IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 2° ... NUMERO 355 ...

Martedì 10 Aprile 2012

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    BUONGIORNO GIORNO... 10 APRILE 2012


    Edizione Giornale Anno 2° Numero 355



    RIFLESSIONI


    ... STORIE DI ANIMALI …
    ... Mentre gli uomini fanno a gara di cattivi esempi, di rappresentazioni terrificanti del loro aspettto peggiore; gli animali riempiono positivamente la cronaca di questi giorni. Stanchi di sentir parlare di gare vendute, di politici venduti, di vite in vendita, di tasse e tassati e tartassati, abbiamo appreso in questi giorni che l’immagine che avevamo, tramandata dai racconti della storia antica, degli animali della preistoria, forse dovremmo cambiarla o quantomeno accettare la possibilità che anche gli animali più grandi immaginabili, i dinosauri, avevano piume e potevano volare. Cambia un po’, o forse si arricchisce l’immagine che ci eravamo fatti fin dagli studi delle elementari, di questi enormi animali che popolavano le deserte lande del mondo preistorico e anche quelle più colorate della nostra immaginazione. Un’altra storia però mi ha commosso oggi; parla sempre di animali, del loro legame agli uomini troppo spesso non corrisposto; bella questa storia di un gatto che torna a casa dopo 16 anni passati nei boschi mentre il padrone lo credeva morto. Storie di animali che riempiono il cuore di felicità mentre intorno il rumore delle manette e le parole sconclusionate di uomini che rubano ad altri con la maschera degli onesti fa sprofondare la considerazione verso i nostri simili a livelli sempre più bassi … Vi abbraccio fortissimo … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)



    Gatto torna a casa dopo 16 anni nei boschi

    La padrona lo credeva ormai morto. L'animale è stato ritrovato vicino Monaco. L’antico adagio vuole che sia il cane il migliore e più fedele amico dell’uomo. Ma la storia di Poldi rappresenta l’eccezione del caso. Questo gatto appartenente ad una famiglia tedesca dopo ben 16 anni di vagabondaggio, è tornato a casa. Lo shock emotivo della sua padrona, una donna tedesca che ormai disperava di poter riabbracciare il suo adorato compagno a quattro zampe, è stato ovviamente fortissimo. Dopo 16 anni di assenza Poldi sembrava svanito nel nulla e quindi lo si è creduto morto. Fino ad ora. Ma le autorità lo hanno rinvenuto nel bosco, mentre vagabondava. La responsabile della casa per animali che ha raccolto il felino, ha dichiarato di averlo trovato in una foresta nei pressi di Monaco. Emaciato e stanco è stato portato al ricovero per animali della città. Eveline Kosenbach, l’impiegata che si è presa cura del gatto, ha identificato il proprietario di Poldi grazie ad un piccolo tatuaggio con il numero identificativo dell’animale, posto proprio dietro il suo orecchio. “La signora ormai non aveva più speranze di rivedere il suo gatto dopo così tanto tempo di assenza”, ha dichiarato la signora Kosenbach, aggiungendo che ritrovare un animale scomparso da così tanto è davvero un avvenimento sorprendente. La proprietaria ha confermato che è decisamente Poldi l’animale ritrovato, anche perché ad ogni animale è dato un solo numero identificativo. La donna, non ancora identificata, ritirerà il suo gatto domani.


    Fiabe e Favole dal Mondo

    La piccola Havrusheka (Khavròshechka) (o: «Briciolina l'orfanella»)(Fiabe Popolari Russe)
    Al mondo esistono buone e cattive persone. Ci sono anche persone che sono estremamente cattive. La piccola Havrosheka aveva avuto la disgrazia di finire con questo tipo di persone. Era orfana ed era finita in casa di gente che la sfruttavano in tutti i modi, costringendola a fare i lavori più umili.

    La padrona della casa aveva tre figlie: la prima si chiamava Unocchio, la seconda Dueocchi e la terza Treocchi: non facevano niente tutto il giorno, mentre la piccola Havrosheka lavorava duramente. L'unico essere con cui la nostra eroina si riusciva a confidare era una mucca che era nel campo vicino, anche perché era una mucca magica, che spesso le dava una mano nelle faccende domestiche, soprattutto da quando la matrigna continuava a caricarla sempre di più.

    Un giorno la matrigna incaricò la figlia maggiore, Unocchio di andare a spiare Havrosheka quando era al lavoro. La mucca capì che c'era lei a spiare, per cui disse: "Dormi, dormi, dormi!" Unocchio si addormentò. Il giorno dopo fu il turno di Dueocchi di spiare la loro servetta, ma anche questa volta la mucca la addormentò. Il terzo giorno andò Treocchi e la mucca non riuscì ad addormentarla del tutto. La madre ordinò dunque che la mucca venisse uccisa. Havrosheka era disperata, ma la mucca le rispose: "Dopo che sarò morta, prendi le mie ossa, e seppelliscile sotto terra. Bagnale, e non ti dimenticare mai di me!" Havrosheka fece come le era stato detto: poco tempo dopo sbocciò un albero di mele, come non se ne erano mai viste, bellissime e succose.

    Un giorno un giovane principe si trovava a a passare lì vicino e rimase incantato nel vedere quelle bellissime mele, al punto che iniziò a desiderarle tanto da ammalarsi. Il re suo padre andò in quella casa e, vedendo che c'erano solo ragazze disse che chi avesse portato una di quelle mele al figlio sarebbe diventata sua moglie. Ci provò Unocchio, ma l'albero iniziò ad agitarsi e non la lasciò salire. Anche Dueocchi e Treocchi provarono, ma non ci fu niente da fare. Il principe chiese di poter rivedere ancora quell'albero: mentre era lì di fronte, di lì passò Havrosheka, che colse una di quelle mele per mangiarla. Allora il principe capì che lei era la moglie giusta per lui. La portò a casa sua, dove Havrusheka poté dimenticare tutte le cattiverie che aveva subito. E il giorno del matrimonio cosa accadde? Nelle stalle della nuova casa di Havrusheka nacque una mucca identica a quella magica che la protesse per tutto il resto della sua vita.

    (Afanasiev)

    ATTUALITA’


    Torna il freddo a Pasquetta, neve sul Vesuvio e allerta per la pioggia in Puglia.
    Scenario inusuale per i napoletani, che questa mattina hanno trovato il Vesuvio imbiancato: risultato degli ultimi due giorni di maltempo, con forti temporali che in città hanno creato qualche problema alla cerimonia di inaugurazione dell'America's Cup World Series, ieri sera in Piazza Plebiscito. Strade imbiancate dalla grandine sulla collina dei Camaldoli. L'inaspettato ritorno di inverno sembra finito oggi con il ritorno del sole e del cielo limpido, ma le temperature restano basse a Napoli così come in tutta la provincia. Pasquetta con pioggia e vento in Puglia: un avviso di moderata criticità idrogeologica ed idraulica a causa del maltempo e di possibili precipitazioni copiose e forti venti è stato lanciato per le prossime 12 ore dal Dipartimento nazionale della Protezione civile al Servizio regionale della Protezione civile e da questo alle Prefetture. Per la Puglia le aree di allerta sono praticamente tutte: il Gargano, la Capitanata, la Terra di Bari, la penisola salentina, il bacino del Lato e di Lama di Lenne, nel tarantino, e il bacino basso dell'Ofanto, nella sesta provincia. Non solo. Il forte vento, che a partire da questa notte si è abbattuto su tutta la regione, ha provocato il danneggiamento di linee elettriche di media tensione nelle zone di Bari, Lecce, Foggia, Taranto e Brindisi. Allerta maltempo anche in Basilicata (bacini Ofanto, Basento-Bradano e Sinni). Pasquetta all'insegna del maltempo anche in Sicilia. Il vento forte che soffia da più di 24 ore su tutta l'isola ha impedito ai traghetti diretti alle isole minori di salpare. Isolate, ad esempio, le isole Eolie, dove il mare è forza 6, mentre a Trapani non è partito il traghetto di linea per le isole Egadi, raggiunte oggi solo da due aliscafi, uno da Trapani, l'altro da Marsala. Inoltre niente navi da Porto Empedocle per Lampedusa e da Trapani per Pantelleria. A causa del vento forte e della abbondante nevicata della notte scorsa, poi, due pullman sono rimasti bloccati sulle due provinciali che salgono sul versante di Etna Sud - Rifugio Sapienza rispettivamente da Nicolosi e Zafferana Etnea. Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico ha raggiunto i due pullman con gli sci e messo in sicurezza le oltre cento persone, tra uomini donne e bambini, nell'attesa che arrivassero i mezzi spazzaneve. Intanto sono state tratte in salvo le persone che ieri, a causa di una forte nevicata, erano rimaste bloccate con le loro auto sul monte Subasio, in provincia di Perugia. I vigili del fuoco sono intervenuti e nella tarda serata di ieri hanno portato in salvo le famiglie, che si erano trovate in difficoltà a causa del maltempo. Sempre ieri, nel pomeriggio, una tromba d'aria ha interessato la frazione di Gallignano di Soncino (Cremona), nell'area compresa tra l'ex statale 498 e via Regina della Scala. A registrare i danni maggiori le coperture e le vetrate di un'officina e un impianto di distributore di carburanti, dichiarati attualmente inagibili. Danni minori ai tetti delle abitazioni e alle stalle circostanti: non è stato disposto nessun sgombero, né si registrano feriti, rendono noto i carabinieri.

    Dalla ciriola alla michetta, viaggio nel mondo del pane.
    Dalla ciriola romana alla carta musica sarda, dalla michetta milanese alla coppia ferrarese. Il pane, protagonista sulla tavola italiana, continua a essere uno dei cibi più amati nel mondo.
    Colpito dalla crisi (-5% delle vendite nel 2011, fonte Coldiretti), il 90% degli abitanti del Belpaese consuma comunque pane fresco tutti i giorni, secondo quanto elaborato dall'Ufficio economico Confesercenti per Assopanificatori Fiesa-Confesercenti. E ogni famiglia spende in media circa 28 euro al mese per acquistarlo. In ogni caso, sottolinea Confesercenti, dagli anni '70 a oggi il consumo di pane, in ragione di nuovi stili di vita, di una diversa organizzazione e struttura familiare si è ridotto del 10%, dai 61 kg procapite del 1974 ai circa 55 kg di oggi. La gran parte della produzione - circa il 90% - proviene da forni a carattere artigianale. La restante parte - 10% circa - è prodotta da forni industriali. Un chilo di pane comune costa in media 2,75 euro, fa sapere Coldiretti, ma il prezzo varia notevolmente nelle diverse regioni nonostante il costo del grano sia praticamente lo stesso a livello nazionale e internazionale. Da un'inchiesta di Altroconsumo, emerge che è Milano la città italiana dove il pane è più caro (minimo 3,9 euro al chilo), mentre Napoli con i suoi 1,7 euro è la più economica. Ma per chi vuole un 'pane speciale' a Bologna, per un chilo sono necessari 6 euro. Al supermercato in generale si risparmia con 1,96 euro in media al chilo. L'arte bianca risale a migliaia di anni fa. Lievitato e non, con farina integrale o di soya, all'olio o al latte, di varietà di pane ora ne esistono a centinaia. Gli ingredienti di base sono sempre gli stessi (farina, lievito, acqua e sale). Ma oltre alle varietà classiche, che "ogni regione e provincia si porta dietro" dice Francesco La Sorsa, presidente della Fippa (Federazione italiana panificatori, panificatori pasticceri e affini), a Ign, testata online del Gruppo Adnkronos, ogni panificatore poi ne produce di originali cercando di andare incontro anche alle richieste del cliente. "All'origine c'era la pagnotta tonda - sottolinea - poi con il tempo sono nate le varie forme". "Il pane di per sé non è cambiato con il tempo - dice La Sorsa - le trasformazioni delle forme e delle tipologie sono dovute alle richieste del cliente. Per cui è nato quello di segale, ai cereali, ecc. Ora in molti chiedono quello senza lievito, come qualche anno fa andava molto di moda il pane di soya ". "Ma le varietà classiche non solo resistono, sono comunque quelle più vendute", dice a Ign Claudio Conti, presidente Assipan (Associazione nazionale panificatori e affini). Veri e propri prodotti tipici che in qualche caso hanno anche ricevuto un riconoscimento, come il pane di Altamura (Dop - Denominazione di origine protetta) e quelli di Genzano e Matera (Igp - Indicazione geografica protetta). Pur essendo presente ogni giorno in tavola, anche il pane in ogni caso ha a che fare con la crisi. "In realtà già da qualche anno il settore sta patendo - sottolinea a Ign La Sorsa - con la liberalizzazione della panificazione e il settore che si è frammentato, per cui tutti possono vendere e fare pane se attrezzati. Di recente, poi, la gente ha cominciato a consumare meno pane nel senso che se prima magari ne comprava in abbondanza ora compra solo ciò che mangia davvero". "In linea di principio io non sono contrario alle liberalizzazioni - ci tiene a precisare il presidente della Fippa - penso siano in generale un'opportunità. Noi in ogni caso non eravamo lontani, perché nelle zone turistiche e nelle città d'arte con deroghe comunali c'era già la possibilità di aprire nei giorni festivi e di allungare gli orari. Ma non tutte le aziende che panificano si trovano in queste zone, quindi non hanno questa necessità. In questi casi vedo le ultime liberalizzazioni penalizzanti con costi eccessivi senza un ritorno economico adeguato". "Di certo non aiutano a incrementare i posti di lavoro - conclude - per questo è necessario solo che la gente ricominci a consumare". Per il presidente Assipan Conti "il pane è cambiato con il cambiamento del tessuto sociale. Quindi l'evoluzione dal dopoguerra in avanti ha fatto sì che le richieste dei consumatori migliorassero anche in virtù del miglioramento del tenore di vita". Proprietario di un forno storico nel cuore di Trastevere a Roma, Conti parla di "un pane più curato" in una "pezzatura più piccola" per un'"infinità di tipi". "Ogni forno - sottolinea con Ign - ha personalizzato dei tipi di pane per rispondere meglio alle esigenze del proprio cliente". "Il consumatore oggi richiede una tipologia di pane molto vasta - continua - ma il classico non solo resiste è anche il più venduto". Quanto alle liberalizzazioni, il presidente di Assipan si dice d'accordo in via generale ma sottolinea: "Credo però che nel nostro settore liberalizzare in modo selvaggio gli orari, sia sicuramente un grande costo in più per le piccole aziende ma non vada neanche nella giusta direzione per le grandi imprese". I quattro ingredienti base del pane, tutto sommato semplici, ricoprono un ruolo egualmente importante per la buona riuscita del prodotto. Anche l'acqua, più o meno dura, fa la differenza. Di farine ne esistono tantissime (dal mais al riso, dal kamut ai ceci, dalla segale alla castagne). Per il pane, il cereale più importante resta il frumento (grano), dal quale si ottiene la farina bianca (che deriva dal grano tenero) di colore bianco e la semola (che deriva dal grano duro). Quest'ultima era tradizionalmente prodotta prevalentemente nelle regioni del sud Italia, mentre ora la sua produzione ha una distribuzione nazionale. Da quella di grano tenero si distingue sia per la granulometria più accentuata che per il suo caratteristico colore giallo ambrato, colore che si ripercuote anche sui prodotti con essa ottenuti (pane di Altamura, ad esempio). La farina di grano tenero può essere di tipo 00, tipo 0, tipo 1, tipo 2 oltre a quella integrale, che contiene tutte le parti del chicco di grano. La 00 è più raffinata rispetto a quella di tipo 0, in quanto sottoposta più volte al processo di macinazione. Di lieviti se ne usano principalmente due: quello naturale (conosciuto anche come pasta madre), che consente una conservazione maggiore ma ha tempi di lavorazione molto più lunghi, e quello di birra, che ha tempi di lievitazione più brevi. Per questo motivo "c'è qualcuno che li mischia", dice La Sorsa il quale ricorda come la pasta madre sia più utilizzata per il pane grosso, che ha più mollica.

    Queen battono Beatles per album bestseller.
    Possono davvero cantare 'We are the champions'.
    I Queen hanno conquistato la vetta della classifica degli album più venduti nel Regno Unito nell'ultimo mezzo secolo, relegando al secondo posto i Beatles con il loro 'Sgt. Pepper's Lonely Heart's Club Band'. Il loro disco 'Greatest Hits', uscito nel 1981, ha venduto 5,8 milioni di copie in Gran Bretagna, contro i 5 milioni di copie dell'album della band di Liverpool e i 4,9 milioni di 'Gold' degli Abba. Il sorprendente primato di Freddie Mercury su John Lennon sarà protagonista di una trasmissione radiofonica in onda oggi su Bbc Radio 2, in cui il celebre DJ britannico Tony Blackburn introdurrà tutti gli album della classifica. A conferma del loro successo, i Queen compaiono nella lista anche al decimo posto con il loro 'Greatest Hits II' del 1991 che ha venduto 3,8 milioni di copie. Non è la prima volta che le chart confermano il successo della band simbolo del glam rock: 'Bohemian Rhapsody' è il terzo singolo più venduto della storia della musica britannica, e i Queen hanno un numero infinito di 'tribute band', gruppi a loro ispirati. Grandi assenti dalla Top 40 - stilata dalla Official Charts Company - sono invece i Rolling Stones, così come gli Eagles e i Bee Gees, alcune delle Band che hanno venduto più dischi al mondo. Una serie di artisti più giovani fanno invece la loro comparsa in classifica, da Adele al sesto posto con il suo album d'esordio '21' a Leona Lewis con 'Spirit' al 20esimo posto. Al quarto posto è il grande successo del 1995 degli Oasis, 'What's the Story', seguito da 'Thriller' (1982) di Michael Jackson (l'album più venduto al mondo, con circa 100 milioni di copie) al quinto, mentre dopo Adele, al settimo posto si sono posizionati i Dire Straits con 'Brothers In Arms'. 'Dark Side of the Moon' dei Pink Floyd e Bad di Michael Jackson precedono il secondo Greatest Hits dei Queen per completare la top 10. 'Questa classifica e' un vero misto di generi e credo che gli ascoltatori resteranno piuttosto sorpresi", ha detto Blackburn, aggiungendo: "Ci sono artisti che ci si aspetterebbe in una classifica di questo tipo, ma non al posto che occupano. Mi ha sorpreso scoprire chi non ce l'ha fatta: gruppi e cantanti di grandissimo successo come i Rolling Stones, Elvis Presley, Diana Ross o Marvin Gaye". O come la regina del Pop Madonna, attualmente in cima alle classifiche mondiali con MDNA, che con Immaculate Collection del 1990 occupa l'undicesimo posto.


    GOSSIPPANDO


    GOSSIPPANDO

    Muntari rinato al Milan grazie alla splendida moglie Menaye

    muntari-e-moglie

    SULLEY MUNTARI – Si sa che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna e forse nel caso di Sulley Muntari, ex calciatore dell’Inter ora in forza al Milan, è un po’ così.
    La moglie Menaye Donkor, oltre ad essere bellissima, è pure molto intelligente. Ex Miss Ghana 2004 possiede ovviamente un fisico da urlo, ma è anche altrettanto impegnata nella beneficenza e con le associazioni umanitarie per aiutare il suo Paese.
    E’ lei ad aver convinto il marito a rimanere a Milano, ma con un cambio di maglia.
    Per la cronaca: è pure mamma di tre gemelline (come avrà fatto a rimanere così in forma è un mistero). Chissà se l’affinità amoroa con Muntari è la stessa che dice Alena Seredova di sua marito Gigi, meglio di Rocco Siffredi…


    (Lussy)



    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …


    NUOVA ZELANDA


    La Nuova Zelanda (in maori Aotearoa) è uno stato insulare dell'Oceania posto nell'oceano Pacifico meridionale. Lo Stato è formato da due isole principali: l'Isola del Nord e l'Isola del Sud e da numerose isole minori come l'isola di Stewart e le isole Chatham. Il mar di Tasman la separa dall'Australia situata circa 2000 km a nord-ovest.
    Aotearoa è l'antico nome dato dal popolo Maori, all'odierna terra della Nuova Zelanda. Ci sono varie traduzioni sul nome originale ma quello più comunemente usato è "Land of Long White Cloud" (Ao: cloud; Tea: white; Roa: long), che significa "Terra dalla lunga nuvola bianca".
    Se si guarda un mappamondo ci si accorge che è situata più o meno nella stessa posizione dell’Italia. Dall’altra parte del mondo, però, nell’emisfero nuztrale, a latitudini e longitudini opposte. Come l’Italia, ha montagne chiamate Alpi, un clima temperato e una forma lunga e stretta da stivale, sebbene capovolto. Ma è un’isola, anzi due isole.
    Il carattere multietnico della società neozelandese sembra rispecchiare la molteplicità e varietà dei paesaggi naturali di questa terra dove si susseguono valli glaciali, cime innevate, laghi alpini e foreste pluviali, sterminate praterie, vulcani spenti e attivi, geysers ribollenti, campagne e pascoli da vecchia Inghilterra, torrenti burrascosi, placide baie in cui incrociano imponenti capodogli, fiordi profondi dal clima temperato ed anche città modernissime e cosmopolite dalle abitudini di vita fortemente anglosassoni. I neozelandesi sono tra le comunità più attente alla protezione dell’ambiente, la natura è amata e vissuta quotidianamente.
    L‘Isola del Nord è depositaria della storia e della cultura del Paese, sia dei maori che degli europei arrivati più tardi, ed ospita i 3/4 di quasi quattro milioni di neozelandesi, insieme alle citta‘ piu‘ importanti e popolose. L‘Isola del Sud ha una natura più selvaggia di quella del Nord ed è caratterizzata dai picchi innevati della grande catena delle Alpi meridionali, autentica spina dorsale che si estende fino ai margini della zona antartica. Terra di montagne, come il Monte Cook (3764 metri) terra di fiordi e di ghiacciai, laghi ed isole.

    ....storia.....


    La Nuova Zelanda è più grande del Regno Unito, ma è popolata solo da quattro milioni di abitanti. Prima che i Britannici decidessero di farne il loro giardino di campagna lontano dallo smog, quelle isole erano abitate dai Maori che avevano dato a quel posto il nome di Aotearoa, "la terra della lunga nuvola bianca". La storia dei Maori risale forse a più di cinquantamila anni fa, quando si dice che fossero emigrati dalla regione settentrionale dell'Himalaya e, dopo aver attraversato la Cina meridionale e il Pacifico, fossero giunti infine, intorno al tredicesimo secolo A.D., in questa terra meridionale. I Maori furono scoraggiati dai colonialisti dal praticare la propria religione e la propria cultura. Molti furono costretti ad imparare l'inglese e a studiare la Bibbia. I Maori, popolo di guerrieri, non tollerarono questa ingerenza. Resistettero e combatterono duramente vincendo più di una battaglia. E, a differenza di molti altri posti nel mondo dove i colonialisti assunsero il controllo e s'impossessarono di tutto, i Maori non persero mai il loro orgoglio e la loro dignità. Col passare del tempo, altri gruppi d'immigranti giunsero in Nuova Zelanda da molti paesi, come piccole onde sulla riva del mare. Dall'India, i primi colonizzatori furono i Gujarati, che si dedicarono soprattutto all'agricoltura. Dopo il colpo di Stato nelle Fiji nel 1987, da queste isole arrivarono migliaia d'Indiani, seguiti da abitanti dello Sri Lanka, del Sud Africa, del Bengala e più recentemente da componenti della classe accademica provenienti da Mumbai e dall'India del sud. Gli Indiani ora costituiscono il due per cento della popolazione.

    "La terra della lunga nuvola bianca", con questa espressione a meta' strada tra lo slancio poetico e l' osservazione meteorologica, i navigatori maori battezzarono quella che poi sarebbe stata conosciuta come Nuova Zelanda. L'avvistarono dopo almeno quattromila chilometri di navigazione nell' Oceano Pacifico e sulle grandi canoe (lunghe anche 30 metri e sulle quali potevano viaggiare fino a 200 persone) dovette essere un momento di festa per tutti. Erano partiti dalla mitica Hawaiki (forse una delle Isole della Societa / Tahiti) portandosi dietro acqua e cibo sufficienti per settimane di navigazione, e piante e animali da far crescere nella nuova patria. Era un anno attorno al 900 della nostra era e con la scoperta delle due grandi isole neozelandesi si delimitava il "triangolo polinesiano", sui cui vertici sono le Hawaii a nord, l'Isola di Pasqua a est e la Nuova Zelanda a sud. Da alcune migliaia di anni i polinesiani migravano da un' isola all' altra quando la popolazione cresceva troppo e cosi' , isola dopo isola - a partire dal sud - est asiatico -, tutto il Pacifico era stato esplorato e popolato con un' impresa marinara che non avrebbe avuto uguali nella storia dell' uomo...Per i polinesiani, in genere e i Maori in particolare, la canoa era tutto e su di essa si rifletteva anche il loro mondo spirituale. Dopo l' arrivo in Nuova Zelanda le canoe a doppio scafo, piu' adatte alle lunghe traversate oceaniche, vennero in parte sostituite dalle possenti canoe monoxile (scavate in un unico tronco d' albero). Ogni canoa aveva un nome e nella stessa struttura dell' imbarcazione il Maori riconosceva l' antenato del proprio clan: la chiglia era la spina dorsale, le strutture che rinforzavano le fiancate erano le costole e sulla prua viveva uno spirito che guidava la barca nel difficile regno di Tangaroa, il dio del mare. Recenti studi hanno dimostrato che il vocabolario navale dei Maori era gia' formato presso le popolazioni del Pacifico (i Lapita) almeno dal 1500 avanti Cristo. Non dovette essere facile abituarsi alla nuova patria. Il clima era piu' freddo, piu' piovoso e l'ambiente del tutto diverso da quello lasciato.
    Nelle vaste foreste crescevano piante sconosciute: felci arboree (alte anche 25 metri) e l'immenso albero kauri (altrettanto alto e con una circonferenza fino a 16 metri), che subito venne sfruttato per costruire le canoe monoxile. E c'erano anche animali che non avevano mai visto l' uomo: un uccello non volatore alto fino a tre metri che i Maori chiamarono Moa (gallina) e che si estinse a causa della caccia e il piccolo Kiwi, un timidissimo uccello dalle abitudini notturne, lungo una sessantina di centimetri, che in millenni di evoluzione aveva perduto le ali, ormai ridotte a due moncherini nascosti tra il piumaggio. Oggi, sebbene sia il simbolo nazionale e abbia dato il nome sia all' omonimo frutto sia ai neozelandesi bianchi, il Kiwi ha vita difficile a causa della presenza di animali carnivori introdotti dagli europei.....Nel 1642 l'isolamento della Nuova Zelanda venne spezzato per sempre. All'orizzonte apparvero le navi dell' olandese Abel J. Tasman che tento' di sbarcare su quella che credeva fosse la mitica "Terra australis", il continente che secondo i geografi dell' epoca doveva esistere in pieno Oceano Pacifico a far da contrappeso alla gran massa di terre emerse dell' altro emisfero; ma la reazione dei Maori fu violenta e 5 marinai rimasero uccisi negli scontri. Poi fu la volta di James Cook che nell'ottobre del 1769 si difese a fucilate dai soliti assalti maori e prosegui' la navigazione lungo le coste, ma dopo alcune settimane si ritrovo' al punto di partenza dimostrando cosi' che la Nuova Zelanda era formata da due grandi isole separate da uno stretto che oggi porta il suo nome. Proprio in quelle acque vive l'inafferrabile calamaro gigante. Nel 1840, infine, la Gran Bretagna stipulo' coi capi Maori il Trattato di Waitangi (tutt'ora oggetto di controversie) che stimolo' l'immigrazione britannica.

    Oltre per la particolare bellicosita' , i Maori stupirono gli europei per i loro tatuaggi, soprattutto quelli del volto. Il complesso disegno facciale era per i Maori una vera e propria carta di identita' . Ogni segno indicava qualcosa: nome dell' individuo, antenati, ruolo sociale, ecc. Poiche' i Maori conservavano le teste essiccate dei loro capi, i navigatori europei comminciarono ad aquistarele come curiosita' esotiche (una testa = un moschetto) e quando le teste disponibili finirono i Maori presero a tatuare i loro prigionieri per poi decapitarli e vendere le teste "false" agli europei. Per questo ci sono ora nei musei teste con tatuaggi privi di senso. Oggi la bella avventura di Luna Rossa ha riportato alla ribalta questo mondo per noi lontanissimo (esattamente agli antipodi) e la sua breve storia ci avverte che abbiamo a che fare con persone - Maori o Kiwi che siano - che il mare e la sfida li hanno nelle vene. (Viviano Domenici, Corriere della sera)

    ....Passeggiata neozelandese.....


    Scendere non sembra difficile. Ci sono dune a perdita d’occhio che digradano fino alla spiaggia con qualche ciuffo di vegetazione qua e là. C’è l’Oceano Pacifico davanti alla riva. La spiaggia mi sembra infinita, un concetto inesprimibile. Macchie marroni distese sulla sabbia (mi accorgerò solo dopo che si tratta di leoni marini)...Scruto la spiaggia. Sono a Dunedin, nella penisola di Otago, sull’Isola del Sud. È l’otto dicembre, e qui dovrebbe essere estate. Invece no, quantomeno non oggi. Il tempo è meravigliosamente grigio, fresco, con le nuvole che pesano, con il cielo che sembra quasi volersi poggiare sulla testa della gente per quanto è gravido.....A me piace il cielo plumbeo. Mi piace quella sorta di mistero che lascia intravedere e che suggerisce l’urgenza di qualcosa, ma soprattutto mi piace tutta la luce che sembra voler esplodere tra una nuvola e l’altra, perforando quelle forme gonfie di ogni tonalità di grigio. E mi piace ciò che si apre dentro di me sotto quel cielo: flussi di parole, di pensieri, un magma di creatività e di vita. Tanto fuoco, tanto rosso che viene voglia di affondarci le mani e di immergercisi completamente per assorbire la vita e dimenticare la paura del vuoto, del non essere......Voglio arrivare in fondo, mettermi al centro di quella spiaggia infinita, rovesciare la testa all’indietro, guardare davanti a me e sentirmi davanti all’Oceano, sola, a pochi metri dai leoni marini. Voglio diventare un’altra, una diversa versione di me che rimarrà per sempre qui. Voglio pensarmi in questo diamante quando mi servirà, quando mi sentirò sprofondare. Prima di arrivare alle dune che scendono verso il mare c’è un sentiero di pietra: è strettissimo, scivoloso, in alcuni punti formato da scalini di pietra.....Quando il sentiero termina, le dune alte e morbide sembrano un deserto. Anche le piccole onde che il vento modella sulla sabbia mi fanno sobbalzare. C’è sabbia a perdita d’occhio. Eppure da dove mi trovo io sembra che i passi da fare per arrivare alla spiaggia siano pochissimi.
    Sento una goccia sui capelli, compaiono macchioline scure sulla sabbia. Vedo l’Irlanda ovunque. Anche qui, dall’altra parte del mondo, tra l’Australia e la Polinesia Francese. Sono dall’altra parte del mondo, io. Dodici ore di fuso orario. A venticinque ore di volo dall’Italia. Dall’altra parte del mondo. In una terra, fino ad allora, solo sognata. Sapevo che c’era perché la vedevo sulla carta geografica. Ma lo stupore con cui ho aperto gli occhi sulla sua gente, sulle città, sulla sua vita è stato simile a quello di un bambino che per la prima volta dà i nomi alle cose, e capisce che il piano orizzontale quadrato o tondo sorretto da tre o quattro gambe si chiama tavolo. Sto vivendo dall’altra parte del mondo. Nel posto più lontano dall’Italia dopo la Polinesia Francese. I neozelandesi definiscono ironicamente la loro terra "downunder". Le dune non sono poi così basse e i passi, quindi, non sono pochi. I miei piedi affondano nella sabbia.....Davanti all’Oceano esplodo...Quel che è rimasto di me, e che non è più corpo, si avvicina alla riva, cammina nell’acqua. Quel che è rimasto di me è la volontà, e la volontà mi impone di bagnarmi nell’Oceano. Mi chino, e il mio non-corpo accarezza l’acqua dell’altra parte del mondo....Rimango lì, a tuffarmi nel silenzio. Sempre sola. - Perché in Nuova Zelanda vivono quattro milioni di persone e due terzi sono nell’Isola del Nord, che è la metà dell’Isola del Sud, più selvaggia e di una bellezza più feroce. La superficie della Nuova Zelanda ha un’estensione quasi pari a quella dell’Italia.- È una solitudine che mi crea e mi ricrea, perché di secondo in secondo sento tornare la mia fisicità, mi accorgo di avere i piedi bagnati e i capelli pieni di sabbia. Mi accorgo di star guardando l’Oceano e la spiaggia. Alla mia sinistra vedo un leone marino addormentato. Accanto a lui, alghe enormi, che sembrano fruste di gomma, lunghissime. Qui tutto è più grande, tutto è decuplicato, anche la solitudine. Solitidune. Solite dune. Mi volto di scatto: due surfisti stanno per buttarsi tra le onde. Corrono verso l’Oceano. Non sono più sola e quindi è arrivato il momento di andarmene.... Ma prima del sentiero quel che mi trovo davanti è un muro di sabbia. Verticale. Perpendicolare alla spiaggia. Sarà alto circa venti metri, se non di più....uardo freneticamente a destra e sinistra, e dietro di me, e d’un tratto quella solitudine mi sembra fittissima..Non so se fatico di più a ignorarla o ad arrampicarmi. Perché è questo che sto facendo: mi arrampico, carponi, e a ogni movimento so già che sprofonderò un poco. Mi allungo e scivolo. Mi allungo e scivolo. Ma riesco comunque a conquistare qualche metro. Non guardare in alto. Non guardare quanto manca....Piuttosto, guarda dietro di te. Se guardi quanta strada hai fatto capirai anche quanta te ne manca. Mi volto e la spiaggia senza fine e l’Oceano sono lontanissimi, in basso. Stento a credere di esser già riuscita a salire così in alto, di essere arrivata a questo dislivello...Comincio a salire i gradini scivolosi e lucidi di pioggia.....Arrivata in cima mi volto. I leoni marini sono tornati a essere informi macchie scure, i surfisti sono due puntini che si muovono al largo. La spiaggia però sembra ancora sconfinata, anche da qui. Ma il muro di sabbia non si vede. Da quest’altezza ci sono solo dune morbidamente confuse una nell’altra, dolci, inoffensive. Il muro di sabbia scompare sotto il sentiero.....Piove ancora. Amo questo cielo forato di luce.
    Mi fermo un attimo a guardarlo, con la testa rovesciata all’indietro. Mi volto di scatto come se avessi sentito gridare il mio nome e sopra all’Oceano vedo – inconfondibili – i miei occhi che fluttuano sorridenti sopra la spiaggia.
    (Gaja il Ven, 09/03/2007)

    (Gabry)



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    DEFORMITA' DELLE GINOCCHIA NELL'ETÀ EVOLUTIVA (le cosiddette gambe storte) DEFORMAZIONI ANGOLARI FEMORO-TIBIALI
    A cura di Ugo Perugini


    Durante la fase di crescita e di sviluppo del bambino, il sistema muscolo scheletrico subisce notevoli trasformazioni non solo come accrescimento in lunghezza ma anche come angolazioni e rotazioni che possono creare problemi agli arti inferiori. Ci occuperemo qui, in particolare, delle deformità delle ginocchia, definite anche deformazioni angolari femoro-tibiali.

    Il ginocchio, come noto, è una complessa e delicata articolazione sottoposta a carico. Le superfici ossee articolari sono totalmente coperte da cartilagine, un tessuto connettivo di consistenza fibrosa o elastica, a seconda dei casi, che funge da morbido cuscino, facilitando i movimenti. I muscoli e i legamenti garantiscono al ginocchio robustezza, stabilità e flessibilità. Le ossa più grosse di questa articolazione sono il femore (osso superiore) e la tibia (osso inferiore). La rotula (cappello articolare) copre e protegge le superfici del ginocchio entrando in funzione nel meccanismo di estensione attiva.

    Esistono due specie di deformità nelle ginocchia:
    Le ginocchia vare , distinguibili per il fatto che il bambino ha visibilmente le gambe ad “o” o “ad arco” o “a cavaliere” (in inglese, knock knees). Questa deformità è comune nei bambini che cominciano a camminare. È dovuta alla configurazione fetale della tibia e, in parte, è condizionata dalle sollecitazioni meccaniche che questa riceve nell’utero. Si corregge spontaneamente di solito dopo il diciottesimo mese. Nonostante i pareri siano ancora discordanti, in genere si ritiene opportuno sconsigliare l’uso del girello quando il bambino inizia a camminare. Si è infatti notato che spesso questo strumento tutorio influisce in modo negativo sullo sviluppo psicomotorio del bambino, perché, oltre a impedire la libertà di movimento ed esplorazione, impedisce la sperimentazione dell’equilibrio e la ricerca di un corretto “assetto” della camminata. Inoltre, il bambino nel girello non è in grado di sedersi quando lo desidera e, spesso, fa prendere atteggiamenti viziati al piede, portandolo a camminare “sulle punte”.
    Le ginocchia valghe si hanno, invece, quando le gambe del bambino sono “ad X” con le ginocchia che durante la camminata si urtano (in inglese, bow legs). Questa deformità è decisamente meno frequente e si è constatato che anche casi gravi si correggono spontaneamente dopo i nove anni di età.

    In sintesi, la crescita del bambino è caratterizzata da una continua e graduale variabilità di aspetto delle ginocchia che alla nascita sono vare e si correggono entro i due anni per poi diventare valghe fino ai dieci anni di età - senza particolari differenze tra maschi e femmine - quando riprendono la corretta struttura morfo-funzionale.

    Se si superano i limiti angolari delle ginocchia considerati normali - che il medico può verificare ponendo un goniometro sulla rotula e valutando l’asse tra coscia e gamba - è opportuno ricorrere a uno specialista , il quale procederà a un’analisi sequenziale di ogni parte dell’arto, esaminando l’ampiezza della mobilità di ogni articolazione, l’angolazione e la rotazione del femore, delle ginocchia, dei piedi in posizione ortostatica (cioè in piedi), seduta e prona, valutando anche, se possibile, l’andatura della camminata. Egli, in concreto, cercherà di comprendere le cause principali delle lesioni alle cartilagini di accrescimento del ginocchio, responsabili dell’aumento in lunghezza e larghezza del femore, della tibia e, quindi, anche dei loro rapporti angolari reciproci.

    La diagnosi
    E' possibile che all’esame dello specialista entrambe le ginocchia presentino forme di deviazione in varo e in valgo (simmetria) o, piuttosto, che un ginocchio sia più “storto” dell’altro (asimmetria).

    Nel primo caso (simmetria) le cause più comuni possono essere attribuite:
    a soprappeso del bambino. Se il peso eccessivo si riscontra all’inizio della deambulazione le ginocchia tendono a subire una malformazione in varo. Al contrario, se l’aumento ponderale si verifica dopo il terzo anno di vita le ginocchia possono subire una malformazione in valgo;
    a rachitismo da deficit di vitamina D o altra forma carenziale (più rara);
    a malattie che riguardano lo sviluppo delle cartilagini come nel caso del morbo di Blount, che è una forma di osteocondrosi tibiale, per il ginocchio varo. La diagnosi precoce di questa malattia, peraltro rara, è difficile perché gli esami radiologici possono risultare normali;
    Le forme asimmetriche (o unilaterali), invece, sono dovute a lesioni di una parte della cartilagine di accrescimento di un solo ginocchio. Le cause più comuni, in ordine di frequenza, sono causate da trauma, tumore, infezione e malformazioni congenite.

    Tra le patologie, va segnalata la malattia di Osgood-Schlatter, una osteocondrite del tubercolo tibiale che, in genere, colpisce i maschi dai 10 ai 15 anni che svolgono attività sportiva. L’origine è prevalentemente traumatica a causa dell’eccessiva trazione da parte del tendine della rotula su un’inserzione epifisaria, cioè all’estremità delle ossa lunghe, immatura.
    Può verificarsi anche un indebolimento della cartilagine della rotula, chiamata appunto condromalacia patellae (la patella è l’altro nome della rotula).
    Il paziente, in questi casi, prova dolore, soprattutto salendo e scendendo le scale, con possibile tumefazione nel punto di intersezione del legame rotuleo. La risoluzione della malattia è in genere spontanea entro qualche settimana. Le principali misure da adottare in questi casi sono quelle mirate ad alleviare il dolore, cioè evitare sport ed esercizi fisici eccessivi, soprattutto quelli che contemplano un frequente piegamento delle ginocchia, assumendo contemporaneamente eventuali prodotti analgesici.
    Le gambe ad arco possono anche essere determinate da una torsione tibiale (malformazione che consiste nella rotazione di un osso lungo il suo asse longitudinale) interna o esterna. A livello della tibia, tale rotazione può essere diretta verso l’esterno e si ha la torsione tibiale laterale, con andatura da piede valgo, cioè in fuori. O verso l’interno e si ha la torsione tibiale mediale con andatura a piede varo, cioè in dentro. A livello del femore si può avere un’antitorsione dell’asse del collo femorale, che produce una torsione femorale mediale (piede varo) o una retrotorsione (piede valgo).

    Le cure
    Nelle forme simmetriche, in caso di eccesso di peso, la cura consiste naturalmente nel far rientrare con gradualità il bambino nei limiti normali di peso, favorendo una dieta corretta e una vivace attività fisica.

    In caso di rachitismo, la cura consiste nel rifornire l’organismo di sostanze di cui è carente in modo da riequilibrare l’attività delle cartilagini di accrescimento e favorire la ripresa di un corretto sviluppo o di un recupero di asse delle ginocchia. Tra le vitamine più importanti, vi è la vitamina D che presiede all’assorbimento del calcio e del fosforo ed è basilare per la formazione del tessuto osseo e dei denti. Essa viene sintetizzata dalla cute durante l’esposizione alla luce solare (almeno 15 minuti al giorno). Il suo fabbisogno ha un picco durante l’accrescimento e il latte è la migliore fonte alimentare. Altre importanti fonti sono lo yogurt, i formaggi, il rosso d’uovo, i pesci grassi e il fegato di pesce.

    Nel trattamento della torsione tibiale interna o esterna non sono previsti interventi particolari, come scarpe, supporti o fasciature, visto che i disturbi tendono a risolversi in modo spontaneo. Il trattamento chirurgico è previsto esclusivamente nei casi di un errore nello sviluppo delle cartilagini di accrescimento come nel ginocchio varo di Blount o nelle ginocchia valghe idiomatiche , cioè quando non si è in presenza di altri processi morbosi, e in generale in quelle forme asimmetriche dovute a lesioni delle cartilagini di accrescimento provocate da traumi, infezioni o tumori.


    (Gina)



    NOVITA’ MUSICALI


    STRUMENTI MUSICALI



    Maracas

    Sambaballen

    La maraca è uno strumento a percussione di tipo idiofono (a suono indeterminato) che ha origine nel Sudamerica, dove era costituito da una zucca cava riempita di sassolini o semi secchi. Lo strumento produce il suo caratteristico suono per scuotimento: i grani interni picchiano tra di loro e contro la parete interna. Essendo quasi sempre utilizzato in coppia si utilizza molto spesso il termine al plurale (maracas).
    Oggi lo strumento ha la forma di due grosse uova ed è costruito anche in legno, pelle o plastica, con un'impugnatura per la presa dell'esecutore. Spesso le due maraca sono intonate in maniera leggermente diversa in modo che una emetta suoni più acuti dell'altra.


    Storia
    MARACAS+LP+389+FIBREVi sono prove dell'utilizzo della coltivazione di alcune varietà di zucca (Cucurbita pepo e Lagenaria siceraria) nelle culture Sudamericane e Mesoamericane, ma eventuali maraca prodotte con cucurbitacee non sono arrivate ai nostri giorni.
    Vi sono però evidenze dell'esistenza di maracas in terracotta prodotte dai nativi colombiani 1500 anni fa. La parola maraca probabilmente deriva dalla lingua Tupi maraká poi passata al portoghese come maracá . In altri paesi lo strumento può assumere nomi diversi: ad esempio a Trinidad è noto come shac-shacs.

    Utilizzo in musica
    Le maracas sono impiegate prevalentemente nei generi musicali latino-americani. Ad esempio a Cuba i generi tipicamente coinvolti sono guaracha, bolero, son montuno e rumba. In Colombia la cumbia.
    Modelli di maracas perfezionati si sono diffusi ampiamente nelle orchestre di musica leggera e successivamente sono stati utilizzati anche nel jazz, nel pop, nel rock e nella musica colta.

    Tecnica
    Le maracas sono strumenti molto semplici da suonare, e per questo motivo sono spesso utilizzate nella didattica musicale e nella musicoterapia per introdurre al ritmo gli studenti. Nonostante questo suonare le maracas in maniera professionale non è banale: dato che i grani all'interno delle maraca hanno una certa latenza, il suonatore deve anticipare il movimento in modo da ottenere il suono al momento giusto. Le maraca possono ance essere colpite fra di loro o con altri mezzi percussivi in modo da ottenere effetti sonori particolari.