ALBERI - CONIFERE, LATIFOGLIE..

..nei boschi, nella giungla insomma proprio tutti

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  1. gheagabry
     
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    Se un albero scrivesse l'autobiografia, non sarebbe diversa dalla storia di un popolo.
    (Kahlil Gibran)


    L'OLMO


    U


    L'olmo bianco o ciliato è un albero alto fino a 30 metri, a foglia caduca.
    Le foglie, lunghe al massimo 10 cm, sono asimmetriche alla base della lamina e sensibilmente dentate. Le nervature, a differenza di quelle di Ulmus minor, non sono ramificate. La pagina inferiore è vellutata ("laevis" in latino significa appunto "vellutato").
    I fiori appaiono precocemente a primavera, prima delle foglie. Sono riuniti in infiorescenze, hanno piccioli lunghi circa 2 cm e sono privi di petali. L'impollinazione è anemofila.
    Il frutto, una samara, si distingue da quello degli altri olmi per essere lungamente peduncolato e finemente ciliato sui bordi: questo fatto gli conferisce il nome di "olmo ciliato". Ogni samara contiene un unico seme rotondo, di circa 5 mm. Anche le samare appaiono precocemente sulla pianta, appena prima dell'apertura delle gemme o insieme alle prime foglioline, e prima di maturare sono di colore verde. Questo fa sì che a un esame superficiale possano essere scambiante per foglioline.
    I rametti, molto fini e privi di peluria (a differenza di quelli di Ulmus glabra), hanno piccole gemme alterne.
    E' un albero molto longevo, infatti può superare i 600 anni di vita.
    Nella vita agricola l’olmo ha rappresentato fino a non molti anni fa un’insostituibile risorsa alimentare per il bestiame perché quando si diceva genericamente “fare la foglia” significava raccogliere questo tipo di foglie. Le foglie d’olmo erano considerate un ottimo integrativo ai foraggi verdi per l’alimentazione dei bovini soprattutto per le vacche in lattazione.



    Nel mezzo spande i rami, decrepite braccia, un cupo immenso olmo ove a torme albergano,
    si dice, i fallaci sogni che alle foglie sono sospesi.
    (Da: "Eneide", VI, Publio Virgilio Marone)



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    ......storia, leggende e miti........


    In antichità l'Omo, sacro a Morfeo aveva il compito di apparire ai dormienti con sembianze umane. Gli si attribuiva la facoltà di stimolare il sogno ed anche un potere oracolare. Nel medioevo divenne l'albero sotto il quale si amministrava la giustizia....Gli antichi avevano consacrato l'Olmo a Morfeo, aveva la facoltà di evocare sogni e gli fu attribuito anche un potere oracolare. Nel Medioevo divenne, assieme alla quercia, l'albero dove si amministrava la giustizia. E' stato sfruttato fin dall'antichità per sostenere la vite come un marito che sorregge la moglie, anche per questo simboleggiava anche l'amicizia eterna...Un tempo si poteva leggere che “la vite si maritava con l’olmo”. Le prime testimonianze scritte in proposito sono quelle di Columella e di Catullo che chiamava “vedova” la vite disgiunta dall’olmo. Catullo non è rimasto il solo fra i poeti latini ad usare l’unione fra l’olmo e la vite come metafora di “unione necessaria” all’amore: Marziale, poeta diseguale per l’intonazione varia dei suoi versi, dal salace al nostalgico, dal lascivo al didascalico, descriveva così l’affetto degli sposi....Una corona di vite, un ramo d’olmo ed un alcione poggiato sul braccio sono gli ornamenti con cui il mito classico ha rappresentato in forma di figura l’unione matrimoniale ed un amore indivisibile.


    Oneiros, figlio della Notte, dio dei sogni, o Morfeo, figlio del Sonno e nipote della Morte, dio delle chimere capace di assumere la forma umana per apparire nei sogni degli uomini addormentati erano legati all'olmo che per entrambi era pianta sacra.
    Virgilio ci parla dell’olmo dei sogni o ulmus somniorum alle cui foglie sono appese torme di sogni fallaci.
    Il Petrarca, sicuramente conosceva quei versi, ci parla di un olmo che dalle “fronde sogni piove” mescolando ad arte verità e menzogna.Sonno, sogni, e morte collegati ad uno stesso albero simbolico non potevano non creare un punto focale, un oracolo capace di interpretare e dare segni del volere degli dei....Plinio riporta un evento eccezionale accaduto quando i Cimbri minacciavano i confini e si temeva un loro ingresso nelle pianure italiche. Da quattro anni gli eserciti romani conducevano in modo assai tribolato una campagna militare segnata da gravissime perdite, ultimo atto l’annientamento di un intero esercito nel 105 a.C.. Nel bosco di Niceria, consacrato a Giunone, si provvide a cimare la cima di un olmo che si protendeva sull’altare. Subito, senza l’aiuto di alcuno, l’albero tornò ad ergersi e immediatamente fiorì.
    Le fortune del popolo romano, accompagnate dagli agognati successi militari, si risollevarono.
    Nel periodo medioevale, soprattutto in Francia, si era soliti piantare fuori dalla porta del castello un olmo. Al riparo delle sue fronde veniva amministrata la giustizia direttamente dal signore del maniero o dai giudici da lui designati. I giudici che non possedevano un tribunale stabile si chiamavano, per estensione, giudici sotto l’olmo.
    Francese è anche l’espressione, un tempo assai comune, “aspettare sotto l’olmo”: significa che uno fra i contendenti non ha intenzione di presentarsi al confronto e lascia l’altro ad aspettare nel luogo prestabilito; sotto l’olmo, appunto.
    Dopo l’usanza medioevale altri sovrani in tempi più vicini vollero circondarsi di olmi. Enrico IV chiese che le strade del regno fossero fiancheggiate da olmi e ne incoraggio la diffusione così che è possibile datare con una certa precisione, intorno ai quattrocento anni, gli esemplari più vecchi sopravvissuti in Francia.
    Per un lungo periodo è rimasta l’usanza relitta di piantare un olmo di fronte alla porta delle case coloniche.
    Nel 1526, o intorno a quegli anni, quindi ancora prima, Enrico VIII fece mettere a dimora gli olmi che fiancheggiano il viale del castello reale di Hampton Court.
    Fra gli olmi storici ricordiamo l’olmo irlandese di Kildare schiantato da un uragano nel 1776 con una circonferenza di dieci metri capace di coprire con la sua chioma un’area di oltre trenta metri di diametro pari, ricondotta ad un ipotetico cerchio perfetto, a circa 900 metri quadrati.
    (giardini.biz)



    La corteccia di olmo era usata dal pellerossa per cicatrizzare le ferite, contro numerose malattie della pelle, per curare le mucose infiammate sia dell'apparato respiratorio... In Europa, Teofrasto conferma l'uso dell'olmo già nel 111 secolo A.C., per le proprietà cicatrizzanti e lenitive in piaghe e malattie della pelle. Plinio lo cita nella sua "Storia naturale" sempre come cicatrizzante delle ferite. Discoride ne raccomanda l'uso nelle malattie cutanee, Galeno cita le foglie come importante astringente. Nel tardo Medioevo lo si riteneva utile per febbri intermittenti, dolori reumatici, scrofola (processo infiammatorio di natura tubercolare a carico dei linfonodi), cancro, malattie nervose. Nel Rinascimento il Mattioli riconferma molte proprietà del passato e afferma che il decotto di corteccia di radice è utile nelle contrazioni e convulsioni nervose.


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    .......curiosità......


    Un legno particolarmente resistente.....La tradizione vuole che il legno dell’olmo sia destinato non solo a mobilio di buona fattura, ma anche alla costruzione di quelle parti sottoposte a sforzi di torsione e trazione che più di altre potrebbero andare soggette al difetto dello spacco. Veniva, infatti, impiegato nella costruzione dei vecchi mulini ad acqua.
    Questa sua caratteristica di particolare resistenza lo faceva scegliere anche per la fabbricazione dei ruzzoloni quando non fosse possibile trovare un pezzo di radica di noce disponibile e delle dimensioni richieste. Il ruzzolone altro non è che un disco di legno attorno al quale viene arrotolata una fune piatta così da poter essere lanciato con forza dal giocatore lungo un percorso prestabilito. Il disco di legno oltre all’impatto iniziale col terreno e all’usura è destinato ad urtare pietre, tronchi d’albero, paracarri di strade e tutto quanto si trovi sul proprio cammino: per questa ragione è richiesta una resistenza particolare. Rispetto alla radica di noce i ruzzoloni così ottenuti potevano mostrare nel tempo una certa tendenza ad imbarcarsi disassandosi.

    In quest’ottica deve essere inserito il progetto di salvataggio del patrimonio genetico dell’olmo storico di Montepaone, provincia di Catanzaro, portato a termine con successo lo scorso anno. Ad interessarsi in prima persona è stato l’Architetto Aurelio Tuccio.
    L’olmo di Montepaone è considerato da molti l’ultimo Albero della Libertà ed è in condizioni tali da non lasciare prevedere una lunga sopravvivenza. Proprio per salvaguardare e conservare per i posteri il patrimonio genetico di un albero di indubbio valore storico e monumentale il C.N.R. di Firenze ha ricevuto il materiale appositamente raccolto (talee raccolte dall’ultimo accrescimento dell’anno) per inserirlo nella banca genetica, per crio-conservarlo, per riportare i dati dendrometrici e topografici in una banca dati europea che raccoglie tutti gli olmi di particolare interesse del continente, e per procedere alla clonazione così da poter disporre di “piante copia” del vecchio olmo con cui poter procedere alla sostituzione quando finiranno i suoi giorni.
    (Alessandro Mesini)



    Stando il fico vicino all'olmo, e riguardando i sua rami essere sanza frutti, e avere ardimento di tenere il sole a' sua acerbi fichi, con rampogne gli disse: "O olmo, non hai tu vergogna a starmi dinanzi? Ma aspetta ch'e mia figlioli sieno in matura età, e vedrai dove ti troverai". I quali figlioli poi maturati, capitandovi una squadra di soldati, fu da quelli, per torre i sua fichi, tutto lacerato e diramato e rotto. Il quale stando poi così storpiato delle sue membra, l'olmo lo dimandò dicendo:" O fico, quanto era il meglio a stare sanza figlioli, che per quelli venire in sì miserabile stato".
    (Leonardo da Vinci)


    Ulmus_minor_4



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    Edited by gheagabry1 - 15/2/2022, 18:07
     
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161 replies since 15/2/2011, 19:38   42262 views
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