GIRAFFE, ANTILOPI, ELEFANTI....

..ANIMALI DELLA SAVANA

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    Tanzania Safari e Zanzibar

    Africa, terra di mille contraddizioni, terra arida e ricca di foreste, dove uomo e natura si scontrano ogni giorno e ogni giorno convivono, dipendenti l’uno dall’altra. Africa terra bagnata da mari di un azzurro cobalto, dalla terra rossa come il vino, dove la linea dell’orizzonte si fonde con quella del cielo. Africa terra difficile da capire, come la sua gente, terra che ami o che odi, ma che non ti lascia indifferente. L’Africa segna profondamente un viaggiatore, gli entra dentro, lo conquista poco a poco, magari non subito, ma forgia l’animo ed entra nei sogni.

    INIZIAMO CON LE.
    GIRAFFE
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    Caratteristiche generali
    La giraffa è una specie animale inoffensiva che vive nella boscaglia della savana in gruppi di una ventina di individui, anche se non sono frequenti gruppetti di poche unità. Si nutre di foglie che strappa dai rami degli alberi. Le giraffe sono i più alti mammiferi viventi, i maschi possono misurare fino a 5,5 metri e le femmine 4,5 metri e possono pesare anche una tonnellata e per facilità dormono in piedi. Nella corsa possono raggingere i 55 km orari.



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    16.20 - 04 giugno
    Bacio ad «alta quota», tra mamma giraffa e la piccola Kimmie
    Momento di tenerezza catturato al Woburn Safari Park di Bedfordshire in Inghilterra

    di Angelo Sarasi 00Commenti


    Assistere a un bacio tra animali della savana è evento rarissimo, soprattutto se si tratta di giraffe, il mammifero più alto tra le specie viventi sulla Terra. Ebbene, ecco la piccola Kimmie che si mostra quasi imbarazzata per essere stata colta mentre la madre, che ha 14 anni e si chiama Freya, le dà un buffetto che assomiglia proprio a un bacio sul volto.
    E la parola «volto» sembra proprio la più appropriata, visto che quello della giraffa adulta verso Kimmie ha tutta la dolcezza di un gesto umano. Il momento di intimità è stato catturato al Woburn Safari Park di Bedfordshire, in Inghilterra.
    La piccola, che ha soltanto tre mesi, sembra quasi sorpresa dal comportamento tenero della madre, tanto che quasi ritrae il collo (che presto le si allungherà sino a raggiungere anche i tre metri di lunghezza).

     
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    grazie biondina
     
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    La giraffa non assomiglia a nessun altro animale; la si riconosce grazie al collo e le zampe lunghissime, il corpo massiccio, il dorso inclinato, la testa fine ed elegante, i grandi occhi con lunghe ciglia e le due o tre singolari sporgenze ossee, ricoperte di pelle che si ergono sulla fronte. L'altezza del corpo e del collo fanno si che la giraffa sia l'animale più alto e in proporzione, quello più corto fra tutti i mammiferi. La lunghezza del corpo è di 2,25 m, l'altezza può superare i 5 m, la coda misura un metro. I maschi adulti arrivano a pesare fino ad una tonnellata, mentre le femmine non superano i 600 kg. La testa, già allungata, sembra più lunga data la forma stretta del muso; la lingua, lunga e ruvida, può raggiungere i 50 cm di lunghezza. Le labbra sono molto mobili e le ampie narici si chiudono a volontà. La fronte presenta due protuberanze che ricordano vagamente delle corna; risultano più corte dei grandi orecchi aguzzi; una terza sporgenza ossea, arrotondata, più o meno sviluppata, cresce fra gli occhi. Il collo, quasi della stessa lunghezza delle zampe anteriori, è sottile, appiattito lateralmente e ornato, nella parte posteriore, di una corta criniera. Nonostante la lunghezza, il collo presenta solo sette vertebre. La pelle molto spessa e ricoperta di peli. Il mantello della giraffa è giallo fulvo, biancastro nella parte inferiore e disseminato di larghe macchie irregolari di colore bruno ruggine più o meno scuro. Le macchie sono mimetiche, simili a quelle dei leoni. Benchè non presenti un corpo voluminoso, la giraffa possiede un intestino lungo ben 77 metri.
    Distribuzione ed origine della giraffa

    Fin dagli egizi la giraffa era ben conosciuta e molto più diffusa di adesso. Attualmente si trova in numerose regioni dell'Africa, a sud del Sahara, fino al fiume Orange. Le giraffe si dividono in due grandi gruppi; gli esemplari del gruppo settentrionale presentano macchie fitte e di forma angolosa, ciò che conferisce agli spazi chiari che le separano l'aspetto di un reticolato. Gli arti sono bianchi e il terzo corno frontale appare evidente. I rappresentanti del gruppo meridionale sono ornate di macchie e il colore frontale è poco appariscente. Le macchie del mantello hanno forme varie, sono meno nette e più spaziate. La giraffa vive esclusivamente nelle steppe disseminate di alberi e cespugli. La si può incontrare fino a 1.700 metri di altitudine.
    Abitudini ed ecologia della giraffa

    Le giraffe sono animali timidi, miti e inoffensivi, che vivono generalmente in gruppi da dieci a venti individui, formati da uno o due maschi, da femmine e giovani. I maschi vecchi diventano spesso solitari. Talvolta vengono accompagnati da un maschio giovane, chiamato "paggio". Quando la giraffa galoppa appare molto sgraziata e goffa, tanto che sembra di poterla raggiungere a piedi; questa è solo un'illusione dato che la giraffa compensa lalentezza dei movimenti con l'ampiezza delle falcate, che superano i 4 o 5 metri. La giraffa può stare alcuni giorni senza dormire, si può riposare anche rimanendo in posizione verticale. La giraffa si nutre principalmente di foglie di alberi; quando queste foglie sono fresche e ricche di linfa, la giraffa può rimanere senza bere per molti giorni; tuttavia, nei periodi di siccità, percorre parecchi chilometri per abbeverarsi. La giraffa possiede sensi particolarmente sviluppati soprattutto l'udito, la vista e l'olfatto. E' anche molto intelligente, ma praticamente muta. Di natura mite e pacifica sa difendersi in caso di necessità, assestando violenti colpi con gli zoccoli. La stagione degli amori varia tra Luglio e Settembre; il piccolo nasce dopo 420, 450 giorni di gestazione,pesa da 50 a 70 chili ed è lungo circa 2 metri. In poco meno di mezz'ora si alza in piedi vacillando e si avvicina alla madre per succhiare il latte. Viene allattato per circa nove mesi e dopo continua ad essere protetto dagli adulti ma non necessariamente dai genitori. La durata della vita i aggira su venti anni. L'unico nemico della giraffa è il leone. L'uomo è un altro dei suoi nemici che le da la caccia principalmente per la carne e per la pelle resistente. La giraffa ha rischiato di estinguersi,adesso la caccia è proibita e, la giraffa gode di una relativa sicurezza nelle riserve africane.





    La giraffa è un mammifero ruminante appartenente alla famiglia dei Giraffidi.
    La sua principale caratteristica è il lungo collo per mezzo del quale può raggiungere le foglie più alte delle piante.

    Anche le zampe sono particolari: quelle anteriori sono più lunghe di quelle posteriori,
    cosicché il profilo, dalla testa alla coda, tende verso il basso.

    Inoltre è dotata di una lingua lunga (45 cm circa) e molto mobile che consente di selezionare i germogli delle acacie di cui è molto ghiotta, evitando le spine.

    Per quanto il collo sia lungo, non è tale da compensare l'altezza delle gambe anteriori, per cui la giraffa quando ad esempio, deve bere, è costretta ad assumere una posa caratteristica divaricando gli arti anteriori.

    La sua altezza, dalla punta delle corna a quella degli zoccoli anteriori, raggiunge i 5 metri, mentre è di 3 metri al garrese.
    La coda ha, all'estremità, un ciuffo di peli neri, la testa è stretta con muso appuntito e lungo.
    Hanno corna, da 2 a 5, sono corte corna ossee, rivestite di pelle; il pelo è raso generalmente color giallino chiazzato di marrone.

    Dormono in piedi. Nella corsa possono raggiungere i 60 km orari.
    Gli zoccoli della giraffa sono delle armi potenti per difendere i piccoli dall'attacco di alcuni
    carnivori: il colpo inferto al leone può avere conseguenze mortali.

    giraffa
    I maschi e le femmine si distinguono per il portamento: il maschio tiene il collo in posizione
    verticale e la lingua stesa, così da raggiungere le foglie più mature; mentre la femmina tiene il
    collo più retratto nutrendosi delle foglie e degli arbusti più bassi.

    Le giraffe possono brucare un'ampia varietà di fogliame, ma prediligono le foglie di acacia.
    Se la stagione lo consente, mangiano anche fiori, frutti e semi.

    Come la maggior parte degli erbivori mangiano spesso, arrivando a consumare fino a 30 chili di cibo al giorno. In caso di necessità, possono stare senza bere per intere settimane, poiché ricavano i liquidi necessari dall'acqua contenuta nelle foglie che costituiscono la base della loro dieta.
    In cattività, le giraffe vengono generalmente nutrite con erba medica, fieno ed erba secca.
    Trascorre molto tempo a nutrirsi.

    Il maschio raggiunge la maturità sessuale a 42 mesi, anche se per la maturità sociale, che gli
    consente di riprodursi, deve attendere almeno l'ottavo anno. Il maschio più forte è in grado di
    corteggiare e di accoppiarsi con il maggior numero di femmine.
    Si possono accoppiare in tutti i periodi dell'anno, ma preferiscono attendere la fine della stagione delle piogge.

    La femmina inizia a riprodursi all'età di 5 anni, anche se la maturità sessuale è raggiunta ad un
    anno. La gestazione si prolunga per 15 mesi, e trascorrono quasi due anni tra un parto ed il successivo. Nel corso della sua vita (25-30 anni) può generare sino a 12 piccoli (raramente con parti gemellari).

    Dopo una gravidanza di 14 mesi partorisce un solo piccolo , che quasi subito è in grado di camminare. Già ad una settimana dalla nascita il profilo delle corna è delineato.




    La femmina, quindi si isola per il parto, rimanendo poi appartata con il figlio per una o due settimane; successivamente, madre e neonato, si uniscono a gruppi di piccoli e femmine.

    Difende il piccolo, abbiamo detto, con delle potenti zoccolate dalle aggressioni dei predatori: la principale minaccia è il leone, anche se sino ai tre mesi le piccole giraffe possono essere attaccate da iene, da leopardi e licaoni

    Alla nascita pesa circa 100 kg ed è alto già un paio di metri, allungandosi di circa 8 cm al mese.
    Le femmine, dopo lo svezzamento, continuano a vivere nello stesso territorio materno.
    Diversamente i maschi che, verso il terzo-quarto anno, si uniscono ad altri giovani e si
    allontanano dall'area natale.

    La giraffa è un animale sociale. Vive in piccoli gruppi familiari di 2 o 3 individui o in branchi che possono contare fino a 50 esemplari.
    I maschi non sono territoriali e coesistono amichevolmente nella medesima area: questo è permesso grazie al chiaro ruolo gerarchico che ognuno possiede, così da non richiedere interazioni violente.

    Raramente tra loro sono violente: può succedere se un maschio nomade cerca di farsi spazio in un gruppo già costituito.

    Il miglior senso della giraffa è la vista, anche se l'udito e l'olfatto sono piuttosto acuti. Grazie alla loro eccezionale altezza e alla vista particolarmente acuta, questi erbivori sono in grado di tenere d'occhio i predatori anche a grande distanza.
    La giraffa adulta rappresenta in ogni caso una preda pericolosa: ricevere un calcio ben assestato può significare la morte anche per i predatori più aggressivi. Per difendere la loro prole, le madri intervengono sferrando calci con le zampe anteriori o posteriori, mentre i piccoli rimangono al riparo dietro di loro.

    giraffa

    Sono piuttosto silenziose, ma non mute: i piccoli emettono belati e richiami simili a miagolii, le madri rispondono emettendo un'ampia gamma di suoni e i maschi in calore fanno versi che sembrano colpi di tosse. Se viene infastidita la giraffa grugnisce o sbuffa.
    Se avverte un pericolo tende il collo portando la tesa ben in alto.

    I piccoli amano molto il gioco e si divertono a correre intorno alle madri o sgambettare con gli altri cuccioli del branco.

    La giraffa vive nelle aree boschive della savana a sud del deserto del Sahara
     
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    LA ZEBRA
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    Perché la zebra ha le strisce?

    Perché la zebra ha le strisce?
    Zebre mimetizzate tra loro.
    Foto: © Yderoux Alcuni zoologi hanno visto nelle strisce una forma di mimetismo che renderebbe la vita più difficile ai predatori, in quanto ogni volta che un branco di zebre fugge a ranghi serrati, gli assalitori finirebbero per non distinguere altro che una massa rigata dai contorni indefiniti. Un'altra idea ipotizza che l'alternanza di bianco e nero possa regolare l'assorbimento della luce del sole e quindi la temperatura del corpo, o che le strisce servano come "carte d'identità" individuali. La teoria più innovativa è stata invece formulata dall’entomologo inglese Jeffry Waage, il quale sostiene che tali strisce costituirebbero una forma di difesa dalle mosche tse-tse. Questi insetti sono infatti muniti di occhi sfaccettati, meno adatti di quelli dei vertebrati a percepire forme e immagini in prospettiva: ai loro suoi occhi, le strisce del manto della zebra non rappresentano nulla. La teoria di Waage è confermata dal fatto che mentre gli altri ruminanti della savana hanno sviluppato una sorta d’immunità fisiologica, questa è invece assente nelle zebre. Queste ultime sono però la specie meno affetta dalla malattia del sonno trasmessa dalla mosca tse-tse.


     
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  6. gheagabry
     
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    Addax nasomaculatus




    L'addax (Addax nasomaculatus) costituisce una sola specie nella famiglia delle antilopi ed è strettamente imparentata con l'orice. Essa è nota anche come antilope dalle corna a vite. Il suo areale storico si estendeva dal Sahara fino all'Africa mediterranea per arrivare addirittura in Medio oriente. Attualmente esistonno all'incirca 520 esemplari in natura ed 860 in cattività.

    L'addax è alto circa un metro al garrese e pesa dai 60 ai 120 kg. Il manto è bianco anche se la testa, il collo e il petto sono marroni, con una macchia bianca sul dorso del naso e un'altra attorno alla bocca. È presente anche una barba arruffata. Le corna, presenti in entrambi i sessi, sono a doppia torsione e possono raggiungere la lunghezza di 120 cm nei maschi e di 80 cm nelle femmine. Gli zoccoli sono ampi, con base piatta e forti dita posteriori, per facilitare la camminata sulla sabbia soffice. L'Antilope Addax è uno degli animali più veloci del mondo e sulle corte distanze è stata vista raggiungere i 90 chilometri orari.





    L'addax si nutre di erba e delle foglie dei cespugli che riesce a trovare nel deserto. L'addax solitamente non beve, poiché si procura l'acqua di cui necessita dal cibo. Animale con abitudini notturne, durante il giorno si riposa nelle buche che ricava nella sabbia. I branchi, in cui vivono sia i maschi che le femmine, sono composti da 20 esemplari; tuttavia, in passato, tali branchi erano molto più grandi. L'addax ha una struttura sociale forte, probabilmente basata sull'età. Nei branchi, solitamente, a comandare è il maschio più anziano.






    Antilope cervicapra





    L'antilope cervicapra ha una parte importante nella teologia indiana. Prende, nel circolo animale dell'Indo, il posto dello stambecco, ed è, con molte altre specie, sacra alla dea Tschandra, o alla luna. Nel sanscrito si chiama ena, la maculata: ora porta il nome di safiu o safi. Innumerevoli poesie celebrano la sua bellezza. Ha molta rassomiglianza con il nostro daino, ma è alquanto più piccola, più snella, e molto più elegante di questo. La sua lunghezza è di circa metri 1,10 e 15 centimetri la coda, 22 con il fiocco finale; l'altezza al garrese è di 75 centimetri. Il corpo è esile, allungato, depresso; il dorso è diritto ed alquanto più alto dietro che non al garrese. Il collo è sottile e compresso lateralmente, la testa piuttosto tonda, alta di dietro, ristretta davanti, larga sulla fronte, con il naso diritto ed il muso tondeggiante. Le zampe sono alte, sottili, fini, le posteriori più lunghe di quelle anteriori. Gli occhi relativamente grandi sono di una estrema vivacità. I loro lacrimatoi formano una specie di borsa che può a volontà aprirsi e chiudersi. Le orecchie sono grandi e lunghe, chiuse al fondo, espanse nel mezzo, ristrette ed aguzze verso l'estremità. Le corna sono lunghe sino a 42 centimetri, rivolte prima all'innanzi e poi all'indietro con tre leggere curvature, e ritorte a foggia di vite. I due fusti, vicini alla radice, si scostano all'estremità di circa 28 centimetri. A seconda dell'età le corna sono più deboli o più robuste, e munite alla radice di un numero più o meno grande di sporgenze circolari. Nei vecchi animali se ne contano più di trenta; dieci all'incirca a tre anni, e venticinque a cinque anni. Il colore muta secondo l'età e il sesso: i vecchi maschi sono quasi neri, le femmine più bigie, i figli bruni o rosso-ruggine. In generale, la parte superiore è di un bruno-nericcio, il naso e la parte inferiore sono bianchi. L'occhio è circondato da un largo cerchio bianco. Il pelame è breve, fitto, liscio; ogni pelo è irto e alquanto torto, come nella maggior parte degli animali cervini. Sul petto, sulle spalle e tra le cosce forma visibili suture, spire nella regione delle corna e in quella ombelicale; nella parte interna delle orecchie si divide in tre serie longitudinali. All'articolazione dei piedi anteriori si allunga in piccoli ciuffetti; manca del tutto nella parte inferiore della coda. Gli zoccoli eleganti, di media grandezza, compressi ed aguzzi, e le unghie posteriori, anch'esse di media misura, appiattite ed ottuse, sono nere. L'iride è giallo-bruniccia, la pupilla trasversale è di un nero-cupo.

    Il safi abita l'India occidentale, principalmente il Bengala, e vive in branchi di 50 o 60 individui sotto la guida di un vecchio maschio di pelame scuro. In ogni circostanza preferisce alle regioni boscose quelle che sono aperte, dove può badar meglio alla propria sicurezza.

    Questi graziosi animali si cibano di vegetali, di erbe succose, e per lungo tempo possono stare senz'acqua. L'accoppiamento non avviene in un periodo determinato, ma a seconda della località che l'animale abita durante l'anno intero. Nove mesi dopo, la femmina partorisce un solo piccolo perfettamente conformato, lo nasconde per pochi giorni nella boscaglia, lo allatta con amore, poi lo porta al branco, in cui rimane finché non svegli la gelosia del capo più anziano. Allora, derelitto e respinto, deve, lontano dagli altri, buscarsi da vivere e tentare di unirsi ad altre brigate.

    Nel secondo anno, le femmine sono atte alla riproduzione, mentre per i maschi debbono passare almeno tre anni. In stretta connessione con le emozioni amorose è la ghiandola lacrimale: negli individui prigionieri si è potuto osservare che se l'animale è commosso, tutta la borsa di pelle sotto gli occhi, cioè il lacrimatoio, che sembra in tempo ordinario una stretta fessura, sporge assai e si dilata esternamente. Le pareti interne della borsa secernono una materia di odore acuto, la quale si stacca con lo stropicciarsi agli alberi o alle pietre, e serve a porre l'altro sesso sulle tracce del cercatore d'amore. Durante la fuga, si ode anche la voce del maschio che per solito tace, ed è una specie di belato: la femmina, ogni volta che viene irritata, emette acuti suoni. Le tigri e le pantere dell'India sono tremendi nemici dell'antilope cervicapra: malgrado ogni vigilanza, qualche individuo viene sempre sorpreso dall'insidioso strisciare della belva. Gli indiani le fanno una caccia assidua e la pigliano viva in un modo singolare. A tal uopo si fa uso di un giovane maschio addomesticato, che si lascia correre in mezzo al branco selvaggio, dopo avergli legato alle corna una fune munita di parecchi nodi scorsoi. Appena lo straniero si presenta, un duello si scatena tra esso e il capo della schiera; le femmine prendono anch'esse parte alla contesa e parecchie di esse si aggrovigliano sempre più nei lacci, cui cercano di sfuggire lacerando e strappando in ogni direzione, il che le stringe sempre di più e fa sì che cadano al suolo, incapaci di difendersi.

    I giovani safi diventano docilissimi quando sono presi piccoli. Sopportano per anni la schiavitù, persino in Europa si comportano benissimo con i loro simili e con altri animali cervini, e dilettano con la loro gentilezza e con la loro affezione. Tuttavia, è consigliabile astenersi dallo stuzzicarli, o dall'aizzarli. Se, ad esempio, sono avvezzi a mangiar pane nella mano, quando questa si tenga alta, si rizzano, come i cervi, sui piedi posteriori per arrivare a quella prediletta ghiottoneria; ma se vengono delusi si irritano, cominciano a tremare e cercano di esprimere il loro disappunto con brevi cornate. Stanno meglio se viene loro concesso uno spazio libero per trastullarsi. Nei grandi parchi offrono uno spettacolo incantevole con la loro grazia e la loro bellezza.

    In India il safi viene sovente addomesticato e tenuto in conto di animale divino, di semi-dio, alla cui cura sono preposte donne che lo abbeverano con latte, mentre musicanti suonano le loro melodie. Soltanto i bramini ne possono mangiare la carne. Con le sue corna gli ecclesiastici preparano armi speciali: consolidano le due estremità per mezzo di cavicchi di ferro e d'argento. Queste armi vengono portate a guisa di bastone e si adoperano come giavellotti.

    Le pallottole di bezoart, che si trovano nello stomaco di questa antilope e in quello di molti altri ruminanti, passano per farmaci efficaci, e sono assai ricercate.



    Tragelaphus eurycerus





    Il bongo (Tragelaphus eurycerus Ogilby, 1837) è un'antilope che vive nelle foreste pluviali dell'Africa centrale, orientale ed occidentale ed è un animale piuttosto raro. Questa specie appartiene al sottogenere boocerus, da alcuni studiosi ritenuto un genere a sé stante.

    Il bongo ha un bellissimo mantello rosso-bruno, con striature laterali bianche e il ventre nero. Sul muso presenta delle macchie bianche e ha una sorta di ciuffo di peli che corre lungo il dorso. Può raggiungere il peso di 400 kg. Sia i maschi che le femmine hanno lunghe corna a spirale, più massicce e con curvatura più accentuata nei maschi. caratteristiche sono inoltre le grandi orecchie.

    I bonghi si nutrono prevalentemente al crepuscolo e nelle ore notturne e si cibano arbusti e forse anche di bambù . Tra gli animali in grado di dare la caccia ai bonghi vi sono i leopardi, le iene e i leoni; ad essi si devono poi aggiungere i pitoni, capaci di uccidere i giovani bonghi.




    Si tratta di animali notturni e schivi, notoriamente fra i più difficili in assoluto da avvicinare e avvistare, oltre che a causa dell' indole, anche a causa dell' ambiente particolarmente inospitale nel quale vivono, la foresta tropicale e pluviale della fascia centrale africana, dalla Sierra Leone all Kenia, anche se con distribuzione non continua.

    La sottospecie del kenia (T.e. isacii) è considerata a rischio mentre le popolazioni che fanno capo alla sottospecie nominale sono in quasi tutto il loro areale in buona salute e ben gestite.





    Damaliscus pygargus





    Il bontebok (Damaliscus pygargus) è un'antilope che vive in Sudafrica e nel Lesotho. Il bontebok ha due sottospecie: il bontebok (Damaliscus pygargus pygargus, noto anche come Damaliscus dorcas ssp. dorcas Pallas, 1766), che vive generalmente nel fynbos e nelle regioni del Renosterveld nella Provincia del Capo Occidentale, e il blesbok (Damaliscus pygargus phillipsi), che vive nell'alto veld.

    Il bontebok misura tra gli 80 e i 100 centimetri al garrese e pesa dai 50 ai 90 chilogrammi. Il bontebok è di colore bruno cioccolato, con le regioni inferiori bianche e una striscia bianca dalla fronte alla punta del naso, sebbene nella maggior parte dei blesbok sia presente una striscia bruna attraverso l'area bianca nei pressi degli occhi. I bontebok hanno anche una macchia bianca distintiva intorno alla coda (da cui il nome latino), mentre nei blesbok questa è bruno chiaro/tannino. Le corna del bontebok, chiaramente anellate e presenti in entrambe i sessi, sono a forma di lira e possono raggiungere mezzo metro di lunghezza.



    Il blesbok vive nell'alto veld, dove si nutre di erba bassa, mentre il bontebok è ristretto al fynbos costiero e al Renosterveld (Skead 1980). Sono animali diurni, sebbene rimangano fermi durante le ore più calde del giorno. Le mandrie comprendono solo maschi, solo femmine o sono misti, ma non oltrepassano i quaranta animali nei bontebok o i settanta nei blesbok.

    I bontebok non sono buoni saltatori, ma sono molto bravi a strisciare sotto le cose. I maschi maturi formano territori e si esibiscono con gli altri maschi in atteggiamenti faccia in giù e, occasionalmente, combattono.



    Una volta i bontebok venivano molto cacciati come animali nocivi e la loro popolazione selvatica si ridusse ad appena diciassette animali, ma la specie ha poi recuperato il suo numero. I blesbok sono estinti nel loro habitat naturale, ma nei luoghi dove vengono attualmente allevati sono molto cresciuti di numero.




    Taurotragus oryx





    L'antilope alcina o eland comune (Taurotragus oryx Pallas, 1766) è un'antilope che abita le savane e le pianure dell'Africa orientale e meridionale.

    L'antilope alcina può raggiungere un'altezza al garrese di 130-180 cm e pesare dai 300 kg alla tonnellata. Mentre il manto delle femmine è bruno, quello dei maschi è più scuro, tendente al grigio-bluastro; alcuni esemplari possono avere una striscia bianca verticale su entrambi i lati del dorso. I maschi hanno un folto ciuffo di pelo sulla fronte e una larga giogaia. Le corna, lunghe circa 65 cm e quasi completamente dritte, sono presenti in entrambi i sessi. Le corna delle femmine sono più lunghe ma anche più esili.




    La dieta dell'antilope alcina si compone in prevalenza di erba, rami e foglie. Si tratta di animali diurni che, tuttavia, tendono all'inattività nelle ore più calde della giornata. I branchi sono composti solitamente da 30-80 individui ma possono arrivare a contarne sino a 400.

    La maturità sessuale viene raggiunta per le femmine tra i 15 ed i 36 mesi, più tardivamente per i maschi (4-5 anni). La gestazione dura 9 mesi; ogni femmina da alla luce un solo cucciolo, che viene allattato sino al sesto mese circa.

    L'aspettativa di vita media è di circa 25 anni.

    Alcuni esperti ritengono che l'antilope alcina sia una specie appartenente al genere Tragelaphus, anche se, solitamente, è ascritta al genere Taurotragus insieme all'eland gigante.

    È diffuso nella savane dell'Africa orientale e meridionale.
     
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  7. gheagabry
     
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    Madoqua





    Il nome dik-dik o dik dik indica le piccole antilopi del genere Madoqua. Si trovano nelle regioni meridionali e orientali dell'Africa. Il nome "dik-dik" è onomatopeico e richiama il verso che questi animali fanno quando vengono spaventati. In swahili si chiama digidigi.

    I dik-dik adulti hanno un'altezza al garrese compresa fra 30 e 40 cm, e pesano fra i 3 e i 5 kg. Hanno il muso allungato e un pelo morbido di colore grigio o marrone sul dorso e bianco-rosato sul resto del corpo. Molte specie hanno un anello di pelo chiaro intorno agli occhi. Il pelo sulla parte superiore del capo a volte forma un ciuffo verticale che può nascondere le corna del maschio, che sono corte (circa 7 cm), anellate e incurvate all'indietro. Le femmine sono un po' più grandi dei maschi. I neonati pesano circa 700 g. I piccoli raggiungono la maturità sessuale dopo 6-8 mesi.




    I dik-dik prediligono le regioni erbose e i cespugli, ma evitano la vegetazione in cui il fogliame arriva all'altezza della loro linea visiva. Si trovano soprattutto nelle pianure aperte, in genere nelle stesse aree dove pascolano giraffe e antilopi e gazzelle di altre specie.

    I dik-dik sono monogami e territoriali. Ogni coppia controlla un territorio di una dozzina d'acri (un ventesimo di km²). Si nutrono soprattutto la sera dopo il tramonto o prima dell'alba.

    I dik-dik sono erbivori, e si nutrono di foglie, erba, frutta e bacche. Non hanno bisogno di bere. La forma del capo dei dik-dik consente loro di raggiungere le foglie dell'acacia in mezzo alle spine, e di nutrirsi tenendo il collo ritto in modo da mantenere un buon angolo di visuale dell'ambiente circostante.

    I dik-dik sono predati sia dai grandi carnivori africani (leoni, ghepardi, e così via) che da quelli di piccola taglia come caracal o gatti selvatici. Anche le aquile, i varani e i pitoni attaccano frequentemente i dik-dik.


    Ci sono quattro specie di dik-dik:

    * Madoqua guentheri o dik-dik di Günther (Günther, 1894)
    * Madoqua kirkii o dik-dik di Kirk (Thomas, 1880)
    * Madoqua piacentinii o dik-dik argentato (Drake-Brockman, 1911)
    * Madoqua saltiana o dik-dik di Salt(Desmarest, 1816)





    Madoqua guentheri





    Il dik-dik di Günther (Madoqua guentheri) è una piccola antilope diffusa in Africa orientale (Etiopia meridionale, Kenya settentrionale, Somalia meridionale e centrale, Sudan sud-orientale ed Uganda nord-orientale). Quando è completamente sviluppato pesa fino a 3-5 kg. Ha un mantello che varia dal grigio giallastro al bruno rossastro. La coda (3-5 cm) e le corna (9,8 cm) sono molto corte.




    Madoqua kirkii






    Il dik-dik di Kirk è una piccola antilope diffusa nell'Africa orientale e meridionale.

    Misura circa 70 cm di lunghezza e pesa intorno ai 7 kg. Il mantello è di color grigio, bruno o dorato, con i peli striati di nero. il ventre è giallastro. Gli occhi sono molto grandi e cerchiati di bianco, così come le orecchie. Il naso è allungato a mo' di proboscide. Le corna, a forma di spiedo e prerogativa dei maschi, sono seminascoste da una cresta sulla fronte.

    Mangia qualsiasi tipo di erba, foglie e germogli.

    I dik-dik vivono in coppie stabili in cui i coniugi passano più del 50% insieme, anche se il maschio non si occupa dei cuccioli. Il legame è ancora più forte durante i periodi di estro, quando i maschi seguono la femmina, marcando la sua urina e le sue feci, avvertendo eventuali maschi solitari che la sua femmina è già impegnata. A differenza di molte specie di uccelli monogami, le femmine di dik-dik sono fedeli al loro compagno e non cercano altri maschi al di fuori della coppia.



    Madoqua piacentinii




    Il dik-dik argentato è una piccola specie di antilope diffusa nella regione del corno d'Africa, concentrata perlopiò nella zona costiera della Somalia.

    Misura circa 50 cm di lunghezza e pesa fino a 3 kg. Il mantello è bruno rossiccio nel quaro anteriore e sul collo e grigio argentato nel quarto posteriore e sulla groppa. La parte superiore della testa è color grigio argento, la parte inferiore bruno-rossiccio. Le orecchie e le zampe presentano peli striati di nero.

    Si pensa che la popolazione di questi animali sia in declino a causa della caccia, della dimunuzione dell'habitat e della guerra civile in Somalia.


    Madoqua saltiana



    Il dik-dik di Salt (Madoqua saltiana) è una piccola antilope diffusa nelle aree semi-desertiche e nelle aride macchie spinose dell'Africa orientale.

    Quest'antilope, lunga 45-67 cm (a cui si aggiungono 3-5 cm di coda) e alta al garrese 30-40,5 cm, pesa solamente 2-4 kg.

    Le zampe posteriori del dik-dik di Salt sono più lunghe di quelle anteriori; il collo e il dorso sono di colore grigio. I fianchi sono solitamente rossi. Il naso è di forma squadrata. Le piccole corna a forma di spina sono lunghe 7,3-9 cm.

    Molti scienziati considerano il dik-dik di Swayne, M. s. swaynei, il dik-dik di Erlanger, M. s. erlangeri, e il M. s. citernii come una specie a sé stante, Madoqua swaynei, e il dik-dik dal ventre rosso, M. s. phillipsi, come Madoqua phillipsi. Il dik-dik argentato, M. piacentinii, era un tempo ritenuto una sottospecie del dik-dik di Salt:

    * dik-dik di Salt, Madoqua saltiana saltiana: grigio rossastro, vive in Gibuti, Eritrea ed Etiopia nord-orientale;
    * dik-dik dal ventre rosso, Madoqua saltiana phillipsi: grigio rossastro, dai fianchi arancio rossicci, vive in Somalia ed Etiopia e viene spesso considerato come specie a sé stante;
    * dik-dik di Lawrence, Madoqua saltiana lawrenci: grigio argentato, dai fianchi rossicci e con una linea ben marcata tra i due colori, vive in Somalia nord-orientale;
    * dik-dik dell'Harar, Madoqua saltiana hararensis: di colore dal rosso fuoco al rossastro, vive in Somalia settentrionale e nord-orientale;
    * dik-dik di Swayne, Madoqua saltiana swaynei: rossastro, dalla gola e dalle guance grigie, vive in Somalia e viene spesso considerato come specie a sé stante;
    * dik-dik di Erlanger, Madoqua saltiana erlangeri: rossastro, vive in Somalia ed Etiopia;
    * Madoqua saltiana citernii: rossastro, vive in Somalia ed Etiopia;

    Il dik-dik di Salt è un animale molto timido; per evitare il calore diurno tende ad essere attivo di notte e al crepuscolo. Proprio per questo è ritenuto un animale crepuscolare. I maschi dominanti si riconoscono dalla cresta eretta sulla testa. Spesso questi animali vivono in coppie e in piccoli gruppi. Si nutrono soprattutto di foglie e radici di alberi di acacia. A tutt'oggi non conosciamo granché sul comportamento riproduttivo di questa specie.

    È diffuso nelle boscaglie e nelle aree di vegetazione spinosa sempreverdi e semi-decidue del Corno d'Africa.

    Vive nel Corno d'Africa e in Etiopia.





    Cephalophinae





    I Cefalofi sono antilopi di piccole o medie dimensioni diffuse nell'Africa sub-sahariana con 19 specie.

    Sono animali timidi ed elusivi che si muovono circospetti nella densa vegetazione e sono abilissimi a nascondersi: scompaiono letteralmente al minimo rumore. La forma del corpo, con le zampe anteriori leggermente più corte delle posteriori, li aiuta a penetrare fra i cespugli: mangiano foglie, fiori, germogli e spesso seguono stormi di uccelli e branchi di scimmie per mangiare eventuali frutti lasciati cadere: ogni tanto integrano la dieta vegetariana con larve ed insetti, e possono addirittura predare piccoli roditori ed uccelli.

    Il loro nome in lingua inglese, duiker, deriva dall'Afrikaaner e significa «nuotatore», un chiaro riferimento alla loro abilità di penetrare anche la boscaglia più fitta.

    FAMIGLIA Bovidae

    * Sottofamiglia Cephalophinae
    o Genere Cephalophus
    + Cephalophus adersi, cefalofo di Ader
    + Cephalophus callipygus, cefalofo di Peters
    + Cephalophus dorsalis
    + Cephalophus harveyi, cefalofo di Harvey
    + Cephalophus jentinki, cefalofo di Jentink
    + Cephalophus leucogaster, cefalofo a pancia bianca
    + Cephalophus maxwellii, cefalofo di Maxwell
    + Cephalophus monticola, cefalofo blu
    + Cephalophus natalensis, cefalofo del Natal
    + Cephalophus niger, cefalofo nero
    + Cephalophus nigrifrons, cefalofo a fronte nera
    + Cephalophus ogilbyi, cefalofo di Bioko
    + Cephalophus rufilatus, cefalofo rossiccio
    + Cephalophus rubidus, cefalofo del Ruwenzori
    + Cephalophus spadix, cefalofo di Abbott
    + Cephalophus sylvicultor, cefalofo dei boschi
    + Cephalophus weynsi
    + Cephalophus zebra, cefalofo striato
    o Genere Sylvicapra
    + Sylvicapra grimmia, silvicapra





    Gazzella





    La gazzella è un'antilope appartenente ai generi Gazella, Eudorcas e Nanger, sebbene con tale termine ci si riferisca anche ai tre membri del genere Procapra. L'habitat principale sono le praterie e le savane dell'Africa e, in misura minore, dell'Asia sudoccidentale.

    Le gazzelle erano classificate come membri dell'ordine Artiodactyla e del solo genere Gazella fino a quando i due sottogeneri Eudorcas e Nanger sono stati elevati anch'essi al rango di genere.
    La tassonomia di questo sottogruppo di antilopi è piuttosto confusa e la classificazione delle specie e delle sottospecie è stata molto discussa. Tre specie - la gazzella rossa[1], la gazzella araba e la gazzella della Regina di Saba - sono estinte. Tutte le altre sono considerate minacciate in varia maniera.

    Un esempio tipico di gazzella è la gazzella di Thomson (Eudorcas thomsonii), alta tra i 60 e i 90 cm al garrese e di colore bruno e bianco con una striscia distintiva nera. I maschi hanno lunghe corna, spesso ricurve. I tommies, come vengono familiarmente chiamate, mostrano un distintivo comportamento di "stotting" (corrono lentamente e saltano in alto prima di atterrare) quando sono minacciati dai predatori, come leoni o ghepardi: un esempio distintivo del principio dell'handicap enunciato da Amotz Zahavi nello studio della comunicazione e del comportamento animale.

    Le gazzelle sono animali gregari e vivono in branchi. Sono note per la loro doti velocistiche: sono in grado di raggiungere una velocità massima di 80 km/h e mantenerla a lungo.La loro alimentazione è costituita da piante e foglie poco coriacee, facilmente digeribili.




    * Genere Gazella
    o Gazella arabica (Lichtenstein, 1827) - gazzella araba
    o Gazella bennettii (Sykes, 1831) - gazzella indiana
    o Gazella cuvieri (Ogilby, 1841) - gazzella di Cuvier
    o Gazella dorcas (Linnaeus, 1758) - gazzella dorcade
    o Gazella gazella (Pallas, 1766) - gazzella di montagna
    o Gazella spekei Blyth, 1863 - gazzella di Speke
    o Gazella subgutturosa (Güldenstädt, 1780) - gazzella gozzuta
    * Genere Eudorcas
    o Eudorcas albonotata (W. Rothschild, 1903) - gazzella di Mongalla
    o Eudorcas rufifrons (Gray, 1846) - gazzella dalla fronte rossa
    o Eudorcas rufina (Thomas, 1894) - gazzella rossa
    o Eudorcas thomsonii (Günther, 1884) - gazzella di Thomson
    * Genere Nanger
    o Nanger dama (Pallas, 1766) - gazzella dama
    o Nanger granti (Brooke, 1872) - gazzella di Grant
    o Nanger soemmerringii (Cretzschmar, 1826) - gazzella di Soemmerring

    Fossili del genere Gazella sono stati trovati in depositi del Pliocene e del Pleistocene in Eurasia e Africa. La minuscola Gazella borbonica è una delle più antiche gazzelle europee ed è caratterizzata dalle piccole dimensioni e dalle zampe corte. Le gazzelle scomparvero dall'Europa agli inizi dell'era glaciale, ma sopravvissero in Africa e Medio Oriente. Due specie si sono estinte in tempi recenti a causa dell'uomo.

    * Gazella bilkis Groves & Lay, 1985 - gazzella della Regina di Saba
    * Gazella saudiya Carruthers & Schwarz, 1935 - gazzella saudita



     
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  8. gheagabry
     
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    Oryx gazella





    L'orice gazzella (Oryx gazella Linnaeus, 1758) è un'antilope africana di grossa taglia. È una delle quattro specie note di orice (Oryx).

    In afrikaans e in inglese viene chiamata gemsbok, a causa di una certa somiglianza con il camoscio (gemsbock in olandese), con cui però non ha alcun particolare legame di parentela.

    Alcune tassonomie riportano l'Oryx beisa come sottospecie dell'orice gazzella; l'interpretazione più diffusa distingue invece le due specie.




    L'orice è un bovide di grossa taglia, di altezza al garrese compresa fra 115 e 125 cm e lunghezza da 180 a 195 cm. Le femmine pesano da 180 a 225 kg; i maschi possono arrivare a 240 kg. Il collo è muscoloso e sorregge una testa adornata da due grandi corna ad anelli che possono raggiungere i 150 cm di lunghezza. Le corna delle femmine sono in genere più corte e sottili di quelle dei maschi.

    Il muso presenta delle striature nere che vanno dalla base delle corna fino alle narici, per poi piegare indietro passando attorno e sotto agli occhi. Sono neri anche il collo e la parte inferiore del dorso, e altre striature scure sono presenti attorno alle zampe e dalla coda fino a parte del dorso. La parte inferiore delle zampe, del muso e il ventre sono bianchi; il resto del corpo è grigio-marrone.




    L'orice gazzella è presente in diverse regioni dell'Africa meridionale, sia orientale (per esempio in Tanzania) che occidentale (Namibia). Alcuni esemplari sono stati reintrodotti nei parchi nazionali del Sudafrica, regione da cui l'orice gazzella era scomparso. Popolazioni di orici gazzella sono state introdotte dall'uomo in Messico e negli Stati Uniti.

    Predilige le praterie boschive e umide e le savane, ad altitudini comprese fra 900 e 1200 m. La si trova anche in aree semi-desertiche e persino sulle dune del deserto del Namib. Nelle aree più inospitali, l'orice può sfruttare la sua capacità di accumulare grasso e di aumentare la propria temperatura corporea (da 35 a 45 gradi) per ritardare la perdita di liquidi per sudorazione.

    L'orice gazzella è un animale gregario, che vive in branchi di qualche decina di individui (i gruppi crescono fino a qualche centinaio di individui durante le migrazioni). Il branco comprende sia maschi che femmine, ma in genere predominano queste ultime. I branchi piccoli possono essere formati da individui di entrambi i sessi o di un sesso solo.




    All'interno del gruppo si distingue un maschio dominante e, in posizione subordinata, una femmina dominante. In gruppi molto grandi può esserci un secondo maschio semi-dominante, detto maschio beta. La gerarchia dei maschi viene stabilita con piccoli combattimenti.

    Il maschio dominante di un gruppo si accoppia con tutte le femmine fertili. Non esiste una vera e propria stagione degli amori. Le femmine diventano sessualmente mature a circa 2 anni; la gestazione dura fra gli 8 e i 9 mesi, e dopo il parto le femmine possono tornare a concepire quasi immediatamente. I piccoli, alla nascita, pesano fra i 9 e 15 kg e sono completamente marroni. Vengono tenuti nascosti, e le femmine li raggiungono 2 o 3 volte al giorno per allattarli. Dopo circa 5 mesi, i cuccioli sviluppano il manto striato degli adulti e diventano indipendenti.

    L'orice si nutre generalmente d'erba, ma in caso di necessità può adattarsi a cibarsi di tuberi e radici. Il fabbisogno di acqua (circa 3 litri al giorno per ogni 100 kg di peso) viene raccolto soprattutto mangiando meloni selvatici.

    I principali nemici naturali dell'orice gazzella sono i grandi felini (leoni, ghepardi, leopardi) e i grandi canidi (soprattutto le iene). La maggior parte dei predatori, tuttavia, evita di attaccare gli esemplari adulti.


     
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  9. ZIALAILA
     
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    LE ZEBRE


    Sono tra i più appariscenti mammiferi erbivori africani . Anche se tutte le zebre sembrano molto

    simili ognuna delle 3 specie è chiaramente distinguibile per il tipo di striatura - una forma di

    mimetismo chiamata COLORAZIONE DISRUPTIVA adatta a spezzare la sagoma dell'animale . Le

    strisce del loro manto sono uniche per ogni individuo come le impronte digitali per gli uomini .



    le 3 specie di zebre :

    la ZEBRA REALE di grèvy
    la ZEBRA DELLA STEPPA
    la ZEBRA DI MONTAGNA


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    Esisteva una quarta specie di zebra : il QUAGGA estinto circa 100 anni fa

    ULTIMO ESEMPLARE fotografato allo zoo di Regent Park Londra

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    LE ZEBRE vivono nelle vaste praterie africane e sono tra gli animali altamente sociali vivendo

    in grandi mandrie al pascolo : trascorrono la maggior parte del tempo di attivita' ad

    alimentarsi . Non sono ruminanti quindi non si fermano i in un luogo sicuro per tale attivita'

    ma stanno continuamente in luoghi aperti ed allora costituiscono un obiettivo sempre

    disponibile per i predatori delle praterie , leoni e licaoni .

    Le zebre non fanno nulla per nascondersi : hanno adottato una strategia difensiva basata sulla

    forza del numero .Restando uniti in gruppi di dozzine di esemplari riducono la probabilità

    individuale di rimanere vittima di un attacco .


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    in savana e sempre meglio stare in gruppo..mai primi o ultimi..aaahhhaaa
     
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  11. gheagabry
     
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    ZEBRA





    Le zebre sono dei Mammiferi Perissodattili appartenenti, come il cavallo, alla famiglia degli Equidi. Distribuite nelle regioni orientali e meridionali dell'Africa, le zebre si distinguono marcatamente dagli altri membri della famiglia per le striature verticali, nere o brune-rossastre, alternate a bande chiare, bianche o giallastre, sui quarti anteriori, che spesso tendono all'orizzontale sui quarti posteriori dell'animale. Molti zoologi ritengono che le strisce fungano da meccanismo di mimetizzazione, anche se alcuni credono che giochino un ruolo nelle loro interazioni sociali, agendo come mezzo di distinzione di un individuo in mezzo agli altri, a causa di lievi variazioni nelle strisce. La durata della vita non supera in media i 28 anni.

    Una recente revisione ne riconosce quattro specie e sei sottospecie [1]:

    * Equus quagga (zebra delle steppe).
    o Equus quagga boehmi (Matschie, 1892) - zebra di Grant
    o Equus quagga borensis (Lönnberg, 1921) - zebra del Selous
    o Equus quagga burchellii (Gray, 1824) - zebra di Burchell
    o Equus quagga chapmani (Layard, 1865) - zebra di Chapman
    o Equus quagga crawshayi (De Winton, 1896) - zebra di Crawshay
    o Equus quagga quagga †; (Boddaert, 1785) - quagga
    * Equus zebra (zebra delle montagne del Capo)
    * Equus hartmannae (zebra delle montagne di Hartmann)
    * Equus grevyi (zebra di Grevy)

    La Zebra delle steppe (Equus quagga, già Equus burchelli) è la più comune e conta in tutto sei sottospecie: una è oramai estinta (Equus quagga quagga), le altre cinque sono distribuite ampiamente in Africa orientale e meridionale.

    La Zebra delle montagne (Equus zebra), diffusa in Africa del Sud, tende ad avere un mantello lucido, con ventre bianco e strisce più sottili rispetto alla Zebra delle steppe. È una specie in pericolo di estinzione.

    La Zebra di Grevy (Equus grevyi) è la più grande delle zebre viventi. La si riconosce dalle orecchie arrotondate e dalle striature nere più sottili e fitte. Con una criniera eretta e una testa lunga e stretta che la rende simile ad un mulo. Vive nelle zone semiaride di Etiopia, Somalia e Kenia settentrionale. Anch'essa è in pericolo d'estinzione.

     
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  12. gheagabry
     
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    Equus quagga





    La zebra comune (Equus quagga, Boddaert 1785), detta anche zebra delle steppe o delle praterie, è un mammifero della famiglia degli Equidi, la stessa dei cavalli e degli asini.

    La caratteristica distintiva della specie sono le strisce bianche e nere del mantello.

    Le striature sono utilissime per sfuggire ai predatori. Quando le zebre fuggono, le strisce scorrono davanti agli occhi del leone che rimane frastornato non riuscendo a individuare bene la sagoma della zebra.

    La zebra vive pascolando nella savana spostandosi alla ricerca di pascoli verdi, molte volte in compagnia degli gnu (Connochaetes). Si riunisce in gruppi famigliari formati da un maschio chiamato stallone e da alcune femmine che rimangono insieme per tutta la vita, in piccoli gruppi di 7-8 esemplari.

    Lo stallone difende il suo gruppo da qualsiasi altro maschio che si avvicini, scacciandolo. Quando diventa vecchio viene allontanato da un maschio più giovane che prende il suo posto.


    Dopo una gestazione di circa 1 anno la femmina partorisce, in disparte dal gruppo, un puledro. Per alcuni giorni vivono insieme separati dagli altri, fino a quando il piccolo ha imparato a riconoscere bene la madre sia dall'odore che dalla forma del mantello.
    I piccoli indifesi sono predati dai leoni (Panthera leo), dai leopardi (Panthera pardus), dalle iene (Hyaenidae) e dai licaoni (Lycaon pictus). La madre difende coraggiosamente il piccolo, caricando i predatori e sferrando loro poderosi calci. Comunque al minimo segnale di pericolo le zebre scappano al galoppo, raggiungendo anche i 60 km/h.

    La zebra si nutre di vari tipi di erbe, di cui mangia solamente l'estremità superiore, lasciando il resto agli altri animali. Si ciba anche delle foglie degli arbusti e delle cortecce degli alberi. Ogni tanto assaggia il terreno, probabilmente per soddisfare il bisogno di sali minerali. Pascola volentieri con le antilopi (Antilopinae), gli struzzi (Struthio camelus) e le giraffe (Giraffa camelopardalis).

    Distribuita ampiamente in Africa orientale e meridionale.





    Equus quagga burchellii





    La zebra di Burchell è la specie più rara tra le zebre. Si trova nel Sudafrica ma, dato che è una specie rara, maggiormente si trova negli zoo, ben protetta. A differenza delle altre zebre, la zebra di Burchell somiglia di più ad un cavallo che ad un asino, come la zebra di Grèvy.





    Equus quagga chapmani





    La zebra di Chapman (Equus quagga chapmani Layard, 1865) o è una sottospecie di zebra.

    Prende il nome dal naturalista inglese del XIX secolo James Chapman.

    La zebra di Chapman è caratterizza da strisce brune, sfumate ai bordi, al centro delle fasce bianche. Pesa circa 350 kg, ed è alta 1,40 m al garrese.

    Vive in branchi composti da più famiglie.

    Vive nella savana africana, dall'Etiopia meridionale all'Angola, Namibia e Sud Africa.
     
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  13. gheagabry
     
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    Equus quagga quagga





    Il quagga (Equus quagga quagga) è una sottospecie estinta della zebra delle pianure, recentemente ricreata attraverso esperimenti e incroci selettivi, che un tempo viveva in Sudafrica (Provincia del Capo e zona meridionale dello Stato Libero dell'Orange). Si distingueva da tutte le altre zebre perché aveva le caratteristiche strisce nere soltanto sulla parte anteriore del corpo. Nella zona centrale del manto, le strisce si facevano più chiare e lo spazio bruno fra di esse si faceva più ampio. La porzione posteriore, infine, era interamente bruna.
    Il nome della sottospecie deriva dalla parola khoikhoi per designare le zebre. È un termine onomatopeico, visto che si dice riproducesse il suono dell'animale.

    Il quagga fu inizialmente classificato come una specie a sé stante (Equus quagga, 1788). Nei successivi 50 anni, molte altre zebre furono descritte da esploratori e naturalisti. Dal momento che nessuna zebra ha il manto identico a quello di un altro esemplare, i tassonomisti si trovarono così con un gran numero di specie classificate, senza poter dire con certezza quali fossero veramente specie a sé stanti, quali sottospecie o quali semplici varianti.

    Prima ancora che il dibattito giungesse al termine, il quagga fu cacciato fino all'estinzione per la sua carne e per procurarsi pascoli per il bestiame domestico. L'ultimo quagga allo stato brado fu probabilmente abbattuto sul finire degli anni Settanta del XIX secolo, mentre l'ultimo esemplare in cattività morì il 12 agosto 1883 nello zoo Artis Magistra di Amsterdam.
    A causa della confusione esistente, il quagga si estinse prima ancora che il dubbio riguardo alla sua classificazione venisse risolto. Recenti ricerche genetiche, tuttavia, hanno dimostrato che in realtà il quagga era una sottospecie fra le varie esistenti della zebra delle pianure (Equus burchelli). Si propose perciò di classificarlo come Equus burchelli quagga. Tuttavia, sulla base di una convenzione riguardo alla nomenclatura binomiale, nel caso in cui esistano due o più nomi scientifici in alternativa per designare la stessa specie, si dà la precedenza al nome coniato per primo. Dal momento che il quagga fu classificato 30 anni prima della zebra delle pianure, appare più corretto utilizzare la nomenclatura E. quagga quagga per il quagga e E. quagga burchelli per la zebra delle pianure.

    Proprio grazie alla stretta parentela tra il quagga e le varie sottospecie di zebre esistenti, in Sudafrica è stato varato un progetto per ricreare il quagga selezionando alcune zebre delle pianure con il manto scuro, con l'obiettivo finale di reintrodurre questo animale nel suo habitat naturale. Questo procedimento è noto come breeding back; il progetto viene condotto nel Karoo National Park, nella provincia di Western Cape. Negli ultimi anni il quagga è stato riportato in vita, il merito va a degli scienziati che facendo riprodurre diversi tipi di equini hanno ripopolato questo animale in Africa. Gli unici esemplari si trovano in uno dei centri nazionali del sud Africa.
     
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  15. ZIALAILA
     
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    LA RIPRODUZIONE delle Zebre


    le femmine di zebra sono sessualmente ricettive a intervalli di poche settimane ma la nascita dei piccoli coincide in genere con la stagione delle piogge , quando il cibo è più abbondante . Dal momento che la gestazione dura circa 1 anno anche gli accoppiamenti avvengono in genere durante la stagione delle piogge .
    Le zebre partoriscono un solo piccolo e la colorazione tipica a strisce degli adulti si sviluppa a circa 4 mesi di età .
    Il puledro è in grado di reggersi sulle zampe dopo circa 10 minuti dal parto e rompe il cordone ombelicale quando si alza .
    Nel giro di un'ora il puledro è in grado di camminare e poco dopo può trottare e andare al piccolo galoppo dietro la madre .
    igiovani maschi lasciano il branco all'età di 2 o 3 anni riunendosi con altri loro coetanei mentre le puledre restano nel branco fino a che si allontanano con uno stallone .


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    Longevita' : fino a 40 anni in cattività
    raramente più di 10 anni in natura
     
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