Dell’Amore e dei suoi opposti

SCIENZA SACRA E MISTERI OCCULTI DELL’EROS

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  1. carpeoro
     
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    SCIENZA SACRA E MISTERI OCCULTI DELL’EROS
    Dell’Amore e dei suoi opposti


    • L’Amore nelle sue definizioni
    La maggior parte delle definizioni dell’amore parte dalla definizione di un aspetto, a volte anche opposto all’amore medesimo. I greci e, successivamente, la tradizione classica, hanno a lungo dissertato sulla distinzione tra Eros e Anteros, distinzione della quale si tratterà più avanti, ma anche tra Eros e Thanatos, intesi come la vita e la morte o, più profondamente l’essere e il non essere. E, forse, proprio in questa chiave dell’essere e del non essere risiede la spiegazione di questo inconsueto percorso all’incontrario che tutti imbocchiamo nel parlare d’amore. Sotto questo profilo è importante ricordare gli studi di Freud che dalla contrapposizione tra Amore e Morte, Eros e Thanatos, ha dedotto uno dei cardini della sua psicanalisi. Ma il punto di partenza di tale studio è stato, ancora una volta, un filosofo greco, Empedocle vissuto intorno al 495 a.C. Tale filosofo pone due principi fondamentali philìa (amore, amicizia) e neikos (discordia, odio) come motore della esistenza e Freud, sia per il nome che per la funzione che assolvono, li considera paritetici alle nostre due pulsioni originarie Eros e Distruzione. Da notare che in questo studio Freud non adopera la parola Thanatos anche se molti suoi allievi hanno successivamente testimoniato un uso della medesima durante i suoi insegnamenti verbali. Ma anche dallo studio di Freud si desume che la traduzione del termine neikos in odio è impropria. Infatti per Freud Thanatos-Neikos segnala il desiderio di concludere la sofferenza della vita e tornare al riposo, alla tomba, concetto che non deve essere confuso con quello di destrudo, vale a dire con l'energia della distruzione. Freud configura l'esistenza di un essenziale desiderio o pulsione di morte, riferendosi alla necessità oggettiva di morire che ha ogni essere vivente. Secondo una interpretazione positivista Eros e Thanatos non sono banalmente "amore e morte" ma gli impulsi creatori e distruttori. Il primo è il Desiderio universale, cosmico, che attrae gli elementi e che spinge la Natura a dare i suoi frutti. Il secondo è la tendenza alla disgregazione degli elementi. Ciò trova una suggestiva sottolineatura in Esiodo, che pone Eros e Thanatos all'inizio della genealogia e della cosmogonia, in quanto è proprio Eros che permette a Chaos di generare. Ma la cultura greca ha un approccio molto più sfaccettato rispetto alla definizione dell’amore. Basta riassumere i termini inseriti nel vocabolario del greco antico per desumere la complessità della riflessione.
    1) Agape, (αγάπη) amore in senso lato.
    2) Philia (φιλία) è l'amore di affetto e piacere, di cui ci si aspetta un ritorno, ad esempio tra amici.
    3) Eros (έρως) definisce l'amore sessuale.
    4) Anteros (αντέρως) è l'amore corrisposto.
    5) Himeros è la passione del momento, il desiderio fisico presente ed immediato che chiede di essere
    soddisfatto.
    6) Photos è il desiderio verso cui tendiamo, ciò che sognamo.
    7) Stοrge (στοργή) è l'amore d’appartenenza, ad esempio tra parenti e consanguinei.
    8) Thelema (θέλημα) è il piacere di fare qualcosa, il desiderio, il voler fare.

    • Agape: Amore e Possesso
    Tra i termini sopra riportati quello che ha avuto più riscontro nei secoli successivi è stato Agape, αγάπη . Infatti, nonostante tale termine volesse probabilmente disegnare l’unitarietà dell’Amore, la cultura dominante del mondo cattolico, in modo retrivo, ha voluto imporne una versione esclusivamente spirituale, mostrando la consueta avversione per la realizzazione dell’Eros e cioè per la sessualità. Ecco quindi disegnata una versione secondo la quale Eros e Agape sarebbero due paradigmi antitetici. L’amore come eros sarebbe acquisitivo, quindi un prendere; l’amore-agape sarebbe invece un dare, un donare. Ultimamente il cattolicesimo ufficiale ha rivisto questa posizione: nell’enciclica “Deus caritas est” Papa Ratzinger ha cercato di riscrivere un nuovo paradigma che includesse l’uno e l’altro, eros e agape, superandoli. Tu non puoi donare, se prima non acquisisci. Non puoi amare, se non sei amato. Insomma, come scrive Benedetto XVI nell’enciclica, - dobbiamo dare l’amore agli altri, ma acquisendolo prima da Dio -. Il Pontefice si spinge ad una apparentemente difficile conciliazione tra la cultura pagana e quella cristiana:- Platone si congiunge a San Paolo. L’uomo platonico della caverna vede e raggiunge il bene, e non se ne sta fermo a guardarlo, ma torna nella caverna cercando di liberare gli altri. E lo stesso uomo paolino che, amato da Dio, ama. Risponde all’amore di Dio che gli viene incontro, amando.- In realtà il tentativo rimane debole proprio per la perpetuazione nel titolo dell’enciclica della parola Carità, invece che Amore, quale traduzione di Agape. In nome della smaterializzazione dell’Amore da sempre i canonisti cattolici hanno creato delle traduzioni ad hoc. Celebre è il caso dell’ “Inno all’Amore” (ossia l’inno all’agape) di San Paolo nella lettera ai Corinti (1 Cor 13) dove per l’intero brano, tranne che per il titolo, la parola greca agape viene tradotta con carità:
    1) Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che
    risuona o un cembalo che tintinna.
    2) E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della
    fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
    3) E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità,
    niente mi gioverebbe.
    4) La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,
    5) non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
    6) non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.
    7) Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
    8) La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
    9) La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
    10) Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
    11) Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo,
    ciò che era da bambino l'ho abbandonato.
    12) Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
    Per restituire il testo al suo significato autentico, forse è necessario rimettere la parola Amore al posto di Carità. D’altro canto anche quella straordinaria scienza esatta che è l’etimologia ci guida verso questa operazione: in sanscrito, la lingua più antica che conosciamo, la radice Kapati, indica le due mani e le mani sono tanto gli organi che prendono che quelli che danno … Tale radice, che a sua volta deriva da un’altra di cui tratterò in seguito, è alla base tanto del termine Agape, che di tutte le parole neolatine con applicazioni eguali o analoghe: capio, latino per prendo, recipio, latino per ricevo, concipio, latino per genero, captivus latino per prigioniero, accipio, latino per accetto, percipio, latino per sento ecc. ecc. Come nell’atto sessuale, nell’etimologia amare è tanto prendere che ricevere, e, come nell’atto sessuale è difficile attribuire ad un soggetto unico il prendere o il ricevere, perché l’atto, come il termine, è indistinto e indistinguibile. D’altro canto egualmente esplicativo è l’ideogramma cinese tradizionale/giapponese per amore (愛): consiste in un cuore (centrale) all'interno di "accetta," "tatto" o "percepire" Ciò mostra un collegamento con la parola Agape che è amore nel senso totale e unificante del termine. Ed in tale accezione soccorre altresì l’altra radice sanscrita del termine Agape: Kap, che significa cranio, ma anche cuore. Ed ai rapporti tra amore e mente bisogna proprio dedicare un paragrafo a se stante.

    • Amore e Psiche, il cuore e la mente
    L'unico romanzo latino a noi giunto completo sono “Le Metamorfosi”, opera parzialmente autobiografica di Apuleio in 11 libri, nella quale il protagonista narra la sua trasformazione in asino. Nel testo Apuleio aggiunge molte sottotrame nate da leggende popolari. Tra le più belle sicuramente è quella di interesse per questa trattazione, "Amore e Psiche". Eros e Psiche, favola che occupa addirittura due libri, ha, come il resto delle Metamorfosi, un significato allegorico: Cupido (identificato con il greco Eros, signore dell'amore e del desiderio), unendosi a Psiche (cioè l'anima), le dona l'immortalità, ma Psiche per giungervi deve affrontare innumerevoli prove, tra cui quella di scendere agli Inferi per purificarsi. Psiche è una bellissima principessa, così bella da causare l'invidia di Venere. La dea invia suo figlio Cupido perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro della terra, perché Psiche sia coperta dalla vergogna di questa relazione. Ma il dio si innamora della mortale, e con l'aiuto di Zefiro, la trasporta al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvengano al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fa sua. Ogni notte Eros va alla ricerca di Psiche, ogni notte i due bruciano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto. Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, con una spada e una lampada ad olio decide di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all'essere più orribile, pur di conoscerlo. È questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cade dalla lampada e ustiona il suo amante. Il dio vola via e Venere poco dopo cattura Psiche per sottoporla alla sua punizione. Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente, Psiche riceve l'aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fa in modo che gli amanti si riuniscano: Psiche diviene una dea e sposa Amore. Il racconto termina con un grande banchetto al quale partecipano tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fa da coppiere, le tre Grazie suonano e il dio Vulcano si occupa di cucinare il ricco pranzo. Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con Voluptas. Le figure allegoriche sono fin troppo chiare per richiedere tante spiegazioni: il rapporto tra il cuore e la mente, la loro unione è il vero amore e si consuma di notte perché la luce del giorno, che simboleggia la razionalità anaffettiva, non è il suo ambiente, anzi, quando sopravviene mette in fuga Eros da Psiche e bisognerà faticare molto per riconquistare l’unione che altro non è, da un punto di vista alchemico, che il simbolo delle nozze mistiche.

    • Eros e Anteros, la non esistenza dell’odio
    Anteros era la personificazione dell'amore corrisposto. Fratello di Eros, i due erano inseparabili; racconta la leggenda che un giorno Afrodite si lamentò con la Dea Temi del fatto che il piccolo Eros non crescesse, così la saggia Temi le rispose che Eros non sarebbe mai cresciuto finché non avesse avuto l'amore di un fratello. Afrodite si unì ad Ares e generò Anteros e da quel momento i due fratelli crebbero insieme, ma ogni qualvolta Anteros si allontanava da Eros, quest'ultimo ritornava fanciullo. Questo grazioso mito insegna che l'amore (Eros) per crescere ha bisogno di essere corrisposto (Anteros). Anteros, quindi potrebbe rappresentare sia il vendicatore dell’amore disprezzato, sia il patrono dell’amore reciproco, sia il distruttore dell’amore, vista la paternità del dio della guerra. I moralisti e gli umanisti di tendenza platonica erano inclini a interpretare la preposizione antì come “contro”, anziché “in cambio di”, trasformando così il Dio dell’amore reciproco in una personificazione di virtuosa purezza e la coppia Eros- Anteros nella contrapposizione tra due tipi di amore, l’Amore terreno e l’Amore celeste, simboleggiato dalla duplicità di Venere (Ouranìa e Pandemos), come espressa nel Simposio platonico (180c-181c) e da qui prontamente ripresa nel Simposio di Senofonte (VIII 9-10). Ma la contrapposizione tra l’Amore terreno e l’Amore celeste, a dimostrazione della sua fallacità, era destinata a tramutarsi in una dolorosa scissione dell’Uomo e della sua essenza che ha relegato la sessualità ad un bene di consumo da ingurgitare inconsapevolmente, rozzamente e frettolosamente nella panineria di turno.

    • Il Kamasuthra. L’Eros Sacro
    Il Kama Sutra (sanscrito: , Kāmasūtra) è un antico testo indiano sul comportamento sessuale, ampiamente considerato come l'opera più importante nella letteratura sanscrita sull'amore. Il libro è stato scritto da Vatsyayana ed il suo titolo completo è vātsyāyana kāma sūtra ("Aforismi sull'amore, di Vatsyayana"). Si crede che l'autore sia vissuto in un'epoca fra il I ed il VI secolo, probabilmente durante il periodo Gupta. Il Kama Sutra contiene 36 capitoli, organizzati in sette parti, ognuna delle quali scritta da un esperto nel rispettivo campo. Esso contiene un totale di 64 posizioni sessuali anche rappresentate. Vatsyayana credeva che ci fossero otto modi di fare l'amore, moltiplicati per otto posizioni per ognuno. Nel libro queste sono note come le 64 Arti. Il capitolo che elenca le posizioni è il più famoso e per questo è spesso scambiato per l'intera opera. Tuttavia, solo circa il 20 per cento del libro è dedicato alle posizioni sessuali. Il resto è una guida su come essere un buon cittadino e parla delle relazioni fra uomini e donne. Il Kama Sutra descrive il fare l'amore come un'unione divina. Vatsyayana credeva che il sesso in sé non fosse sbagliato, a meno che non lo si facesse frivolmente. Il Kama Sutra, oltre ad una incredibile allegoria dell’Essere è un’opera morale, un inno alla monogamia, perché chi è consapevole di come rinnovare il rapporto con il suo partner non ne cerca altri. Proviamo a chiederci se l’incredibile precarietà dei rapporti amorosi dei nostri tempi non sia direttamente discendente dalla nostra ignoranza dell’Amore, e se non siamo quasi costretti a cambiare partner per la nostra totale incapacità di creare l’unione tramite il piacere con chi abbiamo vicino da sempre. Il Kama (in sanscrito piacere o benessere) non è infatti percepito come un peccato, ma è uno dei quattro scopi della vita (purushartha), in questo senso è sacro, come era sacra la sessualità nei tempi antichi, prima della decadenza dei costumi dell’impero romano, tempi antichi e saggi quelli in cui le etere greche, le pitonesse, o le geishe orientali non erano certamente corrispondenti alle prostitute delle nostra cronaca.

    • Il duplice senso dell’Abbandono
    Per concludere, un breve cenno ad un termine, che nel linguaggio dell’Amore ha, vicenda ricorrente come abbiamo avuto modo di vedere in questo campo, una duplice chiave di lettura. Abbandono è la fase più bella e completa dell’Eros, la sua summa, ma anche il simbolo del momento potenzialmente più doloroso. Nella prima accezione il rapporto con il termine Agape, nel suo significato di prendere è lampante, solo tramite l’abbandono si può essere presi e ci si può dare totalmente. La seconda accezione e la sua dimensione tragica lega il termine invece al concetto di Thanatos e non è raro, purtroppo, neanche nelle cronache, che certi abbandoni richiamino l’oscuro intervento della Morte. In questo senso una mia raccolta di versi di futura pubblicazione riporta, tra le prime, la seguente breve poesia:

    LEGGE D’AMORE
    Se t’abbandoni m’ami,
    se m’abbandoni, no.


    Carpeoro

    Edited by carpeoro - 27/7/2011, 20:41
     
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    grazie carpeoro! Dare,ricevere,piacere,passione,benessere,fare..sono spiegazioni di parola amore..io direi anche chimica,sicurezza e possesso!
     
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1 replies since 25/7/2011, 21:08   232 views
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