CASTORI, CONIGLI, SCOIATTOLI.

I RODITORI

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  1. gheagabry
     
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    Glis glis






    Il ghiro (Glis glis, Linnaeus, 1766) è un roditore della famiglia dei Gliridi; unica specie del genere Glis.

    Lungo circa 30 centimetri di cui 13 (circa) di coda, pesa in media 75 grammi.
    Ha una pelliccia di colore grigio castano sul dorso, mentre il ventre è bianco; il muso è caratterizzato da due grandi occhi e da folte e lunghe vibrisse (lunghi peli a lato del muso con funzione tattile), le orecchie, di forma rotondeggiante, sono piuttosto piccole e fuoriescono di poco dalla pelliccia. Può essere confuso con uno scoiattolo, da cui può essere distinto osservando la coda che mantiene sempre lunga e distesa.



    Il ghiro ha un areale che comprende Europa e Asia.
    In Europa è presente dal nord della Spagna fino all'Ucraina. In Italia è molto comune, tranne che nella Pianura Padana, nella penisola salentina, e nella Sicilia occidentale. È segnalato sulle Alpi fino ai 1500 metri di quota. In Sardegna è presente assieme ad una sottospecie locale che si credeva scomparsa. È inoltre presente in molte isole mediterranee tra cui l'isola d'Elba e l'isola di Salina.
    Predilige gli ambienti boschivi, a quote tra i 600 ed i 1500 m.
    Solitamente frequenta parchi, giardini e boschi, in particolare quelli ricchi di sottobosco e caratterizzati dalla presenza di vecchi alberi dove può reperire facilmente numerose cavità, all'occorrenza adibite a rifugio o nido. Soprattutto durante i mesi invernali, può servirsi delle case rurali come momentaneo riparo.



    Il ghiro è generalmente notturno: di solito esce dal proprio nascondiglio poco dopo il tramonto per poi ritornarvi prima dell'alba. Durante il giorno sta nascosto in cavità di alberi, in anfratti oppure in nidi, dalla forma rotondeggiante, che egli stesso costruisce con foglie, fronde e muschio.
    In autunno l'animale aumenta notevolmente di peso, accumulando così una notevole quantità di grasso che gli sarà essenziale per sopravvivere durante il lungo letargo invernale (resta in letargo per 6 mesi). Per il letargo possono essere contemporaneamente usati da più individui gli stessi ripari.

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    La dieta del ghiro, basata essenzialmente sui vegetali, varia durante l'arco dell'anno ed è costituita principalmente da castagne, ghiande, nocciole, bacche, frutti di bosco; in autunno vengono consumati anche i funghi. Una minima parte dell'alimentazione del ghiro può comprendere anche animali, in particolare alcuni invertebrati (insetti e molluschi).



    Il periodo riproduttivo si situa in primavera, al risveglio dal letargo. Le femmine partoriscono una sola volta all'anno, da 2 a 8 piccoli, dopo una gestazione di circa un mese. Può accadere che più femmine utilizzino contemporaneamente una cavità di un albero o lo stesso riparo per partorire ed allevare la prole; questo fatto accade generalmente quando in una zona si verifica una riduzione di rifugi naturali. In caso di pericolo o di eccessivo disturbo la femmina abbandona la tana e trasporta i propri piccoli in un luogo più sicuro.




    Una rara sottospecie, il ghiro sardo (Glis glis melonii), ritenuto estinto, è stato avvistato da una naturalista di Urzulei, a distanza di 25 anni dall'ultima segnalazione, nell'estate del 2006, nel Supramonte. È visibile anche nei boschi di Ollolai.






    Nell'immaginario collettivo il ghiro e' un animale che viene associato ai dormiglioni, ma per gli agricoltori di Ucria, un piccolo comune del messinese sui monti Nebrodi, questo piccolo roditore notturno si e' trasformato in un incubo che non permetto loro di dormire sonni tranquilli. L'economia della zona si basa infatti sulla produzione di nocciole, di cui i ghiri sono molto ghiotti. Con il risultato che gli agricoltori hanno chiesto alle autorita' competenti la dichiarazione di calamita' naturale perche' l'80% della produzione e' andata perduta a causa della voracita' di questi animali. Il comune ha inoltre invitato l'ente di sviluppo agricolo ''ad intraprendere ogni utile iniziativa al fine di monitorare la popolazione dei ghiri e di studiare lotte biologiche per il contenimento della stessa popolazione di roditori, informando gli agricoltori di ogni utile tecnica''.

    Dal 1992, infatti, il ghiro, e' annoverato tra le specie protette della fauna selvatica e pertanto non e' possibile utilizzare metodi e strumenti per reprimerlo. L'unica arma, spiegano al Comune di Ucria, consiste nell'adottare tecniche di coltivazione del nocciolo ''non lesive del sistema agroambientale e metodi di difesa della cultura con sistemi dissuasivi per l'animale nonche' interventi legislativi di compensazione del mancato reddito degli agricoltori''.





     
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