VENETO ... 1^ Parte

ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DEI DOGI..VENEZIA..

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline


    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Lunedì ... iniziamo una nuova settimana di viaggio ... sulla nostra mongolfiera salgono ogni giorno nuovi amici ... c’è sempre una grandissima gioia nel ritrovarci più numerosi e festanti ... la ragnatela di emozioni ed amicizia che lega sempre più persone si fa ogni giorno più forte ... voliamo verso sud est ... da oggi la nostra mongolfiera raggiunge un’altra regione della nostra bellissima Italia ... siamo in Veneto, e quale città può rappresentare più di altre l’idea del sogno, dell’amore se non Venezia? ... Buon risveglio amici miei ... ecco all’orizzonte la laguna ...”

    (Claudio)



    ..DAI BIZANTINI AI NOSTRI GIORNI..ATTRAVERSO LE CALLI..ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DEI DOGI..VENEZIA..


    "Venezia …una dimensione terracquea, dove una natura indolente vuole dominarti, sopraffarti, sommergerti….Molti ti compiangono perché pensano che prima o poi finirai, non sanno che invece è vero il contrario: tu sei eterna perché la gente vive del tuo sguardo…L’altro giorno passeggiavo tra calli e ponti. Un piccolo gabbiano si staccò dal tramonto e mi si posò su una spalla. Girò vezzoso il capo, poi ripartì. Rimasi immobile a guardarlo svolazzare in un apocrifo abbandono lungo la linea sinuosa del Canal Grande, entrare nel tuo corpo di madreperla, nei tuoi recessi sfumati, sparire tra rugginose imbarcazioni….Ecco, li sento. Voci e rumori si susseguono dal fondo dei millenni dove tu, regina, ospitavi ogni tipo di umanità e, nel frattempo, giunge la notte veneziana dalla quale emergono, indistinti, tetti, cupole, campanili, poi luna, poi stelle, addobbi cosmici che t’incorniciano come un nobile affresco….Qualunque stagione viva in te, ottiene incanto, pur mancando la magia dei boschi e delle valli. Non odorano le foglie d’autunno, il tiepido muschio, le forti radici di lecci e querce.. ma pietra e acqua sono i tuoi gioielli, suoni di campanili, onda di luce che riverbera, nebbia che sale a smorzare profili…. m’appoggio alla balaustra di un piccolo ponte di ferro battuto…. guardo le gondole snelle, eleganti, dalla piatta carena, scivolare placide nell’acqua..La città dei passi…il loro eco si sparge d’intorno, pigiato fra i muri, gonfiato nei campielli, rimbalza tra calli e antiche vere da pozzo….Mi alzo, anche se fuori è ancora buio. Devo vedere l’alba. Devo andare a respirare un po’ di questa città, ammirare i portali cinquecenteschi, i muri chiazzati d’umidità, i marinai che bevono “ombre” nelle osterie, le folle compatte di turisti che aspettano sui pontili i traghetti…Il Ponte di Rialto mi si erge davanti…Un’iscrizione scolpita sulla colonna d’angolo del palazzo del tribunale cattura la mia attenzione: “Non dir di me se di me tu sai,pensa di te e poi di me dirai”…Sorrido alla saggezza di secoli….Venezia sei in possesso di sofisticati congegni, lusinghieri apparati, con questi tuoi trucchi da incantatrice hai ammaliato nei secoli…. Un soffice gatto passeggia languido su un umido trave del ponte e davanti alla mia sbigottita impotenza sorge il re di tutti gli astri che, sfolgorante, indugia sfiorando le cupole della basilica, rifulgente apoteosi di colore….Un uomo solo occupa una delle panchine di un pontile galleggiante. Sembra indifferente allo spettacolo che gli sta innanzi. La testa abbandonata tra le spalle, lo sguardo perso in pensieri: troppo grandi o troppo vani?...Sono felice di questa avulsa noncuranza, mi lusinga e m’illude tu sia solo mia…..Apro la finestra e la luce mi penetra. L’ultimo sguardo è per te, Venezia, e comprimo la mia tristezza nei pochi minuti che mi restano per contemplarti…Addio, Venezia…”

    Monica Bianchetti



    “Il termine “Venezia”, secondo alcuni studiosi, deriva dal latino “Venetia” che in epoca romana veniva utilizzato per indicare la X Regio della quattordici in cui era divisa l’Italia. Altri studiosi sostengono, invece, che “Venetikà” era utilizzato dai Bizantini per indicare inizialmente la fascia costiera da Chioggia a Grado, in un secondo tempo la zona occupata dalle isole della laguna di Venezia….. cominciò a sviluppare la sua potenza grazie ad un forte spirito imprenditoriale dei commercianti e ad un desiderio di autonomia da ogni ingerenza dall’alto. L’alleanza con il Sacro Romano Impero contribuì a rafforzare la presenza dei Veneziani nel commercio mediterraneo nel quale primeggiò per l’esclusività dei rapporti instaurati con l’Oriente…..Il capo del governo veneziano era il doge ( dal latino dux ), eletto a vita ma spesso era costretto a rinunciare alla carica quando i Veneziani dimostravano malcontento per il suo operato. Il primo doge fu Paolo Lucio Anafesto…. Nel Cinquecento Venezia raggiunse il massimo splendore sia per gl’intensi e remunerativi traffici commerciali sia per la buona amministrazione della città. L’Italia in quel periodo, però, divenne preda della Francia e Venezia fu coinvolta in numerose guerre, partecipò ad esempio alla Lega Santa, promossa dal papa Giulio II, con Inghilterra, Spagna ed Impero per scacciare i Francesi dalla Penisola….Dalla seconda metà del Cinquecento Venezia cominciò a subire i contraccolpi delle scoperte geografiche, che spostarono i traffici sull’Atlantico, e dovette affrontare il pericolo costante costituito dalla presenza dei turchi nel Mediterraneo…”

    “Da tempo immemorabile si dice che Venezia sta affondando e prima o poi scomparirà sotto una fatale alta marea. Ma intanto resiste. Bellissima, decadente, fiera, magica…. In una città così c'è da perdersi….non solo fisicamente per la tortuosità delle sue calli…..ma anche con lo spirito, rapiti da un'atmosfera malinconica e vitale allo stesso tempo, che si puó trovare solo tra i canali di questa laguna……Nata dall'unione di diverse isole divise da canali e collegate dall'uomo per mezzo di ponti, Venezia ha in passato rivestito un ruolo centrale nei rapporti con l'Oriente e ha dominato per secoli buona parte del Nord Italia, assicurando pace e prosperità ai suoi sudditi, tanto da meritarsi l'appellativo di Serenissima Repubblica…. La costruzione dell’Ala napoleonica risale al 1808 e si trova sull’area del lato ovest di Piazza San Marco dove sorgeva la Chiesa di San Geminiano. All’interno il magnifico Salone Napoleonico (1822) del Satti …. L’Arsenale di Venezia si estendeva su 46 ettari di superficie. Fu fondato dal doge Ordelafo Faliero nel XII secolo (1104). La fabbrica venne considerata la prima al mondo rappresentando così una struttura accentrata dell’economia preindustriale. Essa rappresenta, inoltre, il periodo più florido della Serenissima, grazie alla costruzione di imponenti navi che vennero utilizzate per combattere contro i Turchi nel Mar Egeo e conquistare l’Europa…. Inizialmente l’attuale Basilica di San Marco era solo un piccolo tempio dedicato a San Teodoro, poi nell’820 i Veneziani trafugarono da Alessandria d’Egitto le spoglie di San Marco e s’iniziò la riedificazione del vecchio tempio. Negli anni successivi la chiesa fu continuamente ristrutturata. Ha sempre avuto un ruolo determinante per la vita religiosa e pubblica dei Veneziani. Ai tempi delle Repubblica vi venivano consacrati i dogi.”

    “Volevo Venezia, da molto tempo… la classica città italiana celebre nel mondo, con un nome storpiato così simpaticamente dai turisti, con le fotografie sempre colme di piccioni, gondolieri e ponticelli…. Ha sempre fatto parte della schiera di luoghi celebri impossibili da lasciarsi sfuggire…. quei luoghi per i quali vieni costantemente sbeffeggiato, qualora ti sia capitata la malaugurata coincidenza di non averli ancora visitati. "Ma come, ancora non ci sei stato?!"…. Come se fosse una colpa o un delitto aver preferito altre mete. Quando però ho visto Venezia, ho capito che forse … lo ero davvero stato. “
    “….È incredibile quanto possa attirare ed ammaliare la tristezza… Venezia appare come un orologio distrutto, incapace di battere più i passi del tempo, che avvolge con una nebbia immanente ed al tempo stesso sentimentale le persone. La sensazione predominante è il silenzio: un silenzio d'animo e di storia, in un luogo perso chissà dove e chissà quando. Essa esiste e non esiste al tempo stesso. Quartieri differenti e insieme così simili nella loro immaterialità. Piazze solitarie svuotate di qualsiasi funzione d'aggregazione, utili a concedere un momento di respiro e di fuga dalla prigione asfissiante delle calli strette e buie. Vicoli ciechi e beffardi come labirinti…..Venezia deve essere scoperta e assaporata, non visitata.”

    “..la magnificenza ineguagliabile di Piazza San Marco…una piazza, costituita dall'unione del Palazzo Ducale, della Basilica di San Marco e del Campanile… non ha probabilmente eguali al mondo… non le serve trucco, non le occorre riempirsi o essere illuminata. La notte ed il silenzio le regalano lo splendore abbagliante che la rendono vanitosa….”

    “Venice is magic!...Nessun luogo al mondo ha un tale fascino. Ogni angolo, ogni pietra rivelano una storia.
    andare di fretta.. significa perdere metà della sua bellezza…Venezia è fatta di ritmi quieti, di silenzi, di atmosfere e di piccole soste per guardare la gente e il tempo che passa… rallentare il ritmo per allungare il tempo… A Venezia bisogna tornare con tranquillità negli stessi luoghi in momenti diversi: all’alba per godere di una città ancora assonnata che comincia piano piano a risvegliarsi, a mezzodì per coglierla nella piena attività, verso sera per non perdersi i colori di un tramonto infuocato che si riflette sull’acqua immota della laguna, dopo cena per recarsi in una Piazza san Marco finalmente svuotata dai turisti giornalieri, sedersi in uno dei caffè storici e godersi la musica nel più bel salotto del mondo.”

    “Burano è una delle isole della laguna di Venezia coloratissima e con una vita pulsante: case in stile veneziano, fioriere sempre ricolme di fiori dai colori sgargianti, ponti antichi e canali trafficatissimi. La passeggiata sull’isola tra le strette calli è piacevole anche per la frescura offerta dagli alberi secolari che qui crescono e per le numerose fontane che abbelliscono il paese. Sull’isola…. famosi merletti realizzati a mano. Una tradizione ancora viva tra le donne che si dedicano con amore a quest’arte.”

    “L’isola più vicina a Venezia è Murano. e ha abitazioni semplici in quanto gli abitanti hanno speso tutte le loro forze nel lavoro concentrandosi pere realizzare veri capolavori in vetro. L’isola, infatti, nei molteplici laboratori produce ancora pregiati oggetti in vetro si può assistere in diretta alla lavorazione del vetro: è davvero uno spettacolo da non perdere seguire le diverse fasi della lavorazione, sembra un miracolo come con pochi gesti l’artigiano riesca a realizzare un piccolo oggetto unico per i colori e per le forme…Sull’isola non si visita solo i laboratori di vetro ma anche la Chiesa che custodisce sull’altare due arazzi grandissimi raffiguranti scene della vita di Gesù.”

    “Venezia, sinfonia e cornice, di canali fruscianti e maestosi palazzi, con l’inganno di una luce a volte violenta come un coltello, a volte pallida, intermittente sulle onde. Quadri impressi nella mia memoria, assordanti e desolati, scolpiti in loquaci desideri, Venezia ansimante e spezzata, sobria e volubile, obliqua e incosciente, in quella melodia languidamente felice di dedali e approdi sempre diversi. Qui dove la commedia diventa rapidamente dramma, si vive di bellezza divina, di amici e nemici, di amori di sperma, saliva e dolore. Il tutto mischiato nella pietra, in un equilibrio impreciso in bilico sul tempo, nella fissità feroce di palazzi che inghiottono ogni cosa, secche alghe sulla laguna nera…Accarezzo i drammatici rilievi delle chiese, i loro contrasti cupi e accesi, neri e dorati, e mi toccano le sue notti romantiche che si plasmano sugli sbuffi dei vaporetti, oltre il rumore dell’acqua, l’occhio fisso in quell’onnipotenza divina, il barocco del tutto e del nulla. Ci conquista facilmente Venezia, ricettiva e umida, nella sua innata eleganza, dischiusa al piacere come un anemone marino, furtiva e impaurita nella fragile timidezza dei sui colori pastello, sottomessa al tempo, alla forza del passato, al torpore di lunghe sere di fine estate. È ricordo Venezia, uno strano posto per cercare la carne di un amore reale, stagliata tra spume e scie d’acqua, nuotatrice tra sogni evanescenti e cupole dorate, drammatica nei suoi giorni sempre uguali, dannata nelle sue lacrime d’acqua, nel turbinio di un’irritante dolcezza, un baccanale, un’irritante carezza sensuale..”

    T.Monari










    Da Rino ...




    Da Musica 1988


    image



    Da Raffaele ...

    Venezia…. Tanti ricordi di gioventù. Non è possibile visitarla da soli, perde la sua magia. Elena, l’ho visitata tante volte….ma ero sempre da solo. Attraccavamo in Canal Grande, sempre a pochi metri da Piazza San Marco. Per me la massima espressione di Venezia è nella foto allegata…..

    image



    ... Gran Caffe Chioggia.....

    image

    VOTA LUSSY VOTA LUSSY VOTA LUSSY..... (ho un dubbio, ma non era voto Antonio voto Antonio...???)


    Gran Caffè Florian



    Venezia - Ponte dei Sospiri....
    Da ragazzo pensavo che il nome fosse legato a qualche storia romantica. Invece....


    ...Il Ponte dei Sospiri collega il Palazzo Ducale al Palazzo delle Prigioni, noto come "i Piombi" in riferimento al materiale usato per la copertura. Sospiravano i condannati, transitando dal Palazzo, ove si somministrava la giustizia, verso il luogo di detenzione, costituito di terribili, angusti e bassi cunicoli bui; quelli dell'ultimo piano torridi d'estate, gelidi d'inverno. Notte e oblìo presto avrebbero ghermito gli sventurati...


    image



    Da Rino ...













    Da Augusto ...

    La Gondola

    La gondola è imbarcazione "unica" e affascinante. Le sue componenti portano ancor oggi dei nomi così particolari da suonare fiabeschi e misteriosi. La gondola poteva nascere solo in un posto dal fascino arcano: lo "squèro". Lo squero è una sorta di cantiere per la costruzione di imbarcazioni. Il suo nome sembra derivare dal greco "eskharion" (= cantiere, piccolo scalo per il varo); qualche studioso di cose veneziane lo farebbe derivare da "squara", lo strumento usato dai carpentieri. Ma se l'etimo è piuttosto incerto, una cosa è sicura: in una Venezia sorta su un'intrico di isole e canali, l'arte di costruire imbarcazioni era vitale e gli "squèri" costellarono la città come i gangli di un sistema linfatico. Vi erano squeri di diverse dimensioni: da quelli più piccoli per la costruzione o la semplice riparazione di piccole imbarcazioni, a quelli più grandi, nei quali potevano prender corpo imbarcazioni di una certa stazza o addirittura navi (gli squeri da nave), fino a quell'enorme "squero di Stato " che era l'Arsenale, attivo in Venezia fin dal XII secolo. Nella pianta di Venezia attribuita ad Jacopo de' Barbari del 1500, si vedono con precisione di dettagli molti squeri.

    Dalla metà del XIV secolo, il governo veneziano cominciò a penalizzare gli "squeraroli" (gli imprenditori e lavoratori degli squeri) a vantaggio dei dipendenti "statali" dell'Arsenale (gli "arsenalotti"), vere maestranze specializzate : Marangoni (=carpentieri), Calafati, Remeri. Nel 1607, comunque, fu concesso agli Squeraroli di riunirsi in Scuola (cioè, come nel costume veneziano, in una vera e propria di "associazione di categoria"). La politica del governo veneziano era tesa a mantenere il controllo totale sulla produzione navale, elemento di massimo interesse vitale per la Serenissima, e finì col far specializzare gli squeraroli nella costruzione di imbarcazioni di tipo lagunare-adriatico: "burci" (=burchi), "bragozzi", "peate" (=chiatte), gondole, ecc. Al giorno d'oggi sono pochi gli squeri che sono sopravvissuti alla decadenza della città, prima, ed all'impatto tecnologico, poi. Ne sono rimasti alcuni, però, che continuano a produrre le tradizionali imbarcazioni lagunari ed un piccolo gruppo che costruisce gondole.



    image

    ...CANAL GRANDE



    Carnevale di Vanezia... Truccatore in piazza San Marco.....[/size][/color]
    image



    Da Raffaele ...

    Ponte di Rialto

    image

    Piazza San Marco

    image

    Piazza San Marco
    Acqua alta


    image

    I colori di Burano

    image



    Da Augusto ...

    Ponte di Rialto

    image

    Il ponte di Rialto è uno dei quattro ponti, oltre al Ponte dell'Accademia, al Ponte degli Scalzi e al Ponte della Costituzione, che attraversano il Canal Grande, nella città di Venezia. Dei quattro, il ponte di Rialto è il più antico e sicuramente il più famoso.

    Il primo passaggio sul Canal Grande fu un ponte di barche costruito nel 1181 da Nicolò Barattieri, che eresse, tra le sue opere, anche le due colonne in Piazza San Marco. Fu chiamato Ponte della Moneta, presumibilmente per via della Zecca che sorgeva vicino all'ingresso orientale.

    La crescente importanza del mercato di Rialto sulla sponda orientale del canale fece aumentare il traffico sul ponte galleggiante. Attorno al 1250 fu sostituito da un ponte di legno strutturale. La struttura era costituita da due rampe inclinate che si congiungevano presso una sezione centrale mobile, che poteva essere sollevata per consentire il passaggio delle navi più alte. Data la stretta associazione con il mercato, il ponte cambiò nome e diventò Ponte di Rialto. Nella prima metà del XV secolo lungo i lati del ponte vennero costruite due file di negozi. I proventi derivanti dagli affitti, riscossi dalla tesoreria di stato, contribuivano alla manutenzione del ponte.

    Nel 1310 il ponte fu danneggiato nel corso della ritirata dei rivoltosi guidati da Bajamonte Tiepolo. Nel 1444 invece crollò sotto il peso della grande folla radunata per assistere al passaggio del corteo della sposa del marchese di Ferrara. Un altro crollo avvenne nel 1524.

    Nel 1503 venne proposta per la prima volta la costruzione di un ponte in pietra. Nei decenni successivi vennero valutati diversi progetti. Nel 1551 le autorità veneziane indissero un bando per il rifacimento del Ponte di Rialto. Architetti famosi come Jacopo Sansovino, Andrea Palladio e il Vignola, presentarono progetti di approccio classico, con diverse arcate, che non furono giudicati adatti alla situazione.

    image

    L'attuale ponte in pietra ad arcata unica, realizzato da Antonio da Ponte in collaborazione col nipote Antonio Contin, fu completato nel 1591 durante il dogado di Pasquale Cicogna. Per quanto riguarda la progettazione, il da Ponte probabilmente ne fu il coordinatore, ma nella stessa sono accreditati anche Alvise Baldù e Vincenzo Scamozzi. La struttura è molto simile a quella del precedente ponte in legno, segno della corretta concezione originale. Due rampe inclinate, con negozi su entrambi i lati, portano ad una sezione centrale. Tutto il ponte è coperto da un porticato. Il progetto fu da alcuni considerato fin troppo audace dal punto di vista ingegneristico, al punto che secondo l'architetto Vincenzo Scamozzi il ponte sarebbe crollato. Il ponte invece resiste tuttora, ed è diventato uno dei simboli architettonici di Venezia






    Hotel Danieli

    Sinonimo dello splendore di Venezia, l'Hotel Danieli è considerato uno dei più famosi hotel del mondo. La sua storia importante inizia nel XIV secolo, quando il palazzo principale dell'hotel, Palazzo Dandolo, fu commissionato dalla nobile famiglia veneziana Dandolo. Dei quattro Dandolo alla corte del Doge di Venezia, Enrico raccolse la maggiore fama quando nel 1204 conquistò Costantinopoli e ritornò nella città con un bottino di oro, marmo e manufatti bizantini, alcuni dei quali furono successivamente incorporati negli interni di Palazzo Dandolo.

    L'intero palazzo veniva descritto come “il più nobile palazzo di Venezia” per la sua orgogliosa architettura gotica e per la posizione privilegiata che si affaccia sulla laguna. Già nel 1498, il Principe di Salerno e il suo seguito presero camere, iniziandolo ad affermare come luogo di riferimento per le visite dei nobili. Gli archivi indicano che nel 1525, fu messa in scena una commedia e che il pubblico annoverava personaggi come l'ambasciatore di Mantova e un cugino del re d'Inghilterra.

    Molti secoli dopo, nel 1822, Giuseppe Dal Niel affittò parte del palazzo e lo convertì in albergo dandogli il proprio soprannome “Danieli”. A poco a poco comprò tutti i piani e presto diventò l'unico proprietario. Era l'inverno del 1833, quando la storia d'amore, al tempo scandalosa, fra George Sand e Alfred de Musset fu vissuta nella camera numero 10.

    Nel 1895, il Signor Genovesi e il Campi Bozzi & C. divennero i nuovi proprietari dell'hotel. Effettuarono costose ristrutturazioni, aggiungendo la rete elettrica, i termosifoni e un ascensore, per dare nuova linfa alla reputazione dell'hotel di essere una sistemazione di lusso. Fu allora che l'hotel fu anche collegato attraverso il ponte al Palazzo Casa Nuova—la vecchia sede dell'ufficio doganale—posizionato al di là di Rio del Vin.

    Nel 1906 il Conte Giuseppe Volpi fondò la rinomata catena CIGA hotels—“Compagnia Italiana Grandi Alberghi”—ed acquistò il Royal Hotel Danieli. L'hotel subì la sua modifica strutturale definitiva nel 1948, quando i palazzi che separavano Palazzo Dandolo e Palazzo delle Prigioni furono demoliti e un nuovo palazzo, conosciuto come Danielino (oggi Palazzo Danieli Excelsior), fu eretto. Questa aggiunta finale è stata rimodernata nel 2008 dal noto architetto di hotel Jacques Garcia.

    Durante il corso della sua colorata storia l'Hotel Danieli è stato il preferito di molti illustri ospiti, comprese autorità estere, capi di stato e celebrità del cinema e della musica.





    Da VIVI..VEE ...

    buona serata a tutti ... Venezia e' un posto incantato ... ecco l'isola felice !

    image



    Da Augusto ...






    Da Rino ...


    Un aspetto romanico della Città

    e c'è anche questa statua...



    Ragazzo con la rana





    Da Gabry ...





    Da Rino ...


















    Da Augusto ...



    Da Lussy ...

    image



    Da Gabry ...












     
    Top
    .
  2. tomiva57
     
    .

    User deleted


    propongo un'itinerario per chi arriva in treno alla stazione di santa lucia



    Uscite dalla Stazione di Santa Lucia, con le spalle alla stazione cominciate a camminare alla vostra sinistra imboccando, per un breve tratto, la fondamenta degli Scalzi e immettendovi nel Rio Terrà Lista di Spagna. State per entrare nel sestiere di Cannaregio.


    image


    La denominazione del sestiere forse deriva da Canal Regio, la denominazione data al canale che attraversa il sestiere da San Giobbe a San Geremia e che unisce la laguna al Canal Grande. E’ una delle interpretazioni più affascinanti ma più probabilmente il nome deriva da una corruzione dell’antico Cannarecium cioè luogo dove crescevano canne in grande quantità. Tale ipotesi è confermata da un documento del 1410 che recita: “Cannaregio imperciochè era chanedo et paludo con chanelle” e il fatto che una delle più antiche famiglie veneziane, i Malipiero, si insediò in questa zona e utilizzò le canne per costruire le imbarcazioni infatti con il fuoco prodotto dalla combustione della canne si scioglieva la pece che veniva utilizzata per impermeabilizzare le imbarcazioni.


    Chiesa e Ponte degli Scalzi

    image


    Il primo monumento che si incontra è la Chiesa degli Scalzi sulla fondamenta omonima. L’imponente facciata ritmata dalle semicolonne addossate, dalle nicchie ornate di statue e coronata da un ricco frontone contrasta con il voto di povertà dell’Ordine dei Carmelitani scalzi. All’interno la decorazione è barocca realizzata nella seconda metà del XVII secolo ma è stata danneggiata da una bomba austriaca che colpì la chiesa nel 1915. Giambattista Tiepolo aveva affrescato l’interno della chiesa e rimangono tracce della sua opera nelle volte di due delle cappelle laterali.


    image


    Sul campo San Geremia si affaccia Palazzo Labia. Costruito dai Labia, famosi mercanti catalani nel XVIII secolo che vollero erigere un palazzo degno della loro potenza e del loro prestigio. Il pregio è dato dalla presenza di tre distinte facciate: quella che dà sul campo, quella sul Canale di Cannaregio e quella sul Canal Grande. All’interno la sala da ballo affrescata dal Tiepolo illustra i fasti dell’aristocrazia veneziana e celebra i Labia utilizzando come metafora scene tratte dalla vita della Regina Cleopatra.

    Oltrepassando il Ponte delle Guglie e svoltando subito a destra superando Palazzo Da Mosto e Rio Terrà San Leonardo ci si addentra in una piccola calle chiamata Calle del Cristo per raggiungere il Campo San Marcuola dove si trova l’omonima chiesa. Il nome della chiesa è la contrazione dei nomi dei santi Ermagora e Fortunato. Secondo una antica credenza la chiesa fu fondata tra il IX e il X secolo dai profughi della terraferma in fuga dai Longobardi su un’isoletta detta Lemeneo. Dopo che un incendio seguito a un forte terremoto l’aveva distrutta venne rifabbricata intorno alla metà del XII secolo secondo gli schemi propri di quell’epoca dei quali però non ci rimane nessun esempio se non allo stato di frammento. La chiesa si presenta ad oggi con una facciata in mattoni incompiuta affacciata sul campo con l’imbarcadero sul Canal Grande. L’ambiente interno è ad un'unica navata. Tra le opere della chiesa sono da segnalare gli altari del Morlatier (autore tra l’altro dell’altare maggiore della Chiesa della Salute) e una Ultima Cena dipinta da Jacopo Tintoretto. L’ambiente risulta compatto e unitario grazie anche alla disposizione simmetrica di otto altari lungo la navata.


    image


    Lungo la Strada Nova, l’importante arteria che taglia longitudinalmente tutto il sestiere di Cannaregio e collega la zona della ferrovia con la zona che prelude a San Giovanni e Paolo e San Marco sulla sinistra, circa a metà, si apre il Campo di Santa Fosca sul quale a destra sorge la chiesa omonima. Pare che le origini della chiesa siano antichissime e possano risalire al X secolo quando le spoglie della santa vennero trasferite nell’isola di Torcello. Le prime notizie però risalgono al 1297 e sono realtive al restauro dell’edificio. Nel campo antistante la chiesa sorge il monumento a Fra Paolo Sarpi, teologo e consigliere della Repubblica che qui subì il tentato omicidio da parte dei sicari del papa la sera del 5 ottobre 1607.

    Alla fine della Strada Nuova si trova la Chiesa dei Santi Apostoli


    image


    che insiste sul campo omonimo. La leggenda vuole che questo tempio sia stato eretto dal vescovo di Oderzo San Magno che un giorno, mentre pregava, vide apparire l’intero coro glorioso dei dodici apostoli che gli ordinò di erigere una chiesa nel luogo dove egli avesse incontrato un gruppo di dodici gru. Il luogo individuato si trova proprio in questo punto del quartiere di Cannaregio, dove storicamente si insediò uno dei primissimi nuclei di abitatori delle isole veneziane. La chiesa era presente fin dal 1021 quando subì una radicale ricostruzione. Nuovi interventi avvennero nei secoli successivi e in particolare nel Quattrocento quando venne costruito un porticato a protezione della facciata laterale, la sacrestia e la cappella della famiglia Corner. Delle modifiche subite dalla chiesa oggi non rimane quasi nulla fatta eccezione per la Cappella Corner la cui edificazione venne affidata all’architetto Mauro Codussi. Sull’altare si impone il bellissimo capolavoro di Giambattista Tiepolo raffigurante La Comunione di Santa Lucia una delle opere più ricca di spiritualità del pittore databile al 1746-48. All’interno si trova anche un’altra opera importante attribuita a Paolo Caliari detto il Veronese che rappresenta un episodio biblico La Caduta della Manna . Nella Vita dei Dogi l’opera scritta da Martin Sanudo, importante cronachista veneziano, si racconta che fu in questa chiesa che, nel 1105, scoppiò quel terribile incendio che distrusse non solo tutta la contrada ma anche gran parte della città. Nella Parrocchia dei Santi Apostoli abitò per un certo periodo il poligrafo dissacratore e libertino Pietro Aretino e tra le sue mura tenne più volte i suoi sermoni il Padre Generale dei Cappuccini Bernardino Ochino, campione delle idee religiose riformate che nel 1542 fu costretto a fuggire a Ginevra in Svizzera per sfuggire all’Inquisizione Romana.

    Sul lato opposto del campo di Santi Apostoli si trova l’edificio che anticamente ospitava i confratelli della Scuola devozionale dell’Angelo Custode e che dal 1813 è diventato la sede per il culto dei cristiani luterani.

    Ca' Vendramin CalergiAl numero civico 2040 di Cannareggio nel Campiello Vendramin sorge il Palazzo Vendramin Calergi.


    image


    Per il suo perfetto equilibrio il Palazzo è considerato la maggiore espressione del Rinascimento a Venezia. Il progetto del palazzo fu affidato a Mauro Codussi nel XVI secolo e, nei due secoli seguenti, divenne il modello delle grandi dimore veneziane. Qui visse il grande compositore Richard Wagner che vi morì il 13 febbraio 1883. Il Palazzo ospita, dal 1946, il Casinò Municipale.

    Nella traettoria che porta verso le Fondamenta Nuove si trova la fondamenta dei Mori con l’omonimo campo che prende il nome dalle tre statue maschili con turbante del XIII secolo addossate agli edifici del campo. Un quarto moro che si trova ai piedi del ponte “Sior Antonio Rioba” dal naso di ferro era, come il romano Pasquino, il portavoce dei veneziani nella satira contro la Repubblica.

    Decentrata nella zona più periferica del sestiere, all’estremità della città sorge la Chiesa della Madonna dell’Orto.


    image


    In quest’area un tempo erano difusi orti e giardini, in uno spazio un tempo fortemente interessato dai traffici di mercanzie provenienti dalla terraferma. Non a caso, inizialmente, il santuario venne intitolato a San Cristoforo, patrono dei viaggiatori, dei pellegrini dei mercanti e dei traghettatori ma poi nel 1377 venne dedicato alla Madonna per via di una statua un tempo presente nell’orto della chiesa ritenuta miracolosa da molti fedeli. Il campo su cui si affaccia la chiesa è uno degli ultimi campi a Venezia ad avere mantenuto la pavimentazione in cotto spinato. La chiesa, risultato di varie fasi costruttive, costituisce uno dei più significativi e completi esempi di architettura gotica veneziana. L’interno è a tre navate concluse da tre cappelle delle quali quella absidale ha forma pentagonale. Il soffitto è a cassettoni e all’interno della chiesa si trovano numerosi capolavori. A sinistra della chiesa svetta il campanile databile agli ultimi decenni del Quattrocento e sul lato destro il chiostro del convento soppresso che è stato oggetto di un recente restauro. A sinistra si trova invece l’edificio che un tempo fu sede della Scuola di San Cristoforo detta dei Mercanti la cui costruzione iniziò nel 1570 su disegno di Andrea Palladio e che un tempo era decorato con i lavori di Jacopo Tintoretto e Paolo Veronese, opere che si trovano oggi presso le Gallerie dell’Accademia. Jacopo Tintoretto ebbe residenza abituale in questa parrocchia dal 1555 e infatti volle farsi seppellire sotto l’altare dell’abside destra, accanto ai suoi figli.

    La Chiesa di Sant’Alvise

    image


    nell’omonimo campo a Cannaregio 3282 è la più appartata della città. Secondo la tradizione una nobile veneziana Antonia Venier ebbe in sogno l’apparizione di Sant’Alvise nel 1383 che gli mostrò dove avrebbe dovuto erigere un tempio. La chiesa venne edificata tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV secolo a spese della nobildonna che si ritirò a vivere nel convento annesso per professare la regola agostiniana. Si presenta in semplici moduli gotici, a pianta basilicale con pareti e facciata in mattoni. All’interno della chiesa si trovano tre dipinti giovanili di Giambattista Tiepolo rappresentanti episodi della vita di Cristo. Dietro alla chiesa sorge il bel campanile trecentesco, in cotto, con la tipica cuspide conica a pigna e guglie agli angoli che eretto contestualmente alla chiesa ha mantenuto l’originaria struttura gotica.

    Dal Campo di Sant’Alvise, tagliando in diagonale in direzione del centro del quartiere, oltrepassando la calle di Capitelli, la calle della Malvasia e le Fondamenta degli Ormesini si giunge al quartiere ebraico, il quartiere dove fino dal 1516 per volere della Signoria dovevano abitare gli ebrei residenti a Venezia. La Serenissima, pur difendendo l’integrità della fede cattolica, cercava di mantenere una certa tolleranza verso tutte le fedi religiose a patto che non facessero opera di proselitismo o non dessero scandalo. Tale politica era dettata dall’esigenza di mantenere buoni rapporti politici e commerciali con culture e religioni diverse. Gli ebrei rappresentavano a Venezia il tramite per il commercio con il mondo greco. Tuttavia la loro presenza suscitava malumori da parte dei cristiani anche per l’invidia che gli ebrei scatenava a causa delle loro ricchezze, molti di loro erano infatti banchieri o usurai ma ciò si spiega con il fatto che era proibito loro esercitare le arti manuali.

    Si decise, nel 1516 di relegarli in una piccola insula circondata da un anello d’acqua, posta a Cannaregio, vicino a San Geremia chiamata Ghetto Vecchio.


    image


    L’origine di questo nome pare provenga dal fatto che in questa zona un tempo esistevano delle fonderie pubbliche dove si gettavano, cioè si fondavano le bombarde e, per traslazione, questo termine divenne sinonimo di ambiente coattivamente abitato da ebrei.

    Dopo la caduta della Repubblica nel 1797 il Ghetto fu aperto e gli ebrei furono liberi di stabilirsi dove volevano e di partecipare alle attività cittadine liberamente. Il Ghetto, all’interno del quartiere e della città, ha un tracciato urbanistico unico con le case altissime strette le une alle altre ( si raggiungono altezze di otto piani) per poter recuperare spazio necessario ad accogliere tutti gli abitanti che componevano la comunità ebraica. Tra le case spuntano le cupole delle sinagoghe dette anche scuole. Le Scuole sono cinque come le nazioni in cui è organizzata la comunità ebraica: la Scuola Granda Tedesca, la Scuola Canton, la Scuola Italiana che sorgono nel Ghetto Nuovo, la Scuola Spagnola ( progettata da Baldassarre Longhena nel XVII secolo) e la Scuola Levantina che sorgono nel Ghetto Vecchio.

    Al 2902/B di Cannaregio si trova il Museo Ebraico


    image

    che conserva oggetti religiosi soprattutto stoffe e argenti. E’ possibile abbinare alla visita del Museo anche la visita delle sinagoghe, se ne possono visitare tre delle cinque presenti. Da ricordare che il museo è chiuso il sabato e durante le festività ebraiche.

    Dalle Fondamenta Nuova in direzione di Castello si imbocca la Fondamenta della Misericordia e si raggiunge la Chiesa di Santa Maria dei Miracoli,


    image

    esempio perfetto e compiuto dell’architettura rinascimentale Veneziana. Fu progettata da Pietro Lombardo e, dal momento che si tratta di un unicum, non dovrebbe essere trascurata neppure dal più frettoloso dei turisti. Fu iniziata nel 1481 e ultimata nel 1489 e il progetto dalla realizzazione alla decorazione è opera di un unico artista e della sua bottega. Molto piccola rispetto alle altre chiese veneziane è un vero scrigno di tesori, oggetto di una decorazione totale quasi ci si fosse trovati di fronte ad un Horror Vacui Ante Litteram: marmi colorati, sculture, rilievi di eccezionale fattura ornano ogni angolo interno ed esterno con un risultato assolutamente stupefacente. L’interno ad una sola navata presenta, sopra l’ingresso principale, il coro pensile delle monache francescane di Santa Chiara. Sia il soffitto del coro, sia la volta sono intagliati a cassettoni dorati con all’interno dei cinquanta riquadri, piccoli dipinti su tavola in stile tizianesco eseguiti nei primi anni del XVI secolo

    Lungo la Strada Nuova in direzione SS. Apostoli la piccola calle Cà d’Oro


    image

    conduce al Palazzo omonimo. Il palazzo fu costruito nella prima metà del XV secolo dalla famiglia Contarini e deve il nome alla bellezza dell’architettura che, nei secoli, è stata abitata da diverse famiglie. Il barone Giorgio Franchetti, l’ultimo proprietario, acquistò l’edificio e cominciò un paziente lavoro di restauro dell’immobile di cui ripristinò la struttura originaria recuperando anche dei pezzi che erano scomparsi. L’intenzione del barone era quella di creare un museo in cui sia il contenitore che il contenuto fossero delle opere d’arte. Così nei due piani dell’edificio il barone fece sistemare i pezzi delle sue collezioni: sculture, bronzi, mobili. Alla sua morte il lavoro di ampliamento delle collezioni venne portato avanti e vennero inclusi anche gli affreschi strappati dal Fontego dei Tedeschi di Giorgione e Tiziano. Recentemente la galleria ha aperto altre sale nell’attiguo Palazzo Duodo nelle quali sono esposte frammenti di ceramica e maiolica lagunari che costituiscono oggi la più grande raccolta pubblica di ceramiche veneziane.



    image



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:42
     
    Top
    .
  3. tomiva57
     
    .

    User deleted


    COM'E' NATA VENEZIA


    image


    E’ una città unica nel suo genere, pensate solo a come è stata costruita, come fa a reggersi senza che sprofondino le sue fabbriche talvolta imponenti come i campanili di Piazza San Marco o la Basilica della Salute o la Chiesa del Redentore. Da sempre per la costruzione di un edificio, piccolo o grande, la città ha dovuto fare i conti con l’acqua, la salsedine, il fango e la sabbia.


    image


    Venezia è sorta su una immensa foresta di alberi rovesciati. I veneziani operavano in modo relativamente semplice: delimitavano l’area destinata alle fondazioni con due serie di palificazioni parallele tra loro distanti circa 80 cm, riempivano lo spazio tra le palificate con fango, svuotavano dai residui d’acqua la zona che era stata chiusa e, una volta asciutta, cominciavano a piantare tronchi d’albero, uno vicino all’altro, tanto in profondità da raggiungere il terreno solido. Le teste dei tronchi venivano quindi parificate e gli interstizi tra un tronco e l’altro venivano riempiti con cocci, pezzi di mattoni, rottami vari, pietre, impastati con calcestruzzo. Sulle teste parificate si costruiva una tavolata di panconi di larice o di olmo. I pali conficcati nel fango diventavano così resistenti e cementati tra loro da conservarsi in ottime condizioni per secoli.


    L'ACQUA ALTA A VENEZIA


    A Venezia si sentono suonare ancora le sirene che annunciavano le incursioni aeree della seconda guerra mondiale: sono rimaste in cima ai campanili e adesso segnalano le incursioni marine quando sta per montare l’acqua alta. Cominciano a farsi sentire tra le cinque e le sei di mattina e, se non vi è mai capitato di sentirle o non avete ascoltato, la sera prima, il bollettino dei naviganti, state certi: è un vero e proprio brivido. L’acqua alta è una sciagura relativamente recente, risale al secolo scorso quando una parte della laguna venne interrata e canali profondi vennero scavati per non far incagliare le petroliere permettendo al mare di allagare la città dopo pochi minuti. L’emergenza scatta oltre il metro e dieci. Gli abitanti insonnoliti fissano agli ingressi le paratie d’acciaio, infilano piccole dighe nelle cornici di metallo gommato sugli stipiti delle porte di casa. I commercianti avviano gli interruttori delle pompe idrauliche e cercano di mettere al riparo le merci per non vederle galleggiare in calle, le squadre speciali di netturbini escono all’alba a montare le passerelle di legno nelle calli più sommerse.


    image


    IN GIRO PER VENEZIA: a piedi o in gondola

    A Venezia si va a piedi (come a New York) o in vaporetto o in gondola e quest’ultima è uno dei tanti simboli della città nella laguna.
    La parola gondola si trova per la prima volta in un decreto del doge Vitale Falier del 1094, l’etimologia potrebbe derivare da due termini latini: cymbula che vuol dire "barchetta" o anche conche che vuol dire "conchiglia". Oppure potrebbe essere anche una parola derivante dal greco Kuntecas: "barca a spinta".

    image


    La gondola che vediamo ai nostri giorni è il risultato di lente trasformazioni avvenute nel corso dei secoli sia nella forma che nelle dimensioni e nelle finiture. L’insieme ricorda una mezzaluna galleggiante. Le caratteristiche più evidenti dell’imbarcazione sono il ferro, la forcola e il remo. Si possono trovare decorazioni di vario tipo: cavallucci marini, delfini, figure mitologiche, l’imbottitura nei braccioli, i sedili di stoffe colorate, la toleta a spigolo intarsiata o dipinta, i tappeti colorati. Un tempo la gondola aveva un altro elemento che la caratterizzava: il felze, una piccola cabina aperta che faceva da rifugio da sguardi indiscreti e che fu definitivamente abbandonata nella prima metà del Novecento. Nel XVI secolo a Venezia si contavano quasi diecimila gondole che erano addobbate e dipinte con colori sgargianti. A causa dei vari lutti subiti dalla città e per le leggi della Repubblica contro lo sfarzo sia le gondole che i felze diventarono neri.

    E’ bello osservare un gondoliere che quando smonta dalla sua barca svita la forcola come se chiudesse a chiave la porta di casa. Senza la forcola (lo scalmo) la gondola è impossibile da manovrare perchè, grazie alla sua particolare conformazione, gira in tondo.
    Il ferro invece è un vero e proprio elemento decorativo: si tratta di un rostro metallico posto all’estremità della prua, con sei denti sul davanti e uno dietro. La tradizione indica nei sei “denti” i sestieri di Venezia, nell’altro la Giudecca e nalle parte incurvata superiore il corno ducale: il cappello del Doge.


    image

    ITINERARI VENEZIANI

    Per rendere più organici gli itinerari consigliati a Venezia si è pensato di utilizzare la suddivisione in sestieri fermo restando che a Venezia è d’obbligo perdersi, andare a zonzo, bighellonare tra le calli lasciando che siano le pietre del selciato, incastonate una dietro l’altra, a guidare i passi; un certo Marcel Proust ha calpestato queste pietre una volta da piccolo e se le è ricordate per tutta la vita. Per lo scrittore francese Venezia era una città di fantasia infantile e di malinconia adulta, una piena di desideri e una irruzione di ricordi.
    Prima di cominciare gli itinerari vi informiamo che Venezia può provocare dipendenza, ci chiediamo come facciano i veneziani a resistere al regime estetico di intossicazione quotidiana di bellezza, forse è per questo motivo che li chiamano i Serenissimi: sono biochimicamente estatici, assuefatti d’epifania.







    san marco


    Per raggiungere il sestiere di San Marco e la omonima Piazza non si incontra nessuna difficoltà perché ad ogni angolo viene indicata da frecce la direzione da seguire.


    image


    San Marco è il sestiere più piccolo per estensione ma in esso è racchiuso il cuore politico e religioso della città. Piazza San Marco è l’unica Piazza della città che si affaccia sul bacino marino: ricca di monumenti e palazzi raccoglie oltre quindici secoli di storia e di arte. Nucleo originario (assieme a Rialto e a San Pietro di Castello) nella formazione di Venezia, è sempre stata abitata, così come l’intero quartiere, principalmente dalla nobiltà. Piazza San Marco è il salotto dei veneziani: lo spazio aperto deputato a ospitare tutti gli avvenimenti più importanti della vita cittadina. Secondo le cronache Piazza San Marco venne pavimentata in cotto per la prima volta nel 1267 mentre prima era un brolo, un campo in erba alberato, separato dal sagrato della chiesa di San Marco da un piccolo canale.
    Una seconda pavimentazione della piazza si ebbe nel 1392 per ordine del Doge Antonio Venier con riquadri di pietre cotte inframmezzate da listoni di marmo bianco.
    Seguirono, nel corso dei secoli, altre pavimentazioni fino a quella del 1893 quando la piazza venne rinnovata con il disegno attuale. La Piazza è a forma trapezoidale (lunga 176 m, larga 82 sul lato della basilica e 57 sul lato opposto). E’ chiusa su tre lati dalle Procuratie suddivise in Procuratie Vecchie sul lato sinistro e Procuratie Nuove sul lato destro unite tra loro dall’Ala Nuovissima o Ala Napoleonica costruita per volontà dell’imperatore francese all’inizio dell’Ottocento. Le Procuratie erano state un tempo costruite per ospitare uffici e abitazioni dei cosiddetti Procuratori, la carica statale più importante dopo quella del doge.
    Le Procuratie Vecchie che si elevano per due piani sopra le 50 arcate del portico sono le più antiche risalendo al XII secolo. Il primo piano venne ricostruito a cavallo tra il XV è XVI secolo su disegno dell’architetto Mauro Codussi. In seguito al terribile incendio del 1512 che distrusse buona parte delle strutture della piazza vennero, in un primo tempo, riprese da Bartolomeo Bon e Guglielmo Grici e, in un secondo momento, da Jacopo Sansovino che ne portò a termine la costruzione nel 1532.
    Se giungete a Piazza San Marco dalla via di terra oltrepassando cioè il Ponte di Rialto


    image

    attraverserete la Torre dell’Orologio uno dei monumenti più amati dai veneziani. Nella sua originaria struttura la porta non era intesa come porta d’accesso alla Piazza ma come porta d’accesso dalla Piazza San Marco alle Mercerie, il souk veneziano, alla zona commerciale e a Rialto cioè il centro finanziario veneziano. Le statue di bronzo che si muovono a segnare le ore sono chiamate dai veneziani “i due mori”,


    image

    per via del colore scuro del bronzo che ricordava i molti schiavi orientali presenti, un tempo, in città. Sono alte 270 cm. la torre ha subito numerosi restauri e rimaneggiamenti così come l’orologio.
    A sinistra della torre dell’orologio, sul lato settentrionale della basilica, si apre la Piazzetta dei Leoncini così chiamata per la presenza di due splendidi leoni in marmo rosso di Verona scolpiti da Giovanni Bonazza nel 1722. Al centro della piazzetta si trova una caratteristica vera da pozzo opera di Andrea Tirali con una piccola fontanella che è l’unico esempio nell’area marciana. Sul fondo della Piazzetta si erge il Palazzo Patriarcale, una tappa fondamentale nell’itinerario tintorettiano perché al suo interno si trova il ciclo della Vita di Santa Caterina (1557).
    Il monumento più importante, quello per cui file interminabili di turisti percorrono le calli vociando e chiedendo informazioni ai veneziani, è la Basilica di San Marco. John Ruskin ne Le Pietre di Venezia, la più completa descrizione di Venezia che sia mai stata scritta, dice che: “L’effetto di San Marco deriva non solo dalla delicatezza di tutte le sculture ma soprattutto dai suoi colori che sono il più sottile, il più cangiante colore del mondo, quello del vetro, dell’alabastro trasparente, del marmo lucido e dell’oro”. La Basilica di San Marco fu iniziata molti anni prima della IV Crociata, forse nel 978, ma fu completata solo nel 1275 e l’opera di abbellimento proseguì fino al XVIII secolo. La cosa che maggiormente colpisce nella basilica è il suo pronunciato aspetto orientale: sembra un tempio dorato uscito dalle pagine delle Mille una Notte e in effetti fu disegnato e costruito su modello di una chiesa orientale: la Chiesa di Santi Apostoli a Costantinopoli.
    I veneziani dei secoli passati furono dotati di un gusto squisito nell’impiego dei colori; questo talento combinato a uno straordinario senso dell’atmosfera, della luce e dello spazio li avrebbe distinti dalle altre scuole italiane.
    La percezione del colore è un dono largito a una persona e negato ad un’altra, è come l’orecchio musicale e il primo requisito per un vero giudizio su San Marco è la perfezione di quella facoltà di percepire il colore che poche persone si preoccupano di sapere se possiedono o meno. San Marco possiede l’incanto del colore in comune con la maggior parte dell’architettura e delle arti applicate dell’oriente e i veneziani sono l’unico popolo europeo che abbia simpatizzato interamente con il grande istinto delle razze orientali.



    image

    La facciata esterna della basilica è articolata su cinque ordini di arcate, sormontate da una balaustra esterna. L’interno delle arcate è ricoperto di mosaici. Attorno alla lunetta centrale che sovrasta l’entrata principale della basilica sono scolpiti tre archi decorati da antichissimi bassorilievi del XIII secolo rapppresentanti i mesi, le virtù, i profeti e i mestieri più diffusi nella Venezia di allora. Sopra la balaustra si trova la famosissima quadriga importata nel 1204 dal doge Enrico Dandolo, quale bottino di guerra alla fine della Quarta Crociata. Anche l’interno è tutto un rifulgere d’oro e uno scrigno di eccezionali capolavori. Ricordiamo il presbiterio della chiesa sopraelevato sulla cripta e separato dal resto della chiesa dalla maestosa iconostasi in marmi policromi. L’altare maggiore custodisce le spoglie di San Marco rinvenute dentro una cassa all’interno della cripta durante un restauro Ottocentesco. Dietro l’altare maggiore è visibile la Pala d’Oro, mirabile realizzazione dell’oreficeria veneto-bizantina, al cui completamento lavorarono vari artigiani per oltre trecento anni dal X al XIV secolo. A sinistra si trova la cappella della Nicopeia (Operatrice di Vittoria), autentico capolavoro dell’arte bizantina del XII secolo molto amata dai veneziani e considerata protettrice della città. Sul lato destro della chiesa si trova il battistero che oltre ad alcune tombe di dogi ospita la lastra tombale di Jacopo Sansovino, grandissimo architetto e scultore e autore del Fonte Battesimale. Dall’interno della chiesa si può accedere alla cripta e al Tesoro di San Marco, preziosissima raccolta di oggetti liturgici e religiosi dell’XI e XII secolo.
    Le Procuratie Nuove si allungano sul lato destro della piazza guardando la basilica. Vennero realizzate su disegno dell’architetto Vincenzo Scamozzi dal 1856 limitatamente alla prime dieci arcate a partire dall’angolo del campanile. Nel 1640 Baldassarre Longhena ne terminò la realizzazione. Originariamente erano suddivise in nove appartamenti destinati ai nove procuratori di San Marco. Al cadere della Repubblica vennero trasformate in Palazzo Reale per la corte napoleonica. Oggi sono di proprietà demaniale e ospitano le raccolte del Museo Correr e del Museo Archeologico.
    Sotto i portici, circa a metà, è ancora aperto, sempre vivace e arcinoto, l’antico Caffè Florian, celebre sin dal Settecento per essere frequentato dall’elite artistica, intellettuale, politica della città e non solo.

    image


    L’Ala Nuovissima o Ala Napoleonica delle Procuratie venne realizzata all’inizio dell’Ottocento.
    La Piazzetta San Marco era la porta d’accesso alla città dal mare. La piazzetta, delimitata, di fronte dal Bacino di San Marco e dalle due strutture architettoniche del Palazzo Ducale e della Libreria Sansoviniana, aveva il significato di spazio aperto deputato a raggiungere i due grandi centri del potere cittadino: il Palazzo Ducale, sede del potere politico, e la Basilica di San Marco, sede del potere religioso. La piazzetta è impreziosita da due imponenti colonne di granito orientale rosa e grigio che portano sulla sommità il Leone alato, simbolo della Repubblica, e San Teodoro, primo santo protettore della città. Collocare le due colonne fu, all’epoca, un’operazione difficilissima. Pare che le due colonne furono portate a Venezia da Costantinopoli (ne esisteva anche una terza che si inabissò e non fu mai più trovata) alla fine del XII secolo. Nell’impresa di mettere in piedi le colonne riuscì nel 1172 Nicolò Barattieri con un sistema molto ingegnoso che consisteva nel bagnare le corde che fungevano da tiranti per poi lasciarle asciugare. Asciugandosi, le corde si tendevano e, a poco a poco, si sollevarono. A quanto si racconta il Barattieri, in cambio del successo, chiese o ottenne dal Doge la privatizzazione dell’appalto per il gioco d’azzardo svolto nello spazio urbano tra le due colonne arricchendosi enormemente.
    Sempre in Piazzetta ma vicino all’entrata di Palazzo Ducale si trovano i due pilastri detti acritani, importati dai veneziani da San Giovanni d’Acri. La Signoria voleva con questa esposizione dimostrare al mondo la sua potenza politica e militare. Le colonne un tempo sostenevano una parte dell’ingresso di San Saba in Acri e sono testimonianza dello splendore della Venezia medievale.
    Dal medioriente provengono anche i “quattro mori”, il gruppo di porfido rosso che rappresenta, secondo la tradizione, la Tetrarchia e l’abbraccio concorde dei quattro tetrarchi: Diocleziano, Galerio, Massimiliano e Costanzo. La scultura egizio-siriaca si riferisce al IV secolo.

    image


    Il Palazzo Ducale è stato fino alla caduta della Repubblica nel 1797 la residenza del doge ed è tuttora il simbolo della civiltà veneziana, della sua tradizione politica, militare, economica e culturale. Fondato come castello nel IX secolo subì la prima radicale trasformazione negli 1172-72. Ulteriori, massicci interventi iniziarono nel XIV secolo e continuarono fino al 1463. Il Palazzo venne distrutto due volte a causa di gravi incendi nel 1484, la prima volta e, nel 1577, la seconda.
    Si accede al Palazzo attraverso la Porta del Frumento e ci si ritrova nel cortile interno chiuso da splendidi porticati. Nel cortile si trovano due vere da pozzo in bronzo realizzate nel Cinquecento. Al pianterreno si può visitare il Museo dell’Opera. Dal cortile, attraverso la Scala dei Censori si accede al primo piano, una magnifica vista sul bacino di San Marco. La Scala d’Oro guida all’appartamento del Doge. Le sale dell’appartamento sono decorate da splendidi camini e molte opere di scuola veneziana. Al secondo piano sono ospitate le sale di riunione delle più alte Magistrature dello Stato: la Signoria, il Senato, il Consiglio dei Dieci con opere di Tintoretto, Tiziano, Jacopo Palma il Giovane, Veronese, Hieronimus Bosh e altri.
    Terminata la visita al Palazzo si esce attraverso la Porta della Carta, opera di Giovanni e Bartolomeo Bon del 1438 e la porta conduce attraverso il Porticato Foscari alla monumentale Scala dei Giganti (1484-1501), l’antico ingresso d’onore, chiamato così per la presenza sulla sommità di due statue rappresentanti Nettuno e Marte, opera di Jacopo Sansovino alle spalle delle quali si svolgevano le cerimonie di incoronazione dei nuovi dogi.

    image

    Di fronte alla Basilica di San Marco, un po’ spostato sulla destra, si erge il famosissimo Campanile, con la cuspide rivestita di lamiere dorate e che veniva utilizzato, di notte, come faro per le navi accendendo dei fuochi all’interno della cella campanaria. Con le sue cinque campane segnava la vita dei veneziani. La Marangona (o Campanòn) suonava quando le maestranze iniziavano o terminavano il lavoro e batteva il mezzogiorno, la Trottiera chiamava i nobili (che arrivavano a cavallo) alle sedute del Maggior Consiglio, la Renghiera annunciava l’esecuzione delle condanne a morte, la Mezzaterza ricordava ai fedeli le funzioni religiose, la Mezzana indicava il termine ultimo in cui si potevano spedire le lettere a Rialto, il Campanone di Candia suonava insieme a tutte le altre per annunciare le feste o la visita di personaggi importanti.
    Galileo Galilei presentò, nel 1609, all’interno della cella campanaria, la sua invenzione: il telescopio. Alla base del campanile si trovavano delle botteghe e delle bancarelle in legno di artigiani e rivendite di vini che si spostavano seguendo l’ombra. Proviene da qui l’usanza veneziana di chiamare il bicchiere di vino Ombra, probabilmente la consuetudine di bere un bicchiere in compagnia all’ombra del campanile portò nel dialetto il modo di dire “prendere un’ombra”.
    Il Campanile ha una lungo storia costruttiva dal 888 al 1173. I nemici più pericolosi di questa costruzione sono stati da sempre i fulmini che colpivano la sua cima e spesso la incendiavano, ma anche i terremoti come quello del 1511.
    Su proposta dell’abate Giuseppe Toaldo nel 1776 fu applicato il primo parafulmine.
    Il 14 luglio del 1902 alle 9.47, accompagnato da un rombo che si udì in tutta la laguna, il campanile si afflosciò su se stesso. Non vi furono vittime fatta eccezione per qualche colombo e il gatto che faceva compagnia al custode. Delle cinque antiche campane solo la Marangona rimase intatta; anche la loggetta sansoviniana venne travolta dalle macerie.
    Con lo slogan “dov’era com’era” si iniziarono immediatamente i lavori di recupero e di ricostruzione del Campanile e della Loggia.
    L’altezza del campanile è di 100,060 metri. Fino a pochi anni fa si saliva a piedi in cima, oggi è possibile salire sulla cella campanaria con l’ascensore.
    La loggetta del Campanile di San Marco fu realizzata da Jacopo Sansovino tra il 1537 e il 1549 e si trova alla base del campanile. La terrazza con balaustra davanti alla facciata fu aggiunta posteriormente nel 1663.
    L’Angelo Gabriele di legno rivestito di lamine di rame dorato venne collocato sul campanile in sostituzione della croce nel 1511. Anche l’Angelo, esposto alle intemperie, fu colpito dai fulmini più volte fino a quando crollò sulle botteghe che circondavano il campanile nel 1745. Con il crollo del campanile del 1902 l’Angelò andò a finire proprio di fronte alla porta della Basilica e venne restaurato, in seguito, secondo un modello neoclassico. L’Angelo fa parte della memoria collettiva dei veneziani e, dopo l’accaduto, l’attuale sindaco Massimo Cacciari ne parlò come di un’opera “necessaria” della della quale non si poteva e non si può più fare a meno.
    La Libreria Sansoviniana è uno dei maggiori capolavori di architettura di Venezia e non solo. Jacopo Sansovino eseguì il progetto limitatamente alle prime sedici arcate tra il 1537 e il 1553. L’opera fu complettata da Vincenzo Scamozzi nel 1588 che realizzò le ultime cinque arcate verso il molo. Le arcate del piano terra sono di ordine dorico sovrastate dall’ordine ionico del loggiato. Come coronamento una balaustra sormontata da statue di divinità classiche. Il portale è ornato con gigantesche statue di cariatidi. Al primo piano si trova il vestibolo che era stato ideato come luogo destinato a lezioni umanistiche. Nella decorazione a tromp l’oeil del soffitto emerge un dipinto autografo di Tiziano: La Sapienza (1560). Nella Sala della Libreria sono preziosissimi codici che furono donati, nel 1468 circa, dal cardinale Bessarione alla Repubblica di Venezia. La Biblioteca possiede 13.000 manoscritti tra i quali i due codici dell’Iliade più illustri: l’Homerus VenetusA (X secolo) e l’Homerus Venetus B (XI secolo) e quasi un milione di volumi.Tra i tondi che ornano il soffitto della libreria due sono attribuiti rispettivamente a Paolo Veronese e Andrea Schiavone. All’epoca per la decorazione del soffitto venne bandito un vero e proprio concorso vinto da Paolo Veronese con il tondo rappresentante La Musica. Anche i ritratti di filosofi alle pareti furono dipinti da importanti artisti: Tintoretto, Schiavone, Veronese.
    Jacopo Sansovino progettò anche il Palazzo della Zecca tra il 1537 e il 1545

    image


    . Il cortile interno su cui insistono 40 arcate venne , nel 1905, ricoperto con un lucernario in vetro e trasformato in suggestiva sala di lettura. Per accedere all’interno si transita attraverso l’ingresso realizzato da Vincenzo Scamozzi e adornato da due imponenti Telamoni che i veneziani chiamano Mas’cioni. Una zecca a venezia esisteva fin dalla metà del IX secolo ma si trovava nei pressi di Rialto. Nel 1277 venne trasferita a San Marco ed era direttamente controllata dal Maggior Consiglio in una prima fase e succesivamente dal Senato. Dall’inizio del Quattocento coniava annualmente fino a due milioni di monete tra ducati d’oro (zecchini) e d’argento. Venne chiusa definitivamente nel 1870 con l’annessione della repubblica di Venezia allo Stato Italiano. Attualmente ospita parte dei depositi della Biblioteca Marciana.
    Uno degli angoli più fotografati dai veneziani il Ponte dei Sospiri e per osservarlo bisogna soffermarsi sull’antichissimo Ponte della Paglia che si trova lungo il molo prospiciente il Palazzo Ducale.

    image


    Il Ponte dei Sospiri è un ponte in stile barocco, pensile, completamete chiuso che porta direttamente dal Palazzo Ducale al vicino Palazzo delle Prigioni. Il Ponte dei Sospiri è così chiamato perché in esso transitavano i condannati i quali vedevano la luce e guardavano per l’ultima volta il Bacino di San Marco sospirando per la terribile detenzione che li attendeva nelle durissime celle della Serenissima. Nelle prigioni veneziane vennero rinchiusi personaggi quali Giacomo Casanova, che riuscì clamorosamente ad evadere, Niccolò Tommaseo, Daniele Manin e Silvio Pellico di passaggio per lo Spielberg. Nelle celle di tortura sono ancora visibili i graffiti dei detenuti.
    Per rivivere questa atmosfera, a dire il vero abbastanza tenebrosa, sono previsti dalla Direzione del Palazzo Ducale degli “Itinerari segreti” che guidano dal Parlatoio agli ambienti che un tempo risuonavano delle grida che provenivano dalle Camere del Tormento.
    Provenendo dall’Accademia, dopo aver attraversato il grande ponte in legno che attraversa il Canal Grande ci si immette quasi subito sul vasto e luminoso campo Santo Stefano in fondo al quale si staglia il fianco austero della magnifica chiesa di Santo Stefano.

    image


    Fu fondata dagli Eremitani di Sant’Agostino e dedicata a Santo Stefano il primo martire della storia cristiana. La prima pietra della chiesa fu posata nel 1294 e la chiesa fu terminata nel 1325 grazie ai sostanziosi finanziamenti largiti più volte dalla Repubblica. Le cronache narrano che dopo la prima consacrazione la chiesa dovette essere riconsacrata altre sei volte per sacrilegi commessi al suo interno e soprattutto per fatti di sangue.
    L’interno della chiesa è a tre navate a ventaglio scandite da colonne in pietra rossa veronese e marmo greco alternate. L’ambiente conserva molte delle caratteristiche del gotico più maturo. Da notare il bel soffitto a carena di nave rovesciata riccamente decorato e assimilabile a quello di San Giacomo dell’Orio. La facciata è in mattoni a vista tripartita da lesene con una serie di archetti pensili nelle finestre laterali, nel rosone centrale e nel coronamento del portale d’ingresso. Il campanile è in mattoni e pietra D’Istria, inclinato come molti dei campanili veneziani. Secondo alcune cronache la sera del 7 agosto 1585 un fulmine colpì il campanile facendo addirittura fondere le campane e il Consiglio dei Dieci decise di fare dono agli Agostiniani di Santo Stefano di quattro campane provenienti dall’Inghilterra e che erano state donate dalla regina Elisabetta dopo aver fatto demolire le chiese e i campanili cattolici.
    La decorazione pittorica e plastica dell’interno è particolarmente ricca. All’interno della sacrestia maggiore si possono ammirare ben quattro tele di Jacopo Tintoretto e della sua bottega. Altro grande artista presente in questo spazio è Antonio Vivarini, maestro muranese del XV secolo.
    Il Campo Santo Stefano è stato teatro in passato di molti avvenimenti curiosi. Ricordiamo che in questa piazza si è svolta, fino al 1802, la caccia dei tori che venne, in seguito, proibita per evitare


    spiacevoli incidenti. Al centro del campo sorge il monumento al letterato e patriota Niccolò Tommaseo.
    Il Museo Archeologico Nazionale, in Piazza San Marco, ospita una importante raccolta di sculture antiche fra cui originali greci di notevole importanza. In esso sono esposti inoltre bronzi, gemme, monete, ceramiche, antichità assiro babilonesi ed egizie.


    image

    Il MuseoCorrer è parte integrante dell’itinerario marciano che con un solo biglietto permette di visitare il Palazzo Ducale, il Museo Correr, il Museo Archeologico e la Biblioteca Nazionale Marciana. Sede, in epoca napoleonica, dela Palazzo Reale, dal 1922 è sede del Museo Correr formatosi a partire dalle collezioni che il patrizio Teodoro Correr lasciò in eredità alla città nel 1830. Sono diversi i percorsi da effettuare all’interno del Museo: le sale neoclassiche, le raccolte storiche sulle istituzioni, le vicende urbanistiche, la vita quotidiana della città, la pinacoteca. Quest’ultima è una delle rassegne più suggestive e ricche della pittura veneziana dalle origini al primo Cinquecento con opere, tra gli altri, di Lorenzo Veneziano, dei Bellini, di Carpaccio, Cosmè Tura, Antonello da Messina, Lorenzo Lotto proposte nel suggestivo allestimento di Carlo Scarpa.
    Il Museo Fortuny è attualmente ospitato nella grande mole gotica del Palazzo Pesaro degli Orfei,


    image


    acquistato e restituito alla sua antica struttura dal geniale artista spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo. Il palazzo divenne abitazione, studio e laboratorio di questo eclettico personaggio, autentico artista globale i cui interessi spaziavano dalla pittura alla fotografia, dalla scenografia teatrale alla creazione di colori, dal disegno di moda all’illuminazione. Alla sua morte il palazzo passò in eredità alla moglie Henriette che a sua volta nel 1956 lo donò al Comune di Venezia. Il Museo è la ricostruzione dell’abitazione di Mariano Fortuny con le tappezzerie, i quadri, i mobili insomma un vero e proprio spaccato della Bella Epoque.
    L’Harry’s Bar è uno dei bar più famosi del mondo pur non essendo un vero e proprio bar. Un bar che secondo il suo artefice, Giuseppe Cipriani (1900-1980) poteva rivoluzionare l’idea che si associa a questo tipo di esercizio ancorchè di lusso e no alla poetata di tute le tasche.
    Giuseppe Cipriani fu il creatore dell’Harry’s, della Locanda di Torcello, dell’Hotel Cipriani alla giudecca e fu autire anche di un libro di momorie dove si domostra come un albergatore possa aver ricevuto monarchi, premi Nobel, artisti, quasi fosse stato un ambasciatore.
    La sede inizialmente era soltanto un amgusto magazzino in una calle cieca dal momento che il Ponte della Zecca venne costruito solo alcuni anni dopo e non esisteva ancora la fermata Vallaresso. Anche l’arredamento non venne idesto da un architetto ma da un gentiluomo veneziano, Gianni Rubin de Cervin.
    Lo conosceva bene Hemingway che era un habituè del locale dove ambienta alcuni brani di Across The River and into the Trees o qualcuno dei suoi Quarantanove Racconti.
    Un bar che lega Venezia a New York. Una correlazione strutturale che Arrigo Ciprani ribadisce nelle sue memorie: “ per rendermi conto di essere proprio a New York doveveo guardare fuori attraverso i vetri delle finestre sulla Quinta Avenue per controllare se davvero le luci bianche che si muovevano la sera erano quelle delle automobili oppure quelle di veloci motoscafi nel Bacino di San Marco. Perché, dentro, le voci, la tranquilla turbolenza dei clienti, la sensazione che tutti fossero a loro agio erano identiche a quelle di Venezia. Così, piano piano, cercai di capire in che cosa si assomigliassero queste due fantastiche città. E mi saltarono all’occhio le loro asimmetrie per esempio. Perché se Venezia è già per sua natura asimmetrica, gli uomini a New York hanno raggiunto le loro. New York su un disegno orizzontale assolutamente geometrico ha trovato le sue asimmetrie nei grattacieli…. I Palazzi sul Cana Grande sono le chiese di uomini potenti, i grattacieli stupendi obelischi che tendono verso il cielo. Poi ancora in tutte e due le città si va a piedi. Poi una è, l’altra è stata la capitale dei commerci del mondo conosciuto”.








    .....continua...



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:46
     
    Top
    .
  4. tomiva57
     
    .

    User deleted


    ...continua..



    s.croce



    image



    Santa Croce era un antico luogo di saline e di laghetti stagnanti con i confini che si intrecciano a quelli del sestiere di San Polo. Il carattere dei due sestieri è un fitto intreccio di abitazioni e attività commerciali con una urbanizzazione stratificata nei secoli.
    L’itinerario può prendere le mosse dalla Chiesa di San Simeone Piccolo che si affaccia sul Canal Grande proprio di fronte alla Stazione ferroviaria di Santa Lucia dal momento che è il primo edificio religioso sul quale il turista pone lo sguardo non appena sceso dal treno che lo ha portato in città.

    image


    Si oltrepassa il Ponte degli Scalzi e si raggiunge, sull’altra sponda del Canal Grande, la chiesa dedicata ai santi Simeone e Giuda che veniva comunemente chiamata San Simeone Piccolo per distinguerla dalla vicina chiesa di San Simeone Grande. Ancora oggi viene chiamata così nonostante i lavori di ristrutturazione eseguiti nel Settecento l’abbiano trasformata in una chiesa assai più grande. Probabilmente la sua erezione data al X secolo e nel corso dei secoli subì vari rifacimenti fino ad assumere la fisionomia attuale dopo i lavori di ristrutturazione nel 1718 su progetto dell’architetto Giovanni Scalfarotto. La chiesa si presenta con un pronao delimitato da colonne corinzie e pilastri che sostengono il frontone triangolare. La seconda struttura volumetrica è la cupola ricoperta di lastre di rame di color verdastro che copre il corpo principale della chiesa con in cima una grande lanterna a forma di tempietto circolare al di sopra della quale si trova la statua del Cristo Redentore. Il corpo centrale è a pianta circolare (primo esempio di tale struttura a Venezia). Posteriormente si apre il presbiterio rialzato rispetto alla navata. Interressanti sono i sotterranei cimiteriali che stanno al di sotto della pavimentazione e che costituiscono un complesso catacombale unico per Venezia.

    image


    A poca distanza da San Simeone Piccolo sorge la chiesa di San Simeone Grande. La sua fondazione è antichissima e risale al 967. Della fisionomia dell’antica costruzione non si sa quasi nulla ma doveva essere in cattive condizioni se, a cavallo tra i secoli XII e XIII, venne completamente ricostruita, tuttavia una nuova ricostruzione si rese necessaria agli inizi del Settecento. Al suo interno la chiesa conserva dipinti di Palma il Giovane e di Jacopo Tintoretto. Le tre navate dell’interno si reggono su colonne antiche con capitelli bizantini.
    Proseguendo lugo le calli a sinistra si raggiunge la Chiesa di San Zan Degolà cioè la Chiesa di San Giovanni Decollato


    image


    ma non chiedete a un veneziano di indicarvela poiché vi saprà dire dove si trova solo se pronunziate il nome dialettale della chiesa. Si affaccia sul campo omonimo a poche calli di distanza dal campo di San Giacomo dell’Orio. La piccola e spoglia chiesa in realtà è molto importante dal momento che si tratta dell’unico esempio di architettura veneto-bizantina che si sia conservata in modo sufficientemente integro. Promotrice della costruzione della chiesa fu la nobile famiglia Venier mentre un’altra importante famiglia si fece carico del suo restauro nel XII secolo. Il prospetto attuale è da riferire al Settecento con i tre partiti e le due ali laterali corrispondenti alle navate minori. L’interno è molto semplice con una copertura a carena di nave capovolta. All’interno si trovano otto colonne in marmo greco con capitelli bizantini che risalgono all’XI secolo. Un terribile fatto di cronaca è legato a questa chiesa ed è entrato a far parte della memoria collettiva dei veneziani. Il 21 novembre 1500 venne sterminata una intera famiglia e di questo atroce delitto venne accusato un prete che officiava a San Zan Degolà. Il prete Francesco venne giustiziato in Piazza San Marco il 19 dicembre successivo dopo aver subito il taglio della mano destra davanti alla porta della povera famiglia rapinata e sterminata.
    Alle spalle della chiesa di San Zan Degolà si trova il Fondaco dei Turchi il più grande palazzo medievale del Canal Grande. Fu trasformato in magazzino dai mercanti turchi che vi si stabilirono dal 1621 al 1838 aprendovi bazar, bagni turchi e moschee. Nel 1858 il Comune riacquistò e restaurò l’edificio in stile veneto e bizantino che dal 1924 ospita il Museo di Storia Naturale.


    image


    Le collezioni all’interno del museo erano già appartenute al Museo Correr e all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, a queste si aggiunsero altre preziose raccolte. Tra le varie collezioni botaniche, zoologiche, paleontologiche si trova anche una collezione di modelli e strumenti che illustrano sistemi di pesca in uso nella laguna di Venezia e una ricca biblioteca scientifica con oltre 40.000 titoli.
    Dal Museo di Storia Naturale, immettendosi nella calle Larga e percorrendola per qualche centinaio di metri, ci si trova in Campo San Giacomo dell’Orio dove sorge l’omonima chiesa. E’ una delle più antiche e suggestive chiese veneziane.La semplice facciata quasi non sembra quella di un edificio sacro ed è rivolta verso un minuscolo ma accogliente campiello caratterizzato da una graziosa fontanella. La fondazione della chiesa, stando alla tradizione, dovrebbe risalire all’IX secolo anche se il primo documento che ne fa menzione risale al 1089. Nel 1225 venne ricostruita in stile bizantino e decorata con elementi molto particolari tra i quali una colonna in marmo verde portata da Bisanzio come trofeo di guerra durante la Quarta Crociata. All’interno è da segnalare il bellissimo ciclo pittrorico di Palma il Giovane per la Sacrestia Vecchia e per la Cappella del Santissimo.

    image


    Non molto distante da San Giacomo dell’Orio sorge Palazzo Mocenigo che nel 1954 fu donato da parte del proprietario Alvise Mocenigo, discendente di una famiglia patrizia, alla città di Venezia. Si tratta di un raffinato e prezioso ambiente con arredi settecenteschi e, all’interno, si può ammirare una raccolta di abiti e accessori, tessuti, libri, figurini di moda di varie epoche. Nelle sue sale ha sede anche il Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume dotato di una ricca biblioteca specializzata nonché di una cospicua tessilteca.
    Oltrepassando il Rio di San Stae l’itinerario può proseguire con una visita alla piccola Chiesa di Santa Mater Domini con la facciata incastrata tra due edifici. Una bella composizione di ispirazione rinascimentale attribuita a Sansovino. Sul Campo sono visibili resti di costruzioni del periodo bizantino. Da qui percorrendo la fondamenta Rimpetto Mocenigo fino al Canal Grande ci si porta a Cà Pesaro per una visita al Museo d’Arte Orientale e al Museo D’Arte Moderna.

    image


    All’interno di Cà Pesaro, un’architettura che segna il trionfo del barocco veneziano, è ospitata una delle più grandi collezioni europee d’arte orientale con costumi, oggetti e tessuti giapponesi del periodo EDO (1600-1868). All’interno del Museo d’Arte Moderna si potranno ammirare opere di Klimt, Matisse, Rodin, Calder, i pittori italiani della fine del XIX secolo e molti altri.





    CASTELLO




    Il sestiere Castello si trova ad est della città e comprende tutta la coda di Venezia: con San Pietro e Sant’Elena confina con la laguna arrivando con la riva degli Schiavoni fino a San Marco e tangendone l’omonimo sestiere ingloba a nord tutto il vasto complesso dell’Arsenale. Pare che il nome derivi da un antico presidio militare che si trovava sull’estrema punta est. San Pietro di Castello fu certamente uno dei nuclei iniziali della città. L’urbanizzazione si sviluppò attorno all’Arsenale grazie alla costruzione della abitazioni occupate da quanti lavoravano nei dintorni: nella piccole e grandi officine, nei granai, nei forni e nei grandi magazzini di raccolta per le merci. Nella zona più a nord si stabilirono i conventi dei domenicani di San Giovanni e Paolo e dei francescani di San Francesco della Vigna. Nella parte a est i Giardini Pubblici e la Via Garibaldi furono realizzati in epoca napoleonica.
    Subito dopo Piazza San Marco, il campo dei Santi Giovanni e Paolo, intitolato ai due fratelli e ufficiali romani martirizzati nel 363 per ordine di Giuliano l’Apostata è certamente il più monumentale e il più ricco di suggestioni storiche, architettoniche e di opere d’arte. Centro pulsante della vita cittadina è uno dei luoghi prediletti dai veneziani. La costruzione della Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo


    image


    cominciò molto probabilmente nella seconda metà del XIII secolo. I lavori iniziarono dalla parte absidale, si proseguì con la navate e infine si terminò con la facciata. Lo stile delle absidi si identifica con i modi del gotico trecentesco. La facciata dei Santi Giovanni e Paolo è di tipo conventuale in cotto. E’ tripartita da lesene che si concludono in alto con edicole marmoree. Le absidi grandiose e perfette sono da annoverare tra i capolavori del gotico italiano. Sul campo antistante la chiesa si trova il monumento equestre di Bartolomeo Colleoni, inaugurato il 21 marzo 1496 e realizzato da Andrea di Francesco di Cione detto il Verrocchio, grande maestro di Leonardo da Vinci. Il condottiero, al servizio delle Signoria durante le campagne di conquista dei territori lombardi, aveva espresso il desiderio che alla sua morte questo monumento fosse collocato di fronte a San Marco, intendendo chiaramente la Basilica di San Marco. Ma la Repubblica da sempre contraria a qualsiasi forma di culto della personalità pensò bene di accontantare l’ultimo desiderio del suo valoroso condottiero trovando un comodo escamotage: il monumento fu collocato di fronte alla Scuola di San Marco non di fronte alla Basilica. All’interno l’altare maggiore, restaurato nel XVII secolo, è molto probabilmente opera di Baldasserre Longhena. Sono due i caratteri che segnano lo spazio architettonico della chiesa: da una parte la semplicità della pianta e delle strutture portanti che si identificano perfettamente con lo spirito povero e severo dell’ordine domenicano, dall’altra la maestosità dell’edificio e l’ostentazione dei monumenti funebri dal momento che costituisce il vero e proprio mausoleo dei dogi e delle figure eminenti della Repubblica.


    image


    Il campo di Santa Maria Formosa si apre al limite fra il sestiere di San Marco e quello di Castello ed è uno dei campi più vasti e urbanisticamente interessanti di Venezia. Nel cuore del campo sorge la Chiesa di Santa Maria Formosa. La chiesa primitiva aveva uno schema planimetrico a croce greca. Nel 1492 fu decisa una totale ristutturazione dell’edificio e l’incarico per il progetto fu dato a Mauro Codussi che già aveva sperimentato a Venezia i suoi schemi protorinascimentali. Codussi adattò, sulla pianta a croce greca, la pianta latina a tre navate con presbiterio e absidi semicircolari. Lo spazio della chiesa dopo la ristrutturazione venne moltplicato e l’architettura comunica un senso di forte equilibrio spaziale e di semplicità accentuati dal gioco della luce negli spazi interni. L’essenzilità e l’eleganza delle soluzioni è accentuata anche grazie all’uso ridotto della decorazione e al semplice gioco cromatico tra il grigio dei marmi e il bianco degli intonaci alle pareti e sulle volte. Il prospetto ha un disegno a capanna tripartito da pilasti corinzi. All’interno si trova un capolavoro dipinto da Bartolomeo Vivarini del 1473, il Trittico della Misericordia. Eseguito con la tecnica della tempera all’uovo. Un altro importante ciclo si trova nella terza cappella di destra eseguito da Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio. Al primo piano nell’oratorio sono conservati i dipinti di Giandomenico Tiepolo e un’opera del Sassoferrato.


    Alla Chiesa di Santa Maria Formosa è legata la celebrazione della Festa delle Marie. Il doge in persona si recava, una volta all’anno in visita a Santa Maria Formosa, nel giorno della purificazione di Maria Vergine per ricordare l’episodio del rapimento di dodici ragazze da parte dei pirati istriani poi liberate dai veneziani guidati dal doge Candiano III. La grande festa in memoria di questo fatto entrò nella tradizione con il nome di Festa delle Marie che divenne poi Festa de le Marie de Tole quando le ragazze portate in processione per ricordare le fanciulle rapite furono sostituite da manichini di legno.
    Subito dietro la Chiesa di Santa Maria Formosa sorge l’Oratorio di Santa Maria della Salute chiamato così perché nel piccolo edificio vi era una immagine sacra della Vergine molto venerata dalla popolazione. All’interno si trovano opere di Giambattista Tiepolo, Giuseppe Porta detto il Salviati, Antonio Balestra e Paolo Pagani.

    image


    Sempre dietro la Chiesa di Santa Maria Formosa si trova il Palazzo Grimani. L’edificio è visitabile previo appuntamento al numero di tel 041.275 04 62. Il Palazzo risalente al XVI secolo era un tempo un vero e proprio museo celebre per le raccolte di archeologia dei Grimani (la loro collezione greco-romana, donata alla Repubblica nel 1593, costituì il primo nucleo del Museo Archeologico). Si possono vistare le sale del primo piano introdotte da una splendida scala monumentale. All’interno del palazzo lavorò, tra gli altri, Federico Zuccari.

    Dal Campo dei Santi Giovanni e Paolo percorrendo la salizada omonima e imboccando quindi la Barbaria delle Tole, oltrepassando il Rio di Santa Giustina si raggiunge la Chiesa di San Francesco della Vigna. Il tempio è chiamato della Vigna poiché nel 1253, Marco Ziani, figlio minore del Doge Pietro donò un esteso appezzamento di terreno coltivato a vigna ai Frati Minori i quali, successivamente, decisero di costruirvi una chiesa. Nella prima metà del Cinquecento si decise di ampliare l’architettura preesistente e si diede l’incarico a Jacopo Sansovino. L’edificio subì in realtà parecchie modifiche rispetto al progetto originario del Sansovino. La chiesa è a croce latina, la navata centrale è molto ampia e su ogni lato si aprono cinque grandi cappelle. Jacopo Sansovino aveva relizzato il prospetto della chiesa secondo un modello tripartito con un frontone triangolare ispirandosi alle chiese fiorentine realizzate da Filippo Brunelleschi. Tuttavia, dopo quasi tent’anni dall’inizio dei lavori la chiesa era ancora priva della facciata e a completarla fu chiamato Andrea Palladio. A fronte della magnificenza della facciata si deve riscontrare l’essenzialità dell’interno nonostante non manchino capolavori di pittura e scultura.


    image


    Per raggiungere la chiesa di San Zaccaria si percorre la riva degli Schiavoni fino a quando si esce sul Campo di San Zaccaria, un campo silenzioso, lontano dal trambusto dei turisti. I gatti sono gli angeli custodi di questo santuario. (Una curiosità, si racconta che a Venezia, prima della Seconda Guerra Mondiale ci fossero 40.000 gatti). Anticamente questo campo era considerato uno spazio sacro perché riservato alle monache. La chiesa di San Zaccaria ha avuto una storia architettonica molto complessa e ricca di eventi che interessarono anche il monastero annesso. Nel tempo si sono succeduti numerosissimi e radicali interventi di ristrutturazione. Il monastero fu, nella storia della Repubblica, il più sovvenzionato dal Governo sebbene esso fosse noto per i costumi non proprio morigerati delle monache che lo abitavano e che appartenevano alla nobiltà e costrette dunque a prendere il velo per meri interessi familiari. Il legame tra il Palazzo e San Zaccaria fu sancito nel corso dei secoli dagli stessi dogi che, ogni anno, nel secondo giorno di Pasqua si recavano in solenne visita al monastero e alla chiesa. La visita era volta a ratificare i rapporti stabilitisi tra Governo e istituzioni religiose della città. Nel corso del medioevo la chiesa di San Zaccaria divenne il vero e proprio Pantheon veneziano in quanto vi trovarono sepoltura ben otto dogi. La chiesa si presenta adesso, dopo le successive ristrutturazioni, equilibrata nelle masse e con una perfetta armonia di pieni e di vuoti. L’interno è a tre navate divise da colonne poggianti su plinti poliedrici. L’abside pentagonale coronata da cappelle radiali semicircolari si apre su un deambulatorio aperto a giorno con due ordini di arcate: questo tipo di stuttura è l’unico esempio a Venezia. Tra le opere possedute dalla chiesa la più importante è sicuramente la Sacra Conversazione di Giovanni Bellini, datata 1505. L’opera era stata trasferita a Parigi nel 1797 in seguito alle soppressioni napoleoniche ma, per fortuna, fu restituita nel 1815 e ricollocata nell’altare. All’interno si trova anche un’opera del genovese Bernardo Strozzi e una di Jacopo Palma il Giovane. La Cappella di San Tarasio, chiamata la Cappella d’Oro e che costituiva l’abside della primitiva chiesa, racchiude splendidi capolavori quattrocenteschi a cominciare dagli affreschi del catino absidale, opera del fiorentino Andrea del Castagno (1422) che rappresentano una delle rarissime testimonianze di arte toscana a Venezia. Altro luogo carico di storia e di arte all’interno di San Zaccaria è la cappella di Sant’Atanasio dove si conserva La Nascita di San Giovanni Battista di Jacopo Tintoretto del 1563. Si possono inoltre ammirare opere di Tiepolo, di Jacopo Palma il Vecchio, di Bassano e una Crocifissione di Van Dick.


    Proseguendo lungo la riva degli Schiavoni si può effettuare una visita alla chiesa di San Giovanni in Bragora.


    image


    Cosa voglia dire il vocabolo bragora è impossibile da sapere. Le interpretazioni più diffuse sono tre anche se nessuna convince completamente. Secondo la prima delle ipotesi la parola deriverebbe da Brago cioè fango o melma a indicare il canale di scolo il che significherebbe che la chiesa sorge in una zona un tempo una zona un tempo paludosa. La seconda ipotesi etimologica riconduce alla lingua greca e al vocabolo “piazza”, un luogo dove si teneva il mercato. La terza ipotesi farebbe derivare il termine da bragolare cioè andare a pescare con determinati attrezzi. In ogni caso ogni ipotesi spinge ad ipotizzare un ambiente urbano molto popolare e in effetti questa parrocchia era abitata da artigiani, commercianti e stranieri. Non si dimentichi che nelle vicinanze c’erano la Scuola Dalmata e la Scuola dei Greci e che nella chiesa si riunivano oltre ai Sabbioneri anche i Filacanavi cioè i cordai che lavoravano nel vicino Arsenale.
    Il grande compositore Antonio Vivaldi nacque e abitò in questa parrocchia e fu battezzato nella Chiesa di San Giovanni in Bragora.

    image


    Proprio sulla riva degli Schiavoni sorge la Chiesa della Pietà e accanto ad essa sorgeva una volta un istituto femminile per l’infanzia abbandonata nel quale le giovani ospiti venivano avviate principalmente all’apprendimento del canto e della musica per i servizi religiosi. Nella loro educazione artistica si distinse certamente il “prete rosso” Antonio Vivaldi che qui svolse la sua attività di maestro per oltre quarant’anni dal 1703 al 1740. All’interno della Chiesa della Pietà le opere di maggior pregio presenti sono gli affreschi di Giambattista Tiepolo posti sul soffitto dell’entrata, della navata e del presbiterio. Qui si trova anche un’opera di Giambattista Piazzetta rappresentante La Visitazione. Tutte le spese per la costruzione dell’altare maggiore e per la sua decorazione furono sostenute dalla famiglia Forscarini il cui stemma si trova inciso sulle basi delle grandi colonne tutte intorno all’altare.


    Inoltrandosi tra le calli alle spalle della Chiesa della Pietà si raggiunge la Chiesa di San Giorgio dei Greci. Le origini della comunità greca a Venezia risalgono a tempi antichissimi. Con la IV Crociata e la presa di Costantinopoli (1204) moltissimi immigrati andarono ad ingrossare le fila di questa etnia impegnati soprattutto nei commerci e nei traffici marittimi ma molti ne arrivarono anche nei secoli successivi. Con essi arrivarono la cultura, gli oggetti preziosi le opere d’arte del millenario mondo greco bizantino che, a mano a mano, andava scomparendo. Inizialmente la comunità non aveva un luogo dove celegrare le propprie funzioni ed era sempre costretta a cercare ospitalità nelle chiese di rito cattolico. Nel 1511 la comunità greca chiese al Senato della Repubblica di poter costruire un proprio tempio, uno scuola, un collegio, un cimitero e alcune abitazioni. La chiesa venne dedicata a San Giorgio martire.
    Il campanile della chiesa ebbe un cedimento nel 1578 e appare ancora oggi pendente. La chiesa è ad un'unica navata rettangolare sulla quale si erge la cupola. La navata, come tutte le chiese di rito greco-ortodosso è separata dal presbiterio da una ricca iconostasi finemente decorata con figure marmoree e pittoriche di scuola greco-bizantina (la messa di rito greco deve essere celebrata sull’altare chiuso alla vista dei fedeli). Le pareti sono decorate a mosaico secondo l’uso bizantino. Sulla porta laterale da notare l’arca funebre, opera giovanile di Baldassarre Longhena, di Gabriele Severo di Malvasia, primo vescovo ortodosso residente a Venezia. Fanno parte della chiesa anche numerosissime icone, non sempre esposte, conservate nella vicina scuola e offerte alla vista dei fedeli solo in determinate occasioni o cerimonie. Tra queste ricordiamo la Vergine Occulta che viene esposta al pubblico soltanto durante i primi quindici giorni di agosto per la festa dell’Assunta. La tradizione vuole che l’icona sia appartenuta agli imperatori bizantini e che, scomparsa durante il sacco di Costantinopoli, fu miracolosamente ritrovata da una principessa che la trasportò a Venezia. Contigua alla chiesa è la Scuola di San Nicolò dei Greci eretta da Baldassarre Longhena.

    image


    L’itinerario ai monumenti di Castello può terminare con la visita alla Chiesa di San Pietro di Castello che sorge sull’isolotto di Olivolo. Prima della opera ottocentesca di interramento volta a riavvicinare l’isola di Sant’Elena a Venezia l’isola di Olivolo era la zona più estrema della città e separata dal contesto urbano da un lungo canale.
    La Chiesa di San Pietro un tempo era la cattedrale di Venezia fin quando il titolo passò alla Basilica di San Marco nel 1797. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito numerosi rimaneggiamenti. La facciata si presenta oggi tripartita con il partito centrale notevolmente più alto, definita da quattro semicolonne poggiate su alti basamenti e coronata da un timpano. Un grande portale si apre al centro contornato da lesene corinzie, festoni e un altro timpano. Il progetto venne realizzato da Andrea Palladio e concluso dai suoi discepoli. L’edificio ha schema planimetrico a croce latina a tre navate suddivise da tre ampie arcate per lato, ad ogni arcata corrisponde, sulla parete di fondo, un altare. Il campo omonimo è parte integrante della chiesa e presenta caratteristiche peculiari non riscontrabili negli altri campi della città. Lo spazio è tenuto a verde e insolitamente disegnato da percorsi obbligati in pietra.
    Ma già che siete nei pressi di San Pietro di Castello non perdete l’occasione di visitare l’Arsenale, un luogo così importante per la storia della città che un vecchio proverbio così recitava “Chi vede Venezia e no vede l’Arsenal vede el manego ma no vede el bocal”. E’ un vasto territorio a nord-est della città cinto da alte mura merlate. Era il cantiere da cui uscivano le navi da guerra e i mercantili che fecero la fortuna e la grandezza della Serenissima. Il termine Arsenale deriva dalla parola araba darsina’a che significa assieme darsena e cantiere. Le mura che circondano la zona dell’Arsenale erano così alte da non poter essere scavalcate ma abbastanza basse da mimetizzarsi tra le case per non essere visibili da lontano; anche le torri quadrate erano più basse dei vari campanili della città. Tutto ciò era dettato da motivi di sicurezza militare e per preservare i segreti con i quali la Serenissima rendeva solide e imbattibili la proprie navi.
    Nel 1579 venne ricostruita e ampliata su progetto di Antonio Da Ponte la Casa del Canevo adibita alla fabbricazione delle corde detta anche Corderia o Tana. Quest’ultima denominazione proviene dal fiume Don (Tanai) alla foce del quale i veneziani acquistavano la canapa necessaria per le corde e che proveniva dalla Persia.

    image


    Al giorno d’oggi, dopo molte trasformazioni, l’Arsenale è stato restituito alla città con tutto il suo valore storico e culturale. Vi sono alcuni cantieri civili, una guarnigione della Marina Militare, vi si effettuano mostre delle quali la più importante è sicuramente la Biennale d’Arte Moderna, convegni, spettacoli, concerti.


    image




    ......continua.........



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:50
     
    Top
    .
  5. tomiva57
     
    .

    User deleted


    .....continua...

    l nome Dorsoduro deriva forse dai dossi, rialzi di terra che evidentemente esistevano un tempo in quella zona diventata sestiere; comprende tutta la striscia a sud della città dalla Punta della Dogana all’attuale stazione marittima, assieme all’isola della Giudecca. E’ delimitatto dalle Zattere sul Canale della Giudecca a sud, dai sestieri di Santa Croce e San Polo e dall’ultimo tratto del Canal Grande a nord, dalla Punta della Dogana a est e dal Canale della Scomensera a ovest.
    La zona delle Zattere e dell’Accademie è considerata una delle zone più esclusive della città, ospitando anche rari esempi di architettura residenziale veneziana moderna.

    image
    Superate il Ponte dell’Accademia e portatevi sulla destra fino a raggiungere attraverso le calli il Museo del Settecento Veneziano di Cà Rezzonico. Il Palazzo, affacciato sul Canal Grande, fu fatto costruire dal patrizio letterato Filippo Bon che affidò il progetto a Baldassarre Longhena. Verso la metà del Settecntom passò alla famiglia Rezzonico che lo ingrandì sopraelevendolo di un piano e arricchendo le stanze con decorazioni e afferschi di noti artisti quali Giambattista Tiepolo, Giovanni Crosato e Giacomo Guarana.
    Dopo essere passato a diversi proprietari fu acquistato nel 1935 dal Comune. A quella data risale la realizzazione del Museo. Particolarmente interessanti sono, al secondo piano, la sala dedicata a Francesco Guardi e la sala detta delle lacche verdi con mobili d’eccezione. Al terzo piano sono collocate le testimonianze piùintime e dirette del costume veneziano del XVIII secolo: marionette, abiti, una farmacia che è probabilmente la cosa che colpisce di più. E’ stata ricostuita una autentica spezieria con gli arredi, i vasi, le attrezzature.
    Appena superato il Ponte dell’Accademia si trovano le Galleria dell’Accademia, la più antica e completa pinacoteca cittadina che illustra la storia della pittura veneziana dal Trecento al Settecento. Le Gallerie sono ospitate in architetture rappreesentative della vita civile, storica e artistica della città: la Chiesa di Santa Maria della Carità, la Scuola Grande della Carità, il Convento dei canonici Lateranensi.

    image
    Della Scuola Grande della Carità, la più antica delle nove Scuole Grandi si possono oggi ammirare la sala del Capitolo e la Sala dell’Albergo.
    La prima conserva lacerti di affreschi del Xv secolo e il soffitto ligneo del medesimo periodo, inoltre un trittico di Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna del 1446, La Presentazione della Vergine al Tempio di Tiziano Vecellio e il reliquiario donato alla Scuola nel 1463 dall’umanista cardinale Bessarione.. Il primo nucleo del museo è la Collezione dell’Accademia dei pittori al quale si andarono ad aggiungere molte altre opere che arrivarono da conventi e chiese soppressi in base alle leggi napoleoniche. A questi si aggiunsero presto legati e donazioni di ricchi e nobili collezionisti. Nel 1866 la galleria passarono allo Stato Italiano. Tra le opere più significative possedute dal museo:alcuni polittici del XV secolo di Paolo e Lorenzo Veneziano, il San Girolamo di Piero della Francesca, il San Giorgio di Mantegna, La Vergine di Cosmè Tura, opere dei Bellini, La Tempesta e La Vecchia di Giorgione; i Teleri della Scuola di Sant’Orsola del Carpaccio, la Pietà di Tiziano e interi cicli di Tintoretto e Veronese. Di ques’ultimo si conserva anche la grandiosa Cena in Casa Levi oggetto di una disputa tra Veronese e il Sant’Uffizio che l’accusò di irriverenza per aver lasciato andare troppo liberamente la sua fantasia coloristica. I secoli successivi sono rappresentati da Liss, Strozzi, Mazzoni, Tiepolo, Longhi, Rosalba Carriera, Marco Ricci, Canaletto, Guardi.
    A poca distanza dalle Gallerie dell’Accademia dirigendosi verso la Chiesa di Santa Maria della Salute si trova il palazzo che ospita una prestigiosa raccolta di opere d’arte contemporanea nota in tutto il mondo. Sono rappresentate, tra le sue raccolte, le più importanti avanguardie europee e americane della fine dell’Ottocento e del Novecento. La collezione è’ ospitata a Palazzo Venier dei Leoni per oltre trent’anni abitazione della collezionista e mecenate americana Peggy Guggenheim, proprietaria della raccolta e, dal 1979, passato in proprietà alla Salomon R. Guggenheim Foundation di New York. Le opere all’interno sono sistemate secondo un rigido schema per correnti figurative mentre in giardino e sulla terrazza affacciata al Canal Grande sono collocate le sculture. Tra gli artisti più rappresentativi: Arp, Picasso, Magritte, De Chirico, Mirò, Pollock, Mondrian, Ernst, Klee, Marini.
    La Scuola Grande di Santa Maria dei Carmini , progettata da Baldassarre Longhena secondo un impianto classicistico si affaccia sul campo omonimo sul quale insiste anche la facciata della Chiesa di Santa Maria dei Carmini. Il prospetto della Scuola contrasta fortemente con l’aspetto gotico della chiesa: il bianco della pietra d’Istria contro il rosso dei mattoni a vista. All’interno della Scuola nella Sala del Capitolo si trova al centro del soffitto ad intagli un capolavoro di Giambattista Tiepolo l’Apparizione della Vergine a San Simone Stock (1744), una spettacolare e sensuale opera che sembra prefiguarare l’estetica del sublime. Appartengono alla Scuola dipinti di Giambattista Piazzetta, Giustiniano Menescardi e altri. La Scuola giunta pressochè intatta va considerata pinacoteca pienamente rappresentativa del Settecento veneto.

    image
    La Chiesa di Santa Maria dei Carmini fu fondata dai frati carmelitani nel penultimo decennio del XIII secolo e completata nel 1348. Lo stile è senza dubbio quello di una fabbrica tipicamente gotica che però, a causa dei numerosi interventi successivi ha subito delle modifiche sebbene non sostanziali. La pianta è di forma basilicale allungata a tre navate con transetto e un presbiterio profondo ai cui lati sono poste delle cappelle. Nei primi del Cinquecento venne modificata la facciata che oggi si presenta in forme tipicamente rinascimentali con coronamento curvilineo a semicerchio in corrispondenza della navata centrale e a quarto di cerchio invece in corrispondenza di quelle laterali. Davvero notevoli le statue collocate a coronamento della facciata attribuite a Giovanni Buora.
    L’interno della chiesa è austero e solenne, spazioso e pieno di luce per gli ampi finestroni centinati aperti sulle vele della volta a botte. Le colonne delle navate in due file da dodici e in pietra d’Istria sono alte e sottili, collegate fra loro da catene lignee e coronate da semplici capitelli trecenteschi. I rimaneggiamenti che la chiesa subì tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII hanno modificato pesantemente la decorazione della navata centrale. La decorazione pittorica e plastica è molto ricca e di pregio. Nel secondo altare della navata destra si trova un’opera di Giambattista Cima di Conegliano raffigurante una Natività (1510). Uno sguardo attento merita anche il soffitto la cui volta è affrescata con una Gloria di Angeli di Sebastiano Ricci (1709). Nello spazio della sacrestia si trova una bellissima Annunciazione di Jacopo Palma il Giovane e una particolare Madonna Glykophilusa (“che bacia dolcemente”) di un anonimo pittore veneto-cretese del XVI secolo. In uno degli altarei della chiesa si può ammirare una tela di Jacopo Tintoretto con la Presentazione di Gesù al Tempio.
    Tra le opere possedute dalla chiesa ci sono dipinti di Schiavone, Paolo Veneziano, una splendida opera di Lorenzo Lotto del 1529 che raffigura San Nicolò e Angeli, il Battista, Santa Lucia e San Giorgio che uccide il Drago, opera davvero perfetta per la composizione delle figure nello spazio: il paesaggio in basso, uno scorcio di veduta costiera, è uno dei più memorabili paesaggi della pittura italiana.
    A destra delle Gallerie dell’Accademia percorrendo tutto il Rio Terrà Foscarini si arriva in Campo Sant’Agnese, alle spalle della Chiesa di Santa Maria del Rosario o dei Gesuati che prospetta sul Canale della Giudecca.
    image

    Il progetto della chiesa è di Giorgio Massari. Il celebre architetto con Santa Maria del Rosario debutta sulla scena architettonica veneziana mostrando già, in quest’opera, la sua propensione verso una scelta stilistica fatta non di proposte innovative bensì di rielaborazioni personali ponendosi come idelale continuatore dell’opera di Andrea Palladio.
    Il progetto del Massari non riguardava soltanto la struttura muraria ma comprendeva anche l’apparato decorativo: gli altari, i banchi, i confessionali, il coro. Per questa ragione il Massari iniziò in questa occasione una proficua e duratura collaborazione con Giambattista Tiepolo e Giovanni Maria Morlaiter che si concretizzerà anche in altri siti: la Chiesa della Pietà, Palazzo Labia, Cà Rezzonico.

    image
    Nonostante la costruzione del Tempio del Redentore alla Giudecca, risalente agli anni Settenta del XVI secolo, Venezia venne afflitta da un’altra gravissima epidemia di peste fra il 1630 e il 1631 e anche in quest’occasione il doge fece voto di erigere un nuovo tempio votivo per scongiurare il tremendo pericolo. Il sito venne individuato proprio all’imbocco del Canal Grande, quasi sul Bacino di San Marco, uno dei luoghi più suggestivi di Venezia, dove precedentemente sorgevano un monastero e una chiesa duecenteschi dedicati alla Santissima Trinità che vennero abbattuti per far posto al nuovo edificio religioso.
    L’incarico venne affidato all’architetto Baldassarre Longhena, vincitore della gara alla quale parteciparono ben undici progettisti. La scelta del modello da realizzare fu fatta essenzialmente tra due proposte, una di tipo classico che prevedeva lo schema planimetrico tradizionale e una di tipo innovativo, a pianta centrale. Lo scopo principale della realizzazione di un nuovo tempio era quello di dare speranza ai veneziani che erano stremati e vivevano in uno stato di pessimismo fino allora sconosciuto. Si decise di scegliere il progetto del Longhena che non aveva ancora mai operato a Venezia.
    Quando egli stesso definì la chiesa “una rotonda macchina chè mai s’è veduta né mai inventata”, era un’opera di concezione del tutto nuova non solo per Venezia ma per tutta l’Italia. Longhena non riuscì a vedere il termine dei lavori che cominciarono nel 1631, perché morì prima.La magnificenza e l’unicità dell’apparato architettonico, la qualità delle decorazioni interne, la Madonna nera di Missopanditissa autentica perla dell’arte bizantina, rendono la Chiesa di Santa Maria della Salute uno dei luoghi di culto più amati. La chiesa è meta una volta all’anno, il 21 novembre, giorno ufficiale della fine del contagio dalla pesta, di un vero e proprio pellegrinaggio di massa e di una festa popolare. All’uscita dalla messa solenne la festa si trasforma in festa profana con bancarelle straripanti di frittelle, zucchero filato e dolci di ogni tipo.
    La chiesa ha pianta ottogonale ed è sormontata da una gigantesca cupola poggiante su oto pilastri di dimensioni eccezionali mentre tutto intorno si svolge un peribolo con sei cappelle. La cupola maggiore si conclude con la lanterna cui fa da cornice la balaustra e otto obelischi con globo, al di sopra si erge la Madonna Immacolata che regge il bastone di “capitana del mar”.
    La Serenissima aveva interpellato il Bernini per l’esecuzione dell’altare manggiore che però si rifiutò e dunque l’altare venne realizzato dallo stesso Longhena. L’interno è rigoroso, semplice, austero tanto quanto l’esterno è invece ricco di figure plastiche, di membrature e ornati.
    La decorazione interna, pittorica e plastica vanta veri e propri gioielli che contribuiscono a rendere memorabile una visita a questo splendido tempio.

    image
    Dalla Chiesa della Salute ritornate nei pressi del Ponte dell’Accademia, dal Campo della Carità imboccate il Terrà Carità, girate a sinistra subito dopo aver superato Palazzo Giustiniani Recanati attraversate il ponte e vi troverete alle spalle della Chiesa di San Trovaso sull’omonimo campo. Il santo a cui la chiesa è dedicata in realtà non esiste. Trovaso è infatti la deformazione vernacolare e la riduzione fonetica dei nomi dei due santi gemelli e martiri, Gervasio e Protasio, figli di San Vitale da Ravenna, ai quali la chiesa è dedicata. La chiesa che si affaccia sul campo San Trovaso, un po’ interno rispetto alle Zattere e non molto discosto dall’Accademia venne certamente edificata nella prima metà del IX secolo ma è molto probabile che gia dall’VIII secolo fosse presente un luogo di culto. La chiesa subì vari rifacimenti fino al 1583 quando il vecchio edificio veneto-bizantino a tre navate implose su se stesso. Secondo alcuni critici il progetto per la nuova chiesa venne realizzato da Andrea Palladio, in realtà la critica più recente assegna la chiesa a uno dei suoi allievi, Francesco Smeraldi che già in altri templi palladiani aveva dato il suo contributo.
    L’architetto dotò la chiesa di due facciate, entrambi di pari importanza, la principale che prospetta sul piccolo e raccolto campo di San Trovaso e quella laterale, in corrispondenza della testata del transetto che si affaccia sul piccolo ma trafficato rio di San Trovaso che collega il Canal Grande al Canale della Giudecca. Entrambe sono del tipo a capanna, a doppio ordine e presentano, come elementi significativi le grandi finestre semicircolari. L’interno ha la pianta a croce latina e lo spazio è molto maggiore di quello che sembrerebbe proporre il perimetro esterno e soprattutto molto articolato. Le opere di maggior pregio possedute dalla chiesa si trovano nella Cappella del Santissimo Sacramento: l’Ultima Cena di Jacopo Tintoretto e San Crisogono a cavallo di Michele Giambono (metà del XV secolo). Poco distante dalla chiesa c’è lo Squero di San Trovaso, uno dei tre ultimi cantieri per gondole. E’ un angolo della Venezia artigianale che fin dal XVII secolo fabbrica, ripara, pulisce e calafata le gondole davanti a sorprendenti chalet in legno identici a quelli del Cadore, regione d’origine di molti artigiani del posto.
    Percorrete la Fondamenta delle Zattere fino a Palazzo Molin, addentratevi in calle e percorrete il Campo S. Basegio, la fondamenta di San Basilio, attraversate il ponte. La Chiesa di San Sebastiano insiste sul campo omonimo.

    image
    E’ un tipico esempio di chiesa rinascimentale ovvero una costruzione ad una sola navata con un presbiterio quadrato che si conclude con un abside semicircolare, coperto da una cupola e affiancato da due cappelle. Una chiesa che presenta motivi di eccezionale interesse per il progetto architettonico e per l’eccezionalità delle soluzioni adottate ma che offre motivo di stupore e fascino perché ospita un ciclo pittorico tra i più straordinari a Venezia, opera di Paolo Caliari detto il Veronese che in questa chiesa operò per gran parte della sua vita artistica dal 1555 al 1570 circa. La decorazione pittorica appare ispirata a una straordinaria unità di cultura nonostante le forti e contrastanti personalità degli artisti che vi lavorarono da Tiziano a Jacopo sansovino, da Alessandro Vitoria a Jacopo Palma il Giovane. La chiesa alla qulae il Veronese aveva tanto dato divenne anche custode delle sue spoglie: l’artista è sepolto sotto il busto che lo rappresenta di fianco all’organo coperto da una lapide.
    A pochissima distanza dalla Chiesa di San Sebastiano sorgela Chiesa dell’Angelo Raffaele.Secondo la tradizione questa chiesa sarebbe di antichissima fondazione e avrebbe fatto parte della serie delle otto chiese erette a Venezia dal vescovo di Oderzo San Magno. Le stesse fonti a cui attinge tale tradizione ci tramandano di ben tre gravi incendi che la fabbrica subì nell’899, nel 1106 e nel 1149 per cui la chiesa fu ricostruita per ben tre volte. All’inizio del Seicento la chiesa si presentava in condizioni statiche talmente precarie da consigliarne la demolizione e provvedere a una ricostruzione. I lavori si conclusero tra il 1743 e il 1749. La chiesa ha pianta a croce greca e prospetta la facciata sul Canale dell’Angelo Raffaele ma risulta più agevole l’ingresso laterale. Tutta la parte interna della chiesa è stata rimaneggiata nel Settecento ed è infatti il bellissimo gruppo di dipinti settecenteschi ad attrarre il visitatore attribuiti a Francesco Guardi.


    image



    <p align="center">....continua..



    Edited by tomiva57 - 8/8/2010, 11:30
     
    Top
    .
  6. tomiva57
     
    .

    User deleted


    ...continua...


    image


    l sestiere di San Polo e quello di Santa Croce quasi si confondono poiché non ci sono dei confini ben definiti, c’è un ponte però, situato a San Cassiano in zona detta Carampane, che segna il passaggio dall’uno all’altro sestiere. E’ chiamato il Ponte delle Tette e la storia di questo nome curioso e malizioso è semplice. Vicino a Rialto le Carampane era una di quelle aree di Venezia nella quale le prostitute di Venezia erano obbligate a concentrarsi fin dal XV secolo per disposizione delle leggi sull’ordine pubblico. Per attrarre la clientela esse sedevano sulle finestre a seno nudo o con le gambe penzoloni dai balconi per mostrare tutte le loro grazie o talvolta stavano completamente nude: il tutto proprio nei pressi del ponte in questione. C’era addirittura un’ordinanza che le invogliava a mostrarsi così in pubblico per richiamare i clienti e per distoglierli da una ondata di omosessualità che, quasi, era diventata un problema di stato. Ma la crisi per le prostitute non derivava certo da questo quanto dal fatto che nel 1509 a Venezia esistevano 11.654 cortigiane, ragion per cui i guadagni pro capite erano calati di molto.

    image


    Il sestiere di San Polo prende il nome dalla chiesa dedicata a San Paolo Apostolo eretta sul campo omonimo. La chiesa è molto antica e risale presumibilmente al IX secolo e ha subito numerosi rifacimenti nel corso dei secoli. L’aspetto attuale non ha una morfologia unitaria o uno stile riconducibile a una determinata epoca. Il campanile della chiesa fu eretto nel 1362 su un basamento di pietra, è ricoperto di mattoni in cotto, termina con una cuspide conica “a pigna” poggiante su un alto tamburo ottogonale ed è un tipico esempio di campanile veneziano trecentesco. All’interno della chiesa, nell’Oratorio del Crocifisso, sono state sistemate le dodici stazioni delle Via Crucis dipinte da Giandomenico Tiepolo tra il 1747 e il 1749. Al padre Giambattista è invece da attribuire la pala La Vergine appare a San Giovanni Nepomucfeno sul secondo altare mentre l’Ultima Cena, sulla parete di fondo, è da attribuire alla bottega del Tintoretto. Nella cappella absidale sinistra si può ammirare lo Sposalizio delle Vergine di Paolo Veronese mentre nel presbiterio si trovano molte opere di Jacopo Palma il Giovane.

    image


    Proseguendo lungo la Salizada San Polo e inoltrandosi nelle calli si raggiunge la Chiesa di San Tomà. La chiesa è dedicata a San Tommaso Apostolo e si affaccia sul campo omonimo nella zona compresa tra il Canal Grande e il Campo dei Frari. Nonostante sia una chiesa di fondazione molto antica il suo aspetto è stato completamente stravolto da numerose trasformazioni e riedificazioni. L’interno della chiesa è ad una sola navata con il soffitto a volta affrescato. Di fronte alla chiesa, sul lato opposto del campo, si trova la sede della Scuola dei Calegheri (calzolai), una corporazione molto ricca e potente che, nei suoi periodi più floridi, contava anche millecinquecento aderenti. La scuola molti anni fa è stata oggetto di un interessante recupero architettonico ed è oggi sede di un attivo centro polifunzionale.

    image


    Da San Tomà alla Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari il tragitto è breve. Frari in veneziano vuol dire Frati e la chiesa si affaccia sul campo omonimo in un punto obbligato di passaggio tra Piazzale Roma e Rialto. Grande e maestosa basilica gotica ricca di tesori di arte e di storia.
    La presenza francescana in laguna data ai primissimi anni della diffusione dell’ordine e lo stesso San Francesco approdò in laguna e fondò il primo nucleo del monastero poi detto di San Francesco del Deserto nell’isoletta omonima. Nell’area dove attualmente sorge la chiesa dei Frari i frati francescani ottennero nel 1236 da parte del doge in carica all’epoca un terreno paludoso che loro bonificarono e sul quale, a partire dal 1250, edificarono il primitivo edificio dedicato a Santa Maria Gloriosa. Esternamente la chiesa appare spoglia e austera con la facciata in cotto slanciata verso l’alto e segnata da quattro lesene che la ripartiscono. Raffinatissimo è il portale in pietra d’Istria. All’interno le dodici colonne, simboleggianti i dodici Apostoli, dividono la navata centrale dalle due laterali. Il grande arco che precede il coro inquadra perfettamente l’enorme pala dell’Assunta di Tiziano. Le opere di scultura e di pittura contenuta all’interno della chiesa coprono un arco di tempo che va dal Duecento all’Ottocento ed è davvero impossibile farne l’elenco dettagliato: la chiesa dei Frari è insieme un museo, una pinacoteca, una galleria devozionale. Entrando a sinistra, subito dopo il primo altare detto del crocefisso, opera seicentesca di Baldassarre Longhena, si può ammirare il maestoso e cupo monumento funebre ad Antonio Canova realizzato negli anni Venti dell’Ottocento dai suoi allievi su modello di quello realizzato dallo stesso Canova per il monumento funebre di Maria Cristina d’Austria. L’altare della Concezione ospita una delle più belle opere di Tiziano, la Pala Pesaro. Fu realizzata da Tiziano tra il 1519 e il 1526 su commissione del vescovo Jacopo Pesaro per commemorare la vittoria della flotta veneziana sulla flotta turca nelle acque dell’isola di Santa Maura. Nel battistero noto come Cappella Corner, oltre la piccola statua di San Giovanni Battista opera di Jacopo Sansovino del 1530, sono degni di nota i dipinti di Jacopo Palma il Giovane e il trittico di Bartolomeo Vivarini. L’opera più importante della chiesa, che troneggia sull’altare centrale, è sicuramente l’Assunta dipinta da Tiziano. Il dipinto fu inaugurato il 9 maggio 1518 e inizialmente non venne accolto molto favorevolmente: troppo realistici i movimenti, le masse agitate, la figura femminile a rappresentare la Madonna Assunta in cielo. A pochi metri di distanza si trova l’altro capolavoro posseduto dalla chiesa: un crocefisso duecentesco realizzato da un anonimo pittore seguace di Cimabue. Da quando si fece questa eccezionale scoperta (il crocefisso era stato ricoperto da uno spesso strato di pittura nell’Ottocento) l’opera è attribuita all’autore noto come Maestro del Crocefisso dei Frari.
    In una delle cappelle a destra dell’altare maggiore si trova un’opera di Donatello raffigurante San Giovanni Battista ed eseguita nel 1438. Non meno interessante è la sacrestia della chiesa.


    image


    Subito dietro alla chiesa dei Frari, sulla direttrice che porta da San Polo a Piazzale Roma, un piccolo campo è inquadrato da tre grandiosi edifici: a destra la parte absidale delle Chiesa dei Frari, a sinistra la Scuola Grande di San Rocco e di fronte la chiesa intitolata all’omonimo santo. La chiesa di San Rocco venne realizzata negli ultimi anni del Quattrocento quando la Scuola assunse ufficialmente il titolo di Scuola Grande (1489) e venne così deciso di affiancarle una chiesa. Incaricato della progettazione fu l’ancora giovane architetto Bartolomeo Bon che realizzò la fabbrica seguendo gli insegnamenti di Mauro Codussi. Il risultato fu quello di una chiesa ad una navata con presbiterio biabsidato e due cappelle laterali realizzato in stile corinzio. Nella prima metà del Settecento la chiesa subì interventi radicali di restauro. Oggi la chiesa si presenta ad una navata con soffitto piano, quattro altari alle pareti e le cappelle absidali. La decorazione interna è di grande rilievo. Si possono ammirare ben otto dipinti di Jacopo Tintoretto, le tele di Sebastiano Ricci e di Francesco Solimena. Anticamente la chiesa annoverava tra i suoi capolavori anche un ciclo di affreschi di Giovanni Antonio De Sacchis detto il Pordenone posti nel presbiterio e nella cupola che rimangono, oggi, allo stato di frammmento. A partire dalla grande pestilenza del 1576 il Governo veneziano decise che il giorno di San Rocco, protettore degli appestati, fosse festa solenne. Così ogni sedici agosto, il giorno natale del santo, il doge si recava in processione in chiesa per assistere alla messa. Terminata la messa il Guardian Gando della Scuola offriva unh banchetto ricchissimo nella sala grande dell’Albergo.
    La sala dell’Albergo vede, al centro del soffitto, l’opera San Rocco in Gloria di Tintoretto ed è l’opera alla base dell’intero progetto decorativo che costituisce una delle mete obbligate di pellegrinaggio del turismo artistico.

    image


    Alle spalle del complesso dei Frari oltrepassando Rio Terrà San Tomà sorge la chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista con la Scuola omonima. Anticamente annesso alla chiesa si trovava un ospedale dei poveri. La chiesa subì parecchi rimaneggiamenti a partire dal Quattrocento nonostante sia di fondazione molto antica e legata all’iniziativa della famiglia Badoer nel 907. La fisionomia attuale si deve alle ristrutturaziooni subite tra il XVII e il XVIII secolo. Della antica fabbrica gotica rimangono l’abside con volta a crociera e il presbiterio. L’interno è a una sola navata con pianta quadrata.

    image

    All’interno tra gli altri capolavori di scultura e pittura si trova un dipinto di Domenico Tintoretto raffigurante Cristo Crocifisso e i devoti.
    Nell’area gravitante alla Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, ricca di Palazzi, si trova l’edificio dove nel 1707 nacque Carlo Goldoni, la Cà Centani. Carlo Goldoni è uno dei più grandi commediografi settecenteschi ed ebbe il merito di trasformare il vecchio modo di fare teatro comico, la Commedia dell’Arte, nel teatro moderno nel quale dialoghi e battute sono tutte rigidamente prestabilite. Il Palazzo aperto al pubblico dal 1953 attualmente ospita sia il Museo Goldoniano e del Teatro Veneto sia la Biblioteca (contenente 30.000 volumi e opuscoli specializzati) ed è inoltre sede del Centro Studi Teatrali diretto da Carmelo Alberti. L’area espositiva è limitata a due ambienti: il portego, cioè l’ingresso dove è stato ricreato con mobili, quadri e arredi d’epoca un salotto settecentesco, e le sale ad esso attigue dove sono esposti alcuni documenti goldoniani, medaglie, manoscritti autografi, due ritratti eseguiti da Giambattista Piazzetta e da Pietro Longhi.

    image


    Lungo il percorso che conduce al Ponte di Rialto si incontrano le chiese di Sant’Aponal e di San Giovanni Elemosinario.

    image


    La prima venne eretta nella prima metà dell’XI secolo grazie alle donazioni di alcune importanti famiglie di origine ravennate trasferitesi a Venezia e dimoranti nelle vicinanze. Ospitava quattro corporazioni che avevano ognuna il proprio altare: l’Arte dei Mandoleri, l’Arte dei Corderi, l’Arte dei Venditori di Farina e l’Arte dei Tajapiera. Internamente si presenta ad un’unica navata. Attualmente la chiesa è chiusa al culto.

    image


    La minuscola chiesa di San Giovanni Elemosinario patriarca di Alessandria è comunemente nota con il nome di San Zuane de Rialto. Si trova al numero 479 ed è quasi completamente mascherata dalle case dato che non esiste più la facciata e l’unica cosa che la contraddistingue è il portale. La prima fondazione della chiesa è antichissima e risale agli anni a cavallo tra il IX e il X secolo e si costruì grazie alle donazioni della famiglia Trevisan. Il 10 gennaio 1514 un gravissimo incendio che distrusse tutta l’insula di Rialto interressò anche la piccola chiesa che venne ricostruita successivamente in forme sobrie tipiche del Rinascimento. Al suo interno conserva opere di importanti artisti: Giovanni Antonio De Sacchis detto il Poerdenone, Tiziano, Jacopo Palma il Giovane e molti altr
    i.


    image


    Il Ponte di Rialto è il primo ponte di pietra che fu costruito sul Canal Grande. Sarebbe logico pensare che gli isolotti della laguna siano stati da sempre uniti da ponti ma di fatto non è sempre stato così. Per gli abitanti di queste isolette era naturale spostarsi esclusivamente in barca. La via acquea era l’unica via presa in considerazione e qualsiasi altra viabilità non era nemmeno immaginata. Solo con la crescita della popolazione si sentì l’esigenza di unificare gli insediamenti con delle passerelle di barche prima, delle passerelle permanenti in seguito e infine la costruzione di veri e propri ponti. A Venezia esistono ancora, tra pubblici e privati, 416 ponti di cui 300 in pietra e gli altri in ferro o in legno.
    Da questo computo sono esclusi i ponti translagunari il Ponte della Libertà e il ponte ferroviario che uniscono la città alla terraferma. Venezia è in attesa del Ponte del Grande architetto Calatrava che unirà Piazzale Roma alla stazione di Santa Lucia.
    Il più famoso dei Ponti Veneziani quello di Rialto ha avuto una storia piena di vicissitudini. E’ situato nel cuore della città proprio nell’antico territorio chiamato Rivoaltum, un gruppo di isole già sede del Dogado e sinonimo stesso della Serenissima, centro di potere e di scambi internazionali, soprattutto importante sede commerciale, deposito di mercanzie provenienti da tutto l’estuario. Tra le vicende costruttive del ponte si ricorda il crollo avvenuto nel 1444 a causa della folla straripante stipata sul ponte per ammirare il corteo di barche della Marchesa di Ferrara, figlia di Alfonso V d’Aragona. Il ponte venne restaurato nei primi del Cinquecento e crollò in parte nel 1523 e venne nuovamente ripristinato. Il Senato cominciò a discutere se era il caso di rifarlo in pietra esaminando vari progetti tra i quali quelli più importanti furono realizzati da Fra Giocondo da Verona, Michelangelo Buonarroti, Andrea Palladio, Giacomo Barozzi detto il Vignola, Jacopo Sansovino, Vincenzo Scamozzi. Solo nel 1588 si iniziò la costruzione del ponte in pietra sotto la supervisione dell’ingegner Antonio da Ponte che mescolò idee e proposte diverse. Fu ultimato nel 1591 e lo splendore della costruzione mise a tacere qualunque critica.

    image


    Il mercato di Rialto: quando il Governo della città si trasferì nel 810 da Metamauco (Malamocco) a Rivoaltum questa divenne, oltre che centro di potere e capitale di tutto lo stato, importante sede di commerci. Le isole realtine erano logisticamente adatte a questo scopo e in esse venne creata con il passare del tempo una zona sempre più oraganizzata: si costruì una erbarìa e una pescarìa, magazzini, uffici, negozi e banche di vendita al minuto. A Rialto si trattava di tutto: l’importazione e l’esportazione di merci pregiate: spezie, sete e metalli preziosi, derrate alimentari che arrivavano dalle isole o dalla terraferma fino al commercio al minuto di frutta, verdura, vini, pesce.

    Il governo riscuoteva il dazio su tutto quello che si commerciava. Nel Campo antistante la Chiesa di San Giacomo di Rialto si trattavano i grossi commerci mentre verso la riva c’era il mercato popolare dove la gente comune acquistava.


    image

    Nel campo di San Giacomo c’era anche un banco di depositi il banco giro che era contemporaneamente una specie di banca e un circolo dei commercianti più facoltosi e nobili. Rimaneggiata più volte nel corso dei secoli la zona del mercato si presenta divisa tra la Pescheria e l’Erberia. Funziona la mattina dal lunedì al sabato ed è sicuramente uno spettacolo per tutti i sensi: colori, profumi, frutta di stagione, fiori, pesci che saltellano sui banchi. E’ il mercato più economico della città e arrivano qui a fare la spesa anche dai quartieri più lontani. Il consiglio è quello di visitarlo poiché se si vuole conoscere davvero il cuore di una città e dei suoi abitanti bisogna recarsi nei suoi mercati: solo lì si può avvertire il pulsare della quotidianità.
    Ai piedi del Ponte di Rialto si trova la chiesa prediletta dai commercianti. E’ detta chiesa di San Giacometto per le sue ridotte dimensioni e, secondo la tradizione, sarebbe stata la prima architettura cittadina fatta costruire dai consoli di Padova nell’area del futuro mercato di Rialto nel 421, anno primo di Venezia, esattamente il 25 marzo, giorno della creazione del mondo, dell’Annunciazione a Maria e della Crocifissione di Cristo. Si tratta di uno dei più interessanti e affascinanti monumenti dl medioevo veneziano che, più realisticamente potrebbe risalire, per il suo impianto architettonico al XII secolo. Esternamente, sulla fascia in pietra posta sotto la croce, dell’abside è leggibile una antica iscrizione che così recita “Intorno a questo tempio sia equa la legge del mercante, giusti i pesi e leali i contratti”. Di fronte alla facciata, dall’altro lato del Campo, oltre la fontana, sorge la colonna del bando, sorretta dal Gobbo di Rialto (figura tradizionalmente nota per lazzi e sarcasmi), sopra la quale la Signoria veneziana faceva leggere bandi e proclami ufficiali.



    image




    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:52
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    belllissimo questo post..grazie a tutti..pusaaa
     
    Top
    .
  8. tomiva57
     
    .

    User deleted


    LE ISOLE DI VENEZIA



    Le isole Veneziane.

    Per coloro che passano più di un giorno a Venezia, è consigliato approfittare del tempo per fare un giro nella circostante laguna dover poter assaporare appieno della pace e tranquillità che questa immensa distesa di acqua assorta nel silenzio riesce a dare. Tra le varie isole della laguna, differenti l'una dall'altra per ovvie ragioni di isolamento nei secoli, sono Murano, Burano e Torcello quelle più visitate dai turisti. Non per questo le altre isole non sono altrettanto interessanti. Per coloro che vogliono evadere dal classico giro turistico di Murano, Burano e Torcello, consigliamo di raggiungere le isole di San Francesco del Deserto e San Lazzaro degli Armeni. La prima, che nel 1200 era occupata da una comunità di frati francescani, è facilmente raggiungibile da Venezia e Burano in circa 20 minuti di battello. La seconda, sede della comunità religiosa degli Armeni, era la preferita dal famoso scrittore Lord Bayron.


    Murano, Burano e Torcello

    Il giro classico delle tre più visitate isole è giornalmente possibile grazie alle varie partenze da Venezia. Se Murano è famosa in tutto il mondo per la lunga tradizione dei maestri del vetro che producono oggetti di arredamento unici nel loro genere, Burano è famosa per la creazioni di merletti ricamati con l'antica tecnica del tombolo. L'isola di Torcello è famosa per le antiche rovine, eredità della gloria del passato. A prescindere da dove decidete di andare, durante gli spostamenti da un'isola all'altra, siamo sicuri apprezzerete il paesaggio lagunare, che offre bellezze naturali di inestimabile valore.


    image




    LA GIUDECCA



    La Giudecca è’ l’isola più estesa delle città. Separata dal centro storico dal grande e profondo canale omonimo. Anticamente era denominata Spianalonga proprio per la sua forma stretta e allungata. Successivamente prese il nome di Zuecca da cui Giudecca, forse perché in essa avrebbe trovato posto una primitiva comunità di Zudei (ebrei) o forse, e più probabilmente, perché in essa venivano confinati i zudegai cioè i giudicati dai tribunali dogali. Formata da otto isolotti, collgati tra loro da ponti e ponticelli, è costituita essenzialmente da una fondamenta continua che costeggia il Canale della Giudecca e fronteggia le Zattere, inframmezzata da rii e callette sulle quali rivolgono le loro facciate case, palazzi e chiese. Sul lato opposto, quello che guarda la Laguna, l’antropizzazione è completamente diversa: giardini, orti, cantieri per il rimessaggio delle imbarcazioni, piccole fabbriche, officine artigianali evidenziano quale sia la parte produtiva dell’isola. Da questo lato si possono godere degli splendidi tramonti, la Giudecca è stata per secoli luogo di villeggiatura per nobili e ricchi borghesi che qui possedevano ville, giardini e orti. Gli accessi alla Giudecca devono avvenire tutti tramite il vaporetto in assenza di un ponte di collegamento vero e proprio con il centro storico della città. I punti di approdo sono tre: le Zitelle, a est, di fronte alla splendida isola di San Giorgio ed è collgato con San Zaccaria dalla linea dell’A.C.T.V numero 82. Il secondo, la Palanca sta al centro dell’isola ed è in collegamneto diretto con le Zattere. Il terzo è Sant’Eufemia, nella zona ovest, in rapido rapporto con il Tronchetto e Piazzale Roma. Per una visita veloce dell’isola è preferibile partire proprio da questo punto.


    image

    Scendendo a Sant’Eufemia e volgendosi a destra si supera un ponte e dopo pochi metri si arriva di fronte alla mole dell’Ottocentesco Mulino Stucky: eretto su progetto di un architetto tedesco è ormai in rovina. Recentemente la propietà dell’immobile è passta dal Comune di Venezia alla società Acqua Marcia S.p.A. che ne ha disposto un piano di restauro e riutilizzo.
    Tornando sui propri passi al civico 805 c’è la sede della famosissima fabbrica di tessuti Mariano Fortuny, fondata nel 1919 e ancora attiva. Al n° 801 si può notare un intelligentissimo riuso di vecchie aree industriali dismesse, restaurate ai fini abitativi, con bellissimi appartamenti e giardini, una vera chicca per chi è interessato all’architettura contemporanea.
    Ancora qualche passo più indietro e al civico 795 è ospitato l’Archivio Luigi Nono, voluto e organizzato dalla vedova del composotore conserva tutta la raccolta dei documenti del musicista scomparso e ospita studiosi di tutto il mondo che in esso trovano strumenti preziosi per lo studio della musica contemporanea. Poco distante si potrà prendere un po’ di fiato fermandosi all’Harry’sDolci. Fratello minore del più noto Harry’s Bar vi si respira la stessa classe e si possono gustare le stessa raffinatezze a prezzi molto più contenuti. Il panorama che si gode dal locale è davvero mozzafiato, barche, vaporetti, vere e propie navi di fornte ai vostri occhi.
    Superato il ponte nei pressi dell’Harry’s ci si trova di fronte alla antichissima Chiesa di Sant’Eufemia, fondata nel IX secolo con alvune colonne e capitelli veneto-bizantini risalenti all’XI secolo. Proseguendo lungo la fondamenta in direzione est, superando piccoli negozi dalle caratteristiche vetrine e dopo una breve deviazione a sinistra per visitare la corte dei cordami dove si torcevano all’aperto le gomene delle navi, si arriva a due palazzi nobili il primo cinquecentesco denominato “Accademia dei Nobili” e poi alla quattrocentesca casa dei Visconti di Milano detta “ la Rocca Bianca” e infine all’edificio più importante dell’isola la Chiesa del Redentore.

    image


    Fatta costruire dal Senato veneziano come tempio votivo, consacrata a Cristo Redentore dopo la fine della gravissima pestilenza che colpì la città nel 1575 e che causò oltre 45.000 morti. La costruzione della chiesa iniziò nel 1577 su progetto di Andrea Palladio anche se la realizzazione del progetto venne portata a termine dal suo allievo Antonio Da Ponte nel 1592.
    All’interno pitture di Tintoretto, Veronese, Vivarini, Brustolon e altri maestri rinascimentali. Proprio di fronte alla sua facciata, ogni terzo sabato di luglio, in occasione della festa del redentore viene costruito un lunghissimo ponte di chiatte che attraversa tutto il Canale delle Giudecca e termina alle Zattere per permettere alla popolazione di accedere più facilmente al tempio.
    Continuando si incontrano l’Ostello della Gioventù, la Casa dei tre Oci


    image

    e infine si arriva all’altro complesso religioso importante dell’isola cioè alla Chiesa e al convento di Santa Maria della Presentazione detta “ delle Zitelle”.


    image

    Fu denominata così fin dal XVIII secolo quando diede ospitalità a povere fanciulle che in esso vivevano e lavoravano. Il convento era un tempo famosissimo per l’abilità delle ragazze come ricamatrici e merlettaie. All’interno della chiesa si trovano opere di Jacopo Palma il Giovane.
    A pochi passi di distanza si trova l’Hotel Cipriani, certamente il più esclusivo di Venezia, con una bella vista sulla laguna e dotato, tra l’altro, di una bella piscina e parco.
    Dopo il lungo girovagare potrete ritornare sui vostri passi sino al Ponte Lungo che supererete per girare immediatamente alla vostra sinistra. La vostra meta sarà il ristorante l’Altanella: un posto davvero unico. Pretendete di essere serviti sull’altana da dove godrete di una vista indescrivibile sul Canale accompagnati da piatti raffinatissimi a prezzi non eccessivamente salati.
    Venezia è la città dei campanili che svettano, più o meno alti, più o meno antichi, più o meno eleganti. Tuttavia c’è un campanile che per i veneziani amano più degli altri, alle spalle del quale il sole si addormenta ogni sera. Esso chiude idealmente, con la Chiesa e il convento ai suoi piedi, il cerchio della perfezione che, partendo da San Marco, tocca la Salute, curva sulla Giudecca e passa attraverso questo luogo silenzioso e lontano dalle folle riumorose di turisti. E’ il campanile della Chiesa di San Giorgio Maggiore, nell’omonima isola di fronte Piazza San Marco. Ai tempi dell’imperatore romano Augusto, l’isola di San Giorgio era già ben conosciuta ai naviganti nonostante l’aspetto della Laguna fosse allora molto diverso da quello attuale, ed era nota come insulaMemnia dal nome della nobile famiglia romana che qui aveva possedimenti terrieri. Nel IX secolo in ques’isola dei “cipressi” fu costruita una piccola chiesa in legno intitolata a San Giorgio Maggiore per distinguerla da quella omonima già esistente nell’isola di San Giorgio in Alga. Fu fondato all’epoca anche il monastero che da quel momento andò sempre più ingrandendosi a tal punto che nel XII secolo era diventato un centro di primaria importanza religiosa e culturale.



    Ad Andrea Palladio venne commissionato dapprima il refettorio e, pochi anni dopo, anche il disegno della nuova chiesa. Il refettorio era ornato da una grandiosa tela del Veronese, opera che suscitò ammirazione in tutto il mondo, al punto che Napoleone decise di “esportarla” in Francia e da altri affreschi dello stesso artista che il tempo ha rovinato. Il Palladio rinnovò completamente lo spazio architettonico della chiesa adeguandolo alle nuove forme liturgiche appena deliberate dal Concilio di Trento nel 1564. Il corpo della chiesa palladiana, coperto da una volta a botte, si presenta come un ampio ambiente rettangolare diviso in tre navate, attraversata da un transetto, con due absidi alle estremità e una cupola che si eleva al centro. Il prospetto presenta fronte a colonne e timpano rifacendosi allo schema del tempio classico. In corrispondenza della navata centrale campeggia un grande frontone. All’interno si segnalano, tra le tante opere possedute dalla chiesa, il Martirio dei Santi, probabile opera di Jacopo Tintoretto, la Vergine e Santi di Sebastiano Ricci, la Caduta della Manna e l’Ultima Cena di Jacopo Tintoretto. La pala d’altare della sacrestia fu eseguita da Jacopo Palma il Giovane e rappresenta La Purificazione della Vergine. Fanno parte dell’itinerario tintorettiano anche la tela Cristo risorge dal sepolcro, iniziata da Jacopo Tintoretto e terminata da suo figlio Domenico, un’opera di Leandro Bassano riguardante un episodio della vita di Santa Lucia. Insieme alla chiesa il Palladio progettò anche il “chiostro dei cipressi” terminato solo nel 1618. Con la caduta della Repubblica questo centro di arte e cultura perse il suo antico splendore, cominciarono demolizioni e spoliazioni da parte dei francesi e, nel 1806, il convento venne soppresso. Dal 1951 l’isola è stata data in concessione alla Fondazione Giorgio Cini, istituita dal conte Vittorio Cini in memoria del figlio Giorgio. La Fondazione si è fatta carico del recupero degli edifici, il cui restauro è stato affidato all’architetto Ferdinando Forlati ma anche del paesaggio con la creazione di parchi, giardini e persino un piccolo Teatro Verde di ispirazione classica.





    TORCELLO


    image


    L’isola di Torcello è quasi completamente disabitata, non è toccata da un frequente transito di vaporetti ed è in una posizione molto marginale rispetto a Venezia. Vi si arriva dopo aver fatto sosta a Burano e si viene subito avvolti da una atmosfera di immoto silenzio. Fu una delle prime isole della laguna veneta ad essere abitate dalle popolazioni di Altino che fuggivano dalle invasioni barbariche, dal V al IX secolo divenne un importante centro urbano con chiese, monasteri, una fiorente industria di lana, produzione di sale e un governo proprio con il raggiungimento di un alto livello di vita sociale e artistica. L’impaludamento della laguna circostante e la necessità di un rifugio più sicuro spinsero gli abitanti dell’isola ad abbandonare Torcello per rifugiarsi a Rivoaltum che era diventata capitale della sede ducale.
    Per secoli Torcello venne abbandonata e spogliata di marmo e mattoni che furono usati per le nuove costruzioni a Venezia. Rimase un ambiente malsano e malarico fino alla seconda metà dell’Ottocento quando si iniziò a bonificare la laguna. Nel corso dei secoli sono rimaste indenni le due principali architetture del suo antico centro: la Cattedrale e la Chiesa di Santa Fosca.


    image


    La cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta, e fondata circa nel 639 è tra le più antiche costruzioni veneto-bizantine rimaste nella laguna. Di stile romanico ha conosciuto numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli conservando al suo interno, tra l’altro, marmi policromi e stupendi mosaici di arte bizantina. Sono da notare le grandi imposte di pietra, su cardini anch’essi in pietra, che riparano le finestre del fianco.
    Poco distante si trova il campanile dell’XI secolo a base quadrata e inconfondibile nel paesaggio lagunare.

    image


    La Chiesa di Santa Fosca , nei pressi della cattedrale, fu costruita intorno al 1100. Il culto delle sante Fosca e Maura si affermò a Torcello a partire dal X secolo infatti fu proprio in quel secolo che giunsero su quest’isola le spoglie delle due sante provenienti da Sabratha, città punico-romana situata nei pressi di Tunisi. La Chiesa di Santa Fosca è a pianta centrale, all’esterno mostra un portico su cinque lati con archi a piede rialzato che poggiano su splendidi capiteli scolpiti. L’interno è a croce greca ed è caratterizzato da un insolito quanto interessante raccordo tra la pianta quadrangolare della base e la pianta circolare della cupola mediante la struttura a doppia cuffia su cui ques’ultima poggia. Sono stati individuati legami di affinità stilistica tra questo edificio sacro, la cattedrale di Christianou in Trifilia e la Panagia Lykodimou di Atene, entrambe risalenti all’XI secolo, così come legami esistono, senza dubbio, fra i modi decorativi dell’abside di Santa Fosca e gli stilemi ornamentali affermatisi nella Costantinopoli dell’età dei Comneni.
    La cattedrale, la Chiesa di Santa Fosca e un piccolo palazzetto guardano tutti verso la piazzetta, uno spazio erboso con al centro un massiccio sedile in pietra chiamato “sedia di Attila” anche se il re degli Unni non vi si sedette mai.
    Ma è sicuramente l’aspetto “selvaggio” dell’isola quello che attrae di più i visitatori in cerca di un’oasi di pace dopo il tour tra le calli veneziane.
    Ad ogni passo, non appena sbarcati, si schiudono paesaggi sempre diversi, fatti di rovi, di foglie scosse dalla brezza della laguna, di rovine, di vegetazione fitta, di sentieri che sembrano non essere mai stati battuti prima. Giunti al punto in cui il canale si biforca, volgendo lo sguardo a destra, si vede una casa rossa abbellita da una grande altana. E’ la casa dove ha vissuto, lavorato, sognato Ernest Hemingway. In realtà non si tratta di una casa ma della famosissima Locanda Cipriani, nel 1949 Hemingway costrinse Giuseppe Cipriani a tenere aperta la Locanda di Torcello come ricorda Arrigo Cipriani nelle sue memorie: “Lo scrittore era ancora molto robusto ed esuberante e ogni tanto, se trovava qualcuno più o meno della sua forza, sfogava bonariamente la sua passione per il pugilato…la sfida senza vincitori e vinti si concludeva con una inevitabile bevuta. Hemingway, che sembrava vivere liberamente durante il giorno, era di una implacabile precisione nel suo lavoro. Alle dieci si ritirava nel suo appartamento a scrivere, voleva in camera sei bottiglie di amarone, un vino veronese. Gli duravano tutta la notte; la mattina le trovavamo vuote. Spesso la mattina presto andava a caccia di anatre”. La passione per Venezia e per la laguna fa da cornice al romanzo Across The River and Into The Trees che può essere considerato uno degli ultimi documenti dedicati dalla letteratura mondiale alla celebrazione della città di Venezia.



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 08:01
     
    Top
    .
  9. tomiva57
     
    .

    User deleted


    BURANO



    image


    La leggenda vuole che un marinaio, lasciando l'amata a Murano, si imbarcò su una nave e giunse in un luogo abitato da sirene. Mentre l'equipaggio si gettò in acqua per raggiungerle l'innamorato resistette al richiamo. Meravigliata di tanta fedeltà, la regina delle sirene fece sorgere dal mare, con un colpo di coda, una corona di schiuma che si solidificò trasformandosi nel velo nunziale per la fidanzata lontana. Da allora le ragazze dell'isola con ago e filo cercano di riprodurlo.
    Dista da Venezia circa 9 km ed ha un aspetto particolare: non c'è nessun palazzo imponente ma piuttosto un paesaggio uniforme di case della stessa altezza tutte però dipinte di colori vivaci.
    Sono tutte piccoli edifici rustici, con due piani al massimo, con facciata simili e con semplici finestre quadrate. L'unica cosa che ti permetterà di distinguerle sono le diverse tonalità.

    image


    Le donne che chiacchierano e ricamano sull'uscio delle porte e il loro buffo dialetto, il quale ha la caratteristica di raddoppiare le consonanti, ti farà sentirà come a casa!
    Giallo, verde, rosso, azzurro.......sono questi i colori con i quali le donne dell'isola dipingevano le loro case mentre i loro uomini erano in mare, grazie a questi colori scintillanti i pescatori potevano riconoscere da lontano la propria casa quando si avvicinavano all'isola.

    Collocata a Sud-est di Mazzorbo, con i suoi 5.000 abitanti è il più importante centro della laguna nord.
    Densamente urbanizzata, l'isola conserva poco del suo aspetto naturale.
    Burano, o la Boreana, deve il nome ad una delle porte di Altino, da cui venne fondata. Quando Torcello era una città, Burano ne era un vicus, ovvero una borgata.

    Una visita a Burano offre spunti di assoluto interesse per i cromatismi delle sue abitazioni popolari, dipinte con colori vivaci e contrastanti e per le sue attività economiche, la produzione di merletti e la pesca.
    La leggenda narra che proprio grazie ad un pescatore sia nata la tradizionale produzione tessile artigiana. Costui infatti, avendo resistito al canto delle sirene in nome della sua bella, che lo attendeva a Burano, avrebbe ricevuto dalla regina dei flutti una corona di schiuma per ornare il capo della sua sposa. Le amiche della diletta, invidiose e conquistate dalla bellezza del velo, avrebbero cercato di imitarlo, dando così inizio ad una scuola di tradizione centenaria.
    A Burano vi sono anche importanti anche gli esempi di architettura sacra, che sopravvivono solo in parte.
    Erano quattro le costruzioni religiose esistenti fino all'età napoleonica che cadevano sotto la diocesi di Torcello: Santa Maria delle Grazie, detta le Cappuccine, ancora esistente ma sconsacrata, San Mauro, San Vito e San Martino Vescovo, chiesa parrocchiale ancora esistente. Tutte queste costruzioni sono da ritenersi di costruzione molto antica, poiché, da fonti del XII secolo, risultano già tutte esistenti.
    S. Maria delle Grazie (allora nota come S. Hadrianus) aveva annesso un monastero con 7 oratori interni e sette altari a rappresentare le 7 chiese di Roma e alte mura che circondavano il tutto.

    image


    Di S. Mauro, detta anche S. Moro, fondata nel 899, i manoscritti seicenteschi ci descrivono la chiesa a triplice navata, il coro delle monache e l'organo ornato da pitture. Il complesso venne ricostruito e riconsacrato nel 1533.
    Il complesso monasteriale di S. Vito doveva essere abbastanza povero: la chiesa era ad una sola navata, aveva tre altari e il coro delle monache, il tutto in forma "ordinaria".
    Nel 1806 vennero soppresse S. Mauro e S. Vito mentre S. Martino Vescovo, che fu eretta nel 1500 e restaurata in periodi successivi, contiene tele del '600 e del '700 tra cui un'interessante opera giovanile del Tiepolo, "La crocifissione"
    Il " buranello" più celebre, resta senz'altro Baldassarre Galuppi,


    image

    musicista barocco, cui è intitolata la piazza dell`isola dove è possibile visitare la Scuola di Merletto (feriali 9-18, festivi 10-16, tel. 041/730034).
    La lavorazione del merletto con l'ago da cucire, non appoggiato ad alcun tessuto sottostante, si sviluppò nell'isola all'inizio del '500.
    Sono tipici del luogo il punto in aria, il punto a rosette e il punto controtagliato, più pesante e solenne nelle ampie volute a rilievo.
    La lavorazione subì un periodo di declino in seguito alla guerra commerciale voluta dalla Francia e stava quasi per scomparire quando, alla fine dell'800, per merito della popolana Cencia Scarpariola, i segreti della lavorazione del merletto di Burano furono tramandati.
    Da Burano è possibile raggiungere sia Torcello, con i mezzi dell'ACTV , sia San Francesco del Deserto, attraverso barconi privati



    A Burano viene molto praticata la voga alla veneta (voga in piedi), un tempo necessaria per portare il pescato a Venezia o in terraferma, attualmente si pratica quasi solo per sport. Seguitissima dagli appassionati è la Regata di Burano per gondole a due remi, che si svolge ogni anno la terza domenica di settembre e rappresenta la rivincita della Regata Storica che si disputa solo due settimane prima. Burano ha dato i natali a grandi Campioni del Remo, l'ultimo dei quali si chiama Sergio Tagliapietra detto "Ciaci" (Burano 1935), capace di vincere ben 14 edizioni della Regata Storica (su gondolino), 21 regate di Burano e 18 Regate di Murano (su gondola a un remo).
    Ciaci

    "Ciaci" rappresenta un autentico mito per Burano avendo vinto oltre 200 bandiere rosse (il premio che riceve il primo arrivato nelle regate di voga alla veneta; il secondo vince la bandiera bianca, il terzo la verde, il quarto la blu). Sergio Tagliapietra fu inoltre olimpionico a Melbourne e a Tokyo ed ha vinto ben 13 edizioni del Palio delle Repubbliche Marinare. Tipico modo di vogare in uso tra i pescatori di Burano è quello alla "valesana" o alla "buranella" (il barcaiolo rema da solo in piedi con due remi incrociati).

    image


    La strada principale di Burano si chiama Via Galuppi, qui sono presenti molti negozi che vendono merletti, e panifici e pasticcerie che espongono il dolce tradizionale dell'isola: il Bussolà, un cerchio di pasta dolce e dura a base d'uova del diametro di circa 10 centimetri. Altra variante del Bussolà si chiama Esse, con la sua tipica forma ad "esse", ma con lo stesso sapore. Burano vale sicuramente la pena di essere visitata anche se il vostro soggiorno a Venezia dovesse essere breve. A Burano si vive un'atmosfera speciale, probabilmente la stessa che c'era in città nei tempi andati, prima che il turismo di massa prendesse il sopravvento. Dopo le sette di sera, quando gli ultimi turisti hanno lasciato Burano, ci si ritrova immersi in un luogo senza tempo.
    Campo della Pescheria

    Giornalmente, in Campo della Pescheria, ha luogo il Mercato Ittico che offre sempre pesce fresco ed un piccolo mercato che espone frutta e verdura proveniente dall'estuario. Ogni settimana, in Rio Terà del Pizzo, si tiene il Mercato di Burano, dove si possono comprare alimentari e altro. A Burano ci sono alcuni ristoranti che offrono naturalmente pesce fresco, pescato spesso in giornata, segnaliamo per primo quello più prestigioso: "




    MURANO


    image


    Murano è un'isola localizzata a un chilometro a nord da Venezia. Murano è formata a sua volta da cinque isole e conta circa 7000 abitanti. L'attività principale di Murano consiste nella produzione del vetro artistico, (Murano viene chiamata anche isola del vetro), notevole risulta l'indotto derivato dal turismo. Murano ha sempre goduto di una relativa indipendenza da Venezia, fu infatti Comune autonomo fino al 1923. Il nome antico dell'isola era Amuranium, che le venne dato dai primi rifugiati provenienti da Altino, in ricordo di una porta della loro città di origine. Anticamente Murano contava numerose ville con orti e giardini, palazzi, chiese e monasteri oggi purtroppo andati distrutti. Murano raggiunse il massimo splendore durante il XVI secolo e disponeva di un consiglio chiamato arengo e di un proprio podestà a partire dal 1272. Le famiglie originarie di Murano erano iscritte in un libro d'oro che ne garantiva dei privilegi. L'industria del vetro fu portata a Murano nel 1291 per decreto del Maggior Consiglio per due motivi: evitare i continui incendi che succedevano in città provocati dalle vetrerie (le case all'epoca erano quasi tutte in legno), e poterne controllare la produzione (i segreti della lavorazione venivano gelosamente tramandati di padre in figlio, e la Serenissima vietava l'espatrio ai maestri vetrai di Murano per garantirsene il monopolio).

    Murano Colonna

    image


    La prima fermata dei vaporetti di Murano si chiama "Murano Colonna" e deve il nome alla colonna in granito, tuttora visibile, che anticamente sosteneva la statua del doge Domenico Contarini, particolarmente amato dai muranesi perchè concesse loro il privilegio di coniare le oselle.

    San Michele

    image


    Poco prima di arrivare a Murano si vede sulla destra San Michele in Isola, che è il cimitero di Venezia dal 1806. Nel cimitero (orario invernale 7,30-16,00, estivo 7,30-18,00, ingresso libero), sono sepolti artisti famosi quali Sergej Djagilev, Ezra Pound, Igor Stravinskij, Luigi Nono, Josif Brodskij ed Ermanno Wolf-Ferrari. Verso la metà del '400 il convento di S. Michele divenne un importante centro di studi dove venivano riversate le conoscenze geografiche dell'epoca, una National Geographic ante litteram. Per opera del monaco camaldolese Fra' Mauro, tra il 1450 e il 1459 venne realizzato un famoso mappamondo. Tale planisfero, (oggi conservato nella Biblioteca Nazionale Marciana), indicò con 40 anni di anticipo che l'Africa era circumnavigabile. Re Alfonso V di Portogallo si convinse ad appoggiare la spedizione di Vasco da Gama nel 1498 solo dopo aver consultato alcune carte di Fra' Mauro.

    S. Michele


    image


    Anticamente le isole vicino a Murano erano due, S. Michele appunto e S. Cristoforo, che furono congiunte nel 1837 per poter avere un terreno sufficiente all'uso di cimitero. A S. Michele vennero ospitati nel 1822 Silvio Pellico (l'autore de "Le mie prigioni") e Pietro Maroncelli prima di essere entrambi incarcerati allo Spielberg. Oltre la cinta di mura perimetrali si può ammirare la Chiesa di S. Michele, progettata da Mauro Codussi in stile rinascimentale (1469), mentre il campanile è gotico.

    vetro artistico

    Appena scesi a Murano ci si rende subito conto che quest'isola vive intorno alla produzione artistica del vetro. Sono infatti numerosi i negozi e le fabbriche con fornaci disseminate un po' ovunque. Alcune di esse offrono delle dimostrazioni su come si producono dei piccoli animali. Ho notizia di qualche inserviente che furbescamente (di sua iniziativa) chiede 2 euro a persona per assistere a tali dimostrazioni: statene alla larga o non pagate nulla, poichè questi piccoli "show" a Murano sono gratuiti, pagherete solamente nel caso doveste acquistare qualcosa.

    image


    All'interno delle vetrerie più grandi, specialmente in inverno, i più fortunati potrebbero assistere alla creazione di capolavori da parte di qualche Maestro Vetraio. La maggior parte della produzione di Murano infatti avviene in inverno per via della temperatura più fredda. Nella fornace ci sono circa 1000 gradi: nella sua prossimità l'ambiente è decisamente torrido e lavorare diventa molto duro. Il Maestro Vetraio non ha alcun modello davanti da copiare ma solo la sua creatività. Egli con una canna metallica toglie dalla fornace un bolo incandescente fatto di pasta vitrea, porta la canna alla bocca e con lo sforzo dei suoi polmoni dilata e crea la forma da lui desiderata. Per farlo si aiuta con una spatola ed una pinza detta borsella, un aiutante, chiamato servente lo aiuta nel sostenere il peso che a volte può essere notevole. Le famiglie Toso, Barovier, Salviati e Seguso (per citarne solo alcune) hanno contribuito nei secoli, con i loro Maestri Vetrai, a rendere Murano famosa nel mondo.

    Fondamenta Vetrai
    image


    Oltre gli imbarcaderi di Murano Colonna si gira a destra per la Fondamenta dei Vetrai dove ci sono innumerevoli negozi che vendono vetro artistico ma anche murrine, collane e bigiotteria. Circa 50 metri più avanti si trova il piccolo Centro Commerciale Isola con 11 negozi, aperto tutti i giorni dalle 8,00 alle 20,30 con annesso Supermercato Despar (Murano - 14, Fondamenta dei Vetrai, tel. 041 739828). A chi volesse comprare del vetro di Murano consiglio di verificare i prezzi su diversi negozi perchè il costo di un oggetto simile potrebbe variare anche di molto. E' indispensabile inoltre richiedere ai negozianti che gli oggetti che si vogliono comprare siano provvisti del marchio di origine "Vetro Artistico di Murano", il cosiddetto "trademark". Questo per evitare di acquistare un prodotto forse meno caro, ma probabilmente Made in China.

    Dopo aver percorso tutta la Fondamenta dei Vetrai con i suoi innumerevoli negozi (in inverno chiudono alle 16,30, mentre in estate la maggior parte chiude alle 19,00), si arriva presso la Chiesa di San Pietro Martire costruita nel XV secolo, con all'interno pregevoli dipinti di Giovanni Bellini,("Assunta e Santi", "Madonna col Bambino in trono tra angeli e santi"), e Paolo Veronese ("S. Girolamo nel Deserto", "Sant'Agata in carcere visitata da S. Pietro e un angelo").

    Canal Grande Murano

    image


    Si giunge quindi presso il Canal Grande di Murano attraversato dal Ponte Vivarini (1866), detto anche "Ponte Lungo". Questo è il canale più ampio e divide l'isola in due. Oltrepassato il ponte si gira a destra per Rivalonga, lungo questa fondamenta si trovano due buoni ristoranti per mangiare dei piatti a base di pesce. Vicino all'imbarcadero, (circa 50 metri prima), si trova un supermercato Coop (aperto lun.-sab., orario 8,00-19,30). Si arriva quindi in Fondamenta Marco Giustinian.

    Museo del Vetro

    image


    Poco più avanti, nel Palazzo Giustinian, ha la sua sede il Museo del Vetro di Murano . Il palazzo anticamente fu sede dei vescovi di Torcello dal 1659 al 1805. Dal 1861 il palazzo divenne sede del Museo Vetrario per volere dell'abate Vincenzo Zanetti, (al quale è stata oggi dedicata una Scuola del Vetro a Murano, che offre interessanti visite e corsi per ragazzi), al fine di raccogliere le testimonianze dell'arte vetraria presenti a Murano. La raccolta comprende oltre 4000 oggetti dall'antichità ai tempi moderni.

    Chiesa Santa Maria e Donato

    image


    Proseguendo si arriva infine in Campo San Donato dove si vede la Chiesa di Santa Maria e Donato, La costruzione originale viene datata al VII secolo mentre quella attuale risale al 999. Il nome della chiesa fu dedicato inizialmente a Santa Maria, poi fu aggiunto quello di San Donato nel 1125, quando il corpo del Santo fu traslato da Cefalonia. All'interno della chiesa, la più importante dell'isola, si può ammirare un notevole pavimento in mosaico (1140) oltre a pregevoli affreschi. Unica nel suo genere in laguna è l'abside esterna in stile veneto-bizantino del XII secolo (visibile dal campo o, meglio ancora, dal grande ponte in pietra di San Donato). Il campanile fu costruito nello stesso periodo. Per tornare in città si può prendere il vaporetto dalle fermate "Murano Museo" o "Murano Navagero". Se invece volete andare a Burano, dovete prendere la linea pubblica di vaporetti LN di Actv presso la fermata "Murano Faro"

    Santa Maria degli Angeli

    image


    Oltre la lunga Fondamenta Venier, e vicino alla fermata del vaporetto omonima, si trova un'altra importante chiesa di Murano, quella di Santa Maria degli Angeli. Essa fu fondata nel XII secolo assieme al famoso monastero adiacente, ma fu riedificata nel XVI sec.. Al suo interno sono presenti alcuni bei dipinti, tra i quali "Madonna in Gloria e Santi" di Jacopo Palma il Giovane. Nei tempi antichi sia questa chiesa di Murano che il monastero contenevano molte più opere d'arte, alcune di esse furono trasferite nella chiesa di S. Pietro Martire nel 1813. In questo luogo sacro e solitario di Murano furono sepolti alcuni personaggi famosi della Serenissima, tra i quali il doge Sebastiano Venier. Egli fu il condottiero dell'armata che sconfisse i Turchi nella battaglia navale di Lepanto (nel 1571). Attualmente le sue ceneri sono custodite nella basilica di San Giovanni e Paolo.





    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:55
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    grazie
     
    Top
    .
  11. tomiva57
     
    .

    User deleted


    Crociere in laguna a venezia



    Venezia è una delle mete più ambite nell’immaginario del turista. Venezia, se ci sei già stato, non riesci a dimenticarla. Venezia è una delle città più belle e magiche del mondo tanto che da ogni parte del mondo ci si sposta per visitarla.
    Si arriva alla Stazione di Santa Lucia dopo aver pregustato la gioia di una passeggiata tra le calli ammirando il magnifico skyline che si delinea percorrendo, in treno, il ponte che collega Mestre a Venezia.
    L’esperienza di conoscere Venezia, in tutti i suoi aspetti, in qualsiasi stagione dell’anno e in ogni singolo momento del giorno e della notte è indescrivibile, impalpabile, acquerellata come i colori della città.

    LA LAGUNA DI VENEZIA

    image

    Ma quanti hanno portato il godimento alle estreme conseguenze concedendosi un itinerario in Laguna? Venezia fa parte di un sistema vastissimo di isole, dalle più grandi alle più piccole, ma non solo, Venezia fa parte del delicato e incredibile Sistema Laguna, 594 metri quadrati di acqua e terra che convivono da più di 2000 anni e lo fanno grazie all’opera infaticabile dell’uomo. La Laguna, per continuare a esistere nell’equilibrio tra acque dolci e acque salate, per non diventare solo terra o solo mare ha avuto e ha ancora bisogno dell’uomo. La Laguna è un mondo complesso, variegato, una distesa d’acqua solo apparentemente uguale e monotona ma che invece rivela aspetti misteriosi e unici che solo i pescatori, gli abitanti della Laguna conoscono fino in fondo. La Laguna è un mondo languido, placido, immobile. La Laguna è il mondo del silenzio oramai sconosciuto a Venezia, è il mondo dei colori, il mondo dell’ingegno dell’uomo che addomestica la Natura e della Natura che sostiene l’uomo, il mondo delle diverse specie di uccelli e pesci che permettono che il sistema si regga in equilibrio.
    In Laguna si caccia proprio come se ci si trovasse in una sterminata prateria che ogni dodici ore cambia volto per effetto delle maree, i cacciatori all’interno delle botti al riparo come se fossero dietro un cespuglio. Ma non solo, La Laguna è anche le valli da pesca dove si allevano le specie più pregiate di pesce (branzini, orate, cefali e anguille), le bricole che delimitano i corsi dei canali e guidano la navigazione e che fanno da piedistallo ai cormorani, le peociere per l’allevamento delle cozze, le saline, i palùi sui quali è impossibile navigare, i ghebi (canali ciechi) dove i vaporetti non possono addentrarsi.

    image


    La Laguna è una costellazione di isole e isolotti abbandonati. La laguna nord è quella più antropizzata, vi si trovano le isole dove sorsero i primi insediamenti, la Laguna sud è più aperta. Gli abitanti di Altino, una città a nord di Mestre, in fuga, nel 452 d.C. dagli Unni di Attila si rifugiarono su un’isola che avevano avvistato dall’alto di un campanile e fondarono Nuova Altino, la futura Torcello. Gli Unni che li inseguivano rimasero intrappolati nel fango delle barene. E così tutte le altre popolazioni della terraferma per trovare riparo dalle invasioni dei barbari prima, dei bizantini e dei Longobardi poi, si trasferirono in Laguna e diedero inizio alla straordinaria civiltà di Venezia.
    Quelle conosciute ai più sono solo una piccola percentuale delle isole che è possibile visitare con stupore sempre nuovo. Chi è mai stato a Sant’Erasmo? E nell’isola di San Michele, il cimitero di Venezia pieno di fiori e di lunghi vialli affiancati da cipressi? O a San Francesco del Deserto dove la frase che accoglie i visitatori all’ingresso del convento “O beata solitudo” dà la misura della pace che si respira laggiù. San Francesco sarebbe giunto qui nel 1220 di ritorno dalla predicazione in Egitto e in Palestina. Avrebbe voluto rifugiarsi a Torcello ma l’isola gli parve troppo affollata così in barca raggiunse un’altra isoletta dove fondò un convento prima di ripartire. C’è un’isoleta, l’isoletta di Crevan

    image


    che una volta fu sommersa dall’acqua e fu acquistata da una facoltosa famiglia veneziana che l’ha rimessa in sesto portandovi centinaia di barche da terra e riscavando il canale che un tempo la attraversava. Oggi è un vero e proprio gioiello e il forte francese è stato trasformato in villa. San Giacomo in Palude una volta ospitava un convento di clausura demolito nel 1810. Pare ci spedissero le figlie dei nobili veneziani che non si erano comportate in modo consono al loro status. Tuttavia altri nobili interessati alle ospiti incìvolontarie del convento raggiungevano l’isola a bosdo dieleganti gondole e proprio a bordo di queste con i loro felzi che proteggevano da sguardi indiscreti si svolgevano romantici incontri. Oggi San Giacomo in Palude è completamente abbandonata.
    E non si finirebbe di elencarle tutte le isole. Insomma chi ama Venezia dovrebbe conoscere la Laguna, la sua atmosfera, la sua bellezza senza tempo. Tutti i progetti attuali si concentrano sulla Laguna, sono molti quelli che studiano itinerari che portino lontano dalla città. Alcuni innamorati delle tradizioni e degli impagabili paesaggi della Laguna, della lentezza delle acque e di uno stile di vita lontano dal chiasso del turismo di massa hanno rimesso in acqua i bragozzi, l’imbarcazione ideale per esplorarla. Il bragozzo è una barca con il fondale piatto e il timone sollevabile ideale per la navigazione sui fondali bassi che veniva utilizzata fin dai tempi della Serenissima.

    IN CROCIERA IN LAGUNA CON EOLO

    Mauro Stoppa proprietario di Eolo, un bragozzo di 16 metri del 1946, da lui restaurato, vuole dare il suo personale contributo alla riscoperta della Laguna del suo fascino e della sua storia. Pantaloni bianchi e camicia amaranto, il tradizionale abito veneziano, Mauro Stoppa parla del suo Eolo. Si distingue per le vele colorate dalla forma trapezoidale, sono vele al terzo, una evoluzione della vela latina triangolare e di quella quadrata nate nell’Alto Adriatico tra il 600 e il 700 e che si affermarono per la maggiore adattabilità agli scafi a fondo piatto. Su Eolo possono prendere posto dieci persone al massimo. I pescatori di Chioggia sul finire della seconda guerra mondiale affondarono le loro barche migliori per impedire all’esercito tedesco, che si ritirava, di requisirle. Eolo è una di quelle barche anche se fu varato nel 1946. Il proprietario coniugando la formula barca d’epoca + cucina autentica + sensibilità promuove e propone questa nuova formula di turismo sostenibile.
    Gli itinerari a bordo di Eolo portano indietro nel tempo sulla scìa lasciata dagli aristocratici veneziani che avevano l’abitudine di trascorrere una parte dell’anno presso le residenze estive dell’entroterra per poi far ritorno ai fastosi palazzi veneziani. A bordo di Eolo si possono gustare i piatti tipici della Laguna veneziana pieni di contaminazioni, all’interno dei quali oriente e occidente si miscelano con sapienza e creatività mentre si riscopre il piacere della ciaccole che per i veneziani sono più di una normale conversazione. E’ un modo di rilassarsi mentre si sorseggia un’ombra di vino cullati dalle maree.
    Attualmente su Eolo, come ci dice Mauro Stoppa, viaggiano prevalentemente stranieri dal momento che gli italiani, anche nell’ironia è pur sempre una verità, preferiscono fare un viaggio alle Maldive. Gli ospiti di Eolo arrivano attraverso il passaparola o dopo aver letto articoli e recensioni su riviste specializzate o agenzie straniere. L’equipaggio è composta da un minimo di quattro persone che aumentano all’aumentare degli ospiti a bordo per garantire una qualità e un servizio di eccezionale livello.

    image



    GLI ITINERARI DI EOLO


    L’itinerario più articolato che Mauro Stoppa propone a bordo di Eolo è quello della durata di otto giorni e per un massimo di dieci persone.

    Ci si imbarca dalla città di Venezia o dall’aereoporto e inizia un viaggio dove la scoperta della storia e delle bellezza della Laguna si alterna al soggiorno in castelli o in ville private e dove gli spostamenti avvengono non solo a bordo di imbarcazioni ma anche su carrozze o mezzi di trasporto antichi. L’itinerario è intitolato Dai Colli alla Laguna e si svolge attraverso l’antica rete di strade e di canali.
    Si visita l’isola di Lispida dove si è ospiti per due notti nel castello neogotico di Villa Italia e il borgo medievale di Arquà Petrarca dove trascorse gli ultimi anni di vita Francesco Petrarca.
    Il secondo giorno a bordo di una carrozza inglese del XIX secolo ci si reca a Monselice per visitare il castello di una delle principali casate nobiliari veneziane, i Marcello e si pranza a Villa Emo, ospiti della contessa Marina Emo. Villa Emo fu progettata da Vincenzo Scamozzi, il pupillo di Palladio. In giornata si visita anche il Castello del Catajo circondato da un giardino con un lago e un parco con i cervi.
    Il terzo giorno a bordo di una caorlina degli anni ‘30 si esplora il canale Battaglia che porta fino in centro a Padova. Si pranza a Villa Molin, altra residenza progettata da Vincenzo Scamozzi. La giornata trascorre con la visita dei principali monumenti e delle piazze storiche di Padova.

    Per il quarto giorno l’itinerario si snoda lungo il canale del Brenta, la via d’acqua che permetteva agli aristocratici veneziani di raggiungere le loro ville. Il Canale, che sfocia direttamente nella Laguna di Venezia, è una rassegna unica al mondo di ville dei più potenti e facoltosi veneziani del Settecento. Tra le tante si ricorda Villa Pisani a Stra. Un immenso complesso costruito nel 1735 circondato da un vasto parco con un labirinto, scuderie e giardini. La sala da ballo fu affrescata da Giambattista Tiepolo. Così come merita il viaggio la visita della Villa Malcontenta una delle più belle realizzate dal Palladio.
    Dal quinto giorno fino al termine dell’itinerario ci si trasferisce su Eolo. Mauro Stoppa ha restaurato il bragozzo secondo i disegni dell’epoca e l’ha arredato in maniera esclusiva.
    La navigazione si dirige verso Chioggia dove si visiteranno il Duomo, il mercato del pesce e il granaio che risale al 1322. L’impianto urbanistico a scacchiera di Chioggia riflette il passato romano quando Chioggia era un importante porto situato tra il mare e le via d’acqua per Padova.
    Il penultimo giorno a bordo di Eolo si visita Sant’Erasmo, l’isola che produce più frutta e verdura di tutto l’arcipelago della Laguna e successivamente non poteva mancare di far rotta verso Torcello, il più antico insediamento lagunare della civiltà veneziana. Il pranzo verrà servito nella esclusiva Locanda Cipriani tanto celebrata da Ernest Hemingway che amava la laguna, le sue isole, Venezia e la caccia all’interno delle botti. Nell’isola di Torcello si pernotta presso la residenza privata Villa San Giovanni Evangelista che in origine era la foresteria di un convento del quindicesimo secolo mentre i campi intorno alla villa sono i resti della basilica di san Giovanni.
    L’ottavo giorno si rientra a Venezia in un percorso che sfiora le isole di Burano, Murano, San Michele.
    Per chi ha meno tempo a disposizione invece Mauro Stoppa propone a bordo di Eolo un itinerario da tre giorni e un itinerario giornaliero in laguna con sullo sfondo Venezia.
    Tutte le crociere sono anche una vera gioia per il palato di quelli che amano o non conoscono ancora i sapori tradizionali della cucina veneta. Sia a bordo che a terra, nelle diverse soste, si potranno assaporare risi e bisi, risi al nero di seppia che veniva utilizzato per conservare il pesce nei lunghi viaggi in mare; una vera specialità è il brodeto coi gò, delicati pesci di laguna, gransipori e caparosoi recuperati a mano dal fondo della laguna con un bastone o con le mani. Tra le carni non può mancare in un menù tipico che si rispetti il fegato alla veneziana con cipolle e uva passa o i sughi di selvaggina e, dall’entroterra, il famoso radicchio di Treviso e il radicchio di Chioggia. Il tutto innaffiato dagli ottimi vini che il Veneto produce.





    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:57
     
    Top
    .
  12. tomiva57
     
    .

    User deleted



    IL CARNEVALE DI VENEZIA


    image


    Chi non ha mai sentito parlare del Carnevale di Venezia? Tra tutti i Carnevali è quello che esercita maggior fascino e mistero e che continua, anche oggi che sono trascorsi più di 900 anni dal primo documento che fa riferimento a questa festa, ad attrarre a Venezia migliaia di turisti ogni anno.

    image


    Gli studi di antropologia sul Carnevale spiegano che tra l’Epifania e la Quaresima il mondo si capovolgeva: il figlio mancava di rispetto al padre, ci si scambiava di sesso, non era più vietato farsi beffa dei potenti. Trasgredire la legge significava, tuttavia, celebrarla. Tutti gli usi e i comportamenti del Carnevale non facevano altro che confermare l’ordine dell’universo. Violare una sola volta la legge, durante la festa comandata, equivaleva a riconoscere la sua signoria su tutto il resto dell’anno.
    Tuttavia il Carnevale ha tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali di pasaggio dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le civiltà basti pensare ai Saturnalia Latini o ai culti dionisiaci nei quali il motto era “semel in anno licet insanire” (“Una volta all’anno è lecito non avere freni”) ed è simile lo spirito che animava le oligarchie veneziane e le classi dirigenti latine con la concessione e l’illusione ai ceti più umili di diventare, per un breve periodo dell’anno, simili ai potenti indossando una maschera sul volto. Per molti giorni all’anno il mondo sembrava non opporre più resistenza, i desideri diventavano realizzabili e non c’era pensiero o atto che non fosse possibile. L’identità personale, il sesso, la classe sociale non esistevano più, si entrava a far parte della grande illusione del Carnevale in un posto, unico al mondo, dove tutto può accadere, dove ogni scorcio continua ad incantare. Venezia si trasformava in una grande festa a cielo aperto: trombe, pifferi, tamburi, saltimbanchi, giocolieri, venditori ambulanti, balli pubblici dove chiunque poteva folleggiare mascherato come voleva.


    image


    La maschere più comuni erano Arlecchino, Brighella Pantalone o semplicemente un mantello nero, il tabarro, e sul viso, la classica maschera nera, la bauta, dietro la quale i patrizi e le dame si mescolavano al popolo e si davano alla pazza gioia. I giorni più intensi erano il giovedì grasso e il martedì grasso. Un’attrazione speciale era, ed è tutt’oggi, il Volo della Colombina, un acrobata che scendeva con delle corse dal Campanile di San Marco fino alla Loggia del Palazzo Ducale. Altre attrazioni erano le Forze d’Ercole, dove in patecipanti creavano delle torri umane con grande sforzo di muscoli e la Macchina dei fuochi d’artificio.
    Oggi il Carnevale ha la durata di circa dieci giorni in coincidenza del periodo prepasquale, ma, possiamo affermare che la febbre del Carnevale comincia molto tempo prima anzi, forse non è scorretto dire che, a Venezia, la febbre del Carnevale non cessa mai. Una sottile euforia si insinua tra le calli della città più bella del mondo e cresce impercettibilmente, sale con la stessa naturalezza della’acqua, sfuma i contorni della cose, suggerisce misteri e atmosfere di tempi andati.

    image


    Il Carnevale dei nostri giorni è un magnifico happening che coinvolge grossi sponsor, le reti televisive, le fondazioni culturali e che richiama folle di curiosi da tutto il mondo con migliaia di maschere in festa e con una pacifica e sgargiante occupazione della Laguna. Tra le calli di questa meravigliosa città, per una decina di giorni, si svolge una continua rappresentazione di teatrale allegria e giocosità a celebrare il fascino di un mondo fatto di balli, di scherzi, galà esclusivi e romantici incontri.







    BIENNALE DI VENEZIA


    image
    Nel 1895 nasce a Venezia la Biennale che, ogni due anni, attira in laguna migliaia di visitatori da ogni parte del mondo e si svolge nella sede storica dei Giardini di Castello e all’Arsenale.
    Negli anni Trenta l’istituzione veneziana diventa Ente autonomo sotto il controllo del Governo italiano e iniziano il Festival della Musica, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che, dal 1935, diventa annuale, e il festival Internazionale del Teatro di Prosa e la Biennale si configura, fin da allora come una delle principali istituzioni organizzatrici di manifestazioni nei diversi settori delle arti e della cultura contemporanea assumendo il carattere multidisciplinare che la caratterizza ancora oggi. Le manifestazioni dedicate alla Musica al Cinema e al Teatro nascono anche grazie ai finanziamenti e all’impulso dato dal Presidente dell’Ente, il conte Giuseppe Volpi di Misurata.
    Dal 23 gennaio 1998 la Biennale da Ente autonomo diventa Società di Cultura, soggetto giuridico privato. Meritano certamente una visita i padiglioni delle esposizioni ai Giardini di Castello di proprietà dei vari paesi espositori progettati da grandi architetti contemporanei, belli e interressanti quanto le opere in esse contenutie. Così come da non perdere sono anche le altre strutture architettoniche che ospitano sezioni staccate delle mostre della Biennale quali le Corderie dell’Arsenale, un tempo magazzini dove venivano fabbricate le corde per le navi veneziane, i Saloni del Sale alle Zattere, i grandi megazzini dove veniva depositato e conservato il sale, e i Granai della Giudecca, luoghi che fanno della Biennale un autentico Museo diffuso nel tessuto urbano della città. Imponente e di grande suggestione è anche il Palazzo del Cinema al Lido che, annualmente, ospita la Mostra del Cinema, vero capolavoro dell’Architettura fascista.
    Glia appuntamenti della Biennale riguardano la Danza, la Musica, l’Architettura, il Teatro, il Cinema.
    La Mostra Internazionale d’Arte Cinematrografica si svolgerà al Lido di Venezia dal Secondo la consolidata articolazione i film in concorso per il leone d’Oro verranno presentati nella sezione Venezia 63
    Alcune delle opere più importanti dell’anno saranno proposte Fuori Concorso mentre la sezione dal titolo Orizzonti documenterà le nuove linee di tendenza del cinema.
    Confermato anche il Concorso Internazionale di Cortometraggi dal titolo Corto Cortissimo.
    Alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica si affiancherà la celebre Biennale di Architettura che per la prima volta nella sua storia si dedicherà alla progettazione delle città. All’infrastruttura urbana e alle dinamiche sociali, ogffrendo una impareggiabile prospettiva internazionale sul rapporto tra architettura, società, sostenibilità.








    Il più affascinante e caratteristico mezzo di trasporto cittadino



    image


    Per una vera vacanza a Venezia è indispensabile fare un giro in gondola! La prima cosa che vi chiederanno al vostro rientro sarà: "com'è stato il giro in gondola". La gondola è tra le caratteristiche che rendono unica la Serenissima; possono esserci due tipologie di tour gondola: il giro turistico o il giro in gondola romantico. Il primo permette di percorrere i principali canali e i corsi d'acqua veneziani per godersi i meravigliosi palazzi storici o i monumenti, accompagnati dal vogatore che molto spesso si trasforma di "cantante" intonando famose strofe veneziane. Caratteristico è sicuramente il saluto che si scambiano i gondolieri quando si incrociano per i canali, scherzando e prendendosi in giro, rigorosamente in dialetto veneziano.

    image



    Il Redentore


    image


    Una delle più belle feste che si svolgono a Venezia e che risulta essere una delle più amate dai Veneziani è, senza dubbio, il Redentore. La ricorrenza fonda le sue origine nel 1500, quando l’intera Europa fu colpita dalla peste. In poco meno di due anni, la pestilenza portò alla morte di circa 50.000 persone nella sola città di Venezia. Con ogni probabilità la malattia era stata portata, nella città lagunare, attraverso i numerosi traffici che la Serenissima aveva con l’ oriente. In quegli anni si vedeva nella peste il manifestarsi della punizione inflitta da Dio all’uomo che, sempre più, si allontanava dai sacri principi della vita religiosa. Questa convinzione portò il Senato Veneziano ad approvare la proposta del Doge Alvise Mocenigo di costruire una chiesa nella speranza che Dio perdonasse le malefatte dell’uomo e facesse cessare questa terribile epidemia. I lavori per la realizzazione della nuova cattedrale iniziarono nel 1577. La prima chiesa, di modeste dimensioni, era raggiungibile dalle Zattere attraverso un ponte galleggiante. L’anno dopo la peste finì e questo portò i Veneziani a mantenere la propria promessa di finire la chiesa. I lavori proseguirono sotto le direttive del famoso architetto Andrea Palladio.




    L'origine dei festeggiamenti

    Pochi anni dopo, nel 1592, la nuova chiesa fu consacrata e il Doge decretò che da li in poi ogni anni la terza domenica di Luglio, una processione doveva aver luogo in memoria del perdono concesso da Dio agli uomini. Tutt’oggi questa promessa viene mantenuta. Alla fine delle celebrazioni religiose, i coloratissimi fuochi d’artificio danno inizio ai divertimenti che si protraggono per tutta la notte.




    LA REGATA STORICA



    L’acqua è l’elemento che maggiormente caratterizza Venezia e non è certamente un caso che la festa più conosciuta e spettacolare della città si svolga proprio sulle acque del Canal Grande.

    image


    La Regata storica è ancor oggi uno dei momenti più spettacolari, pittoreschi e coinvolgenti della vita cittadina, in grado nello stesso tempo di incantare i turisti e di eccitare e appassionare i locali.Un corteo storico - una sfilata di imbarcazioni tipiche cinquecentesche, con in testa il caratteristico Bucintoro, la barca di rappresentanza della Serenissima - rievoca l’accoglienza riservata nel 1489 a Caterina Cornaro, sposa del Re di Cipro, che ha rinunciato al trono a favore di Venezia.

    Segue la competizione vera e propria, a cui gli spettatori partecipano appassionatamente con grida di incoraggiamento rivolte ai propri beniamini.

    La storia
    Benché le prime notizie sulla regata risalgano alla seconda metà del XIII secolo, è probabile che questa spettacolare gara fosse già allora una usuale competizione popolare, perché Venezia era una città proiettata verso il mare, e addestrare uomini al remo era quindi necessità primaria

    La Regata oggi
    Assiepati lungo le rive, oppure ospitati nelle tribune galleggianti o nelle imbarcazioni ormeggiate lungo il Canale, gli spettatori seguono le gare, facendo un tifo appassionato, mentre le imbarcazioni multicolori sfilano velocemente.

    Le varie gare
    Sono diverse le gare che si svolgono nell’ambito della Regata Storica: la regata dei campioni su gondolini, la regata su caorline, la regata delle donne su mascarete, la regata dei giovani su pupparini.


    Le barche
    Alla Regata Storica partecipano imbarcazioni di vario tipo: il gondolino, la caorlina, la mascareta, il pupparin, e, naturalmente, la gondola, la barca veneziana per antonomasia.




    image






    La Festa della Sensa


    image


    La Festa della Sensa è una delle più antiche feste di Venezia. Si celebra la prima settimana di settembre con una processione di più di 100 barche sulle quali sfilano personaggi vestiti con i più rappresentativi abiti della città nonché dell’intera area del Nord Italia. La ricorrenza commemora due importanti eventi storici di Venezia. Il primo si rifà all’anno 1000, quando la flotta navale, guidata dal Doge Pietro Orseolo, partì il giorno dell’Ascensione per combattere i pirati Dalmati che minacciavano le coste dell’Istria. Con la vittoria della Serenissima, Venezia iniziò un periodo di dominio politico, commerciale e economico sul mare Adriatico. L’altro importante evento risale al 1177 quando a Venezia venne siglata la pace tra il Papato e l’Impero. Per l’importanza che la città lagunare ebbe nella mediazione, il Papa Alessandro III, come segno di riconoscenza, consegnò al Doge Ziani un’ anello benedetto che voleva simbolicamente rinforzare la supremazia della città sul mare come un uomo che sposa la sua donna e ne diventa signore. Questo aiutò a rinforzare il mito di Venezia come regina del mare.

    Come si festeggia attualmente la Sensa

    image


    Oggi, l’importate sposalizio e ricordato ogni anno. Il Sindaco, accompagnato dalle maggiori rappresentanze politiche, religiose, militari e civili, è accompagnato su un’imbarcazione da San Marco fino a San Nicolò. Giunto a destino, getta l’anello in mare come segno dell’eterna unione tra Venezia e il mare.



    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:59
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    ;) :36_1_11.gif: :36_1_55.gif:
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    GRAZIE
     
    Top
    .
  15. tomiva57
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (ginakarlo @ 9/8/2010, 11:42)
    ;) :36_1_11.gif: :36_1_55.gif:

    grazie gina ...ma aspetto che anche voi raccontiate qualcosa
     
    Top
    .
27 replies since 5/8/2010, 11:42   14961 views
  Share  
.