ALBERI e ARBUSTI DA FRUTTO e a volte ....

PESCO, CILIEGIO,PERO, ALBICOCCO ECC

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  1. gheagabry
     
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    “....Così, verso il tramonto quando il pastore si metteva a suonare collo zufolo di Sambuco, la cavalla mora si accostava masticando il trifoglio...”
    (Giovanni Verga)


    IL SAMBUCO



    Il sambuco comune o Sambucus nigra è un arbusto o più spesso un albero di media grandezza, presente in tutto il continente euroasiatico fino a circa 1400 metri di quota. Fa parte della numerosa famiglia delle caprifoliaceae. Si presenta come un grande arbusto che prospera facilmente in formazioni cespugliose caratterizzate dai rami vecchi ricadenti. La corteccia è grigia, ma anche giallastra nelle parti vecchie, verde nei rami nuovi con particolari lenticelle orizzontali. Le foglie sono opposte e composte, formate da cinque o sette foglioline picciolate, anche di grandi dimensioni, di forma ellittica con margine seghettato. Il colore è verde intenso e sono fra le prime ad aprirsi in primavera. I fiori sbocciano in primavera-estate, sono piccoli, odorosi, biancastri, a 5 lobi petaliformi, riuniti numerosissimi in infiorescenze ombrelliformi molto ampie. I frutti sono piccole bacche globose nero-violacee (S. nigra) o rosse (S. racemosa) che contengono un succo di colore viola scuro che viene impiegato per colorare vini e come esca per la pesca dei cavedani.
    Il termine Sambuco deriverebbe dal greco “sambyké”, nome di una specie di strumento a corde, di forma triangolare, costruito con i rami cavi dell’arbusto.

    Del sambuco si usa praticamente tutta la pianta. Il legno serve per fabbricare gli strumenti musicali a fiato, mentre quello delle radici viene usato per gli stetoscopi. Il midollo è impiegato tuttora per includere le particelle di organi da sezionare per studiarle al microscopio. Inoltre questo tipo di legno viene utilizzato per costruire le palline formanti il pendolo di Canton (il primo strumento per rilevare lo stato di elettrizzazione di un corpo); oppure viene impiegato per costruire giochi popolari di origine contadina come lo "scioparolo" (in Veneto "schioppo/fucile") dove tagliandone un ramo di diametro 4-5 cm e di lunghezza 20-25 cm viene tolto il midollo ed inserito al posto di esso un ramo poco più lungo e di pari diametro del midollo appena tolto. Facendo scorrere velocemente al suo interno il rametto fa partire una pallina di canapa arrotolata precedentemente inserita e posta estremità dello "scioparolo". Era un gioco povero e antico di cui oramai si sono quasi perse le tracce. Viene scelto questo tipo di legno per la sua estrema leggerezza.
    Le bacche servono per tingere le fibre naturali nelle varie tonalità di viola. Mordenzando con allume di potassio e cremortartaro si ottiene il viola più o meno carico, se però si aggiunge al bagno-colore l’acido ossacilico si ottiene il violetto rossastro, se invece si aggiunge l’aceto bianco si ottiene il colore Magenta. I fiori vengono usati in cucina per un’enorme varietà di pietanze. A Palazzo Adriano (PA), i fiori freschi vengono usati per la realizzazione di un pane tipico, chiamato in dialetto "Pani cu Savucu" pane con il Sambuco.

    Tutte le parti della pianta sono tossiche per la presenza di cianuro e vari alcaloidi. Fanno eccezione i fiori e le bacche mature (ma non i semi al loro interno). Nella preparazione di marmellate, la cottura o la macerazione delle bacche sono sufficienti a far sì che i composti cianogenetici si volatilizzino completamente. Le bacche non sono tossiche per i pesci (i cavedani ne vanno matti).
    Mai confondere il Sambucus nigra con il suo simile Sambucus ebulus, o ebbio. Questo si distingue dal primo in quanto i suoi fusti erbacei sono molto sviluppati, anziché, legnosi, e fiori dall’odore di mandorle amare, ha frutti velenosi.

    ....storia, miti e leggende....



    Era già conosciuto dai popoli preistorici, i quali probabilmente preparavano, con le sue drupe, robuste bevande fermentate o tinture per tessuti, come testimoniano i grandi ammassi di semi trovati durante scavi archeologici.

    Nella mitologia Sambyke era, prima di essere il nome della pianta, il nome di una ninfa amata invano da Pan che preferì la morte all’amore del dio. Come già altre volte il mito provvide a trasformarla in pianta e dai suoi rami Pan trasse un flauto, sambyke appunto, che suonato gli dava l’illusione di poterla baciare. Il poeta Virgilio lo descrive macchiato dal succo delle bacche. Jacque Brosse nel suo Storie e Leggende degli Alberi,afferma che il suo nome greco è duplice, si chiama sia acté o actea, sia dendrôdès. Acté significa "nutrimento di Demetra", ossia il grano, ed è derivato proabilmente dall'antico radicale indoeuropeo açnati che significa "mangiare", il che fa supporre che le bacche fossero nutrimento per gli uomini antichi. Quando a dendrôdès significa invece "della natura degli alberi", e dato che si usava questo termine per riferirsi alle ninfe delle querce, questo fa pensare che il sambuco era ritenuto un albero sacro, o un dono degli dei stessi. Un'antica credenza riteneva che fosse appunto sacro alla Dea e che avrebbe attratto una maledizione su chi avesse mai osato bruciarlo. E' infatti il decimo legno cantato nel Rede della Thompson, che recita: "Il sambuco della Signora è l'eletto, non lo bruciare o sarai maledetto." . Questo deriva appunto dal folklore inglese, secondo il quale bruciare il sambuco porta il diavolo in casa. Una trasposizione dell'infausto dissacrare una pianta sacra antica che crea quindi una forte spaccatura tra il bene e il male. Questo deriva anche dal fatto che il sambuco è il tredicesimo albero del calendario lunare arboreo britannico. In Inghilterra si sosteneva addirittura che il Sambuco non fosse un arbusto qualsiasi, ma addirittura una fattucchiera con le sembianze di una pianta.
    La leggenda penalizza il sambuco presso i popoli dell’area cristiana. Secondo alcuni fu proprio un sambuco l'albero sul quale si impiccò Giuda Iscariota, tormentato dal tradimento perpetrato nei confronti di Gesù Cristo. Il segno sarebbe rimasto nel portamento dei rami che per la vergogna subita non si elevano più eretti come un tempo, ma reclinano verso il basso. Fu proprio nel tredicesimo secolo che fu pubblicato inoltre un sermonario francese che di indignava contro le donne contadine che portavano offerte al sambuco demoniaco. Queste note pare siano stati uno dei motivi per cui poi il numero tredici divenne un numero sventurato.

    In antichità si riteneva fosse una panacea, nonostante si pensasse che l'odore eccelso dei suoi fiori avesse un effetto soporifero eterno e che conducesse negli inferi. Dormire sotto un sambuco poteva rivelarsi fatale dal momento che si riteneva che le sue cavità fossero abitate dalle fate (o secondo alcuni dalle streghe) e che avrebbero rapito l'anima di chiunque si fosse addormentato alle sue radici. “Holder”, il suo nome tedesco, potrebbe derivare dalla parola “Holdo” che significa spirito protettore degli antenati defunti. I “guote Holder” sono cosi gli spiriti buoni e gli “Unhold” i Lari maligni. Nell’antica storia dei Celti si racconta che nel sambuco dimorasse una fata dai lunghi capelli d’oro dal nome Holda; con lei, nascosti tra i cespugli, c’erano solo gli elfi. Holda era una fata del folklore germanico medievale che abitava nei sambuchi situati vicino a laghi e corsi d’acqua. Talvolta Holda poteva apparire come una vecchia strega.
    La venerazione ed il rispetto per la pianta sono testimoniati dal fatto che, fino alla fine dell´800, i contadini tedeschi incontrando il sambuco nei campi si alzavano il cappello; addirittura prima di raccogliere le sue foglie o i fiori, le persone chiedevano il permesso al sambuco, per non irritarlo.
    Ritenendo che proteggesse dal morso dei serpenti, molti ne tenevano un pezzetto in tasca, e nella Stiria ci si rivolgeva al sambuco come ad un sacerdote. Nella medicina tradizionale il sambuco era considerato un rimedio che guariva ogni male. In quella tirolese il sambuco venne chiamato “farmacia degli dei”. Sette volte il contadino si inchinava davanti all´albero perchè sette sono i doni salutari. In sette parti il Sambuco donava se stesso per il bene della povera gente: la sua resina, il decotto di radice, la sua corteccia, i suoi germogli, le sue foglie, i suoi fiori, i suoi frutti
    Intorno alle fortezze, ai masi ed ai monasteri si piantavano sambuchi perché si diceva che proteggevano case, bestiami e abitanti da serpenti e da mali. Secondo vecchie tradizioni germaniche, un´infiorescenza piccola e sottile indicava un anno di siccità; se invece era grassa e robusta ci si poteva aspettare un buon raccolto.
    Nelle leggende germaniche, il flauto magico era un ramoscello di sambuco svuotato dal midollo al cui suono, richiamando l´attenzione degli spiriti del bosco, tutti i mali sarebbero scomparsi insieme alla sfortuna, alle negatività ed alla tristezza. Per esprimere i suoi poteri eccezionali doveva però essere tagliato in un luogo dove non fosse possibile udire il canto del gallo. Le sue doti erano talmente conosciute che la famosa opera "Il Flauto magico" non era altro che un ramoscello di Sambuco, svuotato del suo midollo, infatti, nella nota opera di Mozart, si racconta che la Regina della Notte fece dono a Tamino di un flauto, e subito lo strumento divenne d’oro: nei momenti di pericolo, se suonato, liberava gli sventurati da situazioni pericolose o difficili. Una favola di Hans Christian Andersen ha per titolo “Madre Sambuco” in cui, si ribadisce la tradizione di utilizzare tè ai fiori di sambuco contro le malattie da raffreddamento.
    Il sambuco ha un ruolo da protagonista anche in una delle migliori commedie nere del cinema americano “Arsenico e vecchi merletti” diretto da Frank Capra; vino avvelenato aromatizzato al sambuco veniva somministrato dalle zie del protagonista Cary Grant, Abby e Martha, ai propri inquilini per avvelenarli con “un sorriso sulle labbra” prima di seppellirli in cantina Il legno di Sambuco serviva anche a tener lontano i ladri.
    (dal web)
     
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118 replies since 13/2/2011, 11:34   75790 views
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