FRIULI VENEZIA GIULIA ... 1^ Parte

..TARVISIO..UDINE..TRIESTE..

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. tomiva57
     
    .

    User deleted




    gemona5

    GEMONA DEL FRIULI


    Gemona del Friuli è menzionata per la prima volta da Paolo Diacono nell’Historia Langobardorum, per essere uno dei castelli, che nel 611 erano ritenuti, dai Longobardi, inespugnabili dagli Avari invasori.
    I ritrovamenti archeologici documentano però che le sue origini sono molto antiche: il primitivo insediamento si sviluppo lungo il tracciato viario pre‑romano, attorno al colle del castello.

    palazzo-del-municipio-di-gemona-del-friuli_7640190

    Fu libera comunità con propri statuti già dalla seconda metà del XII secolo e sotto il Patriarcato aquileiese, nei secoli XIII e XIV, per la sua posizione strategica, prosperò come centro di servizi ai traffici commerciali, tra le regioni italiane e l’Europa danubiana e grazie al privilegio del Niederlech (=scaricamento). Tale concessione faceva obbligo ai mercanti di scaricare le merci in appositi luoghi, di pernottare e, all’indomani, dopo il pagamento di un dazio e la marcatura delle merci, di riprendere il viaggio. Lo sviluppo delle attività legate ai traffici internazionali (dall’artigianato all’ospitalità, dai servizi finanziari a quelli logistici) fece prosperare notevolmente l’economia cittadina e Gemona divenne una delle comunità più rilevanti del ducato friulano: un centro urbano ricco di fermenti artistici e culturali, abbellito da chiese, palazzi e case signorili, difeso da una grande cinta murata da cui svettava l’antico castello.
    Nel corso della sua storia Gemona subì numerosi attacchi e assedi (celebre quello del duca di Carinzia nel 1261) e si trovò più volte coinvolta in azioni belliche, soprattutto contro la cittadina rivale di Venzone. L’età d’oro di Gemona si concluse ben presto: già nel XV secolo, dopo la sottomissione della Patria del Friuli alla Serenissima (1420), ci fu una diminuzione dei traffici, determinando quella decadenza che si sarebbe tramutata in vera e propria crisi economica nei secoli successivi.

    gemona4

    L’economia gemonese ha ripreso forza a cominciare dal secondo dopoguerra, grazie alla creazione di importanti realtà industriali, commerciali e di servizio.
    Divenuta tristemente nota in tutto il mondo come la capitale del terremoto del 1976, Gemona è ora il simbolo della rinascita del Friuli: la città si presenta oggi completamente rinnovata nel suo aspetto architettonico, singolare intreccio di linguaggi innovativi e di riproposizioni legate alla tradizione.
    Negli ultimi anni la cittadina sta crescendo anche turisticamente grazie alle peculiarità storico-artistiche e naturalistiche che offre ed ai numerosi eventi e manifestazioni che vi vengono annualmente organizzati.


    gemona

    Andiamo con ordine iniziando naturalmente dal Duomo. Ad accoglierci all’entrata del sagrato due telamoni, anziani barbuti guardiani dell’entrata. Coevi al Duomo, solo nel 1651 sono stati collocati all’esterno. Per i gemonesi sono “persone” di famiglia, ribattezzati tra il serio e il faceto “Pense” e “Maravèe”, cioè “pensa” e “meraviglia”.
    La chiesa attuale è stata costruita nel 1290, ristrutturando un altro edificio più antico, risalente almeno all’VIII sec., sicuramente testimoniato almeno cent’anni prima. La facciata, splendido esempio di fusione tra il romanico e il gotico, ha subito un importante rimaneggiamento tra il 1820-29 ed è per questo che oggi presenta delle caratteristiche neoclassiche che ne hanno armonizzato l’insieme distorcendo in parte le intenzioni del suo originario autore, maestro Giovanni.
    Gli elementi scultorei a sinistra del portale sono composti da un Cristo benedicente privo di una mano, l’arcangelo Michele mentre pesa l’anima di un defunto (aggrappato il diavolo con forma di rana e testa umana), al di sopra la Madonna in trono fra due santi e ancora al di sopra la crocifissione.

    1_l.20091209221925

    Il portale decorato con elementi vegetali presenta due statue, a sinistra san Pietro con la chiave e a destra san Paolo con la spada. Il timpano raffigura una Deesis, o Supplica, con al centro Cristo in trono affiancato dalla Vergine e da San Giovanni, dietro i simboli della passione: la croce, i chiodi, la spugna sull’asta, la lancia. In basso sei figure a mezzo busto che probabilmente rappresentano l’umanità che attraverso il santo e la Vergine stanno appunto rivolgendo una supplica al Cristo. Le forme piuttosto grezze fanno pensare ad un’opera giovanile di maestro Giovanni.
    Sopra il portale l’agnello di Dio sormontato da una croce, tra i più antichi simboli cristiani. Sul lato destro non passa certo inosservata l’enorme statua (sette metri) di San Cristoforo, protettore dei viandanti che nel Trecento a Gemona, portati dai traffici commerciali, erano molti.
    Alzando ora un po’ gli occhi osserviamo la galleria composta da nove statue raffiguranti l’epifania; la Madonna col bambino e la mela del peccato al centro, a sinistra i re Magi con i doni e un palafreniere (scudiero) con tre cavalli, a destra san Giuseppe e i re Magi dormienti con un angelo che annuncia loro in sogno la nascita di Cristo.
    A coronamento di tutto, il magnifico rosone centrale eseguito tra il 1334 e 36 da maestro Buceta. La consacrazione avverrà l’anno dopo, il 1337, nel giorno di pentecoste. Ulteriori rimaneggiamenti e ristrutturazioni avverranno più volte nel corso dei secoli.

    53988-600x800

    Due parole si spendono volentieri anche per il campanile. Quasi alla base si intravede una linea di mattoni sottili che zigzaga qua e là lungo le mura. Questo margine sta ad indicare che al di sopra tutto era stato distrutto dal terremoto, mentre al di sotto rimangono le murature originali. Ricostruito fedelmente, anzi rinato dalle sue stesse pietre, oggi svetta impassibile, quasi nulla fosse cambiato dal 1341, anno di fondazione. Qualcuno potrebbe forse gridare al falso, ma se le vesti sono in cemento armato (così come quasi tutti gli altri edifici) l’anima è medievale: ha solo cambiato d’abito.
    Dopo aver stringatamente descritto la facciata, sarà il caso di entrare. Anche all’interno dominano gli archi ogivali tipici dell’architettura gotica; le colonne in marmo rosa di Sant’Agnese (la sella che divide Gemona da Venzone) sono storte. Non è uno sbaglio di maestro Giovanni, ma opera del terremoto del 1976. A ricordo della tragedia sono state lasciate così, ma non c’è da preoccuparsi, non crolleranno. Infatti non reggono più il peso delle volte: sono state forate e rinforzate con dei tubi di acciaio che ne sostituiscono la funzione statica.

    IL TERRITORIO

    Se si pensa alla terra di Gemona due sono gli elementi comuni al variegato ambiente: la pietra calcarea e l’acqua.
    Il sottosuolo, i monti, i colli, la pianura sono tutti composti dalla stessa materia: roccia dura e spigolosa come era la vita qui fino a pochi anni or sono. L’acqua poi, data l’alta piovosità, sgorga da molte fonti montane, scorre lungo conosciuti torrenti e giunge infine al grande Tagliamento che la restituisce alla pianura dalle numerose risorgive. Due elementi fondamentali per costruire e per vivere, ma anche due ostacoli: la pietra non si coltiva e troppa pioggia rovina i raccolti e fa esondare i fiumi.

    Questa era la realtà fino agli inizi del novecento.
    Al giorno d’oggi quelle che un tempo erano difficoltà sono diventate occasioni di sviluppo turistico.

    9075679600_436ae2d4f6


    Il monte Cuarnan, ad esempio, prima montagna provenendo dalla pianura è visitabile tutto l’anno. Non essendo molto alta d’inverno il clima non è troppo rigido mentre d’estate ci si può rinfrescare nei folti boschi di latifoglie. I percorsi segnalati sono parecchi e vari. Adiacente al Duomo troviamo pure una ben attrezzata palestra di roccia nata nei pressi di un antico insediamento, si possono infatti intravvedere delle buche di palo scavate nella pietra e una fossa che potrebbe anche essere una tomba.
    Un bel sentiero che inizia appena terminata la galleria paramassi ci può far scoprire un altro pezzo della storia di Gemona. È chiamato “Troi dai cincent”, sembra dal salario percepito dagli operai per realizzarlo o restaurarlo. A tratti fuoriescono dal terreno dei vecchi tubi che testimoniano l’esistenza di un acquedotto, molto più antico di quanto ritenuto dai gemonesi.

    Se al primo tornante, dopo una ripida salita, proseguiamo sulla destra, dopo alcune centinaia di metri incontreremo due casupole di pietra: una diroccata, l’altra integra dalla quale sgorga ancora l’acqua; un centinaio di metri più in alto né sopravvivono altre due. Quelle che vediamo sono state rifatte attorno al 1830, ma le fonti danno acqua ininterrottamente dalla loro nascita: la fine del Trecento. Infatti è stato questo per secoli l’unico acquedotto di Gemona che portava l’acqua all’ospedale e alla fontana di piazza del municipio. Rovinato una prima volta dalle truppe napoleoniche che incendiarono alcuni tratti delle tubature di pino fu ristrutturato, come gia detto, attorno al 1830, rovinato quasi definitivamente dal sisma del 1976 e ora quasi dimenticato.

    GLEMINE_spigolo_tiro3c

    Se al tornante anziché girare a destra avessimo continuato lungo il “troi dai cincent” saremmo arrivati a una biforcazione: a destra per la cima, a sinistra per il Glemine e la Siere. Quest’ultima va menzionata perché vi nasce il rio “Glemineit” a causa del quale e stata costruita la galleria stradale fuori porta Udine (oltre che per le frequenti frane). Questo torrente sgorga raramente, solo in caso di forti piogge, si pensa che sia un sifone, anche se nessuno ha studiato molto il fenomeno. Qualunque sentiero prendessimo potremmo comunque raggiungere la vetta, incontrando di tanto in tanto dei crocifissi di legno, pietra, ferro, segno della devozione e dell’affidamento alla misericordia per poter vivere in queste aspre terre.



    Edited by tomiva57 - 7/9/2014, 11:21
     
    Top
    .
19 replies since 26/7/2010, 11:19   9255 views
  Share  
.