L'ORIENTE IN TAVOLA. IL GIAPPONE

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    Il Giappone nel piatto



    Kabocha Nimono (zucca stufata)


    kabocha-nimono


    Ingredienti


    ...3/4 persone:

    mezza zucca giapponese (kabocha)
    olio da cucina
    brodo dashi
    salsa di soia
    zucchero
    sake
    sale


    Preparazione


    Per questa ricetta è molto importante avere a disposizione la giusta qualità di zucca, quella che in Giappone viene chiamata “kabocha“. La zucca giapponese si distingue per avere un gusto particolarmente dolce, la polpa è dura e compatta ed all’esterno si presenta di colore verde. Con un coltello dalla lama ben affilata taglia a metà la zucca e rimuovi dalla scorza protuberanze ed imperfezioni. Fai a cubetti la metà che vuoi utilizzare senza rimuovere la scorza, i lati di ogni cubetto dovrebbero essere di circa 3/4 cm o poco più. Posiziona i cubetti di kabocha con la scorza rivolta verso il basso in una pentola unta con un filo d’olio. Aggiungi uno o due cucchiai di zucchero, due cucchiai di sake, due cucchiai di salsa di soia, due tazze di brodo dashi (non dovrebbe coprire completamente la zucca) e un pizzico di sale. Fai cuocere a fiamma medio/alta fino a bollitura, dopodiché passa a fiamma bassa e copri con un coperchio più piccolo della pentola, in modo che sia posizionato a contatto dei pezzetti di zucca. Termina la cottura quando la zucca è diventata morbida. Generalmente viene servita fredda ma può essere mangiata anche calda.


    Fonte:
    © www.italiajapan.net/2013/01/kabocha-nimono/,
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    Il Giappone nel piatto



    Botamochi



    Ingredienti


    ...per circa 32 palline:

    1/2 kg. di riso glutinoso (mochi gome)
    100 gr.. di riso giapponese (quello usato per il sushi)
    7 dl. di acqua

    ...per decorare:

    350 gr. di anko (pasta dolce di fagioli azuki)
    100 gr. di noci sbriciolate mescolate con 2 cucchiai di zucchero
    3 cucchiai colmi di semi di sesamo nero mescolati con 1 cucchiaio e mezzo di zucchero
    6 cucchiai di kinako (polvere di fagioli di soia) mescolati con 2 cucchiai di zucchero


    Preparazione


    Mettete i 2 tipi di riso in una ciotola e lavateli con cura con l’acqua fredda. Poi versate il tutto in un colino e lasciate scolare per mezzora. Versate il riso in un cuoci riso con l’acqua richiesta e lasciate riposare il tutto per mezzora. Fate andare il cuoci riso, e a fine cottura lasciate riposare il tutto per altri 15 minuti. Schiacciate il riso con un pestello fino ad ottenere un composto appiccicoso. Con le mani bagnate formate delle palline. Completate le palline passandole in una della quattro decorazioni elencate sopra.


    Fonte:
    © http://www.buttalapasta.it/articolo/dalla-...-avvento/41009/,
    web,crediti foto:global.rakuten.com
     
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    Il Giappone nel piatto



    Odamaki-mushi



    Ingredienti


    1 tazza di udon
    120 gr. di carne bianca di pollo (ben ghiacciata in frigorifero)
    1/3 di tazza di spinaci tagliati a listarelle sottili
    ½ cucchiaio di glutammato monosodico
    1 cucchiaio di salsa di soia
    8 fettine di kamaboko
    1 e ½ tazza di dashi 2
    1 cucchiaio di mirin
    4 funghi cinesi
    2 uova


    Preparazione



    Cuocete l'udon in acqua bollente finché è tenero; sciacquatelo in acqua fredda, scolatelo e mettetelo in un ampio recipiente rotondo, munito di coperchio e che regga al calore. Tagliate il pollo in fettine sottilissime: mettetelo in una tazza e conditelo con la salsa di soia. Tenete i funghi a bagno in acqua finché sono teneri; scolateli, gettate gli steli, tagliateli ciascuno in 4 pezzi e uniteli al pollo, mescolando. Lavate e scolate gli spinaci. Battete le uova insieme col dashi, il mirin, il sale e il glutammato monosodico; versatele sull'udon, accomodate in superficie il pollo, i funghi, le fettine di kamaboko e gli spinaci, mettete il coperchio e cuocete a vapore – in una pentola contenente tanta acqua a leggero bollore quanta ne occorre per giungere a metà altezza circa dell'altro recipiente – per 15-20 minuti. Servite caldo.


    Fonte:
    © http://labcavedoni0708.altervista.org/Giappone/cucina.htm,
    web,crediti immagine:lakatan.net
     
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    Melon Pan



    Ingredienti


    ...per 6 panini al latte:

    250 gr. di farina + quanto basta per infarinare la pasta
    15 gr. di lievito di birra disidratato
    75 gr. di burro ammorbidito
    10 cl. di latte tiepido
    30 gr. di zucchero
    1 pizzico di sale
    1 uovo

    ...per i biscotti:

    200 g di farina
    ½ bustina di lievito chimico (1 cucchiaino)
    50 gr. di burro ammorbidito
    4 cucchiai di acqua
    40 gr. di zucchero
    1 pizzico di sale
    1 uovo
    latte


    ...per guarnire:

    zucchero semolato


    Preparazione


    Preparate la pasta di pane. Sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido, mettete la farina nella ciotola di un mixer con lo zucchero, l’uovo e il sale, quindi aggiungete il latte con il lievito. Mescolate fino a formare una palla, quindi aggiungete il burro ammorbidito e un po’ di farina se l’impasto risulta appiccicoso. Infarinate leggermente la pasta, dividetela in 12 panetti delle dimensioni di un uovo piccolo e metteteli a lievitare in un luogo tiepido, avvolgendoli con un panno pulito, per circa 2 ore. Preparate l’impasto dei biscotti. Mescolate il burro e lo zucchero, aggiungete l’uovo intero e continuate a mescolare, quindi aggiungete la farina, il lievito, il sale e l’acqua. Mescolate fino a formare una palla, infarinatela se necessario, quindi avvolgetela con della carta da forno o della pellicola trasparente, dandole la forma di un salame, e mettetela a riposare in frigo per 30 minuti. Preriscaldate il forno a 180°c (t. 6), rivestite una teglia con un foglio di carta da forno. Dividete la pasta in 6 parti, formate delle palline e stendetele sul piano di lavoro, formando 6 dischi del diametro di circa 12 cm. Prendete in mano uno dei dischi, mettete una pallina di pasta lievitata al centro, quindi ripiegate il disco di pasta per racchiudere la pallina, inumidendolo con un po’ di acqua per farlo aderire meglio. Spennellate la superfice con il latte e quadrettatela delicatamente. Spolverate i melon pan con lo zucchero semolato. Metteteli sulla teglia da forno e infornateli per 20-25 minuti, finché non saranno gonfi e dorati.


    Fonte:
    © www.nespresso.com/magazine/it/it/ar...dell-ombra.html,
    web,crediti immagine:www.littlebigtokyo.com
     
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    Sashimi di branzino


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    Ingredienti


    ...per 4 persone:

    80 gr. di filetto branzino in fette sottili
    2 cucchiaini di wasabi (rafano verde) in polvere
    4 costole di sedano bianco
    30 gr. di daikon
    erba cipollina
    salsa di soia
    1 carota


    Preparazione


    Tagliate le costole di sedano bianco a listarelle e ricavate sottili fettine dal daikon e dalla carota. In una ciotola fate sciogliere la polvere di wasabi in qualche cucchiaio d’acqua e mescolate fino a ottenere una crema liscia e densa. Su ogni fettina di branzino, che dovrà essere assolutamente freschissimo, spalmate un cucchiaino di crema di rafano, mettete qualche listarella di verdura e richiudete il tutto a fagottino; disponete quindi gli involtini ottenuti su un piatto da portata. Presentate in tavola gli involtini di pesce decorati con qualche stelo di erba cipollina, accompagnando con ciotoline colme di salsa di soia: i commensali tufferanno nella salsa il branzino e altre verdure che possono accompagnare la preparazione.


    Fonte:
    © http://cucina.corriere.it/ricette/antipast...44f02aabe.shtml,
    web
     
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    Mushi Mochi


    bubbies-green-tea-mochi-ice-cream


    Ingredienti


    1 tazza di farina di riso Mochiko oppure farina di riso glutinoso
    katakuriko per spolverare oppure fecola di patate
    1/4 tazza di zucchero
    1 tazza di acqua
    1 uovo


    Preparazione


    Preparare la vaporiera con un pollice o due di acqua. Va bene sia la vaporiera elettrica, che la tecnica tradizionale con cestelli di Bambù. Tenere l’acqua calda finché non si è quasi pronti a cuocere i Mushi. Mescolare la farina di riso, lo zucchero e l’uovo in una ciotola. Aggiungere l’acqua e mescolate accuratamente. Ora potete aggiungere all’impasto, se desiderate, dei coloranti a base di frutta come fragola, mirtillo ecc. Oppure, potete aggiungere 1-2 cucchiaini di tè verde liofilizzato, o ancora scagliette di cioccolato fondente. Ricavate delle palline o pagnottine dall’impasto, servendovi di un cucchiaio, ricopritele di fecola di patate e adagiatele nella vaporiera. Cuocete a vapore per 8 minuti

    (Articolo scritto da: Carmen Rampino - 21 febbraio 2013)


    Fonte:
    © www.donnaclick.it/cucina/11353/dolc...o-al-microonde/,
    web,crediti immagine:couplesnaruto.forumcommunity.net
     
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  7. gheagabry
     
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    ..un giapponese non mangia sempre sushi..anzi..

    In Giappone non si mangia sushi tutti i giorni. La cucina giapponese è composta principalmente da verdura, pollo, pesce cotto, tofu e tanto altro ancora. Il sushi deve essere di ottima qualità, fatto con pesce freschissimo, che quasi ancora si muove. Poiché è molto caro, i giapponesi più fortunati mangiano sushi un paio di volte al mese, principalmente in occasioni importanti e soprattutto quando il pesce di stagione è abbondante e gustoso. Il sushi di salmone è uno dei meno pregiati, si trova a prezzi abbordabili nei convenient store ed è consumato poco. Al ristorante i gourmet prediligono sushi di pesce stagionale secondo il maestro di sushi, per esempio capesante, granchio, conchiglie di vario tipo.

    Il primo pasto della giornata in Giappone è solitamente molto abbondante e prevede una scodella di riso bianco con sopra del natto, fagiolo di soia fermentato dal sapore forte, una zuppa di miso, il tsukemono, verdura marinata sotto sale, un uovo cotto a bassa temperatura e dell’ichiyaboshi, piccoli pesci essiccati con sale una notte intera e successivamente ripassati alla griglia. Ad accompagnare il tutto, una tazza di tè verde caldo fumante.



    Un piatto per noi insolito e che nella cucina giapponese è considerato una vera e propria delizia è la tartaruga, mangiata generalmente in una zuppa. I giapponesi mangiano il fugu, il pesce palla. I cuochi che lo cucinano devono essere muniti di un patentino speciale per sfilettarlo. La parte pericolosa e velenosa del fugu è il fegato, quindi il pesce deve essere sfilettato senza romperlo né toccarlo. Viene cucinato fritto, in zuppa o crudo come sashimi. Esiste il museo di Osaka dedicato al fugu. Il fugu nei ristoranti più chic ha prezzi che tocca i 300 euro a testa. È una carne molto dura, tipo manzo o coda di rospo.

    La palla verde fluorescente che solitamente accompagna i piatti di sushi in Italia non è vero wasabi. Si tratta il più delle volte di polvere di senape e rafano colorato, che mischiata con acqua diventa la pasta a noi familiare. Il vero wasabi è una pregiata e costosa radice verde pallida che cresce nelle acque fredde dei fiumi vicino alle montagne ed è grattugiato al momento per accompagnare il prelibato sushi, poiché il prodotto perde sapore a contatto con l’ossigeno nel giro di 20 minuti. Il sapore non è molto piccante, è invece delicato e profumato non come il finto wasabi.

    washoku-cucina-giapponese-italian-food-academy



    Un ingrediente giapponese sconosciuto in Italia è il nanakusa, le 7 erbe selvatiche. 7 erbe per l’autunno e 7 per la primavera, ognuna delle quali ha un effetto medico sulla nostra salute, garantendo longevità e benessere. Sono tradizionalmente consumate la mattina del settimo giorno del primo mese del nuovo anno (7 gennaio) come parte di una lunga consuetudine giapponese che risale all’ottavo secolo. Consumate per far riposare lo stomaco dopo i pasti abbondanti delle festività natalizie, sono tradizionalmente cucinate con il riso in un porridge chiamato nanakusa-gayu. Una curiosità, il 7 gennaio è anche il giorno della prima manicure dell’anno, il Tsumeriki No Hi: le mani vengono lasciate ammorbidire nell’acqua con nanakusa per renderle forti e immuni all’inverno.



    www.agrodolce.it/

    Edited by gheagabry1 - 22/1/2023, 23:56
     
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  8. gheagabry
     
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    ”Immaginate un esercito di piccoli giapponesi
    con spazzole e spugne
    che puliscono tutto il tratto intestinale con grande vigore,
    rimettendo a posto l’intestino e l’intero tratto digestivo”.
    (Martin Halsey)


    IL MISO

    miso

    Il miso è un condimento derivato dai semi della soia gialla, di origine giapponese, cui spesso vengono aggiunti cereali come orzo (Mugi Miso) o riso (Kome Miso), segale, grano saraceno o miglio e i funghi kōjikin. Il miso di sola soia è detto Hacho Miso. È diffuso in tutto l'estremo Oriente, soprattutto in Corea e Giappone.
    E' salato ma il suo sapore e l'aroma dipendono da vari fattori, dagli ingredienti al processo di fermentazione. Il tempo di fermentazione del miso può andare da un minimo di cinque giorni fino ad arrivare a diversi anni.
    Il gusto, la consistenza, l'aroma e l'aspetto del miso variano a seconda delle regioni e della stagione ma ci sono anche altri fattori che contribuiscono a cambiarne il sapore. Sono importanti la durata della fermentazione e la temperatura alla quale il composto fermenta, la quantità di sale, la varietà di Koji, un fungo della fermentazione ed il tipo di vaso usato nella fermentazione.

    Le categorie di miso più comuni sono: Shiromiso, il miso bianco - Akamiso, il miso rosso - Awasemiso, il miso misto
    La diffusione di uno o l'altro tipo di miso varia a seconda delle regioni, ognuna preferisce un tipo diverso di miso. L'akamiso marrone scuro è popolare nella regione orientale Kantō che include Tokyo, mentre lo shiramiso, quello più leggero è più usato nella regione occidentale del Kansai di Osaka, a Kobe e Kyoto.
    Ci sono tre tipi di miso:
    - Il miso di sola soia, al quale occorrono almeno 2 anni per arrivare a maturità.
    - Il miso di orzo, la sua fermentazione è più attiva di quella del miso di soia e per questo fermenta in uno/ due anni.
    - Il miso di riso, dalla fermentazione ancora più rapida, in 12/18 mesi. E’ un miso molto dolce e per questo si usa principalmente per la preparazione di dolci.

    È ottenuto dalla lunga fermentazione dei fagioli di soia gialla in acqua e sale marino - a volte con l'aggiunta di cereali diversi come riso o orzo - che avviene sotto pressione in botti di legno di cedro e al riparo dall'aria. Durante i 12-24 mesi è sottoposto a due o tre travasi che hanno la funzione di ossigenare la massa in fermentazione e alla fine della quale si ottiene una pasta scura, dall'aroma e dal sapore caratteristici, contenente un buon 12-14% di proteine già in parte "digerite" (e quindi più assimilabili), sali minerali, oligoelementi, vitamine ed enzimi.
    Oltre che per l'apporto proteico, il miso è prezioso per la salute globale dell'organismo, proprio per il suo notevole contenuto di elementi vitali molto spesso carenti, se non del tutto assenti, nell'alimentazione odierna.

    miso-soup-Copy

    Le proprietà di quest’alimento stanno:

    - nella ricchezza di fermenti vivi (lattobacilli, simili a quelli dello yogurt) che arricchiscono la flora batterica, stimolando la digestione e rafforzando l'intestino potenziando la capacità di difesa dell’organismo dai disturbi intestinali;
    - nelle qualità energetiche, grazie alla lunga fermentazione;
    - nell’apporto di lecitina e acido linoleico che dissolvono il colesterolo e ripuliscono i vasi sanguigni (utile in caso di arteriosclerosi e ipertensione), oltre a migliorare la vitalità di pelle e capelli.

    Le sue origini però sembrano risalire all'antica Cina, quando approssimativamente nel 600-800 d.C. dei monaci ne scoprirono la produzione. Uno dei primi antenati del miso era l'Hishio, nel corso del terzo secolo A.C. e conosciuto come Jiang. Probabilmente è stati introdotti in Giappone insieme al buddismo nel VI secolo d.C. Un miso di grano e pesce veniva prodotto in Giappone sin dal Neolitico, nel cosiddetto periodo Jomon. Veniva chiamato Jōmon miso ed era simile ad una salsa ottenta con piccolissimi pesci e la soia prodotto in tutta l'Asia orientale.
    Fino al periodo Muromachi, il miso era preparato senza macinare i semi di soia. Nel periodo Kamakura il pasto comune si componeva di una ciotola di riso, del pesce secco, una porzione di miso e delle verdure fresche. Nel periodo Muromachi, i monaci buddisti scoprirono che la soia poteva essere macinati per ottenere una pasta di miso, che poteva essere utilizzata nella cottura dei cibi per insaporirli.
    Nel periodo medioevale si diffusero i primi Temaemiso, cioè i miso fatti in casa. La produzione casalinga del miso era abbastanza semplice, per questo il miso si diffuse rapidamente in tutto il Giappone. Il miso era utilizzato come approvvigionamento militare durante l'era Sengoku e la sua produzione, rappresentava un'importante attività economica per i daimyo di quel periodo. Fino alla metà del periodo Edo il miso era mangiato come antipasto o piatto di accompagnamento.
    Durante la seconda guerra mondiale il miso fu usato dalle vittime della bomba atomica scoppiata a Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Un medico, il dott. Akizuki, suggeriva alla popolazione una dieta a base di riso integrale, zuppa di miso e alghe, perché si credeva potesse proteggere dalle radiazioni.
    Negli anni sessanta dei ricercatori canadesi confermarono l'efficacia del miso e delle alghe e l'alimento fu inviato anche alla popolazione di Chernobyl dopo il disastroso incidente nucleare.

    miso1

    Il miso si presenta come una pasta di colore scuro che, sempre diluito con un po’ d'acqua, può servire per arricchire di sapore come un dado vegetale aggiunto solo a fine cottura, zuppe e minestre, piatti di verdure cotte e cereali e a cui dà un delizioso aroma. Può essere servita calda e arricchita con verdure (ortaggi in foglie, patate, radici di daikon, cipolle e altro), alghe marine o tofu. Questo alimento naturale contiene microrganismi vivi dagli effetti benefici come l'halophilus Tetragenococcus che muoiono durante la cottura. Per evitare questo inconventiente si aggiugne il miso alle zuppe o agli altri alimenti pochi attimi prima di spegnere la fiamma di cottura.
    Se si riesce ad utilizzarlo senza nessun tipo di cottura, le proprietà benefiche si conservano intatte, tanto che in molti paesi fuori dal Giappone, si aggiungere il miso agli alimenti ormai freddi.
    Il miso è utilizzato in molti tipi di zuppe e piatti simili, tra cui alcuni tipi di ramen, di udon, nabe e imoni.
    Tutte le zuppe a base di miso, che si riconsocono con perchè hanno sempre la parola miso nel nome, tipo miso-udon, hanno un sapore ed un aroma più intenso rispetto alle altre zuppe.
    Molti dolci tradizionali come i mochidango vengono preparati con una densa glassa al miso dolce. Questi sono particolarmente popolari durante le feste giapponesi.

    Homemade-miso-soup-6051-I-1



    www.nihonjapangiappone.com/
    www.cure-naturali.it/
    www.greenme.it/


    Edited by gheagabry1 - 23/1/2023, 00:04
     
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  9. gheagabry
     
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    JIRO ONO

    Barack_Obama_and_Shinzo_Abe_at_Sukyabashi_Jiro_April_2014

    Nella Cucina “Sushi” le preparazioni non devono appagare soltanto il palato ma, necessariamente, devono soddisfare anche la vista, ricreando nel piatto una sorta di “Giardino Zen”, mitico e spettacolare luogo di meditazione dei monaci delle Scuole Buddhiste Giapponesi denominate appunto “Zen”.

    Tokyo, Capitale del Giappone, è una metropoli da 13,5 milioni di abitanti, è suddivisa, nella parte centrale e più popolata, in 23 Quartieri Speciali, uno di questi si chiama “Chuo-ku”. Uno dei Distretti di “Chuo-ku”, ubicato nella parte sud-occidentale, noto nel mondo come vasta area commerciale di lusso ricca di boutique, negozi, magazzini, ristorante e caffè, si chiama “Ginza” (il nome deriva dalla parola Giapponese “gin” = argento).

    Tra i molti palazzi super illuminati e affollati di “Ginza”, dove spiccano le vetrine delle grandi firme, c’è ne è uno un poco più anonimo, destinato ad uffici, il Tsukamoto Sogyo Building, al primo piano interrato di questo edificio si trova una dei posti gastronomici più interessanti del mondo: il “Sukiyabashi Jiro”.

    Chiamarlo “ristorante”, date le sue piccole dimensioni (un bancone con soli 10 posti a sedere su sgabelli con spalliera imbottiti, e tre tavolini), forse non è proprio la parola giusta, è piuttosto un “tempio” della gastronomia Giapponese dove l’arte del “Sushi” è al massimo livello.

    Il “Sukiyabashi Jiro” è dello Chef, anzi dello “Shokunin” (Maestro Sushi Chef), Jiro Ono.

    Jiro è nato nella Città di Hamamatsu, il 27 Ottobre del 1925, suo padre aveva problemi di alcool e aveva lasciato la famiglia quando lui aveva sette anni, all’età di solo nove anni è entrato a fare pratica nelle cucine di “Sushi” e da allora l’arte del “Sushi” è diventata tutta la sua vita.

    Jiro Ono ha due figli, il più grande, che ha più di 50 anni, lavora con il padre, Yoshikazu, e Takashi che ha aperto, a Roppongi Hills (un grande e moderno complesso urbano di Tokyo dove spicca la Mori Tower un grattacielo di 258 metri) il suo “Sukiyabashi”, praticamente una copia del Locale di Jiro. Yoshikazu ha iniziato a lavorare con il padre all’età di 19 anni e all’inizio non era entusiasta del lavoro, ma a poco a poco la passione di suo padre lo ha contagiato.

    David-Beckham-Brooklyn-Beckham-sushi-t

    Il “Sukiyabashi Jiro” nel 2008 ha avuto, dalla super prestigiosa Guida Rossa Michelin Giapponese, la “Terza Stella” facendo diventare Jiro Ono lo Chef “tristellato” più anziano al mondo e l’unico di “Sushi”.

    Jiro Ono fino a settanta anni è andato tutte le mattine, prima dell’alba, all’antico mercato ittico all’ingrosso di Tokyo, il più grande del mondo, “Tsukiji shijo”, ma avendo avuto problemi al cuore, questo fondamentale compito è passato al figlio Yoshikazu che lo esegue diligentemente andando e tornando in bicicletta. Jiro è talmente preso dal suo lavoro che anche la notte sogna nuove ricette che poi mette in pratica. Jiro non fa mai vacanze, “sono noiose e lunghe”, preferisce lavorare.

    Il riso, di qualità, usato da Jiro proviene dal suo fornitore di fiducia, Hiromachi Honda, e, dopo l’attenta e precisa cottura, viene accuratamente servito alla perfetta temperatura del corpo umano.

    Al “Sukiyabashi Jiro” vengono serviti tre tipi di straordinario e super selezionato tonno, O-Toro (tonno grasso frollato 10 giorni), Chu-toro (tonno medio), Akami (tonno magro frollato tre giorni).

    Il pesce usato, in molti casi, viene sfilettato quando è ancora vivo. Il polpo di Jiro, per esempio, viene massaggiato per 45/50 minuti per ammorbidirlo prima di cucinarlo.

    Jiro assaggia sempre tutto e controlla in continuazione il lavoro di suo figlio e degli apprendisti, è severissimo con tutti ma anche con se stesso, non è mai soddisfatto e vuole sempre migliorare. Gli apprendisti si trovano con sempre maggiore difficoltà dato i molti sacrifici che devono affrontare per raggiungere il livello di “Itamae”.

    Il “Sukiyabashi Jiro”, pur avendo pochissimi coperti e il bagno all’esterno, ha “tre stelle” Michelin e durante la sua storia è stato super premiato.

    A pranzo e cena si mangiano portate, differenziate tra uomini e donne, in 15/20 minuti con una spesa minima di 30.000 yen (circa 250,00 Euro): in proporzione al tempo è il locale più costoso al mondo. Al “Sukiyabashi Jiro” bisogna prenotare con mesi di anticipo.

    Jiro con il suo aspetto dimesso è un gigante della Cucina Giapponese che guarda sempre avanti, oltre se stesso, per protendersi verso il raggiungimento della perfezione. Il 95% della Cucina “Sushi” avviene nella preparazione degli ingredienti prima che vengano assemblati per la presentazione. Il “Sushi”, secondo Jiro, va preparato con estrema delicatezza come se si tenesse in mano un pulcino.

    Il Menu è di 20 portate, è Jiro lo aggiorna ogni giorno a seconda della spesa fatta.

    All’inizio si parte con le preparazioni classiche (come maguro = tonno rosso e pesce del giorno), poi si passa a crudi e cotti di mare (come tako = piovra, ika = calamari, fugu = pesce palla, estremamente velenoso se non preparato alla perfezione), infine le cose più particolari (come ikura = salmone, tobiko = uova di pesce volante, tamago = frittata dolce a base di uova).

    Tutte queste prelibate portate di “Sushi” devono essere mangiate appena servite, nel rispetto dell’equilibrio perfetto tra il riso e il pesce.

    Insieme al Sushi di Jiro si mangia anche la sua filosofia.

    In abbinamento alle preparazioni vengono serviti vari condimenti, tutte ricette segrete di Jiro, tipo wasabi = rafano Giapponese, shoyu = salsa di soia e il suo aceto di riso.

    Al “Sukiyabashi Jiro” si beve esclusivamente il “sake” (vino di riso fermentato) o la birra.

    Per il famoso critico gastronomico Giapponese Masuhiro Yamamoto un grande Chef deve essere : serio sul lavoro, migliorare ogni giorno, essere estremamente pulito, essere un leader intransigente con se stesso e con i collaboratori, avere una straordinaria passione per il suo lavoro.

    Jiro Ono ha tutte queste prerogative.

    (Giorgio Dracopulos, http://corrieredelvino.it/)



    Curiosità

    Lo chef francese Joël Robuchon ha dichiarato che il Sukiyabashi Jirō è tra i suoi preferiti al mondo e gli ha insegnato che il sushi è arte. Un altro noto chef francese, Eric Ripert, ha dichiarato di non aver mai gustato un riso più buono di quello preparato da Jiro.
    Nell'aprile 2014 il primo ministro giapponese Shinzō Abe e il presidente statunitense Barack Obama, in visita in Giappone, si sono recati al ristorante di Ono. Secondo un rapporto della Casa Bianca, Obama è rimasto piacevolmente colpito dal cibo servito nel locale

    Video



    Edited by gheagabry1 - 12/12/2019, 22:00
     
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    Il Giappone nel piatto


    carne_kobe_Wagyu


    Manzo di Kobe



    Il manzo di Kobe (神戸ビーフ Kōbe Bīfu?) è il bovino la cui carne è una prelibatezza gastronomica giapponese. È un wagyu (bovino giapponese) di manto nero della razza di Tajima, allevato nella Prefettura di Hyogo, l'antica Provincia di Tajima, in Giappone. Questa razza fa parte della "razza nera giapponese" (黒毛和種 Kuroge washu ?), che comprende altre razze simili allevate a Tottori, Shimane e Okayama.

    Il manzo di Kobe è rinomato per il sapore, la tenerezza e la struttura grassa e ben marmorizzata. Può essere preparato alla griglia, su piastra (Teppanyaki), come componente del Sukiyaki e in molti altri modi. In Giappone viene anche chiamato carne di Kobe (神戸肉? Kobe niku), Kobe gyu (神戸牛?) o mucca di Kobe (神戸牛? Kobe ushi).


    wagyu


    Caratteristiche


    Il manzo di Kobe è un marchio registrato e depositato in Giappone dall'Associazione per la promozione, distribuzione e marketing della carne di Kobe (神戸肉流通推進協議会 Kōbeniku Ryūtsū Suishin Kyōgikai?). Per essere chiamato "di Kobe", deve avere questa denominazione e di conseguenza il sigillo imperiale e il famoso “timbro del crisantemo” un bovino deve avere le seguenti caratteristiche:

    - deve appartenere alla razza bovina di Tajima ed essere nato nella Prefettura di Hyogo;
    - l'allevatore deve far parte della federazione della Prefettura di Hyogo;
    - deve essere una mucca vergine (scottona), un manzo o un bue;
    - deve essere macellato al mattatoio di Kobe, Nishinomiya, Sanda, Kakogawa o Himeji nella Prefettura di Hyogo;
    - deve avere un rapporto di marmorizzazione di 6º Livello o superiore;
    - il peso lordo del manzo deve essere di 470 chilogrammi o inferiore.


    - L'alimento principale del manzo è il grano, a dispetto della credenza popolare che lo vorrebbe alimentato con birra e massaggiato con sake. Alla diffusione di questa leggenda ha contribuito anche una scena del film Mondo cane del 1962, ma di tutto ciò non si trova alcun riscontro nella realtà. I bovini vengono effettivamente spazzolati, ma soprattutto per tenerli puliti.

    migliore_carne_kobe


    FONTE:
    © https://it.wikipedia.org/wiki/Manzo_di_Kobe,
    Photo credit:www.dalgaardangus.dk,www.fagola.it


    Edited by gheagabry1 - 23/1/2023, 00:13
     
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    Il Giappone nel piatto



    Eguchi, il maestro della carne wagyu





    «Nella mia vita ho fatto il pescatore e anche il maestro di sushi, ma adesso mi dedico alla carne che nella cultura gastronomica giapponese, contrariamente a quanto si pensa in Occidente, ha un ruolo di primo piano»: a parlare è Kazuo Eguchi, 62 enne, maestro del Wagyu, approdato a Milano la scorsa settimana per uno showcooking a InKitchen.

    Per i profani il wagyu è un tipo di manzo che viene allevato in Giappone, secondo tecniche antiche (ma è una leggenda che a Kobe venga massaggiato con il sake), si presenta quasi marmorizzato per la presenza di grasso. «Il wagyu - spiega Eguchi - si può preparare in vari modi. Tre sono i più frequenti: in padella, shabu shabu e in tempura. Usiamo tagli diversi a seconda della cottura. Il controfiletto è ideale per la padella ma è necessario toglierli il grasso che ha intorno. Che non si butta ma si usa per ungere il fondo della padella: appena diventa fumante, si mette la carne che deve cuocere due minuti da un lato e tre dall’altro».

    La presenza del grasso fa sì che il sapore della carne rischi di essere per il nostro palato un po’ troppo dolce. Per smorzare questo gusto la carne si può accompagnare, oltre che con la salsa di soia, con il daikon (nel nostro caso c’erano i ravanelli). «Per lo shabu shabu usiamo invece fettine sottili, che vengono intinte in un brodo caldo».


    Per la tempura, in cui c’erano anche squisite foglie di ortica, si taglia invece la carne a tocchetti di tre o quattro centimetri. Dal 19 al 25 settembre a Milano con il wagyu creeranno ricette nei loro ristoranti chef come Carlo Cracco, Andrea Aprea, Domenico Lomeo e Shozo Kato.

    (17/09/2015)

    marezzatura-wagyu


    Classificazione del Wagyu

    Il manzo giapponese viene qualitativamente classificato in base ad alcune scale.

    La scala della quantità di carne commestibile per capo, divisa in:
    A- 72% in su (sopra la media)
    B- Tra 69% e 72% (nella media)
    C- Sotto il 69% (sotto la media)

    La scala della qualità, che si rifà al grado di marmorizzazione:

    1- Scarso (marmorizzazione 1)
    2- Sotto la media (marmorizzazione 2)
    3- Nella media (marmorizzazione 3-4)
    4- Buono (marmorizzazione 5-7)
    5- Eccellente (marmorizzazione 8-12)

    Il grado di marmorizzazione ovvero la distribuzione del grasso all’interno del tessuto muscolare, che va da 1 a 12.
    Il grado di colore del grasso che va da 1 a 7.
    Il grado di colore della carne che va da 1 a 7.


    tipi_carne_kobe_Wagy

    I migliori Wagyu del Giappone

    Manzo di Kobe
    Il manzo di Kobe della prefettura di Hyogo é il marchio più famoso di carne Wagyu giapponese al mondo. Questo manzo proviene da una sottospecie di Japanese Black chiamata manzo Tajima. In Giappone è uno dei primi tre marchi di Wagyu.

    Manzo di Ohmi
    La seconda delle tre marche di Wagyu più famose del Giappone. Il manzo Homi proviene dalla prefettura di Shiga ed è la varietà più antica dei razza giapponese nera, allevata anche più a lungo del manzo Kobe. È nota per la consistenza fine della sua marmorizzazione che conferisce alle carni un sapore dolce.

    Manzo di Matsusaka
    Il terzo dei primi tre marchi di carne Wagyu proviene dalla prefettura di Mie. A Causa della posizione relativamente remota, questa carne non è molto famosa al di fuori del Giappone, anche se negli ultimi anni con il boom della carne di manzo giapponese sta pian piano espandendosi. Per alcuni è considerata superiore addirittura al manzo Kobe.

    Manzo di Hida
    Un gradino sotto ai tre “campioni” c’è il manzo Hida della prefettura di Gifu, manzo sempre derivante dal manzo Tajima. La caratteristica di questo Wagyu è di avere le
    fibre muscolari più sottili e una marmorizzazione che appare su tutti i tagli anche quelli comunemente più magri, rendendola estremamente tenera e succosa.


    Meno famosi, ma di qualità comunque superiore troviamo anche:
    Manzo giapponese nero
    Miyazaki Beef: della prefettura di Myazaki, secondo produttore di Japanese Black del Giappone.
    Yonezawa Beef: della prefettura di Yamagata.
    Hitachi Beef: prefettura di Ibaraki.
    Kazusa Beef: prefettura di Chiba.
    Manzo giapponese a corno corto

    Iwate Beef: caratterizzata da una carne più povera di grassi, rispetto ad altri Wagyu,restando comunque incredibilmente tenera.
    Manzo giapponese bruno

    Akaushi Beef: Della prefettura di Kumamoto.



    <b>FONTE:
    © www.lastampa.it/2015/09/17/societa/...NlM/pagina.html,
    Photo credit:www.tastingtable.com


    Edited by gheagabry1 - 23/1/2023, 00:26
     
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    "Sono cinquant'anni che faccio l'an. La marmellata di fagioli va fatta col cuore, figliolo". Ore e ore di preparazione, tenere in ammollo i fagioli azuki, sciacquarli, falli sobbollire a fuoco lento e poi unirli allo zucchero, mescolarli con grazia facendo ben attenzione a non far bruciare la marmellata, ascoltarli i fagioli. "Dobbiamo farli abituare allo zucchero è come una giovane coppia al loro primo appuntamento"."
    (dal film "Le ricette della signora Toku")

    IL FAGLIOLO AZUKI



    Il fagiolo azuki (小豆), in latino Vigna angularis, è una pianta della famiglia delle Fabacee. E'un piccolo arbusto, alto da 30 a 90 cm. La Vigna angularis è originaria dell'Asia orientale e non esiste più allo stato selvatico. La domesticazione è avvenuta in epoche preistoriche in Cina o nella regione himalaiana. Veniva coltivata in Cina e in Corea già intorno al 1000 a.C. Si tratta del legume più consumato in Oriente dopo la soia.

    I frutti sono baccelli lunghi fino a 10 cm, che contengono semi simili ai fagioli, ma più piccoli. Il colore più comune è il rosso scuro, ma esistono anche varietà a semi gialli o bruni. È tipica la presenza di una linea bianca vicino all'occhio del fagiolo. Il loro sapore è dolce, simile a quello delle castagne e delle patate dolci.
    Il nome “azuki” deriva dal termine giapponese originario アズキ, significa “buona salute”, ma esiste anche un sostantivo naturalizzato dal cinese detto “shōzu”, ovvero “piccolo fagiolo”, in quanto per “grande fagiolo” si intende la soia. In Cina, i fagioli azuki sono chiamati “xiǎodòu” (小豆) o “chìdòu” (赤豆 - o fagiolo rosso). In Gujarat (India) sono noti col nome di “chori”.

    Nella cucina orientale, i fagioli azuki sono consumati principalmente come dolce. Vengono bolliti in acqua e zucchero per produrre una"pasta di fagioli rossi", alla quale talvolta si aggiungono ingredienti alternativi come le castagne. Alcune ricette cinesi molto famose sono il tangyuan, il zongzi, il mooncakes, il baozi e il gelato ghiacciato.
    L’Anko, ovvero la pasta dolce di fagioli azuki rossi, è uno degli ingredienti fondamentali della pasticceria tradizionale giapponese, insieme al the verde. Viene spesso utilizzata come ripieno nelle ricette dolci come anpan, Dorayaki, imagawayaki, Manju, Monaka, Anmitsu, taiyaki e Daifuku. Esiste anche una minestra brodosa a base di fagioli dolci detta "zuppa di azuki" ed una bevanda a base di semi germogliati.

    Azuki-verdi

    Il dorayaki (どら焼き) è un tipico dolce giapponese composto da due pancake, con un impasto simile al pan di spagna, la kasutera, e riempito al centro con l'anko. In origine il dorayaki aveva un solo strato; la forma attuale a due strati fu inventata nel 1914 da Ueno Usagiya.
    In giapponese dora significa "gong", e probabilmente la forma simile a quella dello strumento musicale ha dato origine al nome del dolce. La leggenda narra che un samurai di nome Benkei dimenticò il suo gong a casa di un contadino presso il quale si nascondeva, e che questi lo usò per preparare il primo dorayakidd, da cui, appunto, deriva il nome.

    ..miti e leggende..


    Azukiarai (小豆洗い, colui che lava i fagioli azuki?), or Azukitogi (小豆とぎ, colui che macina i fagioli azuki?), è uno spirito giapponese che lava i fagioli azuki in prossimità di un fiume o di un altro corso d'acqua. Le persone possono sentire il rumore che fa mentre li lava e la sua voce mentre canta "azuki togō ka, hito totte kuō ka? shoki shoki". ("Will I grind my azuki beans, or will I get a person to eat? shoki shoki."). Chiunque si avvicini al rumore e al fiume, cade in acqua. Questo spirito è spesso descritto come un uomo di bassa statura dall'aspetto grottesco, con una grande testa calva, denti storti, baffi sottili, grandi occhi gialli e sporgenti, indossa vestiti a brandelli ed è chino su un secchio mentre lava i fagioli azuki.



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    Edited by gheagabry1 - 23/1/2023, 00:32
     
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    LO YAKINIKU




    La cucina tradizionale viene chiamata in lingua giapponese nihon-ryōri (日本料理?) o washoku (和食?) per identificare la cucina precedente al periodo Meiji, in contrapposizione alla cucina yōshoku (洋食? “cucina occidentale”) diffusasi nel Paese nipponico in seguito all'abolizione del periodo di sakoku (Paese chiuso) conseguente alla Restaurazione Meiji. Durante quest'ultimo periodo, numerose pietanze di origine occidentale furono importate e adattate ai gusti locali.

    Lo Yakiniku è la grigliata di carne delle giornate di festa in Giappone, quando la famiglia si ritrova, quando c’è da festeggiare una promozione o semplicemente la domenica.

    Il consumo di carne in Giappone venne reintrodotto solo nel 1871, con l’instaurazione della dinastia Meiji come strumento per favorire la diffusione della cultura occidentale in Giappone. L’imperatore per promuovere il consumo della carne di manzo la mangiò pubblicamente per la prima volta il 24 Gennaio 1873.
    Fino alla seconda guerra mondiale, questo tipo di cucina era conosciuta con il termine jinjisukan, ispirato dai piatti di montone grigliato tipici della Manciuria, a lungo sotto il dominio coloniale giapponese.
    Lo yakiniku trova le sue origini nel barbeque alla koreana. Secondo una storia, tutto nacque quando le genti del Nord Korea, gli Zainichi che vivevano in Giappone immediatamente dopo la II Guerra Mondiale vendevano sul mercato nero i cuori di manzo cotti secondo il loro stile locale. Tecnica che poi vide la sua evoluzione secondo i gusti e sapori più tradizionali del Giappone. Bistecca e carne arrosta vennero tradotte rispettivamente nei termini yakiniku e iriniku come menù in stile occidentale nel Seiyō Ryōri Shinan pubblicato nel 1872.

    Oggi, lo yakiniku consiste in una griglia – a carbone o a gas – inserita al centro del tavolo.
    Un dettaglio importantissimo per ottenere un perfetto yakiniku è il modo di cuocerla. Ognuno cuoce la propria porzione, bocconcini di carne preparati in precedenza, marinati e preferibilmente di una taglia che permetta di mangiarli in un sol boccone. Non vanno tenuti troppo a lungo sulla griglia, per evitare che si secchino.Si girano di tanto in tanto con i bastoncini. Vengono utilizzate anche verdure come peperoni, carote, funghi e cipolle. Una terrina di spicchi di aglio fritto viene inoltre posta a scaldare sulla griglia.

    Le pietanze tipiche sono principalmente carni, interiora e verdure. Tra le carni, il manzo di Kobe, il pollo e la pancetta sono le più apprezzate, accompagnate da melanzane, peperoni, soia, funghi shitake. Le salse usate per la marinatura sono di solito a base di soia, mista a sakè, mirin, zucchero e succhi di frutta, spezie, che conferiscono una nota agrodolce alle pietanze.

    In cene importanti vengano usati dei manzi tra i più pregiati capi Wagyu dal manto nero, allevati secondo secolare cultura, nutriti unicamente con cereali e granaglie, abbeverati con birra, massaggiati più volte quotidianamente e durante la vita addolciti dalla musica classica.
    La storia del Wagyu Kuroge e degli inizi del suo allevamento si perdono nelle trame delle leggende popolari Giapponesi.
    La diffusione e lo sviluppo dell’allevamento del Wagyu Kuroge sembra risalga al periodo “EDO” in Giappone dopo il II, III sec. Da allora il manzo Wagyu iniziò ad essere allevato per scopi alimentari e con una crescita e un tipo di allevamento unici nel loro genere.
    Wagyu Kuroge è una particolare razza bovina che ha come peculiarita’ una curiosa tattica di sopravvivenza ed adattamento a condizioni non propizie. E' uno dei rarissimi casi di mammifero che ha sviluppato la capacita’ di immagazzinare le scorte energetiche, sottoforma di lipidi(grassi) a livello intramuscolare anziche’ esomuscolare e sottocutaneo come la maggior parte degli esponenti del regno animale. Viene allevato a Kobe.



    Edited by gheagabry1 - 23/1/2023, 00:35
     
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    Il leggendario Sushi Jiro, “il miglior sushi al mondo” ha perso le 3 stelle Michelin
    perché ora è aperto solo a chi ha “le giuste conoscenze”



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    • Il “miglior ristorante di sushi del mondo” non è più aperto al pubblico.
    • Sukiyabashi Jiro a Tokyo ora accetta prenotazioni solo da clienti abituali, persone con “speciali conoscenze” o da coloro passano attraverso usano un concierge di un hotel di lusso.
    • I commensali che entrano devono spendere almeno 40.000 yen, o 330 euro, per la selezione dello chef.
    • La decisione del ristorante ha comportato la sua rimozione dalla guida Michelin dopo aver detenuto il massimo a cui si possa ambire: tre stelle.


    Il Sukiyabashi Jiro di Tokyo è stato cancellato dalla lista perché non accetta più prenotazioni da parte del pubblico.

    Gli ospiti che desiderano cenare presso l’esclusivo ristorante ora possono farlo solo se sono clienti abituali, hanno “conoscenze speciali” o hanno il supporto di un concierge di un hotel di lusso – e devono spendere almeno 40.000 yen, oltre 330 euro, per il menu degustazione.
    Il ristorante ha ricevuto tre stelle Michelin ogni anno dalla prima edizione di Tokyo della guida culinaria nel 2007 ed è stato oggetto di un documentario del 2011, “Jiro Dreams of Sushi”.
    Dopo aver lanciato l’ultima edizione di Tokyo, un rappresentante della guida Michelin ha dichiarato: “Riconosciamo che Sukiyabashi Jiro non accetta prenotazioni da parte del pubblico, il che lo porta fuori dal nostro campo di azione”.
    Sebbene le news riportino che il ristorante sarebbe stato “spogliato” delle sue stelle Michelin, questa persona ha aggiunto: “Non è corretto dire che il ristorante ha perso le stelle, ma semplicemente che non rientra più nella copertura della nostra guida.
    “La politica di Michelin è di segnalare ristoranti in cui tutti possono andare a mangiare. ”

    https://it.businessinsider.com/
     
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    Il riso, l’Oryza sativa, è l’alimento base della cucina giapponese. La parola pasto e la parola riso si identificano nella parola “gohan”: ad esempio la colazione viene detta “asagohan”, ossia il “riso del mattino”. Ed il riso ha un carattere quasi sacro: a fine pasto, nella ciotola di ciascuno dei commensali si versa dell’acqua, per poter raccogliere anche l’ultimo chicco rimasto, nulla deve andare sprecato.


    Il riso è di origine cinese. A differenza delle cucine occidentali, dove fa spesso da primo o da piatto unico, nelle cucine orientali assume in pratica il ruolo del pane, e viene cotto di solito al vapore. In Giappone può essere bianco o integrale, è in genere a chicco corto; deve rimanere un po’ colloso (il più colloso in assoluto è il riso Mochi), per poter essere mangiato agevolmente con le bacchette, oppure per facilitare la preparazione di tortini e bocconcini del sushi.

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    Il riso ha anche altri usi: con il riso Nishiki, una varietà di dimensioni medie, si produce il “sake”, la bevanda nazionale giapponese. Sempre dal riso si ottiene il “mirin”, vino tendente al dolce, usato per cucinare, il cui gusto caratterizza le pietanze della gastronomia giapponese; si estrae da un riso speciale chiamato “mochigome”, ma non si aggiunge zucchero: nel mirin il 40% è glucosio naturale derivante da fermentazione parziale. La sua maturazione può durare anche molti anni.

    E naturalmente con il riso si fanno gli spaghetti, una usanza ereditata dai cugini cinesi, come ad esempio vediamo nel “ramen”, un brodo, che può essere di carne o pesce, al quale spesso vanno aggiunte alghe, verdure, uova, mais e salsa di soja o miso.

    Si fanno spaghetti (noodles) anche con farina di grano, come nel caso degli “udon”, spessi, serviti in forma di zuppa calda, con salsa di soja o di mirin. Sono molto più fini invece i “soba”, di colore grigio-marrone perché ottenuti con farina integrale mista a quella di grano saraceno (Fagopyrum esculentum); vanno bene sia asciutti (e serviti freddi) sia in zuppa calda.

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    La salsa di soja, che non manca mai sulle tavole nipponiche, con tutte le sue variazioni, è ottenuta dalla Leguminosa Glycine max: anch’essa pianta di origine cinese, fu importata in tempi remoti prima in Korea e poi in Giappone, ma furono monaci buddisti provenienti dalla Cina ad insegnare ai Giapponesi, nel VII secolo, la preparazione della salsa. Il successo fu tale che oggi in Giappone, se ne possono contare almeno quindici versioni principali. In tutti i casi, la differenza maggiore – che si riflette anche nel gusto – fra la salsa di soja giapponese e quella cinese è che nella prima si usa almeno il 50% di grano.





    www.pianteinviaggio.it
     
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