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gheagabry.
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Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansieta' del suo volto giallino.
Tendono alla chiarita' le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche.
Svanire è dunque la ventura delle venture.
Eugenio Montale. -
gheagabry.
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Rose. Purezza e Passione nell'Arte dal 400 ad oggi
Mistica e carnale, simbolo della Passione ma complice di ben altre passioni.
Attributo di Venere così come della Vergine Maria. Se abbinata a Santa Rita ricorda un grande miracolo, ma per i veneziani è semplicemente il “bocolo”, strumento per innamorati un po’ sognatori. Ha dato il nome alla pia tradizione del Rosario ma per Carlo Magno era un fiore tanto bello e perfetto da decretarne ufficialmente la coltivazione nei giardini di tutto il suo Impero.
Tutti, almeno una volta nella vita, l’abbiamo offerta, o ricevuta, rigorosamente rossa, si trattasse di dichiarare la nascita di un amore o di riprenderne le fila dopo un qualche incidente di percorso.
È un simbolo così forte di bellezza ed eternità che non pochi grandi uomini e meravigliose donne l’hanno tanto amata da volerle dare i loro nomi e cognomi. È lei, la rosa, non a caso “la Regina di tutti i fiori”.
La rosa trionferà non come piccolo arbusto da inserire nel proprio giardino ma come oggetto-soggetto della grande arte e delle arti cosiddette applicate, in un sontuoso, fantastico excursus che partirà dal tardo Medio Evo per confluire all’oggi. Avremo rose dipinte, scolpite, trasformate in gioielli o in vetrate, persino in poltrone, rose protagoniste di pale d’altare, di quadri intimamente devozionali, di allegorie e baccanali, soggetto di pannelli decorativi per privatissimi boudoir, ma anche di piatti, servizi da té, argenterie preziose, stoffe…
Il percorso segue un ordine tematico e cronologico. Si parte dal tema della “Rosa Mistica” ricordando come la rosa del Paradiso Terrestre fosse senza spine, cresciute solo dopo la cacciata di Adamo. Se il colore rosso ricorda il sangue di Cristo, i cinque petali e le spine richiamano la sua Passione e morte. Senza spine è la rosa bianca che rappresenta la purezza virginea della Madre di Dio. Ma, nella tradizione ebraica, la stessa rosa, bianca e senza spine, arrossisce di vergogna e mette gli aculei dopo aver assistito alla disobbedienza di Adamo.
Dalla rosa mistica alla rosa profana. Ed ecco il fiore accompagnare il ritratto di dame, simbolo della vanità e della bellezza, a richiamare Venere e Amore, talvolta fiore singolo tenuto in mano, più spesso profluvio di fiori, tanto da dare alla rosa e non alla dama il vero ruolo di protagonista.
La rosa è sempre stata caricata di significati allegorici ed eccola come Flora o come simbolo della caducità della bellezza. Ambivalente fiore: la rosa è rinascita, sbocciare di nuove forze e memento dell’ineluttabilità della morte, dell’Amor Sacro e dell’Amor Profano, come nell’omonima opera di Tiziano.
Ma l’esplosione della rosa, la “rosamania” collettiva risale all’Ottocento ed è vera, piacevole epidemia: naturale che la pittura, ma anche le arti decorative ne siano influenzate, con esiti spesso altissimi. Si amano i fiori e si indaga il loro linguaggio simbolico, fattori, entrambi, che portano ad un aumento dell’elemento floreale sia nei mobili sia nelle arti applicate. In pittura la rosa viene associata alla passione giungendo, verso il finire dell’Ottocento, ad una pittura che suscita visioni oniriche animate di enigmi e mistero, con un simbolismo estetizzante che si avvale di elementi decorativi naturalistici e floreali, di rose in particolare.
Un capitolo della mostra è dedicato, non a caso, all’art nouveau che, come il successivo dèco affonda le radici in un naturalismo che ha nei fiori prototipi amatissimi Lo si evidenzia nelle arti applicate dove l’attenzione al magnifico fiore non mostra cedimenti continuando anche oggi ad influenzare designers e stilisti.
Tutto per la gioia degli infiniti adepti del meraviglioso, coinvolgente, eterno culto del più bel fiore del mondo.
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tappi.
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GRAZIE . -
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grazieee . -
gheagabry.
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I fiori in cui ho vissuto
Non si aprivano volentieri
Cantavano a notte soltanto
E se nessuno li guardava
I fiori in cui ho vissuto
Erano bianchi o turchini
Non amavano il rosso
Dei tramonti di Aprile
Ogni fiore è una farfalla
Che non ha mai volato
Ogni farfalla è un petalo
Che si è perduto.
Anonimo dal web. -
gheagabry.
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Fiorire - è il fine - chi passa un fiore
con uno sguardo distratto
stenterà a sospettare
le minime circostanze
coinvolte in quel luminoso
fenomeno
costruito in modo così intricato
poi offerto come una farfalla
al mezzogiorno -
Colmare il bocciolo - combattere il verme
- ottenere quanta rugiada gli spetta -
regolare il calore - eludere il vento -
sfuggire all’ape ladruncola
non deludere la natura grande
che l’attende proprio quel giorno
- essere un fiore, è profonda
responsabilità.
Emily Dickinson. -
ZIALAILA.
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...IL GIRASOLE
"Il girasole è mio"
Il nome di Van Gogh è indissolubilmente legato ai girasoli, fiori a proposito dei quali lui stesso scrisse al fratello Theo: "Il girasole è mio, in un certo senso".
Van Gogh dipinse una serie di dodici quadri aventi tutti come soggetto dei mazzi di girasoli nel periodo i tra il 1888 e il 1889 ad Arles :
ci sono tre versioni simili con quindici girasoli in un vaso, e due con dodici fiori in un vaso.
Il pittore aveva iniziato a dipingere questi fiori già verso la fine del suo periodo parigino, ma fu ad Arles, dove egli giunse nel febbraio del 1888, che progettò una intera serie dedicata a questo tema.
Van Gogh dipinse il primo Vaso con dodici girasoli, che ora si trova alla e Neue Pinakothek di Monaco, in Germania, e il primo Vaso con quindici girasoli, che ora è alla National Gallery di Londra nel 1888
I quadri con i girasoli erano collegati non soltanto alla decorazione della "Casa Gialla" di Arles, ma anche all'amicizia tra l'artista e Gauguin. I due pittori si erano incontrati a Parigi nel novembre del 1886 e subito Van Gogh aveva sentito una grande ammirazione per Gauguin.
Giunto poi ad Arles, Vincent si entusiasmò all'idea di riunire nella sua casa una comunità di artisti e alla possibilità di dividere il suo studio con Gauguin. A quest'ultimo, grande ammiratore dei Girasoli di Van Gogh, era in pratica dedicata l'intera serie, che rappresentava così una sorta di tributo all'amicizia tra i due artisti ed infatti uno di essi andò a rallegrare la stanza dell'amico Paul Gauguin.
La serie dei dipinti mostrano i girasoli in ciascuna fase della fioritura, dal bocciolo all'appassimento. Furono quadri innovativi per l’uso dell’intero spettro giallo, e anche per l’invenzione di un nuovo pigmento.
Questa sessione di opere infatti, è giocata sull’ accordo di questi due colori : giallo e verde, che hanno la prevalenza,
Dopo aver raccolto un’abbondante quantità di colore, egli lo applica con energia fortissima sulla tela, tanto da lasciare grumi di vernice sui due lati di ogni pennellata
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ZIALAILA.
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.... poesie dedicate ai ...... Girasoli
JACQUES PREVERT
Una pietra
due case
tre ruderi
quattro becchini
un giardino
fiori
un orso lavatore
una dozzina di ostriche un limone un panino
un raggio di sole
un'onda di fondo
sei musicisti i una porta col suo stoino
un signore decorato con la legion d'onore
un altro orso lavatore
uno scultore che scolpisce napolconi
il fìore che viene detto il girasole)
SALVATORE QUASIMODO
Il girasole piega a occidente
e già precipita il giorno nel suo
occhio in rovina e l'aria dell'estate
s'addensa e già curva le foglie e il fumo
dei cantieri. S'allontana con scorrere
secco di nubi e stridere di fulmini
quest'ultimo gioco del cielo. Ancora,
e da anni, cara, ci ferma il mutarsi
degli alberi stretti dentro la cerchia
dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno
e sempre quel sole che se ne va
con il filo del suo raggio affettuoso.
Non ho più ricordi, non voglio ricordare;
la memoria risale dalla morte,
la vita è senza fine. Ogni giorno
è nostro. Uno si fermerà per sempre,
e tu con me, quando ci sembri tardi.
Qui sull'argine del canale, i piedi
in altalena, come di fanciulli,
guardiamo l'acqua, i primi rami dentro
il suo colore verde che s'oscura.
E l'uomo che in silenzio s'avvicina
non nasconde un coltello fra le mani,
ma un fiore di geranio.
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ZIALAILA.
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le peonie di Manet
Tra i fiori, Manet preferiva le peonie, da poco importate dalla Cina e si sa che le peonie sono gli unici fiori dipinti da Manet tra il 1864 e il 1865.
Le coltivava lui stesso nel suo giardino di Gennevilliers. Scrive il poeta André Fraigneau: «Un vaso di peonie di Manet è il racconto della morte di un fiore, o per impiegare un termine medico, più preciso nella sua crudeltà, la sua "curva di agonia"».
E con peonie l' artista illustrava, spesso all' acquarello, anche brevi lettere che, dal 1879, mandava agli amici da Bellevue, località in cui soggiornava, per curarsi .
Proprio negli ultimi anni di vita, l' artista dipingerà, quasi con accanimento, i fiori del proprio giardino di Rueil. Piccole composizioni in vasi trasparenti (gli piaceva lasciar intravedere gambi e foglie immersi nell' acqua). Forti contrasti, impasti ottenuti con pigmenti diafani, strati di pennellate che catturano la luce.
Manet fu uno degli ispiratori dell'impressionismo e si puo' considerare come il vero maestro delle nature morte: infatti dedicò a questo tema molteplici tele come i suoi "Vaso con peonie"
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ZIALAILA.
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Le ninfee di Monet
Monet coltiva questo tipo di piante nel giardino acquatico che ha fatto allestire nel 1893 nella sua tenuta di Giverny. A partire dal primo decennio del XX secolo e fino alla morte del pittore nel 1926, questo giardino diventa la sua unica fonte di ispirazione. A tal proposito l'artista confessa: "Ho di nuovo intrapreso cose impossibili da compiere: acqua e piante che oscillano nel fondo. Fatta eccezione per la pittura e il giardinaggio, non sono buono a nulla.
Il mio capolavoro meglio riuscito è il mio giardino".
L'artista non raffigura più la natura come momento insieme immediato ed eterno, non è più interessato a fissare sulla tela il fondersi di passato e presente, antico e modernità, ma crea, piuttosto, un luogo dell'anima, un ideale rifugio dalla contingenza della vita quotidiana.
Monet per le ninfee nutrì un’autentica ossessione, dando vita ad un’innumerevole serie di opere dedicate alle corolle di quei fiori affascinanti, illuminati da mutevoli condizioni di luce e riflessi nell’acqua. L’elemento acqua divenne così importante da essere assunto ad assoluto protagonista, eclissando la linea dell’orizzonte e consentendo al mondo di comparire nel paesaggio solo a testa in giù, capovolto in un riflesso ondulato.
Edited by gheagabry1 - 15/9/2018, 13:57. -
tappi.
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GRAZIE . -
ZIALAILA.
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...... alle ninfee
Ninfee
Se hai scordato le ninfee che galleggiavano
su un oscuro lago di montagna, tra le ombre pomeridiane,
se hai scordato la loro fragranza, umida e assonnata,
allora puoi tornare, senza timore.
Ma se ricordi, allora vattene per sempre
nelle pianure e nelle praterie, dove gli specchi d'acqua son cosa lontana.
Là dove vedrai le ninfee chiudersi all'imbrunire
e l'ombra delle montagne non s'abbatterà sul tuo cuore
Sara Teasdale (1884-1933)
A Monet e alle sue ninfee
Resta l’artista in attesa
del sole e delle ombre
per catturare
del raggio e del nembo
il tempo
del loro fuggire.
Improvviso e rapido,
trasporta l’effetto
sulla tela
e lì
la variazione
prende forma,
e vita e forza dal colore.
Sommarie son le prime fattezze
eppure in essa c’è corpo
al di là
della fitta nebbia.
E nell’acqua,
torbida o purissima,
nascono improvvise,
le candide ninfee
sbocciate da una tavolozza
su cui l’arcobaleno
posato aveva lì,
il suo baleno.
Carmela Di Giovanni - dal web
Passeggiata sentimentale
Il tramonto dardeggiava i suoi ultimi raggi
e il vento cullava le pallide ninfee;
le grandi ninfee tra i canneti
rilucevano tristi sulle acque calme.
Io, me ne andavo solo, portando la mia piaga
lungo lo stagno, tra i salici
dove la bruma vaga evocava un fantasma
grande, lattiginoso, disperato
e piangente con la voce delle alzàvole
che si chiamavano battendo le ali
tra i salici dove solo io erravo
portando la mia piaga; e la spessa coltre
di tenebre venne a sommergere gli ultimi
raggi del sole nelle sue onde smorte
e le ninfee, tra i canneti,
le grandi ninfee sulle acque calme.
Paul Verlaine ( 1844 - 1896 )
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grazie antonella . -
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GRAZIE ANTONELLA . -
ZIALAILA.
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Le calle di Tamara De Lempicka
la calla ovvero l'estetica,
ovvero il sublime,
ovvero il virginale,
ovvero il sontuoso,
ovvero l'ambivalenza
ovvero la declinazione
spontanea poliedrica architettura vegetale
..... nel secolo scorso la chiamavano “il fiore della linearità modernista”, poiché con il suo aspetto semplice e composto, incarnava un’idea sobria, diventando il fiore simbolo del periodo Liberty..