La guerra fredda, che sembra oggi così lontana, ha accompagnato la sua generazione. Lei, che ha avuto una giovinezza – diciamo – “avventurosa”, cosa ricorda di quei tempi?

    Soprattutto i miei ormoni, che erano in pieno fermento (ride). Non mi interessavo alla politica, se mai andavo matto per le ragazze e David Bowie.

    Lei, inglese, vive a Los Angeles da anni, eppure si ha la netta impressione che Hollywood non la entusiasmi particolarmente.

    Be’, basta dare un’occhiata al menu dei loro film: prequel numero uno, prequel numero due… A basarsi su quello che esce al cinema qui ogni settimana ti può prendere la disperazione. Ma poi, improvvisamente, ti capita un film come La Talpa e ti trovi su un altro pianeta. Allora mi dico che ho avuto tutto sommato una bella carriera. Un giorno però vorrei stringerla, quella dannata statuetta..


    LA TALPA

    la-talpa

    GENERE: Spionaggio, Thriller
    REGIA: Tomas Alfredson
    SCENEGGIATURA: Peter Morgan
    ATTORI:
    Gary Oldman, Colin Firth, Tom Hardy, Mark Strong, Ciarán Hinds, John Hurt, Benedict Cumberbatch, David Dencik, Stephen Graham, Simon McBurney, Toby Jones, Kathy Burke, Konstantin Khabensky
    Ruoli ed Interpreti

    FOTOGRAFIA: Hoyte van Hoytema
    MONTAGGIO: Dino Jonsäter
    MUSICHE: Alberto Iglesias
    PRODUZIONE: Working Title Films, Studio Canal, Karla Films, Kinowelt Filmproduktion, Paradis Films
    DISTRIBUZIONE: Medusa Film
    PAESE: Germania, Francia, Gran Bretagna 2011
    DURATA: 127 Min
    FORMATO: Colore 2.35 : 1


    TRAMA
    Il film La Talpa è ambientato negli anni 70 e racconta la storia di George Smiley, un ex agente del MI6 ormai in pensione, alle prese con la nuova vita fuori dai servizi segreti. Quando un agente caduto in disgrazia gli rivela la presenza di una talpa nel cuore del Circus, Smiley è costretto a rientrare nel torbido mondo dello spionaggio. Incaricato di scoprire quale tra i suoi ex colleghi abbia deciso di tradire lui e il paese, Smiley restringe la ricerca a quattro possibili sospetti.


    ...intervista sul "LA TALPA" del regista.....

    “Volevo ricreare l’atmosfera di quei gialli che vedevo in TV da bambino con mio padre, che mi diceva di stare zitto e seguire la storia oppure andarmene. Io allora mi mettevo accanto a lui sul divano in silenzio, e comunque non ci capivo niente lo stesso!”. TOMAS ALFREDSON, regista de “LA TALPA” – in originale il più affascinante “Tinker, Tailor, Soldier, Spy” – appare da subito disposto a parlare del suo lavoro con ironia, in maniera rilassata. E’ venuto nel Queens a presentare il suo film, più precisamente nell’affascinante cornice del Museum of the Moving Image. Fin dalle prime battute si capisce che è molto orgoglioso del suo nuovo lavoro.

    Come è arrivato a dirigere questa spy-story dal cast all British ma dal richiamo internazionale?

    Molto è dovuto al successo di “LASCIAMI ENTRARE”, il mio film precedente, che è stato visto e venduto in tutto il mondo. Mi sono arrivate in un baleno decine di offerte che mi hanno spaesato, anzi proprio spaventato. Una di queste è venuta dalla Working Title, che deteneva i diritti del libro di John Le Carré, una storia complessa, una specie di bellissimo cruciverba. Io non lo vedo tanto come un thriller quanto un film sulla lealtà e le cose che devi sacrificare per rimanere fedele a una causa e alle persone che la condividono con te.

    Ha collaborato con lo scrittore alla sceneggiatura?

    In realtà è stato molto più coinvolto in fase di riprese per dei consigli che nella creazione della storia. Ci siamo visti prima di cominciare a scrivere il film è mi ha dato un ottimo consiglio: non rifare il libro, che c’è già ed è buono. Prendilo e tirane fuori qualcosa di nuovo, è l’approccio migliore. I due sceneggiatori, Peter Straughan e Bridget O’Connor, hanno fatto un lavoro magnifico, e credo sia stato fondamentale anche avere una donna come scrittrice, ha dato a un mondo quasi del tutto maschile un animo più profondo e fatto di emozioni. Del libro infatti a me interessava in particolar modo evidenziare lo scarto, la vita interiore dei personaggi e quella esteriore, un lavoro in cui dovevano dissimulare ed essere sempre freddi. Penso che ci siamo riusciti in pieno.

    Ci sono state difficoltà durante le riprese?

    Vuoi dire a parte la mia paura (sorride)? A parte gli scherzi, ero molto nervoso la prima volta che abbiamo girato con tutti questi grandi attori, la scena nella sala riunioni in cui si confrontano. Passato quello, tutto è andato liscio. Abbiamo trovato un complesso militare in una zona di Londra molto vecchia, e li abbiamo costruito quasi tutti i nostri set. L’età degli edifici ha contribuito notevolmente all’atmosfera del film, oltre ovviamente al lavoro di scenografia. Poi con il direttore della fotografia abbiamo deciso di adoperare molto fumo per gli interni, in modo da dare alle immagini la giusta densità.

    Si è ispirato a qualche spy-story del passato per "La talpa"?

    No, non direi. Più ad alcuni dipinti e all’atmosfera di alcuni brani musicali.

    Come ha costruito il personaggio di Smiley insieme a GARY OLDMAN?

    Avevo già in mente il look del protagonista. Anche se l’ambientazione sono i primi anni ’70 lui è un uomo già vicino all’essere anziano, quindi i suoi vestiti vengono più dagli anni ’50. C’è voluto molto per trovare l’attore giusto, siamo stati più di sei mesi a pensare chi potesse interpretare Smiley. Volevo un interprete che avesse la classe e la freddezza di Sir Alec Guinness. Poi qualcuno ha fatto il nome di Gary è tutto si è chiarito immediatamente, ho capito subito che era perfetto. Con lui abbiamo finito di sistemare l’estetica del personaggio, come ad esempio i suoi occhiali. Ma non soltanto Oldman è stato una scelta azzeccata, tutto il cast. Scegliere gli attori giusti è fare già il 70% del lavoro!

    Che tipo di messa in scena ha scelto per realizzare il film?

    Essendo una storia di spie ho scelto inquadrature e riprese sempre molto lontane, con lenti molto forti. Volevo che la macchina da presa in qualche modo fosse un voyeur, una terza persona che spia i personaggi: in questo modo si sarebbe dilatata la tensione di quello che succedeva nel film. Per quanto riguarda il lavoro con gli interpreti, abbiamo discusso molto dei ruoli prima di iniziare le riprese e pochissimo mentre giravamo. Io sono uno di quei registi che predilige un set calmo e produttivo. Non credo nel regista che inventa in fase di realizzazione come fosse un genio, credo nel lavoro ben pianificato e poi fatto con cura. Sono un cineasta che si definisce concreto.

    L’ultima domanda è d’obbligo: girerà anche gli altri due romanzi con protagonista George Smiley?

    Con la Working Title ci stiamo pensando, aspettiamo che i tempi siano giusti. In realtà si potrebbe prendere i due libri e farne una sola sceneggiatura, questa è l’idea che stiamo portando avanti.

    RECENSIONE



    Fermo restando sia legittimo limitarsi al godimento estetico e narrativo che il film garantisce, sarebbe un peccato non cogliere che, se con Lasciami entrare Tomas Alfredson aveva solo mascherato da horror una storia intima e delicata, ne La talpa abbraccia il genere fino in fondo, lasciando però che ciò che gli sta veramente a cuore serpeggi nervoso, fremente e intenso sotto una superficie imperturbabile e un andamento scadenzato e preciso. Che, tutt’altro che lento e freddo, il film covi un'energia emotiva bruciante sotto le ceneri della forma e della compassatezza. (federico gironi)

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    The Evolution of Jim Carey and Gary Oldman by Jeff Victor

     
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    Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie

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    Un film di Matt Reeves. Con Andy Serkis, Jason Clarke, Gary Oldman, Keri Russell, Toby Kebbell



    Un film che attraversa diversi generi cinematografici con il passo spedito e appassionato del cinema di grande respiro abile tanto nei primi piani quanto nelle panoramiche
    Gabriele Niola


    Sono passati dieci anni da quando delle scimmie rese più evolute da un virus confezionato dagli uomini sono evase e hanno combattuto gli esseri umani sul ponte di San Francisco. In questo periodo la razza umana è stata quasi annichilita da quello stesso virus che si è rivelato per loro letale, è rimasta in vita solo una piccola percentuale di persone naturalmente immuni. Dall'altra parte le scimmie, sempre capitanate da Cesare, si sono ritirate nella foresta, hanno creato una loro città, vivono in pace, cacciano e procreano nella convinzione che ormai gli uomini non esistano più. L'incontro tra le due razze (gli uomini devono avere accesso ad una diga vicino al villaggio delle scimmie per poter riottenere l'elettricità) porterà ad una spaccatura tra chi vuole la guerra e chi invece pensa si possa vivere in pace.
    È affascinante come Apes revolution attraversi diversi generi cinematografici, partendo con titoli di testa tipici da cinema della pandemia (molto forte negli anni 2000, oggi lentamente scomparso), per deviare su suggestioni postapocalittiche con le città divorate dalla vegetazione come già abbiamo visto solo nell'ultimo anno in Transcendence e Divergent (anche se l'impressione è che l'archetipo visivo rimanga sempre il videogioco Last of us) e finire nel puro cinema di guerra, con l'azione che si mescola alle tattiche e le difficoltà nel mantenere il fronte interno. Tutto con il passo spedito e appassionato del cinema di grande respiro abile tanto nei primi piani quanto nelle panoramiche.
    Questa volta al timone c'è Matt Reeves e la differenza si sente. Pur rimanendo dalle parti di una narrazione molto semplice e diretta, in cui tutto quel che c'è da sapere passa per i dialoghi o è chiaramente messo in scena, l'avventura della scimmia Cesare e del suo rapporto difficile sia con gli umani che con i suoi simili è raccontata con l'abilità necessaria a rendere la parabola una storia appassionante. Non è certo intenzione di Apes revolution innovare lo storytelling ma la maniera in cui interpreta questo preciso mix di generi guardando sempre il suo protagonista in faccia, partendo e tornando da lui e dai suoi occhi (come nell'apertura e chiusura del film), sembra l'unica possibile per fare di un film simile un'opera coinvolgente.
    A partire da un inizio molto forte in cui le scimmie cacciano e nel quale con un solo grande salto vengono stabiliti i termini affettivi tra personaggi (cosa siamo disposti a fare gli uni per gli altri e con quale atteggiamento), Reeves mette in chiaro non solo la volontà di dare uguale spazio a uomini e scimmie ma soprattutto di trattare quest'ultime con la complessità che solitamente è riservata agli uomini. Così il film ha due poli d'attrazione e repulsione (in ognuna delle due fazioni ci sono buoni e cattivi) e senza dirlo mai afferma anche più che nel precedente (e anche più di Avatar che molto si era sforzato in questo senso) l'indistinguibilità tra falso e vero. Accostando moltissimo reale e digitale, mettendoli a confronto e in parallelo ne sfuma i confini.
    Cesare è una scimmia creata al computer, non c'è nulla di vero se non i suoi movimenti sia corporali che facciali, tutti "catturati" attraverso i sensori del motion capture dal corpo e dal volto di Andy Serkis, attore maestro di questa tecnica. Quel che Cesare vive tra i suoi simili, la lotta che conduce per la pace, è speculare a quella che i protagonisti umani conducono tra i propri simili. Non ci sono scimmie e uomini ma pacifisti e guerrafondai, esseri spaventati che vogliono vendicarsi o azzerare il nemico ed esseri che cercano di vivere in armonia, Cesare come il buon Malcolm, la scimmia che odia gli umani Koba come il guerrafondaio interpretato da Gary Oldman. Un parallelo evidente che non è in nessun modo messo in difficoltà dal fatto che le scimmie sono esseri inesistenti, anzi che si esalta nei dettagli con i quali gli attori-scimmia fondono movimenti animali con altri più evoluti e umani, ragione e istinto, avvicinamento al passaggio evolutivo successivo e mantenimento di una radice bestiale. Un vero gioiello di minuzia recitativa.
    Altro segno della volontà di dare alle scimmie la complessità necessaria a renderle protagoniste, rendendole qualcosa di più di una versione aggiornata del ruolo occupato dagli indiani nativi americani nei western revisionisti (vittime dell'uomo bianco, retti e immacolati, dotati di valori solidi e cristallini, ma mai realmente protagonisti solo specchi di purezza utili a mostrare il loro contrario, la brutalità di chi li combatte), è il fatto che gli incrollabili principi sbandierati dalle migliori scimmie non siano seguiti fino alla fine nemmeno da loro, fallibili e complessi come noi, come le espressioni che sono in grado di fare.


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