COSTELLAZIONI

le loro origini mitologiche

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  1. gheagabry
     
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    MITI DEI DODICI SEGNI ZODIACALI




    A cura di Eugenia Di Bernardo


    Fin dai tempi più remoti l’uomo ha osservato il cielo notturno, ammirando quegli sfavillanti puntini luminosi e, collegandoli con linee immaginarie, vi disegnò con la fantasia figure mitiche.
    Sono nate così le costellazioni, uno dei più grandi spettacoli che la natura ci dona, che riesce sempre a riempire il nostro animo di ammirazione e reverenza.
    Le costellazioni oggi riconosciute dagli astronomi sono ottantotto e parte di queste sono note come costellazioni zodiacali.
    Nel suo moto di rivoluzione attorno al Sole, la Terra si sposta nello spazio e il Sole transita apparentemente tra le stelle descrivendo, in un anno, un cerchio massimo chiamato eclittica.
    In questo moto apparente, il Sole percorre dodici costellazioni più una tredicesima, OFIUCO, che non è stata inserita nello zodiaco.
    I dodici segni corrispondono approssimativamente ai mesi dell’anno, anche se alcune costellazioni sono più estese di altre (la VERGINE è circa tre volte l’ARIETE) ma gli astrologi preferiscono considerare ogni segno, corrispondente a trenta giorni.



    ARIETE






    L’ARIETE è la prima delle costellazioni zodiacali.
    Anticamente segnava il punto dell’equinozio di primavera, che attualmente si trova nei PESCI; ha origini assai remote ed era molto considerata dagli astronomi greci.
    Secondo la tradizione rappresenta un ARIETE dal prezioso vello d’oro che NEFELE aveva inviato sulla terra per salvare i figli FRISSO ed ELLE che il marito voleva uccidere.
    NEFELE era la moglie di ATAMANTE, re di Beozia e da questo ripudiata per sposare INO, donna senza scrupoli, che architettò un piano ingegnoso per far uccidere i figli di ATAMANTE e poter far salire sul trono i propri.
    Il sacrificio stava per avvenire quando ERMETE (MERCURIO), udito il pianto disperato di NEFELE, inviò sulla terra un ARIETE dal vello d’oro che salvò i giovani dalla morte.
    L’ARIETE venne poi sacrificato a ZEUS (GIOVE) il quale mise un feroce drago come custode del prezioso vello.
    In seguito l’eroe GIASONE e i suoi cinquanta argonauti, riuscirono a sconfiggere il drago e a riportare in Tessaglia, patria di FRISSO, il magico vello.



    TORO







    Nella mitologia greca sono contemplate due versioni che riguardano la costellazione del TORO. In una appare ZEUS (GIOVE) che dopo aver sedotto la sacerdotessa di ERA (GIUNONE), di nome Io, la tramuta in una giovenca per sottrarla all’ira di ERA.
    Nell’altra ZEUS, invaghitosi di EUROPA, avvicina la fanciulla trasformandosi in TORO, la fa montare in groppa e la conduce a Creta dove la seduce.
    In Egitto OSIRIDE era raffigurato come un TORO e ISIDE era raffigurata con corna di vacca.
    Nella cultura persiana nel dio TORO MITRA veniva visto BACCO, dio del vino e, nei famosi baccanali il TORO, addobbato con fiori, era circondato da fanciulle che danzavano.




    GEMELLI





    Nella mitologia greca CASTORE e POLLUCE erano due gemelli figli di LEDA e di GIOVE. Si narra che nacquero da un uovo deposto da LEDA.
    Quest’ultima si era unita a GIOVE che si era trasformato in un bellissimo cigno bianco per poterla conquistare.
    I due fratelli compirono molte imprese fra le quali si annovera la loro partecipazione alla spedizione degli ARGONAUTI per la conquista del vello d’oro.
    Nella loro ultima impresa tentarono il rapimento delle bellissime sorelle ILARIA e FEBE, ma i rispettivi promessi sposi delle fanciulle, IDA e LINCEO, si vendicarono e IDA ferì mortalmente CASTORE. POLLUCE cadde nello sconforto e pregò ZEUS di farlo morire.
    Quest’ultimo, mosso a compassione, gli concesse di poter trascorrere un giorno nell’Ade, il regno dei morti, insieme al fratello CASTORE e un giorno sull’Olimpo con gli altri dei.




    CANCRO







    Nella tradizione egizia il CANCRO era il dio dell’alba KEPRE, personificato dallo scarabeo che, si racconta, spingesse il dio RA (sole) nel suo passaggio giornaliero sulla terra.
    Per i greci il granchio era l’animale che tentò di pizzicare i piedi di ERCOLE mentre questi combatteva con IDRA, il mostro dalle numerose teste.
    ERCOLE, senza pietà, schiacciò il granchio che morì. GIUNONE trasformò il piccolo crostaceo in costellazione.




    LEONE





    Nelle civiltà mesopotamiche il LEONE era identificato col Sole.
    In Egitto era collegato con la piena del Nilo che avveniva quando il Sole transitava nella costellazione del LEONE (solLEONE) e forse per questo motivo veniva raffigurata una testa di LEONE sopra le fonti, le fontane e le chiuse dei canali.
    I greci vedevano in questo gruppo di stelle il terribile LEONE di Nemea che terrorizzava le città.
    Su incarico di GIUNONE, ERCOLE affrontò e uccise la terribile belva soffocandola, poiché la bestia era invulnerabile alle armi.
    Una terza versione parla della tragica storia di PIRAMO e TISBE, due innamorati la cui unione era osteggiata da entrambi i genitori.
    La leggenda narra che i due giovani decisero di incontrarsi fuori città; TISBE arrivò per prima e mentre aspettava fu aggredita da un LEONE; fuggendo perse il suo velo che si lacerò. Quando PIRAMO giunse e vide il velo lacero, pensò che l’amata fosse stata divorata dal LEONE e si uccise con la propria spada.
    Tornata indietro, TISBE vide PIRAMO morente e si trafisse anch’essa con la stessa spada.





    VERGINE





    Sono molte le leggende legate alla costellazione zodiacale della VERGINE e quindi molti i miti ad essa legati. Ha origini molto antiche. Secondo un mito rappresenta CERERE, dea romana delle messi che tiene in mano una spiga di grano. Nella cultura assiro-babilonese la VERGINE viene collegata alla dea ISHTAR, conosciuta anche come ASTART, dea della fertilità e della primavera, colei che scese negli inferi per cercare il suo amato TAMMUZ. Ma qui rimase imprigionato e in sua assenza la terra divenne arida. Gli dei, allora, la liberarono e al suo ritorno la terra tornò a rifiorire. Un ulteriore mito parla di PERSEFONE che fu rapita da ADES e portata negli inferi. La madre di lei, CERERE, per il dolore della perdita della figlia, distrugge i raccolti. Un altro mito di questa costellazione parla di ASTREA, dea della giustizia.




    BILANCIA





    Secondo i romani, la BILANCIA rappresenterebbe lo strumento col quale la dea della giustizia ASTREA, nella vicina VERGINE, pesava il destino di tutti i mortali. Un’altra versione parla della BILANCIA di MECHUS, il dio che inventò pesi e misure.
    Per i greci, invece, le deboli stelle di questa costellazione facevano parte dello SCORPIONE ed era nota come CHELAE che significa “pinze” riferite al pericoloso animale.





    SCORPIONE





    Lo SCORPIONE è una fra le più belle costellazioni estive. Il mito riferito allo SCORPIONE parla di questo animale che uccise il cacciatore ORIONE su ordine della dea GEA. Il cacciatore venne poi resuscitato da ESCULAPIO, leggendario guaritore che si supponeva fosse antenato di IPPOCRATE. In Egitto le stelle dello SCORPIONE, per molto tempo, furono considerate come un serpente e la stella più luminosa. ANTARES, cinquemila anni fa indicava la posizione del sole all’equinozio d’autunno. ANTARES deriva dal greco anti-Ares, il quanto il suo colore rosso rivaleggiava con ARES, ossia MARTE, il pianeta rosso.





    SAGITTARIO







    Il SAGITTARIO è un’altra bella costellazione estiva, purtroppo bassa all’orizzonte, immersa nella via Lattea. Il mito di questo gruppo di stelle parla di una leggendaria creatura metà uomo e metà cavallo. Le sue origini sono molto antiche e il nome significa “arciere”.
    Un’ulteriore leggenda racconta che il SAGITTARIO lanciò la sua freccia e uccise lo SCORPIONE, per vendicare la morte di ORIONE. I greci vedevano nel SAGITTARIO il satiro CROTO, che era in parte uomo in parte capro con una lunga coda di cavallo. Per i romani, invece, era il centauro CHIRONE.





    CAPRICORNO





    Il CAPRICORNO è legato al mito del dio greco PAN che aveva il corpo di un uomo con corna e zoccoli di capra. Secondo un’altra leggenda greca PAN era il dio protettore dei cacciatori e dei pastori.
    Un giorno GEA, decisa a sterminare gli dei dell’Olimpo, inviò un orribile mostro, TIFONE. PAN riuscì ad avvertire gli dei che si trasformarono in pesci ingannando in tal modo il mostro, però PAN riuscì a trasformarsi solo parzialmente prima di tuffarsi. Tornato sulla terra affrontò TIFONE lanciando un urlo così potente da mettere in fuga il mostro. ZEUS, riconoscente, avrebbe ricompensato PAN ponendolo in cielo tra le stelle.
    Un’altra versione mitologica assiro-babilonese parla di OANNES, dio della saggezza, metà uomo e metà pesce, che ogni tanto emergeva nel golfo Persico sotto forma di Sirena per insegnare all’uomo arti e scienze.




    AQUARIO







    Quest’antica costellazione è legata a diversi temi mitologici con parecchie varianti. Secondo i greci rappresenterebbe DEUCALIONE, unico sopravissuto assieme alla moglie PIRRA al diluvio con cui ZEUS sterminò il genere umano. Il padre degli dei ordinò alla coppia di gettare dei massi dal monte PARNASO. Da quelli lanciati da DEUCALIONE, si originarono umani di sesso maschile, da quelli lanciati da PIRRA, umani di sesso femminile.
    Secondo un’altra versione sarebbe un giovanetto rapito da un’aquila inviata da GIOVE che lo volle sull’Olimpo come coppiere degli dei.
    Gli Egiziani nella costellazione vedevano API, il dio del Nilo, che dispensava acque da un recipiente, fonte di sorte propizia.
    Ancora i greci parlano di GANIMEDE, figlio del re di Troia, considerato bellissimo e per questo destinato dagli dei a rimanere immortale e a servire nettare divino dalla coppa dorata. Si parla anche di come ZEUS, innamoratosi del bellissimo GANIMEDE, in sembianze di aquila, lo rapisse per condurlo sull’Olimpo.






    PESCI




    I PESCI sono la dodicesima costellazione zodiacale. Anch’essa ha origini molto antiche e varie sono le leggende legate a questa costellazione. Secondo ERATOSTENE, astronomo greco, i PESCI rappresenterebbero DERKE, una divinità della Siria metà donna e metà pesce.
    Un’altra versione parla di TIFONE, un’orribile creatura generata da GEA, che spaventava gli dei. Un giorno VENERE e CUPIDO si trovavano lungo le rive dell’Eufrate quando furono assaliti da TIFONE. I due si gettarono nel fiume trasformandosi in pesci per sfuggire al mostro. Per non perdersi nella corrente legarono le loro code con una fune. Infatti la stella Alfa di questa costellazione, AL RISHA che significa la corda, negli atlanti storici viene collocata a metà del nastro che unisce i due PESCI celesti.

     
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    La mitologia dell'Ariete è legata al mito del vello d'oro e degli Argonauti. L'ariete alato, dotato di un vello d'oro anziché di lana, fu donato da Nefele, dea delle nubi, al giovane Frisso, figlio del re della Beozia Atamante, per sfuggire, insieme alla sorella Elle, alle persecuzioni della matrigna Ino. Ma durante il volo Elle si addormentò, e cadde nel mare che poi verrà chiamato in suo onore Ellesponto. Frisso non poté salvarla, e dopo essere atterrato nella lontana Colchide (una regione sul Mar Nero orientale), sacrificò a Zeus l'Ariete, per sposare la figlia del re della Colchide. In seguito Zeus volle innalzare in cielo l'ariete, dando vita alla costellazione che porta il suo nome.
    Il vello d'oro venne appeso nel recinto sacro di Ares, e venne dato in custodia al terribile drago dalle mille spire, che mai si addormentava. In seguito il vello d'oro venne recuperato da Giasone, a capo di un gruppo di uomini partiti sulla nave Argo (gli Argonauti) per la Colchide.



    Aiutato da Medea, maga e sacerdotessa, che si era innamorata di lui, Giasone riuscì a strappare il vello dal controllo del drago.
    Figlio di Esone re di Iolco (in Tessaglia), Giasone voleva riconquistare il trono che era stato usurpato al padre dallo zio Pelia. Per questo fece un patto con Pelia: Giasone avrebbe riportato in patria il vello d'oro, in cambio della restituzione del trono.


     
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    Quella del Toro è una costellazione antica e di grande importanza storica, perché il Sole all'equinozio di primavera si trovava nel Toro ai primordi della civiltà (e dunque anche dell'astronomia e dell'astrologia). Il punto vernale si trovava infatti nel Toro all'incirca dal 4.500 al 2.000 a.C. (era del Toro). Per gli antichi, la cui economia era legata all'agricoltura, che era stata da poco inventata, il ciclo delle stagioni era fondamentale, e particolare attenzione era data all'equinozio di primavera, che è il giorno a partire dal quale le giornate cominciano ad essere più lunghe delle notti, arriva la primavera, e dunque il tempo della semina e della raccolta. L'equinozio di primavera era all'epoca il giorno in cui si faceva cominciare il nuovo anno.

    Non è un caso dunque che una popolazione come quella dei Sumeri abbia visto in cielo un animale legato all'agricoltura (il bue che trascina l'aratro), e dunque simbolo di fecondità. I punti di riferimento della vita quotidiana hanno da sempre costituito il materiale di base per la religione e la mitologia, e dunque non stupisce che il toro sia anche l'animale mitologico (il "toro celeste") che compare nell'Epopea di Gilgamesh; Gilgamesh è l'eroe che combatte con il toro e che si trova in cielo nella vicina costellazione che poi i Greci chiameranno Orione.

    Prima della nascita dell'agricoltura, il toro, con la sua forza e irruenza, era visto come animale propiziatore della caccia, e in tale veste compare già nei dipinti delle grotte preistoriche di Lascaux e Altamira. Qualcuno ha visto già nei dipinti di queste grotte dei riferimenti alle stelle.

    Un dipinto della grotta di Lascaux (circa 15.000 a.C.)

    Nonostante la "ripulitura" classica subita nei secoli dai poemi omerici, residui dell'arcaico ruolo mitologico-religioso del bue si trovano anche in Omero: Era, la moglie di Zeus, viene definita "dagli occhi bovini". Ricordiamo poi la figura mitologica del Minotauro, il mostro mezzo uomo e mezzo animale, figlio di un toro divino e di Pasifae regina di Creta, che fu fatto rinchiudere da Minosse in un labirinto, e fu in seguito sconfitto da Teseo.

    Teseo e il Minotauro

    L'unione tra Pasifae e il toro ricorda probabilmente un'antica cerimonia sacra. Il toro è dunque un animale sacro, simbolo di fecondità, della rinascita della natura, e per questo spesso associato al Sole (i Cretesi rappresentavano il dio-sole come un toro), o vittima di sacrifici propiziatori.
    Lo stesso Minosse, il re di Creta, era nato dall'unione di Zeus e la principessa fenicia Europa; come ci ricorda Ovidio nelle Metamorfosi, Europa era figlia di un pastore, e Zeus per conquistarla si trasformò in un toro bianco e mansueto, e ottenuta la fiducia della fanciulla, si fece da lei cavalcare e la portò a nuoto fino a Creta.

    Anche nell'antico Egitto, come si sa, gli dei avevano sembianze zoomorfe, e in particolare ricordiamo il dio-toro Api (o Apis), adorato a Menfi. Il legame con l'agricoltura e il ciclo delle stagioni è visibile dal disco solare con cui venne spesso rappresentato.

    Il dio egiziano Api, raffigurato con un disco solare sulla testa

    Il Toro è dunque una costellazione di grande interesse, che ci parla del nostro passato, del profondo rapporto dell'uomo con gli animali, e del complesso legame che in passato intercorreva tra astronomia, astrologia, religione e mitologia.



    fonte la voce delle stelle
     
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  4. gheagabry
     
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    La mitologia greca ci ricorda che Castore e Polluce erano due fratelli inseparabili, figli di Leda, la bellissima moglie del re di Sparta Tindaro (o Tindareo), e di Zeus, che per sedurla si trasformò in un cigno (i miti legati alla trasformazione di Zeus in cigno hanno dato vita alla costellazione del Cigno). Come figli di Zeus, Castore e Polluce furono chiamati Dioscuri (i "figli di Zeus"). Essi possono essere considerati gemelli (e da ciò, naturalmente il nome della costellazione), anche se l'unione di Zeus con Leda portò alla nascita di due uova, e i due fratelli nacquero da uova diverse: da una nacquero Castore e Clitemnestra, dall'altra Polluce ed Elena. Secondo alcune versioni del mito, le due coppie avevano un diverso padre: solo Polluce ed Elena sarebbero figli di Zeus, e dunque di stirpe divina e immortali, mentre Castore e Clitemnestra sarebbero figli di Tindaro. Elena diventerà la moglie di Menelao, e sarà la causa della guerra di Troia.
    Castore e Polluce, comunque, crebbero come gemelli inseparabili; essi parteciparono alla spedizione di Giasone e degli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, mito legato alla costellazione dell'Ariete.
    Un giorno Castore e Polluce lottarono contro un'altra coppia di gemelli, Ida e Linceo, per il possesso di una mandria di buoi, o, secondo un'altra versione, per aver rubato a questi ultimi le rispettive promesse spose, le figlie di Leucippo Ilaria e Febe. Fatto sta che, nella contesa, Castore fu ucciso da Linceo, il quale fu poi ucciso da Polluce.

    Polluce era immortale, ma chiese a Zeus di poter tornare insieme al fratello, che lo accontentò, sistemandoli entrambi in cielo come costellazioni.

    Secondo una leggenda, nel 499 a.C. i Dioscuri apparvero nel Foro romano per annunciare la vittoria del Lago Regillo sui Latini. Per celebrare questo evento i Romani costruirono un tempio, di cui sono rimaste soltanto tre colonne corinzie, e una parte dell'architrave posto sopra di esse.




     
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    Un interessante e ricorrente tema mitologico presso gli antichi assiro-babilonesi era quello della lotta tra il toro e il leone. Questo tema molto antico (la prima raffigurazione di esso risale al 3.300 a.C.) ha probabilmente un'origine astronomica: infatti dal 4.500 al 2.000 avanti Cristo il Sole si trovava nel Toro all'equinozio di primavera, mentre si trovava nel Leone nel solstizio d'estate. Accadeva dunque che a mezzogiorno, quando il Leone era in alto nel cielo insieme al Sole, il Toro stava tramontando, e dunque questo evento venne simbolicamente interpretato come una lotta tra i due animali, con il leone che azzannava il toro, che soccombeva.

    Presso gli antichi Greci, invece, l'animale rappresentato dalla costellazione era il leone di Nemea, sconfitto da Ercole (Eracle) nella prima delle sue dodici fatiche. Si trattava di un terribile leone che viveva in una tana e assaltava periodicamente gli esseri umani e le greggi della zona. Era pressoché invulnerabile perché la sua pelle non poteva essere trapassata da alcuna arma. Dopo aver tentato inutilmente di ferirlo con le frecce, con la spada e poi con una clava, Ercole lo sconfisse afferrandolo per la testa e la criniera, e piegandone la resistenza. Dopo la sua morte, il leone fu posto da Zeus in cielo.

    durante l'antico regno di Babilonia, il Sole si trovava nel Leone nel sosltizio d'estate (il giorno più lungo dell'anno). L'espressione "solleone" potrebbe derivare da quei tempi, ma va detto che anche oggi il termine ha un senso, perché, se anche nel periodo del Leone il Sole è meno forte che nel periodo del solstizio, rimane il fatto che a causa dell'inerzia termica della terra e del mare, il periodo del Leone (soprattutto quello che va dalla fine di luglio all'inizio di agosto) è mediamente il più caldo dell'anno.
    In ogni caso, il legame tra questa costellazione e il Sole ha fatto sì che molti popoli la associassero alla forza, alla potenza. Il Leone è il re degli animali; la sua stella principale è associata al re.

    Va ricordato, comunque, che quello che nel calendario è indicato come il periodo del Leone si riferisce alla sistemazione tradizionale dei segni zodiacali. Il Sole attraversa oggi la costellazione del Leone dal 10 agosto al 15 settembre.

     
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  7. gheagabry
     
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    All'origine della dea-vergine vi è l'antico culto della Grande Madre, la dea che rappresenta la forza primordiale della natura.
    La costellazione della Vergine è stata associata a diverse dee, tra cui Astarte (la Grande Madre fenicia e cananea), Ištar (la dea dell'amore e della guerra nella mitologia mesopotamica), Cibele (la Grande Madre anatolica), Demetra (la Madre Terra dei Greci), Iside (la dea egizia della maternità e della fertilità), Cerere (dea romana della terra e della fertilità), ecc.

    Oltre che a Demetra, la Vergine è associata a sua figlia Persefone: rapita da Ade e costretta a passare sei mesi l'anno nell'Oltretomba, e dunque associata alla costellazione che diventa visibile in primavera. La madre Demetra ogni anno accoglieva il ritorno della figlia sulla terra, facendo rifiorire la natura.

    La connessione tra la costellazione e i raccolti, dovuta al fatto che duemila anni fa il Sole si trovava nella Vergine nel mese di settembre, è evidente dal nome della sua stella più luminosa, Spica (la spiga di grano), e la connessione con la vendemmia dalla stella Vindemiatrix.

    Al tema delle stagioni e dunque dell'ordine del tempo si connette il tema della giustizia, se già il filosofo greco Anassimandro diceva: "Principio degli esseri è l'infinito... da dove infatti gli esseri hanno origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo". In questo senso la costellazione della Vergine è associata ad Astrea, la dea, figlia di Zeus e di Temi, che all'inizio dell'età dell'oro scese tra i mortali per diffondere i principi di giustizia e bontà. Ma all'inizio dell'età del ferro, indignata per la degenerazione del genere umano, salì in cielo e divenne la costellazione della Vergine. Lo strumento della giustizia da lei portato divenne la vicina costellazione della Bilancia.

     
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  8. gheagabry
     
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    Nutrire pensieri silenziosi e lievi come stelle filanti nei limpidi cieli della notte,
    che in segreto alleviano ‘intima oppressione dei cuori.
    Perché i pensieri celesti di uno spirito puro
    valgono a diradare la nube di grigia angoscia che pesa sugli uomini.

    - Alda Gallerano -




    LE COSTELLAZIONI




    È una lunga storia quella che collega gli uomini e il cielo, punteggiata dalle risposte con cui ogni popolo, nel corso dei secoli, ha soddisfatto il bisogno di conoscere i vari perché sul Sole, la luna, le stelle e i pianeti. Sono nate diverse interpretazioni e leggende fantastiche.Furono gli antichi Greci, i primi a vedere, o almeno a credere di vedere, nel cielo delle particolari figure che a loro ricordavano i protagonisti dei loro racconti. Figli della terra e del cielo stellato... così gli antichi Romani, che rimasti affascinati dalla cultura greca la assimilarono quasi totalmente... si pensavano, fosse la loro Genesi. Esiodo, vissuto tra VIII e VII secolo a.C. raccolse tutti i racconti che si tramandavano nelle varie zone della Grecia sull'origine del cosmo e degli dei, li mise insieme e scrisse quella che poi sarebbe diventata una sorta di Bibbia degli antichi, la Teogonia.... tutto quello che si voleva sapere sulle genealogie cosmiche e divine.
    In principio era Kaos dal quale si autogenerarono Tenebra e Notte, poi Etere e Giorno e Gea (la Terra) e Urano (il Cielo stellato). Poi via via tutte le altre entità fino ad arrivare a Zeus che stabilizzerà il cosmo e il mondo intero su un piano di stabilità e armonia. La religione che noi moderni definiamo pagana, era molto più di semplici racconti fantastici e irreali... era una "religione" molto legata a ciò che circondava coloro che la avevano generata.




    Il cielo invernale è sicuramente il più bello da osservare ed è ricco di tante costellazioni. La costellazione che più risalta e tra l'altro è tra le più riconoscibili di tutte, anche a un occhio non proprio allenato, è Orione. Orione era figlio di Poseidon, dio del mare, ed Euriale figlia del re Minosse di Creta. Orione era un formidabile cacciatore ma purtroppo fu molto sfortunato in amore; infatti corteggiò senza successo le Pleiadi, le sette bellissime figlie di Atlante e Pleione ricevendo un rifiuto da parte di tutte loro. Orione firmò la sua condanna a morte quando un giorno si vantò di essere più abile di Artemide nella caccia; la dea si sentì tanto offesa da quest'affronto che quando Orione affermò di poter catturare qualsiasi bestia esistente sulla faccia della terra, la dea fece uscire da una fessura nel terreno un piccolo scorpione che con una sua puntura uccise il maestoso e potente Orione.Zeus però impietositosi per la storia dello sfortunato cacciatore decise di porlo tra le stelle per l'eternità. Questa è la versione "ufficiale" tramandataci da Eratostene....Ci sono anche altre versioni presenti in Igino, Arato e Ovidio che modificano leggermente le cause della morte ma non il fatto che fu la puntura di uno scorpione ad uccidere Orione. Germanico, nipote di Tiberio nonchè padre del futuro imperatore Caligola, grande generale delle legioni del nord e astronomo dilettante scrive: "l'infelice Orione teme ancora di essere ferito dal pungiglione velenoso dello scorpione".




    Accanto ad Orione ci sono le costellazioni del Cane Maggiore e del Cane Minore... il Cane Maggiore secondo il mito era Lelapo un cane velocissimo, tanto veloce che nessuna preda poteva sfuggirgli. Ebbe tanti padroni tra i quali Procri figlia di Eretteo re di Atene. Il cane fu regalato a Procri da Artemide che le diede pure un giavellotto capace di centrare in qualsiasi occasione la preda. Successe però che in una battuta di caccia Cefalo, marito di Procri colpì accidentalmente la moglie uccidendola. Affranto allora lasciò Atene e partì per la Beozia dove una volpe malvagia devastava i campi e i raccolti. Cefalo allora decise di aiutare la gente del posto ordinando a Lelapo di catturare la volpe. Solo che la volpe era altrettanto veloce e abile a sfuggire agli attacchi del cane. Così i due si rincorrevano senza sosta e senza possibilità che la contesa vedesse un vinto e un vincitore. Zeus allora, stanco di vedere i due animali rincorrersi in eterno, li pietrificò e pose il cane nel firmamento a compagnia di Orione. La stella principale della costellazione Sirio (il nome deriva dal greco "seiros" che significa "che fa appassire", "che inaridisce") era vista come la stella che segnava l'inizio del periodo più caldo dell'estate, i giorni canicolari appunto, dalla stella del Cane....Il Cane Minore invece è Mera che apparteneva a Icario, uomo a cui Dioniso insegnò a fare il vino. Quando però lo fece assaggiare ai suoi compagni contadini, questi si ubriacarono e pensarono che Icario li avesse drogati o che avesse fatto loro qualche incantesimo. Così lo uccisero e Mera il cane fedele di Icario corse dalla figlia di questi, Erigone, trascinandola fino al luogo del delitto. Gli dei impietositi posero i tre tra le stelle (Mera il Cane Minore, Icario è Boote e Erigone la Vergine).




    Un'altra costellazione del cielo invernale è quella dei Gemelli Castore e Polluce, figli di Zeus che si unì sottoforma di cigno a Leda, regina di Sparta. La stessa notte Leda si unì anche con Tinadro il suo legittimo consorte così nacquero quattro figli due mortali Castore e Clitennestra e due immortali Polluce ed Elena (colei che sarà rapita da Paride scatenando la guerra di Troia). Castore e Polluce crebbero stando sempre insieme, inseparabili, belli e forti. Divennero formidabili guerrieri e parteciparono a molte imprese belliche; presero parte alla spedizione degli Argonauti insieme a Giasone per recuperare il vello d'oro. Durante questa spedizione approdarono in una remota regione dell'Asia Minore dove regnava un certo Amico, figlio di Poseidon, invincibile nell'arte del pugilato. Amico imponeva a tutti i coloro che attraccavano presso la sua terra di sfidarlo in una gara pugilistica; Polluce irritato dall'arroganza di quell'uomo accettò la sfida e con un sol pugno lo stese al suolo uccidendolo. La spedizione riprese e i due ebbero modo di salvare l'intero equipaggio durante una tempesta tanto più che da allora i Dioscuri (cioè i figli di Zeus) sono invocati a protezione dai marinai. Terminata la spedizione i due si innamorarono di Febe e Ilaria due belle fanciulle che però erano già fidanzate con Ida e Linceo due argonauti. Ne scaturì una lotta che vide Castore ucciso trafitto dalla spada di Linceo. Polluce pianse amaramente il fratello e chiese a Zeus di riportarlo in vita; dato che ciò non poteva accadere Polluce decise di barattare la sua immortalità per stare per sempre con lo sfortunato fratello così Zeus li pose entrambi nel cielo abbracciati per l'eternità.



    Il Toro è una costellazione con un mito abbastanza breve nel senso che esso è l'animale nel quale Zeus si trasformò per rapire Europa figlia di Fenice, che poi diventerà la regina di Creta e che darà il nome all'intero continente. Vicino alla costellazione del Toro ci sono le Pleiadi, le sette figlie di Atlante e Pleione (un'oceanina), cioè Alcione, Celeno, Elettra, che con Zeus generò Dardano fondatore di Troia, Maia, Sterope, Taigete e Merope. Tutte e sette ebbero storie d'amore con uomini importanti tranne Merope che si unì a Sisifo un furfante dall'astuzia seconda solo a quella di Ulisse. Così per la vergogna, una volta assunte in cielo per le molestie di Orione, ella volle allontanarsi dalle sorelle. Infatti Merope è la stella più lontana e più fioca delle Pleiadi..... Secondo il mito l'Auriga è Erittonio mitico re di Atene a cui la dea Atena insegnò molte cose, tra le quali ad addomesticare i cavalli e infatti fu l'inventore della quadriga ad imitazione del carro solare di Apollo. Secondo un'altra versione invece egli era Mirtilo il cocchiere del re Enomao, figlio di Ermes (Mercurio). Egli era solito sfidare tutti pretendenti alla mano di Ippodamia, la sua bellissima figlia, ad una gara di corsa sui carri il cui scopo era arrivare per primi a Corinto. Se si vinceva il premio era la mano di Ippodamia ma se si usciva sconfitti la pena era la morte. Ora dato che i cavalli di Enomao erano invincibili tutti i pretendenti di Ippodamia fecero una brutta fine. Un giorno però si presentò Pelope, figlio di Tantalo, di cui Ippodamia si innamorò a prima vista. La ragazza allora decise di corrompere Mirtilo che segretamente amava la ragazza; il giovane cocchiere decise di aiutere Ippodamia allentando le ruote del carro di Enomao che infatti durante la corsa si schiantò provocando la morte del re. Pelope però non fidandosi del giovane lo uccise buttandolo in mare facendolo annegare. Ermes affranto dalla perdita del figlio lo pose in cielo tra le stelle.





    Le due orse secondo il mito sono Callisto (Orsa Maggiore) e suo figlio Arcas (Orsa Minore); Callisto era una collaboratrice di Artemide e per questo doveva mantenere la verginità per tutta la vita, ma Zeus invaghitosi di lei, riuscì a concubirla con l'inganno prendendo le sembianze di Artemide. Dall'unione nacque appunto Arcas, ma Callisto fu punita da Artemide e trasformata in un'orsa poichè aveva perso la verginità. Arcas crebbe bello e forte e divenne un mirabile cacciatore. Un giorno incontrò sulla sua strada un'orsa che altri non era che Callisto che vedendo il figlio avrebbe avuto voglia di abbracciarlo e stargli vicino. Arcas però vedendo quell'animale gigantesco avvicinarsi ebbe paura e stava quasi per accopparla se non fosse intervenuta Artemide che gli svelò la vera identità di quel bestione. Zeus li pose entrambi in cielo ma Era (Giunone) gelosa dell'ennesimo tradimento del marito maledisse i due e il suo anatema fece si che le due costellazioni fossero talmente vicine al polo da sembrare rincorrersi per l'eternità senza potersi mai incontrare.





    I Pesci, costellazione fioca e poco visibile, furono posti in cielo da Afrodite poichè furono proprio due pesci ad aiutare la dea che si era nascosta in un fiume per sfuggire a Tefeo, un mostro figlio di Gea che fu mandato per vendicare la sconfitta dei giganti da parte degli dei olimpici. ...Perseo secondo il mito figlio di Zeus e Danae. Il piccolo Perseo fu costretto ad abbandonare Argo perchè al nonno Acrisio re della città, fu predetto da un oracolo che il nipote sarebbe stata la causa della sua morte. Acrisio furente, e fece chiudere Danae e il figlioletto in una cassa di legno che mise su una nave lasciata alla deriva. L'imbarcazione fu fermata da un pescatore di nome Ditti, fratello del tiranno dell'isola di Serifo , Polidette che, vedendo la cassa e credendo che contenesse qualcosa di prezioso, la portò a riva. Apertala, vi trovò Danae e Perseo ancora miracolosamente vivi. Il pescatore li aiutò a riprendere le forze e li condusse al cospetto del re che, preso da pietà per i due naufraghi, offrì loro ospitalità. Passarono gli anni e Perseo cresceva forte e valoroso divenendo ben presto un giovane bellissimo e fortissimo. Danae era oggetto dei desideri del re Polidette che cercava in tutti i modi di convincerla a sposarlo; ma Danae, il cui unico pensiero era il figlio Perseo, non ricambiava il suo amore. Allora Polidette pensò di eliminare Perseo con un piano astuto dicendo di aspirare alle nozze con Ippodamia per il bene del regno e, dopo aver radunato gli amici confinanti e lo stesso Perseo, annunciò i suoi propositi di nozze e chiese a tutti un regalo; da ognuno dei presenti avrebbe gradito un cavallo. Perseo, mortificato perché non possedeva nulla di simile da donargli, affermò che se il re non avesse più insidiato sua madre Danae, gli avrebbe procurato qualunque cosa avesse chiesto. Polidette espresse il desiderio di avere come dono di nozze la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni. Per poter raggiungere Medusa, Perseo doveva assolutamente procurarsi dei sandali alati per spostarsi a gran velocità, una sacca magica per riporvi la testa recisa e l'elmo di Ade che rende invisibili. Intanto Atena gli fornì uno scudo lucido come uno specchio, raccomandando all'eroe di guardare Medusa solo di riflesso. Ermes gli regalò un falcetto di diamante affilatissimo, col quale l'eroe avrebbe decapitato il mostro. Quegli oggetti erano custoditi dalle ninfe dello Stige che abitavano in un luogo noto solo alle Graie, nate già decrepite e vecchie. Erano in tre, ma disponevano di un solo occhio e di un solo dente che usavano a turno. Allorché Perseo le raggiunse, attese il momento dello scambio di questi due vitali strumenti e li rubò entrambi. Così le Graie, prive dei loro organi, si trovarono in grande difficoltà e accettarono di rivelare all’eroe dove si trovassero le Ninfe che gli consegnarono i sandali, la sacca e l'elmo. Quindi Perseo si diresse verso il paese degli Iperborei, una popolazione che abitava nelle regioni fredde e spoglie del Nord. La foresta nella quale si incamminò per giungere presso Medusa era pietrificata e cosparsa di strane statue color piombo rappresentanti uomini e donne in diversi atteggiamenti. Perseo si accorse subito che quelle non erano statue, ma esseri che avevano avuto la sventura di guardare il volto di Medusa. Resosi invisibile grazie all'elmo di Ade, avanzò camminando all'indietro, guardando nello scudo; quando fu abbastanza vicino al mostro lo decapitò col falcetto. Dal collo mutilato della Medusa scaturirono un cavallo alato, Pegaso e un gigante, Crisaore. Perseo sollevò la pesante testa e la mise nella sacca, poi si alzò in volo con i suoi sandali alati per allontanarsi il più in fretta che poteva da quel luogo sinistro. Perseo raccolse pure il sangue che colò dalla ferita che aveva proprietà magiche: quello che era colato dalla sinistra era un veleno mortale, mentre quello colato dalla sua vena destra era un rimedio capace di curare anche ferite e malattie mortali. Mentre volteggiava sul territorio della Filistia, vide incatenata a uno scoglio una fanciulla, nuda e bellissima: Andromeda, figlia del re di Etiopia Cefeo e di Cassiopea. Era condannata a essere divorata da un mostro marino a causa della vanità della madre. Perseo si offrì di liberare la fanciulla e il luogo da quella calamità purché il re gli consentisse di sposare Andromeda. Cefeo e Cassiopea sulle prime non erano favorevoli, ma furono costretti ad acconsentire. Perseo, non fece alcuna fatica a uccidere il mostro marino che doveva divorare Andromeda, e riportò la giovane dai genitori. Tuttavia durante i festeggiamenti di nozze, Agenore, un ex pretendente alla mano di Andromeda, giunse alla reggia accompagnato da uomini armati, pronto a tutto pur di averla. Fu Cassiopea, che non gradiva Perseo come genero, a dare il segnale della battaglia. L'eroe, per difendersi, estrasse ancora la testa di Medusa trasformando in pietra i nemici inclusa Cassiopea. Il vincitore, presa per mano Andromeda, e tornò a Serifo. Nell'isola, Perseo trovò, presso un tempio la madre Danae nascosta insieme a Ditti, come in un asilo inviolabile. La causa di ciò era infatti Polidette che, non avendo nessuna intenzione di sposare Ippodamia, non aveva smesso di insidiarla. Preso allora da un'ira incontenibile e giunto alla reggia di Polidette per portargli il dono di nozze, Perseo venne deriso ed insultato da tutti, e per vendicarsi dei torti subiti, tirò fuori, ancora una volta, dalla sacca magica, la testa della Gorgone e pietrificò tutti. Perseo consegnò allora al padre adottivo Ditti il potere sull'isola di Serifo. Restituì poi i sandali, la bisaccia e l'elmo di Ade ad Ermes che li restituì alle Ninfe. Poi Perseo, insieme alla moglie Andromeda e alla madre Danae ritornò ad Argo, volendo rivedere suo nonno Acrisio. Ma questi, venendo a sapere le intenzioni dell'eroe e temendo sempre l'oracolo che gli aveva predetto la morte per mano di un figlio di Danae, partì per Larissa, nel paese dei Pelasgi, all'altra estremità della Grecia. Perseo, raggiuntolo, lo rassicurò e riuscì a farlo tornare ad Argo. Ma a Larissa il re Teutamide diede dei giochi in onore di suo padre, e Perseo vi giunse come competitore. Al momento di lanciare il disco, s'innalzò un vento violento, cosicchè il disco lanciato da Perseo, colpì Acrisio alla testa e lo uccise. Cosicché il verdetto dell'oracolo si compì. Divenuto signore di Argo, non se la sentì di regnare su quella terra quindi fondò Micene, facendo costruire ai Ciclopi delle mura inviolabili. Alla morte di Perseo, la dea Atena, per onorare la sua gloria, lo trasformò in una costellazione cui pose affianco la sua amata Andromeda e la madre Cassiopea la cui vanità aveva fatto si che i due giovani si incontrassero.
    Vincenzo di Siena





    La luce è un punto preciso che vola all’ombra delle illusioni.
    Dagli azzurri abissi si nasconde.
    Viaggia per i mari d’oriente.
    Sovrana del cielo ..lei tutto incanta…
    Vado incontro all’angelo del Sogno,
    dalle maestose ali fatte di nuvole ..al profumo di helios.
    Sublimi costellazioni a forma di farfalla
    s’innalzano, verso gli occhi della primavera.
    Bagneranno di luci cosmiche anche la valle.
    Sarà una gioiosa rinascita!
    E come sarà bello camminare nella Luce!

    - Floriana Porta -






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    Si dice che quando una persona guarda le stelle
    è come se volesse ritrovare la propria dimensione
    dispersa nell’universo.
    (Salvador Dalí)


    LA COSTELLAZIONE DI ORIONE



    Orione o il Cacciatore è costellazione, tra le più conosciute del cielo, grazie alla sua posizione vicino all'equatore celeste, che la rende visibile dalla maggior parte del pianeta.
    La costellazione ha circa 130 stelle visibili a occhio nudo ed è identificabile dall'allineamento di tre stelle che formano la Cintura di Orione, incorniciate da un rettangolo di quattro stelle più luminose; le tre stelle della Cintura sono chiamate in diversi modi a seconda della tradizione: i Tre Re, i Re Magi (secondo una tradizione contadina dell’Italia centro-settentrionale), il rastrello, i tre mercanti, i bastoni. La sagoma dell'eroe è invece delineata da nove stelle.
    Orione si trova accanto al fiume Eridano, con i suoi due cani da caccia Cane Maggiore e Cane Minore, il Toro.
    La parte nordorientale di Orione confina col Toro e mostra un arco di stelle, che secondo la tradizione rappresenta lo scudo del gigante noto come Scudo di Orione. Anche un'altra sua preda, la Lepre, si trova vicino. Orione non è una costellazione molto grande, occupa solo il ventiseiesimo posto in quanto a dimensioni (è più piccola, per esempio, di Perseo), ma la brillantezza delle sue stelle dà l'impressione che sia molto più grande.

    Orione è una delle poche costellazioni in cui la stella Alfa non è la più brillante. La stella più brillante è Beta, una supergigante brillante blu-bianca, chiamata Rigel dall'arabo rijl che significa «piede», dato che Tolomeo la descrisse come quella che segnava il punto del piede sinistro di Orione.
    Alfa si chiama Betelgeuse, uno dei nomi di stelle più famoso ma frainteso. E' una stella rossa supergigante, il cui diametro supera di parecchie centinaia di volte quello del Sole. La parola al-jauza apparentemente viene dall'arabo jwz che significa «mezzo». Il riferimento al «mezzo» può avere a che fare con il fatto che la costellazione si trovi a cavallo dell'equatore celeste. Significa «mano di al-jauza» che è il nome che gli Arabi diedero alla figura della costellazione che essi vedevano in questa zona, probabilmente una figura femminile che includeva le stelle sia di Orione che dei Gemelli. Da come la descrisse Tolomeo nel suo Almagesto, Betelgeuse rappresenta la spalla destra di Orione. I Greci non diedero un nome né a Rigel né a Betelgeuse, cosa che sorprende data la brillantezza delle due stelle.
    La spalla sinistra di Orione è segnata da Gamma di Orione, nota come Bellatrix, un nome latino che significa «la guerriera». La stella che segna il ginocchio destro del cacciatore, Kappa di Orione, si chiama Saiph. Questo nome viene dall'arabo «spada» e chiaramente è attribuito erroneamente. Le tre stelle che formano la cintura - Zeta, Epsilon e Delta di Orione - si chiamano Alnitak, Alnilam e Mintaka. Sia Alnitak che Mintaka vengono dalla parola araba che significa «cintura» o «guaina». Alnilam viene sempre dall'arabo e significa il «filo di perle».
    La grande Nebulosa di Orione costituisce la parte centrale della spada del gigante, che si snoda verticalmente a partire dalla cintura. Si tratta di una gigantesca nebulosa ad emissione, costituita da gas e da polveri visibili ad occhio nudo per la sua estensione. E' illuminata dal sistema di stelle chiamato il Trapezio che la illumina. Le sue dimensioni reali appaiono essere più di ventimila volte le dimensioni del Sistema Solare.

    ..storia, miti e leggende..


    La costellazione di Orione è il modello di stelle che si ripete più volte in monumenti in tutto il mondo antico, dall’Egitto al Messico.
    Secondo la mitologia egizia, gli dei scesero dalla cintura di Orione e da Sirio, le stelle più luminose del cielo. L’antica civiltà egizia credeva fermamente che da Sirio e Orione siano arrivati sotto forma di esseri umani Osiride e Iside, coloro che hanno iniziato la razza umana. Ci sono prove in diversi scritti che Orione è collegato con la creazione. Gli egiziani credevano che Osiride un giorno sarebbe tornato da Orione. Le tre piramidi di Giza sono posizionate secondo un allineamento speciale che evoca la Cintura di Orione. A 500 miglia a sud del Cairo, vi è il sito archeologico noto come Nabta Playa; le pietre sparse una volta erano parte di un vasto centro rituale di un’antica civiltà che ha prosperato tra il 6400 e 3400 a.C., poco prima della nascita della cività egiziana. Una delle aree più importanti è un cerchio di pietre, chiamato la “mini Stonehenge del deserto”. I costruttori di Nabta Playa sembrano essere stati a conoscenza di un livello di fisica e comprensione della matematica che ha permesso loro di costruire queste strutture in relazione alla costellazione di Orione.
    A soli 35 km a nord est di Città del Messico si trovano le rovine di Teotihuacan, un’antica città maya. I ricercatori ritengono che le strutture imponenti tra cui due grandi piramidi e un templio, furono costruite nel II secolo a.C. e come le piramidi egiziane di Giza, i monumenti puntano direttamente alle tre stelle della cintura di Orione. La storia racconta che nel 3114 a.C., gli dei scesero dal cielo alla Terra per un incontro, e questo incontro fu a Teotihuacan. La costruzione di Teotihuacan, secondo la leggenda, è attribuita ai giganti Quinametzin (náhuatl), una razza di giganti che popolavano il mondo durante l’epoca precedente. I Quinametzin furono creati durante l’era del “Sole di pioggia” e il loro sovrano fu Tlaloc.
    Un altro sito che ha un collegamento diretto con la costellazione di Orione si trova nel nord-est Arizona. Qui la tribù di nativi americani Hopi, ha chiamato queste cime dell’altopiano del Colorado, casa per più di 1.000 anni.
    Gli Hopi migrarono in tutto il sud-ovest, dopo aver abbandonato vari villaggi, giunsero alle tre mesa primarie nel Nord dell’Arizona. Questi villaggi Hopi formano l’immagine della Cintura di Orione e si dice che gli Hopi si siano insediati in questi luoghi per la forma; gli Hopi erano estremamente interessati a Cintura di Orione che per loro era il centro dell’universo e dicono che è un luogo dove si può entrare in contatto con gli dei.
    Anche gli astronomi cinesi più antichi conoscevano bene la costellazione con il nome di Shen, grande cacciatore o guerriero, interpretandola quasi esattamente allo stesso modo dei popoli europei.

    Prende il nome dal semidio greco Orion nel VIII secolo A.C., se si collegano le stelle, formano la testa, le spalle, cintura e piedi di un uomo e secondo la mitologia greca, Orione era un gigante nato con abilità sovrumane, un potente cacciatore che uccideva le prede con una mazza di bronzo infrangibile.
    Manilio la chiama «dorato Orione» e «la più potente delle costellazioni», ed esaspera la sua brillantezza dicendo che, quando Orione si leva, «la notte simula la luminosità del giorno e ripiega le sue ali scure». Descrive Orione «che allunga le braccia su una vasta estensione di cielo e che si solleva verso le stelle con un passo altrettanto imponente».
    Orione è anche una delle costellazioni più antiche, essendo nota ai primi scrittori greci, quali Omero ed Esiodo.


    La tendenza insita nell'uomo di razionalizzare e dare un senso a tutto ciò che lo circonda, spinse i nostri antenati a “collegare” in costellazioni le migliaia di luci che rischiarano il paesaggio celeste notturno. Spesso non c'è nessuna rassomiglianza tra le costellazioni e le figure di cui portano il nome ma queste sagome sono simboliche allegorie, sono le personificazioni di dei, di animali sacri, di racconti ed in ultima analisi, dei sogni degli uomini. Una delle più grandi e splendenti costellazioni del cielo è la costellazione di Orione, la cui parte ben visibile è costituita da un grande quadrilatero che comprende due stelle di prima grandezza, Betelgeuse (una supergigante rossa con un diametro che varia tra le 300 e le 400 volte il diametro del Sole ed una distanza da noi di 310 anni luce) e Rigel (una supergigante bianco-azzurra distante da noi 910 anni luce e con una luminosità pari a 57.000 volte quella del Sole), e da tre stelle allineate, da sinistra, Alnitak, Alnilam e Mintaka, rispettivamente z(zeta), e (epsilon), d (delta) Orionis.
    È utile ricordare che l'unità di misura astronomica “anno luce” è la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno. La luce si muove con un velocità di 299.792,458 chilometri al secondo, per cui un anno luce equivale a 9,461 milioni di milioni di chilometri. Tutte le figure che rappresentano la costellazione di Orione, presentano un uomo che ha sul braccio sinistro un vello di copertura, o uno scudo, formato dall'arco delle stelle contrassegnate con la lettera p (pi greco), poste tra il quadrilatero e la stella Aldebaran del Toro, mentre con la mano destra brandisce una clava, formata dal gruppo di stelle che si inserisce a nord, tra i Gemelli e il Toro e che termina con le c (chi) 1 e 2. Anche altri popoli videro la forma di un gigante, gli arabi lo chiamarono infatti AL-GIAUZA e da loro provengono, dopo un lungo percorso, i nomi di diverse stelle. BETELGEUSE, a (alfa) Orionis per esempio, era (tradotto dall'Almagesto) Menkib-al-giauza, cioè la spalla del guerriero, poiché essa era posta su una spalla. Nei trattati latini invece fu introdotta con il nome di Mancamalganze o Malgeuze. Però gli arabi la chiamarono anche Yadal-giauza, cioè la mano del gigante, ed una traduzione del 1200 sbagliò l'iniziale interpretando la “Y“ come “B”, così divenne Bedalgeuze. Scaligero la cambiò in Betelgeuse. In India questa stella marcava la 6ª stazione lunare, Andra, l'umido, in relazione al fatto che il suo sorgere era l'inizio della stagione delle piogge. La d (delta) Orionis è MINTAKA, la cintura, z (zeta) Orionis è ALNITAK, che avrebbe lo stesso significato; b (beta) Orionis è RIGEL, da Rijil al jauzeh, la gamba o il piede. In Norvegia rappresentava l'alluce del gigante Orwandil, mentre l'altro, che si era congelato, fu staccato dal dio Thor e gettato fra le stelle a nord, dove divenne la stellina Alcor, compagna di Mizar nella coda dell'Orsa maggiore. La i (iota) Orionis è chiamata Nair-al Saif, la brillante della spada. Di tutt'altra origine è BELLATRIX, g (gamma) Orionis, che significa la guerriera o forse l'amazzone, mentre ALNILAM, e (epsilon) Orionis, dovrebbe significare la cintura di perle.
    Lo splendido gruppo di stelle che costituisce la Costella-
    zione di Orione è situata accanto alla Via Lattea, si estende da tutti e due i lati dell'equatore celeste e per questo è visibile in ogni parte del globo ed è così simile ad una figura umana che in ogni tempo e da ogni popolo è stato sempre identificato con una divinità, un eroe o un guerriero.
    Dal 425 avanti Cristo (a.C.), i Greci hanno scelto di identificarvici Orione, l'uomo più grande e bello del mondo, figlio di Euriale, la figlia di Minosse, re di Creta e di Poseidone, il dio del mare, dal quale ottenne il dono di poter camminare sulle acque, e raffigurato in cielo mentre, armato con una clava e rivestito con una pelle di leone, affronta un toro, rappresentato nella confinante costellazione, sebbene di questo combattimento non si fa parola nella loro mitologia.
    La nascita di questo asterismo è infatti molto più antica, risale ai Sumeri che l'associavano al grande eroe Gilgamesh, e chiamavano la costellazione URU.AN.NA (luce del cielo) e quella del toro GUD. AN.NA (toro del cielo). Sappiamo con certezza che Gilgamesh fu un giovane re di Uruk, appartenente alla prima dinastia (circa 2600 a.C.). La sua opera più famosa fu la costruzione delle mura di Uruk, come è menzionato nel poema “l'Epopea di Gilgamesh” e confermato da un successivo re della città, Anam, il quale, parlando della ricostruzione delle mura, le definisce “un'antica opera di Gilgamesh”. Il poema, formato da 12 tavolette di argilla trovate durante il secolo scorso a Ninive, tra le rovine del tempio di Nabu e della biblioteca di Assurbanipal, si apre con una breve dichiarazione sulle imprese e sulle fortune dell'eroe, un prologo che presenta Gilgamesh come un grande saggio e sapiente, come colui che fece un lungo viaggio alla ricerca dell'immortalità e che, esausto e rassegnato, tornò a casa e scrisse su una tavoletta tutto ciò che aveva fatto e sofferto. A questa presentazione fa seguito la storia vera e propria. Nella Tavoletta V, Gilgamesh ed il suo amico Enkidu uccidono un terribile gigante, Humbaba, quindi tornati a Uruk si lavano e indossano abiti puliti e una fusciacca. La bellezza di Gilgamesh colpisce la dea Ishtar, l'impetuosa e aggressiva dea babilonese della fecondità e dell'amore, nonché protettrice delle meretrici e dei luoghi dove si beveva birra:

    «... E la principessa Ishtar sollevò gli occhi alla bellezza di Gilgamesh
    Vieni da me, Gilgamesh, e sii il mio amante!
    Concedimi il dono del tuo seme!
    Sarai mio marito, ed io sarò tua moglie
    Preparerò per te un cocchio di lapislazzuli e oro
    Con ruote d'oro e corna di pietra “elmesu”
    Avrai come muli da tiro demoni “umu”!
    Entra nella nostra casa dal profumo di pino!
    Quando entrerai nella nostra casa
    La soglia meravigliosamente lavorata ti bacerà i piedi!...»



    Ma Gilgamesh non è tentato dalla dea ed elenca, con disarmante franchezza, le sventure che hanno colpito i suoi precedenti amanti, trattati dalla dea con estrema crudeltà, uccisi o torturati oppure trasformati in rane o in lupi.
    Ishtar, non abituata a sentir parlare con tanta sincerità, salì nell'alto dei cieli e chiese al padre Anu (il dio del cielo) il Toro del Cielo per distruggere Gilgamesh. Anu tentò di placarla, ma Ishtar si infuriò tanto da minacciare di rompere i cancelli dell'oltretomba e di lasciare liberi i morti.
    Le sue terribili minacce ebbero effetto sul padre, ed essa rientrò a Uruk tenendo in mano le redini del Toro del Cielo. Questo Toro era, per i popoli mesopotamici, il Toro del Paradiso. Davanti al fiume, il Toro sbuffò e nella terra si aprì un crepaccio in cui precipitarono centinaia di giovani guerrieri di Uruk. Sbuffò di nuovo e si aprì un altro crepaccio in cui caddero altri guerrieri. Quando sbuffò per la terza volta, un ulteriore crepaccio si aprì ed anche Enkidu vi cadde dentro. Prontamente balzò fuori, afferrò la coda del Toro per distrarlo, permettendo a Gilgamesh di affondare la sua spada nell'enorme collo del Toro. Quindi Enkidu squartò il toro e ne gettò i pezzi in cielo, contro Ishtar. Tale smembramento forse spiega come tutte le mappe stellari, anche le più antiche, rappresentano la costellazione del Toro solo con la parte anteriore dell'animale. [..]
    Inizialmente collegata con l'antica leggenda di Ares o Marte, la costellazione fu denominata, come già detto, Orione dai Greci, le cui radici del nome sono spiegate da Pindaro con Oarion, che significa guerriero. Il semidio è citato da Omero come un bellissimo cacciatore che osò offendere Artemide, la dea della caccia, affermando di esserle di molto superiore e di essere in grado di uccidere con facilità ogni genere di animale della terra. La dea, indignata, generò uno scorpione che lo punse a morte.
    In un'altra storia, che ci perviene da Arato, Orione avrebbe tentato di rapire Artemide, la quale causò una spaccatura del terreno dalla quale uscì lo scorpione. Ovidio invece ci dice che Orione venne ucciso nel tentativo di salvare Latona dallo scorpione... La costellazione dello Scorpione è situata in una zona molto ricca della Via Lattea ed è una delle poche che effettivamente assomiglia alla figura che si suppone rappresenti. Il cuore è costituito da Antares, una supergigante rossa 300 volte più grande del Sole e distante 330 anni luce. Il nome significa rivale di Marte per il suo colore rosso vivo.
    Sia Orione che lo Scorpione furono poi portati in cielo ma collocati in zone opposte affinché il pungiglione dell'animale non potesse più insidiare il grande cacciatore. Infatti, quando le stelle dello Scorpione sorgono a est, Orione, sconfitto, tramonta ad ovest. La morte di Orione lasciò soli e disperati i suoi fedeli cani, Sirio e Procione, che ulularono per giorni e giorni fino a che Zeus non li trasformò in due costellazioni, rispettivamente il Cane maggiore e il Cane minore. [..]
    In cielo Orione è rappresentato come inseguitore e persecutore delle Pleiadi, le sette ninfe figlie di Atlante e di Pleione, e per questo viene associato ad un altro mito: una notte, ubriaco, sull'isola di Chio, cercò di usare violenza a Merope, una di loro. Le sette sorelle furono mutate in colombe per poi volare in cielo, formando l'ammasso che porta il loro nome.
    Il gesto di Orione suscitò l'ira di Enopione, o Oenopion, re di Chio, che lo fece accecare e bandire dall'isola. Costretto così ad allontanarsi, si diresse verso l'isola di Lemno, dove Efesto, impietosito dalla sua cecità, lo affidò alla guida di Cedalione, il quale lo condusse verso est e dove, arrampicatosi su un monte dell'isola di Lemno, si volse verso il sole nascente: la dea dell'alba Eos gli restituì la vista.

    Le leggende degli aborigeni australiani sono sorprenden-
    temente simili. La maggior parte identifica le Pleiadi con un gruppo di giovani donne che fuggivano dagli indesiderati approcci di un cacciatore, il quale, in alcune versioni, fu castrato come punizione e avvertimento. [..] Anche se in modo diverso, anche per gli indiani Pawnee questi gruppi di stelle sono collegate tra loro: la costellazione di Orione rappresenta il grande capo Lunga Fascia, il quale dopo aver consultato il proprio popolo presso le due stelle più brillanti dei Gemelli (Castore e Polluce), lo condusse di vittoria in vittoria lungo la Via Lattea. Ora il suo corpo riposa nelle Pleiadi ed il suo cuore nel Presepe, M 44, il grande ammasso aperto formato da circa 75 stelle distanti da noi 520 anni luce, che si trova nella costellazione del Cancro.[..]
    Sia Orione che le Pleiadi sono due delle configurazioni più antiche, forse create insieme, anche perché furono utili agli agricoltori e ai naviganti. Orione venne chiamato da Virgilio, Plinio e Orazio il tempestoso ovvero l'annunciatore di pericoli in mare, forse perché appare durante l'inverno.

    La costellazione di Orione fu oggetto di molte attenzioni anche da parte degli Egizi, per i quali questo gruppo di stelle rappresentava Osiride, la principale divinità maschile che aveva dato origine alla civiltà nella terra del Nilo, mentre Iside era ritratta dalla brillante Sirio. Anche il dio solare Horus è immortalato in Orione, posto sulla barca sacra (la costellazione della Lepre), circondato da stelle e seguito da Sirio in forma di vacca, anch'essa su una barca. Secondo recenti studi, le piramidi della IV dinastia della piana di Giza, hanno, rispetto al fiume Nilo, la medesima posizione delle stelle della costellazione rispetto alla Via Lattea. Inoltre un condotto d'aria della Grande Piramide sembra essere allineato con le stelle della cintura di Orione.

    Alcune popolazioni hanno considerato una costellazione a sé, ciò che noi definiamo “la cintura di Orione”, come gli indiani Chinook che vedevano nelle tre stelle allineate una canoa o i popoli precolombiani che vi scorgevano una coppia di Mamalhuaztli, i bastoncini utilizzati per accendere il fuoco, o come la più antica popolazione del Nordeuropa, il popolo dei Lapponi, per i quali le tre stelle sono tre cacciatori (i figli di Galla) che inseguono una grande renna, rappresentata dall'insieme di molte costellazioni: Cassiopea, Perseo e Auriga. Sempre a cacciatori pensavano gli Inuit (gli eschimesi) che vedevano in queste tre stelle tre Siktut, i cacciatori di foche, che, dispersi durante una caccia furono trasferiti insieme nel cielo. Mentre alcune tribù aborigene dell'Australia chiamano la cintura “i giovanotti danzanti”, intenti a ballare la danza Corroboree per attirare l'attenzione delle ragazze, rappresentate dalle Pleiadi. In India è narrata una storia più completa: la costellazione di Orione è il Signore delle Creature, il dio Praiapati, nella sua metamorfosi come cervo Mriga che insegue, insanamente innamorato, la propria figlia, la bellissima Roe Rohini (la stella Aldebaran) salvata dal cacciatore celeste Lubdhka (la stella Sirio) che scaglia con il suo arco, una freccia che uccide Mriga. La freccia è ancora piantata nel corpo del cervo ed è rappresentata dalle tre stelle della cintura.[..]

    Osservando il cielo, riapriamo ogni volta un libro di figure scritto dalla fantasia di uomini vissuti migliaia di anni fa, libro completato dagli astronomi moderni che all'elenco di dei e di eroi, hanno aggiunto soggetti ugualmente affascinanti, cui hanno dato i nomi di: giganti rosse, nane bianche, pulsar, quasar, buchi neri. Ora sta in noi uscire all'aperto per osservare con i nostri occhi le meraviglie che vi sono descritte.
    (Annalisa Ronchi, http://planet.racine.ra.it)
     
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