POLPO, SEPPIE, CALAMARI ...I CEFALOPODI

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    I pesci non sono fatti per vivere rinchiusi. L'acquario ti cambia dentro.
    (Alla ricerca di Nemo)


    IL POLPO



    Il polpo è un mollusco appartenente alla classe dei cefalopodi, animali vivaci ed agili, che nell'aspetto esteriore, hanno poco in comune con gli altri molluschi.
    A differenza dei gasteropodi (vedi murice), che pure sono i parenti dei cefalopodi più simili nella struttura del corpo, il piede del polpo, che i gasteropodi usano per strisciare sul substrato, risulta trasformato in un sifone, il cosiddetto imbuto. Espellendo con forza l'acqua attraverso l'imbuto, il polpo può muoversi nuotando velocemente anche grazie all'assenza di conchiglia che rappresenterebbe un insopportabile fardello. Sempre attraverso l'imbuto, in caso di pericolo, il polpo può espellere il contenuto della ghiandola dell'inchiostro. Questa tasca contiene una sostanza scura che intorbida l'acqua disorientando l'assalitore e permettendo al polpo di fuggire inosservato. Il capo del polpo porta 8 tentacoli molto mobili, muscolosi, muniti di due file di ventose. Quest'ultima caratteristica permette di distinguere facilmente Octopus vulgaris dal simile Eledone aldovrandii, noto con il nome di Moscardino, che presenta le ventose poste in un'unica serie su ciascuno dei tentacoli... Le ventose servono per ritenere la preda e per spostarsi sul fondo attaccandosi al substrato. Al centro della corona di tentacoli si trova la bocca che è provvista di un robusto becco corneo.
    Nel capo del polpo sono molto appariscenti i grandi occhi globosi, somiglianti per la struttura a quelli umani. Al possesso di organi visivi così fatti è legato il comportamento vivace ed inquieto di questo animale.
    Una caratteristica sorprendente del polpo, comune a tutti i cefalopodi, è la sua capacità di cambiare colore in risposta a diversi stimoli ambientali.
    E' il cefalopode più frequente delle coste mediterranee; talvolta presente in gran numero durante le cosiddette "annate da polpi". Abita le fenditure delle rocce che barrica con pietre, nella zona costiera superiore, da pochi metri fino a 100 m.
    Si spinge spesso in prossimità della riva, muovendosi, tra gli scogli, a pochi cm di profondità. L'ingresso della tana, in genere, è facilmente riconoscibile per la presenza dei numerosi resti degli animali di cui si nutre (conchiglie di bivalvi, carapaci di granchi, ecc.)...Alla fine dell'inverno gli animali sessualmente maturi risalgono a bassa profondità per riprodursi. La femmina depone le uova (150000-400000) in lunghi cordoni fissati alla volta delle tane e le custodisce per 1-2 mesi. In questo periodo la femmina non si nutre e spesso muore dopo la schiusa. Dalle uova, relativamente grandi, fuoriescono, senza stadio larvale, direttamente giovani polpi.
    Il polpo è uno degli animali più intelligenti del globo, specializzato in escapologia, è giocoso, sa comunicare in modo complesso con i propri simili, sa imparare osservando i propri simili, ha un comportamento basato più sull'esperienza che sull'istinto, è capace di prendere oggetti e manipolarli


    Ci sono alcuni fatti scientifici che accettiamo da sempre, facili da capire, da verificare. Il polpo ha otto gambe, si è sempre detto, niente più facile da accertare, si conta e si capisce perché i greci gli diedero quel nome. Peccato che non sia proprio così, perché ora gli scienziati del Weymouth Sea Life Centre di Weymouth, in Gran Bretagna, hanno scoperto che per essere precisi si dovrebbe dire che il polpo ha due gambe e sei braccia. La maggior parte dei suoi tentacoli serve infatti per manipolare gli oggetti e solo due hanno funzione vera e propria di locomozione
    È stata la signora Mavis, polpo gigante del pacifico che vive in una vasca del centro di ricerca marina, ad aiutare gli scienziati a capire come funzionano davvero gli otto tentacoli. Come tutti i polpi, Mavis è molto intelligente, è capace di manipolare gli oggetti. Ad esempio, le piace giocare con il cubo di Rubik. Sì, proprio quello in cui bisogna rimettere a posto i colori, quello che molti di noi non sono mai riusciti a finire. Non che Mavis ci riesca, spiegano gli scienziati, ma con i suoi tentacoli riesce quantomeno a far scorrere i quadretti. Fino a oggi si era ritenuto che i polpi usassero i tentacoli in modo speculare, quattro per la locomozione e quattro per la manipolazione, due per ciascun lato. Ma dopo aver osservato Mavis per mesi Claire Little, la responsabile del progetto, e i suoi assistenti hanno scoperto che non era così: "Solo i due tantacoli posteriori vengono usati per afferrarsi alle rocce e al fondale - ha detto la ricercatrice - oppure per darsi una spinta quando ai polipi occorre scappare via. Gli altri servono per afferrare gli oggetti e, grazie alle ventose, per aprire facilmente molluschi e giusci di crostacei per i quali noi avremmo bisogno di utensili".
    L'affermazione di Little sembrerà strana ai più: i polpi hanno un "davanti" e un "retro"? Sì. "I polpi hanno gli occhi posizionati verso il davanti del corpo, hanno insomma una visione simile alla nostra - ha chiarito Little al Times - e a seconda del punto in cui si trova l'oggetto lo afferranno con i tre tentacoli destri o sinistri". In realtà lo studio all'inizio aveva l'obiettivo di capire se i polpi, come gli esseri umani, fossero destri o sinistri come noi, ma poi ha finito per fornire anche altre spiegazioni.
    Gli studi sulle capacità di manipolazione dei polpi, insomma non finiscono mai di stupire. Qualche tempo fa, infatti, una ricerca tedesca aveva accertato che i loro tentacoli sono talmente flessibili che hanno una enorme libertà di azione, soprattutto se paragonata a quella data alle nostre braccia dalle articolazioni di gomito e polso. Non solo, in qualche modo i polpi hanno "braccia intelligenti", perché il motore neurologico che aziona il tentacolo non risiede nel cervello, ma in un circuito neuronale al suo interno. Per arrivare a questa conclusione gli scienziati osservarono che, anche se staccato dal cervello, un tentacolo era in grado di muoversi in modo efficace. Per la ricerca sul numero delle braccia di Mavis, invece, non c'è stato nulla di cruento, anzi: i ricercatori hanno sottolineato che la signora polpo non è stata mai tolta dalla vasca in cui si trova, perché questo avrebbe potuto causarle troppo stress.
    (CRISTINA NADOTTI, repubblica - 2008)



    .....storia, miti e leggende.....


    Da secoli esistono leggende su polpi giganti dai tentacoli lunghissimi, capaci di attaccare anche gli essere umani e di rovesciare le imbarcazioni. Ma davvero questi molluschi possono raggiungere dimensioni così ragguardevoli ed essere pericolosi per gli umani? Dei polpi sappiamo che sono animali molto intelligenti e che sono tra i campioni di mimetismo del mondo animale. Esiste una specie di polpo, quella del Pacifico, che effettivamente può arrivare a pesare più di 70 chilogrammi, ma si tratta di animali non aggressivi, che reagiscono solo se disturbati da qualche incauto sub o se issati in barca da un pescatore.
    Il polpo gigante del Nordpacifico, Enteroctopus dofleini, vive lungo le coste del Nord America, soprattutto in alcune lagune dell’Alaska, a profondità variabili dai 15 ai 60 metri. Secondo gli esperti è questa la specie di polpo che ha fatto sorgere alcune delle leggende sulle piovre e i mostri marini. Dotato di una forza incredibile e di possenti ventose, è in grado di uccidere animali molto grandi.

    Inevitabilmente, le descrizioni di polipi, piovre, "kraken" e calamari si mescolano, in quanto questo animali marini sono molto simili: tutti fanno parte dei cefalopodi, ma i polipi sono octipodiformi e sono caratterizzati da otto tentacoli; i calamari, invece, hanno forma più affusolata e due ulteriori tentacoli, più lunghi, oltre ad avere una sorta di conchiglia interna (il famoso "osso di seppia").
    Le segnalazioni e i reperti, comunque, sono diverse centinaia e sono in continuo aumento.
    Tra i primi a parlarcene è Plinio il Vecchio, nella sua "Historia Naturalis", descrivendo un episodio avvenuto presso Gibilterra, nel quale si parla di un polipo (che però descrive con dieci tentacoli, due dei quali più lunghi) della lunghezza totale di 30 piedi e del peso di 700 libbre, evidentemente un calamaro gigante.
    Nel 17° Secolo in Inghilterra fu esibita la "bestia di Dingle-i-Cosh", la cui descrizione fa pensare ad un calamaro gigante e la stessa cosa si può dire dell'animale arenatosi a Thingöre, in Islanda, nel 1639 e per quello "spiaggiato" a Scheveningen, in Olanda, nel 1661. Nel 1801 il naturalista francese Pierre Denys de Monfort, pubblicando un volume dedicato ai molluschi, passò in rassegna tutto quanto fino a quel momento si era detto su questi mostri marini. Denys de Monfort intervistò anche dei balenieri di Dunquerque, uno dei quali raccontò che un capodoglio, arpionato ed issato a bordo, vomitò un segmento di tentacolo lungo 10,60 m e con un diametro di 15 cm...Un episodio pressoché identico si era verificato nel 1775, quando un capodoglio aveva sputato un tentacolo di 8,20 metri. Un caso analogo, o una diversa trascrizione dello stesso, ci descrive questo tentacolo di colore rossastro e, in effetti, così ci sono apparsi alcuni reperti moderni, ma non mancano i casi di calamari completamente bianchi....Nel 1857 il danese Steenstrup diede una più accurata descrizione scientifica di questo cefalopode, classificato come Architeutis, ma lo zoologo americano A. E. Verrill, tra il 1874 ed il 1882, basandosi su un numero considerevole di campioni, ne tentò una classificazione più approfondita. Un vero studio del calamaro gigante, però, ha avuto inizio solo in questi ultimi anni, con la disponibilità di grandi banche-dati informatiche, ed i ricercatori si sono resi conto che le segnalazioni riguardavano, in realtà, una grande varietà di molluschi: Mesonychoteutis, Moroteuthis, Dosidicus, Taningia, Loligo, Plectoteuthis, Megaloteuthis, Megatheutis, Dubioteuthis, Dinoteuthis, Mouchezis, Steenstrupia ecc., senza la possibilità di stabilire quali effettivamente fossero specie differenti in quanto la stragrande maggioranza dei reperti è costituita da esemplari incompleti o parti di essi.
    In ogni caso, nel XIX Secolo questa creatura fantastica, al centro di decine di narrazioni romanzesche uscì dalla leggenda per entrare a far parte di studi scientifici che, peraltro, confermarono le prime annotazioni di Plinio il Vecchio nella "Historia Naturalis".



    ....una favola....


    Una mattina d’inverno un pesce rosso impaurito chiese ad un polpo :
    « – Buongiorno amico ! Avete per caso l’ora? - Bah si, certo! » rispose il polpo.
    - Ah, eccomi rassicurato! Grazie del vostro aiuto.»
    E con un’aria felice il pesce rosso se ne andò !
    Il polpo ne fu ben sorpreso e si mise al suo inseguimento : « – Aspettatemi, aspetattemi » gridò al pesce rosso.- …»
    Ma il pesce rosso non lo senti e, guizzando, continuò per la sua strada.
    Per fortuna il polpo provvisto dei suoi 8 tentacoli lo raggiunse e lo prese :
    « – Ah, vi tengo finalmente ! - Ma che diavolo state facendo ?» Gli disse il pesce rosso.
    - Volevo informarvi che sono esattamente le 7h12 !»
    A questo punto il pesce rosso si rese conto che aveva chiesto l’ora senza aspettare la riposta. Il nostro amico pesce rosso ancora scosso per l’accaduto comprese che non aveva prestato la giusta attenzione alle parole del polpo.





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    Alessandro Zocchi

     
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    (fotografia di David Doubilet)



    A rendere unico il polpo basterebbe già il suo aspetto, con l'enorme testa a forma di bulbo, i grandi occhi e gli otto tentacoli caratteristici. Ma la particolarità di gran lunga più singolare del polpo è data dalla vasta gamma di tecniche che mette in atto per eludere e schivare gli attacchi. La sua principale – e più sorprendente – linea di difesa consiste nella sua abilità di nascondersi alla vista. Grazie a una rete di cellule pigmentate e ai muscoli specializzati della sua pelle, il polpo può assumere in brevissimo tempo i colori, le forme e persino la consistenza dell'ambiente circostante.

    Squali, anguille, delfini e altri predatori gli passano accanto senza neppure notarlo. Nel caso venga scoperto, il polpo rilascia una nuvola di inchiostro nero che offusca la vista del suo predatore assicurandogli così il tempo necessario a fuggire. L’inchiostro contiene inoltre una sostanza che inibisce il senso dell'olfatto del predatore, rendendogli difficile l’individuazione del polpo in fuga.

    Nuotatori abili, possono spostarsi rapidamente espellendo con forza acqua dai loro sifoni. I loro corpi molli possono infilarsi in cunicoli e cavità così stretti da impedire il passaggio ai predatori. Quando ogni altra difesa ha fallito, il polpo può perdere un tentacolo per liberarsi dalla presa del predatore e rigenerarlo di lì a poco senza riportare danni permanenti. È inoltre provvisto di mascelle a forma di becco che possono infliggere morsi profondi e secerne una saliva velenosa utile soprattutto a controllare le prede.

    Considerato il più intelligente degli invertebrati, il polpo si trova nelle acque tropicali e temperate degli oceani di tutto il mondo. Può arrivare a misurare 1,3 metri di lunghezza e il suo peso può raggiungere i 10 chilogrammi, sebbene le dimensioni medie siano più contenute. I polpi si nutrono di granchi, gamberi e molluschi e possono ricorrere al loro inchiostro per disorientare la preda prima dell'attacco.


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    IL POLPO PURPUREO

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    Fotografia su gentile concessione del Bedford Institute of Oceanography

    Un non identificato polpo viola è una delle potenziali nuove 11 specie trovate durante una spedizione marina a largo delle delle coste del Canada.
    Un team composto da ricercatori canadesi e spagnoli (tuttora in mare) sta usando un veicolo a comando remoto (robot teleguidato usato in applicazioni sottomarine) in immersioni a largo dell'isola di Terranova, dove la profondità delle acque può arrivare fino a 3.000 metri.
    L'obiettivo dei 20 giorni di spedizione è di investigare la combinazione di acque caratterizzate da basse temperature, di coralli e di altre creature esistente su questi fondali, in un ambiente definito quasi “alieno” dagli stessi ricercatori.

    “E' stato veramente spettacolare” afferma, sul sito della Tv canadese CTV News, Ellen Kenchington, scienziata e ricercatrice del Fisheries Department del Canada, una delle organizzazioni più coinvolte nel progetto di ricerca.
    “La scoperta di nuove specie sta cambiando completamente la nostra percezione della diversità rintracciabile a quelle profondità” ha aggiunto la ricercatrice.

     
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    Fotografia di Jeffrey de Guzman, Your Shot

    Un Amphioctopus marginatus si rifugia in una bottiglia abbandonata nei fondali a largo delle Filippine, in una foto pubblicata lo scorso settembre.

    Questo tipo di polpo era già stato sorpreso a usare noci di cocco come utensili. I ricercatori hanno dichiarato di aver visto questi animali rimuovere le due metà della noce da cocco e usarle come scudi protettivi quando si trovavano in aree non riparate o durante il riposo.


    IL POLPO MIMETICO


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    Il nome scientifico di Thaumoctopus mimicus o "polpo mimetico" non rende giustizia a questo incredibile mollusco: sarebbe molto più azzeccato chiamarlo polpo trasformista. La gommosa creatura è infatti capace di imitare l’aspetto e il movimento di oltre 15 differenti animali tra cui serpenti di mare, pesci leone, sogliole, stelle di mare, lumache, meduse, granchi giganti.

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    Ma il polpo mimetico sembra essere anche particolarmente intelligente: sceglie infatti il ruolo da impersonare in modo da incutere la maggior paura possibile al predatore che in quel momento lo sta minacciando. Gli scienziati hanno per esempio osservato che per difendersi dall’attacco dei pomacentridi (una famiglia di pesci tropicali a cui apparitiene, tra gli altri, il pesce pagliaccio), assume la forma e le movenze del loro più agguerrito predatore: il serpente di mare. Se invece deve spaventare un grosso pesce leone inzia a nuotare a mezz’acqua con i tentacoli allargati così da sembrare enormi aculei. E, come si vede nel video, se viene minacciato da un granchio diventa tutto nero, si alza sui tentacoli, e inizia a camminare lateralmente.
    Scoperto per la prima volta solo nel 1998 presso la costa di Sulawesi, in Indonesia, abita nelle acque ricche di nutrienti degli estuari. É lungo fino a 60 centimetri e ha una livrea bianca a strisce marroni che può cambiare in pochi secondi. Ma come? Grazie a cellule specifiche chiamate cromatofori che ha nella pelle. Ciascuna di esse contiene piccole sacche di colore: nero, rosso, giallo e verde che vengono rilasciate in quantità differenti grazie a specifici impulsi nervosi.
    (focus.it)

     
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    (Franco Oliva)

    Appartenente al gruppo dei cefalopodi, il polpo (Octopus vulgaris) è spesso soggetto di studi etologici tesi a saggiarne l'intelligenza. Caratterizzato da otto tentacoli, uno è modificato per la riproduzione (l'ectocotile) una struttura a cucchiaio chiamata tramite il quale passa il pacchetto di sperma alla femmina.

    La mancanza di una struttura solida e le eccezionali doti di mimetismo, lo rendono un predatore molto abile, riuscendo a raggiunge le prede infiltrandosi in qualsiasi anfratto e scomparendo letteralmente alla vista dei predatori.



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    ..il polpo e lo squalo..

     
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    Sono tra le più timide e misteriose creature marine, ma anche tra le più affascinanti: i polpi e i loro tentacoli hanno ispirato leggende, fiabe, mostri mitologici e cartoni animati.

    Sono creature incredibilmente primitive. Il più antico fossile di polpo conosciuto, un esemplare del genere Pohlsepia conservato al Field Museum di Chicago, ha 296 milioni di anni. Visse e nuotò nel periodo Carbonifero e, mentre sulla Terra si diffondevano i primi rettili precedenti ai dinosauri, questa creatura acquatica aveva già sviluppato una forma simile a quella che vediamo ancora oggi.



    Aristotele li credeva stupidi. Nella Storia degli Animali, scritta nel 350 a.C. il filosofo greco descriveva il polpo come un "animale sciocco, che si avvicina alla mano dell'uomo quando questa è calata nell'acqua", pur riconoscendogli abitudini alimentari "frugali e ordinate": "dopo aver mangiato tutto quello che c'è da mangiare, scarta i gusci dei granchi e delle conchiglie, e le lische dei piccoli pesci". Oggi sappiamo che questi cefalopodi oltre ad essere particolarmente ordinati sono anche molto intelligenti: sono in grado di orientarsi in un labirinto, risolvere piccoli compiti (come aprire contenitori col tappo), utilizzare utensili di fortuna per nascondersi dai predatori.

    I loro tentacoli hanno "menti" autonome. Due terzi dei neuroni dei polpi risiedono nei loro tentacoli e non nella testa. Può quindi capitare che un tentacolo risolva un piccolo compito come aprire il guscio di una conchiglia mentre il suo proprietario è impegnato in altre faccende, come per esempio l'esplorazione di un anfratto nel reef. I tentacoli possono continuare a reagire agli stimoli anche quando sono separati dal resto del corpo (il polpo li può anche perdere volontariamente se sono finiti nelle grinfie di un predatore, pur di riuscire a scappare).




    Hanno tre cuori. Due pompano sangue venoso nelle branchie e uno è responsabile della circolazione nel resto degli organi. Quando i polpi nuotano, quest'ultimo cuore smette di battere: ecco perché il mollusco tentacolato preferisce strisciare sul fondale anziché nuotare, un'attività che lo lascia stremato.

    Hanno sangue blu. Il sangue dei polpi contiene enocianina, una proteina in cui è presente il rame, capace di trasportare l'ossigeno in tutto il corpo: a contatto con l'aria, il fluido diviene quindi blu e non rosso (come accade al nostro sangue, ricco di ferro).

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    Sono incredibilmente scaltri nel camuffamento. A differenza di altri animali marini dotati di abilità mimetica, i polpi non provano ad assumere i colori dell'intero habitat che li circonda (sabbia, alghe, coralli) ma scelgono un oggetto preciso (per esempio una conchiglia) e si mettono in posa per assomigliargli. Anche la consistenza della loro pelle può variare a scopi mimetici: per esempio un polpo che voglia assomigliare a un'alga può usare i muscoli per sollevare tante piccole papille dalla pelle e mimare le sembianze delle increspature di un vegetale marino.

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    pubblicata su Current Biology (Ap)

    L'inchiostro emesso dai polpi non ha il solo scopo di oscurarlo (permettendone la fuga); è anche in grado di danneggiare fisicamente il nemico. Contiene un enzima chiamato tirosinasi che, spruzzato negli occhi dell'aggressore, provoca irritazione e difficoltà visive. Secondo i biologi marini la sostanza riuscirebbe anche a inibire olfatto e gusto dei predatori, rendendo più difficile l'individuazione del polpo.
    Alcuni polpi si travestono da noci di cocco. Diversi cefalopodi nelle acque indonesiane sono stati filmati mentre trasportavano faticosamente sulla sabbia le due metà dell'involucro del frutto, per poi assemblarle nella forma originale, l'una sopra l'altra, e nascondercisi dentro, sfruttando l'abilità di infilarsi nei pertugi.

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    Dopo l'accoppiamento entrambi i partner muoiono, anche se con tempi diversi. Dopo aver fertilizzato le uova della femmina, i maschi vagano qua e là per qualche mese finché non periscono. Le femmine invece, aspettano che le 100-400 mila uova deposte si schiudano, smettendo anche di mangiare pur di fare la guardia al prezioso carico. Dopo la schiusa, le cellule del corpo della madre vanno incontro a un suicidio programmato, che inizia dalle ghiandole ottiche fino a coinvolgere, mano a mano, tessuti e organi interni.



    di: Elisabetta Intini, focus.it
    foto © Steve Jones/Stocktrek Images/Corbis
     
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    Come si mimetizza un polpo?



    Diverse specie di calamari (Theuthida), polpi (Octopoda) e seppie (Sepiidae) sfuggono ai predatori mimetizzandosi sui fondali marini. Per farlo, modificano il colore e i motivi sulla loro pelle adattandoli a quelli dell’ambiente circostante. Il fenomeno era noto da tempo, ma ora grazie a un nuovo filmato i ricercatori potranno ulteriormente approfondire lo studio sulle tecniche di mimetizzazione di questi animali.
    La gamma di colori che riescono a imitare è però limitata e, come mostra il video, riescono a “scomparire” ingannando la vista di molti predatori. Sulla loro pelle questi animali marini hanno migliaia di cromatofori, cellule del derma che contengono al loro interno tanti piccoli granuli colorati. Questi possono rimanere concentrati intorno al nucleo, dando quindi una colorazione molto tenue, oppure espandersi all’interno della cellula dando una colorazione più scura e uniforme. In alcune specie i cromatofori si allargano coprendo un’area grande fino a quindici volte quella iniziale.
    I cromatofori sono di diversi colori e, a seconda di come si espandono e si dispongono, consentono a questi animali di assumere la giusta colorazione per nascondersi. Altre cellule della pelle sono in grado di riflettere la luce, così da compensare la mancanza di altri colori. Inoltre, a seconda della posizione che assumono, queste specie marine possono cambiare i motivi sulla loro pelle imitando così quelli di una roccia, della sabbia o di un’alga.


    post.it
     
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    Cirrate OctoPod, che si trova a circa 800 metri di profondità nel Golfo del Maine

     
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  9. gheagabry
     
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    La strana dieta del calamaro vampiro

    Vampyroteuthis infernalis non è la creatura assetata di sangue a cui il suo nome farebbe pensare: gli studiosi hanno scoperto che non va nemmeno a caccia

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    Nonostante il nome inquietante, il calamaro vampiro (Vampyroteuthis infernalis) non è la creatura infernale e assetata di sangue che si potrebbe immaginare.
    Un nuovo studio infatti rivela che il mollusco pasteggia a "neve marina" - quel miscuglio di plankon morto, alghe, materia fecale, frammenti di gusci e altri detriti.
    Il calamaro vampiro raccoglie le particelle di cibo grazie a due lunghi filamenti coperti di peluria e ne fa dei bocconi usando il muco come collante. Un comportamento che è stato rilevato grazie a riprese subacquee, osservazioni in laboratorio di esemplari in cattività, autopsie ed esami al microscopio.
    "Considerando il suo aspetto spaventoso, e il fatto che tutti gli altri cefalopodi viventi sono predatori, pensavamo che anche il calamaro vampiro lo fosse", spiega Henk-Jan Hoving of the Monterey Bay Aquarium Research Institute (MBARI) in California, uno degli autori della ricerca. "Invece è tutto il contrario".

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    Gli studiosi hanno scoperto che le presunte "zanne" del calamaro vampiro sono in realtà appendici carnose dette cirri. Servono a portare nella bocca del mollusco le "polpette" di muco e detriti marini che costituiscono la sua dieta.

    Si tratta di caratteristiche uniche fra i cefalopodi, che in genere cacciano prede vive, dice Hoving.

    Ad esempio, i due sottili filamenti con cui si nutre si sono evoluti da due tentacoli, mentre le ventose sulla punta dei tentacoli "sono molto diversi da quelli del polpo: non servono ad attaccarsi, ma a secernere muco", spiega Hoving.


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    Il calamaro vampiro sembra condurre una vita molto più tranquilla rispetto ai voraci cefalopodi suoi simili.

    Anziché dover andare a caccia di cibo, il calamaro vampiro si limita a raccogliere frammenti trasportati dalla corrente.

    E poiché vive nell'oscurità delle profondità marine dove l'ossigeno scarseggia e dove poche altre creature riescono a sopravvivere, non deve sprecare troppe energie per sfuggire ai predatori.


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    immagini per gentile concessione MBARI
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  10. gheagabry
     
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    Perché i polpi fanno l’inchiostro



    Alcuni degli animali più affascinanti che vivono negli oceani sono i cefalopodi, una classe di molluschi che comprende i polpi, le seppie e i calamari, tra gli altri. Ci sono varie ragioni per essere affascinati da questi animali, prima fra tutte il fatto che abbiano un cervello di gran lunga molto più sviluppato di quello degli altri invertebrati, come si può intuire guardando alcuni video; poi c’è il fatto che sanno cambiare colore molto velocemente e che hanno più di un cuore. Tra le ragioni per cui i cefalopodi sono più noti c’è anche la capacità di spargere una sostanza nera, comunemente chiamata “inchiostro”, per confondere i propri predatori e riuscire a fuggire. Sul Guardian, Mark Carnall, il direttore delle collezioni zoologiche del Museo di storia naturale dell’Università di Oxford, ha spiegato di cosa è fatto l’inchiostro dei cefalopodi e tutte le altre cose che sappiamo per ora sul suo uso da parte di questi animali.
    Già nell’antichità si sapeva che le seppie sapevano spargere l’inchiostro: Aristotele descrisse il loro comportamento dicendo che usavano il liquido scuro per nascondersi e ipotizzò che lo facessero per paura. Circa quattrocento anni dopo Plinio il Vecchio avanzò l’ipotesi che l’inchiostro spruzzato dalle seppie fosse il loro sangue. In tempi più recenti, studiando i cefalopodi da vicino, abbiamo scoperto che l’inchiostro viene prodotto in una sacca apposita da una ghiandola. La sacca è collegata al retto attraverso uno sfintere ed è dal retto che l’inchiostro viene espulso. Prima dell’espulsione, si mescola a un muco prodotto da un altro organo. Carnall chiarisce subito una cosa importante che forse vi starete chiedendo: il nero di seppia che mangiamo non contiene il muco, perché viene estratto direttamente dalla sacca per l’inchiostro.
    Dal punto di vista chimico ci sono ancora alcune cose che non sappiamo sul muco e sull’inchiostro: solo quello di alcune specie è stato studiato e ci sono circa ottocento specie di cefalopodi. Oggi sappiamo che l’inchiostro è fatto di tipi di melanina (quei pigmenti naturali responsabili anche del colore della pelle, dei capelli e degli occhi umani, tra le altre cose), enzimi per la produzione di melanina, catecolamine (quel gruppo di sostanze di cui fa parte l’adrenalina), peptidoglicani (che è la cosa che rende rigide le cellule), aminoacidi e metalli. Grazie alle sue caratteristiche l’inchiostro dei cefalopodi è stato usato per vari scopi nell’industria farmaceutica, per esempio per produrre farmaci anti-retrovirali.



    Per quanto riguarda le funzioni dell’inchiostro per i cefalopodi, non si limitano all’effetto sorpresa che confonde i predatori oscurandone la vista: è stato osservato che modulando l’espulsione di inchiostro e mischiandolo in diversi modi con il muco, alcuni cefalopodi riescono a “disegnare” una forma simile a quella del loro corpo che funziona come una specie di ologramma e confonde ancora di più i cacciatori. In altri casi l’inchiostro viene espulso in lunghi filamenti che si pensa illudano i predatori di trovarsi davanti a una medusa, cioè a un animale velenoso. Un altro uso dell’inchiostro viene praticato dalle seppie: lo aggiungono alle proprie uova, per nasconderle meglio e proteggerle.
    Pare che in alcuni casi l’inchiostro abbia un effetto di disturbo sulle branchie dei pesci e alcuni cefalopodi studiati in piccoli recipienti in laboratorio hanno mostrato di provare fastidio stando in contatto con il proprio inchiostro. Per esempio nell’inchiostro del polpo Hapalochlaena lunulata è presente la tetradotossina, una tossina tossica che diffondono anche con i propri morsi.



    Non tutti i cefalopodi comunque hanno una sacca per l’inchiostro: non ce l’ha nessuno dei polpi del gruppo Cirrina, che vivono molto in profondità negli oceani, e nemmeno i nautiloidi, gli unici cefalopodi ad avere una conchiglia. In alcuni gruppi la sacca c’è ma ha dimensioni ridotte, oppure è vestigiale, come l’appendice dell’intestino umano, che è ancora lì pur non avendo nessuna funzione. Studiando i fossili di cefalopodi – in alcuni casi di specie estinte – si è scoperto che le sacche per l’inchiostro c’erano già 330 milioni di anni fa. Dalla maggior parte dei fossili è impossibile scoprire di cosa fosse fatto l’inchiostro degli antichi cefalopodi, ma nel 2012 gli scienziati sono riusciti a ottenere qualche informazione in merito da un fossile vecchio 160 milioni di anni: si è scoperto che anche allora l’inchiostro dei cefalopodi conteneva melanina.
    Lo studio dei fossili è importante per capire attraverso quale processo evolutivo i polpi e le seppie siano diventati in grado di espellere l’inchiostro. Per ora però non ne sappiamo molto. Una delle teorie che sono state proposte è che inizialmente la melanina, che ha l’effetto di dissipare le radiazioni ultraviolette che arrivano dal sole, servisse per proteggere gli occhi o la pelle dei cefalopodi dalla luce, e che poi nel tempo si sia sviluppata una sacca per l’inchiostro: ma non ci sono prove che sia andata così e lo stesso Carnall è molto scettico in merito. I polpi dovranno essere studiati ancora a lungo perché possiamo formulare teorie migliori su di loro.




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