ALBERI - CONIFERE, LATIFOGLIE..

..nei boschi, nella giungla insomma proprio tutti

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  1. gheagabry
     
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    "Sulle sponde dei fiumi di Babilonia ci siamo seduti e abbiamo pianto",
    ha detto, come se parlasse da solo.
    " Ai salici di quella terra abbiamo appeso le nostre cetre."


    Il SALICE


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    E’ un albero dalle mille risorse e dai mille usi che cresce rapidamente e che si riproduce molto facilmente.
    Grazie alla sua radice capillare ha la caratteristica di reggere il terreno dove ci sono ristagni o affioramenti di acqua, lungo le sponde di fiumi o laghetti...In Botanica la grande famiglia di queste piante viene denominata “Salix” seguito dalla specie “Salix purpurea, Salix Alba, Salix Viminalis, Salix Triandra” ecc. Il riconoscimento è piuttosto difficoltoso anche per gli addetti ai lavori per la grande facilità con cui si ibridano fra loro...Il salice è una pianta che si riproduce con una straordinaria semplicità. Nella cellula della corteccia è già contenuta quella delle radici. Basta tagliare una stecca di 50 o 60 cm con uno spessore di un dito (1,5 cm... un dito da contadino) e infilarla nel terreno lasciandone fuori circa 10 cm.

    Nel linguaggio popolare corrente o arcaio, invece troviamo i nomi a seconda dell’uso che se ne faceva. Tutto quello che si può intrecciare viene chiamato genericamente “Vimini”, “Salcio o vetrice” in toscana, “Venz” in romagna, “Stropel” nel bresciano, “Salgar” nel veneto e così via. Ogni contadino quando parla di queste piante intende una varietà particolare, conviene sempre farsela mostrare, verificarne la flessibilità toccandola e “provandola” per intendersi sui termini....

    Fra le piante non alimentari che hanno accompagnato l’uomo nella storia, un posto di prestigio lo occupa il salice. Pianta dalle mille risorse: lo incontriamo mentre, con le radici, regge le rive dei fossi, nei cesti, nelle gerle, nei panieri e in altri contenitori, nelle legature delle viti o nelle cataste di legna (vero e proprio spago di campagna), nei cassetti delle persone… si nasconde all’interno dell’ “aspirina” ..... ne esistono moltissime specie e varietà. Basta guardare nei paraggi di una vigna per vedere delle piante che vengono capitozzate in inverno (cioè vengono tagliati tutti i rami e lasciato solo il tronco per ottenere verghe giovani che ricrescono ogni anno)..


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    "La cara anima stava desolata. Tutti, cantate tutti un verde salice. Stava li con la testa ripiegata. Cantate salice, salice, salice. I ruscelletti le correano accanto, e parea ripetessero il suo pianto."
    (W. Shakespeare, Otello)


    ...storia, miti e leggende.....


    La famiglia del Salice accoglie alberi, arbusti, erbacee per circa 300 specie, note fin dai tempi remoti; il nome (Linneo) viene dal latino Salix, in italiano con Salice ed anche Salcio. Proviene dalla radice sanscrita saras acqua o sarit fiume (acqua che scorre) volendo riconoscere alle piante il vezzo di prediligere terreni umidi, alluvionali, rive di fiumi, sponde di laghi e simili. Il nome, peraltro, è ricollegabile al colore grigio-argenteo della pagina inferiore delle foglie.
    Specie viventi in tempi remoti, infatti appaiono nei reperti fossili dell’era terziaria (mesozoica) che è convenzionalmente confinata tra i 65 e i 2 milioni di anni fa. Se un giorno l’umanità sarà in grado di intendere il linguaggio degli alberi, anche i salici potranno fornire la loro versione e storia delle evoluzioni che portarono alla comparsa degli ominidi.
    A questi ultimi ed ai loro successori, i salici hanno data manforte combattendone alcuni nemici della salute. Già Ippocrate (V a.C.) identificò l’esistenza, nei salici, di proprietà antidolorifiche efficaci anche nei dolori del parto. Più specificamente, Plinio il Vecchio descrive le proprietà medicamentose presenti nelle foglie e nella corteccia di alcuni salici.
    Nei 100 anni che separano la rivoluzione inglese da quella francese (illuminismo) ripresi con fervore gli studi, l’uomo di scienza scoprì che un estratto di corteccia era capace di abbattere la febbre.
    Nel 1830 venne isolata la salicina e il napoletano Raffaele Piria subito dopo potrà stabilire il procedimento per estrarre l’acido salicilico, vale a dire il principio attivo. Solo sul finire dell’800, per merito dello Hoffmann, laboratorista della Bayer, nacque dal connubio di due acidi (acetico e salicilico) l’aspirina (termine derivato da: A privativa, Spir(aea ulmaria) e In (ina) per stabilire che il prodotto è sintetizzato e non estratto dall’ulmaria.
    E va bene: però per quale motivo non compiacersi che il nome derivi da S. Aspreno, venerato a Napoli, avente la prerogativa di guarire i fedeli dal mal di testa, alla sola condizione che il capo dolente venga infilato in un apposito pertugio presente ai piedi della statua?
    Tra le centinaia di specie dei salici, quella che al pronunciare del termine si affaccia più velocemente alla memoria è il Salice piangente o S. babylonica, pur essendo plurime le varietà pendule. Quel “piangente” colpisce non perché assurdamente ci si aspetti singhiozzi, lamenti e lacrime che di fatto non ci sono, ma poiché, avendolo visto, torna il ricordo della chioma ciondoloni, tale per via dei rami ricadenti.
    Per un fatto mitologico si vorrebbe che la prostrazione dei rami sia da ricollegare alla cattività babilonese degli ebrei. Essi, cessati i riti religiosi, erano soliti appendere gli strumenti musicali ai rami di un salice incurvandoli e poi piangere lo stato di schiavitù all’ombra dell’albero medesimo. Giuste e dovute lacrime considerando che durante la cattività babilonese persero ben 10 tribù delle 12.
    Ancorché fosse imperfetto il ricordo, l’episodio da cui viene tratto lo specificativo “piangente” resta parimente suggestivo.
    Nella mitologia greca è collegato all’undicesima fatica di Ercole: il prelievo dei pomi d’oro dal giardino di Giunone detto delle Esperidi. Vi riuscì superando con un tanto astuto quanto ingenuo accorgimento, la costante guardiania di un drago e di alcune ninfe dette Esperidi. A seguito della violazione l’ingenuo mostro, Ladone, finì con l’essere trasformato in una costellazione e le “Ninfe del Tramonto” poste a guardia, giustappunto le Esperidi, furono trasformate in alberi, Egle (la brillante) in olmo, Erizia (la rossa) in pioppo, Esperaretusa (Aretusa del tramonto) in salice piangente.
    Le Esperidi probabilmente erano in numero di sette. Essendo le ninfe del tramonto una ogni sera della settimana.
    (Enzo Ferri)


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    ...ancora nella mitologia greca il salice è simboleggiato all’Idra-salice, un mostro delle paludi dalle cento teste che Teseo cercava di tagliare con la spada ma queste tutte le volte ricrescevano senza sosta... Lui risolse la questione con una freccia nel cuore...Molti riti e credenze girano attorno a questo albero, albero della fecondità e guaritore, albero delle streghe votato a divinità lunari, albero malefico. Il salice, per le sue caratteristiche, rami cadenti e foglie pendule, si è sempre guadagnato la caratteristica di albero triste, nostalgico e malinconico o albero del pianto.
    Nella mitologia, il salice era consacrato ad Ecate (la dea lunare), dea che in un primo tempo era considerata benigna poiché dava agli uomini ricchezza e presiedeva alla navigazione, diventata poi impura precipitando negli inferi diventando la "signora degli incantesimi". Durante il Medioevo, questo suo stretto legame con la luna, lo ha reso l'albero prediletto per la fabbricazione della "scopa delle streghe". I Druidi costruivano con il salice dei cesti di vimini con i quali offrivano al plenilunio sacrifici umani.


    L'origine della parola Lilith si perde nella notte dei tempi. L'etimo di « lilith » proviene forse dall'ebraico « Laylal », che significa « notte » o « spirito della notte », riportato nell'Antico Testamento (Isaia 34-14) col significato di strega notturna o
    civetta. Nell'antico poema sumero di Gilgamesh, che probabilmente risale al terzo millennio a.C., già troviamo una certa « Lilla » o « Lilitu », strana creatura che si era costruita la casa nel tronco di un « huluppu », il nostro salice, caro ad Atena, e che fu poi cacciata via dall'eroe Gilgamesh, che si accingeva ad abbattere l'albero per donarlo a una Dea... Prima di regalare l'albero, il gigante ne staccò un ramo che tenne per sé. La leggenda non ci dice cosa ricavasse Gilgamesh da questo legno ma ancora oggi il salice assolve a una funzione quasi magica: è usato infatti dai rabdomanti, insieme all'olmo e al nocciolo, per trovare le vene d'acqua sotterranee. Fin dai tempi più remoti era inoltre considerato un albero sacro alle dee della guerra e dell'amore ed era indispensabile oggetto di culto durante i riti magici di fecondazione della terra
    (Miti Babilonesi e Assiri, di Furlani).



    “Da quando intreccio cesti vedo salici dappertuttto... eppure ci sono sempre stati,
    anche vicino a casa... ma prima non li vedovo...."


    - Che fatica sprecata ch'è la tua! - diceva er Fiume a un Salice Piangente
    che se piagneva l'animaccia sua -
    Perchè te struggi a ricordà un passato se tutto quer che fu nun è più gnente?
    Perfino li rimpianti più sinceri finisce che te sciupeno er cervello
    per quello che desideri e che speri.
    Più ch'a le cose che so' state ieri pensa a domani e cerca che sia bello!
    Er Salice fiottò: - P è parte mia nun ciò né desideri né speranze:
    io so' l'ombrello de le rimambranze sotto una pioggia de malinconia:
    e, rassegnato, aspetto un'alluvione che in un tramonto
    me se porti via co' tutti li ricordi a pennolone.
    (Trilussa)


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    Edited by gheagabry1 - 15/2/2022, 17:19
     
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