LA STORIA DELLA MODA

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    L'arte nella moda

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    Il vestito bibliofilo. Fatta dalle spine dei vecchi libri. Di Sylvie Falcon

     
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    Scoperta in un pozzo una bellissima scarpa romana di 2000 anni fa

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    E' stata ritrovata in un pozzo nei pressi dell’antica fortezza romana di Saalburg in Germania, una scarpetta in pelle straordinariamente conservata, risalente al 90 d.C. Nell’Antica Roma le scarpe erano uno status symbol. I romani ponevano molta attenzione nella realizzazione delle calzature: ne avevano di diversi tipi, uno per ogni occasione e ambiente. I cittadini facoltosi indossavano calzature diverse a seconda che calpestavano superfici esterne o interne di una casa, esistevano le scarpe per camminare nella pioggia e per i soldati che dovevano percorrere lunghe distanze.
    Il reperto ha una suola molto spessa, fu senza dubbio una scarpa da esterno, quelle da interno erano di tessuto e senza suola.
    Il forte risale al 90 d.C. dove si creò una comunità di circa 2000 persone. L’area è molto famosa per l’abbondanza di reperti archeologici che ha fatto riaffiorare nel tempo, tutti riuniti nel Museo di Saalburg.

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    .da giuliascardone

    BOTTONI A DESTRA PER GLI UOMINI, A SINISTRA
    PER LE DONNE: ECCO IL PERCHÉ DELLA DIFFERENZA


    Bottoni-intelligenti

    Lunedì 11 Maggio 2015, 12:36

    ROMA - Vi siete mai chiesti perché i bottoni per gli indumenti da donna sono collocati in maniera diversa rispetto a quelli dei vestiti maschili? Le camicie da uomo hanno i bottoni sul lato destro, mentre quelle da donna li hanno su quello sinistro. Esistono diverse teorie sul perché esista questa differenza.

    Sembra che la moda si sia appropriata di una tradizione che risale ai tempi in cui gli uomini andavano in guerra. Per i soldati era molto più semplice usare la mano sinistra per sbottonarsi perché con la destra brandivano le armi.

    LE TEORIE Per le donne la spiegazione è molto simile e fa riferimento al loro ruolo di madri. Il braccio sinistro cinge i neonati in modo che quello destro venga lasciato libero di muoversi e quindi anche di sbottonare la camicia e di allattare.
    Un’altra teoria è quella dei cavalli. Le donne cavalcavano all’amazzone, sulla destra. Quindi, nel cucire i bottoni delle loro camicie e delle loro vesti sul lato sinistro, riducevano la quantità di vento che passava dai vestiti mentre correvano al trotto.
    Per alcuni, ancora, posizionare i bottoni sul lato opposto era una ripicca voluta dalle femministe e realizzata nell'era dell'industrializzazione per polemizzare sulla disparità di genere.

    Una curiosità riguarda Napoleone e la sua celebre posa della mano dentro il panciotto. Le donne cominciarono a prenderlo in giro e Napoleone ordinò che le camicie delle donne si abbottonassero dal lato opposto di quelle degli uomini.
    La teoria più verosimile ha a che vedere con il fatto che le donne, soprattutto quelle benestanti, non si vestissero da sole e i servi erano principalmente destri.

    www.leggo.it/SOCIETA/MODA/bottoni_d...e/1347027.shtml

     
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    Earthquake gown

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    Era l’8 febbraio 1750, quando Londra fu scossa da un violento terremoto. Era solo la prima avvisaglia di una attività sismica che interessò la regione nei mesi a venire: l’8 marzo, e poi il 18, e poi il 2 aprile, e il poi ancora a maggio, altre scosse violente si susseguirono. Lo sciame sismico durò fino a settembre, ma la psicosi era già scoppiata con i primi caldi della primavera. La maggior parte di queste scosse avevano avuto luogo nelle ore notturne, acuendo il senso di panico della popolazione.

    Non potendo fare niente per placare l’ira divina, le signorine di buona famiglia si industriarono per placare almeno il terribile imbarazzato di fronte a certe scene che in effetti s’erano verificate, con orde di londinesi spaventati che si riversavano in strada nel cuore della notte, più nudi che vestiti.

    Nasce così la earthquake gown. Ne parla la storica Lucy Adlington nel suo godibilissimo Stitches in Time, rammaricandosi di come resti solo la memoria, ma nessun cartamodello, di queste camicie da notte per terremoto, che pure divennero il must imperdibile della primavera-estate inglese 1750. Si trattava di biancheria fatta con stoffa più spessa del normale, in grado di tenerti ragionevolmente al caldo anche nel caso di fughe notturne. Inoltre, queste earthquake gowns ci vengono descritte come più rifinite, più curate della normale biancheria intima: insomma, più simili a un vestito da giorno che a un pezzo di lingerie.


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    Fortunatamente, al cessare dello sciame sismico, le earthquake gowns poterono cadere in disuso. Furono metaforicamente tolte dalla naftalina qualche tempo più tardi, a fronte di un evento sconvolgente che avrebbe completamente cambiato la faccia della guerra: e cioè, i primi bombardamenti su civili. Il primo in assoluto della Storia ebbe luogo il 19 gennaio 1915, colpendo due cittadine del Norfolk: “solo” cinque le vittime, ma incalcolabili le reazioni di terror panico da parte della popolazione.

    A lanciare il Trend fu la rivista Tatler, che mandò in stampa i cartamodelli per completi da notte per signora, stilosissimi, appositamente for air-raid nights.
    Confezionati in una stoffa più calda del consueto (ma non mancavano nemmeno i modelli che preferivano l’eleganza alla comodità, suggerendo l’uso di mussole lavorate e di stoffe colorate), questi completi-notte erano arricchiti con cinture in vita e passamanerie, per renderli simili a un completo da giorno.
    Ma, soprattutto, questi completi-notte avevano le gambe. Era la prima volta in assoluto che le donne abbandonavano la camicia da notte per dormire in pigiama. La sleeping suit per dame bombardate presentava due belle gambe di pantaloni (ampie, in quello stile ottomano che andava tanto di moda all’epoca) e vezzosi fiocchetti ai polsi e alle caviglie, per impedire che la stoffa si spostasse nel corso della rocambolesca fuga.



    https://unapennaspuntata.com/
     
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    patterns-nelle-sensuali-illu

    "Ecco cos'era quel rumore di passi che sentivo nell'armadio;
    i vestiti che passano di moda..."

    (Carlo Scotti)

     
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    Per l’uomo sano basta la donna.
    Per l’uomo erotico basta la calza per giungere alla donna.
    Per l’uomo malato basta la calza. (Karl Kraus)


    LA CALZA


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    Icalzini più antichi sono egiziani e risalirebbero al periodo tra il 250 e il 420 a.C. A quel tempo pare venissero indossati coi sandali. Esposti al Victoria and Albert Museum di Londra nel 2012, sono stati ritrovati nella necropoli dell'antica Ossirinco, una colonia greca sul Nilo, alla fine del 19° secolo e donati al museo nel 1900 da Robert Taylor Watford.


    una calza vichinga di Coppergate (York)


    Il termine generico “calze” indica indumenti di biancheria intima più o meno elasticizzati che ricoprono i piedi e le gambe in lunghezza variabile a seconda del modello.
    L'etimologia del termine da noi impiegato viene dal latino calx, tallone, da cui proviene la dicitura calceus, un particolare tipo di calzatura morbida e comoda adatta a camminare in casa che si evolvette nel periodo dell'ultimo tardo romano in calcae indicante proprio una sorta di primitivo calzino che si portava dentro le scarpe come protezione o per scaldare il piede. Non venivano considerate un lusso come guanti e mantelli perchè si riusciva a ricavarle un po' da tutto quel che si aveva a disposizione, ma venivano utilizzate solamente d'inverno, se si aveva la possibilità di acquistarle, altrimenti la gente indossava zoccoli e piedi nudi.

    L'origine della calza è antichissima e risale a circa 3000 anni prima di Cristo, in Egitto e in Mesopotamia molti notabili della società portavano degli approssimativi calzini di lana o di foglia naturale intrecciata come segno distintivo del rango, mentre altri andavano scalzi o coi sandali. Il primo esempio di calza si trovò in Mesopotamia nel 700 a. C. circa: erano lunghi gambali di tela che coprivano anche il piede e una suola di cuoio nell’estremità inferiore. La variante femminile era più raffinata ed era realizzata in tela bianca impreziosita da ricami.
    Anche i Greci e i Romani avevano l’abitudine di avvolgere intorno alle gambe delle fasce tessute di cotone o lana, le tibiales, chiuse da laccetti di cuoio. Questi “calzini”, però, lasciavano scoperto il piede. Una soluzione troppo scomoda, che venne presto sostituita dalle bracae barbariche.

    le-calze

    Nei documenti medievali calze e scarpe si confondono, soprattutto nella terminologia latina in uso, visto che le due tipologie non erano sempre ben distinte. Di questa confusione ne è un esempio il termine “calzolaio” usato per indicare chi ripara le scarpe ma non le calze.
    Per tutto l’Alto Medioevo le brache rimasero l’indumento più in uso per coprire le gambe. Si diffuse l’uso delle calze lunghe che però ,a causa del loro costo proibitivo, divennero simbolo di ricchezza e distinzione sociale.
    Diventò un vero ornamento di prestigio con ricami raffinati, pizzi, trine e colori sgargianti ottenuti da altrettanto rari e preziosi materiali spesso provenienti dall'oriente e dal Mediterraeo. Alcune calze erano filate in oro e argento, rendendole perciò dei veri gioielli alle gambe di nobildonne, sovrani, amanti reali.
    Il calzino cominciò a differenziarsi già dal Medioevo in due forme di calze note, una lunga, adatta da portare sotto le vesti e solitamente più preziosa e costosa, e una corta, più un pezzo di stoffa cucito alla meglio, da mettere per scaldare i piedi.
    Nel Quattrocento la calza divenne un capo di vestiario indispensabile e alla fine del secolo venne inventata anche la calzamaglia, un pezzo unico da indossare sotto gli imponenti e pomposi vestiti. Da questo momento in poi l’introduzione della calza segnò anche una netta divisione tra l’abbigliamento maschile e quello femminile. Fu un’importante rivoluzione nel campo dell’abbigliamento, in quanto rendeva inutile la gonnella maschile che copriva i fianchi, differenziando così strutturalmente le tipologie d’abbigliamento dei due sessi. Spesso in colori sgargianti e diverse da una gamba all’altra, le calze da uomo non solo coprivano, ma attiravano e provocavano. Sebbene la calzamaglia fosse considerata una valida copertura, già da allora esistevano correnti che chiedevano a gran voce di coprirsi in modo più significativo, evoluzione che si è trasformato nel Manifesto del gruppo Thights are not pants.Questa moda rimase in voga per altri tre secoli.
    Nel regno di Elisabetta I le calze da uomo iniziarono nuovamente ad accorciarsi per adattarsi alla nuova moda delle brache a palloncino che comandavano tutt'altro guardaroba di accessori.

    Le donne, invece, non indossavano mai calzamaglie, a differenza di oggi che è considerato un capo più femminile che maschile, un capovolgimento di ruoli che si ebbe solo nel Novecento quando gli uomini, ormai avvezzi ai pantaloni, smisero le collant e si convertirono ai calzini.

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    Per tutto il Seicento e il Settecento le calze erano ancora ben visibili e scelte con estrema cura, anche se non si raggiungevano più i livelli di provocazione e sfoggio dei secoli precedenti. I colori appariscenti erano passati di moda e solo il bianco era considerato elegante, sebbene non mancassero tinte più scure per assottigliare le gambe.

    Nel Settecento le calzette bianche da signora erano l'elemento indispensabile della vita di qualsiasi donna, le indossavano anche serve e cameriere e stavano diventando sempre più accessibili grazie all'impiego di nuovi e più economici metodi di filatura usati nelle manifatture, anche quelle in fase di espansione, inoltre la recente introduzione del telaio meccanico portò enormi cambiamenti del mondo dell'industria tessile e nella produzione di filati.

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    L’Ottocento impose nella moda maschile le gambe coperte dai calzoni lunghi e relegò le calze a indumento intimo. Le gambe femminili, invece, cominciarono a scoprirsi e alla fine del secolo, con la danza del Cancan, oltre alle calze si poteva intravedere per la prima volta anche una striscia di pelle nuda. I tessuti con cui era realizzata erano principalmente cotone e seta per le calze estive e lana per quelle invernali. La foggia e i colori, tuttavia, mutarono radicalmente nel corso del tempo.
    La calza originaria non era costituita da due tubuli giuntati al tallone e chiusi in punta, ma da diversi pezzi di stoffa appositamente sagomati e cuciti tra di loro.
    Il pezzo più lungo era quello che copriva la parte anteriore della gamba, esso era costituito da un lungo rettangolo di stoffa tagliato in forma rotonda sulla punta per simulare il contorno del piede, a questa venivano cuciti altri due lembi che andavano a coprire i lati del piede e un semicerchio per il tallone. Si trattava però di un cartamodello molto grossolano e poco attillato alla gamba.

    Nel tempo e nelle botteghe delle modiste questo mutò progressivamente e si trasformò in una forma più complicata: il lembo centrale andò a coprire non solo la parte anteriore, ma anche i lati del piede ed era poi fissato sul retro con una sola cucitura lunga fino al polpaccio, esso era inoltre tagliato ai due lati all'altezza della caviglia e lì era giuntata la parte che fungeva da pianta del piede: questo accorgimento faceva sì che la calza seguisse in maniera più precisa la fisionomia della gamba, evitando di essere larga e cadente una volta indossata. Questa particolare foggia era in voga durante l'ottocento e spesso la parte della pianta e quella della gamba erano messe in risalto da colori diversi che, quando abbinati, formavano una caratteristica V al lato del piede, rifinita con passamaneria e ricami assortiti.
    I colori delle calze furono quasi sempre molto accesi e vistosi, sia per gli indumenti da uomo che da donna: il colore vistoso era sinonimo di ricchezza perchè realizzati con elementi molto cari che, quindi, erano accessibili solo ai più abbienti ed ecco perchè nel guardaroba delle grandi donne del Settecento.

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    A fine secolo le calze da donna erano ormai lunghe fino a mezza coscia mentre negli indumenti da uomo stavano apparendo i calzini "corti", vale a dire sotto il polpaccio.

    Il secondo boom del mondo delle calze si ebbe con l'introduzione prima della fibra sintetica, nel 1937, e poi con la nascita del collant, correva l'anno 1959.
    Negli anni '70 apparvero le prime calze a rete. Negli anni '80 comparvero colori fluorescenti, simboli di cantanti in voga come Cyndi Lauper e Madonna.



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    ....Curiosità sui calzini....


    Il termine “calzino” deriva dal latino calceus o calcius (calzatura) che viene da calx (calcagno).

    1. I calzini più antichi sono egiziani e sono datati nel periodo compreso tra il 250 e il 420 a.C. Un esemplare di questa prima tipologia di calze è conservata al Victoria and Albert Museum di Londra nel 2012, ed arriva direttamente dalla necropoli dell'antica Ossirinco, sul Nilo.

    2. L’usanza di regalare i calzini a Natale nasce nel Medioevo, quando donare le calze era un gesto generoso e importante, uno scambio di favori tra nobili.

    3. La BBC ha inserito i calzini tra i 100 oggetti che raccontano la storia del mondo, a sottolineare l’importanza di questo capo di abbigliamento nell’evoluzione dell’umanità.

    4. Il 1938 è l’anno della svolta nella storia dei calzini: viene inventato il nylon che sostituisce i precedenti tessuti. Il primo paio di calzini di nylon arrivò nei negozi di New York il 15 maggio del 1940 e raggiunse vendite record: 72 mila paia in un solo giorno.

    5. Nel XX secolo, con la diffusione dei pantaloni lunghi da uomo, le dimensioni delle calze hanno cominciato a ridursi: sotto il ginocchio è diventata netta la differenza tra calze e calzini.

    Terminologia delle calze

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    -"Autoreggenti" - Sono calze che si sostengono da sole aderendo alla gamba grazie a bande elasticizzate e ad una banda interna in lattice o silicone (spesso hanno una banda decorativa molto ampia in ricamo, denominata 'balza').
    -"Calze a rete" - Calze in tessuto a fili spessi con una trama dei fili aperta, che ricorderebbe una rete da pesca, spesso indossate in primavera-estate.
    -"Calze a retina" - Calze in tessuto a fili spessi con una trama dei fili un po' meno aperta delle precedenti, ma che espongono la cute.
    -"Calze con la riga" - (In inglese seamed) sono calze prodotte alla vecchia maniera con una giunzione-cucitura che corre lungo la parte posteriore della gamba, inventate da Pio Chiaruttini. Nel passato venivano manifatturate tagliando il tessuto e successivamente cucendolo assieme per dargli la forma desiderata. Oggigiorno le calze vengono tessute automaticamente in continuo, non hanno cuciture ed una cucitura "seam" posticcia viene aggiunta nella parte posteriore per ottenere aspetto vintage. Recentemente sono comparse sul mercato anche delle autoreggenti con la riga, ma sono ancora poche le marche che dispongono di tali modelli (ad es. Levante, Omsa, Philippe Matignon, Gatta, DèPio)
    -Cuban-Heel - Una calza con l'area punto che sopporta il tallone rinforzata con tessuto ripiegato e ricucito su sé stesso.
    Demi-Toe - (Mezzo dito) Sono calze che hanno la parte per un dito rinforzata con metà della copertura sotto e sopra. Questo rinforzo copre soltanto la punta delle dita invece dell'intero dito. Questi modelli esistono sia con che senza un'area del tallone rinforzata.

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    -"Denari" - Unità di misura usata per descrivere lo "spessore" (o la trasparenza) della calza: più basso è il numero di denari e più trasparente è l'indumento. Il numero di denari corrisponde al peso in grammi di 9000 metri di filo usato per la fabbricazione delle calze (ad esempio 9000 metri di filo usato per tessere una calza 20 denari pesano 20 grammi). Le calze tessute con un alto numero di denari tendono ad essere meno trasparenti ma hanno una maggiore durata.
    -Fencenet - Simili alle calze a rete, ma con la maglia molto più larga. Sono indossate sopra un altro paio di calze; ad esempio opache, per contrastare.
    -Full-Fashioned - Il tessuto viene prodotto come un foglio, piatto e liscio. Viene poi tagliato e le due parti vengono assemblate con una cucitura sul retro. Erano molto in voga fino agli anni '60.
    -"Gambaletti" - Sono calze che terminano sotto il ginocchio ed il piede, coprendo il polpaccio.
    -"Opache" - Calze costituite da una trama spessa e scura che dà loro un'apparenza opaca (solitamente 40 denari o maggiore).
    -"RHT" - Abbreviazione dell'inglese reinforced heel and toe (aree del tallone e dell'alluce sono rinforzate).
    -Sandalfoot - Senza rinforzo al tallone o alle dita che, teoricamente, sono esteticamente migliori quando indossate sotto i sandali.
    -Seamless - Calze senza cuciture, fabbricate in un solo passaggio su macchine circolari (operazione continua su un solo lungo filo) e che dunque non richiedono la cucitura "seaming" nella parte posteriore.
    -Knee-Highs - Calze che terminano all'altezza del ginocchio, o appena sopra di esso.
    Welt - Calze cucite a macchina, rinforzate soprattutto sulla punta. Per dare forza e sostenere.
    -"Calze velate" - (In inglese sheer) Calze che in generale hanno una fibra sottile che va dai 15 ai 20 denari.
    -"Calze velatissime" - una fibra finissima di pochi denari che offre il massimo nella trasparenza. Solitamente la fibra è sotto i 15 denari.
    -"Calze in seta" - Calze realizzate interamente in seta.
    -"Parigine" - Calze che arrivano a ricoprire non oltre il ginocchio. Venivano utilizzate negli anni novanta da tutti quelli che avevano adottato lo stile grunge. Recentemente sono tornate di moda e sono diversi i brand che le hanno riproposte nelle loro collezioni arricchendole con tessuti, fantasie e decori come nastri, cristalli e borchie[5].
    -"Fantasmini" - Calzini cortissimi, che arrivano solo fino al tallone e che, una volta indossate le scarpe, risultano invisibili, ci sono ma non si vedono. Nati in cotone per “scomparire” nelle scarpe da ginnastica, oggi vengono prodotti in svariati tessuti, differenziati per i diversi tipi di scarpe e sono utilizzati tanto dalle donne quanto dagli uomini. Sono particolarmente adatti per essere indossati con i pantaloncini corti.



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    Nella storia delle calze, queste ultime sono spessissimo state accompagnate da diversi accessori, molti di questi servivano per fare in modo che la calza non lasciasse la sua posizione.
    Sono due in particolare, coi quali si cercava di fare in modo che calze e calzini rimanessero dove erano stati faticosamente posizionati, la giarrettiera e il reggicalze.
    Entrambi, fino alla metà dell'Ottocento, erano indossati non a mezza coscia, bensì all'altezza del ginocchio o poco sopra e le calze avevano la lunghezza delle moderne parigine.

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    La giarrettiera è quella che è stata introdotta per prima. Mancando l'elastico, il sostegno era realizzato con delle fettucce e dei nastri oppure delle cinghie di pelle e cuoio; indifferentemente dalla foggia, la giarrettiera era posta all'estremità superiore della calza o del calzino e i due lembi venivano legati intorno alla gamba con un fiocco o con la fibbia.
    Alla giarrettiera femminile è legato anche un curioso aneddoto storico che coinvolse Edoardo III e una certa Contessa di Salisbury, probabilmente Giovanna di Kent, la quale, proprio per la sua posizione a mezza gamba incline al cedimento, perse una giarrettiera durante un ballo e il Re in persona la raccolse e la rimise al suo posto.
    Alle risatine maliziose dei cortigiani il re rispose in francese «Honi soit qui mal y pense!» (Si vergogni chi pensa male di ciò), che divenne poi il motto dell'Ordine della Giarrettiera appunto, sopravvissutto ancora oggi e il cui simbolo è proprio una giarrettiera di cuoio con fibbia su cui è scritta la famosa frase.

    Dal Settecento in poi rimase un indumento quasi totalmente femminile, mentre gli uomini si convertirono al reggicalze, il quale a sua volta arrivò nel guardaroba delle damigelle solo nel Novecento.
    Indossato fin dal Settecento e nato come una variazione della giarrettiera stessa, il reggicalze prevedeva una cinghia di sostegno (a seconda dei modelli questa era sopra o sotto il ginocchio) e due corte bretelle ad essa cucite che andavano fissate all'orlo superiore della calza o del calzini, tenendoli su grazie al fatto che la cinghia rimanesse ferma.
    Il reggicalze originario non prevedeva elastici, ma solo fettucce che potevano essere di pelle o di stoffa, a volte anche preziose e ricamate quanto quelle da donna. Nel Settecento fu elemento imprescindibile del guardaroba maschile quando la calza era sempre in vista sotto le brache al ginocchio, ma mantenne la sua popolarità per tutto il XIX secolo e fino agli anni Sessanta del Novecento, quando ancora lo si riconosceva in qualche personaggio maschile, finanzieri della City, broker di Wall Street, pubblicitari distinti come Don Draper.

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    Solo nel Novecento il reggicalze, con qualche variazione di stile, entrò nell'armadio delle signore, venne integrato nella biancheria intima con la guaina, che era un indumento estremamente diffuso, erede del corsetto come strumento di modellazione del corpo femminile, esso infatti lo appiattiva sulla pancia e sui fianchi, conferendo una silhouette più filiforme e proporzionata.

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    I primi occhiali da sole


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    Dai tempi preistorici, gli Inuit indossano maschere d'avorio che bloccano i raggi del sole riflessi dalla neve. Sotto l'Impero romano, Plinio racconta che l'imperatore Nerone guardava le lotte dei gladiatori attraverso smeraldi.
    I primissimi occhiali da sole con lenti e montatura furono inventati in Cina attorno all’XI Secolo.

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    Si trattava di oggetti piuttosto primitivi, rispetto agli occhiali da sole attuali: erano costituiti da lastre di quarzo affumicato incastrate in una montatura approssimativa, non proteggevano dai raggi UV e le lenti non erano correttive. Il pubblico di riferimento era formato da super-ricchi o da giudici che indossavano le lenti scure per non lasciar trapelare espressioni e emozioni dallo sguardo, quando esercitavano la giustizia.

    Attorno al XV secolo cominciarono ad arrivare in Italia, provenienti ancora dalla Cina, le prime lenti correttive oscurate, ancora rudimentali.
    Sicuramente tra i primi a mettere a punto occhiali da sole nella moderna accezione fu il Duca Gian Vincenzo Pinelli, avente titolo di duca di Acerenza e Giugliano. Il suo amore per i libri e manoscritti, e il suo interesse per l'ottica derivò da una disabilità: un incidente d'infanzia avevano distrutto la visione di un occhio, costringendolo a proteggere la sua visione debole con lenti verdi tinta. Risulta quindi essere il primo ad aver applicato lenti colorate (c.d. lenti bruciate veneziane) ad occhiali, sicché è da considerare fra i possibili inventori degli occhiali da sole nella accezione moderna.

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    occhiali del doge veneziano Alvise IV Mocenigo (1701-1778).

    Solo agli inizi del 1700, quindi oltre 100 anni dopo la morte di Pinelli, a Venezia si cominciarono a montare le lenti sugli occhiali in maniera diffusa. A Venezia montature con lenti verdi erano usate dalla nobiltà (che si spostava in gondola sui canali), per proteggere gli occhi dai riverberi del sole sull’acqua. La caratteristica peculiare dei “vetri da gondola” era la loro perfetta funzione di protezione dai raggi UV, cento anni prima che fossero scoperti. Il materiale con cui erano costruiti non è ancora stato analizzato a fondo e l’origine della proprietà protettiva resta avvolta dal mistero.

    Negli stessi anni del XVIII secolo, l’artigiano inglese James Ayscough, divenuto poi famoso come costruttore di microscopi, sperimentava lenti colorate per provare a correggere la vista. La sua teoria, basata su intuizioni pseudoscientifiche, metteva erroneamente in relazione i colori con specifici problemi degli occhi, ma contribuì alla diffusione degli occhiali da sole.

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    Solamente nel 1900, però, vennero realizzate le lenti per filtrale la luce solare e abbattere i raggi fastidiosi all'occhio umano donando una buona visibilità anche in momenti di forte illuminazione ambientale. Il luogotenente americano John A. Macready riportò un danno alla vista dopo un volo in mongolfiera e chiese alla Bausch & Lomb (oggi Ray Ban) di creare un modello di lenti che proteggessero la vista dei piloti, ma è solamente nel 1929 che Sam Foster fonda la prima azienda che produce occhiali da sole, riscuotendo un grande successo a livello mondiale.

     
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    “Un gomitolo di lino carbonizzato o filo di ortica risalente al Neolitico medio (3.900 - 3.300 aC) proveniente dal sito di Marin-Epagnier / Préfargier. Trovo straordinario poter contemplare un gomitolo di filo così sottile che risale a oltre 5.000 anni fa! Guardando questa palla, delle dimensioni di un piccolo mandarino, siamo commossi e impressionati dalle abilità delle persone in riva al lago che abitavano le rive del lago di Neuchâtel. "

    Joëlle Bregnard Munier, vicedirettore del laboratorio di conservazione-restauro.
     
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38 replies since 29/1/2012, 09:53   37759 views
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