COEZ rapper

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    coez-non-erano-fiori-cover


    Non erano fiori



    Etichetta: Carosello Records
    Distribuzione: --
    Anno: 2013

    Non erano Fiori, il nuovo album di Coez. Un percorso artistico che arriva a sfociare in un genere non ben definito, un mix tra Pop, Elettronica, Rap e dolci melodie. Un album emozionale molto personale.

    11 tracce e nessun featuring, personalmente apprezzo la scelta coraggiosa, avere supporto artistico con cantanti di spessore al microfono assicura sicuramente più vendite.

    E' un disco di canzoni d'amore, di un amore finito male, per questo "Non erano fiori".

    E’ un bell’album, Riccardo Sinigallia ne cura ogni lato (Quelli che ben pensano di Frankie Hi-Nrg ricordate?) e da quella mano a Coez a far suonare il “tutto” in un certo modo.

    Abbiamo già sentito parecchi singoli in precedenza, “Hangover”, “Ali sporche”, “Forever alone” e “Dramma nero”, il filone è lo stesso, se vi piacevano andrete matti per l’intero album.

    Il punto forte di questo album è la musica, le atmosfere sono perfette per ogni singola canzone e accentuano gli stati d’animo che Coez vuole comunicare.



    ElNisi
    fonte: hano.it



    Tracce:

    01 - Hangover
    02 - Lontana Da Me
    03 - Oh No!
    04 - Ali Sporche
    05 - Dramma Nero
    06 - Siamo Morti Insieme
    07 - Vorrei Portarti Via
    08 - Non Erano Fiori
    09 - Forever Alone
    10 - La Strada E' Mia
    11 - Ali Sporche (Band Live Version)


    Recensione:

    Mettiamo subito una cosa in chiaro: il nuovo disco di Coez non è rap, e lui lo ammette tranquillamente. Era già tutto scritto da più di un anno a questa parte, quando uscì il primo singolo “Ali Sporche” e quando il rapper romano spingeva in tour per l’Italia quel sound hip-hop classico e genuino con i suoi Brokenspeakers.
    Fan avvertiti a tempo debito dunque, e nessuna sorpresa dell’ultimo minuto durante l’ascolto di Non Erano Fiori, ossia tante facce basite con appiccicato sulla fronte “questo si è fatto portavoce del vero hip hop, e mo’ è più pop di Fedez?!”.
    Detto ciò, non resta che prendere o lasciare.
    Lasciare è lecito ma non è così semplice scartare a priori perché anche i suoi più accaniti fan, quelli che lo volevano vedere rappare all’infinito brani sulla scia di “Nella Casa”, ai live si sono visti travolgere dal ritmo lento ma, allo stesso tempo, carico di patos di “Ali Sporche”, perfetto apripista a questo nuovo ciclo.
    Un approccio sincero, senza scorciatoie, quello di Coez che ha preferito non partorire brani pop con qualche rima e ritornelli tunz-tunz-tunz, optando invece per il talento indiscusso di un musicista completo e navigato come Riccardo Sinigallia, attento a seguirlo passo dopo passo nella sua evoluzione.
    Ci regala così un album breve e compatto, senza disperdersi in chiacchiere inutili, in un minestrone di featuring e in una serie di ridondanze che caratterizzano solitamente i dischi rap. Non c’è spazio per frecciatine agli haters, perché il tema da trattare è caldo e va affrontato senza troppi giri di parole: la fine di una storia d’amore.
    Un vero e proprio concept album, imperniato su dieci tracce, disposte secondo un preciso ordine logico, nate e sviluppate come istantanee di una serie di stati d’animo tipici di quella fase con cui ognuno di noi prima o poi si trova a dover fare i conti.
    Analizzare Non Erano Fiori traccia per traccia non darebbe il giusto valore al progetto, quindi mi limiterò a sottolineare qualche aspetto che spero possa tornarvi utile durante l’impatto con questo ‘insolito’ album. “Hangover”, primo singolo ufficiale, apre le danze con una melodia accattivante, introducendo nella maniera più spensierata possibile il tanto scottante tema. Coez, appena conclusa la sua storia, non vuole saperne nulla. Nel pieno del suo hangover decide di restare giustamente da solo, senza pensare e senza la presenza di nessun rompipalle attorno che gli faccia le classiche domande di rito.
    Una volta concluso l’hangover, per la gioia dei curiosi, le domande penserà lui stesso a porsele, trasformandole spesso in paranoie viventi – come d’altronde finora ci aveva sempre abituato. Tanti punti interrogativi e tanta autocritica a segnare un’intera tracklist, metafora di un tragitto che alla fine non si rivelerà altro che l’inizio di una nuova avventura. Chissà come, chissà quando, chissà dove.
    Quel che importa ora è che Coez abbia imboccato la sua strada, quella giusta, quella per cui – da come si evince dalla fine di Non Erano Fiori – ha dovuto sopportare rinunce e sacrifici, a partire proprio dalla stessa storia trattata nel disco.
    Anche se i beat di Sine e di Ford78 sono stati sostituiti dalle note di tanti strumenti a fiato e percussione (e non solo), Coez resta sempre il ragazzo scrutato dai diavoli al di là del vetro, l’amante dei coltelli nascosti tra i fiori e delle bevute assassine per dimenticare.
    Alla fine della fiera quindi cambia la forma ma non la sostanza.
    Non Erano Fiori non è un disco pop, non è un disco rap; e Coez è un artista che non ha pretese di sembrare né l’uno né l’altro. Ha semplicemente tanta voglia di comunicare qualcosa senza l’arroganza tipica di questi tempi ma, anzi, con quel desiderio di ripagare sin da subito la curiosità e le aspettative di chiunque decida di credere in lui. E alla fine gli riesce, datemi retta.


    (Giorgio Quadrani)
    fonte: rapburger.com



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    Hangover



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    Lontana Da Me



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    Ali sporche

     
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