ALBERI - CONIFERE, LATIFOGLIE..

..nei boschi, nella giungla insomma proprio tutti

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  1. gheagabry
     
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    C'è qualcuno seduto all'ombra oggi perché qualcun
    altro ha piantato un albero molto tempo fa.
    (Warren Buffett)


    Il FAGGIO



    Il Faggio (fagus sylvatica) vive tra i 900 e i 1500 metri di quota, può raggiungere i 35 metri di altezza. E' facilmente riconoscibile per la sua corteccia grigia e liscia, le foglie sono ovali fiorisce verso aprile/maggio. I suoi frutti, le faggiole, sono simili a piccolo castagne piramidali, che grantiscono la sussistenza agli animali del bosco. Ama i versanti ombrosi. Il Faggio è una pianta tipicamente europea e genera spesso boschi puri, entrare in uno di questi boschi da veramente l'idea di entrare in un luogo sacro, è l'albero della meditazione. Bellissimo in tutte le stagioni, raggiunge il suo aspetto più imponente negli esemplari isolati.
    II nome scientifico Fagus ha un’origine molto incerta; alcuni botanici ritengono che il nome derivi dal greco phagò, ossia , con il significato di «albero di cui si può mangiare il frutto». Altri studiosi, invece, affermano che il vocabolo fagus provenga dal greco phag ossia dispensare, il che darebbe alle piante il significato di «albero dispensatore di cibo».... i frutti dei faggi, detti «faggiole», costituiscono un prezioso alimento per il bestiame.


    Secondo i botanici, la storia del faggio ebbe inizio molti milioni di anni fa addirittura in Giappone, da dove raggiunse l'Europa occidentale passando per l'Asia centrale, il Caucaso e l'Asia minore. Qui trovò alberi come il tasso e l'agrifoglio. A ogni glaciazione il faggio scomparve, o quasi, dall'Italia per tornare ogni volta che il clima ridivenne favorevole. Così avvenne anche 10.000 anni fa, al termine dell'ultima glaciazione. Il successo del faggio fu così brillante che i suoi antichi competitori, il tasso e l'agrifoglio, compaiono solo occasionalmente, e raramente con grandi esemplari, nel fitto delle faggete appenniniche.

    ... il Faggio, longevo anche fino a 300 anni, ha sempre sussurrato messaggi di eternità agli uomini, fin dall’antichità, quando era considerato uno di quegli alberi cosmici che congiungono terra, cielo ed inferi portando le sue linfe vitali al cosmo intero, che nutre e dal quale è nutrito.
    Vecchie leggende britanniche e del nord della Francia narrano che dentro agli alberi si nascondano le anime intrappolate di chi deve pagare pegno di qualcosa.



    .......il faggio di San Francesco......


    La tradizione popolare narra che il Poverello si trovasse sui monti attorno a Rivodutri quando scoppiò un forte temporale. Francesco allora cercò riparo sotto un faggio, che per volontà di Dio piegò i suoi rami come fosse un ombrello. Così la saggezza popolare ha spiegato la forma unica dell'albero. Il faggio è, quindi, famoso per la sua forma straordinaria, con i rami che s’intrecciano sinuosi a creare onde e nodi dalla bellezza inusuale. Questa particolarità rende unico il Faggio di San Francesco. Gli altri esemplari della specie tendono a estendersi verso l'alto, mentre il faggio di Cepparo ha subito una rarissima mutazione, ad oggi nota solo in altri due esemplari in tutto il pianeta: in Inghilterra e in Nord America.
    La tradizione locale associa al faggio un altro episodio. Per spostarsi Francesco usava un asino, che il Santo fece ferrare da un maniscalco, ripagando l'artigiano con mille ringraziamenti. Ci volle un po' al nostro maniscalco per capire che non aveva ricevuto denari, tanto era sorpreso dai ringraziamenti. Quando si rese conto, rincorse Francesco e loraggiunse nei pressi del faggio, chiedendo o il denaro o la restituzione dei ferri. Francesco allora chiese all'animale di restituire i ferri, cosa che
    l'asino miracolosamente fece. Ancor oggi è visibile l'orma del piede del Santo impressa al suolo al momento della discesa dall'asino.
    Le dimensioni dell'albero che coprì San Francesco sono notevoli: raggiunge 8 m di altezza, la circonferenza massima 4 m. L'età oscilla tra i 200 e i 250 anni.



    ......il faggio della contessa......



    Sulle pendici del Monte Amiata, tra Castel del Piano e Santa Fiora (in provincia di Grosseto), vi è un grande pianoro, noto come Prato della Contessa, il quale ospita una pianta secolare detta il Faggio della Contessa. Ebbene questo luogo fu teatro di una vicenda sorprendente e meravigliosa che, fin dai tempi medievali, viene ancora oggi ricordata nella leggenda...
    Gherarda degli Aldobrandeschi, contessa di Cana, era una giovane fanciulla che amava fare lunghe passeggiate e spesso vagava per la foresta sopra il suo cavallo (bianco, si dice...), andandosi sovente a riposare sotto un giovane faggio che si trovava al centro di una minuscola radura. E fu proprio lì che un giorno incontrò Adalberto, giovane feudatario di Chiusi, del quale subito si innamorò. Da quel momento quel faggio divenne il luogo d’incontro dei frequenti convegni d’amore dei due giovani.
    Un triste giorno, tuttavia, il padre disse a Gherarda che sarebbe dovuta andare in sposa a Orsino, conte di Pitigliano... vane furono le lacrime, le supplice, le preghiere e inutili i lamenti della fanciulla, la quale presto partì per Pitigliano e, suo malgrado, sposò quell’uomo che non amava e che mai avrebbe amato.
    Tuttavia Gherarda non dimenticò mai il suo primo ed unico amore e così, sia pure raramente, quando tornava nelle sue terre, la donna continuava a incontrare Adalberto sotto il faggio, fuggendo di notte dal sul castello e tornandovi subito prima dell’alba.
    Una di queste fughe, però, fu purtroppo notata da una spia di Orsino che non esitò ad informare il suo signore, e questi decise di vendicarsi.
    Così, una notte, il conte si appostò con i suoi sgherri tra gli alberi intorno alla radura e attese gli amanti, quando questi si incontrarono sotto la loro pianta Orsino dette il segnale e i suoi armigeri appiccarono il fuoco alla boscaglia. Le fiamme dilagarono rapidamente da ogni parte, bruciando piante ed arbusti e riducendo ben presto un gran tratto di bosco ad un rogo.
    Orsino allora, visto il fuoco divampare, si ritirò con i suoi in una casa di caccia, in attesa che la notizia del rogo si spargesse e che qualcuno venisse ad annunciargli la morte della contessa. Ma nessuno venne dalla montagna, né si udiva in giro parlare dell’incendio.
    Orsino tornò allora al suo castello e qui, sorprendentemente, trovò la moglie intenta alle sue abituali faccende in compagnia delle sue ancelle. Non sapendosi spiegare l’accaduto il conte, qualche giorno dopo, tornò quindi sul monte e qui trovò, con suo enorme stupore, che il luogo era ormai nient’altro che una conca di cenere, pietre annerite e carboni, dove il vento faceva ancora volare le scintille e l’aria era nebbiosa... però, al centro di quella desolazione, il faggio delle contessa si alzava ancora verde e affatto toccato dal fuoco.
    Orsino tornò al suo palazzo, ma mai si dette pace dell’onta e in breve tempo morì.
    Gherarda dette ordine che nessun albero venisse ripiantato in quel luogo ma che, invece, un grande prato venisse lasciato intorno al suo faggio.
    La leggenda narra che ancora oggi, in certe notti speciali, si possa incontrare nel Prato della Contessa l’ombra di Gherarda che passeggia nell’oscurità e, dicono alcuni, con lei si vede camminare un bellissimo giovane che la tiene per mano e la conduce presso il faggio.
    (dal web)


    Un giovane faggio sanguigno era testimone del mio primo amore,
    e quando inventai la mia prima poesia,
    stette a guardare ciò che scrivevo.
    Come il faggio sanguigno nessun albero può abbandonarsi allo sfarzo della primavera,
    nessuno ha un sogno d'estate così vivace e nessuno un avvizzire così brusco.
    Un giovane faggio sanguigno sta in tutti i miei sogni,
    un magico passato soffia intorno al mio albero prediletto.
    (Hermann Hesse)




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161 replies since 15/2/2011, 19:38   42262 views
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