IL CANE

..l'amico fedele...

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  1. gheagabry
     
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    OGGI PARLIAMO DI CANI....I NOSTRI INSEPARABILI AMICI......MI PIACEREBBE CHE TUTTI PERESENTASSERO IL LORO CANE E RACCONTASSERO QUALCHE EPISODIO CURIOSO DELLA LORO VITA CON LORO....

    IL MIO CANE SI CHIAMA GHEA E' UN GORDON SETTER (SETTER SCOZZESE)



    da cucciolo





    adesso
     
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  2. gheagabry
     
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    Cane e padrone

    Poco importa di che taglia, razza o condizione,
    che sia bello, brutto oppur normale:
    il cane è davvero un animale
    e sulla strada fa tutte le sue cose.

    Il gatto invece è più signore:
    nessuno sa com’è, quand’è in amore,
    qualche volta di notte lo si sente,
    ma per il resto non si vede niente.

    Il cane ringrazia per ogni punizione,
    lecca la mano che lo tiene in prigione,
    è sempre al suo padrone sottomesso
    o anche viceversa, molto spesso.

     
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    .il cane...


    piccolo..grande..di taglia media.
    ma sempre il nostro fedelissimo amico..
    quello che..non ti giudica mai..
    quello che ti rimane a fianco..nonostante..lo hai rimproverato..
    quello che.......se....lo abbandoni..fa kilometri di strada..per..poter ritornare da te...


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  4. gheagabry
     
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    Sfida tra animali domestici: il cane vince sul gatto



    Il cane e il gatto sono da millenni gli animali domestici più vicini all’uomo, poiché posseggono numerose caratteristiche intellettive e comportamentali tali da renderli molto affini all’Homo sapiens sapiens.



    Ognuno di noi, alla domanda “Preferisci più il cane o il gatto?” si schiera immediatamente per l’uno o per l’altro per una serie di motivi che ricalca aspetti della propria soggettività. Magari si sceglie il cane perché è fedele e obbediente, perché permette di fare lunghe passeggiate in compagnia o giochi sfrenati all’aperto, perché si adegua all’umore e alle abitudini del padrone, perché si lascia addestrare senza grossi problemi, perché spesso è un pasticcione, perché il suo sguardo attento e devoto riempie d’amore.

    Oppure si preferisce il gatto perché ha un manto soffice, perché in fondo è molto indipendente e sa cavarsela bene anche in assenza del padrone, perché a volte è buffo e imprevedibile nei suoi atteggiamenti, perché è elegante e raffinato, perché è fra gli animali domestici più puliti, perché fargli le coccole rasserena e mette il buon umore.

    Mille altri ancora possono essere i motivi che fanno prediligere Fido o Felix, eppure al di là della soggettività della singola persona, ci sono alcuni aspetti che da un punto di vista scientifico possono essere messi a confronto e che obbiettivamente dicono in cosa primeggia il gatto o il cane.
    La rivista britannica New Scientist ha preso in considerazione undici categorie nelle quali “far confrontare” i due animali domestici con l’obiettivo di eleggere quello più affine all’uomo.
    Cervello, storia condivisa, legami, popolarità, comprensione, problem solving, trattabilità, capacità vocali, sviluppo sensoriale, impatto ambientale e utilità. Sono questi gli aspetti considerati dagli scienziati, e dopo un attento confronto il vincitore risulta essere il cane, come mostra la tabella sottostante, con un solo punto di scarto!



    Il peso medio del cervello dei cani è di 64 grammi contro i 25 grammi di quello dei gatti. Tuttavia, se si considera il rapporto tra la massa cerebrale e massa corporea, sono i felini a vincere. Inoltre, questi ultimi posseggono un numero maggiore di neuroni nella corteccia cerebrale: 300 milioni contro i 160 milioni di neuroni nei cani.
    L’uomo gode della compagnia del cane da molto pià tempo nel corso della sua storia rispetto a quella del gatto. Infatti, la storia condivisa tra uomo e Fido risale a circa 50.000 anni fa, come hanno dimostrato alcuni studi dell’Università della California, mentre quella tra uomo e Felix inizia “solo” a partire dall’antico Egitto.

    In merito alla qualità dei legami, è risaputo che i cani hanno una maggiore tendenza all’affiliazione, e tale caratteristica fa si che sia più facile addestrare un cane che un gatto, oltre che far definire il primo quale migliore e più fedele amico dell’uomo. Dal canto loro, i felini domestici conservano una buona dose di indipendenza, qualità assolutamente positiva.
    La popolarità di un animale domestico solitamente è indicata dal loro numero di presenze nelle case delle persone. Mettendo a confronto i dieci paesi al mondo con prevalenza domestica di gatti e quelli con prevalenza domestica di cani, risulta che nel primo caso il totale di felini è di 204 milioni, contro i 174 milioni di cani. Dunque i gatti risultano più popolari.

    In seguito a numerosi esperimenti volti a verificare i livelli di comprensione dei due animali, si è visto che i cani primeggiano sui gatti. Gli scienziati, però, avvertono che i risultati possono essere dovuti anche alla naturale predisposizione del cane ad ascoltare l’uomo e seguire le sue istruzioni. Lo stesso esito si verifica quando si pongono i due animali di fronte a situazioni non immediatamente risolvibili: la capacità di problem solving del cane è senza dubbio più spiccata rispetto a quella felina. Anche a livello di trattabilità i cani risultano essere più docili e socievoli rispetto ai gatti.

    La vocalizzazione dei gatti sembra essere più raffinata di quella dei cani, sia per quantità di estensioni sonore che riescono a produrre, sia per il loro utilizzo. Infatti, si è visto che i gatti riescono a modulare le vocalizzazioni anche a livello subliminale, a seconda dell’importanza e urgenza del loro messaggio o della loro richiesta. In pratica, fanno un po’ come i bambini che strillano più forte quando più impellente è il loro bisogno.

    Per ciò che riguarda i sensi, i gatti posseggono un olfatto e una vista più sviluppati rispetto a quelli canini, mentre gli altri possono considerarsi alla pari.
    Il gatto vince anche sull’impatto ambientale, che mediamente risulta molto inferiore di quello di un cane di medie dimesioni. In condizioni di naturalità, infatti, occorrono circa 0,15 ettari perché un gatto possa vivere e soddisfare tutti i suoi bisogni, contro gli 0,84 ettari di impatto ecologico di un cane.
    Ma la categoria che fa salire Fido sul podio è l’utilità per l’uomo. I cani sono utilizzati per fare la guardia, per la caccia, per il soccorso in acqua, in montagna o sotto le macerie, per l’accompagnamento dei disabili, per la ricerca di materiali sospetti e pericolosi, e molto altro ancora.

    Nel caso del gatto, invece, i suoi principali utilizzi da parte dell’uomo sono l’allegra e soffice compagnia (la quale ovviamente forniscono anche i cani), spesso antistress, e la cattura di animali spiacevoli quali topi e serpenti.

    Dunque, tra tutte le categorie analizzate, vince il cane!
    Tuttavia, spetta a ognuno di noi considerare le proprie prerogative nella scelta di un animale domestico e associarle con giudizio alle caratteristiche del cane o del gatto, sempre cercando di rispettare la sua naturale indole.





     
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  5. gheagabry
     
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    I cani degli egizi

    Anubi era la divinità funeraria, il guardiano fedele delle tombe e del sonno dei defunti che presiedeva ai riti dell'imbalsamazione, era anche il dispensatore della buona sorte: veniva rappresentato come un cane nelle sculture




    (Il dio Anubi: sacello della tomba di Tutankhamon 1330 a.C., il Cairo, Museo Egizio).


    I cani nella Grecia antica

    La pittura ellenistica affida agli affreschi interni ed ai mosaici la descrizione dei cani da caccia del tempo, ancora segugi impegnati nella caccia al cervo




    (Mosaico ellenistico Caccia al Cervo, Museo di Pella)


    I cani dei dei ed eroi della mitologia greca

    Della Scuola di Fontainbleau, affine al manierismo italiano, è la tela del Louvre Diana cacciatrice. L'anonimo autore dà un bell'esempio dell'armonia e della grazia tipiche degli artisti formatisi nella Scuola di Fontainbleau, tanto da scegliere un cane atipico per la dea della caccia, un levriero che è infatti il cane simbolo dell'eleganza per eccellenza.




    (Diana cacciatrice, Scuola di Fontainbleau, Parigi, museo del Louvre).


    I cani nella Sacra Famiglia ed episodi della vita di Cristo

    Un levriero viene dipinto immobile ai piedi del più giovane dei magi ne L'adorazione dei magi di Roger Van Der Weyden: i tre re, che vestono sontuosi abiti contemporanei al pittore, rappresentano le tre età dell'uomo ed il levriero accucciato vicino al mago più giovane sembra simboleggiarne non solo l'eleganza ma anche l'agilità.




    (L'adorazione dei magi di Roger Van Der Weyden, Pala di Santa Colomba, Colonia, 1455)


    I cani nell'arte rinascimentale

    Antonio Pisano detto il Pisanello agli inizi del quattrocento, preparando gli affreschi della Cappella Pellegrini di Verona, esegue un raffinatissimo disegno a penna e acquarello in cui l'artista studia con attenzione scientifica un levriero. I particolari del cane e le forme anatomiche sono indagati con estrema meticolosità: la cura con cui sono rappresentati pelo e tendini fanno scrivere al Vasari che gli animali riescono al Pisanello "tanto propria e vivi come è possibile immaginarseli".




    (Pisanello, levriero, disegno a penna e acquello, Museo del Louvre di Parigi)



    I cani metafisici

    Il cane di Carrà è stilizzato e si erge come macchia di colore in contrasto col freddo pavimento azzurro verde. E' uno dei primi quadri di Carrà che inizia a dipingere qualche anno prima, differenziandosi dall'ironia mista ad intellettualismo di De Chirico. Il tema del quadro rivela la sua volontà di recuperare la tradizione pittorica italiana
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    (Le figlie di Loth di Carlo Carrà).
     
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    LA STORIA E L´ORIGINE DEL CANE RICERCA DI MICHELE PAPPACODA VIDEO E FOTO


    iore amico dell'uomo
    Mammifero carnivoro (costretto dall’uomo a vivere da onnivoro) della famiglia dei Canidi che lo zoologo Huxley, basandosi specialmente sulla osteologia, suddivise in tre generi: Otocyon, Vulpes, Lupus. Il primo è rappresentato dall’Otocyn megalotis, originario dell’Africa meridionale e che, per i suoi caratteri, è da considerarsi vicino al tipo primitivo: ha testa larga, non grande, orecchie molto lunghe, e gran numero di denti. Il genere Vulpes compendia la serie Alopecoide con testa piuttosto piatta, priva di caduta fronto-nasale, coda lunga e folta e pupilla verticale e ellittica. Il genere Lupus forma la serie Tooide, con cranio per lo più convesso, separato dalla canna nasale con caduta più o meno accentuata; la pupilla è di forma rotonda (come nel cane e nell’uomo).
    Da quale canide discenda il Cane domestico non è facile stabilire e molti naturalisti vi si sono cimentati senza pervenire a conclusione precisa: è probabile tuttavia la discendenza dal lupo o dallo sciacallo. Entrambi potrebbero essere stati addomesticati dall’uomo, entrambi dimenano la coda in segno di gioia, entrambi si cibano volentieri di ciò di cui il Cane appetisce. Secondo lo Studer sarebbe esistita una forma estinta, il canis ferus che avrebbe dato origine al canis familiaris. Altri studiosi sono pure d’avviso che le forme lontanissime ancestrali siano estinte: l’austriaco Fitzinger ne cita sette. Sull’origine monofiletica o polifiletica del Cane domestico i pareri sono pure discordi. Della prima opinione fu Linneo. Buffon vorrebbe il Cane da pastore capostipite delle diverse razze, considerando quelle discendenti prodotto del clima, dell’allevamento, delle mutazioni. Altri ancora, e segnatamente Jetteles giunsero alla conclusione dell’origine polifiletica del Cane: quest’ultimo indicò lo sciacallo come il progenitore del Cane della torba, del lupo indiano e del Cane da pastore, e nel lupo-sciacallo africano scorse il capostipite di molti Cani dell’antico Egitto e nel canis antbus, tenue varietà del lupo sciacallo (canis lupaster), quella del levriere. Anche Darwin afferma che dai documenti paleontologici sorge l’idea della pluralità d’origine del Cane selvaggio. Il Cane, comunque, si trova accanto all’uomo dalle epoche più remote. Sicuramente da quando ebbe inizio la domesticazione degli animali utili: il bue, la pecora, il maiale. È assai probabile che il Cane fosse il primo animale che l’uomo sottomise, forse a eccezione della renna. La razza più antica addomesticata fra i Cani che vennero osteologicamente scoperti in territorio europeo, è il Cane della torba o Canis familiaris palustris. Con i costruttori di palafitte si ebbero il Cane della torba anzidetto, il bue della torba, la pecora della torba, la capra della torba, il maiale della torba. Afferma lo Tschudy che basandoci sui reperti osteologici troviamo che oltre al Cane della torba gli altri animali domestici dimostrano la loro discendenza da animali oriundi dell’Asia e con ciò viene risolto anche l’enigma circa la località da cui provennero gli uomini delle palafitte. Dal tipo primitivo si ebbero, sempre in lontanissime epoche, altre forme poiché il Cane così addomesticato rivelò stupefacenti possibilità di adattamento. Via via, nelle scoperte di fossili successive si reperirono reliquati lo studio dei quali rivelò le forme che dettero origine ai vari gruppi. Così negli strati del bronzo si scoprirono cani di grossa taglia e a questo tipo di cane fu dato il nome di Canis familiaris matris optimae o Cane del bronzo, probabile ancestrale del Cane da pastore. Una terza forma preistorica fu stabilita nel Canis familiaris intermedium o Cane della cenere (in quanto i fossili vennero ritrovati in depositi di cenere), probabile progenitore di cani da caccia. Altro ancora è il Canis familiaris di Inostranzewi che naturalisti designano come antenato degli attuali alani, mastini e di alcuni tipi di Cani da pastore di grossa taglia e Cani da slitta; infine il Canis familiaris Leineri, capogruppo probabile dei levrieri. Sulla diffusione della forma preistorica principale, il Canis familiaris palustris, si fecero constatazioni veramente sorprendenti. L’attuale volpino parrebbe essersi conservato immutato attraverso i millenni, con caratteristiche simili al Cane delle torbiere. In Europa si riscontra, nei tempi preistorici, dappertutto; lo si trova, con tipi fossili analoghi, in tutta l’Asia, in alcune isole del Pacifico, nel Madagascar. Simbolicamente e osteologicamente è presente nell’antico Egitto e così pure nell’interno dell’Africa. Anche i vari tipi di terriers e di pinscher, nella loro forma originaria, proverrebbero dal Cane palustre (forse meno provato che per il volpino). Da notare peraltro che graffiti di 5000 anni a.C. raffigurano Cani simili all’attuale Basenti congolese in cui molti vedrebbero il progenitore del moderno terrier. Sempre stando alle figurazioni, anche perché la paleontologia presenta i suoi lati oscuri, troviamo tipi di terriers su monumenti funerari egizi. La tomba attribuita a un faraone della X dinastia (2300 anni a.C.) presenta 4 Cani: un volpoide, un segugio, un levrieroide e un tipo assai simile al Basenti. Presso gli Assiri viveva un grosso Cane che si ritiene progenitore degli attuali mastini: numerose sono le rappresentazioni con motivi di caccia su bassorilievi di costruzioni babilonesi e assire sino a 10 secoli avanti Cristo. Quei cani enormi, afferma il naturalista Keller, sarebbero stati originati dal Cane del Tibet di dimensioni assai grandi che si è conservato immutato nel tempo e ancor oggi esiste se pure in taglie ridotte rispetto alle forme primitive. La diffusione così viene descritta: “Dall’altopiano del Tibet l’animale addomesticato si propagò nel Nepal, nell’India e contemporaneamente in Cina. La cultura babilonese-assira lo ebbe per tempo. Sembra che sul suolo africano non vi sia stato all’epoca dei Faraoni, mentre il Mastino si presenta al tempo di Alessandro e con il suo esodo dall’India viene trasportato sul suolo greco come regalo al re Poro e si inizia ivi l’allevamento del molosso che più tardi si continua tra i popoli di Roma”. Gran parte delle razze canine che si sparsero per il mondo o per mezzo dei Fenici che notoriamente navigarono tutti i mari allora conosciuti, o per mezzo delle migrazioni dei popoli nomadi e non ultimo a mezzo degli eserciti invasori, trarrebbe la sua origine dalla vetusta forma del mastino assiro. In ogni tempo e in ogni parte del mondo il Cane è universalmente conosciuto. Zarathustra (Iran, VII sec. a. C.) nell’Avesta, testo sacro della religione mazdeista, celebra il Cane e afferma addirittura che “il mondo sussiste per l’intelligenza del cane”. Le civiltà cinese, quella americana dei Maya, Incas e Atzeca rivelano sculture di antichissime forme canine. I Romani allevarono molossi per i combattimenti nei circhi e così pure i Britanni. Nella campagna romana, in Abruzzo e in altre zone meridionali dell’Italia residuano robusti cani da pastore (cani da pastore maremmano-abruzzesi) oggi bene allevati e riselezionati, conservatisi peraltro tali dall’epoca di Roma, così come gli attuali Mastini Napoletani residuano nell’Italia meridionale, discendenti dagli antichi molossi che servivano anche per la guardia e che venivano chiamati Cani da corte o da cortile. Columella (I sec.d. C.), nel De re rustica, ne diede un’accurata descrizione. Ancor prima, Senofonte aveva scritto un libro sui Cani da caccia. Durante l’impero, esistevano all’estero, istituiti da Roma, degli speciali ufficiali, i “Procuratores cinogie” per la raccolta di cani pregiati d’allevamento, i quali, convogliati alla capitale, venivano destinati ai canili di addestramento o per la riproduzione. I Romani, per concludere, così classificavano i Cani: Canes vanatici, Canes pastorales, canes villatici.
    Venendo a epoca più recente, molto importante è la suddivisione delle razze canine, esistenti in Inghilterra nel 1570, fatta dal dr. Caius, al secolo John Keys, nell’opera in latino De canibus britannicis. Il Medioevo e il Rinascimento segnano il trionfo dei Cani da caccia, specie delle razze di segugi le cui mute (in Francia si crearono razze proprie di grandi Casate) costituivano appannaggio di re e di potenti. Famiglie illustri, anche italiane, usavano scambiarsi coppie o mute di Cani come doni di superlativo pregio. Anche i cani da salotto erano tenuti in grande considerazione tra le grandi dame e dipinti celebri (Tintoretto, Tiziano, Carpaccio, Watteau, Boilly, Goya e tanti altri) ne hanno immortalato le sembianze e indicano che vari tipi sono rimasti pressoché immutati.
    Dal Buffon (1707-1788) fino a noi, vennero tracciate varie classificazioni scientifiche: Buffon si basava sulla forma e sul portamento delle orecchie, Cuvier (1769-1632) stabilì una classificazione in base alla conformazione craniana con 4 classi suddivise in sezioni, Cornevin sulle particolarità del cranio, sul portamento delle orecchie e sulla natura del pelo, Dechambre (attorno al 1920) sulla natura della testa e sulle estremità, classificando le razze canine in rettilinee, concavilinee e convessilinee, regolando le suddivisioni anche in base alla varietà di pelo. Pierre Mégnin, contemporaneo, ha diviso tutte le razze in 4 gruppi: Lupoide, Braccoide, Molossoide e Graioide, e in ogni gruppo considera cinque stature e moli. Per la redazione degli standards (modello tipo) viene tutt’oggi considerata quest’ultima classificazione benché non rigorosamente scientifica. Il Cane è oggigiorno diffuso in ogni parte del mondo, impiegato come in tutti i tempi, per la caccia, la guardia, la pastorizia, la compagnia, il tiro (in Belgio esiste un mastino impiegato per il traino dei carretti del latte), servizi di guerra e sanitari. A tante molteplici attività si sono recentemente aggiunti i servizi per la polizia, antibracconaggio e, la più nobile, per la guida dei ciechi. In Inghilterra i Cani giuda vengono chiamati Seeing eye (l’occhio che vede). Nelle terre polari tra il 64° e il 72° grado di latitudine, nella regione boreale che comprende la Siberia, la Lapponia, la Kamcatka, la Groenlandia, l’Islanda e l’Alaska, vivono in grandissimo numero Cani per traino delle slitte, di varie razze, presenti da quando esiste l’uomo come abitante di quelle desolate terre, indispensabili alla sua vita nel grande Nord. Meravigliosa è l’attività di quei fortissimi Cani che percorrono da 30 a 40 km al giorno, instancabilmente (un gruppo di 15 Cani traina carichi sino a 700 kg.).
    Michele Pappacoda

















     
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  7. neny64
     
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    CITAZIONE (gheagabry @ 18/5/2010, 13:45)
    Sfida tra animali domestici: il cane vince sul gatto

    (IMG:http://i39.tinypic.com/1z4wcb4.jpg)



    Il cane e il gatto sono da millenni gli animali domestici più vicini all’uomo, poiché posseggono numerose caratteristiche intellettive e comportamentali tali da renderli molto affini all’Homo sapiens sapiens.

    (IMG:http://i39.tinypic.com/2uh25nk.jpg)



    Ognuno di noi, alla domanda “Preferisci più il cane o il gatto?” si schiera immediatamente per l’uno o per l’altro per una serie di motivi che ricalca aspetti della propria soggettività. Magari si sceglie il cane perché è fedele e obbediente, perché permette di fare lunghe passeggiate in compagnia o giochi sfrenati all’aperto, perché si adegua all’umore e alle abitudini del padrone, perché si lascia addestrare senza grossi problemi, perché spesso è un pasticcione, perché il suo sguardo attento e devoto riempie d’amore.

    Oppure si preferisce il gatto perché ha un manto soffice, perché in fondo è molto indipendente e sa cavarsela bene anche in assenza del padrone, perché a volte è buffo e imprevedibile nei suoi atteggiamenti, perché è elegante e raffinato, perché è fra gli animali domestici più puliti, perché fargli le coccole rasserena e mette il buon umore.

    Mille altri ancora possono essere i motivi che fanno prediligere Fido o Felix, eppure al di là della soggettività della singola persona, ci sono alcuni aspetti che da un punto di vista scientifico possono essere messi a confronto e che obbiettivamente dicono in cosa primeggia il gatto o il cane.
    La rivista britannica New Scientist ha preso in considerazione undici categorie nelle quali “far confrontare” i due animali domestici con l’obiettivo di eleggere quello più affine all’uomo.
    Cervello, storia condivisa, legami, popolarità, comprensione, problem solving, trattabilità, capacità vocali, sviluppo sensoriale, impatto ambientale e utilità. Sono questi gli aspetti considerati dagli scienziati, e dopo un attento confronto il vincitore risulta essere il cane, come mostra la tabella sottostante, con un solo punto di scarto!

    (IMG:http://i44.tinypic.com/2gt0wb5.jpg)



    Il peso medio del cervello dei cani è di 64 grammi contro i 25 grammi di quello dei gatti. Tuttavia, se si considera il rapporto tra la massa cerebrale e massa corporea, sono i felini a vincere. Inoltre, questi ultimi posseggono un numero maggiore di neuroni nella corteccia cerebrale: 300 milioni contro i 160 milioni di neuroni nei cani.
    L’uomo gode della compagnia del cane da molto pià tempo nel corso della sua storia rispetto a quella del gatto. Infatti, la storia condivisa tra uomo e Fido risale a circa 50.000 anni fa, come hanno dimostrato alcuni studi dell’Università della California, mentre quella tra uomo e Felix inizia “solo” a partire dall’antico Egitto.

    In merito alla qualità dei legami, è risaputo che i cani hanno una maggiore tendenza all’affiliazione, e tale caratteristica fa si che sia più facile addestrare un cane che un gatto, oltre che far definire il primo quale migliore e più fedele amico dell’uomo. Dal canto loro, i felini domestici conservano una buona dose di indipendenza, qualità assolutamente positiva.
    La popolarità di un animale domestico solitamente è indicata dal loro numero di presenze nelle case delle persone. Mettendo a confronto i dieci paesi al mondo con prevalenza domestica di gatti e quelli con prevalenza domestica di cani, risulta che nel primo caso il totale di felini è di 204 milioni, contro i 174 milioni di cani. Dunque i gatti risultano più popolari.

    In seguito a numerosi esperimenti volti a verificare i livelli di comprensione dei due animali, si è visto che i cani primeggiano sui gatti. Gli scienziati, però, avvertono che i risultati possono essere dovuti anche alla naturale predisposizione del cane ad ascoltare l’uomo e seguire le sue istruzioni. Lo stesso esito si verifica quando si pongono i due animali di fronte a situazioni non immediatamente risolvibili: la capacità di problem solving del cane è senza dubbio più spiccata rispetto a quella felina. Anche a livello di trattabilità i cani risultano essere più docili e socievoli rispetto ai gatti.

    La vocalizzazione dei gatti sembra essere più raffinata di quella dei cani, sia per quantità di estensioni sonore che riescono a produrre, sia per il loro utilizzo. Infatti, si è visto che i gatti riescono a modulare le vocalizzazioni anche a livello subliminale, a seconda dell’importanza e urgenza del loro messaggio o della loro richiesta. In pratica, fanno un po’ come i bambini che strillano più forte quando più impellente è il loro bisogno.

    Per ciò che riguarda i sensi, i gatti posseggono un olfatto e una vista più sviluppati rispetto a quelli canini, mentre gli altri possono considerarsi alla pari.
    Il gatto vince anche sull’impatto ambientale, che mediamente risulta molto inferiore di quello di un cane di medie dimesioni. In condizioni di naturalità, infatti, occorrono circa 0,15 ettari perché un gatto possa vivere e soddisfare tutti i suoi bisogni, contro gli 0,84 ettari di impatto ecologico di un cane.
    Ma la categoria che fa salire Fido sul podio è l’utilità per l’uomo. I cani sono utilizzati per fare la guardia, per la caccia, per il soccorso in acqua, in montagna o sotto le macerie, per l’accompagnamento dei disabili, per la ricerca di materiali sospetti e pericolosi, e molto altro ancora.

    Nel caso del gatto, invece, i suoi principali utilizzi da parte dell’uomo sono l’allegra e soffice compagnia (la quale ovviamente forniscono anche i cani), spesso antistress, e la cattura di animali spiacevoli quali topi e serpenti.

    Dunque, tra tutte le categorie analizzate, vince il cane!
    Tuttavia, spetta a ognuno di noi considerare le proprie prerogative nella scelta di un animale domestico e associarle con giudizio alle caratteristiche del cane o del gatto, sempre cercando di rispettare la sua naturale indole.




    (IMG:http://i41.tinypic.com/iegsau.jpg)


    GRAZIE GABRY !!! COMUNQUE IO SONO PER IL GATTO.......


    Sandro
     
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  8. gheagabry
     
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    Quante volte avete sentito dire “Il cane è il miglior amico dell’uomo”? É ormai uso comune riferirsi al cane come a un amico fedele e il motivo è profondamente radicato nella nostra storia evolutiva.

    Il legame tra l’uomo e il cane risale infatti alla preistoria. Dai più recenti studi sul ritrovamento dei fossili, è stato appurato che già 12000 anni fa (ma alcuni reperti suggeriscono sia possibile arrivare fino a 40000) un antenato del cane molto simile al lupo, era perfettamente integrato nella primitiva società umana. L’uomo si serviva del cane per andare a caccia, per fare la guardia al campo e come spazzino del cibo che veniva scartato.

    Bisogna considerare che c’è stato un periodo storico in cui hanno convissuto contemporaneamente l’Homo di Neanderthal, l’Homo Sapiens e il lupo. É assai probabile che il motivo per cui oggi noi discendiamo dal Sapiens e non dal Neanderthal, sia da imputare all’alleanza sorta all’epoca tra il Sapiens e il lupo. La possente struttura fisica del Neanderthal lo rendeva indubbiamente un predatore più forte del Sapiens e forse anche del lupo. Questi due predatori, resisi conto che nei territori di caccia era sempre più difficile procurarsi il cibo a causa del Neanderthal, strinsero una primitiva forma di alleanza, iniziando a cacciare insieme e conseguendo così risultati migliori di quelli ottenuti dal Neanderthal da solo. L’inizio del binomio uomo-cane ha quindi origini molto antiche e forse la razza umana deve la sua esistenza oggi a quel legame che unì il nostro antenato a quello del cane. Il “bisogno” sociale che noi abbiamo di questi animali è quindi radicato nel nostro DNA, esattamente come lo è per i cani nei confronti dell’uomo. Perciò, dire che “il cane è il miglior amico dell’uomo” non è una banalità, ma una realtà che ha solide basi storiche e genetiche. A tutti gli effetti, il cane fu il primo animale ad avvicinarsi all’uomo e tutt’oggi è quello che meglio ci comprende e che, meglio di altri, noi riusciamo a capire. Ma è proprio vero? In parte sì, perché la comprensione del cane è insita nella nostra filogenesi, ma, a conti fatti, molti dei segnali che il cane manda, noi li recepiamo in modo sbagliato. Il linguaggio del cane e quello umano raramente coincidono.

    Quando un cane sbadiglia pensiamo che si stia annoiando o abbia sonno; quando si gratta che abbia prurito o addirittura le pulci; quando si lecca il muso che abbia fame; quando annusa in terra che stia seguendo una pista. A volte è realmente così, ma se tenessimo conto delle situazioni nelle quali questi comportamenti si verificano, ci accorgeremmo che la maggior parte delle volte questi non sono che la risposta a uno stimolo esterno.

    Sbadigliare, leccarsi il muso, annusare a terra o grattarsi, rappresentano una forma di comunicazione definita come “segnali calmanti” o “di pacificazione”, che l’animale usa, secondo i casi, per calmare se stesso in una situazione di stress (anche lieve) o di preoccupazione, oppure per comunicare a un conspecifico (ma viene usato anche interspeciem) di stare tranquillo, che non ha cattive intenzioni ed è ben disposto nei suoi confronti.Un’altra cosa che dobbiamo considerare, quando ci rapportiamo a un cane, sono le sue motivazioni di specie, che spesso ignoriamo totalmente. Ad esempio, tenere in appartamento un cane come il beagle, poiché di taglia medio-piccola, non fa che frustrarlo terribilmente, visto che ha una fortissima motivazione predatoria ben radicata nella sua filogenesi e ha quindi bisogno di ampi spazi dove correre e seguire tracce, per soddisfare questi suoi bisogni innati; così come far vivere un alano, poiché di taglia grande, in giardino, anche con la pioggia o in pieno d’inverno, significa causargli danni fisici non indifferenti, vista la fragilità della sua salute e la sua natura fortemente sociale, che lo rende a tutti gli effetti un cane “da appartamento”; o ancora utilizzare un dobermann come cane da guardia o da difesa pensando che sia “cattivo” significa arrecargli una violenza bell’e buona, considerando che si parla di un animale di indole pacifica, socievole, che ha una predisposizione naturale a legarsi con i bambini. In breve, esistono molteplici credenze errate che ruotano intorno ai cani, in taluni casi fuorvianti al punto da rischiare di creare danni seri non solo a loro ma di riflesso anche a noi, che finiamo per instillare paure, stress o aggressività in animali che per loro natura non dovrebbero averne. Purtroppo, nel corso della storia, il legame tra uomo e cane è risultato sempre sbilanciato, spostato verso la zootecnia. Gli uomini si sono serviti del cane, senza badare molto alle sue necessità, per il pascolo, la caccia, la guardia agli armenti e alle abitazioni, per il traino e addirittura in guerra. Vale la pena ricordare, a questo proposito, che durante la seconda guerra mondiale gli americani rischiarono di estinguere la razza Halaskan Malamute a causa del loro uso spropositato nelle azioni di guerriglia. Il cane è anche stato oggetto di vari simbolismi, basti pensare ad Anubi, il dio cane-sciacallo a guardia dell’oltretomba degli Egizi; o a Cerbero, il cane a tre teste a guardia dell’Inferno nella mitologia greca.

    Per fortuna, negli ultimi anni sta venendo alla luce una scuola comportamentale di impronta cognitivo-zooantropologica che sta pian piano dissipando i dubbi e le false credenze derivanti dalla visione behaviurista secondo cui il cane non ha alcuna modalità di pensiero ma una semplice reazione del tipo stimolo-risposta. Gli studi congitivo-zooantropologici hanno evidenziato come il cane, messo di fronte a una serie di problematiche, agisca in base a delle mappe mentali, a delle rappresentazioni di quel problema e delle possibile soluzioni in base ai risultati ottenuti in precedenza. Dopo secoli di cammino fianco a fianco, sembra che l’evoluzione stia portando l’uomo a comprendere finalmente il cane, da sempre suo compagno di vita.



    Un’antica leggenda degli indiani Navajo narra che dopo la creazione del mondo, il Grande Spirito separò gli animali dall’uomo disegnando una linea sulla sabbia che sarebbe poi diventata una catena montuosa. Il cane però saltò dall’altra parte decidendo di vivere con la creatura che amava di più: l’uomo.

    Daniele Picciuti




     
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    Cane Siberian Husky

    Tipo
    utilizzato nelle corse da slitta per la grande abilità e per la straordinaria resistenza, non è un cane da guardia, ma è un cane da compagnia.
    oxa












    Origini
    Siberia




    Alimentazione
    hanno necessità minime di cibo
    ancora oxa..









    Altezza
    55 cm. per 22Kg. di peso




    Intelligenza
    è dotato di spiccata intelligenza, nella vita in casa è dolce e affettuoso e accoglie gli ospiti in modo cordiale




    Adattabilità ai bambini
    ottimo cane da compagnia, vivace, molto affettuoso e giocherellone. E’ un cane socievole, docile, intelligente




    Colori mantello
    mantello fitto e morbido di media lunghezza, il sottopelo morbido, folto e lanuginoso. I colori vanno dal grigio scuro al grigio argentato, dal sabbia chiaro al nero con macchie bianche


    Le nostre bellissime foto da usare come sfondi desktop sul tema Cani

    Edited by ginakarlo - 18/5/2010, 14:58
     
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  10. ringo47
     
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    DOGO ARGENTINO




    il mio cane Cassius



    La storia

    Razza creata, con passione, capacità, intuito, dal Dr. Antonio Nores Martinez (medico chirurgo e profondo conoscitore di genetica) nella provincia di Cordoba e continuata dal fratello, Dr. Agustin Nores Martinez (Giurista) dal 1956 a Esquel, nella regione del Chubut (Patagonia), dopo la morte di Antonio, ucciso e derubato durante una battuta di caccia. Selezionato in funzione della caccia al cinghiale e a tutto il selvatico alla sua portata, veniva utilizzato anche contro il puma. Le razze utilizzate sono state dieci,
    (perro de pelea cordobes, mastino spagnolo, bull terrier, boxer, pointer, alano arlecchino, dogue de bordeaux, buldog inglese, levriero irlandese, mastino dei pirenei) ma il perro de pelea cordobes è stato il maggior artefice della creazione della razza dogo argentino, le altre nove razze hanno contribuito solo in parte e a volte del tutto marginalmente. Standard che per quasi 70 anni è rimasto tale e quale a quello stilato nel 1928 (a parte qualche aggiunta) quasi fosse una reliquia, tanto che nessuno, fino ad oggi, ha mai osato porre mano, per chiarire alcuni aspetti che risultano, ai meno esperti, ancora poco comprensibili. Il primo profondo conoscitore italiano della razza è stato il professore di Antropologia, Etnologia e Genetica dell'Università di Torino, Dr.Alfredo Sacchetti, che analizzò scientificamente lo stato di stabilità genetica della razza giunta alla 13ma generazione, presso l'Università di Cordoba. Studio scientifico che fece parte della documentazione a corredo per il riconoscimento della razza. (1964) Nei primi anni 70 il dogo apparve in Italia, ma, tenendo conto dei tempi (anni di piombo) e del suo "primo impiego", entrò sicuramente col "piede sbagliato". Per fortuna, in questi ultimissimi anni la situazione è cambiata e le persone che si avvicinano a questa razza non sono più quelle che, del dogo, apprezzavano solo la indomita combattività. In Argentina, per il cacciatore, il dogo rappresentava tutto: la passione, l'indomito coraggio, la destrezza, la forza, la lotta cruenta, il vivere grandi giornate di caccia, gustando sapori primordiali di rara intensità emotiva. In Italia (e in molti paesi occidentali) il dogo ha trovato altri impieghi, diversi da quelli per cui è stato creato.



    ancora Cassius




    In generale

    Il Dogo è un cane da presa destinato alla caccia grossa, e quindi si cerca di selezionare i soggetti ai massimi limiti della taglia, in quanto una massa inferiore diminuirebbe I'efficacia in azione. Il suo aspetto sportivo e muscoloso, e il suo candido mantello, esclusivamente bianco, sono elementi ormai perfettamente fissati. Col suo look da guardia del corpo, rimane tuttavia elegante nelle line e ben proporzionato.

    Carattere

    Il fascino ed il rispetto che desta questa razza, in molti casi sono rimasti immutati. Trovare il giusto compromesso tra i vari indirizzi di pensiero sull'utilizzo del dogo (caccia, guardia, difesa, compagnia....), rispettando le motivazioni etico/storiche di chi ha creato la razza e di chi ha vissuto per essa, sarà il banco di prova che unirà o dividerà gli appassionati e allevatori italiani in un prossimo futuro. Il Club Dogo Argentino Italia sarà il punto di riferimento primario, di tutti gli appasionati di dogo, per impedire che la confusione e la disinformazione sulla razza, che hanno caratterizzato questi ultimi anni, continuino ad imperversare indisturbate in Italia. La confusione e la disinformazione sono stati gli aspetti negativi che hanno spinto molti appassionati a creare anche in Italia il Club di razza per porre freno ad una informazione ad uso e consumo solo dei propri interessi e non della razza.

    Caratteristiche

    Il cranio è massiccio, di lunghezza equivalente a quella del muso. La testa è quella classica di un cane da presa, sia per la sua potenza da tutti i punti di vista, sia per la forte mascella.Gli occhi sono scuri o color nocciola. Il naso è pigmentato di nero, le orecchie sono alte sulle testa, erette o semi-erette di forma triangolare. Il collo è grosso e ben arcuato, il petto largo e profondo le zampe molto muscolose.

    Taglia: lo standard indica un'altezza da 60 a 65 cm al garrese, anche se alcuni soggetti, soprattutto nei Paesi Bassi e nei e paesi dell'est, raggiungono facilmente i 70 cm.
    Colori: completamente bianco.
    Coda: larga e grossa, non supera il garretto ed è portata pendente.



     
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  11. gheagabry
     
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    Dopo il primo impatto con l’uomo preistorico, e quindi con la caccia, addentriamoci ancora all’interno del mondo canino, ripercorrendone i passi attraverso la storia e soffermandoci su un’altra caratteristica fondamentale dei cani, la guardia, che come la caccia venne scoperta e immediatamente utilizzata dall’uomo.

    Le raffigurazioni preistoriche non riguardano i cani. Chiaramente gli artisti del tempo erano più attratti dal riprodurre grandi bisonti, elefanti, renne, gli animali che venivano cacciati e uccisi e che poi diventavano cibo, che fornivano pellicce e quindi il Canis Familiaris manca completamente nelle prime preistoriche forme d’arte. Esso era sicuramente un compagno abituale, che non richiamava l’attenzione in questo senso, fino a quando anche queste prime forme d’arte si sono evolute e sono cambiati anche i soggetti rappresentati. Appaiono le iene e gli sciacalli e circa nel 4.500 a.C. ecco comparire anche i cani, dipinti nell’atto di aiutare i cacciatori. E’ stato ritrovato anche un coltello, risalente a 4-5 mila anni fa, sul cui manico è ritratto un cane con un collare. Molte rappresentazioni hanno convinto gli storici e gli esperti riguardo al fatto che il cane venisse utilizzato anche per fare da guardia ai villaggi.

    Le prime rappresentazioni di cani che più si avvicinano alle razze che oggi noi conosciamo arrivano dall’Egitto, si possono riconoscere Bassotti e Segugi. Dall’Oriente vennero importati i Mastini e i Levrieri e pare che furono i Fenici a contribuire alla conoscenza e all’arrivo di cani sempre nuovi a Roma o in Grecia, perchè tra i loro numerosi commerci c’erano anche quelli che riguardavano i cani.

    I cani vennero inseriti anche nei culti religiosi. In Egitto venivano erette maestose tombe per loro ed erano reati gravissimi il malatrattamento o l’uccisione, punibili anche con la pena di morte. Anche per i Persiani l’uccisione di un cane era uno tra i reati più gravi. Per i Greci i cani erano stati forgiati per l’uomo dal Dio Vulcano e la loro importanza si rispecchia anche nelle prima forme di letteratura. Noi tutti conosciamo Argo, il cane di Ulisse. Nei popoli precolombiani quando un uomo moriva veniva ucciso anche il suo cane, veniva posto insieme al padrone nella tomba, in modo che potesse accompagnarlo nel suo viaggio nell’aldilà. Gli Ebrei non hanno invece mai avuto particolari simpatie per i cani e nella Bibbia i riferimenti ai cani sono quasi sempre denigratori. In Cina esitevano i cani da manica, così piccoli da essere portati nelle maniche dei chimoni, ma quando si parla di Cina non possiamo dimenticare che la carne di cane era ed è considerata un piatto prelibato.
     
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  12. gheagabry
     
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    "Per chi si stupisce vedendo un cane e un gatto andare d’amore e d’accordo, la storia di Tommy e Salati ha davvero dell’incredibile!

    Perché qui, i protagonisti di questa strana amicizia sono un Golden Retriever e un cucciolo di leopardo! Anzi, per essere precisi, Salati (il nome del felino) è una cucciola di 11 mesi. I due animali si trovano in Sud Africa e vederli giocare e leccarsi è uno spettacolo per gli appassionati!

    Diventeranno presto le mascotte del rifugio di animali in cui si trovano, questo è sicuro! Il proprietario del rifugio e padrone di Tommy ha salvato la piccola Salati, dopo che questa ultima era stata abbandonata dalla madre naturale.

    Questo è quello che ha dichiarato Richard Brooker:

    La prima volta che ho visto Salati era minuscola ma con Tommy c’è stato un feeling improvviso. Subito i due si sono affezionati l’uno all’altra nonostante la differenza evidente di specie. Per Tommy, forse Sal è come un gatto, ma per lui sarà un vero choc quando lei sarà più grande di lui. Già adesso, i due hanno le stesse dimensioni e pare che Tommy adesso si sia adattato alle nuove misure della sua amica felina."


     
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  13. gheagabry
     
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    ""..ad un cane non servono automobili lussuose o grandi case o vestiti di sartoria. Gli status symbol non significano niente per lui. Un bastone fradicio gli va altrettanto bene. Un cane giudica gli altri non dal colore, il credo o la classe ma da chi sono interiormente. A un cane non importa se sei ricco o povero, istruito o analfabeta, intelligente o stupido. Dagli il tuo cuore e lui ti darà il suo… Nonostante tutte le delusioni e le aspettative disattese, Marley ci aveva fatto un dono, ci aveva fatto un dono, spontaneo e inestimabile. Ci aveva insegnato l'arte dell'amore incondizionato. Come darlo, come accettarlo. Dove c'è quest'amore, gli altri pezzi vanno quasi sempre a posto…
    PS: Di quante persone si può dire lo stesso? Quante persone ti fanno sentire unico, puro, speciale? Quante persone possono farti sentire... straordinario?”
     
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  14. lola68
     
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    il.mio.cane..e..pechinese..e1na.femm.e...furbachiona..xro...e.dolcisima.come-me
     
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  15. gheagabry
     
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    SETTER GORDON




    Breve Storia

    Ha preso il nome dal duca Alexander IV di Gordon Castle che, allo scopo di ottenere un cane rustico, robusto, abile nella caccia della pernice scozzese, scelse di incrociare i Setter locali colore "black and tan" con i Setter Inglesi ed Irlandesi.

    Nel 1890, fissò la razza. L'opera del duca di Gordon fu affiancata dal duca Douglas di Broughty e lord Penmure e Thompson. Considerato un cane bello, buono e dedito totalmente ai proprietari, di cui è in grado di difenderne la proprietà pur non essendo conosciuto come cane da guardia.

    In generale

    È un cane da ferma dalla classe incontestabile, costruito per il galoppo. La conformazione deve essere armoniosa da tutti i punti di vista. Intelligente, facile da addestrare e pieno di dignità il Gordon è un cane ardito, socievole e per natura calmo e gentile. Il suo aspetto nobile attira l’attenzione del profano ed è rafforzato dal suo sguardo pieno di tenerezza.
    Carattere

    E' un cane che ha della classe, costruito per i galoppi, dall'aspetto, in rapporto con la costruzione, che richiama quello di un "hunter" (cavallo da caccia), capace di sostenere una corporatura robusta.

    La conformazione in tutte le sue parti deve essere armoniosa.
    E' un cane intelligente, capace, pieno di dignità; baldanzoso, socievole, di natura gentile e calma.

    Caratteristiche

    La testa è più alta che larga ma più larga rispetto al muso. con scatola cranica ben sviluppata. Lo stop è nettamente marcato; le guance poco cariche contribuiscono a conferire all’intera testa un aspetto asciutto. Il muso è lungo con linee quasi parallele. Gli occhi hanno espressione vivace e intelligente, gli orecchi : sono di dimensione media e sottili, e il collo è lungo, asciutto e arcuato. Il corpo è di lunghezza media, gli arti posteriori forti e muscolosi e l’andatura regolare, sciolta e decisa.

    Taglia: l’altezza al garrese è di 66 cm nel maschio, di 62 cm nella femmina.

    Coda: diritta o leggermente a , scimitarra: non deve superare il garretto.

    Colori: nero antracite intenso e lucente. senza traccia di ruggine, con focature di un rosso castano vivo.






     
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154 replies since 18/5/2010, 11:42   78915 views
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