VENETO ... 2^ Parte

TREVISO ... VERONA ...CORTINA...

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Martedì ... ci sono momenti nei quali si è talmente felici che non si sente il desiderio di seguire un percorso prestabilito ... in quei momenti viene naturale lasciarsi andare e seguire le correnti del vento, come quando ci lasciamo andare ai nostri pensieri e lasciamo che ci conducano diritti verso le nostre emozioni senza che la mente interagisca per stabilire un percorso da seguire ... Oggi voleremo lasciandoci guidare dalle correnti del vento, vagheremo felici sulle terre venete ... da Venezia, verso Verona ... poi Belluno ... un viaggio fantastico con una sola meta da raggiugere ... la felicità e le emozioni condivise ... Buon risveglio amici miei .... la mongolfiera è pronta per partire e vi aspetta ..."

    (Claudio)



    TREVISO ... VERONA ...CORTINA...IL VENETO CI ACOGLIE ...



    “Splendida città ricca di storia e testimonianze artistiche, Verona si offre con il suo salotto buono, Piazza dei Signori. Circondata da edifici e da monumenti di grande importanza architettonica (Palazzo del Comune, Loggia del Consiglio, Palazzo del Governo), la piazza mostra orgogliosa splendidi archi e una statua di Dante eretta nel 1865 per celebrare il sesto centenario della nascita del poeta….L’anfiteatro romano è il monumento veronese più conosciuto. Oggi l’Arena è incastonata nel centro storico a fare da quinta a Piazza Bra’…L’Arena riassume in sé quasi venti secoli di storia locale ed è diventata nel tempo il simbolo stesso della città……La tragedia di Giulietta e Romeo ha trovato a Verona riscontri, mescolando leggenda e realtà, tanto che sono stati riconosciuti vari luoghi in cui si sarebbe svolta la vicenda narrata da Shakespeare. Sono esistiti, infatti, i Montecchi e i Capuleti. Questi ultimi hanno abitato nell' attuale casa di Giulietta, dove la loro presenza è testimoniata dallo stemma del cappello sulla chiave di volta dell'arco di entrata al cortile della casa.”

    “Chi non conosce la leggendaria storia di Romeo e Giulietta? Impossibile non emozionarsi pensando ai due amanti, come è impossibile visitare Verona senza recarsi al museo degli Affreschi “Giovanni Battista Cavalcaselle”, dove, abbracciata da un ricchissimo patrimonio artistico, regna sovrana la tomba di Giulietta, la tanto amata eroina shakespeariana. Tra storia e leggenda, emozione dopo emozione, si conoscono le opere di un grande pioniere ottocentesco della storia dell’arte italiana e si rivive il dramma amoroso shakespeariano.”

    “Una sottile striscia di sabbia protesa davanti al mare e, dietro, stagni percorsi da correnti marine; non lontano si vedono campi coltivati e a distanza, il profilo dei colli.” Così Tito Livio descriveva Chioggia più di duemila anni fa. Oggi la città suscita la stessa immagine: quella di una Venere nata dal mare e donata alla terra…Arrivare a Chioggia e perdersi è un tutt’uno….Sembra che ogni strada conduca ad un muro, un campo, un cancello che chiude una casa con l’orto…..la porta d’ingresso della città, Porta di Santa Maria, e corre sino al molo di Vigo, da dove partono i vaporetti che collegano Chioggia a Venezia. La città storica si divide su due isole, separate dal "Canal Vena", centro dell’attività peschereccia…..l’opera degli artigiani impegnati nella costruzione dei “bragozzi”, antiche imbarcazioni dalle vele variopinte…. il centro storico ha l'aspetto di una spina di pesce, con il Corso del Popolo che fa da asse centrale, da cui si dipartono a pettine una settantina di calli, e il quartiere Tombola che fa da testa.”

    “Marostica nel tardo pomeriggio e man mano che ci avvicinavamo alla città non potevo credere ai miei occhi: la vedi da lontano, lì davanti a te, con quel suo castello in cima a un colle e le mura che ne circondano esattamente il profilo, a mo’ di muraglia cinese in miniatura ... Effetto davvero spettacolare!.. due ville del Palladio, in una posizione assolutamente meravigliosa… villa Godi ha tutto ciò che ci si può aspettare: sale affrescate, pezzi d’antiquariato, lampadari di Murano, parte rustica porticata e uno splendido parco che la circonda. Sembra che Visconti vi abbia ambientato alcune scene di un suo film, ma non so dirvi di più perché non sono molto ferrata in materia. L’altra villa è proprio di fronte ed ha l’aspetto della classica villa palladiana …. Bassano del Grappa, la città famosa per il Ponte degli Alpini (anche questo ho scoperto essere un progetto palladiano)…..è proprio una bella cittadina, con palazzi affrescati, torri e mura medievali, scorci da fotografare, piazze animate e una miriade di negozi alla moda e botteghe artigiane.”

    "Treviso è ricca di corsi d'acqua….il Sile era la via maestra di collegamento con Venezia… è detta urbs picta in quanto era uso affrescare le abitazione civili e militari. Ancora oggi si possono ammirare molti affreschi, sparsi in città, di epoca medievale e rinascimentale…. il Palazzo dei Trecento, così chiamato perché qui si riuniva l'organo politico del Maggior Consiglio, composto da trecento cittadini metà nobili e metà popolani… è la città natale del noto pittore del rinascimento Paris Bordon, allievo di Tiziano… Il bel Palazzo Bomben ..la Sala del Capitolo dei Domenicani, presso il seminario vescovile attiguo a San Nicolò, uno dei più insigni monumenti cittadini. Il capitolo è affrescato da Tommaso da Modena…il radicchio rosso trevigiano… l'antica Pescheria, su un'isoletta del canale Botteniga… “

    “Cortina….quieta e tranquilla, calma città in una vallata aperta, fatta di pascoli, ma anche di mondanità. Un piccolo paradiso per chi ama la natura…..passeggiate uniche, che ti portano a vedere posti che nemmeno in sogno potresti immaginare. Si alternano paesaggi verdi, con erba e cespugli, boschi a paesaggi lunari, fatti di sola roccia, di massi, pietre e ghiaioni, lasciati da qualche antico ghiacciaio ora scomparso….Un contatto con la natura che viene conservato, da tante malghe sparse per le pendici delle montagne… in cima al monte Cristallo e vedere Cortina D’Ampezzo là sotto, piccola, è una sensazione unica. Da lassù ti sembra di essere affacciato al balcone di Dio, vedi tutto, le macchine, piccole come quelle giocattolo, le persone, omini indaffarati in chissà quali faccende….”

    “Esiste un piccolo paradiso, perso nei boschi della Valle di Zoldo, in provincia di Belluno, dove il tempo sembra essersi fermato. Arrivando qui in una delle poche giornate di sole invernale si può respirare un aria talmente pura e limpida da sentirla bruciare nelle narici. È il villaggio di Colcervèr, nel comune di Forno di Zoldo, 1221 metri sul livello del mare…E qui il mare non si vede, non si sente nemmeno il suo profumo, tutt’intorno è un susseguirsi di monti, innevati e altissimi, che fanno da cornice a questo angolo del mondo, dove l’aria sa di aghi di pino, legna bruciata nei camini e neve. Se fosse stata estate avremmo potuto bere l’acqua della piccola fontana in centro al paese, ma il freddo ha ghiacciato tutto, formando decorazioni degne dei più grandi scultori.”

    “I Serrai di Sottoguda.. suggestive gole che sorgono tra l’omonima frazione e quella di Malga Ciapela, nel territorio di Rocca Pietore, definiti come “uomini del gelo”, questi capolavori letteralmente scolpiti da Madre Natura …all’imbocco della strada scavata tra due imponenti pareti di roccia scura si è colti da un’intensa emozione. La vista dell’acqua che sgorga naturalmente dalla pietra, originando cascate lunghe perfino alcune decine di metri…Il cammino prosegue “obbligato”, attraverso una serie di dolci tornanti alle cui spalle, di volta in volta, si rivela una veduta sempre incantevole.”

    “I colori forti, energici, vivaci hanno da sempre ispirato grandi artisti. Nel paese di Pieve ha trovato i suoi natali Tiziano Vecellio, non a caso passato alla storia come il più grande colorista mai esistito. Possiamo scoprire le architetture, le montagne e i colori di Pieve seguendo le sue tracce….la Valle di Cadore…"

    “Castelnuovo del Garda è un comune veneto sorge a ovest di Verona. Presentato in questi termini sembra un ordinario borgo di provincia, un paese insomma che non ha molto da dire – o da far ricordare ….. In realtà le cose non stanno affatto così…..basta semplicemente pronunciare una parola magica: Gardaland. La mappa del parco indugia a lungo tra le mani poiché la mente non riesce a guidare gli occhi sulla prima destinazione….“Jungle Rapids”, un percorso a bordo di un gommone circolare attraverso uno scenario che riproduce la giungla birmana…“Fuga da Atlantide”, dove un barcone mi conduce, sollevando una notevole quantità d’acqua, lungo uno scivolo assai ripido. …“I corsari”, “La valle dei re”, “Colorado boat”, “Palablu”….”

    “….a Torre del Castello di Alboino che sembra “annunciare” la città medievale, quasi un piccolo borgo arroccato su se stesso, e sullo sfondo il panorama dato dalle meravigliose Vette Feltrine. I cartelli annunciano: “Feltre città da scoprire”… qui troviamo una Città Universitaria, Cultura, Fiere, Natura, Manifestazioni, Sport, Storia, Tradizioni…”

    “Avvolto in una cornice fantastica, nelle mura del Castello di San Pelagio, ai piedi dei Colli Euganei, sorge il Museo dell’Aria…in un’incantevole villa veneta…L’idea di realizzare il museo nasce dal ricordo del Volo su Vienna di Gabriele d’Annunzio che partì per la capitale austriaca e rientrò nell’incanto del Castello di San Pelagio il 9 agosto 1918…l museo conserva oltre trecento modelli di aerei, motori, dirigibili e mongolfiere, accompagnati dall’oggettistica e divise aeronautiche. Mobilio d’epoca, archivio fotografico che mostra i quattrocento anni di storia del volo, dai tempi antichi a quelli moderni…. i fratelli Montgolfier con le loro mongolfiere…. l’intera squadriglia di Vienna del comandante d’Annunzio… le più famose donne pilota… il fantastico labirinto del Minotauro dedicato al volo di Icaro, il tutto incorniciato in un vasto ed ampio giardino con bellissime rose.”







     
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    Da Augusto ...

    Le Strade dei Vini nella Marca Trevigiana



    Dal Prosecco ai Vini dei Colli Asolani fino a quelli della zona del Piave
    Strada del Prosecco
    Strada dei vini del Piave
    Strada dei Vini del Montello e dei Colli Asolani



    Strada del Prosecco

    La strada del prosecco - E’ la più antica via enologica d’Italia, creata nel 1966 su ispirazione della Deutsche Weinstrasse tra il Reno e la Mosella, un itinerario di 120 chilometri complessivi che si addentrano e si inerpicano lungo i colli da Conegliano a Valdobbiadene. E’ la strada del Prosecco, conosciuta da quando, nell'ultimo dopoguerra, i più attenti produttori vinicoli della Marca fondarono la Confraternita dei Cavalieri del Prosecco per difendere e valorizzare la vitienologia collinare.

    L’itinerario - L’itinerario principale si suddivide in quattro parti. La prima parte da Conegliano, sede della rinomata Scuola Enologica e porta a Refrontolo dove è possibile visitare il suggestivo Molinetto della Croda. Da qui parte il secondo tragitto che arriva a Colbertaldo che introduce all’area del Cartizze. La terza parte si snoda da Valdobbiadene fino a Campea e torna a Conegliano.

    Dalla Marca Storica al Torchiato - Dal tragitto principale si può preoseguire attraverso tre percorsi: ripercorrendo la storia del Feudo dei Collalto oppure scegliendo le testimonianze e suggestioni della Marca Storica o ancora seguendo il tracciato del Torchiato di Fregona. Lungo i percorsi si possono visitare ancora Castelbrando, l’Abbazia di Follina e i suggestivi panorami del Lago di Revine.

    Strada dei vini del Piave

    150 chilometri di storia e arte - A destra e a sinistra del Piave, nell’ampia parte di pianura delimitata a sud dal mare e a nord-ovest dalle colline di Conegliano e del Montello, si snoda un lungo percorso enoturistico di oltre 150 chilometri, la Strada dei Vini del Piave. Cabernet, Cabernet Sauvignon, Merlot, Raboso e Pinot nero, Pinot Bianco e Grigio, Tocai, Chardonnay e Verduzzo sono i gioielli di questa terra, protagonisti di un itinerario che custodisce antiche e incantevoli testimonianze storiche e artistiche.

    Oderzo – La prima zona dell’itinerario parte dalla città di Oderzo, antico centro romano e passa per Motta di Livenza col suo Santuario.

    Le Vigne dei Dogi - Il territorio compreso tra Roncade e Cimadolmo è stato impregnato dalla dominazione veneziana che ha lasciato le sue testimonianze nelle ville e nei patrimoni architettonici. Ad inaugurare questo tratto di strada è la villa di Roncade che lascia poi il passo alla barocca Villa Tiepolo-Passi di Carbonera, alla settecentesca Villa Gitta Caccianiga, alla neo-classica Villa Valier Loredan e alle barchesse di Villa Pastega Manera

    La zona del Raboso – La zona di produzione del Raboso passa per suggestivi scorci di campagna e antichi centri come Conegliano e Portobuffolè e ricongiunge Cimadolmo con Oderzo.

    Strada dei Vini del Montello e dei Colli Asolani

    La Grande Guerra e il borgo di Asolo - Si estende a nord della città di Treviso, tra Nervesa della Battaglia e San Zenone degli Ezzelini e la zona asolana, dalle pendici del Grappa ad Asolo.

    La strada dei Vini del Montello e Colli Asolani segue un percorso semplice e lineare, che attraversa luoghi di grande rilevanza con svariati spunti di interesse. La strada inizia a Nervesa della Battaglia e, attraversando i comuni del versante sud del Montello, riprende da Montebelluna e da qui si accosta alle colline, raggiungendo Caerano San Marco. Da vedere i luoghi della Grande Guerra che ha lasciato un segno netto nella toponomastica della zona, nei resti di trincee, nei reperti conservati nei musei, nei rifugi, nei mausolei, nei monumenti ai caduti. L’itinerario risale poi verso Cornuda e prosegue per Maser dove è possibile visitare la celebre Villa del Palladio. La strada si chiude ad Asolo, borgo tutto medievale, dominato dai resti della possente Rocca, già esistente nel Basso Impero, dalla quale si poteva sorvegliare la pianura.

    I vini - Dalla favorevole condizione climatica di questa zona e dalle caratteristiche particolari del terreno sono nati e si sono affermati i vitigni DOC di Prosecco, Merlot, Cabernet, Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Grigio. I vitigni del Prosecco trovano maggior concentrazione sui Colli Asolani, mentre il Merlot e il Cabernet sono coltivati per lo più nella zona del Montello. Buona è anche la produzione di Chardonnay e di Pinot Bianco e Grigio, che vengono commercializzati anche nella versione spumante.

    L'Azienda agricola Eredi Ghetti è situata sulle ridenti colline della Marca Trevigiana, nella zona D.O.C. del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene. Vi si producono, con il marchio Cantine Ghetti, vini di ottima qualità (Prosecco, Pinot Grigio, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot) utilizzando esclusivamente uve maturate nei propri vigneti.
    Alla degustazione dei vini dell'azienda è possibile abbinare, nello scenario della settecentesca Villa Montalban-Ghetti, gradevoli spuntini a base di prodotti tipici della zona.
    Il parco e il giardino della villa sono inoltre disponibili per eventi.



    Da Rino ...

    Alcune immagini di Treviso











    Da Elena ...

    Buongiorno a tutti miei Cari Isolani....giornata iniziata col piede giusto visto che torno ora da due ore di fila in posta...concluso con un buco nell'acqua dovuto a un problema imprecisato che neanche l'impiegata sapeva decifrare...
    vabbe mi consolo viaggiando in mongolfiera con voi...


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    Da Augusto ...

    Villa Barbaro


    Villa Barbaro a Maser (Treviso) è una villa veneta, costruita da Andrea Palladio tra il 1554 e il 1560 per Daniele Barbaro, e suo fratello Marcantonio Barbaro, ambasciatore della Repubblica di Venezia, trasformando il vecchio palazzo medievale di proprietà della famiglia in una splendida abitazione di campagna consona allo studio delle arti e alla contemplazione intellettuale, decorata con un ciclo di affreschi che rappresenta uno dei capolavori di Paolo Veronese.

    Il complesso della villa, che comprende anche un tempietto palladiano, è stato inserito dall'UNESCO nel 1996 - assieme alle altre ville palladiane del Veneto - nella lista dei patrimoni dell'umanità

     
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    Da Augusto ...

    VERONA



    Veneti fatevi vivi raccontateci un pò dei vostri luoghi!!!!!!!!!





    TREVISO



    Villa Bressa, Guillion, Mangilli, detta Casa del Francese



    Il vasto complesso di Villa Bressa, Guillion, Mangilli si inserisce nel paesaggio agricolo di Pederiva, Montebelluna (TV), ed è formato da più edifici composti a U intorno a un'ampia corte interna. Al centro vi è il corpo padronale, a est la porzione di ex-cantine e granai che dà sulla strada e, a ovest, gli annessi agricoli. Una limonaia e altri edifici rustici si avvicinano al parco che si svolge verso ponente, mentre all'angolo nord della proprietà si colloca un oratorio gentilizio che custodisce le spoglie dei membri della famiglia Mangilli.

    La corte interna è trattata a verde, percorsa da vialetti in ghiaino e adorna di cespugli, mentre il parco retrostante, di impostazione romantica, è abbellito da piante e fiori di varie specie, rare essenze arboree e da uno splendido laghetto con ninfeee, delimitato in parte da una balaustra in pietra. Rigogliosi alberi ad alto fusto compongono il parco e un'originale "galleria" verde attraversa il giardino. La villa venne fatta costruire nel tardo '400 per volere dei Bressa con precise finalità d'uso agricolo, quale supporto alle grandi proprietà della famiglia. Nel XVIII sec. venne ampliata e furono eseguite delle sopraelevazioni che potessero ospitare anche l'abitazione di campagna. Il nuovo proprietario, il musicista francese cavalier Alberto Guillion, compì nel XIX sec. ulteriori modifiche che si riflettono sull'attuale aspetto del complesso. L'ala più antica della villa, adibita tuttora a cantina, si compone di due piani per i corpi laterali e di tre per la porzione centrale: su quest'ultima apre il portone d'ingresso principale, ornato a bugnato con chiave d'arco. Il fronte presenta aperture regolari ai piani superiori, decorazioni a bugnato sui cantoni d'angolo e un timpano con finestrella quadrilobata in sommità, mentre le barchesse, che mostrano piccole finestre quadrate al piano terra e fori ovali al piano superiore, sono collegate da fasce orizzontali. Il corpo ottocentesco della residenza si compone di un blocco su due piani delimitato da due corpi più alti, con varco passante sorretto da colonne che collega il cortile d'accesso con la corte interna. Un edificio ad archi ribassati svolto su due piani e una scuderia con interessanti teste equine in terracotta e finti archi con peducci descrivono l'ala più rustica del complesso. Interessante l'interno della cantina con soffitti lignei e, all'ingresso, gli stemmi di famiglia affissi alle pareti. Splendide capriate lignee arricchiscono la sala della degustazione, riscaldata da un originale camino sorretto da arcaiche colonnine in pietra. Sede dell'azienda agricola Amistani e residenza privata, ospita al contempo catering ed eventi congressuali.



    Mi è presa una botta di romanticismo e vi metto questo video





    (Nel giardino di Capuleto : Romeo e Giulietta si affacciano al davanzale della finestra).

    GIULIETTA :- Te ne vuoi già andare? Non è ancora giorno : era il canto di un usignolo e non di una allodola a ferirti il trepido orecchio. Di notte l' usignolo canta su quel melograno; credi a me, amore, era l' usignolo.

    ROMEO :- No, era l' allodola, foriera del giorno, non era l' usignolo. Guarda, amore, come quelle strisce laggiù a oriente tagliano invidiose le nuvole. Le faci della notte si sono oramai consumate e in punta di piedi il giocondo mattino s' è levato sulle cime nebbiose delle montagne. Devo andarmene e vivere, o rimanere e morire.

    GIULIETTA :- Quella luce non è la luce del giorno, lo so,…è una meteora irraggiata dal sole perché ti faccia da torcia e ti rischiari la strada che farai fino a Mantova. Rimani dunque, non devi andartene.

    ROMEO :- Lascia che mi prendano, lascia che mi uccidano…se tu vuoi così, io ne sono contento. E dico anch' io che quel lucore laggiù non è l' occhio del mattino ma un pallido riflesso del volto di Diana, che quelle note che risuonano tanto alte, sopra noi, nel firmamento, non sono dell' allodola. Vieni morte, e sii la benvenuta ! Giulietta stessa vuole così. Va bene, anima mia ? Discorriamo, non è ancora giorno.

    GIULIETTA :- Sì, sì, è giorno , corri via, vattene, subito ! E' l' allodola a cantare così stonata, sforzando aspre dissonanze e sgradevoli acuti. Dicono che l' allodola canti dolci melodie, ma questa è amara perché divide te da me ; dicono che l' allodola e il ripugnante rospo si siano scambiati gli occhi ; adesso mi sembra che si siano scambiate anche le voci poiché è questa voce a staccarci, spauriti, l' una dalle braccia dell' altro, allontanando te e ridestando il giorno. Vattene, vattene ! c' è sempre più luce.

    ROMEO :- Più e più luce è nel cielo, più e più buio è dentro noi. (Entra la Nutrice)

    NUTRICE :- Madonna !

    GIULIETTA :- Balia !

    NUTRICE :- Madonna, viene vostra madre : è giorno, state attenta.



    Da Claudio ...

    Verona

    è una città italiana di 265.085 abitanti, capoluogo della provincia di Verona nel Veneto. È il secondo comune per popolazione della regione e del Triveneto, e il terzo dell'Italia nord-orientale. L'area metropolitana veronese si estende su 1.426 km² e conta una popolazione di 714.274 abitanti. Verona è visitata ogni anno da quasi 3 milioni di turisti, molti dei quali stranieri, per via della sua ricchezza artistica e architettonica (tra i monumenti più conosciuti l'Arena e la casa di Giulietta), e per le varie manifestazioni annuali (tra le quali le più importanti la stagione lirica areniana e l'estate teatrale veronese).

    La città è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per la sua struttura urbana e per la sua architettura: Verona è uno splendido esempio di città che si è sviluppata progressivamente e ininterrottamente durante duemila anni, integrando elementi artistici di altissima qualità dei diversi periodi che si sono succeduti, rappresenta inoltre in modo eccezionale il concetto della città fortificata in più tappe determinanti della storia europea.





    Arche scaligere

    situate nel centro storico di Verona, sono un monumentale complesso funerario in stile gotico della famiglia degli Scaligeri, destinate a contenere le arche (o tombe) di alcuni illustri rappresentanti della casata, tra cui quella del più grande Signore di Verona, Cangrande, a cui Dante dedica il Paradiso: esse si trovano a fianco della chiesa di Santa Maria Antica, vicino alla Piazza dei Signori. Lo storico francese Georges Duby nel suo L'Europa del medioevo ha definito le arche uno dei più insigni e significativi monumenti dell'arte gotica.





    Torre dei Lamberti

    è una torre medioevale di Verona di 84 metri, che svetta da piazza Erbe, nel centro storico della città. La sua costruzione iniziò nel 1172. Nel maggio del 1403 un fulmine abbatté la cima della torre e solo nel 1448 iniziarono i lavori di restauro e di innalzamento, che durarono sino al 1464. Inizialmente la torre aveva un'altezza minore rispetto a quella odierna, e la differente età di costruzione è visibile ancora grazie ai differenti materiali utilizzati: prima mattoni e tufo, poi solamente mattoni, ed infine il marmo. Il grande orologio venne aggiunto, invece, solo nel 1779. Su di essa furono poste due campane, di cui la più piccola, detta Marangona, serviva per segnalare gli incendi e le ore della giornata, mentre la più grande, detta Rengo, per radunare il consiglio comunale e per chiamare alle armi i cittadini. Il nome Rengo deriva da arengo, il luogo in cui, durante il Medioevo, si svolgevano le assemblee, mentre Marangona deriva da marangon, che nel dialetto veronese significa falegname. La torre è oggi visitabile, e si può raggiungere la cima attraverso le scale o un ascensore, godendo così della vista panoramica della città.





    Da Sandro ...

    ALCUNI CENNI SU VERONA.
    VERONA E' SITUATA AI PIEDI DEI MONTI LESSINI ZONA DI PASCOLO QUINDI ABBASTANZA BUONA LA PRODUZIONE DI LATTE E DI FORMAGGI, IL PIU' FAMOSO E' IL MONTE VERONESE CHE SI PUO' TROVARE FRESCO, SEMISTAGIONATO E STAGIONATO. ABBIAMO POI DISCRETE COLTIVAZIONI DI OLIVE, DA CUI SI OTTIENE DEL GRADEVOLE OLIO, DI DIVERSE SPECIE IN BASE ALLA ZONA COLLINARE O LIMITROFA AL LAGO DI GARDA. FIORENTE POI E' LA COLTIVAZIONE DELL'UVA DA CUI VENGONO PRODOTTI DEGLI OTTIMI VINI: AMARONE . RECIOTO - VALPOLICELLA, PER QUANTO RIGUARDA I ROSSI, MENTRE NELLE PIANURE VENGONO PRODOTTI SU TUTTI IL BIANCO DI CUSTOZA ED IL SOAVE.
    COME GIA' ACCENNATO AD OVEST DELLA PROVINCIA ABBIAMO IL LAGO DI GARDA, OTTIMA ZONA TURISTICA FREQUENTATA IN MAGGIORANZA DA TEDESCHI E OLANDESI, SUL LAGO INOLTRE NELLA PARTE PIU' A NORD SI SVOLGONO PURE DELLE IMPORTANTI MANIFESTAZIONI DI REGATE VELICHE.
    LA CITTA' E' ATTRAVERSATA DAL FIUME ADIGE, IL QUALE LA RENDE DI UN FASCINO UNICO, FAMOSI I PONTI DELLA PIETRA DI EPOCA ROMANICA, E IL PONTE DI CASTELVECCHIO, SITUATO IN PIENO CENTRO DI EPOCA MEDIOEVALE, CASTELLO FATTO ERIGERE DAI SIGNORI DI VERONA, GLI SCALIGERI CHE LA RESERO PER QUEL PERIODO UNA DELLE FIU' FIORENTI CITTA' DELLA PENISOLA.
    VERONA CONFINA CON LE PROVINCE DI TRENTO, VICENZA, ROVIGO, MANTOVA E BRESCIA.
    LA CITTA' FU UNA DELLE PIU' IMPORTANTI DELL'ERA ROMANICA, FAMOSA L'ARENA E LE MURA DI GALLIENO, PRIME FORTIFICAZIONI, GIRANDO PER IL CENTRO STORICO SI POSSONO ANCORA VEDERE I RESTI DELL'EPOCA STRADE, FOGNATURE ECC.
    DOPO I ROMANI EBBE DOMINIO DEI BARBARI, PRIMA GLI OSTROGOTI DI RE TEODORICO IL QUALE REGNO' PER UN PERIODO ABBASTANZA LUNGO ED ABBIAMO ANCORA DELLE OPERE, SUCCESSIVAMENTE I LONGOBARDI SITUATI ANCHE IN ALTRE REGIONI COME LA LOMBARDIA.
    DEGLI SCALIGERI ABBIAMO GIA' ACCENNATO PER ARRIVARE IN ULTIMA PRIMA DELL'UNITA' D'ITALIA, AL DOMINIO AUSTRIACO DEL QUALE SI POSSONO AMMIRARE SIA IN CITTA' CHE IN PROVINCIA LE MAESTOSE FORTIFICAZIONI ED I VARI FORTI.
    BEH E' DIFFICILE PARLARE IN BREVE DI VERONA, COMUNQUE RICORDO SEMPRE CON ORGOGLIO UNA FAMOSA ISCRIZIONE DI WILLIAM SHAKSPEARE CHE DICE "NON ESISTE ALTRO MONDO AL DI FUORI DI QUESTE MURA", LA SI PUO' LEGGERE SULLE PORTE DELLA GRAN GUARDIA AL DI SOTTO DELL'OROLOGIO RIVOLTO A PIAZZA DELLA BRA' DOVE E' SITUATA L'ARENA.
    HO LETTO CHE CLAUDIO FACEVA CENNO A DEI MONUMENTI, RICORDEREI OLTRE ALL'ARENA E LA CASA DI GIULIETTA, CASTELVECCHIO, DOVE C'è PURE UN'INTERESSANTE MUSEO, CASTEL S.PIETRO DA QUI SI PUO' AMMIRARE LA CITTA' DALL'ALTO PERCHE' SITUATO SULLE TORRICELLE, COLLINA NEL CENTRO DI VERONA, LA BASILICA DI S.ZENO, IL DUOMO, PALAZZO FORTI, PIAZZA DELLE ERBE CON LA TORRE DEI LAMBERTI E PIAZZA DEI SIGNORI, STUPENDO CORTILE NEL CUORE DI VERONA..
    ORA MI FERMO UN PO', SE HO QUALCHE ALTRO CENNO FARO' PIU' TARDI UN SEGUITO.

    SANDRO



    Da Lussy ...

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    LA..CASA DI GIULIETTA........


    DOVE TUTTI GLI INNAMORATI..LASCIANO...I LORO PENSIERI..E LA LORO FIRMA...



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    Cosa c’è di più romantico della vicenda di Giulietta e Romeo? In occasione della ricorrenza della festa Santo di tutti gli innamorati, Verona diventa una meta affollatissima. Quest’anno un particolare evento renderà il soggiorno nel capoluogo scaligero ancora più interessante. Dopo la mostra Marc Quinn. Il Mito prestigiosa mostra selezionata come evento collaterale della 53° Esposizione Internazione d’Arte – La Biennale di Venezia, l’artista inglese torna in città in occasione della donazione di una tela della serie Love Painting che verrà collocata all’interno della Casa di Giulietta, restituendo così l’opera allo stesso spazio simbolico da cui aveva tratto forza ispiratrice.



    Da Claudio ...

    Mura scaligere di Verona

    sono una cinta muraria collinare costruita in epoca scaligera, per volere di Cangrande I della Scala, ampliando così le difese già iniziate da Alberto I della Scala. Tra il 1321 ed il 1324 vi fu lo scavo del fossato nel banco di tufo e la costruzione della cinta turrita, che fu rafforzata nel 1520-1523, anche con la costruzione delle rondelle di San Zeno in Monte, della Grotta, della Baccola e della rondella delle Boccare. Nel 1839 vi fu un restauro e la modificazione della cinta: furono cimate le torri, venne ricostruita la cortina, senza merlature, da Castel San Felice alla Rondella della Grotta.




    Porta Borsari

    La porta risale probabilmente al I secolo d.C., ma sull'architrave sopra i passaggi un'iscrizione dell'imperatore Gallieno del 265, ricorda la costruzione delle mura (in realtà un rifacimento). Era stata probabilmente preceduta da un'altra porta più antica del I secolo a.C.. Da questa porta entrava in città la via Postumia, che all'interno diveniva il decumano massimo. In origine presentava l'attuale facciata esterna, riccamente decorata come principale ingresso cittadino, e un cortile interno, oggi scomparso. Al cardine massimo si accedeva dall'altra porta monumentale, la porta Leoni.




    Arena di Verona

    è un anfiteatro romano situato nel centro storico di Verona, icona della città veneta assieme alle figure di Romeo e Giulietta. Si tratta di una delle grandi fabbriche che hanno caratterizzato l'architettura ludica romana.






    Basilica di San Zeno

    è considerata uno dei capolavori del romanico in Italia. Si sviluppa su tre livelli e l'attuale struttura fu impostata nel X-XI secolo. Il nome del santo viene talvolta riportato in altri due modi, e così viene talvolta nominata la basilica di Verona: San Zeno Maggiore o San Zenone. Tra le numerose opere d'arte, ospita un capolavoro di Andrea Mantegna, la pala di San Zeno.




    Ponte di Castelvecchio

    conosciuto anche come Ponte Scaligero, e' un ponte di Verona sul fiume Adige e fa parte di Castel Vecchio




    Verona... ecco alcuni aspetti







    Da Rino ...











    Da Lussy ...

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    Da Raffaele ...

    Qualche foto di CORTINA D'AMPEZZO

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    Dal rifugio Nuvolau, Cortina d'Ampezzo a sera

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    Centro - Campanile dei Santi Filippo e Giacomo

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    Passeggiando

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    Questa è bellissima!!!
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    Da Rino ...





    Da Claudio ...

    Palazzo Maffei e il leone marciano in piazza Erbe





    Da Raffaele ...

    Lago Ghedina -Cortina d'Ampezzo

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    Tofana di Rozes

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    5 Torri di Cortina d'Ampezzo sera

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    Il Passo di Valparola (2.192 mt) si trova nelle Dolomiti e mette in comunicazione la Val Badia con il Passo del Falzarego, e quindi con Cortina d'Ampezzo da una parte e l'alto Agordino dell'altra.
    Al passo si trova anche un piccolo laghetto di montagna: il lago di Valparola, un incantevole specchio d'acqua, che attualmente è da sfondo in molti spot pubblicitari.


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    Reprise - Chiesetta al Passo Falzarego
    Domina il Sass de Stria


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    CARTOLINA DAL VENETO....BELLA!

    Lago di Alleghe


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    TREVISO... CARTOLINA
    Fiume Sile.... arriva la pioggia....


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    Cartolina da Treviso....

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    Da Mela ...

    ** M A R O S T I C A **





    Marostica è un comune di 12.845 abitanti della provincia di Vicenza, ai piedi delle prealpi venete. È nota in tutto il mondo per la partita a scacchi che si svolge ogni due anni (anni pari) con personaggi viventi nella piazza cittadina, nel secondo fine settimana di settembre: è una tradizione avviata nel 1923 e che si vuole ispirata ad un evento del 1454, sebbene non vi siano prove storiche. Per questa storica manifestazione la cittadina vicentina viene anche soprannominata "la città degli scacchi".


    Piazza degli scacchi




    Marostica è famosa per uno spettacolo folcloristico di ambientazione storica in costume che si svolge il secondo fine settimana di settembre degli anni pari, la "Partita a scacchi a personaggi viventi" che si ispira ad una vicenda che si vuole ambientata nel 1454, sebbene di questa non vi sia prova storica ed anzi alcuni sostengono sia una invenzione moderna.






    L'iniziativa di questa partita a scacchi giocata in piazza e con personaggi viventi fu di due studenti universitari, Mirko Vucetich e Francesco Pozza, che nel 1923 la proposero e realizzarono quale rievocazione storica. Oltre 550 figuranti in costume medioevale, cavalli, armati, sbandieratori, guitti e sputafuoco, dame e gentiluomini, fanno da cornice al gioco degli scacchi che rappresenta la sfida di Rinaldo d'Angarano e Vieri da Vallonara. Secondo la trama, costoro, giovani e nobili rampolli della Città, si innamorarono entrambi della bella Lionora. Taddeo Parisio Castellano di Marostica e padre di Lionora, proibì la sfida a duello, come prevedeva l'usanza del tempo, ed ordinò di giocare una partita al "Nobil Ziogo de li scacchi". Taddeo decise che il vincitore della singolare sfida avrebbe sposato la bella Lionora, mentre colui che avesse perso avrebbe sposato sua sorella minore, Oldrada, divenendo così anch'egli suo parente.


    Castello superiore



    La città quasi ogni domenica è interessata da una qualche manifestazione. Tra le numerose si ricorda il mercatino dell'antiquariato, che ha luogo ogni prima domenica del mese nella piazza degli scacchi e lungo la via Mazzini, la festa di primavera, la sagra delle ciliegie alla fine di maggio. In primavera viene presentata la rassegna "Umoristi a Marostica" che dal 1969 propone una mostra a tema, con opere dei maggiori artisti internazionali di grafica umoristica. Da alcuni anni viene organizzata, ogni seconda domenica di giugno, la "Caretera", una corsa rompicollo in discesa su carretti guidati da un equipaggio di due persone, tra il Castello Superiore ed il Castello Inferiore.



    Da Sandro ...

    ALTRI CENNI DI VERONA
    I PIATTI TIPICI DI VERONA SONO: LA PEARA', UNA SALSA DI PANGRATTATO CON PEPE E MIDOLLO DELLE OSSA DEL MAIALE USATA COME CONTORNO QUANDO SI MANGIANO I BOLLITI, IL RISOTTO COL "TASTASAL" (PASTA DI SALAME) IN RIFERIMENTO A QUESTO RICORDO VERONA COME LA MAGGIORE PRODUTTRICE DEL RISO VIALONE NANO, LA "PASTISADA DE CAVAL" UNO SPEZATINO DI CAVALLO ABBINATO ALLA POLENTA, I TORTELLINI DI VALEGGIO, PAESE NELLA ZONA SUD OVEST DI VERONA DOVE POTRETE VISITARE ANCHE IL PONTE VISCONTEO ED IL FAMOSO PARCO DELLA SIGURTA', POI PER FINIRE "POLENTA E BOGONI" (LUMACHE) OTTIMO NEL PERIODO INVERNALE.
    CHI DI VOI SI RECASSE A VERONA CONSIGLIO DI ANDARE A MANGIARE ALL'OSTERIA DEL DUCA VICINO ALLE ARCHE SCALIGERE IN CENTRO A VERONA, PREZZI MODICI E SI MANGIANO I TIPICI PIATTI DI VERONA, SE ANDATE FATE PURE IL MIO NOME.

    RICORDO LA SQUADRA DELL' HELLAS VERONA CAMPIONE D'ITALIA NEL 1985 (UNA RARITA' PER LE PROVINCIALI) E CHE QUEST' ANNO IL GIRO CICLISTICO D'ITALIA AVRA' IL SUO EPILOGO ALL' INTERNO DELL'ARENA........

    VORREI SEGNALARE UN MONUMENTO NATURALE IL "PONTE DI VEJA" DISTANTE CIRCA 25/30 Km DA VERONA, CHI RIESCE A POSTARLO PUO' FARE UNA RICERCA NEL WEB E PUBBLICARE LE FOTO.........

    RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE HANNO RECENSITO OGGI LA MIA CITTA.........GRAZIE DI CUORE, ED INVITO CHI NON L'AVESSE MAI FATTO E NON DI RECARSI ALMENO UNA VOLTA A VERONA!!!

    SANDRO



    Molinetto della Croda. Treviso

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    Da Mela ...

    ** IL PONTE DI VEJA **





    Il ponte di Veja è un ponte naturale con una arcata di circa quaranta metri, uno spessore minimo di nove metri e una larghezza di venti metri.
    Si trova ai confini del comune di Sant'Anna d'Alfaedo (VR) situato al di sotto della contrada Crestena e della frazione Giare. È ad una altitudine di 602 m s.l.m. sul percorso del sentiero europeo numero 5. Il ponte è all'incrocio degli impluvi delle vallette di Crestena e Fenile, la continuazione dell'impluvio porta in Valpantena.



    Il ponte è frutto dell' evoluzione naturale di una grotta. L'ipotesi più plausibile la propone Giuseppe Corrà. In principio vi era un covolo, una caverna carsica. La struttura della caverna era rappresentata da una sorta di architrave costituita dall'attuale ponte con al di sotto calcari più erodibili. Il corso prevalentemente torrentizio delle acque passava sopra il ponte formando una cascata. Molto lentamente si crearono degli inghiottitoi che portarono il corso delle acque all'interno della grotta e che scavarono la parte più debole risparmiando l'arco del ponte, costituito da lastriformi calcari del Rosso ammonitico. Attualmente il torrente scorre al di sotto, tra grandi massi di crollo, alimentato anche dalla sorgente della Grotta dell'Acqua.




    Andrea Mantegna - La camera degli Sposi - sullo sfondo il ponte di Veja



    Il ponte, per la sua struttura insolita ha sempre attratto gli artisti, probabilmente il più famoso fu Andrea Mantegna che lo riprodusse a Mantova nel Palazzo Ducale all'interno degli affreschi della Camera degli Sposi.
    La vulgata popolare riporta che Dante Alighieri, esiliato a Verona e ospite di Cangrande Della Scala, vi si ispiro' per le Malebolge.
    Il gigantesco castagno (albero di castagne) presente nelle immediate vicinanze viene detto Castagno di Dante.





    Ai lati della base del ponte vi sono alcune grotte abitate in periodo preistorico. Gli studi e gli scavi iniziarono nel 1932 e furono condotti, tra gli altri, da Achille Forti, Ramiro Fabiani e Raffaello Battaglia.
    Successivamente l'area fu studiata dal Museo Civico di Storia Naturale di Verona e attualmente dall'Istituto di Geologia dell'Università di Ferrara.

    Da Giuly e Fabry ...

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    image panoramica dall'alto.....
    image il Duomo....



    Da Rino ...



    Alcuni aspetti di Cortina d'Ampezzo







     
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    GRAZIE CLAUDIO
     
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    VERONA ...LA PROVINCIA ...LE VILLE






    villa-sacramoso


    Villa Sagramoso




    Villa Perez Pompei, Sagramoso


    Illasi, il principale centro dell'omonima valle che connota la Lessinia orientale nella zona prealpina veronese, lega la sua storia alla presenza della famiglia Pompei che qui risulta avere terre e case già nel 1474.
    Girolamo Pompei, detto Malanchino, milita nell'esercito veneziano durante la guerra della lega di Cambrai. Per il suo valore la Serenissima nel 1509 concede alla famiglia il feudo di Illasi e il titolo di conte.
    Agli inizi del Settecento i Pompei decidono di restaurare e di ingrandire la loro vecchia residenza. Tutt'oggi è conservato nella villa il progetto di ampliamento a firma dell'architetto Giovan Pietro Pozzo.
    I lavori si protrarranno sino al 1737. Il corpo centrale, che ingloba la precedente residenza quattro-cinquecentesca, presenta un portico bugnato a cinque fornici, cui corrisponde nei due piani superiori una sequenza di finestre con cornici sagomate. Il palazzo principale si prolunga in due ali laterali. Quella occidentale è costituita da un edificio con loggia architravata dei primi anni del Seicento. L'ala orientale a portico e loggia, ripete lo stile del corpo principale.
    Lunghe barchesse ritmate da archi ciechi su pilastri bugnati inquadrano la villa. La corte d'onore sul lato sud è conclusa da un muro aperto al centro da un cancello monumentale che conduce al giardino formale. Ai lati del cancello si aprono due grandi portali a bugnato sormontati da timpano triangolare. Quello orientale apre verso i rustici e il parco, mentre quello occidentale costituisce l'ingresso principale al complesso. Le sale della villa del piano nobile presentano soffitti a padiglione affrescati da pittori della cerchia del veronese Antonio Balestra.
    In una sala dell'ala est si conservano affreschi a soggetto mitologico di Gian Bettino Cignaroli del 1741 e sul soffitto del guardaroba il Giudizio di Paride di Marco Marcola del 1770.
    Al pianterreno è notevole una sala affrescata con architetture all'antica di Giovanni Canella del 1785 e la sala da pranzo con paesaggi affrescati da Andrea Porta nel 1786.
    A partire dagli anni trenta dell'Ottocento il conte Antonio Pompei realizza il grande parco romantico che ingloba anche le rovine dell'antico castello scaligero che dal monte Tenda domina il paese.
    Di Antonio Pompei sono anche le serre in stile moresco che affacciano sul giardino all'italiana adiacente la corte d'onore.
    Il complesso di Illasi alla morte di Antonio Pompei, avvenuta nel 1885, è passato in eredità al cugino Giovanni Perez la cui figlia Bianca ha sposato il conte Antonio Sagramoso, ai cui discendenti tuttora appartiene


    sagramoso




    Villa "La Mattarana"



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    Villa Murari Bra, detta La Mattarana

    Il complesso, che si presenta come una corte chiusa, si trova in un contesto ancora agrario in località Ferrazze a est di Verona, lungo la strada che attraversa la piana tra i sobborghi di San Michele Extra e Montorio.
    Tradizione vuole che il nome risalga a una non meglio identificata Mater Anna, badessa del monastero benedettino di San Michele di Campagna, cui apparteneva il fondo agrario donato nel 1255 da Bartolomeo Visconti. Nel '400 le monache cedono la proprietà a Zilio Bellando. La Mattarana giunge quindi per via dotale ai Verità del ramo di Falsorgo. Nel 1534 Agostino Nichesola acquista dai Verità la tenuta agricola, che nel 1574 è comperata dai Murari Bra, che la tengono sino al 1987.
    Un cancello monumentale, alla cui sinistra si eleva la cappella gentilizia, interrompe il muro di recinzione che segue la strada e introduce alla corte signorile ingentilita da un giardino all'italiana. A destra e a sinistra si trovano le due barchesse ad archi ciechi su pilastri bugnati che incorniciano il lungo corpo signorile che occupa tutto il lato sud della corte. Il corpo centrale della casa padronale, sovrastato da torre colombara, risale ai Nichesola e presenta un portico terreno a tre archi. Ai lati due ali porticate più basse raccordano il corpo centrale con le barchesse. Nel punto di intersezione delle ali con le barchesse si elevano due massicce torri colombare che rappresentano il nucleo più antico del complesso, risalenti addirittura all'epoca scaligera (XIV sec.).
    Il parco retrostante la villa è stato realizzato alla fine dell'800. Alla stessa epoca risale l'adattamento a salone di ingresso del vecchio androne carraio del corpo principale, che divide la sequenza delle sale terrene (quattro per lato).
    Notevole la decorazione a fresco che cronologicamente parte dalla sala terrena della torre ovest. Gli affreschi commissionati dai Nichesola tra 1550 e 1560 sono riconducibili a Bernardino India. Alle pareti due paesaggi con Apollo e Cupido e Apollo e Dafne si alternano a nicchie illusionistiche ospitanti finte statue di imperatori. Il soffitto a padiglione, decorato a grottesche, conserva nel lacunare ovale centrale "Flora" e in quelli circolari laterali i "Quattro Venti". La successiva Sala di Paride, con monumentale camino con stemma Murari, e le sale dell'ala est dette dei Paesaggi, degli Stemmi (entrambe frammentarie) e delle Quattro Stagioni (che conserva integro il soffitto a padiglione), sono attribuite alla bottega veronese dei Ligozzi e risalgono alla fine del '500. Della stessa epoca e della stessa bottega sono anche gli affreschi della cappella.


    mattarana




    Villa Arvedi



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    Villa Allegri, Arvedi

    Al centro della Valpantena, a nord di Verona, si trova in località Cuzzano presso il paese di Grezzana la Villa Allegri, dal 1824 residenza della famiglia Arvedi. Si tratta di un edificio barocco costruito intorno al 1656 per i fratelli Allegri dal veronese Giovan Battista Bianchi, appartenente a una famiglia di lapicidi, su preesistenze trecentesche e cinquecentesche appartenute ai Nogarola e quindi ai Dal Verme.
    Il complesso articolato attorno a un cortile quadrangolare presenta la facciata principale verso la valle arricchita da un portico a cinque luci reggente un'ampia terrazza cinta da balaustra. Il settore mediano, ritmato da semicolonne e telamoni, si conclude in un attico con balaustra ornata da statue. Due ali, con terrazze protette a loro volta da balaustre con statue, raccordano il corpo principale alle due torri laterali.

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    La facciata secondaria, dalle linee più semplici, composta a ferro di cavallo, affaccia sulla corte d'onore. Questa, contornata da corpi di servizio, è conclusa da un'esedra, posta di fronte alla villa, al cui centro si apre la scalinata a doppia rampa che conduce alla cappella gentilizia di San Carlo Borromeo con logge laterali e fastigio centrale.
    Di grande interesse il giardino formale dal disegno a volute multiple che insiste nell'area antistante la villa, su un terrazzamento a contrafforte.
    A nord la facciata che guarda sul giardino si prolunga in un'ala ortogonale che ospita un ambiente adibito a voliera e un altro a grotta con incrostazioni, statue e vasche, che funge da giardino d'inverno.
    All'interno la villa conserva in una sala terrena affreschi cinquecenteschi, molto ridipinti, attribuiti a Paolo Farinati. Altre sale invece sono decorate da fascioni sei-settecenteschi, dati ai veronesi Santo Prunato e Giuseppe Falezza. Notevoli i soffitti a travatura dipinta.
    Al piano nobile, cui conduce un imponente scalone, si impone il grande salone d'onore a doppia altezza affrescato, intorno agli anni '20 del '700, dal francese Louis Dorigny e da un ignoto quadraturista cui si devono le elaborate architetture d'illusione. Di Dorigny sono le allegorie dei segni zodiacali e le lotte di Giganti del registro inferiore della sala, nonché le due grandi scene di battaglia, da un lato "Perseo e la Medusa", dall'altro "Centauri contro Lapiti", che occupano il registro superiore dei lati brevi del salone. Agli stessi autori si deve anche la decorazione a fresco della cappella.
    La villa conserva parte dell'arredo originale.






    Villa Novare Bertani





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    Villa Mosconi, Bertani

    Il vasto complesso di edifici dominicali e rustici di Villa Mosconi, ora Bertani, è adagiato al centro della verde conca di Nóvare coltivata a viti e ricca di sorgenti. Siamo ai bordi settentrionali di Arbizzano, all'inizio della Valpolicella.
    Antica proprietà del monastero veronese di San Giorgio in Braida, Nóvare nel '500 è della famiglia Fabriani, mercanti di origine marchigiana. Nel 1614 passa a un'altra famiglia mercantile: i Rattis. Quindi nel 1679 la tenuta è acquistata dai fratelli Fattori, ricchi mercanti veronesi, che alla fine degli anni '50 del '700 incaricano l'architetto veronese Adriano Cristofoli del rifacimento del complesso. Difficoltà economiche costringono i Fattori a vendere nel 1769 la villa ai conti Mosconi, che portano a termine il cantiere.
    Cristofoli articola, accanto all'episodio aulico della villa, una grande corte rustica a occidente e una più contenuta a oriente con le scuderie e la cappella gentilizia. Una cancellata ritmata da pilastri a bugnato con cuspidi e vasi decorativi racchiude la corte signorile antistante la villa, oggi giardino formale. L'edificio padronale è caratterizzato dall'alternarsi dei timpani triangolari e arcuati che concludono le finestre al piano nobile, e dall'avanzamento del settore mediano, ritmato, nei due piani in cui è diviso, da semicolonne e da lesene angolari di ordine ionico. Un timpano triangolare con stemma Trezza, proprietari della villa dal 1868, contenuto in un attico decorato da statue, conclude la parte centrale. Pinnacoli e statue segnano anche la linea di gronda delle ali e dei corpi di servizio laterali.
    Più semplice la facciata posteriore, articolata su tre volumi, che si affaccia su un giardino recintato trasformato nei primi anni dell'800 secondo il nuovo gusto importato dall'Inghilterra. Oltre il cancello si apre un grande viale di ippocastani e il bosco con laghetto e kaffeehaus.

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    All'interno della villa si impone il salone centrale in doppia altezza percorso da balaustra lignea dipinta. La decorazione a fresco è stata eseguita dal bolognese Prospero Pesci e da Giuseppe Valliani detto il Pistoiese, rispettivamente autori delle finte architetture e del soffitto con "Zefiro e Apollo sul carro del Sole" e "Flora e le allegorie delle quattro stagioni". Di Valliani sono anche le finte statue che ornano le pareti rappresentanti Abbondanza, Giustizia, Speranza, Fortezza e le Arti.
    Dopo numerosi passaggi di proprietà, la villa dal 1969 appartiene alla famiglia Bertani che la adibisce a sede di rappresentanza dell'omonima casa vinicola.







    Villa Pollettini



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    Villa Pollettini (Municipio)

    Nella fascia di pianura veronese, delimitata dai fiumi Adige e Menago, si trova l'antico centro di Isola Rizza, caratterizzato dalla presenza di numerose ville. Tra gli edifici più antichi si impone la Villa Pollettini, sita ai margini sud-ovest del vecchio nucleo abitativo.
    La villa presenta un corpo a pianta rettangolare orientato sud-nord, cui è stato addossato nel XVIII sec. sul lato ovest un corpo rustico. La facciata principale è oggi quella nord affacciata sui giardini pubblici ricavati dove era la corte rurale. A questa fronte è stato dato un ruolo preminente in seguito ai restauri ottocenteschi di gusto neogotico con trifora trilobata (originale) al centro del piano nobile e bifora nell'attico coronato da finti merli ghibellini. Nell'800 l'attico è stato rettificato e sopraelevato in modo da celare la caratteristica facciata a salienti. Interessante il portale centrale d'accesso centinato con cornice in pietra che presenta capitelli corinzi nelle spalle.
    Perfettamente mantenuta invece la fronte sud che guarda su un ampio spazio recintato che costituiva l'antico brolo della villa. Questa fronte presenta l'originale impostazione a capanna con porta centrale centinata e finestre rettangolari al pianterreno frutto di interventi successivi. Il piano nobile conserva invece della primitiva villa gotica sei finestre trilobate inserite in archi a sesto acuto. Una bifora trilobata con colonnina centrale conclude il piano attico. La facciata risulta poi partita simmetricamente da due canne fumarie aggettanti. La cornice di gronda è impreziosita dal gioco del laterizio a vista.
    La planimetria interna presenta la tradizionale tripartizione con salone centrale passante e quattro stanze laterali simmetriche. La decorazione a strati sovrapposti va dal '400, con decori a festoni e motivi geometrici, all'800, con quadrature architettoniche, finte statue e paesaggi. Nel salone del piano nobile si conserva un pregevole affresco con scena galante di gusto neosettecentesco del pittore Giacomo Favretto, il maggiore esponente della scuola veneziana del secondo '800.
    La villa, forse inizialmente dei Da Como, risulta in epoca napoleonica di proprietà Tedeschi cui subentrano i Grigoli e poi i Pollettini (di cui è rimasto il nome alla villa) sino alla cessione al Comune nel 1899.







    Giardino di Pojega



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    Villa Rizzardi

    Pojega è una località posta in declivio soleggiato di fronte al paese di Negrar in Valpolicella.
    Il primo nucleo della villa risale alla fine del '500 quando era dei Piloni. Passata agli inizi del '600 per via matrimoniale agli Allegri, nel 1672 la tenuta di Pojega è acquistata dai Rizzardi, cui tutt'ora appartiene. Tra 1783 e 1796 il conte Antonio Rizzardi affida all'architetto Luigi Trezza il progetto per la realizzazione di un vasto giardino formale su un appezzamento pressoché rettangolare di circa 54.000 mq. La villa, sita nell'angolo sud-ovest, sarà invece restaurata in stile eclettico tra 1868 e 1870 dall'ingegner Filippo Messedaglia.

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    L'impianto del giardino è articolato su tre viali paralleli posti a quote diverse, orientati sud-nord e ortogonali rispetto alla casa padronale. Dalla parte opposta alla villa sono collegati da uno stradone montuoso in salita ritmato da cipressi e concluso da un belvedere, capriccio architettonico circondato da alte siepi di carpini. Dei tre viali, quello inferiore a quota della villa presenta un viale di carpini neri e bianchi potati a galleria.
    Il percorso prende avvio da un parterre geometrico ornato da fontane sito davanti alla casa. Dalla parte opposta, all'incontro con lo stradone montuoso, sono collocate statue attribuite a Pietro Muttoni.
    Il secondo viale, posto al livello intermedio, è segnato da alti cipressi potati a candela, e parte a sud dalle limonaie cui si accede da un piccolo giardino formale con al centro una peschiera ovale. All'incrocio a nord tra questo percorso e lo stradone montuoso, si trova l'accesso al teatro verde "all'antica" con scena, orchestra e càvea semicircolare. Si tratta dell'episodio saliente di tutto il giardino.
    Il terzo percorso, quello più elevato, è formato da un sentiero sinuoso all'interno di un denso bosco di carpini e tassi con sottobosco di palme nane giapponesi e pungitopo. L'aspetto esotico è sottolineato da statue di pantere e leonesse. Al centro del percorso si trova un originale tempietto scoperto con pianta circolare interrotta da quattro aperture, cui si alternano, all'interno, quattro nicchie ospitanti statue. L'intonaco interno del tempietto è rustico, mentre la "cupola" è formata dalle folte fronde degli alberi d'alto fusto che lo circondano.

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    A monte della villa si trova un ninfeo rustico all'interno di un giardino segreto, forse preesistente, in comunicazione diretta tramite un ponticello con il piano nobile della villa, che è stata residenza per oltre un ventennio dello scultore spagnolo Miguel Berrocal.





    foto:tourism.verona.it
    - upload.wikimedia.org
    - viviparchi.eu
    - icostanti-verona.it
    - mimmapallavicini.files.wordpress.com
    - venetoedintorni.it
    - stradadelvalpolicella.com
    - associazionematrimonio.com
    - villevenete.net
    - gardenvisit.com
    - stradadelsoave.com


    .

    ........continua....



    Edited by tomiva57 - 26/4/2015, 17:10
     
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    castello-bevilacqua




    Villa Bevilacqua, Peternella


    Il Castello di Bevilacqua fu eretto nel 1336 da Guglielmo Bevilacqua e successivamente completato dal figlio Francesco. Circondato da un ampio fossato e da tre ordini di mura fortificate, collegate con un ponte levatoio, il Castello aveva sia funzione difensiva che di rappresentanza. Nel corso dei secoli fu notevolmente danneggiato, a causa delle innumerevoli guerre contro la Repubblica di Venezia, che se ne era impossessata. A partire presumibilmente dal 1532 Gianfrancesco Bevilacqua commissionò a Michele Sanmicheli il completo riammodernamento dell’edificio medievale, che venne così trasformato in villa e dotato di nuovi e più comodi interni. Nel 1756 Gaetano Ippolito Bevilacqua riprese i lavori restaurando gran parte dell’interno del Castello, che però venne successivamente dato alle fiamme dalle truppe austriache. Per questo fu nuovamente rimesso a nuovo, nel 1860, da Felicita Bevilacqua ed il consorte, che conferirono all’intero complesso un’immagine neogotica in accordo con il gusto romantico del tempo. Dal 1990 la famiglia Iseppi-Cerato ha avviato importanti opere di ripristino, che hanno contribuito a riportare gli interni cinquecenteschi del Sanmicheli al loro antico splendore.



    Situato a 5 km da Montagnana, il Relais Castello Bevilacqua è a soli 40 minuti da Verona, Vicenza Padova e Mantova. Oggi questo luogo magico, sospeso fra presente e passato, è divenuto una location unica per eventi e soggiorni particolarmente suggestivi. I giardini pensili e le sale affrescate ospitano banchetti ed eventi di charme, accogliendo fino ad 800 persone. Le 16 versatili sale meeting, dotate di ogni comfort high-tech di ultima generazione, possono ospitare più tipologie di eventi, dal raffinato ricevimento alla convention internazionale. Anche una cena a due o un pranzo aziendale trovano nel Relais Castello Bevilacqua la cornice ideale, nella calda atmosfera del nuovo ristorante à la carte All Antica Ala, che offre tradizionali ricette venete e ultime tendenze gastronomiche nell’ottica di una valorizzazione dei prodotti tipici del territorio. L’elegante Relais, aperto nel 2009, accoglie gli ospiti in 7 junior suite totalmente diverse l’una dall’altra, 7 scenografie magiche create per far vivere l’emozione di un’epoca lontana e l’esperienza unica di un soggiorno di classe.

    Castello-di-Bevilacqua-Suite-Francesco-II






    Villa Arrighi





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    Villa Arrighi


    Mizzole è un piccolo centro sito all'inizio della Valsquaranto, una delle valli a nord di Verona che portano sui monti della Lessinia centrale.
    Qui si trova la Villa Arrighi, un complesso la cui origine risale almeno al XV sec., quando faceva parte di un insediamento agricolo legato alle attività produttive delle monache di San Michele in Campagna, alle porte orientali di Verona.
    Nel 1699 la proprietà del fondo passa ad Augustin Negroboni, a cui probabilmente si deve l'iniziale costruzione di una villa padronale di una certa importanza a ridosso della strada comune, con i rustici adiacenti il fianco est, la cappella e le abitazioni contadine ad ovest.
    Ai primi dell'800 ai Negroboni subentrano per successione i nobili Arrighi che, negli anni compresi tra il 1810 e il 1820, chiamano il pittore Giovanni Canella non solo per la decorazione degli interni, ma anche per ridisegnare la facciata principale della villa rivolta a sud verso il giardino, separato grazie a un muretto dalla campagna coltivata. Canella interviene dando una veste neoclassica a un edificio probabilmente già caratterizzato da una loggia centrale.

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    La villa si compone di un lungo corpo con il settore mediano forato da un portico, sormontato da una loggia, scandito da quattro colonne centrali e da due lesene laterali. L'ordine scelto per colonne e lesene, di dimensioni giganti in pietra, è lo ionico. I due settori laterali della facciata presentano al pianterreno due aperture architravate a due luci rette da una colonna centrale, adiacenti al grande loggiato. Da qui partono le scale che conducono ai piani superiori. Il resto della facciata è scandito da tre assi di finestre, di cui la centrale del piano nobile munita di balcone con balaustra in pietra, che riprende la grande balaustra, sempre in pietra, a protezione delle aperture della loggia.
    Oltre la linea di gronda si eleva un lungo attico, con sette finestre quadrangolari scandite da paraste e coronato da sei statue. Altre due statue sono poste all'estremità del tetto della fabbrica, tentando così di bilanciare l'andamento marcatamente orizzontale della villa.
    Gli interni conservano parte della decorazione neoclassica con quadrature e paesaggi, dovuti alcuni allo stesso Canella, altri ad Andrea Porta. Curioso il soffitto a padiglione della loggia decorato da un finto pergolato.
    La facciata nord della villa, verso la strada, non presenta motivi di interesse.
    La cappella affacciata sulla strada è dotata di campanile a torre di gusto settecentesco. Tra la cappella e la villa si apre il portale centinato che introduce al complesso.
    La villa, abbandonata per molti decenni, è stata restaurata dalla famiglia Merigo, che l'ha acquistata nel 1991.


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    Villa Nichesola, Mocenigo



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    Villa Nichesola, Mocenigo


    Ponton è un piccolo borgo dell'alta Valpolicella sito lungo l'Adige. Qui i veronesi Nichesola risultano presenti fin dal Trecento. E'dunque molto probabile che l'attuale villa di scuola sanmicheliana sorga su preesistenze.
    Dalla strada nord due portali successivi, tali da formare una piccola corte, con pilastri a bugnato rustico sormontati da cuspidi, immettono nel cortile della villa dove è ancora conservata l'aia in cotto. Un terzo portale a est del primo conduce verso il brolo tagliato da un imponente viale di cipressi.
    Ai lavori di rinnovo della fabbrica, iniziati negli anni ottanta del Cinquecento da Fabio Nichesola, seguono gli ampliamenti voluti dal figlio, il canonico Cesare. L'dea è quella di riproporre l'impianto della casa degli antichi con l'edificazione di un corpo a sei arcate su pilastri a bugnato a raccordo di due corpi affrontati precedenti, decorati da Paolo Farinati con finte architetture. Sulla grande loggia porticata affacciano le aperture dalle cornici a bugne ineguali di tre sale allineate che ospitavano la collezione d'antichità dei Nichesola, confluita nel Museo Lapidario Maffeiano di Verona.
    Le tre sale con soffitti a padiglione e camini monumentali, sono state affrescate da Paolo Farinati con scene mitologiche a monocromo tra finte architetture. A nord le tre sale affacciano sul giardino articolato su tre livelli collegati da scale. Nel Cinquecento il giardino era famoso per la collezione di fiori e piante rare.
    Sul terrazzamento del giardino, a livello delle sale, affaccia, opposta a queste, la grotta artificiale con prospetto a bugnato rustico, in parte mutilo, sormontato da cimasa. Un'ampia apertura centinata immette nell'ambiente rettangolare triabsidato della grotta ornata da concreazioni spugnose, pietre calcaree, conchiglie, stalattiti e, nelle parti libere da incrostazioni, da affreschi attribuiti a Paolo Farinati. Tre vasche in marmo sono incassate nelle nicchie, mentre il pavimento (settecentesco) presenta liste e ovali in marmo rosso e bianco che incorniciano comparti dall'elaborato disegno a mosaico in ciottoli di fiume bianchi e neri.
    A ovest della fabbrica si conserva il percorso rettilineo proveniente dall'Adige delimitato da un muretto ad archetti rovesciati con sfere lapidee, intercalato da pilastri bugnati conclusi da sfere. Una struttura forse supporto di una pergola.
    Nel 1613 cessa la secolare presenza dei Nichesola e dopo molteplici passaggi la villa giunge nel 1683 ai Mocenigo da San Samuele che la tengono sino al 1798. Quindi dopo molteplici passaggi di proprietà e tragici eventi, quali il saccheggio per mano austriaca nel 1848 e i danni della seconda guerra mondiale, è iniziato il recupero del complesso.






    Villa Pellegrini Cipolla



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    Villa Pellegrini


    Villa Pellegrini sorge isolata in posizione dominante ai limiti orientali dell'abitato di Castion Veronese, un piccolo centro abitato all'incrocio della strada proveniente da Caprino che qui si divide da una parte per il monte Baldo, dall'altra per il lago di Garda.
    I Pellegrini, nobile famiglia veronese, risultano presenti a Castion sin dal XV sec. Alla metà del '600 risale la prima casa padronale a pianta quadrata orientata sud-nord. A questo edificio, dal bel portale d'accesso, viene addossato nel 1760 sul fianco ovest un corpo longitudinale che diventa il principale con facciata rivolta verso il giardino all'italiana. Questo, chiuso da un alto muro di recinzione, presenta verso il paese un elegante cancello in ferro battuto stretto da due pilastri bugnati sormontati da statue. Una lunga prospettiva dal cancello sale leggermente verso il piano sul quale insiste la villa.
    Committente del rinnovamento settecentesco il conte Leonardo Pellegrini, progettista il fratello Ignazio, formatosi presso la corte granducale di Toscana. Non a caso la facciata principale della villa esula dalla tradizione veneta.
    Il lungo corpo nel settore mediano a tre piani è scandito da quattro lesene di ordine gigante che reggono dopo alta trabeazione una balaustra con quattro statue. Al centro, il portale d'accesso è sormontato da timpano arcuato. I settori laterali della facciata si articolano in due corpi sporgenti a quattro piani con il tetto a falda con statue agli spigoli e sulla sommità. La composizione è conclusa da due corpi a due piani scanditi ancora da lesene e con balaustra con statue sul tetto.
    Il caratteristico intonaco rosso della villa è segnato dal bianco delle lesene, delle cornici delle finestre quadrangolari e delle fasce marcadavanzale.
    Due corpi di servizio dall'andamento longitudinale, ma di differente volumetria, seguono ortogonalmente i lati della villa e inquadrano il terrazzamento concluso da balaustra con statue che delimita il cortile posteriore rivolto verso il parco romantico esteso a est.

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    L'originalità degli esterni si ripete negli interni, in parte a causa delle preesistenze, per cui il piano terreno è articolato sulle direttrici perpendicolari di un doppio atrio a colonne, uno in asse con il viale del giardino, l'altro con l'accesso dell'edificio seicentesco. Una scala con le statue di Carlo e Federico Pellegrini conduce al piano nobile, dove si impone il salone principale affrescato con figure mitologiche e con paesaggi da frescanti della cerchia di Andrea Porta. Un'altra sala è decorata a cineserie, mentre altre stanze conservano, oltre ai pavimenti e ai camini originali, anche rare tappezzerie in carta e velluto.



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    Villa Querini Stampalia Castello di Pressana



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    Villa Querini Stampalia, Montanari, Taccoli, detta Persa


    L'origine di un fondo rustico di vaste dimensioni, chiamato Gazzo, a Pressana, è testimoniata fin dal terzo decennio dell'XI secolo; esso si estendeva fra l'antica via Porciliana e il fiume Fratta e gli edifici che vi sorgevano facevano parte della Mansio Jerosolimitana una struttura di accoglienza edificata dai monaci benedettini per ospitare cavalieri e pellegrini in viaggio verso la Terra Santa, poi gestita dall'Ordine di San Giovanni di Rodi. Nel 1031 l'imperatore Corrado II ne donò la proprietà al vescovo di Verona, il quale, a sua volta la concesse ai Cavalieri del Santo Sepolcro. La funzione originale del complesso cessò nella seconda metà del Quattrocento, quando il nobile veneziano Francesco Querini, divenutone affittuario nel 1460, ne fece la propria residenza di campagna. Fu nel secolo successivo che Nicolò diede avvio alla sua trasformazione in una dimora sontuosa, chiamando alcuni artisti e maestranze impegnati, negli stessi anni, nella realizzazione della cappella di San Biagio, presso la chiesa del convento dei Santi Nazario e Celso a Verona; fra questi, Giovanni Maria Falconetto, autore dell'affresco della Madonna con il Bambino all'interno dell'adiacente oratorio che, verso la metà del XVI secolo, doveva ancora appartenere allo stesso convento veronese. Nel 1501 venne edificato anche l'arco d'ngresso, collocato in corrispondenza della fronte opposta a quella dell'accesso medievale e ornato da una sequenza di pinnacoli; lo spazio antistante la villa divenne una grande aia, destinata alle attività agricole. Il possedimento fu scorporato in due parti nell'Ottocento, secondo una suddivisione che permane ancora oggi (Villa Gaudio e Villa Querini ora Baldisserotto); fino alla seconda metà del Novecento, esso comprendeva anche un magnifico parco-brolo, opera di qualità unica nella pianura veneta e distrutta fra il 1978 e il 1982.
    La fabbrica, con la barchessa e l'oratorio, costituisce uno degli esempi più antichi di tenuta agricola di proprietà veneziana in terraferma, le cui mutazioni d'uso nel corso dei secoli sono ancora riconoscibili nella compresenza di elementi architettonici differenti, come la cinquecentesca loggia a doppio ordine con colonne lapidee del prospetto posteriore e le merlature di coronamento.


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    Villa "La Mattarana"



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    Villa Murari Bra, detta La Mattarana

    Il complesso, che si presenta come una corte chiusa, si trova in un contesto ancora agrario in località Ferrazze a est di Verona, lungo la strada che attraversa la piana tra i sobborghi di San Michele Extra e Montorio.
    Tradizione vuole che il nome risalga a una non meglio identificata Mater Anna, badessa del monastero benedettino di San Michele di Campagna, cui apparteneva il fondo agrario donato nel 1255 da Bartolomeo Visconti. Nel '400 le monache cedono la proprietà a Zilio Bellando. La Mattarana giunge quindi per via dotale ai Verità del ramo di Falsorgo. Nel 1534 Agostino Nichesola acquista dai Verità la tenuta agricola, che nel 1574 è comperata dai Murari Bra, che la tengono sino al 1987.
    Un cancello monumentale, alla cui sinistra si eleva la cappella gentilizia, interrompe il muro di recinzione che segue la strada e introduce alla corte signorile ingentilita da un giardino all'italiana. A destra e a sinistra si trovano le due barchesse ad archi ciechi su pilastri bugnati che incorniciano il lungo corpo signorile che occupa tutto il lato sud della corte. Il corpo centrale della casa padronale, sovrastato da torre colombara, risale ai Nichesola e presenta un portico terreno a tre archi. Ai lati due ali porticate più basse raccordano il corpo centrale con le barchesse. Nel punto di intersezione delle ali con le barchesse si elevano due massicce torri colombare che rappresentano il nucleo più antico del complesso, risalenti addirittura all'epoca scaligera (XIV sec.).
    Il parco retrostante la villa è stato realizzato alla fine dell'800. Alla stessa epoca risale l'adattamento a salone di ingresso del vecchio androne carraio del corpo principale, che divide la sequenza delle sale terrene (quattro per lato).
    Notevole la decorazione a fresco che cronologicamente parte dalla sala terrena della torre ovest. Gli affreschi commissionati dai Nichesola tra 1550 e 1560 sono riconducibili a Bernardino India.


    Alle pareti due paesaggi con Apollo e Cupido e Apollo e Dafne si alternano a nicchie illusionistiche ospitanti finte statue di imperatori. Il soffitto a padiglione, decorato a grottesche, conserva nel lacunare ovale centrale "Flora" e in quelli circolari laterali i "Quattro Venti". La successiva Sala di Paride, con monumentale camino con stemma Murari, e le sale dell'ala est dette dei Paesaggi, degli Stemmi (entrambe frammentarie) e delle Quattro Stagioni (che conserva integro il soffitto a padiglione), sono attribuite alla bottega veronese dei Ligozzi e risalgono alla fine del '500. Della stessa epoca e della stessa bottega sono anche gli affreschi della cappella.

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    Villa Scopoli





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    Villa Dal Bene, Nogarola, Scopoli


    Nel 1582 i fratelli Agostino e Francesco Dal Bene, di famiglia di origine fiorentina emigrata a Verona nel '300, acquistano nella valletta di Avesa alle porte settentrionali di Verona beni successivamente incrementati con un fondo dei frati camaldolesi. A cavallo del secolo, Agostino Dal Bene (il fratello era morto nel 1598) incarica Vincenzo Scamozzi di restaurare la vecchia casa dominicale. Non è noto quali lavori abbia realizzato lo Scamozzi, che ricorda però le limonaie dell'importante giardino formale, giardino di cui oggi restano il belvedere, la peschiera e le grotte, voluti da Agostino, morto nel 1614. Dopo complesse vicende ereditarie, la proprietà passa ai Nogarola che restano sino al 1806; nel 1849 la villa è dei conti Scopoli che vi abitano sino al 1994.
    La villa restaurata agli inizi dell'800 si presenta come un semplice edificio con l'asse centrale evidenziato dalla porta d'accesso ad architrave e dalla soprastante portafinestra conclusa da timpano arcuato e ingentilita da un balconcino in ferro battuto. Sul retro della villa si apre un piccolo cortile su cui affacciano le serre neoclassiche.
    Il giardino cinque-seicentesco si sviluppa a est della villa e dei rustici e si prolunga nel brolo sulle pendici della collina. Quali elementi caratterizzanti dell'antico impianto oggi restano: la canalizzazione delle acque del torrente Lorì; tre grandi nicchioni sul muro di recinzione nord dove probabilmente erano le limonaie ricordate da Scamozzi; il belvedere a est preceduto da un viale di cipressi; la peschiera con le grotte a sud. Al belvedere si accede da due rampe laterali a tenaglia inquadranti un grande fornice a bugnato che introduce in un ambiente in parte ipogeo. Dal belvedere parte una passeggiata romantica tra boschi e orridi.
    L'episodio saliente resta però la peschiera ellittica nascosta da una recinzione, pure ellittica, ritmata all'interno da edicole e nicchie. L'accesso è costituito da un portale dorico sormontato da timpano triangolare e accostato da nicchie. La peschiera è protetta da balaustra cadenzata da pilastrini, sormontati da vasi a urna, decorati verso l'acqua da mascheroni.
    In asse con il portale vi è l'accesso alla grotta ricoperta da concrezioni spugnose e conchiglie, contenuta in un edificio costruito fuori terra. La parete di fronte all'accesso ospita un nicchione con erme laterali e catino modellato a conchiglia con resti di policromia. Ai lati della sala rustica si aprono due portali dalla complessa cimasa, che introducono in due ambienti circolari con cupola emisferica decorata da stucchi, e separata da una fascia di concrezioni spugnose dalle pareti con nicchie a stucco e specchiature con paesaggi affrescati.




    Villa Vecelli Cavriani




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    Villa Vecelli, Cavriani, Ruffini

    Il centro agricolo di Mozzecane si trova lungo la strada che forma il naturale asse che collega fin da tempi remoti Verona con Mantova. Al centro dell'abitato sorge Villa Vecelli Cavriani.
    Proprietari del fondo risultano nei primi del '400 i Verità, antica famiglia veronese, ai quali seguono nel 1468 i Montresor, cui spetta l'edificazione di un primo palazzo. Nel 1723 la proprietà è acquistata dal nobile Francesco Polfranceschi. Nel 1759 nuovi proprietari risultano i Vecelli, mercanti di lana di Verona. Il rifacimento della villa nelle forme attuali parte nel 1771 per volontà dei fratelli Nicola, mercante, e Giuseppe Vecelli, padre filippino, su disegno del veronese Adriano Cristofoli.
    La facciata su strada si differenzia da quella verso il brolo unicamente per la presenza dello stemma dei Cavriani, posto nell' 800 al centro del timpano triangolare che conclude il settore mediano. Per il resto si ripete la ripartizione della facciata con cornici marcapiano e marcadavanzale che suddividono i quattro piani. La forometria si presenta regolare con finestre con cornici a bugne nel seminterrato; finestre con mascheroni al centro dell'architrave al pianterreno; finestre con timpano arcuato e timpano triangolare al piano nobile; semplici finestrini quadrangolari nel sottotetto.
    Il centro della facciata è segnato dalla porta d'accesso al pianterreno preceduta da scalinata e dall'alto finestrone del piano nobile, concluso da timpano arcuato e con balcone a balaustra.


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    Ai lati della facciata si aprono due cancelli monumentali, sormontati da coppie di statue allegoriche, che immettono nel giardino retrostante la villa. Due barchesse ortogonali alla residenza padronale ne inquadrano la facciata posteriore.
    I Vecelli incaricarono il pittore Francesco Lorenzi e il quadraturista Filippo Maccari di decorare gli interni, recuperati con i recenti restauri.
    Infatti la villa nel 1811 fu ceduta dagli eredi Vecelli ai conti Cavriani di Mantova, che nel 1822 vi ospitarono Ferdinando I di Borbone re delle due Sicilie, diretto al Congresso di Verona. Nel 1859, durante la seconda guerra d'indipendenza, il complesso fu adibito a caserma e a ospedale militare dalle truppe austriache. Nel 1875 la proprietà passa per acquisto alla ditta Nava Gattinoni di Lecco che adibisce la villa a filanda. Nel 1921 i nuovi proprietari Ruffini trasformano il complesso in case d'affitto.

    Nel 1997 è iniziato il recupero della villa da parte della nuova proprietà per ospitarvi congressi e conferenze, e, nelle barchesse, un ristorante e un albergo.




    Villa Gritti


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    Villa Gritti, Camuzzoni, Conforti


    A meridione della strada statale che collega Vicenza a Verona, tra i centri in forte espansione urbana e industriale di San Bonifacio e di Soave, si trova la località di Villabella. Lì sorge la composita Villa Gritti, ricostruita nel XVI sec. in forme rinascimentali e rimaneggiata nel 1853, che fu centro di governo del latifondo appartenuto alla potente famiglia veneziana.
    L'origine della villa risale al 1408 quando Pietro Cavalli, allo scioglimento della fattoria scaligera, acquista queste terre. Nel 1480 nuova proprietaria risulta Bianca Malaspina marchesa di Fosdinovo, sposa in seconde nozze di Virgilio Sforza conte di Cotignola. Nel 1522 Villabella passa per via matrimoniale al patrizio Alvise Gritti, la cui famiglia resterà sino al 1830, quando il conte Francesco Gritti cederà la proprietà a Giulio Camuzzoni. Dopo ulteriori passaggi, nel 1973 Villabella arriverà agli attuali proprietari, signori Conforti di Verona.

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    L'edificio padronale è posto al centro di una lunga fabbrica. A nord di questa si sviluppa il giardino formale che si trasforma in parco romantico man mano che si allontana dalla villa. Il fiume Tramigna, che segna il confine orientale del parco, artificialmente allargato a simulare un laghetto con isole collegate da ponticelli, ne rappresenta l'elemento più significativo.
    A sud della villa si apre la grande corte rustica, delimitata a ovest da una barchessa porticata ortogonale al lungo corpo principale. La facciata della villa sulla corte presenta una regolare impaginazione delle finestre architravate, articolate su tre piani e ritagliate su un intonaco a bugnato segnato da fasce marcapiano. Al centro si impone la grande apertura centinata del piano nobile con balcone con balaustra lapidea. Le due lunghe ali a portico allineate alla villa si differenziano per la decorazione dipinta tardo neoclassica della fronte dell'ala est.
    Differente la facciata della villa verso il giardino, dove sono più evidenti i lavori di rinnovamento voluti dai Camuzzoni nel 1853. Il corpo padronale centrale è caratterizzato nel settore mediano da quattro semicolonne ioniche, che reggono il frontone triangolare, e dalla scenografica scalinata a doppia rampa che sale al piano nobile. Tutte le finestre di questo piano sono sormontate da timpano triangolare.
    L'ala est di gusto neomedievale presenta bifore e merli ed è conclusa da un'alta torre merlata. L'ala ovest con finestre trilobate e intonaco a finta tappezzeria riconduce invece al tardogotico veneziano.
    Di particolare interesse la serra neogotica che limita il lato ovest del giardino. Dalla villa dipende l'oratorio di San Matteo con facciata neoclassica e campanile concluso da edicola a cuspide.






    Villa Carlotti



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    Villa Carlotti

    Alle pendici sud del monte Baldo, Caprino Veronese funge da centro ordinatore di tutto il pedemonte baldense. In antico, Caprino era tappa obbligata per chi andava a Trento attraverso la cosiddetta via del Baldo.
    Al centro dell'abitato si impone la Villa Carlotti, costruita sul sito di una casa dominicale quattrocentesca dei Vimercati. Del 1601 è l'acquisto dei Carlotti, marchesi dal 1635 per decreto di Ferdinando II di Toscana. Il nuovo ruolo sociale induce la famiglia a rinnovare la vecchia residenza, che viene terminata ai primi del '700. I Carlotti rimangono sino al 1920 quando cedono al Comune che nel 1952 trasferisce nella villa la sede municipale.
    Al complesso introduce un monumentale ingresso con due pilastri a bugnato sormontati da statue. La recinzione è stata demolita intorno al 1960 per adattare la corte antistante la villa in piazza. Sul lato ovest resta a racchiudere lo spazio il grandioso edificio rustico porticato con sette arcate su pilastri bugnati. Un muretto divide quella che era la corte dallo stretto giardino che individuava lo spazio signorile antistante la villa e di cui sopravvivono numerose statue.
    Sul giardino domina la compatta facciata del palazzo elevato su tre piani con portico terreno a tre fornici nel settore mediano. Il piano nobile è caratterizzato dall'apertura centrale centinata con balcone a balaustri lapidei. I restanti fori, che seguono un'impaginatura rigorosamente simmetrica, presentano cornici in pietra concluse da architrave. Oltre il cornicione della linea di gronda si eleva al centro della facciata un attico con apertura mediana centinata munita di balcone a balaustri lapidei, accostata da due finestre architravate. Un timpano triangolare, coronato da pinnacoli con stemma araldico al centro e due aperture ellittiche ai lati, conclude l'attico raccordato da volute laterali alle balaustre in pietra che coronano il tetto della villa. Il corpo centrale si prolunga in due basse ali laterali, sempre concluse da balaustra, cui è raccordato da volute reggenti statue. Molto più semplice la facciata posteriore affacciata su una corte di servizio.
    All'interno della villa in varie stanze si conservano tracce della decorazione quattrocentesca e cinquecentesca. Più cospicue le testimonianze seicentesche con stucchi e affreschi allegorici. Il salone centrale del piano nobile conserva affreschi settecenteschi con paesaggi e prospettive architettoniche entro medaglioni con cornici a stucco.
    Al piano terra da notare l'atrio con ritratti affrescati di personaggi illustri, e la cosiddetta "Sala dei Sogni" con il soffitto a volta decorato da fantasiose grottesche.
    Nella villa è ospitato un piccolo museo.






    Villa Dionisi


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    Villa Dionisi, detta Ca' del Lago





    Nella pianura veronese a ovest di Cerea, centro di origine romana, sorge in mezzo alla campagna Villa Dionisi detta Ca' del Lago. Il nucleo primitivo di origine quattrocentesca è stato trasformato e ampliato tra 1740 e 1766 per volontà e su progetto del marchese Gabriele Dionisi, con l'aiuto del pittore bolognese Giuseppe Montanari.
    Il complesso è al centro di un vasto parco all'inglese circondato da fossato. A nord un breve viale d'ingresso porta al cancello con pilastri bugnati affiancato da due torrette con copertura a bulbo. Varcato il cancello, a est si articolano i fabbricati rustici che delimitano il lato nord della corte, mentre a sud il limite è dato da un lunga barchessa ad archi ribassati. A ovest del cancello sorgono invece edifici di diversa volumetria ai quali è adiacente la villa caratterizzata da attico rialzato concluso da timpano triangolare. L'asse centrale è segnato dalla porta centinata d'ingresso e dalle due sovrastanti aperture, di cui quella del piano nobile con balcone sagomato a balaustri e quella dell'attico con balcone a balaustri trattenuti.
    Più magniloquente la facciata della villa sul parco. Saliente è l'episodio centrale con portico a tre fori (arcuato il centrale, architravati i laterali) inseriti in un paramento a bugnato. Su questa base è impostata la loggia del piano nobile con tre alte aperture scandite da pilastri con paraste ioniche su alto basamento. L'arco centrale rialzato è sovrastato da timpano triangolare raccordato con volute ai settori laterali. Su questo poi si impone un alto fastigio dai profili curvilinei modanati, coronato da quattro statue in asse con le paraste della loggia. Nelle specchiature dell'attico Marco Marcola nel 1774 ha affrescato scene della coltivazione del riso.
    I settori laterali della facciata presentano quattro assi di finestre, con cornici a bugne alterne quelle del pianterreno e con cornici sormontate da timpano triangolare quelle del piano nobile.
    Gli interni della villa, a pianta simmetrica con saloni centrali passanti, conservano la decorazione originale eseguita da Marco e Nicola Marcola e da Giuseppe Montanari. Nell'atrio si trovano affrescati ritratti di famiglia con un albero genealogico. Nella Sala del Capitano del Lago è dipinta sul soffitto l'apoteosi del marchese Dionisi che assume la carica di capitano del lago di Garda.
    Adiacente al fianco nord della villa è la torre colombara, e quindi la cappella del 1740 progettata da Montanari a forma di tempietto tetrastilo.
    Ca' del Lago dai Dionisi è passata in eredità ai marchesi Tacoli che l'hanno ceduta all'attuale proprietario cui si devono notevoli lavori di restauro.




    Parco giardino Sigurtà





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    Villa Maffei, Nuvoloni, Sigurtà, detta Della Quercia


    Valeggio sul Mincio costituisce uno degli agglomerati urbani degni di rilievo nel suggestivo ambiente collinare morenico che contraddistingue la zona sud occidentale della provincia di Verona. Nella parte settentrionale dell'abitato si incontra, racchiuso tra la strada per Peschiera e il fiume Mincio, il Parco giardino Sigurtà.
    Nel '400 la proprietà era dei conti Guarienti di Verona, e perverrà per via ereditaria ai Maffei nella prima metà del '600. Spetta al canonico Antonio Maffei, tra il 1692 e il 1694, l'ampliamento della villa su disegno dell'architetto veronese Vincenzo Pellesina.
    La facciata principale è caratterizzata da tre fornici centrali al piano terra, cui corrisponde al piano superiore una loggia architravata retta da colonne con capitello composito e con volta decorata dal veronese Biagio Falcieri. Un imponente attico triangolare, affiancato da volute e coronato da pinnacoli, corona l'edificio.
    Più semplice la fronte posteriore e l'ala est della villa che si prolunga nella corte rustica.

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    Antistante il palazzo si trova un contenuto giardino formale racchiuso da muro di cinta ad emiciclo al cui centro si apre il cancello d'accesso. Primo fautore del parco all'inglese, esteso inizialmente su circa 20 ettari, fu agli inizi dell'800 il marchese Antonio Maffei. Un lungo viale parte dal retro della villa per concludersi davanti all'Eremo di Laura, il tempietto neogotico dedicato a Laura di Canossa, moglie di Antonio Maffei, che conclude la lunga prospettiva.
    A ovest del viale si trovano i "capricci": la grotta votiva, il castelletto, la rotonda degli incanti.
    Nel 1836 la villa è ereditata dai conti Nuvoloni che nel 1929 cedono la proprietà ai Paoloni. Da questi l'acquista nel 1940 l'industriale farmaceutico Giuseppe Carlo Sigurtà, cui si deve l'ampliamento del parco, oggi di 60 ettari. Al conte Sigurtà si devono anche la realizzazione dei nuovi percorsi, la messa a dimora di moltissime specie arboree, l'aggiunta di nuove attrazioni, come le vasche d'acqua, i giardini acquatici, i laghetti fioriti.
    Straordinari i panorami sul castello scaligero di Valeggio e sul ponte-diga visconteo a cavallo del fiume Mincio.
    Nel 1954 dalle alture del giardino Luchino Visconti girò le scene della battaglia di Custoza, tra le sequenze più suggestive del film "Senso". Nella villa furono ospiti Carlo Alberto di Savoia e Napoleone III e più recentemente Charles De Gaulle e Alexander Fleming, premio Nobel per la medicina.


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    Edited by tomiva57 - 26/4/2015, 17:31
     
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    la provincia meno conosciuta del veneto : Rovigo


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    Rovigo ..la città

    Rovigo è un centro vivace ma al tempo stesso tranquillo, caratterizzato dalla piacevole atmosfera delle piccole città storiche. La sua storia parte da lontano: sicure sono le frequentazioni di antichi Veneti, Etruschi e più tardi dei Romani, anche se la fondazione viene fatta risalire al ‘900. Gli Estensi erano presenti a Rovigo già nel 1117 e a parte brevi parentesi, Rovigo rimase estense per quasi tre secoli. E non mancano le testimonianze di questa importante presenza: il mastio del castello, oggi conosciuto come torre Donà, alto 66 metri è una delle più alte torri medievali italiane, quasi sicuramente fu la più alta torre in muratura della sua epoca.

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    Altri tre secoli – dal 1482 - durò poi il dominio della Repubblica di Venezia che per imprimere la sua impronta, fece costruire la piazza Maggiore (l'attuale piazza Vittorio Emanuele II), la torre civica in e la colonna con il Leone di San Marco, datata 1519.
    All'inizio del XIX secolo, in seguito alla caduta della Repubblica di Venezia e all'instaurarsi della dominazione francese, Rovigo conobbe un rinnovato impulso sociale e culturale alla crescita e allo sviluppo. Seguirono la dominazione austriaca, fino all’annessione al regno d’Italia.
    Rovigo coinvolge il visitatore con la raffinata eleganza rinascimentale e neoclassica della sua piazza, dei suoi palazzi e delle sue chiese.


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    La piazza principale, intitolata a Vittorio Emanuele II, è circondata da edifici che proprio per una certa disarmonia architettonica, testimoniano le diverse influenze a cui la città è stata sottoposta. Tra i vari palazzi che vi si affacciano, sono sicuramente da citare: la Loggia dei Nodari, dove ha sede l’amministrazione comunale, palazzo Roverella e palazzo Roncale.
    A fianco del municipio si trova l’Accademia dei Concordi, sorta nel 1580, vanta una Pinacoteca fra le più ricche del Veneto, trasferita da poco a palazzo Roverella. Si trovano qui custodite opere di Nicolò di Pietro, Bellini, Palma il Vecchio, Luca Giordano, Piazzetta e Tiepolo.

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    Attigua a piazza Vittorio Emanuele II si trova piazza Garibaldi, dove erge il monumento in bronzo dedicato a Giuseppe Garibaldi, opera di Ettore Ferrari inaugurata nel 1896. Affacciato sulla piazza troviamo il teatro Sociale, inaugurato il primo marzo 1819 dall’imperatore d’Austria Francesco I e dove si tiene la tradizionale stagione lirica.
    La più antica costruzione è il Castello medioevale voluto dal vescovo Paolo di Adria nel 954 e attorno al quale si sviluppò la città di Rovigo. Inizialmente rudimentale fortificazione diventò, dopo successive riedificazioni, un possente castello con mura, torri e porte. Delle sei porte oggi ne rimangono solo due. Tanti sono i volti di questa città, in grado di offrire al visitatore molte opportunità, con le proposte teatrali, i musei, le mostre prestigiose e i tanti eventi proposti.



    taglio di po



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    Il territorio del comune di Taglio di Po deve il nome e le origini al “taglio di Porto Viro”, imponente opera di ingegneria fluviale, realizzata dalla Repubblica Serenissima di Venezia, conclusasi nel 1604 per preservare la laguna veneta dall’interramento.

    Il comune, all’interno del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, si trova infatti sulla sponda destra del Po di Venezia lungo il quale i signori veneziani fecero costruire le loro ville di campagna tra il XVII e il XIX secolo. Tra queste ricordiamo Ca’ Nani, Ca’ Borini e la stupenda Ca’ Zen che appartenne all’amante di Lord Byron e nella quale soggiornò il poeta stesso. Per scoprire questi gioielli basta percorrere a piedi o in bicicletta le belle strade arginali che accompagnano i rami del fiume tra le cui sponde verdeggianti si può fare anche una gita in battello. La parte più orientale del paese chiamata Zona Marina si è formata tra il ‘700 e l’800 ed è il frutto del continuo apporto di detriti da parte del fiume e della trasformazione operata dall’uomo. Testimone delle grandi bonifiche avvenute nel territorio, è l’idrovora di Ca’ Vendramin trasformata dopo un lungo restauro in Museo Regionale della Bonifica. All’interno del bellissimo edificio costruito all’inizio del ‘900 si possono visitare l’officina con le vecchie macchine utensili tornitrici e molatrici, la sala caldaie e la sala macchine. Gli amanti della buona cucina troveranno sulle tavole tagliolesi saporiti piatti, come il riso alla canarola, la polenta con le seppie o le sarde in saor, che oltre a deliziare il palato, custodiscono gelosamente la storia delle locali tradizioni. Tra le numerose manifestazioni e feste che animano il paese, la più cara ai tagliolesi è la Madonna del Vajolo, celebrata il 27 gennaio con processione lungo le vie del centro. L’evento rappresenta un appuntamento molto sentito tanto sotto l’aspetto religioso quanto folkloristico-tradizionale. Un altro appuntamento altamente rappresentativo è la celebrazione del “Buon Compleanno Taglio di Po” che si svolge nel mese di settembre per una intera settimana. L’evento intende celebrare il “taglio di Porto Viro” realizzato dalla repubblica Serenissima. Il paese, grazie alle sue numerose eccellenze nell’arte della musica, è stato insignito del titolo “paese del canto e della musica” alla quale in maggio è dedicata un’importante rassegna.



    rosolina mare



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    Nella parte settentrionale del Parco Regionale Veneto del Delta del Po si trova Rosolina, località turistica della provincia di Rovigo che con le sue spiagge di Rosolina Mare e Albarella, immerse nella natura, rappresenta la meta ideale per una vacanza all’insegna del relax.

    Un ambiente unico e suggestivo, dove a sud e a nord come le ali di un airone, sfociano nell’adriatico il Po di Levante e l’Adige, straordinariamente ricco di fauna e di flora, terra di coltivazione di prodotti unici come le vongole e il radicchio.

    Il Comune di Rosolina a partire dagli anni ’60 ha saputo conquistarsi sempre più spazi e attenzioni grazie alla capacità di valorizzare le proprie risorse. Ciò è avvenuto sia per le straordinarie peculiarità naturali del territorio, sia per i suoi plus economici: orticoltura, turismo, allevamento ittico, pesca e trasformazione agro-alimentare.

    Rosolina è un luogo dove troviamo quella speciale “qualità della vita”, sempre più rara e sempre più ricercata, che pone le proprie basi nella bellezza dei luoghi, nell'efficienza dei servizi, nella genuinità dei prodotti.

    Per questo possiamo dire che questo luogo dove i confini tra terra e acqua sono invisibili, sia un luogo da visitare, da percorrere... lasciandosi andare al contatto con la gente.
    Rosolina è tutta da scoprire e poi da amare.






    porto tolle



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    Porto Tolle è il più grande comune del Parco Regionale Veneto del Delta del Po e il più giovane territorio della pianura padana. Queste terre “strappate alle acque”, furono acquistate in origine dalle nobili famiglie veneziane e sfruttate dapprima per la caccia e la pesca. A seguito di interventi di bonifica, destinati all’agricoltura, le famiglie veneziane costruirono diverse dimore di campagna dalle quali presero il nome le varie località del comune. Il suo comprensorio, fra i più estesi del Veneto, è straordinariamente ricco di ambienti naturali che hanno segnato negli anni la storia, le tradizioni e l’economia di chi ci abita. Le lagune e le valli da pesca hanno favorito lo sviluppo di un settore: la pesca, nella quale particolare importanza hanno acquisito la molluschicoltura con i suoi “orti d’acqua” e la più antica attività di vallicoltura. Da questa fruttuosa convivenza fra l’uomo e l’ambiente derivano apprezzati prodotti come cozze, vongole, cefali, orate, branzini e pesce azzurro. Altro cardine dell’economia è l’agricoltura, evidenziata da grandi distese di campi buona parte dei quali coltivati a riso, riconosciuto con il marchio di alta qualità IGP. Oggi Porto Tolle può contare anche sullo sviluppo del settore turistico perseguito rispettando con particolare attenzione il paesaggio naturale. Di notevole interesse le spiagge di Boccasette e Barricata, distese di sabbia finissima con fondali che degradano dolcemente e l’affascinante natura incontaminata alle foci del fiume, che si può scoprire grazie alle giornaliere escursioni in battello o in barca che partono dall’argine del Po, dietro al municipio. In primavera e in estate si susseguono numerose manifestazioni: tra luglio e agosto la festa del melone in località Ca’ Mello, mentre in settembre “Delta in fiera” che celebra i prodotti della tradizione locale, da non perdere “Parco Deltajazz”, rassegna itinerante di spettacoli e concerti con navigazione notturna sul Po.





    lendinara



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    Lendinara è un importante e bel paese situato nella parte medio occidentale del Polesine, attraversato dall’Adigetto, un canale irriguo che lo divide in due settori.

    Anche se numerosi ritrovamenti archeologici dimostrano che esisteva un insediamento già in età romana, il primo documento storico riguardante la città risale all'870, quando il veronese Uberto Cattaneo ottenne dai carolingi la signoria sul paese, signoria che durò per più di quattro secoli.

    I padovani acquistarono la città nel 1283 e la cedettero poi agli Estensi. In questo periodo fu eretto il "Granarone", un grande deposito di vettovaglie e la città si arricchì di chiese e di monasteri; il castello aveva una torre maestra di cinque piani, e una fossa che circondava tutto il paese. Dopo esser stata venduta ai veneziani, per Lendinara il quattrocento fu il secolo d'oro per la cultura e nacque anche la grande scuola dei Canozi, artisti del legno fra cui eccelsero i fratelli Lorenzo (m. 1477) e Cristoforo (m. 1490) autori di pregevolissimi intagli e tarsie lignee. Il fermento culturale caratterizzò anche i secoli successivi tanto che nel settecento Lendinara fu chiamata "l'Atene del Polesine".Tra la fine del Settecento e tutto l'Ottocento la città fu dominata inizialmente dai francesi e successivamente dagli austriaci. Nel 1866 Lendinara entrò a far parte del Regno d'Italia.

    Il notevole patrimonio storico-artistico delle chiese cittadine e le antiche architetture nobiliari del centro storico fanno di Lendinara una delle mete turistiche irrinunciabili quando si visita il Polesine. Tra le architetture religiose si ricorda il Santuario della Beata Vergine del Pilastrello (officiata dai Benedettini Olivetani dal 1577) che ospita capolavori d’arte veneta tra il XVI e XVIII secolo; il Duomo di S. Sofia, chiesa di imponenti dimensioni con la sua maestosa torre campanaria; la chiesa di S. Biagio che ad inizio Ottocento ha assunto linee neoclassiche grazie al progetto del lendinarese Giacomo Baccari. E ancora Piazza Risorgimento con il Palazzo Pretorio, la Torre dell’Orologio e la loggia del Palazzo Municipale; il giardino romantico di Ca’ Dolfin Marchiori della seconda metà del XIX secolo. Una passeggiata lungo le rive dell’Adigetto farà scoprire i luoghi della vita del garibaldino Alberto Mario al quale, in maggio, è dedicata la bella rievocazione storica “Arriva Garibaldi” con sfilate di personaggi in costume ottocentesco. Tra altri insigni lendinaresi, si ricorda anche il liutaio Domenico Montagnana, costruttore a Venezia di pregevolissimi violoncelli e violini,in onore del quale ogni anno da settembre si tiene un festival musicale. Prima di lasciare Lendinara non va dimenticato di entrare in una pasticceria o panetteria per acquistare “La Puazza”, dolce tipico a base di mandorle dedicato alla figura marmorea che decora il palazzo Pretorio e che la tradizione locale identifica in un’opera di origine orientale raffigurante la dea Iside.



    ficarolo



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    Certamente un "Vico" romano dà il nome a Ficarolo, il Vicus Arii o Vicus Atrioli, situato sul Po e su di una strada romana proveniente da Gognano. L'insediamento romano è del resto testimoniato da ritrovamenti di tombe con relativi arredi, idoletti, monete, vasi, ecc.
    Qui avvenne nel 1152 una storica rotta del Po che determinò un cambiamento radicale nel corso del fiume, in precedenza molto più a sud. Nel 1328 si ebbe una vera e propria investitura agli Estensi, durata fino al 1597. Proprio in queste zone, alla fine del ‘400, si svolsero alcuni episodi della guerra tra Estensi e Veneziani, che portò in campo figure illustri come Federico da Montefeltro, duca di Urbino, grande condottiero e mecenate della cultura rinascimentale italiana. Il paese conserva infatti evidenti tracce dell’influenza emiliana nella bella Villa Giglioli, costruita nel 1500 per la famiglia degli Arienti.

    L’edificio in mattoni è affiancato da due torri ed è decorato all’ingresso da un’elegante scala a due rampe semicircolari. Accanto alla settecentesca chiesa arcipretale, si erge il campanile che, nei suoi oltre 70 metri di altezza presenta una spiccata pendenza, caratteristica tipica dei fabbricati costruiti su pianure alluvionali soggette al fenomeno della subsidenza. Tra le manifestazioni da non perdere si segnalano in luglio la Fiera del Carmine, l’evento più importante dell’anno con un programma interessante ricco di canti, balli e spettacoli e la Sagra dello Storione, con carrellata di piatti e ricette tipici. Una visita a Ficarolo può tranquillamente snodarsi in quattro itinerari, che dal centro storico portano alle tre principali frazioni e lungo il grande fiume Po; salendo sull’argine si può fare una passeggiata e ammirare la stupenda ansa del fiume dove sorge l’isola Tontola, area protetta del WWF.




    arquà polesine



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    Dove un tempo si inarcava un antico corso d’acqua sorge Arquà. Unico in Polesine vi sopravvive il castello medievale, fatto costruire dalla famiglia ferrarese dei Marchesella a difesa delle proprie terre, poi roccaforte estense conquistata dalla Serenissima, infine adattato ad elegante residenza. Con la sua torre merlata medievale e gli intriganti affreschi recentemente riportati al loro splendore, offre l’opportunità di un viaggio nella storia di questi luoghi dal Medioevo al Settecento, storia rievocata dagli abitanti del paese in occasione della locale sagra del Maggio Arquatese, con le manifestazioni del “Principiar del Cantar Maggio”.

    Non lontano dal castello sorge l’antico casino di caccia estense, riportato dagli attuali proprietari al suo aspetto medievale. Ne aumenta il fascino la rigogliosa vegetazione del giardino romantico ottocentesco. La strada che li collega si incrocia con quella che congiunge i due principali edifici sacri del paese: la chiesa parrocchiale di S. Andrea, risalente al ‘700 nel suo aspetto attuale, e il cinquecentesco oratorio di S. Antonio. Nella parrocchiale si possono ammirare il fonte battesimale del 1430, i pregevoli altari di marmo e le tele del Canal e dell’Ugolini.

    Merita poi una visita il complesso di Ca’ Marchese, villa signorile con barchessa e oratorio.Gli amanti della natura possono godere della bellezza delle campagne attorno al paese percorrendo l’itinerario ciclabile lungo il Canalbianco.




    castelmassa



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    In una vecchia edizione del famosissimo libro “ Don Camillo” di Giovannino Guareschi, la copertina ritrae Piazza Libertà, che, con gli eleganti portici e i palazzi che la circondano è una delle molte attrattive di Castelmassa. Sulla piazza si affacciano l’oratorio del SS. Nome di Maria, progettato da Gennari, nipote e allievo del Guercino, e la bella chiesa di S. Stefano con la sua elegante loggia a ordini sovrapposti. Dalla piazza sono visibili anche le scalinate che portano sull’argine. In questo tratto, il corso del fiume Po si allarga lasciando spazio ad ampie golene coltivate a pioppeto e ad una millenaria isola ricoperta da una fitta vegetazione. Chi visita Castelmassa sentirà nominare la “Fecula”, è il nome con cui gli abitanti chiamano la grande fabbrica attorno alla quale si è sviluppato il paese.

    Questa industria, specializzata nella lavorazione del mais, da 60 anni è un importante motore dell’economia locale. Lo stesso si può dire anche per la produzione di artigianato artistico grazie alla rinomata “Scuola di Arti e Mestieri” istituita nel 1890. Tra le manifestazioni va ricordata l’ antica Fiera di S. Martino che si tiene nella seconda domenica di novembre. In tale occasione, oltre al tradizionale cartoccio di castagne fumanti, si può assaggiare il “Pane di S. Martino”, che, preparato con farina di castagne, farina di mais, lievito di birra e noci, diventa un ottimo accompagnamento per insaccati.





    occhiobello



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    Occhiobello, con le due frazioni S.Maria Maddalena e Gurzone, è il primo paese della Regione Veneto che si incontra attraversando il fiume Po venendo da Ferrara da cui dista meno di 10 Km. È un Comune molto attivo sia sul piano produttivo - industriale che sul piano commerciale: uno sviluppo economico e sociale che ha raggiunto dopo aver affrontato, nel corso dei secoli, vicissitudini di ogni sorta. Nel corso dei millenni il territorio di Occhiobello subì notevoli trasformazioni sia di origine naturale, sia di origine storico-politica in seguito alle continue invasioni di civiltà diverse tra cui i Celti, gli Etruschi, i Galli ecc…; a seconda delle dominazioni anche la struttura politica ed economica subiva cambiamenti.

    Dopo gli ultimi importanti eventi, cioè i bombardamenti della seconda guerra mondiale e la catastrofica alluvione del fiume Po del novembre 1951, Occhiobello è stato al centro di un boom di attività commerciali ed industriali che gli hanno permesso, dagli anni settanta, uno sviluppo demografico ed economico senza precedenti, facendone scoprire quell’immagine trionfante e di importante luogo di transito che si era andata offuscando nel tempo. Crocevia di importante strade nazionali, il paesaggio è delizioso, legato soprattutto alla presenza del Po e ad interventi di valorizzazione quali percorsi di visitazione, spazi di sosta attrezzati con camper service, attracchi fluviali, ecc. L'obiettivo è offrire nuovi servizi e attrattive in grado di creare un turismo alternativo a quello tradizionale e di incentivare la formazione di una nuova occupazione legata ad uno sviluppo sostenibile. Ville settecentesche ed edilizia ecclesiale sono di casa in territorio occhiobellese. Numerosi sono i locali caratteristici, anche sul Po, dove si possono gustare le specialità gastronomiche locali: i cappelletti, i cappellacci con la zucca, il salame all’aglio, la salamina da sugo, il pane! Il pane di Occhiobello e Santa Maria Maddalena “la ciupeta” è famoso in tutt’Italia. Malgrado la forte immigrazione il Comune di Occhiobello ha mantenuto il suo profondo senso della tradizione e l’orgoglio per il proprio dialetto di confine che porta molto vivi i segni di una componente celtica. Anche oggi, con la prova dello sviluppo socio-demografico e del rinnovamento urbano, il “paese dell’alluvione” continua a dimostrare la vitalità della sua cultura forte e originale, senza mai perdere il suo tipico carattere di terra di confine.





    fiesso umbertiano



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    Situato a 30 chilometri da Rovigo e a 18 km da Ferrara, alla quale è stato legato per buona parte della sua storia, Fiesso Umbertiano è un piccolo comune ricco di bellezze architettoniche e di siti di notevole interesse artistico.
    A partire dalla stupenda villa ottagonale Morosini Vendramin Calergi costruita agli inizi del Settecento su progetto di Andrea Tirali. A Natale nella sua bellissima sala centrale non si può perdere il tradizionale concerto reso ancora più suggestivo dagli affreschi settecenteschi del grande Mattia Bortoloni, il Tiepolo del Polesine. Con altre residenze nobiliari che decorano il centro cittadino, meritano particolare attenzione gli oratori che circondano come una corona il paese nel cui centro spicca la chiesa parrocchiale.

    L’edificio racchiude in sé una vera e propria pinacoteca con i nomi più illustri del barocco veneto e l’originale tetto a cassettoni del 1600 con raffigurazioni sulla vita della Vergine e di S. Carlo Borromeo. Per gli amanti della buona cucina a Fiesso si possono gustare diversi prodotti tipici: gli gnocchi dolci con la cannella, la bondola e i tamplun, frittelle con farina di castagne, preparate in occasione del caratteristico Carnevale che si festeggia con una grande sfilata di carri allegorici. A Pasqua si può invece assistere al caratteristico cozzo delle uova con duellanti che si fronteggiano allo scopo di rompere l’uovo dell’avversario. Passando per Fiesso non si può tralasciare di visitare Le Gorghe, zona umida situata a circa 500 metri a nord dell’abitato di Ospitaletto in direzione di Pincara, di particolare rilievo naturalistico, con paesaggi suggestivi e una fauna ricca di specie; da segnalare la presenza degli aironi, gli eleganti uccelli con lunghe zampe e grandi ali, che vivono in paludi ed acquitrini.





    bergantino



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    E’ già affascinante pensare alle diverse storie e leggende legate all’origine del suo nome; dal “brigantinum”, la “piccola nave” usata dagli ostigliesi per solcare il fiume di cui parla Plinio il Vecchio, alla tribù di Celti, noti come “Brigantii”, originariamente stanziati intorno al lago di Costanza, che scendendo in pianura Padana si sarebbero sistemati in questa zona, fino all’ultima proposta, a dire il vero poco attendibile, che riconduce il nome di Bergantino all’espressione greca “brakous anthos” dal poetico significato di “palude fiorita”.

    Anche Bergantino vanta una lunga storia; dall’insediamento preistorico in una vasta palude con isolotti e palafitte, alla dominazione romana, fino a quella estense durata oltre 600 anni. Oggi Bergantino è sicuramente uno dei centri più caratteristici dell’alto Polesine, raccolto sotto i possenti argini del Po, centro vitale del cosiddetto “distretto della giostra” specializzato nella costruzione di macchine per Luna Park esportate in tutto il mondo. Accanto a questa realtà imprenditoriale rappresentata da ben 120 aziende, nel comune vive una comunità di spettacolisti itineranti che stagionalmente si spostano portando le loro attrazioni nelle piazze di tutta Italia. La loro storia è ben documentata dal Museo della Giostra e dello Spettacolo Popolare con un viaggio nelle fantastiche e magiche storie delle fiere itineranti dal Medioevo ai giorni nostri. Oltre al settecentesco Palazzo Strozzi che ospita il Museo della Giostra, nella piazza principale sorgono il Castello Diani che da fortificazione medievale fu trasformato in residenza gentilizia e la chiesa arcipretale di S. Giorgio il cui interno è decorato con opere di Lorenzo Costa e Giuseppe Maria Crespi. Per completare la visita di Bergantino è interessante salire sull’argine del Po ad ammirare una delle golene più grandi del fiume: con un’estensione di 23 ettari è una piccola Amazzonia che offre rifugio a molte varietà di uccelli e anfibi. La ricchezza e l’evoluzione biologica di questo delicato ecosistema è illustrata nel Centro Ambientale del Territorio attraverso una serie di diorami e ricostruzioni ambientali.




    polesella



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    Polesella si impone al visitatore per il numero e l'interesse degli edifici sacri e civili che conserva e donano alla località un notevole fascino. Sviluppatasi lungo il corso della Fossa omonima e del Po, Polesella conserva tracce di un nobile passato, testimoniato dalla presenza di diverse ville veneziane. Tra queste, le secentesche Ca’ Rosetta, una delle poche ville biloggiate presenti in Veneto, e Villa Armellini, caratterizzata dalla tipica forma cubica e da una serie di fregi a forma di testa che ornano la facciata. Del secolo XVIII invece, Villa Selmi, arricchita da un grande parco di impronta romantica. Infine, Villa Morosini, frutto della progressiva trasformazione di una casa rurale, su intervento commissionato da Francesco Morosini, doge di Venezia. L’ambiente naturale è caratterizzato da una grande lunata che il fiume compie in questo tratto. Sette moli fanno poi nascere piccole spiagge, accanto alle quali si trova un attracco fluviale ben attrezzato. Tra gli eventi principali, da ricordare la Notte Bianca (ultimo sabato di luglio), il Mercatino dell’Antiquariato nella terza domenica del mese, la manifestazione “Rock 4 Peace” del 1° maggio, la Fiera di Pentecoste, il Premio Letterario Nazionale “Villa Morosini” il 2 giugno e la Rassegna Teatrale “Ars Bonus Sette Moli” tra settembre e ottobre. Tra i prodotti tipici della tradizione gastronomica locale si può gustare il baccalà con il pomodoro, le lumache in umido e la “gnocca”, dolce a base di pane raffermo e farina di castagne.





    FIUMI....nella provincia di rovigo.



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    Il Polesine è stretto tra Adige e Po, ma nel suo territorio sono presenti altri corsi d’acqua che lo caratterizzano e lo rendono un luogo unico. Oltre ai due fiumi maggiori, il Tartaro-Canalbianco, l’Adigetto, derivazione dell’Adige, il Ceresolo, canale artificiale utilizzato per l’irrigazione lungo 50 chilometri e una fittissima rete di canali di drenaggio. Nessuna terra, come il Polesine, è stata disegnata e plasmata dai fiumi; protagonisti assoluti della sua storia e uniche vie di comunicazione fino alla Rivoluzione Industriale, grazie ad essi sono nate e fiorite diverse civiltà dall’età del bronzo fino alla Repubblica di Venezia.

    A causa della subsidenza, buona parte del territorio si trova oggi sotto il livello del mare, protetto dai possenti argini che accompagnano il Po e l’Adige fino all’Adriatico. Nessuno immagina che il delicato equilibrio tra terra e acqua sia mantenuto da notevoli opere di bonifica e strutture di difesa senza le quali il territorio sarebbe completamente sommerso.

    Queste opere sono oggi attuate dai consorzi di bonifica che hanno costruito canali e installato idrovore per scaricare l’acqua nei ricettori che la immettono nel mare. Questa affascinante storia dell’uomo che lotta per strappare terreno all’acqua è cominciata già al tempo degli Etruschi e si è evoluta nei secoli grazie a Benedettini, Estensi e Veneziani. Per scoprirla basta visitare alcuni manufatti di archeologia industriale trasformati in musei come l’idrovora di Ca’ Vendramin nel comune di Taglio di Po o il Septem Mària Museum di Adria. Il fiume in Polesine è quindi protagonista assoluto, luogo da vivere intensamente, a piedi, in bicicletta, in barca, a cavallo.

    Partendo dall’Adriatico si può risalire il Po e arrivare fino a Cremona, oppure utilizzare la rete del bacino idrografico del Fissero-Tartaro-Canalbianco; le vie navigabili polesane rappresentano infatti una opportunità di visita importante per chi vuole vivere il Polesine nella sua interezza, cogliendo appieno la sua anima più autentica. Grazie ai numerosi attracchi fluviali è inoltre possibile visitare i piccoli centri rivieraschi e magari fare una sosta per un pic-nic in una delle tante golene attrezzate. I tanti percorsi ciclopedonali lungo le strade arginali offrono ai visitatori l’opportunità di godere di panorami mozzafiato, in particolare al tramonto, quando il cielo dipinto di rosso si congiunge con l’azzurro dell’acqua, creando una immagine unica, introvabile altrove.




    Adige


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    AdigeL’Adige nasce presso il Passo Resia, in Val Venosta e sfocia nel Mar Adriatico. Con i suoi 409 chilometri è il secondo fiume italiano e attraversa due regioni, Trentino Alto Adige e Veneto.
    Scorre - con andamento tranquillo e ampie anse - per una ottantina di chilometri all’interno del Polesine dove tocca i territori di diversi comuni: Badia Polesine, Lusia, Rovigo, S. Martino di Venezze, Pettorazza Grimani, Loreo e Rosolina.
    La storia del fiume è abbastanza complessa a causa delle continue modificazioni del tracciato, dovute ad una lunga serie di violente e disastrose rotte, che hanno più volte cambiato la morfologia del territorio.
    AdigeL’odierno corso del fiume risale alla rotta della Cucca del 589 d.C., quando il fiume proruppe verso Legnago e Badia Polesine, assumendo l’attuale configurazione.
    Nel 1438, al confine con la provincia di Verona, si verificò una esondazione che originò due varchi: Malopera e Castagnaro. Questi canali andarono a ricongiungersi nel Tartaro che, a seguito del colore delle sabbie e dei detriti trasportati, prese il nome di Canal Bianco.
    Le foci si trovano al confine tra Chioggia, in provincia di Venezia e Rosolina; proprio sull’estuario si trova il Porto Fossone, dove è possibile ammirare zone naturalistiche molto interessanti, luoghi incontaminati caratterizzati dalla presenza di canneti e di alcune isolette.






    Po



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    Il fiume Po - CrespinoIl Po con i suoi 652 chilometri è il fiume più lungo d’Italia e attraversa tutta la Pianura Padana fino al mare Adriatico, dove sfocia a delta tra Porto Levante a nord in provincia di Rovigo e la Sacca di Goro, a sud in provincia di Ferrara, dando vita ad una delle più vaste zone umide d’Europa e del Mediterraneo. Il suo delta è di 380 chilometri quadrati e si dirama in cinque bocche: Po di Maistra, Po della Pila, Po di Tolle, Po della Gnocca, Po di Goro.

    I mutamenti nel corso del fiume a causa di piene, magre, rotte ed alluvioni hanno fortemente modificato la fisionomia del territorio dall’antichità fino ad oggi; in tempi antichi il corso del Po si trovava più a sud rispetto a quello attuale, nelle vicinanze di Ravenna e Comacchio.

    Nel dodicesimo secolo si verificarono una serie di rotte; la più disastrosa fu quella di Ficarolo attorno al 1152, in seguito alla quale il fiuIl Fiume Po - Porto Virome si incanalò verso nord in un solo alveo. Seguirono altri eventi ed alluvioni; la più importante dei tempi moderni, della quale ancora oggi rimane traccia nei ruderi abbandonati alle acque e nella memoria delle persone più anziane, è la grande alluvione del 1951, quando l’acqua del Po sommerse paesi, case, persone e campagne, lasciando ovunque desolazione e miseria.

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    Evento decisivo per il corso del Grande Fiume fu il Taglio di Porto Viro del 1600-1604: i veneziani scavarono nel giro di quattro anni un canale artificiale, ora letto attuale. Il vecchio alveo divenne un canale navigabile (Canal Bianco Po di Levante) ed ebbe inizio la formazione del Delta moderno. Nei primi anni del ‘900 fu costruita l’idrovora di Ca’ Vendramin che diede impulso alle grandi opere di bonifica, grazie alle quali vaste aree di acquitrini furono trasformate in fertili campagne.

    Il Delta attuale è sotto il livello del mare ma esiste un complesso sistema di idrovore, controllate dal Consorzio di Bonifica Delta Po Adige, che sollevano un miliardo di metri cubi di acqua all’anno e le convogliano nei canali di scolo.
    La velocità di accrescimento del territorio del Delta Veneto nel giro di 350 anni è stata di sette chilometri ogni secolo.

    Qui abbiamo citato solo gli eventi più eclatanti, abbiamo sintetizzato una storia lunghissima, di migliaia di anni. Quello che ci interessa però trasmettere è il senso, lo spirito che caratterizza questa terra dominata dal Po: il fatto che qui il fiume è una presenza fortissima che desta stupore e ammirazione, che anima il territorio e lo rende un posto speciale, unico. Un posto che per essere capito appieno deve essere percorso sugli argini – gli argini enormi ed imponenti costruiti per contenere le acque – tra i canali e i canneti del Delta, nelle ampie e bellissime golene, nei Musei che ripercorrono la sua storia. Per fare una esperienza che ha l’ambizione di non essere solo “turistica”, ma anche estetica e culturale; una esperienza a 360° che vale la pena di vivere e ricordare.





    Canal Bianco



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    Canal BiancoIl Canal Bianco è un canale artificiale, tratto intermedio del Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, via navigabile lunga 135 km che collega Mantova con il mare, attraversando tutta la provincia di Rovigo.

    Il tratto iniziale, della lunghezza di 52 km, è naturale e prende il nome di "Tartaro"; il tratto intermedio, lungo 78 km, è costituito dal canale artificiale che prende il nome di "Canalbianco" e arriva fino alla conca di Volta Grimana.

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    Canal biancoIl tratto finale, di 17 km, arriva fino alla foce e prende il nome di "Po di Levante".

    La lunghezza totale del fiume dalle sorgenti al mare è di 147 km.

    L’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante o Mantova-mare, è completamente navigabile e offre numerose opportunità per la navigazione da diporto e per il turismo in Polesine.

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    Canal biancoSi collega inoltre alla linea navigabile "Po-Brondolo" che dalla laguna di Chioggia permette di raggiungere Venezia.




    Golene



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    GoleneLe golene sono aree pianeggianti comprese tra il letto di un fiume e l’argine naturale o artificiale e si allagano nei periodi di piena. Sono situate soprattutto lungo il corso del Po, ma altrettanto suggestive - anche se meno numerose - sono quelle dell’Adige, percorribili a cavallo o in bicicletta, Adigetto e Canalbianco.

    Golena di Calto
    La golena di Calto è situata sotto la strada arginale, di fronte al centro del paese in via Castello. L’area attrezzata è un luogo ideale dove sostare dopo una passeggiata a piedi o in bicicletta, per godersi la pace, la tranquillità, all’ombra di una fitta vegetazione o sulle piccole spiagge in riva al Po.

    Golena S’AntonioGolene
    La Golena S’Antonio a Crespino, recuperata dopo anni di abbandono, è dotata di approdo turistico dedicato a Fetonte. In questa meravigliosa cornice sono state valorizzate le specie autoctone ed è stato realizzato un percorso per piacevoli scampagnate ed un area attrezzata con panche, tavoli di legno e focolari in pietra per picnic; è punto di sosta per i camper.


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    Golena di Bergantino
    La vastissima golena di Bergantino, è una zona umida fra la sponda del Po e l’argine maestro, formatasi nel corso dei secoli dall’accumulo di limo, argilla e sabbia. E’ un sito di notevole importanza floro-faunistica, la vegetazione è costituita principalmente da salici bianchi e pioppi neri, alcuni alberi sono ricoperti da una particolare liana che conferisce al bosco un aspetto simile alla foresta tropicale. Moltissimi gli uccelli che si possono ammirare: passeriformi, gabbiani reali, germani, tuffetti, folaghe, gallinelle d’acqua, aironi e garzette. E’ un luogo ideale per passeggiate a piedi ed in bicicletta.

    Golena di Bonello
    La golena di Bonello era in origine un'isola formata dal corso del Po, poi legata alla terraferma nel XIX secolo grazie ai lavori di bonifica. Territorio di confine tra i comuni altopolesani di Gaiba e Stienta, è in parte coltivata e in parte lasciata alla colonizzazione della vegetazione spontanea. Degno di nota è l’Oratorio di S. Carlo Borromeo del ’600.


    Museo dei Grandi Fiumi



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    Ha sede nel restaurato Monastero degli Olivetani, a fianco della chiesa di S. Bartolomeo. Il Museo dei Grandi Fiumi raccoglie prevalentemente materiali archeologici provenienti, quasi esclusivamente, da ricerche e raccolte effettuate in anni diversi nel Medio e Alto Polesine.

    Per l’età del Bronzo figurano i materiali provenienti da recenti scavi (Larda di Gavello e Zanforlina di Pontecchio) e parte delle raccolte di superficie e di scavo condotte a Frattesina (abitato e necropoli). Dell’età del Ferro (V sec. a.C.) sono i materiali di Balone presso Rovigo (necropoli e abitato), di S. Cassiano (abitato) e reperti recuperati da ricerche di superficie nel territorio di Gavello.
    Non trascurabili i nuclei di raccolte di epoca romana, tra cui particolarmente consistente quanto recuperato in dieci anni di scavo (1990-2000) nei comuni di Gaiba e Ficarolo. Recentemente dal Museo Archeologico Nazionale di Adria sono stati depositati nuclei di materiali recuperati in territorio altopolesano agli inizi del secolo scorso.

    Non trascurabile è inoltre la collezione di ceramiche databili tra i secoli XIV – XVIII, frutto di ricerche condotte a partire dal 1965 e provenienti dal territorio medio-alto polesano e dall’area urbana di Rovigo.
    Il percorso espositivo, allo stato attuale, si svolge secondo un criterio cronologico attraverso le ambientazioni scenografiche che ricostruiscono l’evoluzione antropica e ambientale del Polesine, dagli insediamenti dell’età del Bronzo di Canàr di Castelnovo Bariano, Larda di Gavello e, in particolare, Frattesina di Fratta Polesine, a quelli dell’età del Ferro, con le significative realtà dell’entroterra di Adria nei secoli VI-V a.C. (l’insediamento rurale di S. Cassiano di Crespino, la necropoli etrusco-padana di Balone presso Rovigo, le testimonianze dal territorio di Gavello), a quelli dell'epoca romana, con la ricostruzione del quadro dell'antropizzazione del Polesine tra il II sec. a.C. e il II sec. d.C. Il visitatore potrà conoscere aspetti della vita domestica, sociale, religiosa delle epoche più antiche della storia del Polesine, nella visione generale di culture coeve italiane ed europee.



    Museo Regionale della Bonifica



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    Il Museo è dedicato alla bonifica ed alla sua attività secolare.

    Una testimonianza dell'attività bonificatrice compiuta nel Delta, un simbolo del territorio bassopolesano e del rapporto indissolubile tra uomo e acqua.

    Un Museo sui generis, dove l’edificio dell’ex idrovora è una collezione di macchine, spazi, attrezzature che testimoniano il lavoro compiuto dall’uomo per convivere con il fiume, per mantenere vivibili territori dal delicato equilibrio terra-acqua.






    Septem Maria Museum



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    Il Museo è ospitato nella sala macchine dell’idrovora di Amolara, edificio dell’800 di stile neoclassico progettato per il “prosciugamento del consorzio Campagna Vecchia Inferiore a mezzo di ruote idrofore mosse da macchine a vapore”.
    Dopo alcuni anni dalla chiusura dell’idrovora, l’edificio venne ristrutturato e trasformato in un centro polivalente ospitante un Museo della storia della civiltà delle acque, un laboratorio per ricerche di ingegneria naturalistica, un centro convegni, un ufficio informazioni turistiche e l’Ostello Amolara per accogliere i visitatori della città di Adria e del Parco Naturale del Delta del Po.

    Tipologia/collezioni - Il Septem Mària è un museo che parla di acqua in un edificio nato in funzione dell’acqua. La denominazione “sette mari” data dallo storico Plinio il Vecchio a questo territorio giustifica appieno la localizzazione in questa zona di un museo che ripercorre - attraverso documenti materiali e fotografici, pannelli didattici, testimonianze, mostra delle macchine idrovore - la storia del lavoro di bonifica compiuto nell’ultimo secolo.







    Museo delle Acque di Crespino



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    Il Museo delle acque di Crespino, attraverso preziosi reperti racconta la vita in riva al fiume fino a qualche decennio fa. Bonifica, governo dei fiumi e canali, mestieri del Po come pescatori, carpentieri, calatafari, fabbri, scariolanti, arrotini, guardiani, stradini e sgarbanti.



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 13:25
     
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    ARTE E CULTURA




    La cosa bella è che qui, in Polesine, si trova un patrimonio artistico e culturale insospettabile. E’ proprio questo suo essere poco conosciuto, questo suo voler essere scoperto a poco a poco, senza conoscenze preconfezionate a renderlo ancora più prezioso. Qui ci si sente unici e speciali perché si ha l’opportunità di vedere, ammirare, apprezzare opere e monumenti che non sono oggetto di visita da parte del grande pubblico, ma che sono di altrettanto pregio e rilievo delle grandi opere più conosciute. Il numero di ville e palazzi storici presenti nei 50 comuni della provincia di Rovigo colpisce perfino chi vive qui da sempre. Luoghi in cui si respira la storia, la vita del passato, in cui si possono immaginare i riti, le abitudini, le vicende dei personaggi, delle famiglie, delle illustri personalità che hanno vissuto e operato in Polesine nei diversi momenti storici. E che dire dei capolavori custoditi non solo nella Pinacoteca del capoluogo, ma anche nelle chiese, nelle dimore storiche, nei palazzi, nelle ville. E poi i musei, tante realtà grandi e piccole che conservano reperti e testimonianze di epoche diverse e attraverso i quali è possibile entrare in contatto diretto con le tradizioni e la storia di questo territorio. Insomma, i visitatori che amano l’arte e sono interessati ad un soggiorno che contempli anche itinerari culturali, non hanno di che annoiarsi in Polesine!





    A comporre il Sistema Museale della Provincia di Rovigo sono le tante, diverse realtà museali che custodiscono la storia e le tradizioni del territorio polesano e lo straordinario patrimonio culturale sparso nei diversi angoli della provincia. Sono 26 le realtà che ad oggi fanno capo al Sistema; un insieme variegato di luoghi, uniti tra loro dalla volontà di creare conoscenza e crescita culturale intorno a ciò che è stato ed è oggi il Polesine, nelle sue innumerevoli sfaccettature. Scorrendo l’elenco dei Musei ci si rende conto che esso comprende realtà di tipologia differente, proprio perché differenti sono gli aspetti che descrivono questo territorio così variegato, così ricco. La storia antichissima di questa terra, le sue tradizioni, la sua anima, il suo percorso umano, il susseguirsi di usi e costumi delle diverse aree della provincia, il suo ambiente così particolare, le arti figurative e tanto altro ancora: il visitatore che vuole davvero “entrare” in questo territorio, non solo percorrerlo in superficie, ma comprenderne i meccanismi, gli equilibri, lo spirito, non può non visitare i tanti musei archeologici ed etnografici, quelli che ripercorrono e ricostruiscono aspetti peculiari del Polesine - come il Museo della Bonifica - gli ecomusei, i musei civici. Solo così è possibile comprendere fino in fondo che cos’è il Polesine: una terra non facile, che non si offre immediatamente e completamente, ma che chiede un atteggiamento di curiosità e scoperta. Una sfida che vale la pena affrontare, perché alla fine, andando via, rimane la sensazione appagante di aver conosciuto qualcosa di speciale, un pezzo di Italia unico e prezioso.





    ALCUNI MUSEI


    Museo Civico "A.E. Baruffaldi"


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    Intitolato ad un insigne storico badiese - Antonio Eugenio Baruffaldi nato a Badia Polesine nel 1862 - il Museo raccoglie testimonianze della storia e della società di Badia attraverso i secoli. Sono esposti quindi oggetti riguardanti i vari periodi storici (la storia più antica, con reperti romani, medioevali, e dal XVI e XVIII sec., il Risorgimento, le avventure coloniali, la Guerra del 1915/1918, la Seconda Guerra Mondiale) , le istituzioni civili e religiose, la ceramica, la fotografia, il tempo libero e un modellino del mulino natante dell’Adige.
    Importante la sezione che ospita dipinti di artisti badiesi del XIX e XX sec. e l'"Ultima cena" (234 x 722 cm.) dipinta da Girolamo Bonsignori nel XVI secolo.




    Museo Archeologico della Centuriazione romana



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    Il museo raccoglie circa 400 reperti raccolti in superficie nella grande centuriazione romana di Adria individuata recentemente nelle campagne tra Adria e Rovigo dove con una ricerca di superficie metodica, autorizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, sono stati individuati circa 350 siti archeologici.
    Il GAV ha allestito nel 1990 la Mostra Archeologica Didattica sulla Centuriazione Romana e ne cura la gestione per conto della Amministrazione Comunale. Essa è ospitata nell' antica residenza della famiglia Patella, palazzo attualmente sede del Municipio.

    Il Museo, che ha scopi didattici, è impostato in quattro sezioni:
    a) Le centuriazioni in generale e la centuriazione di Adria in particolare.
    b) La ricerca archeologica di superficie.
    c) Le attività dei coloni romani nella centuriazione.
    d) Le tracce lasciate dalle popolazioni venete prima dei romani.

    Si possono ammirare frammenti di laterizio e lapidi, materiali relativi ad attività domestiche ed artigianali: pesi da telaio, frammenti di anfore, lucerne, ceramiche da mensa e da fuoco; monete in argento; nei corredi tombali, balsamari e vari recipienti in vetro.





    Museo Archeologico Nazionale di Adria




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    Nasce nel 1904 come Museo Civico dopo l’acquisto, da parte del Comune di Adria, della storica collezione di antichità locali raccolta in più di 150 anni dalla nobile famiglia dei Bocchi.
    Oggi è un Museo Archeologico, che conserva quindi le testimonianze archeologiche di Adria, unico centro urbano antico della provincia di Rovigo e del Basso Polesine.
    Quale sede dipendente della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto svolge attività di tutela archeologica del territorio.
    Missione del Museo è l’illustrazione della straordinaria storia antica di Adria, città portuale sorta nel VI secolo a.C.; rappresenta quindi il fulcro di tutte le attività di ricerca archeologica ad Adria e nel Basso Polesine.

    Tipologia/collezioni - Il primo piano è dedicato al tema della formazione della città ed in generale dello sviluppo degli insediamenti nel Delta del Po a partire dal VI secolo a.C. ad opera di Veneti, Greci ed Etruschi. Il piano rialzato è invece dedicato all’età romana. Si possono ammirare numerosissimi reperti rinvenuti nel territorio: ceramica paleoveneta a fasce rosse e nere, ceramica attica a figure rosse e nere raffiguranti scene di guerra, di vita quotidiana, di personaggi mitologici, gioielli e bronzetti etruschi, vetri romani e fibule celtiche, ecc…






    Museo d'Impresa delle Antiche Distillerie Mantovani



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    Il Museo d'Impresa "Il futuro della memoria" delle Antiche Distillerie Mantovani è stato inaugurato nel novembre del 2004 ed è stato costruito all'interno dell'azienda, attraverso un percorso che ricostruisce la storia imprenditoriale e lavorativa di ben 6 generazioni.
    Il progetto è frutto di una appassionata ricerca sulla storia, le leggende e le tradizioni relative ai liquori e ai distillati.
    All'interno si trovano oggetti dell'azienda stessa ma anche oggetti acquisiti nel corso dell'attività di ricerca.
    Il museo offre ai visitatori un itinerario esplorativo, educativo e didattico sulla produzione artigianale dei liquori e dei distillati.
    Il percorso parte da tradizioni e leggende relative ad un mestiere di antichissima origine, passando attraverso i processi di lavorazione di prodotti artigianali.
    Inoltre il visitatore viene coinvolto attivamente attraverso l'uso dei sensi per riconoscere, ad esempio, il profumo delle materie prime (erbe aromatiche, spezie, olii essenziali, frutti…) e per sapere valutare le caratteristiche del prodotto.





    Museo della Corte




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    In una bella corte seicentesca due fabbricati rurali ospitano una mostra fotografica sulla storia della corte con mappe storiche, un museo permanente sulla fauna tipica del Parco del Delta del Po e un museo della civiltà contadina. Nella sezione etnografica sono stati ricostruiti alcuni ambienti tipici della civiltà contadina polesana: a piano terra un’osteria di campagna anni ’50 e la cucina con il caratteristico camino; al piano rialzato la camera da letto e la soffitta con i giochi dei bambini e vari oggetti di uso quotidiano. Alle pareti numerose fotografie illustrano alcuni lavori del secolo scorso, molti dei quali ormai scomparsi. In altre sale sono esposti esemplari di più di 100 specie di uccelli sono ormai ordinati sistematicamente in modo da evidenziare l’aspetto evolutivo.



    Osservatorio Astronomico Bazzan di Sant'Apollinare




    L'Osservatorio è dotato di uno strumento in postazione fissa costruito da Marcon, con obiettivo riflettore di 30 cm di diametro e lunghezza focale di 150 cm (f=1:5) in configurazione Newton, e di 600 cm (f=1:20) in configurazione Cassegrain. Sono inoltre presenti altri strumenti portatili, sia rifrattori che riflettori, che vengono collocati in una terrazza attigua alla sala-cupola per poter alternare agevolmente le osservazioni telescopiche con quelle a occhio nudo per un più facile orientamento nel cielo e un più organico riconoscimento delle costellazioni da parte dei visitatori.




    Museo Etnografico "a l'alboron"




    Il Museo Etnografico "a l'alboron" - Costa di Rovigo nel tempo - raccoglie, archivia e valorizza documenti e reperti storici relativi alla storia sociale, economica e religiosa del territorio di Costa di Rovigo. Trattandosi di una realtà socio-economica a vocazione prevalentemente agricola, il museo si fregia di un percorso tematico ed espositivo incentrato principalmente sul ritmo delle stagioni che, dai tempi più remoti, hanno profondamente plasmato la vita delle comunità contadine regimentandone le risorse alimentari e la disponibilità di materie prime
    Dopo una breve presentazione della pianura di Costa di Rovigo e della sua genesi, il visitatore ha modo di seguire il divenire del ciclo produttivo annuale, testimoniato dai numerosi e particolari attrezzi agricoli, di immedesimarsi in un ambiente domestico, di apprezzare l’essenzialità delle mansioni artigiane e di acquisire informazioni sulla storia di questo piccolo ma antico nucleo abitativo sorto sugli argini dell’Adigetto.




    La collezione di ocarine di Grillara di Ariano Polesine



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    “L’Ocarina” è una azienda agricola e fattoria didattica, dove è possibile compiere un percorso di riscoperta di antichi mestieri e tradizioni legati alla civiltà contadina del territorio polesano.
    Qui si trova una ricca collezione di strumenti a fiato in argilla, le ocarine, delle quali, attraverso visite guidate e laboratori didattici, si scoprirà l’uso nei giochi, nei balli e nelle feste e si imparerà l’importanza della loro componente sonora, dell’aspetto decorativo e della forma.
    L'azienda organizza visite e laboratori didattici per gruppi organizzati e scolaresche di ogni età.
    Il Laboratorio è realizzato con il sostegno dell’Ente Parco Regionale del Delta del Po





    Mulino al Pizzon



    Nel punto in cui lo Scortico si getta nel Tartaro, c'è l'Antico Mulino del Pizzon, un mulino ad acqua che sfrutta il salto tra un fiume e l'altro. Oggi, il Mulino oltre ad essere una locanda è ECOMUSEO immerso nel verde dell'affascinante paesaggio polesano e modello di archeologia industriale recuperata, in quanto ospita un moderno impianto di produzione di energia elettrica alimentato dal flusso dello Scortico e quindi privo di impatto ambientale.




    Museo del Miele



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    Il Museo è stato allestito presso il Centro di Apicoltura di Cà Cappellino, dove i produttori del Miele del Delta del Po della zona portano i loro melari; qui viene fatta la smielatura, il miele viene controllato con analisi chimiche, messo nei maturatori, confezionato e venduto al pubblico.
    Il Museo è strutturato nella forma di un percorso con cartellonistica e teche contenenti vari nidi naturali di imenotteri, oltre ad attrezzature antiche e moderne per la lavorazione del miele.
    L’obiettivo è fa conoscere ai visitatori il mondo delle api, il loro incessante e instancabile lavoro che porta alla produzione di miele, ma anche di polline, propoli, pappa reale e cera.





    Pinacoteca dell'Accademia dei Concordi e del Seminario Vescovile



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    La Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi e del Seminario Vescovile hanno sede nel prestigioso Palazzo Roverella, dimora quattrocentesca del potente cardinale Bartolomeo Roverella. Il percorso si articola in due piani: il piano sottotetto particolarmente suggestivo per l’uso del mattone rosso a vista ed il piano nobile decorato con affreschi tardo ottocenteschi. Lo spazio espositivo è di circa 2000 mq.

    Il Museo opera nel settore artistico, realizzando visite guidate, attività didattiche per scuole di ogni orine e grado, letture parallele di maestri antichi e contemporanei e rassegne di musica e pittura. Le opere pittoriche esposte sono prevalentemente di scuola veneziana dal XIV al XVIII secolo (Giovanni Bellini, Giambattista Piazzetta, Giambattista Tiepolo). Sono presenti anche opere di scuola ferrarese (Dosso Dossi, Scarsellino), di altre scuole italiane e straniere (Giordano, Strozzi, Gossaert). E' stato aperto recentemente uno spazio per l'Arte contemporanea. Dal 1982 è presente la Pinacoteca del Seminario Vescovile.





    Planetario Civico Tolomeo di Roverdicre'




    Lo strumento proiettore si trova al centro di una cupola di circa 6 metri di diametro con la capienza di una quarantina di persone. E' possibile visualizzare oltre un migliaio di stelle, e inoltre i cinque pianeti visibili ad occhio nudo, la Luna con le sue fasi e naturalmente il Sole con i moti apparenti diurno e annuo. Può essere simulato qualunque punto di osservazione terrestre, dal Polo Sud al Polo Nord (movimento in latitudine) e qualunque stagione ed epoca storica dall'antichità fino ai prossimi millenni (precessione degli equinozi). Sono inoltre visualizzabili i cerchi fondamentali dell'astronomia sferica e le coordinate celesti.

    Alcuni proiettori accessori forniscono ulteriori immagini e informazioni che completano l'efficacia dello spettacolo-lezione che si svolge al Planetario.

    GEOLOGIA - Al primo piano è allestita una sala espositiva di geologia con campioni di rocce, minerali e fossili che illustrano l'origine e l'evoluzione del pianeta Terra, con possibilità di comparazione con gli altri pianeti del Sistema Solare. Le visite guidate per le scolaresche possono essere integrate da attività sperimentali ed esercitazioni pratiche.



    Tempio della Beata Vergine del Soccorso detto "la Rotonda"



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    E’ un edificio religioso peculiare per la sua forma architettonica a pianta ottagonale. La costruzione della chiesa, su progetto di Francesco Zamberlan, fu iniziata nel 1594, allo scopo era custodire un’immagine della Madonna alla quale si attribuivano diversi miracoli, fra cui, soprattutto, la liberazione di Rovigo da una pestilenza.
    Il corpo della costruzione è composto da due strutture a pianta ottagonale, quella interna dedicata alla chiesa e quella esterna a porticato agibile su sette lati; l’ottavo è occupato dalla sacrestia. La struttura ottagonale interna, dotata di tre finestroni affiancati per ogni lato, si innalza sorreggendo un tetto ad elementi spioventi, finito di realizzare nel 1622, che sostituisce l’originaria cupola, demolita nel 1606 a causa di cedimenti strutturali.

    Un aspetto sicuramente singolare è rappresentato dalla decorazione pittorica interna, dove si impongono 22 grandi tele (ca. cm 360 x 430), disposte nella fascia inferiore e in quella superiore, che celebrano altrettanti podestà veneziani. Diverse di queste tele sono state realizzate da artisti fra i maggiori attivi,in quel periodo, nel Veneto: da Francesco Maffei, a Pietro Liberi, da Pietro Ricchi ad Andrea Celesti, da Pietro della Vecchia ad Antonio Zanchi.

    Contiene, collocato su di una balaustra a pianta trapezoidale, un pregevolissimo organo a canne, opera n° 34 del famoso costruttore d'organi veneziano Gaetano Callido. Il campanile, che si innalza nell'adiacente piazzetta per 57 metri, venne progettato dall'architetto Baldassarre Longhena.
     
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    ROVIGO E DINTORNI



    Le Ville</p


    Quando nel XV secolo i Veneziani iniziarono la conquista della terraferma non poterono ignorare il Polesine, terra fertile compresa tra le importanti vie di comunicazione della penisola, il Po e l’Adige, per non parlare dei numerosi canali e corsi d’acqua interni che furono utilizzati dai nobili per raggiungere i possedimenti agricoli. Lungo queste vie d’acqua sorsero quelle maestose dimore che decorano come gioielli la campagna polesana e veneta. Proprio a Fratta Polesine arrivò nel pieno della sua maturità un geniale Andrea Palladio che progettò la stupenda Villa Badoer. Molti suoi allievi e seguaci, chiamati dai nobili, progettarono centinaia di altre dimore non solo a Fratta ma anche a Lendinara, Polesella, Canda, Crespino e molti altri piccoli centri che spesso nel nome ricordano le dinastie del patriziato veneto. Parzialmente nascoste dagli argini dei fiumi pensili, le ville polesane emergono tra le chiome di salici e pioppi con i loro eleganti portici, le scalinate, le finestre ariose molto diverse dalle dimore estensi che le grandi famiglie di Bologna e Ferrara fecero costruire nell’area della Transpadana Ferrarese lungo il corso del Po.

    A differenza delle ville veneziane, le ville emiliane hanno corpi di fabbrica più possenti con torrioni che le fanno sembrare più simili a castelli come il caso emblematico di Villa Pepoli a Trecenta non a caso soprannominata “il Palazzon”. Le ville polesane sono tante e tutte affascinanti, capaci di offrire al visitatore romantico, ma anche al turista vorace di arte e cultura e al viaggiatore curioso, inedite emozioni, immaginando un passato in crinolina, tra feste nei giardini e viaggi in carrozza, tra dure battaglie e scontri di potere. Un passato mirabilmente testimoniato dalle dimore, i palazzi storici e le ville, da ammirare mentre si percorre il territorio, seguendo uno dei tantissimi itinerari possibili.



    La Villa Badoera



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    A tutt’oggi villa Badoer, nota come la Badoera, è l’elemento caratterizzante del piccolo centro polesano di Fratta Polesine - ricco di importanti strutture architettoniche e di storia.

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    Chi arriva qui rimane piacevolmente colpito quando si trova di fronte a Villa Badoer, inserita nel contesto del paese, armonizzata con l'ambiente circostante e da questo valorizzata. Il complesso di Fratta Polesine costituisce infatti un unicum di straordinario valore nelle sue architetture, nei suoi giardini, nel tracciato del recinto murario, nel rapporto con il paesaggio agrario. Un vero e proprio gioiello, una delle ville più prestigiose del Veneto, riportata al suo originario splendore da un sapiente restauro che oggi consente ai visitatori di godere di una esperienza culturale di alto livello.

    Questo perché è la prima villa in cui il grande architetto vicentino Andrea Palladio, uno dei massimi architetti italiani del '500, utilizzò pienamente un pronao con frontone in facciata, e l'unica realizzata in territorio polesano; è stata inserita, insieme alle altre ville palladiane del Veneto, nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Il complesso architettonico di Villa Badoer fu progettato e realizzato da Andrea Palladio su commissione del nobile veneziano Francesco Badoer. Costruito e certamente abitato nel 1556, era destinato a diventare il baricentro della vasta tenuta agricola ricevuta in eredità dalla moglie Lucietta Loredan, alla morte del fratello sei anni prima e segno visibile della presenza dei Badoer sul territorio.

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    Lo stemma di alleanza tra le due famiglie nella decorazione pittorica resta a testimonianza del sodalizio Badoer-Loredan, presupposto alla costruzione della villa, eretta nel luogo ove originariamente si trovava un antico castello.
    Molto evidente è il rapporto tra la Villa e il suo paesaggio, rapporto enfatizzato da Andrea Palladio con l'elevazione della Villa su un basamento di “cinque piedi”: dal lungo salone principale lo sguardo può ancor oggi scorrere sul paesaggio dei campi e vecchi cascinali.

    L’imponente facciata del corpo centrale, destinato a residenza dei nobili proprietari, presenta una loggia d’ordine ionico dalla quale si accede, attraverso una scenografica scalinata a più rampe, al giardino anteriore e alle barchesse. Le colonne reggono un grande frontone triangolare che rende la parte centrale più imponente rispetto ai fianchi. L’elegante struttura ad emiciclo dei portici, posti a schermare le barchesse annesse alla villa, le uniche concretamente realizzate dal Palladio fra le molte progettate, suggerisce l’immagine di braccia aperte, pronte ad accogliere i visitatori. Oltre al piano nobile adibito ad abitazione del padrone, la villa presenta il piano interrato per gli ambienti di servizio, e il sottotetto adibito a granaio.

    Prestigioso l’interno. Le pareti delle sale del piano nobile e del pronao sono coperte dagli affreschi del Giallo Fiorentino e rappresentano scene pastorali, grottesche e allegorie mitologiche dai significati ancora oscuri. Tuttavia le indicazioni degli studiosi le inquadrano nell’ambito delle celebrazioni dei legami di amicizia tra le famiglie dei Badoer e dei Loredan, in particolare tra Francesco Badoer e Giorgio Loredan.

    Grazie al restauro effettuato, la Villa è ritornata ad essere luogo vivo, centro di innumerevoli attività culturali, splendido teatro per mostre, convegni, eventi e spettacoli.

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    Inoltre, la barchessa settentrionale della villa ospita il Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine, che conserva in particolare importanti reperti riguardanti la vita, le attività artigianali e commerciali del villaggio di Frattesina, che si trovava presso la sponda di un antico ramo del Po (XII-X secolo a.C.).


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    IL GIARDINO



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    Il Giardino esisteva probabilmente già all'epoca palladiana e viene ricordato nel Seicento ornato da vasi di agrumi posti su basamenti in pietra e lungo i muri di una peschiera.
    Il progetto dell'attuale giardino privilegia la fase storica in cui la Villa è stata realizzata e sottolinea alcuni aspetti fondamentali quali il rapporto con il paesaggio e le relazioni compositive con l'architettura da cui prende regole formali.


    Il Giardino Anteriore

    Elemento storico di riferimento per il disegno sono stati il fronte della villa e il ritmo degli emicicli delle due Barchesse dominate dalla presenza di due esemplari di vecchie magnolie

    Le aree a prato che circondano le fontane con statue sono state ridefinite fino a formare due quadrati d'erba regolari delimitati da percorsi di ciottoli e trachite.


    Il Giardino posteriore
    I giardini segreti sono spazi destinati alle fioriture e alle collezioni botaniche, prediligendo l'uso di specie e varietà usate nei giardini del periodo cinque-seicentesco.

    Le scelte specifiche si rifanno a quanto scrive il botanico veronese Francesco Pona nel libro Il paradiso de' fior, overo lo archetipo de' giardini (Verona 1622), in cui viene descritto il gusto dell'epoca dei fiori rari e particolari, per forma, profumo, colore.

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    La composizione botanica dei due giardini ha previsto l'inserimento di arbusti sempreverdi e di medio sviluppo che mantengano la parte aerea anche nei mesi invernali, accostati a piante bulbose ed erbacee perenni che diano fioriture e colore in modo scalare durante l'arco dell'anno, da primavera ad autunno inoltrato.
    Per contenere le operazioni di manutenzione dalle erbe infestanti, a sostituzione della pacciamatura in corteccia, è stata prevista la piantagione di diverse piante tappezzanti dalla foglia perenne e dalla tessitura fitta, come il Carastium tomentosum o il Thymus serpyllum.

    Oltrepassando il recinto dei due giardini segreti, costituito da una siepe di Buxus semper virens , si giunge nell'area retrostante pensata come uno spazio geometrico connotato da una grande orizzontalità e da un uso misurato del colore, privilegiando i piani e i percorsi a prato, differenziati soltanto da un'altezza diversa dell'erba.
    Tre sono gli assi prospettici principali: quello centrale , a sottolineare lo storico asse di allineamento della villa e la relazione con il paesaggio, e i due laterali che inquadrano le due edicole palladiane . Le lunghe prospettive sono segnate da dritte fasce rettangolari a prato, mentre gli scomparti principali a doppia crociera sono delimitati da una cordonata in pietra d'Istria e da una bordura di Berberis thumbergii. Al loro interno il prato è lasciato crescere liberamente.


    La canaletta
    E' un segno che testimonia il passaggio del giardino nel paesaggio agrario.
    Il progetto ha ridefinito il bordo della canaletta di modo che il rapporto con la zona ad erba e la presenza dell'acqua che scorre siano evidenti (8).

    Alla conclusione della raccolta delle indagini storiche preliminari il dato più interessante è stato quello relativo alla presenza di una peschiera in muratura già citata alla metà del 1600. Gli scavi di sondaggio hanno riportato in luce la presenza di due poderosi muri interrati che coincidono perfettamente con l'ampiezza della peschiera dedotta dalla comparazione con le cartografie storiche. Lo scavo ha messo inoltre in luce, in corrispondenza del chiusino di controllo dell'acqua, la presenza di una cisterna voltata in mattoni e di una conduttura sempre in mattoni per lo scarico dell'acqua nel canale posto al di là del muro di cinta. Per recuperare la memoria dell'elemento della peschiera, l'area del prato, coincidente con il perimetro, è stata leggermente ribassata .

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    Legenda:
    1a - Fontana di Nettuno
    1b - Fontana di Anfitrione
    2 - Magnolia grandiflora: esemplari ad alto fusto appartenenti ai primi decenni del Novecento.
    3 - Giardini segreti: la loro forma ricorda il labirinto. In ogni periodo dell'anno una parte di questi giardini è in fiore.
    4 - Siepe di Bosso come elemento di separazione dai giardini segreti.
    5 - Giardino geometrico: il tracciato delle aiuole nasce dal rapporto scenografico con il fronte della villa.
    6 - Edicole palladiane: riferimento prospettico per il tracciato dei sentieri principali.
    7 - Perimetro della peschiera seicentesca ora interrata.
    8 - Canaletta: elemento d'acqua che segna il passaggio del giardino nel paesaggio agrario.






    Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine



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    Il 21 febbraio 2009 è stato inaugurato il Museo che si trova nelle barchesse di Villa Badoer. Il percorso museale inizia con un'introduzione alla fase archeologica del Bronzo finale (XII - X secolo a.C.) in Europa ed in particolare in Veneto, presentando una selezione significativa di rinvenimenti veneti sia di natura abitativa che funeraria.
    Per la realtà polesana vengono illustrate le testimonianze dei villaggi sorti lungo le rive dell'antico corso del Po - in particolare il villaggio di Frattesina - e le immagini ricostruttive della flora e della fauna dell'epoca.

    Il villaggio di Frattesina - la vita quotidiana
    Il villaggio, che si estendeva per oltre 20 ettari lungo la riva destra dell'antico corso del Po, con una fitta distribuzione di capanne che presuppone una popolazione di centinaia di abitanti, costituisce un esempio di eccezionale vitalità nel panorama europeo dell'epoca.
    La capanna rappresentava il fulcro della vita familiare.
    Al suo interno era posto il focolare, punto di incontro e di convivio.
    Attività domestiche principali erano la preparazione degli alimenti, la filatura e la tessitura.
    Presso le capanne si svolgevano anche attività artigianali più complesse, quali la lavorazione del vetro, dei metalli e dell'osso/corno.
    I tessuti erano realizzati con fibre vegetali e animali con un telaio verticale; gli oggetti di ornamento quali fibule, bracciali e anelli erano realizzati principalmente in bronzo, mentre in vetro e in preziosissima ambra del Baltico erano le perle per collane. È inoltre documentato l'utilizzo di pettini in osso/corno o in avorio d'importazione.


    Le attività artigianali

    LA CERAMICA
    Nell'ambito del villaggio sono documentate importanti produzioni artigianali destinate non solo al consumo locale ma anche all'esportazione, che sottolineano l'eccezionalità di Frattesina ed il suo ruolo egemone nell'area padana.
    L'attività dei vasai è attestata da migliaia di frammenti ceramici pertinenti a vasi ed oggetti funzionali alla filatura e tessitura.
    Si utilizzava argilla reperita localmente e modellata a mano o a stampo, senza l'uso del tornio.
    Le decorazioni più frequenti erano realizzate ad incisione, impressione o a cordoni applicati.

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    La cottura avveniva a temperature comprese tra 600°C e 800°C, utilizzando probabilmente fornaci a struttura orizzontale.

    LA LAVORAZIONE DELL'OSSO E DEL CORNO

    La lavorazione dell'osso animale e del corno è una delle principali e meglio rappresentate a Frattesina.
    Viene usato soprattutto il palco di cervo per le sue particolari proprietà: compattezza, flessibilità, resistenza.
    I cervi, ben presenti nella fauna locale, perdono naturalmente il palco una volta all'anno offrendo una notevole quantità di materia prima.
    In corno si realizzavano vari tipi di utensili e di oggetti di ornamento o connessi all'abbigliamento.

    LA METALLURGIA

    L'artigianato metallurgico è documentato da 4 ripostigli da fonditore, numerosissimi stampi in pietra (oltre 60) e centinaia di oggetti finiti (ornamenti, utensili e armi).
    Sebbene prevalga largamente il bronzo (lega al 90% circa di rame e al 10% di stagno), importato in lingotti, sono lavorati anche il piombo e l'oro, rarissimo in Italia in questa fase.

    UNA NUOVA TECNOLOGIA IN EUROPA, IL VETRO
    La lavorazione del vetro è testimoniata dalla presenza di crogioli, blocchetti di vetro, scarti di lavorazione e migliaia di perle: un insieme unico nell'Europa della tarda età del bronzo.
    Probabilmente il vetro era prodotto con materie prime locali, quarzo ricavato da sabbie, coloranti come rame e cobalto e sostanze fondenti (potassa e soda da
    ceneri vegetali).

    La circolazione dei metalli
    Tra i metalli quello che svolge il ruolo più importante negli scambi è il rame, proveniente dai giacimenti del Trentino e della Toscana; da questi, o forse dalla Sardegna, potrebbe provenire anche il piombo.
    Meno diffusi sono lo stagno, presente in Toscana, e l'oro, che potrebbe provenire da giacimenti alpini.

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    La circolazione dei prodotti pregiati
    Alcuni materiali rinvenuti nell'abitato, quali ad esempio l'ambra dalle coste del Mar Baltico, l'avorio di elefante e le uova di struzzo dall'Africa del nord o dalla Siria e i frammenti di ceramica di tipo miceneo, documentano l'esistenza di scambi ad ampio raggio, nei quali Frattesina doveva costituire un centro di particolare vitalità.

    Le necropoli di Frattesina
    Le ricerche archeologiche hanno individuato due necropoli pertinenti all'abitato di Frattesina.
    La prima, scoperta nel 1977, è quella di Fondo Zanotto, a circa 500 m a sud-est dell'abitato.
    La seconda, quella di Narde, è stata scoperta nel 1985 in un'area posta a 700 m a nord-ovest di Frattesina, lungo la sponda opposta del fiume.

    La necropoli di Narde
    Le campagne di scavo hanno portato alla luce oltre 600 sepolture prevalentemente ad incinerazione databili all'età del bronzo finale (XII - X secolo a.C.) e alla prima età del ferro (IX secolo a.C.).
    L'insieme delle sepolture formava un grande tumulo artificiale lungo circa 30 m.
    Nel 2004 è emersa un'altra area funeraria a 150 m a sud-est della prima, che ha restituito altre 240 sepolture e l'area destinata ai roghi funebri (ustrinum).

    La necropoli di Fondo Zanotto
    Le campagne di scavo hanno portato alla luce 150 sepolture, sempre databili all'età del bronzo finale/prima età del ferro (XII-IX secolo a.C.), organizzate in tre gruppi, secondo uno schema di deposizione a più livelli, quasi completamente sovrapposti.
    Quasi tutte le sepolture presentano il rito dell'incinerazione, ad eccezione di poche tombe a inumazione, solitamente prive di corredo.


    I rituali funerari dell’età del bronzo finale

    L'INCINERAZIONE
    Il corpo del defunto veniva posto sulla pira funebre con le vesti e gli ornamenti, come testato dalla condizione degli elementi metallici deformati dal calore.
    Le ossa combuste venivano raccolte e deposte all'interno dei cinerari, solitamente costituiti da vasi in terracotta di forma biconica coperti da una scodella capovolta.

    L'INUMAZIONE
    In entrambe le necropoli sono state individuate alcune sepolture di individui deposti nella nuda terra, secondo il rituale inumatorio, spesso privi di corredo, forse identificabili come defunti di rango servile o semplicemente differente.








    Teatri



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    I primi decenni dell’Ottocento sono caratterizzati in Polesine da un insolito fermento architettonico legato alla nascita dei teatri: nel 1813 ad Adria, nel 1814 a Lendinara e Badia e nel 1819 a Rovigo, dove viene inaugurato il Teatro Sociale, prospiciente piazza Garibaldi. E’ un periodo storico caratterizzato da grande fermento culturale e anche quando le strutture odierne non rispecchiano le primitive costruzioni, esse sono comunque testimonianza della ricca storia che caratterizza questi territori.
    Il Teatro Sociale di Badia Polesine presenta un interno ricco di bellissime decorazioni e dipinti e il palcoscenico conserva ancora intatti i macchinari in legno originari; per i bellissimi fregi in foglia d’oro che decorano l’interno è stato soprannominato “Piccola Fenice” o “scatola d’oro”. Il "Granarazzo" di Lendinara fin dal XIV secolo era un edificio adibito a deposito di biade e vettovaglie; fu acquistato nel 1812 da Girolamo Ballarin e trasformato in teatro. Oggi il Teatro Ballarin - dopo un lungo periodo di inattività e dopo un attento restauro - ha riacquistato la sua dignità come fulcro delle attività culturali del paese. Nessuna traccia invece degli edifici teatrali ottocenteschi della città di Adria dove oggi è attivo - con un ricco calendario di eventi e rappresentazioni - il Teatro Comunale, inaugurato nel 1935. Venne inaugurato il 23 agosto 1884 invece il Teatro Cotogni di Castelmassa con l’opera “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini e la partecipazione straordinaria del famoso baritono Antonio Cotogni. Tra tutti spicca per bellezza e per prestigio il Teatro Sociale di Rovigo, eretto fra il 1817 ed il 1819 e, dopo alterne vicende, inaugurato nella sua forma attuale in stile liberty da Pietro Mascagni, che vi diresse la propria “Iris” il 12 ottobre 1904.



    Teatro Beato Contardo Ferrini di Adria



    Dedicato ad un illustre professore di Pavia, fu costruito nella prima metà del XX secolo nelle adiacenze del Palazzo Vescovile per costruire un salone per le attività ricreative della gioventù. È sede della scuola superiore di religione, ospita convegni, spettacoli e concerti.


    Teatro Comunale di Adria



    Facciata classicheggiante con robusti pilastri, ampia terrazza e finestrelle quadrate.

    Fu edificato su progetto dell’illustre architetto Giambattista Scarpari ed inaugurato nel 1935 con il Mefistofele di A. Boito diretto dal Maestro T. Serafin.

    Dall’inaugurazione, nel corso delle prestigiose stagioni liriche, si sono alternati artisti d’eccezione che hanno immortalato il loro passaggio con firme autografe, come quella del soprano Rosetta Pampanini, su una targa marmorea, prezioso e singolare documento storico conservato all’interno. L’interno è strutturato in modo insieme semplice e grandioso. Poche le decorazioni plastiche, opera dei maestri Gaetano Samoggia e Angelo Viario. Anche oggi il repertorio del Teatro, che varia dalla lirica al balletto, dall’operetta alla prosa, si caratterizza per la presenza di compagnie e attori di fama nazionale.



    Teatro Sociale di Rovigo



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    Il Teatro Sociale venne eretto fra il 1817 ed il 1819, rispecchiando la convinzione dell’epoca che considerava il melodramma come il genere di spettacolo meritevole della massima considerazione.
    All’epoca della costruzione del Teatro Sociale, in questo genere di spettacolo, Rovigo aveva già una tradizione più che secolare. Il primo documento di un melodramma allestito a Rovigo risale al 1683: lo spettacolo fu ospitato nella sala della Loggia dei Notai, visto che il primo teatro in città venne edificato, per iniziativa di Celio Campagnella, nel 1694.

    A dispetto della relativa scarsità di popolazione e della oggettiva scarsità di ricchezza, il melodramma a Rovigo dovette incontrare un notevole favore, se presto in città divennero normali tre stagioni d’opera all’anno, la più importante delle quali si teneva in autunno, in coincidenza con la fiera.
    Pochi anni dopo il Campagnella, fu costruito dai Manfredini un altro teatro più grande, passato poi ai Venezze e successivamente ai Roncale, il quale rimase attivo fino all’inizio del XIX sec., quando, risultando ormai insufficiente per il costante incremento di pubblico, fu deciso di costruire un terzo e più grande teatro.

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    Nel 1816 venne costituita la Società del Teatro che, nel luogo dove fino al 1809 sorgeva il piccolo convento di S. Maria dei Battuti demolito in seguito alla soppressione napoleonica, individuò l’area più adatta alla costruzione di un nuovo teatro. Il teatro si sarebbe trovato ubicato su una piazza, in quanto anche la chiesa di S. Giustina era stata abbattuta. Per il progetto la Società del Teatro si rivolse a Sante Baseggio. L’ingegnere rodigino vantava una certa esperienza nello specifico campo della progettazione teatrale, avendo restaurato il Teatro Roncale e partecipato al concorso per la Fenice di Venezia con un progetto che, pur non risultando vincitore, era stato tra i più apprezzati.

    Baseggio elaborò un primo progetto che fra l’altro prevedeva due aperture ad arco ai lati del portico centrale, aperture destinate all’accesso delle carrozze. Ma parve più opportuno recuperare quegli spazi esterni ai servizi interni del teatro: fu quella la variante più significativa del secondo progetto rispetto al primo, ma anche numerosi dettagli vennero rivisti, conferendo all’insieme una maggiore vivacità complessiva.
    Il Teatro della Società, questo il nome originale, aprì al pubblico i primi di marzo del 1819 con “L’ombra di Fetonte, ossia l’omaggio della riconoscenza rodigina” di Sante Campioni, in occasione della visita a Rovigo dell’Imperatore Francesco I d’Asburgo. L’inaugurazione ufficiale si tenne il 26 aprile 1819, all’avvio della prima stagione, con la rappresentazione “Adelaide di Borgogna”, appositamente composta da Pietro Generali, il musicista italiano allora considerato secondo solo a Rossini, ed interpretata da tre dei più famosi cantanti del momento, Violante Camporesi, Claudio Bonoldi e Giuseppe Fioravanti.

    Il Teatro venne restaurato per la prima volta nel 1858, sotto la presidenza del cav. Antonio Gobbatti; i lavori riguardarono l’intero edificio, il palcoscenico, le decorazioni della sala, il riscaldamento e l’introduzione dell’illuminazione a gas.
    Ma quello che vediamo oggi e che, illuminato a giorno, fa bella mostra di sè durante le stagioni liriche e di prosa, nobilitando la già bella Piazza Garibaldi, non è propriamente il Teatro costruito da Sante Baseggio. Un incendio, infatti, distrusse nella notte tra il 21 e 22 gennaio 1902 la bella sala del Baseggio, costruita prevalentemente di legno per le esigenze dell’acustica, e ciò che ne rimane sono solo la facciata ed il ridotto.

    Il Teatro venne ricostruito in due anni. Il progetto, fornito dall’ingegnere padovano Daniele Donghi, mantenne la parte anteriore del precedente edificio, rimasta praticamente indenne, con la bella facciata neoclassica ed il fastoso foyer decorato con gradevoli pitture. Per la sala l’architetto sperimentò, fra i primi, l’uso del cemento armato per una destinazione così particolare; il risultato, dal punto di vista dell’acustica, fu senz’altro felice. Grazie alla decorazione del padovano Giovanni Vianello, semplice, elegante ed ottenuta principalmente con mezzi pittorici, il teatro rodigino è tra i primi del Veneto ad adottare i nuovi canoni dello stile liberty.
    Il nuovo Teatro Sociale fu inaugurato da Pietro Mascagni, che vi diresse la propria “Iris” il 12 ottobre 1904 .
    Ripresa dunque l’attività, il Teatro di Rovigo seppe tenere alto il prestigio conquistato, pur affrontando momenti di grave crisi. La scarsità delle risorse finanziarie impedì, in genere, di scritturare interpreti affermati, impegnando gli organizzatori ad individuare giovani sicuramente promettenti; per questi motivi il Sociale può vantare di aver tenuto a battesimo due dei maggiori cantanti del nostro secolo: Beniamino Gigli e Renata Tebaldi.

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    Nel corso degli anni l’evoluzione delle esigenze culturali rese sempre più impegnativo l’allestimento degli spettacoli, cosicché solo l’intervento pubblico poté garantire realizzazioni dignitose. Per questo il Teatro Sociale, inserito nel ristretto novero dei “Teatri lirici di tradizione” nel 1967, fu, alla fine, rilevato dall’Amministrazione Comunale che dal 1964 ad oggi, oltre a curarne il radicale restauro, provvede alla sua gestione diretta affidata all'Assessorato alla Cultura e Spettacolo.

    Oggi, oltre alla stagione lirica e di balletto, il Sociale ospita un'affermata e seguitissima stagione di prosa, una stagione concertistica e numerose altre iniziative di spettacolo rivolte a favore dei giovani.
    La collaborazione con consulenti di provata esperienza e di grande conoscenza dei singoli generi di spettacolo garantisce da sempre la qualità degli spettacoli sotto il profilo artistico.









    Prodotti tipici


    AGLIO BIANCO POLESANO D.O.P.

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    DESCRIZIONE:


    Aglio del Polesine--L’aglio bianco polesano DOP è l’ortaggio a bulbo della specie Allium sativum L., nell’ecotipo locale bianco polesano e nella varietà Avorio, che si contraddistingue per il colore bianco lucente, la forma del bulbo, l’elevata resa in sostanza secca che lo rende ben conservabile, e il particolare profilo aromatico, che risulta meno pungente e più persistente, con note gradevoli di erba tagliata di fresco o dolce fruttato.
    La Denominazione di Origine Protetta Aglio Bianco Polesano è riservata ai bulbi che presentano le seguenti caratteristiche:
    • sani, consistenti e puliti, nello specifico privi di terra e di residui di fertilizzanti o di antiparassitari;
    • esenti da danni da gelo o da sole, da tracce di muffa e da germogli esternamente visibili;
    • privi di odore o sapore estranei e di umidità esterna anormale.

    La pianta da cui si ricava l’Aglio Bianco Polesano DOP è caratterizzata da:
    • foglie lanceolate e strette di colore verde/azzurro;
    • bulbo bianco, privo di striature di altro colore, di forma rotondeggiante regolare, leggermente appiattita nella parte basale;
    • bulbilli perfettamente adiacenti l’uno all’altro a formare una struttura compatta con peculiare curvatura nella parte esterna, in numero variabile per bulbo;
    • tuniche di colorazione rosata nella parte concava, bianca in quella convessa.



    Cefalo del Polesine



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    DESCRIZIONE:


    Cefalo--Appartenente alla famiglia delle Mugilidae (Mugilidi), il cefalo è un pesce dal corpo cilindrico, più compresso in direzione della coda, con il capo allargato e appiattito. Corpo fusiforme, snello, ricoperto di grosse squame. Muso corto e bocca piccola con labbro superiore e inferiore entrambi provvisti di una fila di piccoli denti.
    Gli occhi sono ricoperti da una membrana trasparente, detta palpebra adiposa, ben evidente negli individui adulti. Sul dorso sono presenti due pinne dalla colorazione giallastra, la prima delle quali ha quattro raggi spinosi. Il colore del dorso è grigio, con riflessi azzurri e verdastri, mentre i fianchi hanno un colore più argentato.
    Nelle valli venete sono presenti cinque specie di cefali, che si differenziano per alcune caratteristiche anatomiche, gli habitat che prediligono e gli aspetti organolettici delle carni.
    • la bosega (Chelon labrosus): lunga dai 30 ai 60 cm, ama vivere nei luoghi fangosi e melmosi, ha carni molto apprezzate e si pesca soprattutto in autunno.
    • il caostelo o caustelo (Liza ramada): lungo circa 30 cm e si pesca soprattutto nella stagione estiva.
    • il lostregan (Liza aurata): entra nella laguna dall’inverno fino ad aprile, raggiunge la lunghezza di 20 cm ed è apprezzato soprattutto se arrostito.
    • la verzelata (Liza saliens): raggiunge la lunghezza di 40 cm ed ha un sapore inferiore a quello degli altri cefali. Poichè resiste al freddo più delle altre specie, viene anche chiamata magnagiazzo.
    • la volpina (Mugil cephalus): raggiunge anche i 60 cm di lunghezza, è pescata durante tutto l’anno ed è estremamente apprezzata per il gusto delle sue carni.



    Cozza di Scardovari



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    DESCRIZIONE:

    Cozza di Scardovar--iAppartenente alla famiglia delle Mytilidae (Mitilidi), la cozza è un mollusco ricoperto da due valve simmetriche di forma ovale allungata e di colore nero o nero violaceo all’esterno e madreperlaceo all’interno e misura una lunghezza di circa 6-8 cm. L’animale racchiuso è turgido di colore giallo intenso nella femmina, biancastro nel maschio, odore e gusto delicati che richiamano intensamente il salmastro.
    La forma tipica di M. Galloprovincialis si contraddistingue per la conchiglia equivalve, inequilaterale e allungata, con la parte dorsale appuntita e quella ventrale arrotondata. I margini sono in parte paralleli.
    Il mitilo può raggiungere grandi dimensioni: sono abbastanza frequenti esemplari di lunghezza superiore a 10 cm. Lunghezza massima 11 cm.
    L’esemplare con le valve più lunghe (166 mm) è conservato presso il Museo del Mare di Barcellona. La taglia minima di legge è di 50 mm.





    Vongola Verace del Polesine



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    DESCRIZIONE:

    Vongola Verace del Polesine--Appartenente alla famiglia delle Veneridae (Veneridi), la vongola verace del Polesine è un mollusco caratterizzato da conchiglia di forma ovaloide, leggermente troncata nella parte posteriore, con valve solcate da striature radiali che si incrociano con solchi concentrici di accrescimento ben evidenti. Misura una larghezza variabile di 4-6 cm. L’esemplare di maggiore lunghezza finora segnalato (83 mm) è stato pescato nella Sacca di Goro (FE) ed è conservato presso la collezione didattica del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara. La taglia minima di legge è identificata nella lunghezza di 25 mm.
    La colorazione esterna della conchiglia è generalmente biancastra o bruno chiara, talvolta giallastra, con presenza di macchie e striature più scure. La polpa appare turgida, abbondante per quasi tutto il periodo dell’anno. La superficie interna della valva è di solito biancastra, talvolta giallina, con porzioni violacee.



    Pesce azzurro



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    DESCRIZIONE:

    Pesce Azzurro--Corpo fusiforme, allungato, privo di carena, ricoperto di una serie di squame. Mascella inferiore più corta della mascella superiore. Occhio grande posizionato in avanti.
    Colorazione azzurognola, argentea sui fianchi e sul ventre. Lunghezza 15-20 cm.
    Il “pesce azzurro” è una denominazione di uso generale e non corrisponde a un gruppo scientificamente definito di specie. Si definiscono azzurri quei pesci dalla colorazione dorsale blu scuro e ventrale argentea. Generalmente abbondano nei nostri mari e questa prerogativa li rende decisamente economici. Tra questi rientrano pesci come l’alice, il cicerello, la costardella, il lanzardo, il pesce sciabola, la sardina, lo sgombro, lo spratto e il suro. Inoltre possono essere considerati azzurri per la loro colorazione, anche molti pesci che, per dimensioni e forme, non hanno nulla in comune con “gli azzurri” più conosciuti. Tra questi troviamo l’ alalunga, l’alletterato, il biso, la lampuga, la palamita, il pesce spada e il tonno.

    Tra il pesce azzurro presente nella zona del Polesine possiamo trovare: Lo Sgombro
    pesce azzurro di medie dimensioni che si nutre generalmente di piccoli pesci come alici o sardine. In primavera, dopo la riproduzione, si avvicina alle coste.
    Ha il corpo affusolato, idrodinamico di colore azzurro metallico sul dorso, bianco argenteo sul ventre, con strisce scure disposte irregolarmente sul dorso e sui fianchi, la lunghezza più frequente è tra i 20 e i 40 cm. Si cattura soprattutto di notte con reti da circuizione e fonte luminosa.
    È pescato anche con reti da posta, da traino pelagico ed abbocca facilmente alle lenze dei pescatori sportivi. Ha carni bianche, delicate, molto apprezzate sia fresche che sotto sale.Le Acciughe
    dette anche alici, sono tra i pesci azzurri più comuni. Di aspetto sono piccole, sottili e affusolate di colore argento sui fianchi e sul ventre. Comunemente misurano da 10 a 16 cm e raggiungono al massimo i 20 cm. Sono pesci gregari che si riuniscono in branchi e compiono notevoli spostamenti. La loro pesca si effettua tutto l’anno con reti da traino pelagico e con reti da circuizione. In alto e medio Adriatico grazie all’afflusso delle acque di molti fiumi, c’è una maggiore disponibilità di plancton. E proprio per questo le alici adriatiche mangiando di più, crescono rapidamente e sono più grasse rispetto alle alici del Mar Tirreno. Per la trasformazione e la conservazione si preferiscono alici più magre. La loro freschezza si deduce dall’occhio che deve essere “vivo” e dai colori brillanti e mai opachi. Hanno carni buone e gustose, sia allo stato fresco che conservato.





    Melone del Delta Polesano



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    DESCRIZIONE:

    Melone del Delta Polesano--Melone (Cocumis melo) ottenuto dalle varietà del tipo reticulatus con buccia con retatura e cantalupensis, a buccia liscia, coltivate in terreni idonei con tecniche non intensive.
    Il “Melone del Delta Polesano” all’atto dell’immissione al consumo deve avere le seguenti caratteristiche:

    Varietà a frutto liscio
    Epicarpo: liscio con buccia sottile di colore verdastro - giallino.
    Forma: sferica di dimensioni medio grosse con solcature quasi inesistenti.
    Calibro: le dimensioni della circonferenza variano dai 30 ai 45 cm.
    Peso medio: variabile da 1 a 2,5 Kg, a seconda delle condizioni di coltivazione.
    Tenore zuccherino: il grado rifrattometrico si colloca oltre i 13° Brix
    Sapore: dolce aromatico.

    Varietà a frutto retato
    Epicarpo: retato, caratterizzato da una buona individuazione della fetta e da una retatura ben marcata ed uniforme su tutta la superficie del frutto. Il colore della buccia è giallino - verdastro uniforme ad eccezione delle linee di individuazione della fetta che si presentano di un colore verde chiaro.
    Forma: sferica ed ovoidale.
    Calibro: le dimensioni della circonferenza variano dai 30 ai 45 cm.
    Peso: è variabile da 1 a 2,5 Kg. a seconda delle condizioni di coltivazione. La polpa varia da un colore salmone “carico” ad un arancio brillante a seconda della tipologia.
    Tenore zuccherino: il grado rifrattometrico si colloca oltre i 13° Brix
    Sapore: dolce aromatico.




    RADICCHIO DI CHIOGGIA I.G.P.



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    DESCRIZIONE:

    RADICCHIO DI CHIOGGIA I.G.P--.Il radicchio di Chioggia (in dialetto chioggiotto “radicio de Ciosa”) ha foglie grandi e rotondeggianti, di colore rosso più o meno intenso e di sapore dolce o leggermente amarognolo, che compongono un grumolo di forma sferica, talora schiacciato all’apice, che richiama proprio la forma della rosa, da cui l’appellativo rosa di Chioggia.
    La nervatura centrale delle foglie è di colore bianco, mentre le nervature secondarie sono più evidenti. Il radicchio di Chioggia IGP, maturo, idoneo alla vendita e al consumo fresco deve presentarsi esente da macchie, da bruciature o da attacchi di roditori, pulito, tagliato, di aspetto fresco, privo di umidità esterna anormale, privo di odori o sapori estranei.
    Nelle due tipologie: precoce (aprile-luglio) e tardiva (settembre-marzo), a seconda del periodo di raccolta, si produce con piante della famiglia delle Asteraceae, genere Cichorium, specie intybus, varietà silvestre.





    Zucca di Melara


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    DESCRIZIONE:

    Zucca di Melara--ll Polesine è un territorio adatto alla coltivazione della zucca, soprattutto nelle aree del Delta del Po e dell’alto Polesine.

    Le tipologie più coltivate sono: la Zucca Violina e la Zucca Delicata. La Zucca Violina è caratterizzata da una forma a clava, allungata e ingrossata ad una estremità, ha la buccia spessa, di colore giallo dai riflessi aranciati, mentre la polpa è di un bel giallo intenso. Decisamente dolce, si presta per il ripieno dei tortelli e per ogni tipo di torta.

    La Zucca Delicata è di forma tondeggiante con buccia sottilissima di colore verde intenso, polpa giallo arancione molto compatta e soda. Tendenza dolce, ben equilibrata da buona acidità.

    DA SAPERE:

    Nota sin dai tempi più antichi, la zucca ha rappresentato per secoli una riserva alimentare nelle zone più povere, soprattutto contadine. Oggi appare invece nelle migliori proposte della nostra cucina per il suo gradevole sapore e per la sua versatilità: la vediamo protagonista di ricette della tradizione del Polesine, come il risotto alla zucca, e i tortelli. Un tempo, veniva tagliata a fettine sottili e fatta arrostire nel forno a legna. Oggi, fatta al forno o utilizzata per risotti o come ripieno per tortellini, è apprezzata anche in raffinati tortini che si rifanno alla “nouvelle cousine”.
    “Nella tradizione polesana i contadini utilizzavano la zucca per creare delle apparizioni scherzose delle anime dei defunti e per esorcizzare la paura della morte.
    La zucca veniva scavata all’interno e venivano praticati dei fori, dove veniva posto un lume o una candela, per simulare l’origine infera dello spirito, da cui il nome di “lumassa”, (zucca contenente un lume). Le zucche “lumassa” venivano poste in luoghi oscuri: molto spesso i burloni facevano apparire le “lumasse” vicino ai cimiteri per far impaurire i viandanti di notte”.

    Zucca e Salute
    La polpa di zucca è ipocalorica (15 calorie ogni 100 grammi) grazie alla presenza al suo interno di un’ alta concentrazione di acqua (94%) e una bassissima percentuale di zuccheri semplici.
    Come ogni ortaggio e ogni frutto di colore giallo - arancione, la zucca è particolarmente ricca di vitamina A, di minerali quali il potassio. il calcio e il fosforo e di molte fibre. Contiene, inoltre, tanta vitamina C e betacarotene.La zucca è indicata nella prevenzione dei tumori e per mantenere un corretto equilibrio idrico dell’ organismo e delle mucose.
    La polpa tritata può essere usata anche come lenitivo per infiammazioni cutanee, mentre la buccia può essere usata per piccole scottature.
    I semi sono utili per prevenire e sostenere la terapia contro le disfunzioni a livello delle vie urinarie. Sono inoltre un sicuro aiuto contro la tenia.




    Riso del Delta del Po I.G.P.



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    DESCRIZIONE:

    Riso IGP--La denominazione «Riso del Delta del Po» designa esclusivamente il frutto del riso appartenente al tipo «Japonica», gruppo Superfino nelle varietà Carnaroli, Volano, Baldo e Arborio.
    Presenta un chicco grande, cristallino, compatto, con un elevato tenore proteico e può essere bianco o integrale.
    La grande capacità di assorbimento, la poca perdita di amido e la buona resistenza durante la cottura, sommate alle caratteristiche organolettiche, quali aroma e sapidità particolari, lo fanno preferire per esaltare i risotti più pregiati.
    Per l’immissione al consumo, tutte le varietà del «Riso del Delta del Po» devono avere un contenuto proteico superiore al 6,60 % sulla sostanza secca, nonché un valore di collosità del riso cotto (in g/cm) superiore ad un valore che risulta differenziato nelle diverse varietà: Baldo >4,5; Carnaroli >1,5; Volano >3,0; Arborio >3,5.

    DA SAPERE:

    Le peculiarità del «Riso del Delta del Po» sono legate all’elevato tenore proteico, alla grandezza del
    chicco, alla elevata capacità di assorbimento, alla bassa perdita di amido e alla sua elevata qualità che determinano una buona resistenza durante la cottura.
    Esso inoltre, presenta una particolare sapidità ed aroma che permette di distinguerlo da quello prodotto in zone non salmastre.
    Pochi alimenti sono così versatili in cucina: a cominciare dall’antipasto per finire al dolce, con il riso si può preparare un pranzo intero, a patto, però, di saper scegliere il tipo giusto per ogni piatto. Sono molte, infatti, le varietà disponibili sul mercato, ciascuna con caratteristiche proprie e con diverso comportamento in cottura.

    La reputazione del riso del Delta del Po, è legata anche alle fiere e sagre tradizionali che si tengono annualmente sul territorio, come le famose Giornate del riso del Delta del Po a Jolanda di Savoia (FE) e alla Fiera di Porto Tolle.

    LEGISLAZIONE:

    L’Indicazione Geografica Protetta “Riso del Delta del Po” ha ottenuto
    la registrazione europea con regolamento CE 1078/2009 del 10 novembre2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 294 Dell’11 novembre 2009.





    DULCIS IN FUNDO




    Cucina polesana




    Risotto alla canarola



    Livello di difficoltà: medio

    Tempo di preparazione: 3 ore

    Ingredienti: Fagioli secchi gr.300, 1 cotechino, cipolla gr.90, sedano gr.90, carota gr.90, riso gr.600, vino cl.200, conserva di pomodoro gr.40, sale e pepe q.b., aglio e prezzemolo q.b.

    Preparazione: Ammorbidite i fagioli per almeno 12 ore in acqua. In una pentola ponete il cotechino forato con una forchetta (perchè non si rompa durante la cottura) e i fagioli, coprite d'acqua e fate bollire. In circa due o tre ore il cotechino è cotto, toglietelo e schiacciate i fagioli. In una padella a parte soffriggete la carota, la cipolla, il sedano e l'aglio tritati nell'olio, aggiungete questo composto imbiondito nel brodo del cotechino, versate il riso, la conserva di pomodoro, il vino e mescolate. Salate e pepate. Spegnete quando il riso è ancora al dente, perchè il brodo grasso del cotechino conserva a lungo il calore e fa proseguire la cottura. Servite accompagnando ogni piatto con una fetta di cotechino che si scomporrà con la forchetta.

    Abbinamenti: Piave Merlot. Si produce nel territorio vitato attraversato dal fiume Piave e posto tra Livenza e il Sile, con uve del vitigno merlot nella misura del 90% minima. Il colore è rosso rubino più o meno intenso e il profumo vinoso ed erbaceo. Il sapore è asciutto, sapido ed elegante. Si serve ad una temperatura di circa 18°.



    Polenta e osei



    Livello di difficoltà: medio

    Tempo di preparazione: 45 minuti

    Ingredienti: 12 passeri o quaglie, olio gr.100, rosmarino, salvia, alloro q.b., vino bianco gr.70, brandy gr.50, pancetta gr.150, farina per polenta gr.80, acqua q.b.

    Preparazione: Cuocete arrosto i passerotti con le erbe aromatiche e la pancetta, aiutandovi con il vino bianco e il brandy. Fate la polenta. Servite i passerotti caldi sopra la polenta morbida e coprite con le fettine di pancetta croccante.

    Abbinamenti: Valpolicella. Prodotto nella zona omonima nella provincia di Verona, con uve corvina veronese, rondinella, molinara. Il colore è rosso rubino con profumi vinosi e sapore asciutto con retrogusto lievemente amarognolo. Temperautura di servizio 18°.



    Torta di pere e cioccolato



    Livello di difficoltà: basso

    Tempo di preparazione: 2 ore

    Ingredienti: Burro gr.140, albumi gr.200, zucchero a velo gr.40, zucchero semolato gr.140, tuorli gr.140, farina 00 gr.240, cioccolato gr.100, marmellata di pere q.b., cioccolato amaro gr.220, copertura di cioccolato q.b., vanillina gr.40, kumquat scottati q.b.

    Preparazione: Per le torte di cioccolato montare il burro con lo zucchero in polvere e una presa di sale. Incorporarvi la copertura di cioccolato sciolta, i tuorli e la vanillina. Montare a neve gli albumi con lo zucchero ed aggiungere delicatamente, in tre riprese, all'impasto. La terza volta unire la farina. Passare l'impasto nelle due tortiere e mettere in forno a cuocere per 80 minuti a 170°. Sformare su carta pergamena e lasciare riposare tutta la notte in frigorifero. Sezionare le torte in quattro dischi uguali. Spalmarne due con 120 grammi di marmellata di pere. Appaiarli con l'altro disco e inserire ogni coppia all'interno di un anello di marmellata di pere. Appaiarli con l'altro disco e inserire ogni coppia all'interno di un anello di cm.24 di diametro. Versare la crema sopra le torte, spalmarla uniformemente e mettere al freddo. Quando la crema si sarà solidificata, rivestire le torte con la copertura tiepida e guarnirle con i kumquat scottati e zuccherati.

    Abbinamenti: Torcolato di Breganze: è un vino della tradizione locale. Le uve utilizzate sono: vespaiolo, garganegra e tocai fatte appassire e vinificate dal mese di febbraio sucessivo alla vendemmia. Il colore è un bel giallo dorato intenso con bouquet floreale caratteristico. E' dolce, morbido, aristocratico e di corpo pieno. Va servito ad una temperatura di 8-10°.



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    ANCORA LAGO DI GARDA ...SPONDA VERONESE



    Da prima dei romani, il più grande lago d'Italia è sempre stato abitato, e ha ispirato poeti e artisti con le sue atmosfere romantiche. Paesini suggestivi, ruderi romani, ville spettacolari, piccoli castelli, il lago di Garda offre una grande varietà di panorami e di emozioni tra cui poter scegliere. Sono possibili varie visite guidate che possono comprendere tappe a Sirmione e alle Grotte di Catullo, Peschiera e la sua fortezza sull'acqua, giri in barca e molto altro. Itinerari guidati sul Lago di Garda.

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    Itinerari sul Lago di Garda


    Accompagnati da una guida turistica, alla scoperta del Lago di Garda, uno dei luoghi più suggestivi d'Italia, ricco di storia, di arte, di tradizioni e di racconti.
    Da Catullo, nel primo secolo avanti Cristo, le romantiche e struggenti atmosfere del lago hanno ispirato poeti ed artisti che dall'epoca romana vi hanno dimorato o ne hanno cantato le lodi: Catullo, Goethe, D'Annunzio, fino ad Ezra Pound. E ancora oggi molti sono i visitatori che vi giungono da ogni parte del mondo alla ricerca di quelle luci e quelle sensazioni.
    Numerosi sono gli spunti che vorremmo offrirvi per itinerari guidati di una giornata o per un soggiorno sulle spode del Lago di Garda. Di seguito trovate alcune proposte di itinerari turistici sul lago di Garda divisi per zone geografiche e per tematiche.




    VALLEGGIO E BORGHETTO



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    Scopriremo l'entroterra sud del lago di Garda, lungo il corso del fiume Mincio, l'emissario del Garda, uno dei fiumi più puliti d'Italia, ricco di fauna e flora acquatica tanto da essere dichiarato zona protetta.

    Borghetto

    Lungo il Mincio sorge Borghetto, incantevole e antichssimo villaggio di mulini costruiti sul fiume che creano vicoli e scorci suggestivi. Il borgo conserva un'atmosfera medievale, coi suoi merli ghibellini, il campanile della chiesetta di San Marco, e le ruote degli antici mulini ad acqua.
    La scena è dominata dal celebre Ponte Visconteo, una diga fortificata eretta nel 1393 da Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano, per proteggere i confini orientali dei suoi possedimenti. Il ponte venne unito al sovrastante Castello Scaligero da due cortine merlate così da inserirsi nel cosiddetto Serraglio, un formidabile sistema fortificato che si snodava per 16 chilometri nella pianura compresa tra il lago di Garda, Verona e Mantova. Il ponte è lungo 650 metri, largo 25.

    Valeggio

    Il paese di Valeggio è dominato dalla presenza del Castello Scaligero ancora intatto in tutto il suo imponente fascino. La parte oggi visitabile è l'antica Rocca, cui si accedeva per mezzo di ponti levatoi. Delle mura perimetrali non rimangono che ruderi. La piazza centrale del castello è caratterizzato dalla particolare Torre Tonda, una costruzione a ferro di cavallo che risale al X secolo quando già sorgeva un fortilizio per il controllo dello strategico passaggio sul Mincio. L'attuale castello risale al periodo scaligero di Verona e passò insieme a tutti i possedimenti scaligeri in mano viscontea nel 1387. Il castello è tutt'ora visitabile.
    Si dice che il castello sia abitato dal fantasma di Andriolo da Parma, signore del castello di Valeggio, ingiustamente accusato di tradimento da Giacomo da Carrara nei tumultuosi anni che precedettero l'avvento dei veneziani nei vecchi territori degli scaligeri. Molti giurano di aver visto la sua sagoma evanescente aggirarsi tra le mura e merli del castello nelle notti di plenilunio.

    Salionze
    Non lontano da qui, presso Salionze, nel 452 d.C., vi fu quello strano incontro tra Attila, re degli Unni, e Papa Leone Magno che, giunto da Roma per arrestarne le devastanti scorrerie, scongiurò la calata degli unni lungo la penisola italica. Ancora oggi, ogni anno, alla metà di lugio, in occasione della Sagra di Salionze, si svolge la rievocazione storica dell'evento.

    I Tortellini
    In tutta la zona, in antichi ristoranti tradizionali, si possono gustare i celebri tortellini, prodotto tipico della zona, conosciuti per la loro sfoglia sottilissima.




    Custoza



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    Nell'entroterra a sud del Garda, tra il lago e Verona, si trova a Custoza, luogo oggi conosciuto per l'omonimo vino bianco e la suggestiva dolcezza delle sue colline moreniche, ma che ci ricorda anche le tragiche e sanguinose battaglie risorgimentali tra italiani e austriaci

    Il Sacrario

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    Il sacrario di Custoza fu costruito dall'architetto Giacomo Franco per raccogliere le ossa dei soldati caduti di entrambi gli eserciti, quello austriaco e quello italiano.
    Dopo le battaglie della prima e terza Guerra di Indipendenza, combattute sulle colline attorno a Custoza nel 1848 - 1866, i contadini della zona rinvenivano spesso scheletri di soldati caduti in battagila e mai riconsegnati ai propri cari. La pietà umana e il rispetto dovuto a chi si era battuto per la propria patria, spinsero la popolazione veronese alla costruzione di un sacrario. Il punto prescelto fu il Monte Belvedere, il punto più alto della zona. Il sacrario fu realizzato con la partecipazione economica dell'Austria, e inaugurato il 24 giugno 1879.

    Luoghi da visitare per tutti quegli appassionati di storia che vogliono rivivere, grazie anche ai numerosi riferimenti sul terreno, gli eventi che precedettero l'annessione del Veneto all'Italia. Accompagnati da una guida turistica, sono possibili itinerari storici nell'area.

    Il Vino

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    Le colline moreniche che circondano il basso Garda estendendosi attorno a Custoza sono oggi caratterizzati dai vigneti. Il Custoza, rinomato vino bianco viene prodotto coi vitigni come il Trebbiano o la Garganega.
    Il Bianco di Custoza è un vino asciutto e morbido al contempo, che può essere lievemente amarognolo e con profumi vinosi, note fruttate e floreali e un persistente retrogusto. E' un vino ideale con piatti a base di pesce, da bersi giovane e freddo



    Sirmione



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    Sirmione, la perla del Lago, uno dei luoghi del Garda più ambiti da visitatori e villeggianti in ogni periodo dell'anno.
    imagesirmione catullo

    Le sue struggenti atmosfere furono cantate dal poeta Catullo già nel primo secolo avanti Cristo. Catullo aveva qui la natia dimora, forse proprio quelle grotte di Catullo, i resti della più importante ed estesa villa romana del nord Italia che ancora domina, coi suoi imponenti ruderi, l'estremità della penisola di Sirmione facendo fantasticare il visitatore riguardo la fastosa vita in villa degli antichi romani.

    Il Castello Scaligero
    Nel medioevo Sirmione, grazie alla sua posizione strategica sulla penisola protesa sul basso Garda, divenne un importante centro per gli scaligeri, signori di Verona, che qui vi costruirono il castello che ancora chiude con le sue mura, l'accesso al paese. La rocca scaligera è particolarmente ben conservato ed è un rarissimo esempio di fortificazione lacustre, costruito sull'acqua assieme alla darsena protetta dalle mura merlate. Il castello è visitabile ed è possibile salire sull'alto mastio centrale da cui si può godere uno strepitoso panorama sulla penisola di Sirmione e sul Lago di Garda.

    Maria Callas

    image villa della callas
    Maria Callas, dopo il debutto al festival operistico dell'Arena di Verona, soleva passare proprio a Sirmione le proprie vacanze assieme al marito, Giovan Barrista Meneghini, conosciuto proprio nella città scaligera. Ancora si possono ritrovare i luoghi dove la divina visse e soggiornò a Sirmione, come la sua villa o il Gran Caffé Italia, nella piazza principale del paese, dove la Callas soleva prendere l'aperitivo.

    Navigazione sul Lago di Garda
    A Sirmione è possibile effettuare giri in barca, sia sui mezzi della Società Navigazione Garda che effettuano collegamenti regolari con tutti i paesi del Benaco, sia con le numerose imbarcazioni private con cui è possibile concordare itinerari turistici personalizzati attorno alla penisola o in varie zone del lago, accompagnati da guide turistiche che illustrino la storia, l'arte, la natura e le curiosità della zona.

    Le Terme
    Sirmione è inoltre un importante centro termale. La fonte calda sgorga dal fondo del lago e, incanalata, viene distribuita ai numerosi centri termali e agli alberghi. Le acque sulfuree di Sirmione sono conosciute per la loro efficacia nella cura di problemi legati all'apparato respiratori o uditivo anche se sono l'ideale anche per dello spensierato relax.






    Il lago di Garda è anche zona termale. Per secoli si credette che l'attività termale, e ahimè tellurica della zona, dipendesse dal Monte Baldo, che si pensava, erroneamente, fosse un antico vulcano spento. In realtà la presenza di zone termali sul lago di Garda dipende da una frattura nella crosta terrestre che corre lungo il nord Italia e dalla quale dipendono tra l'altro anche le terme di Caldiero, a est di Verona e Abano Terme.
    A Sirmione dalla fonte Boiola, sul fondo del lago di fronte alle Grotte di Catullo, sgorgano acque sulfuree a più di 70°. Durante la gita in barca attorno alla penisola a volte riescono a scorgersi le bollicine che salgono in superficie e a percepirne il caratteristico odore di "uovo marcio". Non è chiaro se già i romani conoscessero queste fonti e le utilizzaserro. Oggi le acque della fonte Boiola vengono incanalate e distribuite nei vari centri termali tra cui le famose Terme di Catullo, dove trovano svariate applicazioni terapeutiche, in particolare quelle legate ai disturbi respiratori e uditivi.
    A Colà, delizioso paesino sulle colline moreniche sopra Lazise, si trovano le Terme di Villa dei Cedri, con la grande vasca immersa nel lussureggiante parco dove è possibile godersi un momento di relax dopo una giornata di escursioni. Sono possibili tutta una serie di trattamenti estetici, massaggi, ecc. Nei pressi delle terme sono presenti numerose strutture ricettive dove potersi fermare per trattamenti di più giorni. Le vasche termali sono spesso collocate in punti panoramici dove è possibile godere della magnifica vista del lago o del dolce paesaggio collinare.





    Peschiera




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    Peschiera del Garda nella parte meridionale del Lago di Garda è il comune più occidentale della Provincia di Verona. La storia di Peschiera, grazie alla sua particolare posizione, a chiusura del Mincio, emissario del Garda, risale alla preistoria. Nelle vicinanze di Peschiera sono stati rinvenuti resti di alcuni villaggi palafitticoli. In età romana il villaggio si trasformò in vicus, chiamato Arilica, le cui attività erano principalmente legate alla pesca e ai commerci della via Gallica, che correva a sud di Arilica unendo Verona con Mediolanum, ossia Milano.
    Nel medioevo, il villaggio, che nel frattempo aveva cambiato il proprio nome in Peschiera denotando la sua pescosità, in virtù della sua posizione strategica, si trasformò in una imponente fortezza. Prima grazie agli Scaligeri che governavano verona, e soprattutto con Venezia, succeduta ai della Scala nel 1405. Nel lungo periodo di dominazione veneziana, Peschiera, grazie al genio di Michele Sanmicheli, il famoso architetto militare, si trasformò in un'inespugnabile fortezza sull'acqua con bastioni, porte, alte mura.

    forte di peschiera
    Il forte di Peschiera, disegnato dal celebre Michele Sanmicheli per la Serenissima nel '500. Gioiello di armonica perfezione architettonica prima ancora che accorta e modernissima fortificazione militare.

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    Con la caduta di Napoleone nel 1815, Peschiera, come tutto il Lombardo-Veneto, passò sotto il controllo Austriaco e, dopo la perdita di Milano, divenne uno dei vertici del famoso Quadrilatero, che con Verona, Legnago e Mantova costituiva l'inespugnabile sistema di fortezze pensato da Radetsky per mantenere il controllo sulla regione. Nel corso delle guerre di indipendenza, Peschiera ebbe sempre un ruolo da protagonista. Nei suoi pressi si combatterono tragiche battaglie: Custoza, San Martino, Solferino.
    Oggi Peschiera è uno dei più importanti centri turistici del Lago di Garda. Nei suoi alberghi, campeggi, case vacanza, migliaia di turisti ogni anno trascorrono vacanze rilassanti tra sport nautici, passeggiate all'aria aperta, percorsi cicloturistici.
    Sulle colline moreniche che sorgono alle spalle di Peschiera, vengono coltivati i vigneti che producono il Lugana, un vino bianco, fresco e profumato, sempre più apprezzato sia sulle tavole del Garda e del Veronese, sia all'estero.





    Lazise



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    Lazise è il primo paese che si incontra, venendo da Verona, sulla sponda orientale del Lago di Garda. Il nome probabilmente deriva dal termine latino lacus oppure laceses, ossia villaggio lacustre, poi trasformatosi in Lasitium. Le origini risalgono alla preistoria, sono numerosi infatti i ritrovamenti di resti di villaggi palafitticoli come un po' su tutta la costa del Garda. Lazise divenne quindi centro romano e poi, nel medioevo, come tanti centri della zona si trasformò in piccolo comune indipendente con un'economia basata sulla pesca e su piccoli commerci.
    L'attuale aspetto di Lazise risale tuttavia all'epoca scaligera quando, a partire dalla fine del '200, venne costruito il castello le cui torri sono ancora in parte visibili e la cinta muraria che ancora protegge il villaggio verso la terra ferma. Sempre allo stesso periodo risale la caratteristica darsena, protetta dalle mura, che si inoltra nel cuore di Lazise trasformandosi con naturalezza nella piazza centrale dove sorge la chiesa di San Nicolò, semplice e austero edificio romanico.
    Nel 1405, come tutto il territorio veronese, Lazise passò sotto il controllo veneziano. A qeusto periodo risale la Dogana, utilizzata anche come piccolo arsenale navale e oggi sede di eventi e manifestazioni.


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    Lazise è un importante centro turistico, considerato il "mare" dei veronesi, offre splendide passeggiate lungo il lago di Garda e incantevoli scorci nei vicoli del paese vecchio dov'è possibile concedersi un po' di shopping o un gelato.




    Bardolino



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    L'incantevole villaggio lacustre di Bardolino ha origini antichissime, testimoniate dalla chiesa di San Severo, gioiello di arcaico stile romanico, le cui fondamenta risalgono ai secoli successivi al crollo dell'Impero Romano e alle prime invasioni barbariche. san severo bardolinoNel paese sono ancora visibili i segni del controllo scaligero, nelle torrette e nei resti di fortificazione.

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    Bardolino è oggi una delle località turistiche più rinomate della sponda est del lago di Garda, coi suoi residence, i numerosi locali e ristoranti caratteristici ma anche animati bar e discoteche nelle caratteristiche vie del centro o in collina.

    Il vino
    Bardolino da' il nome al vino rosso che viene prodotto sulle dolci colline che lo circondano. E' un vino prodotto con le medesime uve del Valpolicella: Corvina, Molinara, Rondinella, ma più leggero, fresco e fruttato. Sono naturalmente possibili visite guidate con degustazione alle cantine della zona.


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    PUNTA SAN VIGILIO




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    Questo magnifico scorcio del lago di Garda chiude il golfo a nord-ovest del paese di Garda. Sono presenti in questa piccola penisola una villa, una chiesetta, una storica locanda, un porticciolo e la Baia delle Sirene. La villa ottocentesca è proprio sulla punta con una vista mozzafiato, dotata di finestre molto grandi su tutti e quattro i lati, è possibile vedere un’ampia veduta del lago di Garda da Sud a Nord. Il borgo accanto alla villa è molto antico, la chiesa e la locanda risalgono al sec. XVI e la locanda fu costruita da Agostino Brenzone, buon umanista lodato dall’Aretino, oltre che famoso giureconsulto e filosofo, che qui compose un trattato “Della vita solitaria”. La storia di questa penisola non è molto nota ma è sempre stata meta di visitatori illustri, tra i quali: Maria Luigia duchessa di Parma, il re di Napoli, imperatore Alessandro di Russia, Wiston Churchill, Laurence Olivier, il principe Carlo d’Inghilterra e tanti altri. Nella parte della punta che guarda a nord del lago di Garda si trova la Baia delle Sirene, una delle più belle spiagge del lago. Parco, spiaggia e facilities molto curati permettono di passare una giornata in completo relax. .




    Torri del Benaco



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    Continuando a salire da sud a nord costeggiando il Lago di Garda, si giunge a Torri del Benaco. ll nome è dovuto alle numerose torri di avvistamento e difensive che qui vennero costruite fin dall'alto medioevo e che ancora oggi caratterizzano l'aspetto di Torri, come viene comunemente chiamato nella zona. Il castello, come per tutti gli altri centri della sponda est del Lago di Garda, risale all'epoca scalligera. Oggi ospita un museo etnografico. Entrato a far parte della Serenissima Repubblica, Torri del Benaco divenne la sede del Consiglio della Gardesana, federazione dei dieci più importanti comuni del Garda che si riunivano per concordare e regolare l'amministrazione e il commercio del lago. La sede del consiglio è ancora presente. Il bel palazzo quattrocentesco è oggi stato restaurato e trasformato in albergo.


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    Malcesine e il Monte Baldo



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    L'area settentrionale del Garda, da sempre rappresenta per coloro che scendono dai paesi Mitteleuropei il primo accostamento solare al mondo latino. Una prima testimonianza di questo ideale romantico verso il Garda e l'Italia è data da J.W.Goethe. Molti altri sono stati gli artisti, pittori e scultori che hanno apprezzato e lasciato dietro di sé numerose positive testimonianze del loro incontro con questa perla del lago.

    Non mancano perciò tracce della storia che si possono ancora ammirare: Una prima edificazione del Castello sopra i resti di precedenti fortificazioni sembra sia databile intorno alla metà del primo millennio per opera dei Longobardi. Nel 509 d.C. il castello venne parzialmente diroccato e successivamente ricostruito dai Franchi dopo aver sconfitto le armate Longobarde. Dal 1277 al 1378 Malcesine passò sotto i 'Della Scala' che eseguirono lavori di ammodernamento e rinforzo nella fortezza per cui venne poi definita 'Castello Scaligero'. Dopo il dominio dei Visconti di Milano (1387-1403) Malcesine, con l'esclusione di brevi periodi (gli Imperiali dal 1506 al 1516 ed i Francesi dal 1797 al 1798), fu governata dal 1405 al 1797 dalla 'Serenissima Repubblica di Venezia' che seppe amministrare con saggezza e competenza, istituendo per il controllo del territorio un organismo denominato la 'Gardesana dell'Acqua' che aveva sede a Malcesine nel 'Palazzo dei Capitani'. Dal 1798 al 1866, anno in cui il Veneto passò al Regno d'Italia, gli Austriaci oltre che riordinare e dare nuovo impulso a molti settori dell'economia ed amministrativa del territorio governato dall'impero Austro-Ungarico, eseguirono consistenti lavori di consolidamento, modifiche ed ampliamento all'interno del Castello, trasformandolo in presidio militare.


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    Procedendo da sud verso nord, il panorama del Garda cambia. Le coste si si fanno più aspre, e i monti sempre più a picco chiudono lo specchio d'acqua in modo più netto. Il paesaggio diventa più aspro e imponente. L'acqua si fa sempre più azzurra, più pulita, ma anche più fredda.
    In questo paesaggio, arrivando a Malcesine, ci si imbatte nella rocca a picco sull'acqua e nel maestoso castello costruito in epoca scaligera. Il castello è oggi visitabile. Nel cortile nell'ala costruita in epoca veneziana è ospitato il Museo di Storia Naturale del Garda e del Monte Baldo. In estate, il cortile del castello viene spesso utilizzato per concerti di musica jazz. Salendo al mastio si può ammirare uno dei più bei panorami del lago, con le montagne che chiudono l'azzurro intenso del lago di Garda di fronte e alle spalle e sotto i tetti delle case di Malcesine che sorgono attorno al castello. Il paese di Malcesine infatti si sviluppa attorno al castello in un groviglio di vicoli e volti in pietra grezza dove sorgono numerosi i bar, i risotranti, le botteghe artigiane.

    La funivia del Baldo, collega Malcesine con la più alta montagna della zona. Un panorama mozzafiato a picco sul blu del lago che si può godere da cabine rotanti che permettono di ammirarlo a 360 gradi.


    Monte Baldo


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    Il monte Baldo coi suoi 2218 metri è la montagna più alta del veronese. A lungo ritenuto un vulcano spento, anche a causa delle numerose fonti termali che si trovano nel basso Garda, esso si è in realtà formato e modellato nel corso della medesima glaciazione che ha dato vita al lago di Garda stesso. Il monte Baldo, unica area a emergere dall'immenso ghiacciaio che copriva tutta la zona fino a circa ventimila anni fa, poté sviluppare una particolarissima flora autoctona unica, tanto che alcune varietà di piante si sono meritati la denominazione di "baldensis", in particolare alcune rare specie di orchidee. Per la varietà di vegetazione che cresce sui suoi pendii, il Monte Baldo viene anche definito il "Giardino d'Europa".

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    La funivia del Baldo sale da Malcesine alla più alta montagna del veronese: il Monte Baldo. Nel tragitto si può ammirare un panorama mozzafiato a picco sul blu del lago di Garda. orchidea del baldoLe cabine rotanti permettono una visione a 360 gradi. Una volta giunti in cima al Baldo si possono effettuare numerose escursioni, sia a piedi che in mountain bike o, per i più ardimentosi, in parapendio. Sono inoltre possibili itinerari guidati assieme alle guide naturalistiche alla scoperta dell'affacinante flora e fauna del Monte Baldo.
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    In inverno, sui pendii del Monte Baldo è anche possibile sciare ammirando lo splendido panorama lacustre sottostante. Un campo da sci davvero unico.





    Itinerari Naturalistici
    sul Lago di Garda


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    Le colline e i monti sulla sponda orientale del lago di Garda offrono anche la possibilità di compiere, accompagnati da guide naturalistiche esperte, itinerari alla scoperta della flora, della fauna e degli splendidi ambienti e paesaggi che la natura gardesana offre.
    Gli itinerari naturalistici guidati possono essere scelti tra un'ampia gamma di percorsi da quelli più facili, alla portata di tutti, a quelli più impegnativi per escursionisti esperti e sono un utilissimo strumento didattico per far conoscere a bambini e ragazzi la natura e le caratteristiche di un territorio unico.

    Ulivi, boschi e testimonianze del passato

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    Passeggiando tra gli ulivi e la macchia mediterranea, attraverso stradine e comodi sentieri, passando per antichi borghi medievali, si potranno scorgere suggestivi scorci del lago fino ad arrivare alle lisce rocce glaciali dov'è possibile ammirare le famose incisioni rupestri del Garda.
    In primavera le fioriture e in autunno i colori del bosco daranno un tocco speciale a questo itinerario naturalistico.

    Antichi Borghi del lago di Garda

    Passeggiando tra muretti a secco e uliveti, si andrà alla scoperta degli antichi e suggestivi borghi medievali del Garda.

    Acqua fonte di ricchezza

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    Il percorso di questo affascinante itinerario naturalistico guidato è accompagnato dal rumore dell'acqua che un tempo muoveva i mulini.
    Salendo poi per sentieri che attraversano boschi e prati aridi si giunge alla terrazza panoramica di San Zeno. Da qui è possibile ammirare un panorama mozzafiato sul lago di Garda.





    Uno sguardo sul lago


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    Costeggiando il lago, si sale sulla Rocca di Garda, pianoro da cui poter godere lo spettacolo del basso lago compreso tra punta San Vigilio e Sirmione. Attraverso una passeggiata nei boschi si giunge quindi al suggestivo Eremo dei Frati Camaldolesi famosi per i loro preparati erboristici.





    Monaci Benedettini Camaldolesi dell'Eremo di San Giorgio ti danno il loro benvenuto




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    L'Eremo San Giorgio (Bardolino Verona) fu fondato nel 1663. I lavori di costruzione continuarono per tutto il secolo XVII e furono completati con l'edificazione della chiesa nel 1704. In seguito alla soppressione napoleonica del 1810 l'Eremo venne abbandonato e il complesso fu abitato da contadini fino al 1885, quando ritornò a risiedervi una comunità camaldolese.
    La comunità monastica porge a tutti il benvenuto in questo luogo, caro alla memoria religiosa di tutto il territorio circostante, invitando i visitatori a rispettarne il carattere peculiare di luogo di pace, di silenzio e di raccoglimento; per questo fa presente che l'Eremo non può ridursi a meta turistica, né tantomeno possono essere aperti alle visite turistiche gli spazi in cui la comunità stessa vive e lavora.
    Se sei interessato ad una esperienza di ospitalità presso di noi fatta di preghiera, di lectio divina e di silenzio, prendi nota delle nostre iniziative annuali e in particolare delle settimane estive. Contattaci o visita la sezione ospitalità per maggiori informazioni.


    Il luogo

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    L'eremo di Bardolino sorge sul Monte S. Giorgio, il promontorio che domina il tratto di costa orientale del lago di Garda in territorio di Bardolino, tra Lazise e Garda. È collegato al centro abitato da una strada in parte ancora sterrata e - come solito nella gran parte degli eremi camaldolesi - nell'ultimo tratto in sensibile salita. In conseguenza dell'orientamento che caratterizza il complesso eremitico - disposto secondo la direzione est-sud-est ovest-nord-ovest - a sporgersi dall'alto di un belvedere senza eguali è proprio la zona della clausura, cui fa da discreto diaframma di protezione una corona di secolari cipressi.

    La storia
    È nel 1665 che i padri Basilio e Giuseppe - monaci camaldolesi della congregazione di Monte Corona provenienti dal monastero di Monte Rua e a Monte S. Giorgio già da due anni per seguire i lavori di costruzione della nuova casa - poterono trasferirsi definitivamente nel nuovo eremo, ben presto seguiti da altri confratelli. L'eremo di Bardolino è pertanto il più recente fra quelli da noi presi in considerazione in questo libro. Il toponimo che distingue il luogo su cui sorge il complesso eremitico - come già detto, intitolato a S. Giorgio - ricorda l'antica chiesetta che fino al 1532 dominava questo colle e a sua volta dedicata al santo dalmata. Nel 1661, un nobile di Padova, Giovan Battista Dotti, entrò a far parte della congregazione coronese quale oblato presso l'eremo di Monte Rua. Di tutti i suoi notevoli possedimenti conservò per sé - con l'intenzione di farne dono alla sua nuova comunità di adozione - il solo Monte S. Giorgio. A questo atto di grande generosità si aggiunse quello non meno importante di un altro nobile locale - un certo Alvise Becelli il quale provvide, a proprie spese, a integrare il lascito del nobile padovano con l'acquisto delle aree sulla sommità del monte, che non erano di proprietà del Dotti. Il periodo di grande fioritura dell'eremo di monte Rua, a metà del XVII secolo, si combinò così con l'inattesa disponibilità di una tanto appetibile estensione di terreno in una zona estremamente suggestiva e caratterizzata da un clima quantomai favorevole. Nel giro di pochi mesi ebbero dunque avvio i lavori per la costruzione del nuovo eremo, terminati, come accennato, nel 1665. Già nel 1672 l'eremo poteva essere elevato a priorato e primo priore della comunità fu, significativamente, Oddone, fratello di Alvise Becelli. Nessun fatto particolarmente sconvolgente venne quindi a turbare la quiete dell'eremo di Monte S. Giorgio, fino agli anni in cui- quasi un secolo e mezzo dopo - per il decreto napoleonico che sopprimeva tutti i conventi e gli eremi presenti nel Regno d'Italia, anche la comunità monastica di Monte S. Giorgio fu dispersa (1). Fu solo grazie all'iniziativa di privati che il complesso eremitico sfuggì alla distruzione, benché ciò per anni significasse, di fatto, la sua destinazione ad altro uso: il conte Danese Buri utilizzò infatti gli edifici dell'eremo - che nel frattempo egli aveva comperato a proprie spese - come ricovero per i contadini impegnati nella coltivazione delle terre circostanti. Risale a quell'epoca la distruzione delle tre celle della fila centrale e la trasformazione in terreno destinato alla coltura anche dell'area su cui originariamente questi edifici sorgevano. Solo nel 1885 i monaci camaldolesi poterono rientrare in possesso dell'eremo, riacquistandolo da un erede del Buri. Da allora ai giorni nostri, il complesso monastico di S. Giorgio è rimasto di proprietà degli eremiti, eccezion fatta per un decennio circa (tra il 1962 e il 1972) quando fu affidato alla diocesi di Verona - che ne fece una casa per esercizi spirituali- a causa dell'impossibilità per la comunità camaldolese, eccessivamente ridottasi di numero, di sopportare l'onere che derivava dalla gestione per un certo periodo degli edifici e dei terreni.

    L'architettura
    L'eremo di Bardolino - che sorge su un pianoro in parte ottenuto artificialmente con lo sbancamento della sommità del colle (2) - riprende con fedeltà lo schema solitamente adottato dai complessi eremitici coronesi, successivi rispetto ai primissimi insediamenti camaldolesi e quindi già guidati da un criterio di progettazione unitario e ormai consolidato: l'avvicinamento al portone d'ingresso avviene lungo una ripida salita fiancheggiata da due alti e massicci muri; la chiesa, adagiandosi quasi alla sommità del promontorio di S. Giorgio, si presenta a chi entra nell'eremo come posta su un alto basamento, ancor più valorizzato dalle coppie simmetriche di rampe di scale; la zona della clausura risulta celata allo sguardo del visitatore proprio dalla massiccia sagoma della chiesa e degli edifici il di servizio a essa annessi; le celle sono disposte su file simmetriche, e la simmetria originariamente, quando tre erano le file di cellette, appariva probabilmente ancora più esplicita, data l'assenza dell'ampio spazio centrale attualmente destinato a giardino; il quartiere delle celle è circondato da una profonda fascia di verde che, oltre a barriera di isolamento, proteggendo ulteriormente il nascondimento della zona in cui vige la clausura più rigorosa.

    L'architettura della chiesa è estremamente sobria - lo schema planimetrico è, infatti, ad aula unica senza abside, con affiancate quattro cappelle più piccole (dedicate alla Madonna, a san Romualdo, a san Benedetto e a sant'Antonio) e il locale della sagrestia - così come, doverosamente, è sobria quella delle cellette: un corto corridoio centrale serve la camera da letto, la cappella, il locale destinato a deposito e a laboratorio e i servizi (3). All'interno del perimetro dell'eremo vi è un piccolo promontorio sulla cui sommità i monaci hanno collocato una croce a ricreare una breve Via Crucis: significativamente il promontorio è chiamato Monte Calvario. Un'ultima, doverosa notazione: il limite attuale della clausura non coincide con quello originario. Alla data di fondazione dell'eremo, tale limite era rappresentato dal perimetro esterno della proprietà dei monaci, e pertanto l'ultimo ripido tratto della via d'accesso all'eremo era da considerarsi vietato alle persone non autorizzate. A ricordo di quel tassativo divieto è tutt'oggi visibile – proprio nel punto in cui, in corrispondenza del piccolo cimitero della comunità, il muro perimetrale accoglie in sé il tratto finale della via d'accesso - un antico tabernacolo affrescato con un'immagine di san Romualdo.

    Antica Farmacia di Camaldoli
    Presso la Portineria è aperta la rivendita dei prodotti dell'Antica Farmacia dei Monaci Camaldolesi e del lavoro della Comunità.


    ......luogo particolare se potete andateci...







    Il Vino del Lago di Garda



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    La presenza della vite sul territorio del Garda è segnalata già dall'età del bronzo, grazie al ritrovamento di numerosi vinaccioli nei siti preistorici di Peschiera, Pacengo, Cisano e Bardolino. Sicuramente i romani producevano vino nelle varie ville rurali i cui resti sono stati rinvenuti in varie zone del lago, anche se fonti documentali relative alla viticoltura risalgono solo all'alto medioevo.

    Il Bardolino
    iIl vino più noto del lago di Garda è probabilmente il Bardolino. Viene prodotto con le medesime uve del Valpolicella, corvina, rondinella e molinara coltivate e lavorate sul territorio dei sei comuni della zona Classica: Bardolino, Affi, Cavaion Veronese, Costermano, Garda e Lazise. Il terreno e il clima del lago rendono tuttavia il vino Bardolino più leggero rispetto al più famoso rosso veronese. Fu insignito della DOC nel 1968, primo tra i vini del Veneto. E dal 1987 venne introdotto anche nella varietà Novello, anche in questo caso, primo a ottenere la DOC tra i novelli italiani.
    Il Bardolino è il classico vino da tutto pasto, che si accompagna bene alla maggior parte dei piatti tipici della cucina italiana e soprattutto veronese come le pappardelle con i fegatini, la pasta e fagioli, il risotto con la salsiccia (risotto al tastasal). Come rosso leggero e dotato di buona acidità, è ottimo anche con i piatti a base di pesce. Il Bardolino si trova anche nella varietà Chiaretto, un piacevole rose. E' un vino ottenuto da una più breve macerazione delle bucce con il mosto. E' un vino leggero che ben si accompagna con antipasti, minestre, risotti e pesce.

    Il Custoza
    Sul lago di Garda viene poi prodotto il bianco di Custoza. Viene prodotto da vitigni Trebbiano e Garganega coltivati sulle dolci colline moreniche che circondano il basso Lago di Garda.

    Il Lugana
    Sempre nella zona meridionale del Lago di Garda, tra Sirmione e Peschiera del Garda, viene prodotto il sempre più apprezzato Lugana, un vino bianco corposo e fruttato realizzato con uve Trebbiano di Lugana e Turbiana.

    I Vini della Valdadige
    Più a nord, lungo la Valdadige, viene prodotto invece il Marzemino, e ancora più a nord, ormai in zona trentina, grandi bianchi quali il Muller Thurgau e rinomati spumanti. Sono naturalmente possibili visite alle cantine.



    L'Olio d'Oliva del Lago di Garda



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    L'Olio d'Oliva del Garda.
    Il lago di Garda è la regione più a nord in Europa dove è possibile la coltivazione dell'olivo per la produzione dell'olio. La grande massa d'acqua del lago mitiga il clima della regione dove crescono piante decisamente mediterranee quali palme, oleandri, limoni e ovviamente olivi. La Riviera degli olivi, la costa est del lago di Garda, copre i due terzi dell'intera produzione veronese. Le colline che circondano il lago sono spesso punteggiate dell'inconfondibile verde chiaro degli ulivi. Una coltivazione antichissima, che risale probabilmente ai tempi dei romani, ma che ha la sua data ufficiale nell'835, quando l'abate Wala, del monastero di San Colombano di Bobbio, decreto che "Garda deputavit ad olium". L'olivicoltura fu praticata nei monasteri della zona anche a fini liturgici.
    L'olio del Garda, oggi insignito della dop, la denominazione d'origine protetta, è morbido e delicato, facilmente digeribile e con note fruttate. E' indicato per i piatti di cucina locale: risotti con pesce di lago, polenta con il luccio, i bigoli con le aole, la trota marinata.

    A Cisano, al Museo dell'Olio, sono possibili visite che illustrano la storia dell'olio del Garda e i metodi di produzione che si sono susseguiti nei secoli. Alla fine della visita è possibile compiere degli assaggi di varietà locali di olio extravergine e acquistare i prodotti dell'oliva.



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 13:33
     
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87 replies since 6/8/2010, 09:29   51408 views
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