IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 2° ... NUMERO 182 ...

Giovedì 20 Ottobre 2011

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    BUONGIORNO GIORNO... 20 OTTOBRE 2011


    Edizione Giornale Anno 2° Numero 182


    RIFLESSIONI


    ... SCONOSCIUTI AL MONDO ...
    ...C’è da restare senza parole; ci sono popolazioni e luoghi nel nostro mondo che sfuggono alla grande rete della comunicazione e delle conoscenze. Ogni tanto si viene a sapere di persone che vivono ancora con la convinzione che la guerra nel Vietnam sia in atto; oppure come nel caso della notizia apparsa oggi, intere popolazioni che vivono allo stato tribale, completamente scollegate dal mondo e dalle mappe ed itinerarari conosciuti. Sembra difficile da credere che nell’epoca della globalizzazione, della conoscenza totale e dell’esplosione di internet e della multimedialità ci possano essere zone e popolazioni non conosciute. Mi vien da pensare, guardando agli aspetti più degenerati di questo nostro tempo, da questa scoperta chi possa trarne beneficio o danno. Mi vien da ragionare ed immaginare a quello che possono aver pensato quegli indigeni al cospetto dei loro scopritori. Non sono certo che una eventuale “civilizzazione” di quei popoli possa costituire per loro vantaggio o progresso; forse il loro essere rimasti nella più totale inconsapevolezza dell’esistenza del mondo globalizzato, li abbia resi forti e autonomi. Riflettendoci bene, non mi stupisce o disturba il fatto che quei popoli non abbiano cognizione della mondo esterno; anzi mi darebbe molto fastidio sapere che ad essi potrebbe essere imposto il civilzzarsi. Credo sia diritto di ognuno poter scegliere e quindi lascerei a loro la decisione; anche perché c’è una frase in quell’articolo che mi ha sorpreso … l’invito a noi “civilizzati” di non avvicinare quelle popolazione perché potremmo portare con noi malattie a cui loro non sono immuni … Credo che la più grande malattia a cui quei popoli non sono immuni è … LA CIVILTA’ … Buon risveglio amici miei … Vi abbraccio fortissimo … Buon OTTOBRE a tutti….
    (Claudio)




    Una tribu' primitiva nel cuore del Peru'.
    Un video amatoriale, girato da a bordo di una imbarcazione, mostra alcuni indigeni armati di lance e frecce rudimentali, membri di una tribù che vive isolata nella Foresta Amazzonica, in Perù. Le autorità peruviane hanno confermato che si tratta di una tribù che vive all’interno del territorio protetto del Parco Nazionale del Manu, in un’area identificata con il nome di Yanayacu. Nel corso dell’anno ci sono stati diversi avvistamenti di questo tipo e le autorità peruviane hanno invitato gli escursionisti ad evitare le zone frequentate da queste tribù primitive, soprattutto per il fatto che i loro componenti sono molto vulnerabili alle malattie, contro le quali poi non hanno idonei mezzi di difesa. Secondo gli antropologi, sarebbero da tremila a cinquemila gli indigeni che vivono in isolamento volontario nei territori peruviani della foresta Amazzonica.


    CAMMINANDO

    Si possono percorrere
    milioni di chilometri
    in una sola vita
    senza mai scalfire
    la superficie dei luoghi
    nè imparare nulla
    dalle genti appena sfiorate.
    Il senso del viaggio
    sta nel fermarsi ad ascoltare
    chiunque abbia
    una storia da raccontare.


    Camminando si apprende la vita,
    camminando si conoscono le cose,
    camminando si sanano
    le ferite del giorno prima.
    Cammina guardando una stella
    ascoltando una voce
    seguendo le orme di altri passi.
    Cammina cercando la vita
    curando le ferite
    lasciate dai dolori.
    Niente può cancellare
    il ricordo del cammino percorso.

    (Rubén Blades)



    ATTUALITA’


    Allarme Grande Muraglia, il simbolo della Cina cade a pezzi per gli scavi minerari.
    Pechino, 19 ott. - (Adnkronos/Xinhua) - E' sopravvissuta alle invasioni mongole, ma ancora volta una parte della Grande Muraglia cinese è crollata per colpa delle estrazioni minerarie. Dopo quello del 2009, quando scavi di una miniera d'oro avevano provocato il crollo di un centinaio di metri del monumento simbolo della Cina già riconosciuto patrimonio dell'umanità dall'Unesco, ora l'allarme scatta per un nuovo crollo nel distretto di Laiyuan, provincia di Hebei, 200 chilometri a sud-ovest di Pechino. Si tratta di un tratto di 700 metri di muro e di altre porzioni seriamente danneggiate, risalenti alla dinastia Ming (1573 - 1620). "Quella sezione della muraglia è considerata la parte migliore di quelle costruite durante la dinastia Ming. E' davvero un peccato" ha spiegato Guo Jianyong, ingegnere dell'Ancient Architecture Studies Institute. Lunga 6.700 chilometri, la Grande Muraglia era gia' stata danneggiata in passato in Mongolia, ma il caso di Hebei fa pensare che la più famosa attrazione cinese sia a rischio anche nelle altre regioni. A Laiyuan solo il 20% del monumento è conservato in condizioni accettabili. Una parte della Grande Muraglia era gia' stata demolita da una compagnia di estrazione mineraria proprio in questo distretto. Il governo cinese ha varato nel 2006 un piano per difendere il proprio monumento-simbolo, vietando di prelevare mattoni dalla muraglia, di piantare alberi nelle vicinanze o di costruire qualsiasi cosa che possa metterla a repentaglio. Il divieto non viene però rispettato nelle regioni più remote.Guo spiega che, anche se le compagnie minerarie non scavano sotto le mura, fare dei lavori di estrazione nelle sue vicinanze può comunque essere rischioso. "Non sappiamo quanto abbiano scavato nel sottosuolo circostante. L'impatto che può provocare sulla muraglia non è prevedibile".Guo ha spiegato che l'Ufficio di conservazione dei beni culturali sta cercando di rinforzare i controlli e i monitoraggi, per trovare le possibili irregolarità. Almeno 40 contee si trovano ad affrontare lo stesso problema di Hebei, ma le ispezioni vengono fatte solo una volta all'anno.

    Una storia vera del '68, ma sembra oggi.

    Al Festival di Roma Johnson racconta episodio buffo del '71. Niente da dire. Oggi al cinema il passato italiano, anche quello piu' difficile da descrivere, lo raccontano i piu' giovani, quello che non lo hanno vissuto. E' il caso di due film del Festival di Roma: 'La kriptonite nella borsa' di Ivan Cotroneo, che descrive affascinato gli anni Settanta vissuti dalla sua famiglia, ed 'I primi della lista' di Roan Johnson che parla di un'episodio del 1970 cosi' surreale da sembrare finto, ma invece totalmente vero. Dobbiamo tornare indietro, appunto all'Italia del 1970, ed esattamente al 1 giugno. L'Italia non se la passa bene, tra scioperi e manifestazioni e voglia di rivoluzione. E cosi' a Pisa, citta' chiave del movimento studentesco, c'e' chi da' per certo che e' imminente un colpo di Stato. Tra quelli che credono a questa cosa ce n'e' uno non da poco come Pino Masi (Claudio Santamaria), autore di canzoni di lotta tra le piu' famose - dalla ballata del Pinelli all'inno di Lotta continua -, e cosi' quando quest'ultimo comunica questa cosa a due liceali suoi ammiratori, Renzo Lulli (Francesco Turbanti) e Fabio Gismondi (Paolo Cioni), un attimo dopo i tre sono gia' in auto per fuggire dall'Italia. Quando poi il trio si ritrova in un bar pieno di militari e con tanto di mitragliette (ma solo perche' il giorno dopo e' il 2 giugno e c'e' la parata militare a Roma) per questo e' ormai certezza e c'e' solo la fuga verso l'Austria. Per tutta una serie di equivoci, e soprattutto per la loro paranoia, i guai per la terna di sessantottini non finiscono qui e si ritroveranno, pur essendo del tutto innocenti, ricercati da ben due polizie. ''Questa storia mi era arrivata all'orecchio piu' volte e l'ho subito trovata surreale, grottesca, divertente, ma anche capace di dare una lettura piu' profonda di quell'anno che fu una sorta di spartiacque, subito dopo il caso Pinelli, di un movimento che fino allora aveva avuto, dalla sua, una connotazione fantasiosa, giocosa, picaresca'' dice Roan Johnson all'ANSA, nato nel 1974 a Londra da madre materana e padre londinese. Per il regista e scrittore, classe 1974, e che sabato non ha mancato di partecipare alla manifestazione degli Indignati, in quegli anni '70 c'erano similitudini e differenze con l'oggi. ''Allora c'era una tensione molto forte tra blocco comunista e blocco americano. Basti pensare solo a episodi come quello di Piazza Fontana in cui furono addirittura quattro le bombe a scoppiare. Allora, per i ragazzi impegnati nelle politica, c'era la paura di un colpo di Stato, oggi per i giovani mi sembra invece ci sia una specie di palude, di sabbie mobili. C'e' insomma ormai una sorta di implosione del nostro paese''. Per quanto riguarda ancora le similitudini con gli anni Settanta: ''ho rivisto nella storia di questi ragazzi alcune mie zingarate fatte con gli amici quando partivamo per andare alla manifestazioni. Una cosa tanto vera, questa somiglianza che ho visto, che in qualche modo non ho voluto identificare troppo didascalicamente i costumi dei miei personaggi agli anni Settanta''. E aggiunge Johnson al suo esordio alla regia per questo film che sara' al Festival di Roma agli eventi speciali e nelle sale distribuito dal Luce dall'11 novembre: ''non e' forse un caso che il mio direttore di produzione una volta letta la sceneggiatura mi ha detto di questo film costato davvero poco (circa 800 mila euro, ndr) 'perche' non l'ambientiamo all'oggi?'. E devo dire che quando me l'ha detto ci ho anche fatto un pensierino su''. Cosa si aspetta che dica il suo pubblico dopo aver visto I primi della lista? ''Mi piacerebbe che provassero una commistione di sentimenti. Spero che la gente si diverte e rida, ma abbia anche un po' di retrogusto nostalgico''.

    Susan Sarandon shock, chiama Benedetto XVI 'nazista'.
    L'attrice lo dice in un'intervista. Strali dalla Lega Cattolica: 'Ignoranza senza precedenti'. NEW YORK - Per l'attrice americana Susan Sarandon, Papa Benedetto XVI e' ''un nazista''. O almeno questo e' quanto ha affermato in un'intervista, attirandosi tra gli altri gli strali della Lega Cattolica, ovvero la piu' grande organizzazione cattolica per la difesa dei diritti civili. Nel corso di un'intervista nell'ambito dell'Hamptons International Film Festival, sabato scorso l'attrice ha raccontato di aver inviato al Papa una copia del libro da cui e' stato tratto nel 1995 il film 'Dead Man Walking', per il quale lei vinse l'Oscar. Pero', l'invio', come ha detto, ''all'ultimo'' Papa, ''non a questo nazista che c'e' adesso''. L'intervistatore del giornale Newsday a quel punto l'ha con garbo rimproverata, ma l'attrice ha ripetuto la sua affermazione. Bill Donohue, presidente della Lega Catolica, le ha a sua volta oggi risposto affermando che ''le parole di Susan Sarandon su Papa Benedetto 'nazista' rivelano una ignoranza senza precedenti''. Papa Ratzinger, ha aggiunto Donohue, ''ha fatto parte della Gioventù nazista come ogni altro quattordicenne tedesco dell'epoca. E al contrario di molti altri, si e' rifiutato di partecipare ai meeting obbligatori, ma ha anche in realta' disertato la gioventu' hitleriana, ed e' per questo che oggi gli ebrei lo considerano un amico e non un nemico.


    GOSSIPPANDO


    Gossippando

    Magnini beccato con una biondina


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    "E' fidanzata col mio migliore amico"

    Chi è la biondina con cui Filippo Magnini parlava fitto fitto, si avvicinava a lei in tono molto confidenziale durante una cena romana? Federica Pellegrini ha più volte ribadito di essere molto gelosa... “E quando mi parte l'embolo non capisco più niente”. Gli partirà dopo aver visto le foto di Magno con un'altra? "E' la fidanzata di un amico. Io e Fede ci siamo fatti due grasse risate..." spiega il nuotatore.

    Lui è stato beccato a Roma, di sera, all'uscita dal ristorante. E' da solo con una biondina. Guardano insieme il cellulare, parlano fitto fitto, sembrano molto complici. Lo testimoniano le foto pubblicate da Diva e Donna.

    Magnini e la Pellegrini avevano detto che si sarebbero frequentati per un po' prima di parlare di fidanzamento. Eppure quella fase di “reciproca frequentazione” sembrava superata. Si poteva parlare di “coppia” a tutti gli effetti. Ma chissà...

    Federica si è sempre detta molto gelosa. Che dirà dopo aver visto le immagini di Filippo con un'altra?

    Magnini ha subito voluto precisare all'Ansa: "Io e Federica abbiamo visto stupiti il giornale insieme. Ci siamo fatti due grasse risate nel verificare quanto è facile montare un servizio falso: infatti la misteriosa ragazza in questione (tra l'altro la conosce anche Federica) si chiama Gloria ed è la fidanzata del mio migliore amico Fabrizio, presente quella sera anche lui e sapientemente tagliato dalle foto". E così a Federica non partirà l'embolo.


    (Lussy)



    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …


    ARIANNA



    Elio Silvestri


    Arianna è una figura della mitologia greca, figlia del re di Creta Minosse e di Pasifae.
    Il noto mito è raccontato in varie versioni. In una si narra che Arianna si innamorò di Teseo quando egli giunse a Creta per uccidere il Minotauro nel labirinto. Arianna diede a Teseo un gomitolo di lana per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. Arianna fuggì con lui e gli altri ateniesi verso Atene

    La leggenda narra che quando Teseo, con le vesti macchiate del sangue del Minotauro emerse dal Labirinto, Arianna lo abbracciò appassionatamente e guidò il gruppo di tutti gli Ateniesi al porto.
    Riuscirono a fuggire con l'aiuto delle tenebre. Alcuni giorni dopo, sbarcato nell'isola, allora chiamata Dia ed ora nota col nome di Nasso, Teseo abbandonò Arianna addormentata sulla spiaggia e riprese il largo senza di lei.
    Alcuni sostengono che Dionisio, apparso a Teseo in sogno, gli ordinò minacciosamente di abbandonargli Arianna e che Teseo, ridestatosi, vide la flotta di Dionisio avvicinarsi a Dia e salpò le ancore atterrito. Dionisio, infatti per opera di magia, gli aveva fatto dimenticare la promessa fatta ad Arianna e persino la sua esistenza. Arianna, trovandosi sola sul lido deserto proruppe in disperati lamenti. Ed ecco, Dionisio con il suo gaio corteo di Satiri e Menadi giungere in suo aiuto. Egli, subito la sposò, posandole sul capo la corona di Teti, e Arianna gli generò numerosi figli.. La corona, che Dionisio, più tardi immortalò in cielo nella Costellazione della Corona Boreale, era stata fabbricata da Efeso con oro e rubini indiani disposti in forma di rose.


    Un un'altra leggenda racconto l'incotro di Arianna e Dioniso.....Appena sceso sulla spiaggia di Nasso, Dioniso fu attirato dal convulso pianto di una donna. Vide una fanciulla sulla sabbia stesa che si disperava e piangeva, al che il dio le si avvicinò e cominciò a consolarla, vide il volto della giovane e le asciugò le lacrime, si accorse di non aver mai visto una donna così bella e nemmeno tanto disperata; allora pregò la ragazza di raccontargli il motivo di tanto dolore e lei tra pianti e sospiri prese a raccontare. La giovane donna si chiamava Arianna, figlia del re di Creta, Minosse e di Pasifae. Arianna raccontò del suo amore per Teseo, che aveva aiutato nel Labirinto, raccontò della promessa di Teseo di ricambiare il suo aiuto prendendola in sposa e del tradimento del ragazzo che una volta ricevuto l'aiuto abbandonò la giovane fanciulla sulla riva del mare. Dioniso aveva partecipato con tutto il suo animo al racconto di questa storia d'amore e tradimento; quando Arianna smise di piangere si fece riconoscere come dio e le chiese di diventare sua moglie. Sorpresa Arianna taceva, allora Dioniso prese la corona gemmata che portava e la posò sul capo della donna, quel gesto valeva più di un giuramento e Arianna ne comprese subito il significato. Zeus acconsentì alle nozze dal cielo, trasformando quella corona in stelle. Alle nozze assistette tutta la corte di Dioniso, che col capo ricoperto di ghirlande di pampini e agitando il tirso, si mise a cantare un gioioso epitalamio. Un carro d'oro, tirato da sei pantere, trasportò i giovani sposi in una dimora sconosciuta.



    Trionfo di Bacco e Arianna

    Quant’è bella giovinezza
    che si fugge tuttavia!
    Chi vuol esser lieto, sia:
    di doman non c’è certezza.
    Quest’è Bacco e Arianna
    belli, e l’un dell’altro ardenti:
    perché ‘l tempo fugge e inganna,
    sempre insieme stan contenti.
    Queste ninfe ed altre genti
    sono allegre tuttavia.
    Chi vuol esser lieto, sia:
    di doman non c’è certezza.
    Questi lieti satiretti,
    delle ninfe innamorati,
    per caverne e per boschetti
    han lor posto cento agguati;
    or da Bacco riscaldati,
    ballon, salton tuttavia.
    Ch vuoi esser lieto, sia:
    di doman non c’è certezza.
    Queste ninfe anche hanno caro
    da lor esser ingannate:
    non può fare a Amor riparo,
    se non gente rozze e ingrate:
    ora insieme mescolate
    suonon, canton tuttavia.
    Chi vuoi esser lieto, sia:
    di doman non c’è certezza.

    (Lorenzo De’ Medici XV secolo)


    (Gabry)



    RUBRICHE



    (Redazione)



    L’ISOLA NELLO SPORT


    NOTIZIE CURIOSE NELLO SPORT

    Karate
    Karate (dal giapponese "mano vuota" o "senza armi in mano") è un'arte marziale la cui storia risale almeno al 14° secolo ad Okinawa (la prefettura più meridionale del Giappone, composta da un folto gruppo di isole, le Ryu Kyu), dove le tradizioni indigene del posto (Tōde) mescolate con quelle cinesi (Shaolin Quanfa) ed alcune influenze giapponesi (Yawara / Koryu Ju Jitsu / Bujutsu) si fusero insieme. All'inizio del 20 ° secolo, ha trovato la sua strada in Giappone e dopo la Seconda Guerra Mondiale si espanse da li in tutto il mondo. Le tecniche del karate vengono sostanzialmente caratterizzate attraverso tecniche senza armi, in particolare da colpi di pugno e calcio, da tecniche di bloccaggio e spazzate. Vengono anche insegnate leve e proiezioni e nello studio più avanzato anche strangolamenti e colpi ai punti nervosi del corpo umano (punti di pressione o kyusho) e tecniche di difesa o di applicazioni supportate da armi del Kobudo (bastone, sai, nunchaku ... armi prese da una realtà contadina). Nel karate moderno l’allenamento è spesso più orientato alla pratica sportiva, questo comporta che viene data una grande importanza alla pratica agonistica ed alle gare. In quest’ottica l’apprendimento di tecniche efficaci in ambito di difesa personale ne soffre un po’, tecniche che invece appartengono allo studio tradizionale del karate. Un'altra lacuna è che nel karate sportivo ci si prepara principalmente ai programmi d’esame ed alle competizioni. Per questo motivo, solo le tecniche necessarie al passaggio dell’esame o per segnare un rapido punto in gara vengono intensamente praticate ed interiorizzate. In merito a ciò alcuni grandi maestri di karate tradizionale indicano il rischio che così facendo il karate divenga mutilato e modificato, in quanto molte delle tecniche non sono più conosciute e non più insegnate dagli allenatori. "Karate non è un gioco. Non è uno sport. Non è nemmeno una tecnica di difesa personale. Karate è per metà una disciplina fisica, l'altra metà spirituale. Il Karateka, che ha alle spalle gli anni di esercizio e la meditazione richiesta, è un uomo sereno e pacifico. Egli non ha alcun timore. Nel mezzo di una casa in fiamme egli resta calmo. "(Oyama Masutatsu)

    Nome
    Karatedo (dal giapponese "la via della mano vuota"), veniva conosciuto in precedenza solo come Karate ed anche oggi è conosciuto maggiormente sotto questo nome. L'aggiunta del "do" viene utilizzata per evidenziare lo sfondo filosofico dell'arte ed il suo significato di "Via". Curiosità: fino agli anni 30 il significato letterale di karate era "mano cinese", indicando anche le origini cinesi di quest'arte. Solo in seguito, per questioni politiche (nazionalismo giapponese), venne trasformato il modo di scrivere karate dando l'attuale significato di "mano vuota".

    Origini del karate
    La leggenda narra che nel 6 ° secolo il monaco buddista Daruma Taishi (Bodhidharma) da Kanchipuram (India del Sud) raggiunse il Monastero Shaolin (giapponese Shorinji) e li non solo fondò il buddismo Ch'an (Zen), ma addestrò anche i monaci con esercizi fisici, in modo che fossero in grado di resistere i lunghi periodi di meditazione. Così nacque lo Shaolin Kungfu (corretto: Shaolin-Quanfa, giapponese Kempo / Kenpo) dal quale si svilupparono molti altri stili di arti marziali cinesi (Wushu). Visto che il Karate trae le sue radici da quelle cinesi, si considera discendente di quella tradizione (Chan, Bodhidharma, Shaolin), la cui storicità è al buio e controversa fra gli storici. Tuttavia, il ritratto di Daruma adorna molti Dojo. Nella sua forma attuale il karate si sviluppa presso le isole Ryukyu, in particolare sull'isola di Okinawa, che nel 14° secolo rappresentava un punto nevralgico tra lo scambio di merci e culturale con il Giappone, Cina, Corea ed Asia Mediorientale. A quel tempo l'attuale re, Sho Shin, per mantenere l'ordine tra la popolazione vietò l'uso delle armi e fu così che iniziò a svilupparsi l'arte del combattere senza armi di Okinawa, l' "Okinawa-te". Nel 16° secolo gli Shimazu occuparono l'arcipelago ed intensificarono il divieto di portare armi, vietando anche il semplice possesso, bandendo coltelli ed armi cerimoniali di qualsiasi tipo. Ovviamente i samurai erano liberi di compiere ogni tipo di sopruso nei confronti dei contadini, e mancando qualsiasi tipo di istituzione a difesa della popolazione, nasce più che mai l'esigenza di difendersi e fonda il sottile ed intensivo cambiamento del "Te" (= sistema di combattimento) in "Karate" (arte del combattimento). Nel frattempo, quasi a pari passo, i contadini svilupparono l'arte del Kobudo, ovvero tecniche che sfruttano gli strumenti di lavoro contadino. Comunque rimaneva difficile affrontare un guerriero ben preparato ed armato utilizzando solo queste tecniche, ed è per questo che il tutto si raffinò andando a sviluppare solo le tecniche più efficaci e quelle che potevano uccidere l'avversario con un solo colpo (conosciute nel Karate come Ikken hissatsu). Vista l'efficacia di quest'arte, anche l'insegnamento venne vietato alla popolazione, pertanto la sua pratica rimase privilegio di poche famiglie e veniva fatta solo di nascosto. La capacità di scrittura era limitatamente diffusa tra la popolazione e quindi le conoscenze venivano tramandate solo in via diretta od orale, per questo i maestri raggrupparono le tecniche da insegnare in unità didattiche tra loro collegate ed in sequenze prefissate, costituendo delle forme. Queste sequenze vengono definite "Kata". Per tenere segreto l'insegnamento contenuto in queste forme, le sequenze dovevano risultare "cifrate" agli occhi dei non iniziati alla scuola dell'arte del combattimento. Per questo scopo venivano utilizzate come chiavi di cifratura le danze locali (odori) ed ancora oggi molti kata contengono un forte diagramma di passi (Embusen). Solo dopo intenso studio dei kata se ne può capire il reale significato e cosa si voleva trasmettere con questi. Solo dopo il 1875, quando Okinawa venne ufficialmente riconosciuta come prefettura giapponese, il karate iniziò ad emergere dalla segretezza. In particolare un maestro, Gichin Funakoshi, ebbe un ruolo molto importane, sia per la diffusione dello stile che per sistematizzazione del Karate. Capì che oltre al rafforzamento del corpo, poteva servire anche come mezzo per formare il carattere.


    (Gina)



    NOVITA’ MUSICALI


    Novita' Musicali



    Gianna Nannini - Mai per amore


    GiannaNannini-io-e-te


    Nuova uscita discografica in arrivo per Gianna Nannini: si tratta di due cofanetti che riprendono l'ultimo disco “Io e te” alla luce della trionfale tournée che ha portato album e cantautrice a conquistare le piazze di tutta Italia e mezza Europa.
    Le proposte saranno due, una “Deluxe” contenente l'album stesso accompagnato da un cd live ed un dvd realizzato durante il concerto all'Arena di verona, e l'altra ("Arena Rock") destinata a chi già possiede “Io e te”, contenente cd e dvd live.

    Vale la pena di sottolineare che per l'artista si tratta di un ritorno al live atteso da vent'anni, ossia dai tempi di “Giannissima”.
    Nel disco live sarà presente una traccia inedita, che in questi giorni entra in rotazione discografica e in distribuzione digitale: s'intitola “Mai per amore” e come sempre è motivo di grande soddisfazione per i tanti appassionati seguaci della musica di Gianna Nannini.

    La canzone è imperniata sul tema della violenza sulle donne, tema trattato dalla rocker con un toccante mix di dolcezza, rabbia ed un filo di speranza.
    Le diverse anime sono espresse anche sul piano prettamente musicale, con la convivenza di rock quasi operistico, cantato semplicemente impeccabile, esplosioni strumentali e per chiudere la ripresa del tema operata in modo davvero struggente da un violino solista.

    La cantante senese insomma non delude mai, riesce ad esprimere tanto e bene su un argomento complesso che sarà anche filo conduttore di una fiction la cui trasmissione è prevista per l'anno prossimo sugli schermi della Rai.
    Il titolo sarà proprio “Mai per amore”, la regia di volta in volta affidata a Liliana Cavani, Margarethe Von Trotta e Marco Pontecorvo; per la colonna sonora abbiamo qui un'anticipazione di qualità assoluta.
    Sergio Cadeddu



    Video


    (Lussy)



    ... PARLIAMO DI ...


    POLAROID
    La magia in un istante



    Dopo un intero giorno trascorso a fotografare, la piccola Jennifer, con l'ingenuità e l'impazienza propria dei bambini, chiese al padre, il motivo per cui non era possibile vedere subito le immagini che si era impegnata a scattare con tanto entusiasmo. Oggi sarebbe alquanto improbabile che a qualcuno venisse in mente di fare una domanda del genere: con le nostre belle macchine fotografiche digitali, dagli schermi luminosi e brillanti, è subito possibile vedere se lo scatto è ben riuscito, oppure se è necessario rimettersi nuovamente in posa. “Sono venuto con gli occhi chiusi? La foto è sfuocata?”: queste sono al massimo le domande che, ai nostri giorni, può sentirsi rivolgere chi sta dietro l'obbiettivo e scatta la fotografia.
    La situazione era invece ben diversa nel 1943, non solo perché il mondo era in piena guerra, ma anche perché la tecnologia non era ancora arrivata ai livelli di oggi. Non è detto però che la società di allora era peggiore della nostra, anzi..., intorno alla metà del novecento, forse esistevano ancora i geni e gli inventori...
    Edwin Herbert Land, da alcuni è stato proprio definito come “l'ultimo dei grandi geni”, secondo solo ad Edison per numero di brevetti depositati, ed è stata proprio la richiesta della figlia che ha fatto scattare – mai come in questo caso il termine può dirsi più appropriato... – in lui l'intuizione per la creazione di una macchina fotografica a secco, con la quale le fotografie sarebbero state visibili subito dopo il clic.
    Edwin H. Land fin da subito ebbe ben chiara in mente l'idea, ma, come sappiamo, tra la teoria e la pratica vi è una notevole differenza. Nonostante ciò, da quel dicembre del 1943, quando la piccola Jennifer “illuminò” il padre, passarono pochi anni e già nel 1947, in una notte tempestosa, mentre si trovava all'Hotel Pennsylvania di New York, all'età di 37 anni, Edwin Herbert Land scattò la prima istantanea, che ritraeva la sua figura e dava origine al mito della macchina fotografica Polaroid. In realtà, Edwin H. Land, nato nel Connecticut nel 1909, prima di inventare la sua rivoluzionaria macchina fotografica istantanea, aveva già messo a punto una serie di invenzioni come le lenti polarizzate, i filtri ottici, i visori notturni e le munizioni potenziate, molto sfruttate in ambito militare. Nel 1937 aveva inoltre fondato la Polaroid Corporation, ma senza dubbio il suo sistema fotografico istantaneo è stato, e resterà, la sua invenzione più famosa, in quanto per la prima volta ha dato la possibilità ai fotografi di vedere le loro immagini subito dopo lo scatto. Più o meno ci vogliono circa cinquanta secondi di attesa, prima di poter ammirare l'immagine catturata, che, ovviando al lungo e complesso procedimento di sviluppo tradizionale, nasce grazie ad un speciale involucro, contenente la soluzione chimica, il quale viene applicato ad ogni singola pellicola e si rompe dopo lo scatto, quando la pellicola stessa passa attraverso due cilindri.
    Sembra che nel 1948, presso un grande magazzino di Boston, sia stata esposta la prima macchina fotografica Polaroid in grado di produrre, col solo scatto, le fotografie al suo stesso intero. Risultato? La macchina fotografica fu venduta dopo poche ore!
    Da quel momento iniziò l'ascesa vertiginosa della Polaroid che ebbe subito un grande riscontro popolare, al quale presto si aggiunse il successo riscosso tra i fotografi professionisti, i quali vennero conquistati dal fascino delle istantanee, che con la loro tipica cornice bianca impossibile da ritrovare nelle fotografie tradizionali, sono presenti in quasi tutti gli album di famiglia ad immortalare i ricordi di una vita.
    Nel 1966, nel giro di venti anni, la Polaroid raggiunse probabilmente il suo apice: erano state vendute tre milioni di macchine fotografiche e quindici milioni di pellicole. Ma Edwin Land non si fermò nemmeno di fronte a questi sorprendenti risultati e nel 1972 inventò quella che forse è divenuta la più intramontabile tra le macchine fotografiche Polaroid. La SX-70, superando le poche difficoltà legate ad un uso non proprio immediato dei modelli precedenti, con il suo caricatore interno, introduceva il primo rullino di forma quadrata, e scattava immagini anche modificabili: con graffi, tagli ed esposizioni al calore ed alla luce, le istantanee divennero un buono strumento creativo, poiché era facile ottenere particolari effetti, rendere strani gli scatti, deformare le foto ed addirittura riutilizzare alcune pellicole per successive stampe.
    In seguito, le pellicole Polaroid 600 garantirono una fedeltà più elevata dei colori, e nel corso degli anni la Polaroid è diventata il simbolo di una fotografia “rapida e dinamica”, come la generazione che usandola immortalava il mondo.
    Purtroppo però dal giugno del 2008 la favola ha rischiato di essere interrotta: proprio la voglia di vedere subito l'immagine scattata..., proprio l'ansia di vedere istantaneamente la fotografia appena realizzata, ha questa volta regalato il successo alla tecnologia digitale, che ha praticamente mandato in pensione le vecchie, care Polaroid.

    La favola potrebbe quindi finire qui, ma come sappiamo le favole non sono tali se non hanno il lieto fine. Siamo nei primi mesi del 2010 infatti, quando ad Enschede, al confine tra l'Olanda e la Germania, un gruppo di dodici tecnici, ingegneri e chimici, uniti proprio dalla passione per la Polaroid, ha deciso di acquistare un ex fabbrica appartenuta all'azienda americana, ed ha acquistato i macchinari necessari per la produzione della pellicola.
    Il risultato? Sicuramente non verrà eguagliato il successo ottenuto dagli storici modelli della Polaroid, ma dal 2010 è in vendita la nuova Istant Camera Polaroid 300, che con l'innovativa pellicola dalle moderne prestazioni, si promette di mantenere in vita il mito delle istantanee.
    ( Michele Broccoletti, il reporter)



    (Gabry)



    OPERETTA


    La Belle Elena

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    La Belle Elena fu forse il più grande successo di Offenbach e diede inizio a quella che Alphonse Daudet definì, la ‘Offenbachiade’, ossia il periodo compreso tra il 1864 e il 1870, allorché il compositore tedesco dominò completamente la vita teatrale parigina. Ancora oggi rimane questo il suo titolo più conosciuto e, insieme a Orfeo all’inferno, ha fatto sì che il nome del compositore venisse legato per sempre alla parodia dell’antichità
    Scegliere l’antichità classica significava per Offenbach essenzialmente tre cose: variare i soliti soggetti proposti al suo pubblico; satireggiare il gusto ‘neoclassico’ di poeti e scrittori come Baudelaire, Gautier, Leconte de Lisle; infine, munirsi di uno schermo al riparo del quale stigmatizzare i costumi della società del suo tempo. La parodia di Offenbach, peraltro, investe non solo la società ma anche i gusti e gli stili musicali del suo tempo: l’inno al sogno e alla notte di Paride ed Elena interrotto bruscamente dall’arrivo di Menelao, richiama alla mente quello di Tristano e Isotta spezzato,
    belle_helene_3 ben più tragicamente, dall’arrivo di re Marke. Nel finale del primo atto, dopo la rivelazione della vera identità di Paride, Offenbach costruisce un episodio in cui sciorina tutti i cliché dell’opera romantica. Ancor più chiaramente parodistica la citazione testuale del trio di Guglielmo Tell all’inizio del ‘Trio patriottico’ nel terzo atto. Alla tragicità della situazione rossiniana fa riscontro la caricatura: Agamennone e Calcante tirano in ballo il bene del paese per convincere Menelao ad accettare il volere di Venere, ossia le ‘corna’.

    La storia
    Il giudizio di Paride assegna la palma dell'avvenenza a Venere: il giovane figlio di Priamo viene perciò ripagato dalla dea con la promessa dell'amore della donna più bella del mondo, Elena di Troia. La notizia arriva presto a Sparta, dove vive appunto Elena, moglie annoiata di Menelao. Ella è ben felice di potere assegnare alla "fatalità", che di continuo invoca, la colpa di un tradimento che la invoglia, così da salvaguardare la sua reputazione. Intanto Paride giunge a Sparta nelle vesti di un umile pastore, accompagnato dal buffo e maldestro fratello,Cleto il piccolo. Qui chiede aiuto a Calcante per ottenere ciò che Venere gli ha promesso. Elena non manca di notare il bel pastore, ma l'arrivo dei re greci dà inizio alla gara di intelligenza voluta da Agamennone. Cleto riesce in modo rocambolesco a risolvere le sciarade proposte e si guadagna così il diritto ai favori di Elena. Nasce però ora la disputa su chi sia realmente Paride, poichè, nella confusione generale, l'identità di Paride rimbalza dall'uno all'altro. La situazione incresciosa può essere risolta solo grazie all'aiuto della "intoccata" vestale di Venere, Margherita, a prezzo della propria concessione ad essi, ma perdendo in tal modo il proprio ruolo di "intoccata" e suscitando in tal modo le ire della dea. L'unico modo per risolvere la questione è allora quello di andare a conferire direttamente con la dea all'isola di Creta. Il prescelto per il viaggio è Menelao, che viene spedito sui monti di Creta, fra l'ilarità generale. Cleto si angoscia per la propria situazione, poiché sa che non riuscirà mai ad avere la bella Elena. Nel frattempo, tuttavia, lui stesso è conteso dai re Agamennone e Achille, insieme a Calcante, che decidono di belle_helene_2 giocarselo al gioco dell'oca. Mentre Elena e Paride continuano le loro effusioni amorose, Paride confida all'amata la propria reale identità; arriva però Cleto, inseguito dai suoi "pretendenti", che annuncia, causando la disperazione di Elena, il ritorno inatteso di Menelao.Paride, atterrito dall'idea dell'ira del re, invita Cleto a infilarsi nel letto della regina, in modo che il fratello risulti ancora una volta il capro espiatorio della situazione. Al suo arrivo, Menelao, mentre annuncia che la nave non è riuscita ad arrivare all'isola di Creta, vede Cleto, scambiandolo ovviamente per il vero Paride, e lo minaccia di una fine tragica. Cleto riesce tuttavia a fuggire. Il povero Menelao è sottoposto alle pressioni di tutti affinché ceda: Venere ha ispirato alle donne greche tale desiderio "de plaisir et d'amour" che il caos regna ormai sovrano in ogni famiglia. Quando Paride si presenta nella falsa veste di messo di Venere per condurre Elena a Citera, Menelao s'arrende, e accompagna lui stesso la moglie all'imbarco. Ma quando sono già lontani, Paride si svela, provocando le ire generali. Che fine avranno però fatto Cleto e la Pizia? La Pizia sarà ancora "intoccata" vestale o sarà nel frattempo riuscita a soddisfare i propri desideri? Il finale lo svelerà....