AQUILE,FALCHI E GUFI

.....ED ALTRI RAPACI

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. gheagabry
     
    .

    User deleted



    I RAPACI





    Un rapace è un tipo di uccello che caccia utilizzando il becco e gli artigli.
    La caratteristica dei rapaci è il consumo di prede vive, generalmente mammiferi di piccole e medie dimensioni e altri uccelli. Il tipo di preda dipende ovviamente dalle dimensioni e dalle caratteristiche del rapace. Ad esempio gli accipitridi, avendo dimensioni notevoli e forza negli artigli, preferiscono prede quali topi e altri roditori fino ad arrivare anche a camosci, nel caso dell'aquila reale. I falconidi, avendo generalmente dimensioni più ridotte e più agilità nel volo, cacciano prede di minori dimensioni, ma riescono a catturare le prede anche in volo. Ad esempio, il falco pellegrino si nutre quasi esclusivamente di altri uccelli cacciati in volo uccidendo la preda grazie soprattutto all'impatto.
    Molti rapaci, oltre alle prede vive, si nutrono, all'occorrenza, anche di carcasse di animali morti o anche di insetti e larve.
    Altre interessanti caratteristiche di questi uccelli sono:
    un apparato visivo molto sviluppato
    grande abilità nel volo
    grande velocità e buone capacità acustiche (soprattutto nei rapaci notturni).
    I rapaci si dividono in due gruppi:
    rapaci diurni, cui appartengono le due famiglie degli accipitridi e dei falconidi.
    rapaci notturni, ovvero strigidi e tytonidae.

    Alcuni rapaci trovano largo impiego nella falconeria. In passato, ma ancora oggi (anche se di rado) i rapaci vengono utilizzati nella caccia. La falconeria ha rischiato di non essere più praticata perché andare nei boschi per cacciare oggi non è più necessario come in passato. Essa però si è salvata a causa dei piccioni presenti negli aeroporti, che disturbano le zone. Nessun metodo può far scappare i piccioni, l'unica cosa che può allontanare i piccioni sono i rapaci. Molte specie vengono adestrate e allevate per la falconeria ma le principali specie utilizzate in questo settore sono:
    Basso volo: Astore Sparviero Falco di Harris Aquila Reale
    Alto volo: Girfalco Falco sacro Lanario Falco pellegrino Gheppio Smeriglio Ibridi


    RAPACI DIURNI



    Accipitridae







    Gli Accipitridi (Accipitridae, Vieillot 1816) sono una famiglia di uccelli comprendente gli avvoltoi del Vecchio Mondo, sparvieri, astori, aquile, poiane, bianconi, albanelle, nibbi e falchi pecchiaioli. Insieme alla famiglia dei falconidi costituiscono l'ordine accipitriformes o falconiformes che comprende tutte le specie di rapaci diurni. La famiglia degli Accipitridi è un gruppo di falconiformi non nettamente definito, di mole media o grande. La mandibola superiore non è dentata in modo netto. Ali larghe ad estremità arrotondata.

    Principalmente a causa dell'impatto dirompente della moderna biologia molecolare, l'attuale classificazione degli Accipitridae è confusa, con differenti autorità che li collocano in ordini differenti. Il Falco pescatore viene spesso collocato nella famiglia separata del Pandionidae, e gli avvoltoi del nuovo mondo sono anch'essi solitamente considerati come separati.



    Falconidae





    I Falconidi (Falconidae) sono una famiglia di uccelli rapaci appartenenti all'ordine dei falconiformi.

    I falconidi non uccidono con gli artigli, ma con il forte becco dentellato superiormente. Il loro becco non solo è più largo e più robusto di quello degli altri Accipitriformi, ma è caratterizzato in particolare dal cosiddetto «dente di falco», una sporgenza sul ramo superiore che s'inserisce perfettamente in un sottostante incavo del ramo inferiore, con corrispondente intaccatura nella mandibola. Il colpo del becco, che di solito è immediatamente mortale, mira alle vertebre del collo. La separazione delle vertebre in questo punto è sufficiente per paralizzare e stordire all'istante la vittima.
    I Falconidi cacciano volando velocemente o reggendosi immobili nell'aria; perciò hanno un tronco assai slanciato, lunghe ali appuntite e una lunga e stretta coda. Con rapide, vigorose e non molto ampie battute delle ali sfrecciano fulminei, raggiungendo velocità stupefacenti e piombano come furie sulle loro vittime.
    In libertà nessun Falconide accetterebbe carogne. Si nutrono di prede appena catturate e abbattute da loro stessi. Ma non tutti catturano soltanto in volo ed esclusivamente animali che passano in volo. Come già accennato, fra loro esistono anche cacciatori che stanno in agguato, reggendosi immobili nell'aria, per catturare la loro preda, topi e insetti, a terra.
    Una volta tutti i Falconidi covavano probabilmente sulle rocce. In ogni caso, neppure una specie è capace di costruire nidi. Occupano invece vecchi nidi abbandonati da altri uccelli e depongono le loro uova sulla roccia nuda. Né sono in grado di riparare in qualche modo il vecchio nido che occupano. Senza esitare depongono le uova anche in nidi già mezzo sfasciati; di conseguenza le perdite di covate sono altissime, attorno al 50%. Inoltre - soprattutto durante la cerimonia della consegna, cioè quando il maschio consegna alla femmina la preda catturata per nutrire la prole - fanno un tale baccano nei pressi del nido che i numerosi nemici umani scoprono ben presto la camera dei piccoli.
    Come in tutti gli uccelli cacciatori, anche nei Falconidi le femmine sono spesso molto più grandi dei maschi e catturano anche animali corrispondentemente più grossi. Così la femmina abbatte soprattutto piccioni e pernici, mentre il maschio cattura solo storni e tordi.




    RAPACI NOTTURNI




    Strigidae





    Nei rapaci notturni (Strigidi) si segnala l`osservazione o la presenza in almeno una occasione di 9 specie. Tuttavia solo 6 di esse nidificano e sono presenti in modo regolare su tutto l`arco dell`anno, anche se talvolta con un numero esiguo di copie, sul nostro territorio: gufo reale, civetta nana, civetta, allocco, gufo comune e civetta capogrosso.

    I rapaci diurni e notturni si differenziano in un certo numero di caratteristiche come si può vedere dallo schema riassuntivo.

    La caratteristica dei rapaci è il consumo di prede vive che, a seconda delle dimensioni dell`uccello, variano dai micromammiferi (topi e topiragno) ai piccoli di camoscio nel caso dell`aquila reale. Nei rapaci più piccoli la dieta è comunque molto variata e comprende anche un numero considerevole di invertebrati (insetti, lombrichi,ecc.). Le prede vengono uccise principalmente all`impatto e con l`aiuto degli artigli. Il becco serve invece per tagliare e dilaniare la preda.

    La cattura avviene grazie alle capacità specifiche dei diversi rapaci:

    - in generale un`apparato visivo molto sviluppato;
    - grande abilità di volo, ad esempio nello sparviere durante la caccia ai piccoli uccelli;
    - velocità, ad esempio nel falco pellegrino;
    - particolari capacità acustiche dei rapaci notturni.

    Alcuni uccelli predatori, in special modo quelli di maggiori dimensioni: aquila, gufo reale, poiana e astore, sono talvolta considerati dei "distruttori" di specie di interesse venatorio, ma la loro influenza sul patrimonio faunistico non deve essere sicuramente sopravalutata in quanto sovente si nutrono di animali malati o deboli e il loro spettro alimentare è di solito assai vasto e non si limita a pochi tipi di prede.

    La riproduzione dei rapaci, il successo delle covate e il numero dei piccoli allevati dipende notevolmente dalla disponibilità e dall`abbondanza delle loro prede. Tenuto conto che le uova vengono deposte ad intervalli di alcuni giorni, i piccoli non hanno tutti uno sviluppo uniforme e, in caso di mancanza di nutrimento, saranno gli ultimi nati i primi a morire. La tabella proposta indica alcune caratteristiche riproduttive delle specie più comuni.




    Tytonidae






    La famiglia dei Barbagianni (Tytonidae) viene distinta dall'altra famiglia per un parametro principale che è la lunghezza del dito del piede: il dito interno è uguale in lunghezza al dito mediano. Ci sono anche altre differenze minori per esempio nel piumaggio e nello scheletro (la furcula è unita alla carena dello sterno per esempio).





    Una evidente differenza tra rapaci diurni e notturni è proprio la conformazione della testa. Nei rapaci diurni gli occhi sono posizionati lateralmente al capo e la morfologia generale della testa risulta essere affusolata e snella. I rapaci notturni invece hanno testa tonda, grande e piatta: gli occhi sono posizionati frontalmente all’interno di una maschera facciale che è caratteristica di tutti gli Strigiformi.
    Si tratta di una struttura ampia e complessa, formata da fitte penne rigide disposte in più strati compatti, adatta a riflettere in modo efficace i suoni ad alta frequenza e nascosta sotto
    un fine piumaggio acusticamente permeabile.
    La funzione è quella generale dei padiglioni auricolari: i dischi facciali raccolgono i suoni da un ampia porzione di spazio e li dirigono nelle aperture auricolari. Le aperture auricolari sono asimmetriche (caratteristica peculiare degli strigiformi!): in questo modo la raccolta dei suoni avviene in una porzione di spazio tridimensionale.
    Quando l’uccello sente un rumore ruota immediatamente la testa nella direzione di provenienza (rotazione anche di 270°!!) così da avere la sorgente sonora di fronte ed ottimizzare l’eventuale ascolto successivo.
    La rotazione del capo consente inoltre all’animale di puntare gli occhi immobili sul bersaglio completando la percezione sensoriale della preda.
    In conclusione la testa del Barbagianni (e in generale di tutti i rapaci notturni) è un vero e proprio radar capace di percepire e discriminare i suoni della notte e individuare con esattezza le sue prede.

     
    Top
    .
  2. gheagabry
     
    .

    User deleted



    AQUILA





    Aquila è un genere di uccelli della famiglia Accipitridae.

    Il gruppo delle aquile è caratterizzato da particolare robustezza e prestanza fisica, becco potente ed uncinato, testa grande, ali grandi, tarsi generalmente ricoperti di piume sino al piede. Dispiegano volo potente, spesso veleggiato, maestoso; piombano dall'alto sulle prede.

    Il cibo di questi rapaci è vario, ma sempre di origine animale. L'Aquila reale preda lepri, fagianidi, corvidi, tartarughe, piccioni, conigli, pica, giovani cerbiatti. L'Aquila codacuneata, preda anche grossi pitoni, koala, opossum, canguri, Wallabys, Uccelli del paradiso e piccoli marsupiali.





    Leggende, miti e simboli

    L'aquila, grazie alle sue caratteristiche di grosso rapace, dalla vista acutissima, dal volo maestoso, dalla capacità di volare ad altezze irraggiungibili e piombare con velocità impressionante sulle prede, ha destato in tutti i popoli antichi il mito della invincibilità, paragonato ora al sole, ora al messaggero degli dei od allo stesso Dio. Se il leone è ritenuto il re degli animali terrestri, l'aquila è la regina dei volatili. Dell'antica arte sumerica si trovano reperti archeologici che mostrano un animale con corpo d'aquila e testa di leone: emblema di sovranità sulla terra e sull'aria.[1] Simbolo celeste e solare, l'aquila indica pure acutezza mentale e d'ingegno, tanto che ancor oggi, parlando di un Tizio d'intelligenza mediocre, se non scarsa, si ricorre alla litote: «Tizio non è certo un'aquila». A "canonizzare" questa metafora ci pensa Dante Alighieri, allorché nella sua Divina Commedia parla di Omero, che ai tempi del sommo poeta era considerato una delle più grandi menti mai esistite:

    « Quel signor dell'altissimo canto, / che sovra gli altri com'aquila vola »
    (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, IV, 95-96)

    D'altra parte anche l'antico proverbio latino

    Aquila non capit muscas (L'aquila non cattura mosche)

    che sta ad indicare come i grandi non si curino delle piccole cose, attribuisce automaticamente all'aquila il simbolo di grandezza.




    L'aquila nelle tradizioni precristiane e precolombiane

    Nello sciamanesimo asiatico l'aquila era il simbolo di un dio e presso il popolo degli Jakuti Siberiani il suo nome è il medesimo del Dio Creatore e gli sciamani, intermediari fra il popolo e la divinità, erano detti "figli dell'aquila". È l'aquila infatti, secondo tale credenza, che trasporta l'anima dello sciamano durante la sua fase d'iniziazione.

    Secondo la mitologia greca, Zeus si trasformò in aquila per rapire Ganimede.

    Nella mitologia dei pellerossa l'aquila è la rappresentazione tangibile di Wakan Tanka, il Grande Uccello del Tuono, che elargisce i raggi solari ed è la manifestazione del Grande Spirito, la divinità suprema. Il diadema che ornava la testa dei grandi capi indiani era fatto di penne d'aquila, simbolo solare, e penne d'aquila, artigli e addirittura teste di questo regale uccello costituivano un corredo di amuleti indispensabile ad ogni guerriero. Nella "Danza del Sole" i partecipanti indossavano piume di aquila ed un fischietto di osso dello stesso uccello.





    Nella mitologia azteca il dio-sole Tonatiuh era rappresentato da un'aquila, confermando anche qui la valenza solare che il mito assegna a questo uccello.

    L'aquila fu anche considerata uccello aruspice, messaggero che portava i presagi dagli dei agli uomini. Nell'Iliade Priamo, prima di recarsi presso il nemico Achille per ottenerne il corpo del figlio Ettore, ucciso dall'eroe greco, offre a Zeus una libagione chiedendogli che gl'invii «…l'uccello che ti è caro fra tutti e che ha la forza suprema […] e il prudente Zeus ascolta la sua preghiera e subito lancia l'aquila, il più sicuro degli uccelli, il cacciatore fosco che è chiamato il nero.»

    L'aquila era, secondo la mitologia greco-romana, la portatrice dei fulmini di Giove e veniva anche raffigurata con i fulmini tra gli artigli. E così, leggermente modificata, compare nell'emblema degli Stati Uniti d'America.
    Portatrice di fulmini ma anche protettrice da essi: secondo Plinio il Vecchio i greci antichi a questo fine inchiodavano aquile sulle porte delle loro case.

    Essa è nemica mortale del serpente, che attacca e uccide. Così viene mostrata su antiche monete greche e galliche, mentre in Siria la leggenda vuole che Etana, pastore divenuto re, abbia salvato l'aquila dalle spire del serpente cui l'uccello aveva divorato i figli. L'aquila, per ricompensarlo, lo avrebbe portato sulle sue ali fino in cielo.






    L'aquila nella mitologia norrena


    Secondo la mitologia norrena, l'aquila è l'eccelso tra gli uccelli, poiché sa volare molto in alto e può fissare il sole: è dunque emblema della percezione diretta della luce divina e della suprema sublimazione.
    È altresì animale rapace, nemico dei serpenti, che strisciano sul terreno, e ciò ne accentua la simbologia di antagonista della materialità. Un'aquila con un falco tra gli occhi – immagine che simboleggia una straordinaria percezione visiva – è appollaiata sui rami dell'albero cosmico Yggdrasill e scambia continuamente cattive parole con il serpente Níðhöggr, che con altri ne rode le radici. La connessione dell'aquila con l'albero cosmico appare confermata non solo da un verso che recita «sui rami dei frassini si posano le aquile», bensì anche là dove si parla di un'aquila che si trova sopra la Valhalla, dimora di Odino, nello stesso luogo in cui cresce l'albero Læraðr, da identificare con l'albero cosmico.




    L'aquila è dunque un uccello sacro, iniziatico e dotato di grande sapienza, e sul suo becco sono incise le rune. È estremamente sapiente perché è l'uccello delle origini, il primo che vola sul mondo ogni volta che un nuovo ciclo ha inizio. Dall'alto dello spazio e dall'alto del tempo, essa ha chiara percezione del mondo.
    L'aquila è altresì uccello di Odino: sotto forma d'aquila egli compie il furto dell'idromele, che rende poeta chi lo beve; a tale mito alludono verosimilmente i suoi appellativi Arnhöfði, «testa d'aquila», e Örn, «aquila».
    Come un sacrificio al dio dev'essere presumibilmente intesa anche la pratica crudele di mettere a morte i nemici incidendo la cosiddetta «aquila di sangue» (rista blóðörn): ciò consisteva nello staccare le costole dalla spina dorsale, aprirle come ali d'aquila ed estrarre i polmoni della vittima.
    Alla definizione dell'aquila quale uccello di Odino non è estranea la qualità rapace dell'uccello, che si nutre di cadaveri: la metafora «rallegrare le aquile», «dare cibo all'aquila» vale «uccidere molti nemici».
    La trasformazione magica in aquila non è tuttavia prerogativa esclusiva del dio: così, infatti, è detto dello jarl Fránmarr che vuole proteggere due donne dall'assalto di un esercito; così soprattutto è detto di taluni giganti quali Þjazi – il rapitore di Idunn –, Suttungr – derubato da Odino del sacro idromele – o Hraesvelgr, che col battito delle sue ali possenti genera il vento sulla terra.





    L'aquila nell'iconologia e nel simbolismo cristiano

    Nell'antico testamento il Libro di Ezechiele inizia con la descrizione di una visione del profeta-autore:

    « Al centro apparve la figura di quattro esseri animati che avevano sembianze umane ed avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. […] Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d'aquila. »
    (Ezechiele, 1, 5-10)


    Si tratta del Tetramorfo, figura ripresa da San Giovanni evangelista nell'Apocalisse:

    « Il primo vivente era simile ad un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'un uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola. »
    (Apocalisse di San Giovanni, 4, 7)






    L'aquila, simbolo cristologico

    La sua funzione di psicopompa si è evoluta, dalla leggenda siriana di Etana, nota sicuramente alle prime comunità cristiane, in immagine di Cristo salvatore, che porta le anime in cielo. Così già il Deuteronomio, nel Cantico di Mosé, assimila la figura di Dio all'aquila:

    Come un'aquila incita la sua nidiata e aleggia sopra i suoi piccoli, così Egli spiega le ali, lo prende e lo porta sulle sue penne.
    ove quell'Egli è il Signore.

    Scrive Filippo di Thaon, monaco e poeta normanno del XII secolo:

    « L'aquila significa / il figlio di Santa Maria, / che è un re di tutti gli uomini / senza alcun dubbio, / sta in alto e vede lontano, / sa bene che cosa deve fare »
    ( Filippo di Thaon, Bestiario


    seguendo quanto ancor più esplicitamente aveva detto Sant'Ambrogio in proposito, nel suo commento ad un passo dei Proverbi:

    L'aquila si comprende come quella del Cristo che, col suo volo, è sceso in terra. Questo genere di animale non riceve cibo prima che la castità di sua madre sia dimostrata quando con gli occhi aperti, senza battere le ciglia, può contemplare il sole. È dunque a giusto titolo che questo animale è paragonato al Salvatore perché, quando vuole catturare qualche essere, non calpesta il suolo, ma elegge un luogo elevato: così il Cristo, sospeso all'alta croce, in un fracasso terribile ed in un volo tonante prende d'assalto gl'inferi e porta via verso i cieli i santi che ha afferrato





    L'aquila rigeneratrice

    L'aquila aveva anche fama di rigenerarsi. Secondo una leggenda, all'aquila anziana si annebbiava la vista e si appesantivano le ali. Essa allora volava in cielo e bruciava le sue ali e il velo che le copriva gli occhi al calore del sole, dopo di che scendeva in terra ed immersasi tre volte in una fonte tornava ad essere giovane e vigorosa. Questa leggenda fu ripresa nella iconografia cristiana grazie ai versi del Libro dei Salmi:

    «Egli [il Signore] perdona tutte le tue colpe, / guarisce tutte le tue malattie; / salva dalla fossa la tua vita, / ti corona di grazia e di misericordia, / egli sazia di beni i tuoi giorni / e tu ti rinnovi come aquila la tua giovinezza.»

    e Sant'Ambrogio fa sua quest'interpretazione nei suoi Sermoni:

    «A dire il vero si tratta di una sola, autentica aquila, Gesù Cristo, nostro Signore, la cui gioventù è stata rinnovata quando è risuscitato dai morti. Infatti, dopo aver deposto le spoglie di un corpo corruttibile, è rifiorito rivestendo una corona gloriosa.»



    Altra simbologia

    L'aquila è stata attribuita come simbolo a San Giovanni Evangelista in quanto con la sua visione descritta nel Libro dell'Apocalisse avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo, come descritto nel Prologo del suo Vangelo, così come l'aquila può fissare direttamente la luce solare. Tale attribuzione è attestata ai tempi di Sant'Agostino (IV - V secolo).[20] San Giovanni Evangelista viene paragonato all'aquila da Dante Alighieri, quando nella cantica del Paradiso immagina di parlare proprio con l'Evangelista:

    « Non fu latente la santa intenzione / dell'aguglia [aquila, n.d.r.] di Cristo, anzi m'accorsi / dove volea menar mia professione. »
    (Dante Alighieri, Paradiso, XXVI, 52-54)


    L'aquila viene anche considerata come simbolo del cristiano, chiamato dal battesimo a nuova vita e la frase del Vangelo secondo Luca: «laddove sarà il corpo , le aquile si raduneranno»

    venne interpretata da commentatori medievali che paragonarono il corpo al Cristo e le aquile che vi si radunano intorno, alle anime cristiane.




    Simbologia negativa


    L'aquila, a causa della sua voracità e della rapidità con la quale si avventa sulla preda, ebbe anche connotazioni simboliche negative. La credenza che si cibi di pesci raggiunti e ghermiti mentre nuotano tranquilli, ne ha determinato un'interpretazione negativa, soprattutto riguardo al fatto che il pesce era considerato dai primi cristiani un simbolo di Cristo. Sotto questo aspetto essa venne vista anche come simbolo di Satana, che attacca e ghermisce le anime, sottraendole alla loro normale destinazione cristiana. A questa interpretazione simbolica negativa ha contribuito certamente anche la classificazione dell'aquila come animale impuro, quindi non edule, che viene data nel Deuteronomio.







    Edited by gheagabry - 16/8/2010, 00:39
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    grazie special ghea..
     
    Top
    .
  4. gheagabry
     
    .

    User deleted



    Aquila chrysaetos





    L'aquila reale (Aquila chrysaetos, Linnaeus 1758) è un uccello appartenente alla famiglia degli Accipitridi. Essendo la specie più comune, è diventato il rapace per antonomasia e finisce per essere chiamata molto spesso semplicemente aquila.

    Ha una lunghezza di 74 - 87 cm; la coda misura dai 26 ai 33 cm, con un'apertura alare di 203-240 cm.
    Il suo peso varia dai 2,9 kg, ai 6,6 kg; la femmina è del 20% circa più grande del maschio.
    Le sue parti superiori sono di color bruno castano, con penne e piume copritrici più pallide, le parti inferiori sono di color castano scuro, la testa invece è di color castano dorato. A questa caratteristica si riferisce il secondo nome "chrysaetos",che in greco vuol dire "aquila d'oro".
    Il colorito varia a seconda dell'età e l'abito adulto viene completato a 5 anni di vita. Il giovane appena involato possiede un piumaggio bruno nerastro con evidenti macchie bianche a semiluna al centro delle ali e coda bianca bordata di nero; la livrea dell'adulto è bruna con spalle e nuca dorate (da cui il nome inglese "Golden Eagle", Aquila dorata). Il pulcino è ricoperto da un fitto piumino biancastro.
    In volo ha ali sollevate e spinte leggermente in avanti. L'Aquila reale è uno dei più potenti uccelli rapaci del mondo; la robusta struttura le consente di attaccare con successo prede spesso più pesanti di lei e nonostante la mole imponente possiede un volo assai agile.
    Il piede ha le caratteristiche tipiche dei rapaci che si nutrono di mammiferi, con dita brevi e grandi artigli in grado di ferire le prede.
    Il forte becco le consente non solo di uccidere animali di taglia medio-piccola, ma anche di aprire carcasse di grandi animali già morti.



    L'aquila reale riveste un ruolo molto importante nella storia della simbologia europea. Per i greci era un simbolo di Zeus, colei che ne rispecchiava i valori fondamentali. Il fatto che simboleggiasse il padre degli dei fece sì che i romani la scegliessero come emblema fin dai tempi della repubblica. Con la divisione dell'Impero in due parti decretata dall'imperatore romano Teodosio per i suoi figli, Arcadio che ebbe l'Oriente e Onorio l'Occidente, l'aquila romana da quel momento fu raffigurata unico corpo(impero romano) a due teste(oriente e occidente) , come anche ora si può vedere in stemmi che si rifanno all'impero romano. L'aquila verrà poi spesso ripresa da tutte le nazioni che vorranno emulare l'immagine di Roma e questo comportò quindi che essa venisse utilizzata da Carlo Magno, Napoleone, gli stati dell'Europa dell'est, Hitler, Mussolini e infine dagli USA.
    La valorizzazione dell'aquila venne portata avanti in seguito dalla Chiesa cattolica, che prese a sua volta spunto dal fatto che essa è simbolo di spiritualità (l'aquila è simbolo dell'evangelista Giovanni il più spirituale dei quattro). Dante la riporta nel sesto canto del paradiso e ne innalza i valori. La sua strumentalizzazione nel corso della storia l'ha portata paradossalmente ad essere vista da alcuni come un'immagine negativa, in quanto utilizzata come simbolo dagli stati totalitari che devastarono l'Europa nel '900. Oggi, tuttavia, è usata comunque in molte aziende, società e paesi come simbolo di fierezza, nobiltà, divinità e orgoglio (oltre ad essere usata dagli allevatori per cacciar le volpi quando si avvicinano ai pollai) È inoltre simbolo dell'Arma Aeronautica Militare Italiana e di molti altri paesi. Ultimo tra gli stati in cui l'aquila compare nella bandiera nazionale è il Kazakistan, mentre l'Albania è detta appunto "Paese delle Aquile" e ne ha una stilizzata sulla bandiera. È inoltre il simbolo della società sportiva capitolina S.S. Lazio, anche se a rigor di logica quella rappresentata sullo stemma della squadra romana dovrebbe essere non un'aquila reale ma la più rara, in Italia, aquila imperiale .





    Un tempo l'aquila reale viveva nelle zone temperate dell'Europa, nella parte nord dell'Asia, nel nord America, nord Africa e Giappone. In molte di queste regioni l'aquila è oggi presente solamente sui rilievi montuosi, ma nei secoli precedenti nidificava anche nelle pianure e nelle foreste. È assente in Islanda e Irlanda dove è in corso un tentativo di ripopolamento con 35 uccelli rilasciati dal 2001. In Italia è presente sulla dorsale appenninica e sull'arco alpino, in rilievi della Sardegna e della Sicilia. Il limite nord dell'areale dell'aquila sono le Isole Svalbard





    A. c. chrysaetos - sottospecie tipo, vive in tutta Europa esclusa la Penisola iberica e in Siberia, misura 82-84 cm, è quella che è presente negli zoo.
    A. c. canadensis - sottospecie poco più piccola della precedente, vive in Nord America ma talvolta si sposta anche in Messico, si distingue per la coda più scura e gli artigli più affilati
    A. c. homeryi - diffusa in Penisola Iberica, Africa e Medio oriente, è la sottospecie più piccola. Per il resto è simile alla sottospecie tipo, a parte il capo più chiaro.
    A. c. japonica - sottospecie più rara e in pericolo di estinzione, è limitata a Corea e Giappone ed è estinta in Manciuria. Lunga 80-85 cm, è la più adattata al clima freddo.
    A. c. daphanea - presente dall'Asia centrale ex sovietica (Uzbekistan e paesi vicini, a est fino alla Manciuria e a sud fino all'Himalaya indiana, raggiunge anche 90 cm di lunghezza e 7 kg di peso.
    A. c. kamtschatica - questa sottospecie è poco più piccola della precedente ed è diffusa dai Monti Altai alla Kamčatka




    Frequenta una vasta gamma di ambienti aperti o semi-alberati e la sua plasticità dal punto di vista delle esigenze ecologiche le ha consentito di colonizzare un ampio areale sia in Eurasia, sia in Nordamerica; in Italia è presente su tutte le più importanti catene montuose (Alpi, Appennino, monti sardi e siciliani). La Valle d'Aosta nello specifico offre all'Aquila reale vastissimi territori idonei; soltanto le aree più antropizzate ed i deserti nivali possono essere considerati inutilizzabili dalla specie, mentre le foreste, anche se troppo fitte per consentirle azioni di caccia, rappresentano fondamentali serbatoi di specie preda. Ogni vallata della regione ospita almeno una coppia nidificante ed in totale i territori stabilmente occupati sono almeno 35, con un massimo ipotizzabile di 40. La densità delle coppie (territori ampi in media meno di 80 km²) e la distanza media che separa i settori di nidificazione (inferiore a 7 km) sono definibili come ottimali a livello alpino ed attualmente non è ipotizzabile un ulteriore significativo incremento della specie.
    La regolazione della densità dei rapaci avviene infatti con meccanismi naturali complessi e molto efficienti, che riescono a stabilizzare le specie intorno ai livelli compatibili con le risorse localmente fruibili (siti di nidificazione, abbondanza delle prede, competizione con altri carnivori); un'utile indicazione a questo proposito è data dal successo della riproduzione, elevato nelle popolazioni al di sotto delle capacità ambientali potenziali e decisamente ridotto nelle popolazioni più floride: in Valle d'Aosta negli ultimi anni il numero medio di giovani allevati dalle coppie controllate è risultato in effetti molto basso, come già verificato in altri settori delle Alpi.
    Un territorio frequentato da una coppia di Aquile reali è solitamente composto da un sito di nidificazione con pareti rocciose ospitanti i nidi e da una serie di territori di caccia poco o per nulla boscati, localizzati di norma in posizione periferica rispetto al settore con i nidi. Questi ultimi sono collocati al di sotto dei territori di caccia estivi per agevolare il trasporto di pesanti prede ai giovani; i nidi non vanno quindi cercati in prossimità delle vette, ove spesso li vorrebbe la tradizione popolare, ma soprattutto intorno ai 1700-2200 m. Altitudini record di 2500-2700 m, segnalate per il passato in Valle d'Aosta, sono probabilmente conseguenti a ripetute persecuzioni ai danni di nidi situati in località più accessibili.




    L'aquila ha a disposizione due modi per cacciare: all'agguato e in volo, solitamente cerca di sorprendere le prede. Di solito cacciano in due: un'aquila vola bassa per mettere paura alla preda e l'altra dall'alto cerca di catturarla.
    Durante il giorno l'aquila sta molto tranquilla, tranne nella parte centrale della giornata.
    Molte aquile hanno una tendenza a spostarsi verso le zone più calde.




    L'aquila si alimenta di mammiferi ed uccelli, a seconda delle zone. In certe zone anche di rettili.

    Tra i mammiferi preferisce i roditori, lepri, marmotte, conigli selvatici e scoiattoli.
    Invece tra gli uccelli, si nutre soprattutto di galliformi e anche di carogne in inverno. Tra i rettili preda serpenti, tartarughe (che cattura e sfracella sulle rocce) e talvolta, se non trova di più, ramarri e altri sauri. Spesso i due partner cacciano insieme e giocano con la preda. I giovani devono consumare molto cibo, ma spesso solo un piccolo, il primo nato, sopravvive poiché si accaparra tutto il cibo.
    L'aquila può sollevare 18 kg di preda, quasi tre volte il suo peso massimo (volpe, giovani ungulati) ed integra regolarmente la sua dieta con resti di animali rinvenuti morti (soprattutto ungulati vittime dei rigori invernali).




    Fedeli per la vita, il maschio e la femmina di Aquila reale, una volta formata la coppia e conquistato un territorio, rimangono stanziali per molti anni costruendo nei dintorni, sulle pareti a picco dei dirupi o, più raramente, fra i rami degli alberi più alti, anche una decina di nidi scegliendo, di anno in anno, quello che sembra il più adatto. Sempre, però, i nidi sono costruiti più in basso rispetto all'altitudine di caccia, per evitare faticose risalite con la preda tra gli artigli.
    Il controllo del territorio, che varia da 40 a 180 km quadrati, viene effettuato equamente tra maschio e femmina e, il più delle volte, si limita a manifestazioni aeree (voli a festoni, volteggi) lungo il confine del territorio stesso per segnalare alle altre aquile quali siano gli effettivi confini.
    Affascinante, invece, il volo del rituale di accoppiamento che avviene in marzo: la cosiddetta danza del cielo, che prosegue per vari giorni, vede impegnati entrambi gli individui in spettacolari evoluzioni che spesso la femmina compie in volo rovesciato mentre il maschio sembra piombarle sopra, o con scambi di preda in volo o giri della morte.


    [IMG]http://i33.tinypic.com/2eklz69.jpg[/IMG

    ]

    All'accoppiamento, che avviene sempre a terra, segue la deposizione delle uova (gennaio nelle zone più calde e maggio in quelle più fredde) solitamente due a distanza di 2 - 5 giorni l'una dall'altra. In questo periodo il maschio è poco presente, per ricomparire immediatamente alla schiusa (dopo 43 - 45 giorni di cova) per portare cibo sia alla madre che ai due piccoli dei quali, solitamente, solo uno sopravvive.
    Dopo due mesi i pulcini diventano aquilotti ed iniziano ad esercitarsi nel volo sul bordo del nido. Spiccano il primo volo a 75 giorni e dopo 160 - 170 dalla nascita diventano indipendenti: in questo periodo vengono portati dai genitori fuori dai confini del territorio natale e diventano nomadi fino a quanto, verso i 3 - 6 anni, ormai in grado di procreare, costituiranno un nuovo nucleo famigliare.




    L'aquila è in diminuzione in molte aree a causa di persecuzione; dov'è protetta è in aumento. È specie protetta ai sensi della legge 157/92 .
    È presente in maggior parte, nelle Alpi (200 coppie di nidificati), negli Appennini (50 coppie), in Sicilia (10 coppie) e Sardegna (30 coppie).
    La popolazione è in lento aumento in Italia, Bulgaria, Turchia, Africa settentrionale, Penisola arabica, Cina, Ucraina e Scozia. La popolazione statunitense, canadese, giapponese, greca e scandinava ha registrato un maggiore incremento. In decremento sono le aquile di Spagna e Corea, mentre in Uzbekistan sembra prossima alla scomparsa. I principali fattori che colpiscono questa specie sono: il disboscamento, il bracconaggio e la cattura dei nidiacei.




     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    grazie
     
    Top
    .
  6. neny64
     
    .

    User deleted


    gabry, questi sono animali fantastici!
     
    Top
    .
  7. tappi
     
    .

    User deleted


    GRAZIE
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    grazie
     
    Top
    .
  9. gheagabry
     
    .

    User deleted



    MITOLOGIA FINNICA



    KOTKA






    L'aquila, in finlandese kotka, è venerata non solo presso i Finni, ma presso tutte le popolazioni ugrofinniche: è l'unico animale capace di volare così in alto da fissare il sole e per questo motivo è nota anche come auringonlintu «uccello del sole». Insieme all'orso e ai palmipedi, l'aquila è uno dei principali animali totemici. Nei suoi viaggi iniziatici, lo sciamano indossa spesso un costume che riproduce le fattezze del suo «doppio», immaginato in forma vegetale o animale: l'aquila, considerata lo spirito guida per eccellenza, è uno degli animali che più frequentemente incarnano il «doppio» dello sciamano ed è spesso raffigurato anche sugli attrezzi che egli usa nei suoi viaggi magici o sul costume cerimoniale dello stesso sciamano. Questi spesso indossa anche un copricapo con piume dell'uccello.

    Presso le popolazioni ugrofinniche imparentate con i Finlandesi e gli Ungheresi vi sono interessanti credenze: per gli Ugri dell'Ob', l'aquila è una divinità suprema in continuo contatto con gli sciamani, mentre presso le popolazioni della Buriazia meridionale si racconta che lo sciamano sia nato dall'unione di una donna con un'aquila divina; secondo un'altra credenza lo sciamano sarebbe nato dall'uovo dell'aquila (Corradi Musi 2007). L'aquila è in particolar modo protagonista di uno dei miti finlandesi della creazione: il mito dell'«uovo del mondo» (Corradi Musi 1983). In una versione di questo mito si racconta che un'aquila volava sopra il mare, in cerca di un posto piacevole in cui nidificare: in quel momento Väinämöinen stava facendo il bagno e l'aquila, scambiato il suo ginocchio per un'isola, vi costruì sopra il proprio nido di rame. L'aquila, covando, emanava talmente tanto calore che Väinämöinen spostò il ginocchio e l'uovo cadde nel mare: l'uovo, rompendosi, generò con la base del guscio la terra, con la parte superiore il cielo, con l'albume il sole, con il tuorlo la luna e con le altre parti le stelle.

    L'aquila è profondamente rispettata e venerata ancora oggi, tanto che in Finlandia esiste anche una città dal nome Kotka e in particolare vi sono i cognomi Kotka e Kotkanen. Entrambi i cognomi sono in uso sin dagli ultimi anni del XIX secolo, sebbene non troppo diffusi; il 23 marzo 1906, sul giornale Giovane Finlandia [Nuori Suomi], Heikki Ojansuu pubblicò l'articolo Riguardo alla questione del cambiamento del cognome [Nimenmuuttokysymyksestä], sulle trasformazioni subite dai cognomi. Egli riteneva che i nomi di piante e animali fossero particolarmente adatti come cognomi e tra questi figurava anche Kotka, che poi effettivamente entrò in auge (21). Kotkanen («aquilotto», «figlio dell'aquila», «figlio di Kotka»), invece, è divenuto sempre meno diffuso, poiché con il passare del tempo si sono preferiti i cognomi di nuova generazione, privi del suffisso -nen. Già negli ultimi anni del XIX secolo i cognomi della tipologia Virtanen stavano diventando sempre più obsoleti, lasciando il posto a quelli appartenenti alla tipologia Laine.
     
    Top
    .
  10. gheagabry
     
    .

    User deleted



    Morphnus guianensis






    L'aquila crestata (Morphnus guianensis) è un'aquila neotropicale. È l'unico membro del genere Morphnus.

    Le dimensioni dell'aquila crestata sono di 71-89 cm di lunghezza, un peso di 1.75-3 kg ed una apertura alare di quasi 1,5 m.
    Il piumaggio della testa, del collo, del petto e del ventre è di colore bianco, mentre sul dorso è grigio-rossiccio.

    La specie è diffusa in gran parte dell'America meridionale.

    Si ciba prevalentemente di uccelli e mammiferi di piccole dimensioni, prevalentemente scimmie.
     
    Top
    .
  11. gheagabry
     
    .

    User deleted



    Harpia harpyja






    L'aquila arpia (Harpia harpyja, Linnaeus 1758) è un uccello rapace della famiglia degli accipitridae ed è il più grande rapace delle Americhe. È l'unica specie del genere Harpia.




    L'arpia è senza dubbio una delle più grandi aquile viventi e solo l'aquila delle Filippine, nota anche come aquila delle scimmie (Pithecophaga jefferyi) vanta dimensioni maggiori. Comunque, l'aquila di Haast, o aquila gigante della Nuova Zelanda (Harpagornis moorei), ormai estinta, era circa il 50% più grande.
    La femmina è lunga 100-110 cm e ha un'apertura alare di circa 200 cm e pesa circa 7,5 kg. Eccezionalmente, alcune femmine hanno raggiunto 9 kg e un esemplare in cattività, "Jezebel", ha superato 12 kg. Questo dato, chiaramente, si riferisce ad un esemplare in cattività che tende naturalmente a essere sovrappeso. In natura non sarebbe arrivata a tale stazza. Il maschio raggiunge a malapena 5 kg di peso.
    L'arpia è di colore grigio, con la testa grigio cenere e la pancia bianca. Entrambi i sessi hanno una cresta di lunghe penne erettili, molto caratteristiche. Gli artigli sono lunghi 13 cm.



    L'arpia è carnivora e predatrice. Le sue prede preferite sono i piccoli mammiferi, come i coati dal naso bianco del bassopiano, i piccoli del bradipo e piccole scimmie. Caccia anche altre specie di uccelli. Gli artigli sono molto potenti e di grande aiuto nell'uccisione delle prede: si consideri che riescono a esercitare la pressione di 42 kg/cm². L'uccello riesce a sollevare prede pesanti, anche 3/4 del proprio peso corporeo.



    La coppia depone due uova bianche in un nido fatto di stecchi e rami, su un albero alto. Normalmente una coppia alleva un piccolo ogni 2-3 anni. Le uova vengono covate insieme ma quando il primo dichiude, il secondo viene abbandonato prima della schiusa. Il piccolo impiega 6 mesi per volare ma i genitori continuano a nutrirlo per altri 6-10 mesi. L'arpia può essere molto aggressiva anche nei confronti dell'uomo se intravede un pericolo o un disturbo per il nido o per il piccolo.

    L'arpia è minacciata dalla deforestazione e passa gran parte del tempo a cacciare, e viene principalmente avvistata in transito. In Brasile è quasi completamente comparsa nella Foresta atlantica e vive in pochi esemplari nelle zone più remote del Bacino dell'Amazzonia.
    Secondo i criteri dell'IUCN è considerata una "prossima minaccia" .



    L'arpia è l'uccello nazionale dello stato del Panamá ed è riprodotta nello stemma ufficiale. La legge 34 del 1949 stabilisce che un'aquila sia in cima allo stemma. La legge, in verità, non stabiliva quale specie di aquila debba essere riprodotta ma la maggior parte delle scuole esibisce proprio un'arpia. La legge 18 del 2002 ha stabilito che l'arpia sia l'uccello nazionale. Successivamente, la legge numero 50 del 17 maggio 2006 ha integrato la già citata legge del 2002 stabilendo definitivamente che la specie di aquila da riprodurre nello stemma nazionale sia proprio l'arpia, ovvero Harpia harpyja.


     
    Top
    .
  12. gheagabry
     
    .

    User deleted


    [color=green

    ]Pithecophaga jefferyi






    L'aquila delle Filippine (Pithecophaga jefferyi, Ogilvie-Grant 1896) conosciuta anche come aquila delle scimmie è un uccello della famiglia degli Accipitridae, ed è una delle specie di rapaci più rari al mondo



    Le Filippine: uno sterminato arcipelago costituito da oltre 7100 isole di cui solo 2770 hanno un nome e poco meno di 900 sono abitate. In quattro di queste isole (Luzon, Samar, Leyte e Mindanao) sopravvive un uccello bellissimo, dal portamento straordinariamente fiero. È l'aquila delle Filippine, una volta definita aquila delle scimmie, termine che poteva attribuirgli l'identità di una divoratrice di scimmie (fatto che in natura si verifica in modo non frequente) e che è stato mutato con una ordinanza del governo della repubblica filippina nel maggio 1978 appunto in aquila delle Filippine. Gli studiosi la considerano seconda nella graduatoria delle aquile più robuste del mondo, superata solo dall'altrettanto affascinante arpia (Harpia harpyja) del Centro e Sud America. Quest'ultima giunge a pesare intorno ai 9 chilogrammi mentre l'aquila delle Filippine raggiunge gli 8 kg. Particolarmente caratteristico in questa specie è il becco, molto alto ed abbastanza stretto, nonché la "corona" di penne che le incorniciano la sommità del capo. L'aquila delle Filippine è stata sempre una specie abbastanza rara; sebbene fosse collezionata nell'arcipelago sin dal 1703, solo nel 1896 fu resa nota alla scienza dalla scoperta che ne fece il naturalista inglese John Whitehead nell'isola di Samar. La specie fu descritta dal naturalista Ogilvie Grant che ne diede comunicazione ad una riunione del British Ornithologist's Club a Londra il 16 dicembre 1896.




    Le fu dato il nome scientifico di Pithecophaga jefferyi. Il nome del genere Pithecophaga deriva dal termine greco pithekos che vuol dire scimmia e da phagos che vuol dire mangiatore, mentre il nome della specie jefferyi le fu dato in onore del padre di John Whitehead, Jeffery.
    Lo status e le abitudini di questa specie furono sconosciute per molto tempo, almeno fino agli anni sessanta del secolo scorso. Fu in quell'epoca che il prof. Dioscuro S. Rabor, un noto studioso che aveva trascorso buona parte della sua vita nelle foreste dell'arcipelago, lanciò l'allarme sul precario stato di sopravvivenza in cui si trovava l'aquila delle Filippine. Rabor nel 1968 comunicò che il totale degli esemplari ancora viventi di questo falconiforme non doveva essere, con ogni probabilità, superiore ai cento. Il problema principale per la sopravvivenza di questa specie era facilmente individuabile nell'incalzante e progressiva distruzione del suo ambiente naturale: la foresta tropicale. Negli anni cinquanta e sessanta la distruzione delle foreste da parte di molte industrie del legname raggiunse vertici spaventosi. Questo rapido tasso di distruzione dell'ambiente, diretto e brutale, si andava ad aggiungere all'incremento numerico della popolazione umana dell'arcipelago, che ovviamente aveva bisogno di terre da coltivare e di villaggi. Oltre a queste cause non andava ignorato l'elemento del bracconaggio nei confronti di questa magnifica aquila, vista come un trofeo di caccia per molti e come animale da impagliare e mostrare nelle proprie case. Inoltre alcuni esemplari venivano catturati vivi per zoo, collezioni private ecc. L'appello di Rabor, che all'inizio non fu molto ascoltato nel suo paese, ebbe notevole eco all'estero, soprattutto negli ambienti internazionali della conservazione della natura, quali il World Wildlife Fund. Uno dei consiglieri mondiali del WWF di allora, Charles A. Lindbergh, l'indimenticato primo trasvolatore dell'Atlantico, prese molto a cuore le sorti di questo splendido volatile e si recò numerose volte nelle Filippine tra il 1969 ed il 1972 per promuoverne la concreta protezione. Lindbergh definì l'aquila delle Filippine "il più nobile volatore dell'aria" e promosse, con il coinvolgimento dell'Ufficio Parchi e Fauna Selvatica diretto da Jesus B. Alvarez e dallo stesso presidente Marcos, il programma di conservazione sull'aquila delle Filippine.




    Con finanziamenti del WWF e della Frankfurt Zoological Society, fu avviata una prima indagine nel 1969. A condurla fu Rodolfo B. Gonzales della Silliman University di Dumaguete, che elaborò un rapporto sullo stato del rapace nell'isola di Mindanao. Durante il periodo dell'indagine furono osservati solo quattro individui. Gonzales riteneva che nell'isola fossero presenti meno di 50 individui di aquila delle Filippine mentre nel 1910 dovevano esserci almeno 600 coppie della specie. Gonzales fu anche il primo a studiare la riproduzione dell'aquila poiché riuscì a trovare un nido ed a seguirne il ciclo riproduttivo.




    Già nel 1970 nell'ambito del programma di conservazione fu istituito a Davao nella zona di Baracatan, nel Parco Nazionale di Monte Apo (sempre sull'isola di Mindanao) un centro per il mantenimento in cattività di questa specie, per tentarne successivamente la riproduzione e poi la reintroduzione in natura. Nel frattempo il presidente Marcos faceva passare una legge (il Republic Act n. 6147) che decretava la totale protezione della specie su tutto il territorio filippino, ed il divieto assoluto di caccia o mantenimento in cattività della specie pena la prigione o severe multe.



    Ulteriori ricerche condotte a Mindanao nel 1972 indicavano presente una popolazione aggirantesi tra i 200 ed i 400 esemplari. La stima maggiormente accreditata oggi fornisce la cifra di meno di 500 individui di aquila delle Filippine ancora viventi nelle loro aree di distribuzione in natura.
    Le ultime e più avvincenti ricerche su questo animale si devono, sempre nell'ambito del programma di conservazione che le autorità governative conducono in collaborazione con il WWF, a Robert S. Kennedy, un ricercatore americano che ha studiato la specie già negli anni settanta e che dal luglio 1980 conduce i progetti di ricerca del WWF sull'aquila delle Filippine. Kennedy ha anche filmato la vita di questo rarissimo rapace con i colleghi Neil L. Rettig, Wolfgang A. Salb e Alan R. Degen (che hanno già realizzato uno splendido film sull'arpia e sul suo ciclo riproduttivo) e che insieme hanno costituito il FREE (Films and Research for an Endangered Environment). Kennedy trovò il primo nido di aquila delle Filippine il 6 dicembre 1977 a Tudaya nel Parco Nazionale di Monte Apo, su di un albero di Shorea polysperma.



    Quello che sappiamo sulla vita e le abitudini di questa aquila si deve soprattutto a Rodolfo Gonzales e in maggior misura a Robert Kennedy. Le attività di riproduzione dell'aquila delle Filippine hanno inizio verso la fine di settembre. Il nido viene costruito prevalentemente su alberi nella foresta e sembra quasi certo che venga deposto un solo uovo. L'incubazione dura intorno ai 60-61 giorni. Durante il periodo dell'incubazione e nelle prime fasi dell'allevamento del nidiaceo la femmina resta prevalentemente nei pressi del nido mentre il maschio procura il cibo. Successivamente entrambi i membri della coppia si recano a caccia. L'alimentazione è abbastanza varia. Le prede che sono state osservate sono soprattutto dei Flying Lemurs o colughi (Cynocephalus volans) che sembra costituiscano la percentuale prevalente dell'alimentazione di questa specie. Le aquile comunque si nutrono anche di civette delle palme (piccoli mammiferi notturni simili alle genette), scoiattoli volanti, topi, diverse specie di pipistrelli e di uccelli quali i buceri (Kennedy ed il suo gruppo hanno potuto notare anche dei falchi non identificati, un gufo ed un piccolo cervo delle Filippine) nonché diverse specie di serpenti anche velenosi.



    Le scimmie costituiscono una percentuale molto bassa dell'alimentazione di questa specie. Il gruppo di Kennedy prima di vedere una scimmia come preda ha passato più di 17 mesi sul campo. Il nidiaceo resta nel nido per parecchi mesi prima di lanciarsi nel suo primo volo. Resta comunque ancora del tempo nei pressi dell'area di nidificazione. È probabile che le aquile delle Filippine non si riproducano tutti gli anni poiché il loro ciclo di riproduzione è piuttosto lento. Il gruppo di Kennedy è riuscito a raccogliere informazioni tenendo sotto controllo diversi nidi; inoltre ha raccolto osservazioni e notizie oltre che dall'isola di Mindanao, riconosciuto regno dell'aquila delle Filippine, anche dalle isole di Luzon, Samar e Leyte. Per tutte e tre queste isole vi sono conferme della presenza della specie, che precedentemente era ritenuta estinta da quelle zone. Infatti l'ultima segnalazione conosciuta per Luzon riguardava un esemplare ucciso nel 1963, mentre per Samar l'aquila era ritenuta estinta sin dagli anni trenta e poche segnalazioni erano state riportate da Leyte nel 1970. È estremamente importante la conferma del fatto che la specie sopravvive ancora nelle quattro isole nelle quali si conosceva originariamente la sua presenza: quello che oggi si deve fare è proteggere al massimo le zone di riproduzione di questo magnifico predatore evitandone la dissennata distruzione ed il diboscamento.



    [/color]
     
    Top
    .
  13. neny64
     
    .

    User deleted


    grazie di cuore......
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    grazie
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    GRAZIE
     
    Top
    .
49 replies since 15/8/2010, 18:26   37377 views
  Share  
.