PIANTE CARNIVORE

...specie e curiosità

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  1. gheagabry
     
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    PIANTE CARNIVORE




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    Quando parliamo di esseri viventi, spesso dividiamo in due categorie le forme di vita, quella animale e quella vegetale, attribuendo a quest'ultima un ruolo secondo noi esclusivamente passivo, escludendo a queste creature ogni forma di interazione con il mondo che le circonda. Invece esistono vegetali che "vivono" attivamente, passando dal ruolo di prede a quello di "cacciatrici". Ed è proprio il caso delle piante carnivore, piante che ci hanno sempre suscitato interesse e stupore, timore e incredulità fin dalla nostra infanzia. Dobbiamo rassicurarci del fatto che non esiste alcuna pianta mostruosa e terribile, pericolosa per l'uomo, ma bensi specie vegetali bellissime ed affascinanti, che tutt'al più possono catturare piccoli insetti, o nel peggiore dei casi piccoli animaletti come rane o topolini. Le piante carnivore sono presenti su tutto il nostro pianeta in ben 600 specie diverse, dal sud Africa all'Europa, dall'Indonesia agli Stati Uniti.

    Anche nel nostro paese, l'italia, esistono diverse specie di piante carnivore, anche se sono tra le piante minacciate di estinzione.
    Queste meravigliose piante hanno studiato e messo a punto un sistema di cattura e digestione incredibilmente avanzato, in modo da poter assorbire dalle proprie prede le sostanze nutritive essenziali per poter vivere. Le piante carnivore crescono prevalentemente in torbiere, su terreni estrem amente poveri di sostanze nutritive come l'azoto, e sono costrette quindi a nutrirsi grazie alle loro "battute di caccia". Come dicevamo prima, esistono appunto ben 600 specie di piante carnivore, tutte molto belle ed interessanti; alcune utilizzano sistemi di cattura a "scatto", come la ormai famossisima Dionaea, una delle piante carnivore più conosciute, oppure secernendo sostanze vischiose in grado di intrappolare gli insetti sulle proprie foglie, o addirittura creando delle vere e proprie trappole senza via d'uscita detti "ascidi".

    Tecniche colturali

    Molti avranno tentato la coltivazione di queste piante, ma molto probabilmente la morte è sopraggiunta dopo pochi giorni dall'acquisto. La causa principale è la scarsa informazione che viene data e le credenze che vi sono su queste piante. Il 90% delle piante carnivore è fortemente sensisbile all'acqua calcarea o di rubinetto, che le porta nel giro di poco tempo a morte certa. Altro problema spesso è la mancanza di acqua, o la scarsa esposizione ai raggi solari. Le piante carnivore adorano grandi quantità di acqua e abbondante esposizione solare, mentre il nostro intuito ci consiglierebbe di dare poca acqua e tenerle lontane dal sole. Anche il substrato da utilizzare è molto importante, e si deve usare esclusivamente torba di sfagno, perchè ‚ utilizzare terricci semplici o arricchiti, significherebbe uccidere la pianta, non abituata a terreni ricchi che le causerebbero la marcescenza delle radici in poco tempo






    L'inverno e le carnivore




    Nella coltivazione delle piante carnivore, è molto importante cercare sempre di tenere a mente quale è il clima o il luogo d'origine delle varie specie. Questo può aiutarci in molte occasioni, soprattutto nel caso di malanni o problmei legati alla crescita o allo sviluppo degli apparati di cattura. Sapere ad esempio che una Nepenthes cresce in foreste tropicali, può suggerirci un a coltivazione in luogo caldo, luminoso e molto umido, al contrario di una Sarracenia, che vivendo in luoghi temperati come l'America del Nord, necessita di un clima molto più vario.
    Solitamente il non avere queste informazioni è il motivo principale che causa molto spesso la morte delle carnivore con l'arrivo dell'inverno.
    Tenere una Dionea muscipula vicino al termosifone durante l'inverno, non potrà fare altro che causare la morte della stessa in breve tempo, mentre lasciare una splendida Nepenthes all'aperto la farà perire con l'arrivo dei primi freddi.
    Per questi motivi, è necessario sapere sempre quali sono le esigenze climatiche delle nostre amate, altrimenti collezioneremo insuccessi uno dopo l'altro.
    Nel caso specifico, l'inverno risulta essere il periodo più critico per tutti i coltivatori, a causa di diversi fattori, come il calo della temperatura o la diminuzione del fotoperiodo giornaliero (quantità di luce).
    Per tale motivo, alcune delle carnivore più belle, necessitano di un lungo periodo di riposo, simile al letargo di alcuni animali, durante il quale si proteggeranno dal freddo e si difenderanno dalla quasi totale mancanza di prede. Tra queste piante, quelle che richiedono tale clima sono ad esempio Sarracenie e Dionea, che riescono a sopravvivere anche con temperature molto al di sotto dello 0.
    Durante il riposo di queste piante, sarà necessario solamente controllare che il nostro substrato sia umido, e che le gelate persistenti non induriscano la torba per troppo tempo, impedendo alla pianta di bere.
    Altre piante invece, come Nepenthes e alcune Drosere, non hanno la necessità di periodi di riposo, e per questo è necessario mantenere intatte le condizioni climatiche e di coltivazione.
    Ed è qui, che spesso , trovano la morte molte piante, a causa di temperature troppo rigide o a causa di climi eccessivamente secchi e poco illuminati.
    Sarà quindi necessario adottare alcuni sistemi semplici ed ingegnosi per cercare di far arrivare le nostre amate alla primavera successiva. Alcuni di questi sono ad esempio piccole serrette posizionate vicino a finestre o balconi, o ad esempio terrari dotati di riscaldamenti ed impianti di illuminazione.
    L'importante però, è sempre conoscere quali sono le reali necessità delle nostre piante, soprattutto nei periodi invernali, i quali mettono più alla prova le nostre "cacciatrici".
    L'ultimo consiglio è quello di ridurre l'apporto di acqua alle piante tropicali, che a causa di una crescita più lenta, potrebberò soffrire di una marcescenza delle radici.

    Fonte giardinaggiio.it

    Ricordiamoci che una delle cause più frequenti di morte di questa pianta è causare la chiusura inutile delle trappole perché l’energia spesa per mettere in funzione il meccanismo di chiusura e di digestione non è compensata dalle sostanze nutritive provenienti dal pasto (che non c’è stato). Le piante carnivore sono piuttosto difficili da coltivare e conservare a lungo, però possiamo provarci seguendo alcuni accorgimenti. Innanzitutto non dimentichiamo che sia la Dionea che la Sarracenia provengono da zone paludose o da vere e proprie torbieere quindi forniamo loro un terreno di coltura costituito per tre quarti di torba e per un quarto di vermiculite. Non spaventiamoci: non è un animale strano ma un composto di magnesio, alluminio e ferro che possiamo comprare presso un garden center. In secondo luogo, ma non per questo meno importante, assicuriamo un buon grado di umidità del terreno e dell’ambiente circostante. A questo proposito è doveroso dire che un’altra causa di insuccesso con queste piante è la frequenza eccessiva delle irrorazioni sul fogliame. Forniamo umidità ponendo i vasi su sottovasi riempiti di argilla espansa bagnata con mezzo centimetro di acqua. Una terza causa di morte dovuta a cattiva coltivazione è l’uso dell’acqua del rubinetto per annaffiare le piante insettivore. Infatti quest’acqua è quasi sempre molto calcarea e i sali di calcio delle continue annaffiature si depositano sul terreno uccidendo la pianta che, non dimentichiamo, è originaria di un ambiente acido e quindi non ama il calcio. Come risolviamo questo problema? Con il sistema consigliato solitamente per le piante cosiddette acidofile: usiamo acqua piovana oppure acqua distillata.Per concludere due piccoli accorgimenti per coltivarle con successo: primo regaliamo alle nostre piccole carnivore almeno tre o quattro ore al giorno di luce solare; secondo, assicuriamo, soprattutto alle piantine di Dionea muscipula, un periodo di riposo invernale. Quindi, prima del prossimo inverno, tagliamo le foglie e conserviamone le radici in frigorifero avvolte in un foglio di giornale.In primavera, dopo averle spruzzate con un funghicida, le interreremo in un vaso col substrato adatto ricoprendole con un paio di centimetri di terriccio. Dopo un paio di settimane compariranno le nuove foglioline che, in breve tempo, saranno pronte ad acchiappare tanti incauti insetti.



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  2. gheagabry
     
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    La Dionaea Muscipula o "Venere acchiappa mosche"



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    Generalità: Dionaea Muscipula è la pianta carnivora per eccellenza, conosciuta da sempre da grandi e bambini, che forse abbiamo visto spesso in film o cartoni animati, ma certamente esagerati o poco realistici.
    La Dionea, come si pronuncia all'italiana, è una pianta carnivora estremamente complessa, un gioiello dell'evoluzione vegetale.
    Questa pianta proviene ed è originaria dell'America del nord, precisamente dalla Carolina del nord e Carolina del sud.
    Si presenta come una pianta erbacea, le foglie sono disposte a rosetta attorno ad un punto centrale.
    Possiede foglie solitamente alte e verticali, oppure distese al suolo e più corte, con all'estremità un apparato di cattura sofisticatissimo, composto da due pagine fogliari unite simmetricamente, munite sul bordo di piccoli "denti" morbidi in grado di impedire la fuga della preda. All'interno sono disposti sei piccoli sensori, simili a peli trasparenti, capaci di far chiudere di scatto la trappola se sfiorati e stimolati.
    La pianta assorbe poi le sostanze nutritive digerendo dell'insetto solo le parti molli, lasciano intatto l'esoscheletro della preda detto "chitina".
    La parte nascosta nel terreno della dionea è composta da un rizoma carnoso di colore bianco, e dalle piccole radici.
    Durante l'inverno la pianta va a riposo, lasciando morire tutte le proprie foglie e tenendo in vita solo le parti sotterranee, che in primavera daranno nuove foglie/trappola.

    Durante la primavera la Dionea produce il fiore, piccolo e bianco, che difficilmente produce semi. E' consigliato dalla maggior parte dei coltivatori tagliare il fiore prima che questo possa sbocciare, perché esso sottrae troppe energie alla pianta.
    Tecniche colturali: coltivare questa carnivora è estremamente semplice se si seguono alcune regole fondamentali, come ad esempio somministrare solamente acqua distillata o piovana in abbondanza, lasciandone sempre due centimetri nel sottovaso, evitando l'acqua di rubinetto che per la Dionea risulterebbe come vero e proprio veleno.
    Importante è anche l'esposizione al sole, che dovrebbe essere il più a lungo possibile, anche per poter permettere alla pianta di colorare le proprie trappole di rosso, in modo da renderle più appetibili agli insetti.
    Dionea muscipula è l'unica specie di un unico genere, ma in realtà esistono diverse forme di questa pianta, come la "giant", la "royal red" e altre ancora.
    Inutile dire inoltre che la maggior parte delle piante carnivore non sopporta alcun tipo di concimazione, il che risulterebbe fatale.
    Per concludere dunque, per coltivare con successo questa carnivora, basta ricordarsi di tenere nel sottovaso sempre due cm di acqua piovana o distillata, sole pieno il più a lungo possibile, e non dare nulla da mangiare alla pianta ne stuzzicare le trappole. D'inverno, lasciare all'aperto la pianta senza acqua controllando solo che il terreno sia umido.
    La Dionea può sopportare anche temperature al di sotto dei dieci gradi, senza pericolo di morte.



     
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    Coltivare una carnivora del Sud Africa:


    Drosera Capensis



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    Le piante appartenenti al genere Drosera sono piante carnivore molto evolute, dotate di sitemi di cattura molto particolari. Le foglie di queste piante sono dotate di minuscoli tentacoli, muniti all'estremità di piccole gocce di una sostanza vischiosa, utile alla cattura e alla digestione della preda.
    Drosera capensis è una specie di questo genere, originaria del sud Africa, raggiunge un altezza di circa 30 centimetri, robusta e particolarmente interessante. Le foglie crescono a rosetta lunghe e sottili e nella parte terminale, possiedono piccoli tentacoli solitamente di un colorito rosso, ricoperti da una sostanza appiccicosa. La preda viene attratta dal colore e da questa sostanza, e vi rimane invischiata senza via di fuga.

    Drosera capensis in seguito "avvolge", nel vero senso della parola, l'insetto con la foglia, in modo da impedirne la fuga e favorirne la digestione. Se la vittima risulta di piccole dimensioni, la foglia si srotola alla fine del proceso digestivo, altrimenti in caso di preda di grossa taglia, la foglia seccherà lentamente, e verrà sostituita dalle nuove. Al contrario del movimento fulmineo della Dionaea, la Drosera capensis impiega diverso tempo per avvolgere la preda.
    La coltivazione di questa pianta risulta estremamente facile, infatti D.capensis necessita, come molte altre carnivore, di pochi centimetri di acqua piovana o distillata nel sottovaso, esposizione al sole durante la giornata e nulla di più. Questa pianta necessita inoltre di un riposo invernale, che può avvenire in due modi.
    Potremo tenere D.capensis all'aperto tutto l'inverno, mantenendo umido il terreno, oppure ci limiteremo a sistemare la pianta in un ambiente con temperatura compresa tra 5 e 10C.
    Nel primo caso la pianta perderà interamente la parte aerea, e ricrescerà nuovamente da capo con l'arrivo della primavera, mentre nel secondo caso la pianta andrà a riposo senza perdere tutta la parte aerea, in questo modo col passare degli anni la pianta assumerà una graziosissima forma a palmetta.

    Rinvaso

    Il rinvaso per questa pianta deve avvenire esclusivamente, come per tutte le carnivore, nel mese di febbraio, periodo in cui essa si appresta al risveglio e sostituisce senza problemi le radici danneggiate dal rinvaso.
    Il substrato da utilizzare sarà composto da una parte di pura torba di sfagno con acidità compresa tra 3 e 5.5 PH, e una parte di perlite o sabbia di quarzo inerte (quella per acquari).
    D.capensis fiorisce principalmente in primavera, ed essendo autoimpollinante, ci darà una gran quantità di semi, che potremo seminare l'anno stesso, o adagiando i semi sulla superficie dello stesso vaso, oppure sistemandoli su un nuovo vaso mantenedo l'ambiene ben illuminato e umido, senza mai coprire i semi.
    D.capensis si presenta in diverse forme e varianti, come D.capensis "typical", D. capensis "alba" o D.capensis "all red".In commercio è solitamente possibile trovare la variante "typical", con fiore e tentacoli rossi, e la variante "alba", che si presenta con tentacoli e fiore interamente bianchi.



     
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    Drosera capensis



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    E' la Drosera capensis, Famiglia Droseraceae Origine Sud Africa . Caparbia e tenace, e' ritenuta la pianta carnivora piu' facile da coltivare al mondo e, per questa ragione e' spesso snobbata ed etichettata come "erbaccia". E' invece una pianta robusta, deliziosa e presente in diverse varianti, dalla forma tutta rossa a quella albina, da quella gigante, a quella con foglia stretta o larga. Allineati sulla foglia di questa Drosera capensis, decine, centinaia di tentacoli, in ordinata schiera, secernono enzimi acidi e liquidi collosi, pronti per lo scontro con l'insetto. Fiorisce nelle mattinate assolate, da Maggio sino ad Agosto, producendo semi in generosa quantita'.


    Drosophyllum



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    Drosophyllum è un genere di piante carnivore appartenente, come la Dionea, alla famiglia delle Droseraceae; il genere conta una sola specie vivente, la Drosophyllum lusitanicum, presente in alcune regioni del Portogallo, Spagna e Marocco. Questa pianta presenta foglie lunghe 20-40 cm che si dipartono da una rosetta centrale; analogamente alle piante insettivore del genere Pinguicula, anche le foglie di Drosophyllum lusitanicum sono dotate in superficie di ghiandole che secernono una sostanza appiccicosa raccolta in gocce piuttosto evidenti e utile alla cattura delle prede, mentre, a differenza delle specie di Drosera, queste non sono dotate di un movimento attivo per intrappolare i malcapitati insetti.
    Le Drosophyllum producono dei piccoli fiori (5-7 per stelo) che sbocciano per due-tre volte durante il periodo vegetativo e seccano dopo non più di un giorno; questi producono delle capsule che contengono ciascuna dai 5 ai 15 semi che possono essere piantati singolarmente per ottenere la moltiplicazione della pianta.
    A differenza della gran parte delle piante carnivore, il Drosophyllum è in grado di crescere anche nei suoli aridi e a reazione alcalina; il terriccio ideale per la coltivazione domestica (che deve avvenire in un contenitore piuttosto alto) è composto da un miscuglio di torba e perlite o corteccia di pino sminuzzata. Quanto all’esposizione, il Drosophyllum cresce bene in pieno sole e può restare all’aperto tutto l’anno, a patto di essere posto al riparo da piogge e vento; la temperatura ideale è compresa fra 2 e 35°C.

    Come le altre carnivore gradisce soprattutto acqua piovana o distillata, ma può tollerare, a differenza delle altre, anche modeste quantità di acqua potabile. In estate il sottovaso va riempito ogni due-tre giorni per circa due centimetri di altezza, mentre in inverno va lasciato pressochè asciutto.
    Oltre che per semina la pianta può essere moltiplicata sfruttando le ramificazioni che sorgono lungo lo stelo fiorale; basta piantarle in posizione eretta in un vaso per ottenere un nuovo esemplare.

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    Pinguicula



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    La Pinguicula, nota anche con il nome comune di erba unta, è un genere di piante carnivore appartenente alla famiglia delle Lentibulariaceae; se ne contano 80 specie diffuse in Europa, Nord America, Asia settentrionale, America centrale e meridionale, la maggior parte delle quali sono perenni. Queste piante sono dotate di foglie di un bel colore verde brillante disposte a rosetta e ricoperte da una peluria appiccicosa utile per attirare, catturare e digerire non solo zanzare e moscerini, ma anche insetti di grandi dimensioni. A differenza di altre insettivore, come la Dionea, le Pinguicole hanno un aspetto del tutto innocuo e appaiono simili a comuni piante grasse.
    In base alla zona climatica di origine le pinguicule possono essere suddivise in due gruppi:
    Pinguicole tropicali
    Alcune Pinguicole tropicali formano durante l’inverno rosette compatte, succulente e non-carnivore, mentre altre mantengono intatte le foglie carnivore per tutto l’anno.


    Pinguicole temperate
    Le Pinguicole temperate crescono spontaneamente anche nelle nostre Alpi (P. vulgaris e P. alpina); con l’arrivo dell’inverno le loro foglie si chiudono fino a formare delle piccole palline, dette ibernacoli, che servono a proteggere la pianta dal freddo fino all’arrivo della primavera quando alla schiusa delle foglie segue un’abbondante produzione di fiori.
    Il ridotto apparato radicale della pinguicola ne rende possibile la coltivazione anche in vasi e ciotole piuttosto piccole riempite con un miscuglio di torba e sfagno. Come la gran parte delle piante carnivore, anche la pinguicola non deve essere bagnata con acqua di rubinetto, mentre basterà lasciare nel sottovaso due centimetri di acqua distillata o piovana. Quanto all’esposizione, questa deve essere si luminosa, ma rigorosamente ombreggiata; la pinguicola cresce spontanea nel sottobosco e non gradisce i raggi diretti del sole.
    Tuttavia, la maggior parte delle pinguicole reperibili in vivai e garden center sono ibridi di specie tropicali e necessitano di umidità e calore per tutto l’anno, è quindi sconsigliabile coltivarle a temperature inferiori a 5°C e comunque mai superiori a 25°C.
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    Note sulle piante carnivore

    Le piante insettivore, essendo fornite di clorofilla, sarebbero autrofe, ma non sono altrettanto autosufficenti per quanto riguarda l’azoto: l’ambiente in cui vivono, come torbiere, paludi o terreni poveri in genere, ne è praticamente sprovvisto. Con speciali adattamenti suppliscono questa mancanza introducendo nel loro corpo sostanze organiche di origine animale. Si tratta di un gruppo numeroso, di circa 600 specie, che presentano diversi sistemi per la cattura e la digestione degli insetti.

     
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    Darlingtonia californica




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    La Darlingtonia californica è una pianta carnivora ed è l’unica specie appartenente al genere Darlingtonia; originaria del Nord America, fu scoperta nel 1841 dal botanico William D. Brackenridge sul monte Shasta. Rientra nel novero delle piante utilizzate a scopi medicinali note come fiori californiani ed è conosciuta anche con il nome comune di pianta cobra per il portamento della foglia e per la “lingua nettarifera” simile a quella di un serpente.
    Si distingue per le foglie coniche, alte da pochi cm fino a oltre un metro, di colore verde smeraldo con una caratteristica terminazione simile a una cupola (l’opercolo) che lascia aperto solo un piccolo spiraglio inferiore; durante la primavera produce fiori isolati, di colore variabile da giallo verdastro a bruno rossastro.
    Sono le ghiandole nettarifere situate all’interno dell’opercolo che attirano gli insetti i quali cadono nella micidiale trappola della darlingtonia quando, nel tentativo di riprendere il volo, urtano contro la cupola e cadono in fondo all’ascidio dove vengono digeriti dalla pianta grazie agli enzimi secreti dalle pareti interne.

    Quanto alle cure colturali, la darlingtonia si sviluppa ampiamente in senso orizzontale e dunque per la sua coltivazione sono necessari vasi piuttosto larghi; non ama le temperature eccessive e necessita di un ambiente umido e ombreggiato a temperatura costante. Durante l’inverno la va posta in serra fredda, mentre in estate può essere trasportata all’esterno e sistemata in posizione soleggiata avendo cura di mantenere sempre il substrato umido. Le innaffiature devono quindi essere costanti e, nelle piante giovani, andrà sempre lasciata acqua nel sottovaso.
    A proposito di substrato, come per molte piante carnivore, il substrato ideale della darlingtonia è rappresentato dallo sfagno, un vegetale simile a muschio. Tuttavia è possibile coltivarla con successo anche in terriccio ben drenato a molto ricco di torba. Il rinvaso è consigliato tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
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    Le carnivore? Mettile sul balcone

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    La carnivora di maggior successo è quella che “si chiude”: nell’immaginario della gente la più “feroce”, che fa strage di zanzare e mosche meglio di qualsiasi insetticida. E’ quella che chiedono tutti a Vincenzo Castellaneta, agrotecnico appassionato coltivatore e venditore di piante carnivore da 10 anni. E di fatto c’è solo una pianta carnivora che chiude i “denti”: la Dionea (Dionaea muscipula). Abbiamo incontrato Vincenzo di Un angolo di deserto a Murabilia (tempo fa ne avevamo ammirato i vasi per le piante grasse, suo primo amore) e abbiamo fatto con lui due chiacchiere. E le sorprese non sono mancate, a partire da come si tiene una Dionea: in casa, direte voi. Niente affatto. Fuori, sul balcone!

    Proprio così, Daniela, tutti “iniziano” con la dionea. Anche se altre carnivore sono ormai abbastanza diffuse, è la dionea la più ricercata. Ma bisogna specificare un paio di cose. I suoi non sono denti ma ciglia, che servono non a masticare ma a imprigionare, ingabbiandolo, l’insetto per impedire che vada via. All’interno delle sue trappole ha dei peli che funzionano da interruttori: se stimolati dalla vittima, chiudono le trappole a scatto.

    Vincenzo, ma farle scattare a vuoto non è nocivo?
    Io dico a tutti che alla pianta “viene la gastrite” e non sono lontano dalla realtà: la pianta chiude le trappole una volta stimolati i sensori e comincia ad emettere enzimi per digerire l’insetto. Non trovando niente, si stressa. Se succede una volta non è un problema, capita con la pioggia, ma non è un giochino.

    Anche perché la trappola ha una durata, giusto?
    Sì. Dopo circa tre volte che le trappole “mangiano”, si esauriscono e degenerano diventando nere. Proprio per questo devono aver assorbito le sostanze nutritive dagli insetti: in questo modo la pianta sarà in grado di continuare a creare nuove trappole. Se non ha mangiato, non avrà l’energia sufficiente per farlo.

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    La dionea è una pianta che si può tenere in casa?
    Assolutamente NO. Esistono piante carnivore tropicali ma la dionea è una pianta nordamericana rustica quindi è da esterno: vive fuori. Esistono altre carnivore che si possono tenere in casa (non prendetele per gli insetti però: molto meglio una zanzariera!) . Le più richieste sono le Nepenthes, perché esteticamente sono belle. Si appendono e fanno dei fiaschi, delle ampolle che contengono sul fondo un liquido con cui digeriscono gli insetti che non riescono ad uscire.

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    Le Nepenthes hanno esigenze particolari?
    Serve acqua piovana, mai concimarle perché il concime lo prendono dagli insetti, devono stare più possibile vicino alle finestre. Fanno una bella figura perché sono abbastanza grandi. Vanno nebulizzate spesso perché amano l’umidità nell’aria e qualche ora di sole: vivono al margine delle foreste quindi qualche raggio di sole lo prendono. Il locale ideale dove tenerle è il bagno: l’importante è che sia un posto luminoso.

    La dionea quindi va coltivata all’esterno, tutto il contrario di ciò che si pensa! Va tenuta fuori anche dove fa molto freddo?
    Sì, DEVE stare fuori e al sole, perché nei luoghi dove cresce in natura non c’è molta ombra (ci sono pochi alberi: l’unica ombra è quella dell’erba circostante). E poi ha bisogno di freddo per poter andare a riposo. Si comporta insomma come una pianta normale che vive qui da noi, che perde le foglie d’autunno e le rimette a primavera. La dionea è uguale: si secca quasi completamente e le sue foglie diventano tutte nere tranne qualcuna al centro. Durante l’inverno le trappole scattano pochissimo perché ci sono pochi insetti e perché la pianta è ferma.

    Come bisogna bagnarla?
    Va tenuta sempre al sole e sempre umida perché le carnivore sono piante paludose. L’importante è che l’acqua con cui l’annaffiamo sia quella piovana o distillata, mai quella dell’acquedotto, presa dal rubinetto o dalle bottiglie, che contiene cloro e sali minerali. Loro hanno bisogno di acqua acida poiché la maggior parte delle piante carnivore, tranne poche eccezioni, vivono in un terreno molto acido, nelle torbiere. Per questo motivo vanno tenute sempre in vaso.

    Quando poi arriva il freddo e gela, cosa bisogna fare?
    La dionea diventa un cubetto di ghiaccio! Ma non è un problema perché lei è a riposo. Comunque qualcosa di verde rimane al centro: la pianta avrà un’aria molto deperita ma non sarà morta. L’acqua non deve ristagnare nel periodo di riposo perché la pianta assorbe molto poco. D’inverno spesso piove quindi non occorre bagnarla troppo, ma non va dimenticata: deve comunque rimanere appena umida per tutta la stagione fredda. D’estate invece la terremo bella zuppa, con un bel sottovaso pieno d’acqua.

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    Si può rinvasarle usando il terriccio per le acidofile?
    No, perché quel tipo di substrato è poco acido: le carnivore hanno bisogno di vivere in torba pura, miscelata con perlite o sabbia di quarzo (qualcosa di non calcareo), per mantenerlo arieggiato in profondità.

    Sopporta anche il sole pieno dei terrazzi milanesi nella nostra estate “africana”?
    Non ha problemi anche con temperature caldissime: l’importante è che abbia acqua nel sottovaso e che l’aria circoli: evitiamo di metterle contro un muro, altrimenti si “lessano”.

    I vasi vanno bene piccoli?
    Non è importante che siano larghi quanto che siano un po’ profondi. Quando la pianta è giovane, il vaso piccolo va bene, ma man mano che cresce bisogna darle almeno i vasi profondi 15 cm, per dare spazio alle radici (scendono, più che allargarsi). Meglio poi usare vasi di plastica: la terracotta traspira quindi asciuga più velocemente e poi d’inverno la terracotta si raffredda prima. La plastica le protegge meglio.

    La dionea diventa molto grande?
    Le Sarracenie (le carnivore “a tubo”) da tenere fuori diventano grandi, alcune anche 80-90cm, con rizomi striscianti anche di 50cm. Ma la dionea no, si espande in larghezza creando nuove rosette, non in altezza. Tutti la vorrebbero, una MAXI DIONEA formato gigante, ma ancora non esiste: magari ci fosse, andrebbe a ruba!
     
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    RORIDULA

    1roridula

    Le roridula sono piante carnivore che catturano le loro prede mediante SECREZIONI VISCHIOSE che impantanano la preda. In alcune di esse la secrezione e' costante mentre in altre avviene solo in presenza della preda.



    La roridula appartiene alla famiglia Roridulaceae ed è l'unico genere presenta in questa famiglia e sono originarie dei terreni poveri del sud avest dell'Africa localizzati nelle zone caratterizzate da estati calde e secce ed inverni freddi e molto piovosi.

    Esistono solo due specie: la Roridula dentata che diventa un cespuglio molto imponente e ramificato e la Roridula gorgonias che invece rimane di più ridotte dimensioni e meno ramificata.

    Viene considerata una pianta semi-carnivora perche' non digerisce la sua preda ma assorbe i suoi escrementi.

    roridula

    Hanno foglie provviste di peli che severnano sostanze resinose molto appiccicose che sembrano delle vere e proprie colle "a presa rapida" che rimangono attive per molto tempo, anche quando le foglie sono ormai secche.

    Le Rodidula non possono essere considerate delle vere e proprie piante carnivore in quanto non hanno la capacità di digerire le prede che catturano. Infatti è grazie ad una simbiosi mutualistica con i reduvi assassini "assassin bugs" ("insetti assassini" della famiglia dei Reduvidi) che si nutrono degli insetti catturati dalla pianta e poi la roridula si nutre degli escrementi di questi insetti che hanno un alto tenore di azoto.

    roridula_2

    La coltivazione di questa pianta non è semplice considerando i suoi luoghi di origine. E' infatti problematica la coltivazione in casa. Ancora di più in serra in quanto richiedono alte temperature e ambiente abbastanza secchi, cosa di non facile riproduzione.

    E' di fatto una pianta che cresce tutto l'anno anche se, considerando che nei suoi luoghi di origine la crescita si ha durante il periodo delle piogge, mantiene ovviamente questa caratteristiche e la crescita è più attiva durante il periodo primaverile. La fioritura avviene a partire dalla metà dell'inverno fino all'inzio della primavera.

    roridula_fiore

    Considerando che sono piante che vivono in terreni sabbiosi, il substrato di coltivazione può essere costituito da un 60% di sabbia fine ed il resto da torba. Gradiscono il sole diretto ed una bassa umidità ambientale; questo comporta che la circolazione dell'aria deve essere ottima per garantire l'ambiente asciutto di cui hanno bisogno.

    Ora per le concimazioni della roridula non è necessario che andiamo a caccia di insetti per procurare alla pianta il suo nutrimento. Partiamo dal presupposto che in natura la pianta adotta queste strategie in quanto non ha a disposizione altro nutrimento. Essendo affidata alle nostre cure, saremo noi a fornirgli gli elementi chimici necessaria per la sua crescita. In ogni caso teniamo presente che la pianta gradisce poco le concimazioni pertanto si devono usare delle concentrazioni bassissime (1/4 delle dosi indicate nella confezione) e usare concimi che abbiano un alto titolo in azoto e molto basso negli altri elementi.

    Le temperature di coltivazione non devono scendere sotto i 5°C ed il terreno deve essere mantenuto sempre moderatamente umido e si utilizza dell'acqua che sia poverissima di elementi minerali (acqua piovana o distillata).

    Per il rinvaso le roridula sono piante che richiedono di essere allevate in grandi vasi e con molta terra a disposizione in quanto crescono abbastanza rapidamente. Se abbiamo necessità di cambiare il vaso, occorre farlo con grande attenzione in quanto le radici sono molto sottili e fragili.

    Per quanto la moltiplicazione della roridula può avvenire o per seme o per talea. La moltiplicazione per talea è molto difficile da realizzare in quanto è difficile trovare il giusto grado di umidità per non far marcire le talee. Relativamente più semplice è la moltiplicazione per seme. Le roridula sono autoimpollinanti per cui o lasciamo fare a madre natura oppure grattiamo noi l'antera e spolveriamo il polline raccolto sul pistillo. Una volta impollinati si formeranno delle capsule che impiegano diversi mesi ad aprirsi e contengono al loro interno solo tre semi.

     
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  14. gheagabry
     
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    HELIAMPHORA



    Heliamphora è un genere di pianta carnivora appartenente alla famiglia Sarraceniaceae originario di Brasile e Venezuela. Attualmente ne sono state scoperte e descritte circa sedici specie caratterizzate da foglie piuttosto singolari; queste infatti appaiono fuse e formano una sorta di anfora completamente piena di acqua, da cui la pianta prende il nome (dal greco helos, palude, e amphoreus, anfora). Le dimensioni delle foglie variano da pochi centimetri (è il caso delle specie di Heliamphora minor ed Heliamphora pulcher) al metro o poco più (Heliamphora ionasii).
    Proprio le foglie vengono utilizzate dalla pianta per intrappolare e digerire gli insetti grazie alla presenza al loro interno di batteri simbionti. Infatti, a differenza delle altre piante insettivore finora descritte, le Heliamphora non producono enzimi digestivi, fatta eccezione per la specie denominata Heliamphora tatei. Inoltre al contrario di quanto accade nelle altre piante ad ascidio, le Heliamphora non sono dotate di opercoli che chiudono le trappole ma presentano all’apice della foglia delle strutture che secernono una sostanza dolciastra che attira le prede le quali, una volta cadute in trappola, vengono trascinate all’interno dell’ascidio dalla folta peluria che ne ricopre le pareti interne.
    Le pareti delle foglie sono spesse, durissime come cartone e trasmettono quella sensazione che solo le Grandi Piante riescono a dare: appaiono forti e possenti, ma allo stesso tempo fragili e bisognose di protezione continua, che al pari di opere d'arte, necessitano di attenzioni speciali per rimanere cosi' vive ed eterne...

    "Ricordo che sino agli anni '90 erano state scoperte poche specie ( andando a memoria, quelle allora classificate erano H. heterodoxa , H. minor , H. ionasii , H. tatei ed H. nutans ) Negli ultimi anni le spedizioni di Andreas Wistuba ed altri hanno portato alla scoperta di tantissime nuove specie e credo anche alla riclassificazione di alcune considerate varianti o piante in attesa di classificazione definitiva. L'ambiente dei Tepui è indubbiamente una grande risorsa ancora da espolorare, sotto il profilo botanico. "



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  15. gheagabry
     
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    Le NEPENTE



    Le piante carnivore integrano la loro dieta povera, dovuta al suolo privo di sali minerali in cui crescono, intrappolando e digerendo insetti e piccoli artropodi. Mentre un tempo si pensava che le piante appartenenti al genere Nepenthes catturassero le loro prede con un semplice sistema passivo, una innovativa ricerca pubblicata sulla rivista scientifica PLoS One ha svelato come queste particolari piante utilizzino una secrezione simile alla saliva per imprigionare le loro vittime. Attraverso un’attenta e accurata analisi, i ricercatori Laurence Gaume e Yoel Forterre (rispettivamente dell’Università di Montpellier e dell’Ateneo di Marsiglia) hanno dimostrato come il fluido contenuto all’interno del calice della pianta sia sufficientemente viscoso da impedire a una preda di fuggire, anche in presenza di un diluente come le gocce d’acqua di un acquazzone del Borneo.
    Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione, fu tra i primi uomini di scienza ad osservare e descrivere il meccanismo della Nepente. Come molti altri botanici che seguirono, egli ipotizzò che la sostanza viscosa presente all’interno della pianta fosse utilizzata unicamente per digerire la preda, e non per intrappolarla. Osservando la dinamica di numerosi insetti catturati dalla pianta, è stato possibile determinare con precisione l’incredibile efficacia del liquido viscoso secreto dalla Nepente. Anche in presenza di una diluizione superiore al 90%, la “saliva vegetale” si è dimostrata estremamente efficace compiendo a dovere il proprio dovere, intrappolando la preda senza lasciarle alcuno scampo...Questo fluido è infatti composto da migliaia di microscopici filamenti viscoelastici dotati di una eccezionale resistenza, in grado di non lasciare scampo agli insetti che, nel tentativo di liberarsi, segnano progressivamente la loro condanna avviluppandosi intorno agli appiccicosi filamenti.


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    Edited by gheagabry - 12/12/2011, 20:01
     
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