ALBERI e ARBUSTI DA FRUTTO e a volte ....

PESCO, CILIEGIO,PERO, ALBICOCCO ECC

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  1. gheagabry
     
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    LA POMPIA



    La Pompia (per alcuni Citrus × mostruosa, termine non riconosciuto a livello accademico essendo questo agrume ancora poco studiato e in via di classificazione), o meglio, sa pompìa, è un agrume endemico della Sardegna, diffuso in particolare nei comuni di Siniscola, Posada, Torpè, Orosei. La pianta ha origine molto antica e nella cultura baroniese riveste un certo interesse di nicchia per le sue particolari possibilità di utilizzo nella tradizionale industria dolciaria locale.
    L’agrume, conosciuto solo in Sardegna, è sicuramente una specie modificatasi nel tempo all’interno della famiglia degli agrumi: risalire alle sue origini è molto complicato, a causa della forte compatibilità tra specie e generi, all’alta frequenza delle mutazioni delle gemme e alla lunga storia di coltivazione e diffusione.
    Cresce spontanea nelle macchie e negli agrumeti ed è arrivata sino a oggi perché è la materia prima fondamentale di alcuni dolci tradizionali di Siniscola. Della pompìa si usa solo la scorza per fare liquori, oppure la parte bianca sotto la scorza per fare le aranzate e una specie di canditi casalinghi: la polpa, e quindi il succo, sono troppo acidi, molto di più del limone.

    Anticamente questo strano e bitorzoluto frutto era usato quasi esclusivamente per produrre i dolci tipici della zona di produzione. In Baronia il suo utilizzo avveniva in un contesto di grande povertà: a fronte dell’utilizzo di un frutto di poco prezzo erano necessarie lunghe e laboriose preparazioni, che davano, però, un risultato di gran pregio. Era d’uso, da parte della popolazione povera, farne regalo ai notabili del Paese. Donarlo (considerato il lunghissimo tempo necessario alla trasformazione del frutto in prodotto commestibile), voleva dire aver fatto dei grandi sacrifici per portarlo in dono a qualcuno importante, a cui era necessario rendere omaggio. La lavorazione dolciaria antica realizzava due diversi prodotti: uno è “S’aranzada”, l’altro da “Sa pompìa intrea”
    I dolci di pompìa hanno tempi di lavorazione lunghissimi. Almeno sei ore di tempo, da quando si gratta via la scorza del frutto e lo si libera dalla polpa molto amara, cercando accuratamente di non danneggiare o rompere la parte bianca sottostante. Al termine non rimane che una sorta di palloncino vuoto che viene prima lessato, poi immerso nel miele millefiori e posto in una teglia a sobbollire per circa tre ore. Al termine si fa raffreddare e si pone su un piattino: sa pompìa intrea è pronta. Qualcuno la riempie di mandorle tritate, il nome del dolce in questo caso è sa pompìa prena. Con la pompìa candita, a filetti, si prepara anche s'aranzata: una torta composta di pezzetti di pompìa, mandorle, ancora miele millefiori e piccoli confettini colorati (sa trazea).

    ...storia, miti e leggende...


    La leggenda narra che l’introduzione del frutto nel bacino del Mediterraneo fu a seguito della disastrosa spedizione di Alessandro Magno in Asia.
    Le prime notizie certe della sua esistenza risalgono al Settecento. Un saggio sulla biodiversità vegetale e animale della Sardegna, del botanico sassarese Andrea Manca Dell’Arca, pubblicato nel 1780, parla di questo frutto che, in una statistica redatta per ordine del Viceré, risulta presente in alcune coltivazioni a Milis, in provincia di Oristano. Relative al secolo precedente, in alcune fonti iconografiche provenienti dalla corte medicea, si trovano raffigurazioni di varie tipologie di frutti a grandezza naturale, che individuano alcuni esemplari di Citrus mostruosa. Anche tornando indietro nella storia, pare che Sa Pompìa fosse già nota nella civiltà greca. Tra queste citazioni viene riportata una descrizione di questo frutto, attribuita a Teostrato di Ereso (discepolo di Aristotele, Ereso, 371 a.C. – Atene, 287 a.C.), che la descrive come una Citrus spinosa (Citrus medica cetra). Palladio, inoltre, segnala la coltivazione del cedro in Sardegna e Dioscoride descrive la cottura di un frutto bislungo e rugoso nel vino o nel miele, affermando che è mangiabile solo se trasformato.
    Rimanendo nelle fonti storiche è probabile che la Pompìa, data la documentata presenza a Milis nel 1760, si sia poi spostata da Milis verso il centro e la costa orientale dell’Isola. La sua diffusione nel tempo, comunque, restò limitata ad alcune zone della Baronia e oggi è conosciuta e apprezzata solo da un locale mercato di nicchia, attualmente, però, in espansione. (dal web)
     
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118 replies since 13/2/2011, 11:34   75790 views
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