NORMANNI

popolo del nord

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  1. gheagabry
     
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    Per tre secoli i vichinghi terrorizzarono il mondo: scoprirono la Groenlandia e raggiunsero l'America, colonizzarono l'Islanda e saccheggiarono l'Irlanda, misero a ferro e fuoco la Francia, sedettero sul trono Russo, entrarono a Bisanzio e conquistarono l'Inghilterra. Uscirono poi dalla storia, ed entrarono nella leggenda, I popoli da loro sottomessi, raccontarono, per primi, l'epopea dei guerrieri venuti dal mare.....Contemporaneamente al loro declino cominciò ad affermarsi un nuovo popolo, discendente dai vichinghi stessi. Un popolo che, a sua volta, inquietava l'Europa.....




    I NORMANNI





    Il popolo normanno fu per lungo tempo confuso, dagli etnologi e dagli antropologi del passato, con l'etnia vichinga, causa le somiglianze non soltanto fisiche e biologiche tra le due etnie ma anche per le loro similitudini culturali, di usi e di costumi di vita...i Normanni ("north mans") furono chiamati dagli europei alto-medievali gli "uomini del nord" affini, per stirpe, alle popolazioni germaniche. Sembra che fossero anticamente calati nel continente europeo dalle originarie regioni scandinave, spinti sui mari settentrionali a procurarsi sostentamento attraverso scorrerie navali e divenendo in poco tempo l'incubo degli abitanti delle coste della Gran Bretagna e della Francia settentrionale.
    Dal secolo VIII si stanziarono quasi definitivamente in Francia, tra la Bretagna e la Piccardia, una regione che da allora prese il nome di Normandia. Da qui mossero verso le isole britanniche e, per terra, verso l'Italia meridionale (Sicilia, Sardegna, Calabria e Puglia)...
    Intorno alla seconda metà del secolo IX, per due volte batterono militarmente i Franchi giungendo a saccheggiare Parigi e l'intero territorio della Borgogna. Nel 911 costituirono un proprio ducato in quella regione con Carlo III il Semplice. Nel 1066 batterono l'esercito coalizzato britannico nella memorabile battaglia di Hastings: in questo frangente un capo normanno, Guglielmo il Conquistatore, approfittò delle logoranti e continue lotte intestine tra le popolazioni britanniche degli Angli e dei Bretoni, dei Sassoni e degli Juti, per imporre con la forza delle armi il proprio dominio territoriale.
    Dopo Hastings, Guglielmo poté diventare il padrone incontrastato delle Isole Britanniche. Nel frattempo, le tribù normanne che erano rimaste in Scandinavia si costituirono in regno. Formarono in questa maniera il Regno di Norvegia ed il Regno di Danimarca. Successivamente il sovrano Knut il Grande estese l'egemonia normanna su tutti i mari dell'Europa settentrionale....altre tribù normanne calate nel continente crearono i principati di Kiev e di Novgorod giungendo fino alle sponde del Mar Nero e cingendo d'assedio anche la metropoli di Costantinopoli nell'anno 886. Un capo normanno di nome Rurik il Grande, fu l'artefice di questa espansione nell'Europa orientale..Da lui prese nome il vastissimo territorio conquistato, che successivamente fu chiamato Russia.




    ...............Ruggero II ..............


    E’ nato a Mileto o in Sicilia Ruggero il Normanno?
    L’interrogativo, a distanza di novecento anni, si pone ancora anche per il fatto che non sono poche le città siciliane che contendono alla Calabra città di Mileto il vanto di aver dato i natali al “gran Re” di Calabria e di Sicilia.
    Per alcuni storici, e non solo siciliani, il luogo di nascita di Ruggero II viene localizzato nella terra di Trinacria, mentre per altri studiosi di storia normanna il gran Re non solo sarebbe nato a Mileto il 22/12/1095 ma ivi anche battezzato da San Bruno (il fondatore dell’Ordine dei Certosini) nella splendida chiesa di San Martino...A darci per primo notizia della nascita a Mileto di Ruggero II fu proprio Goffredo Malaterra, il monaco benedettino di origine normanna, nominato da Ruggero I biografo di corte, nella importante cronaca dei normanni: “De rebus gestis Rogerii Comitis”, cronaca riportata dallo storico Ludovico Muratori in “Rerum Italiacarum Scriptores”.
    In epoca più recente storici come il Lenormant, Barrio, Didier, Calcagni, Pipemo, Taccone Gallucci, Pititto, Naccari, Franco Pata ed altri ritennero storicamente seria la notizia secondo la quale “nel corso delle vittorie contro i Principi longonbardi ed altri nemici potenti, giunse al conte Ruggero novella di essergli nato dalla contessa Adelaide (terza moglie) un figlio in Mileto il quale fu dal glorioso San Brunone battezzato e fu il primo che poscia s ‘intitolò re di Napoli e di Sicilia”.
    Dunque non solo nato a Mileto ma qui anche battezzato. A questo proposito non dà luogo più a dubbi l’inno di fra Maraldo (testimone oculare al seguito di San Bruno), riferito alla cerimonia del battesimo di Ruggero II svoltasi nella chiesa di San Martino ad opera di San Bruno, essendo testimone il nobile normanno nominato Lanuino: “La cappella, si legge nell’inno, per l’occasione è stata adorna di splendidissimi drappi, in mezzo a numerose personalità e fra i lieti canti, il piccolo Ruggero veniva accostato al lavacro di rigenerazione da San Bruno”. Canta il Maraldo, tra l’altro, nel suo ritmo: “Militensis sit immensis/ Urbis antiqua gaudiis/ Baptizatur et lavatur/ Sacro puer flumine Lanuinus est patrinus /Nobilis Northmanicus/ Tumque sacro de lavacro/Olivo Bruno inungitur! Christo Deo supero/Felix omen, tenet nomen/Puer hic Rogerius /Canunt omnes, stant insomnes/Metris jubilantibus/ Ardet Forus, gaudet Thorus/Nimio prae gaudio/Melitensis nani Ostensis Gaudebat Ecclesia/ Quia tapete cum abiate/ exornata cernitur/ Miletensis fit immensis Urbs antica guadiis!/ Chorus Laetus ac discretus/ Laeta ludit carmina / Comes orat, et exorat/ Brunum Alemannicum /Nam tenetur, ut ligetur illius devotio.
    La notizia del battesimo a Mileto di Ruggero II è pure attestata in due carte di donazione concesse da Ruggero I ai Certosini di S. Stefano del Bosco in Serra, carte redatte “in cappella Sancti Martini, quae sita est in medio Civitatis Mileti.
    Mentre è documenta la morte di Ruggero II a Palermo (il 1154), non esiste alcun documento che comprovi la sua nascita in terra di Sicilia.





    .............. l'origine.............



    Al giorno d’oggi molti storici sono d’accordo nel ritenere che la parola " vichingo" sia di origine norvegese, perché nelle fonti contemporanee non scandinave essa ricorre di rado. Le cronache franche usano la parola Normanni , quelle anglosassoni li chiamano Dani e, sebbene questi termini si riferiscano rispettivamente ai Norvegesi e ai Danesi , dai vari contesti risulta chiaramente che erano spesso adoperati per indicare gli uomini del nord in generale. Restano tuttavia dubbi non solo riguardo all’origine del termine, ma anche riguardo al suo effettivo significato. Infatti sono tanto numerose quanto diverse e contrastanti le teorie che cercano di spiegare il significato etimologico della parola " vichingo". Alcuni studiosi, come il celebre linguista svedese Bugge, hanno attribuito al termine un’origine anglosassone: "vichingo" deriverebbe dall’anglosassone "Wic" (cfr. latino), che significa "accampamento". Secondo questa teoria i Vichinghi sarebbero quindi stati, per gli anglosassoni, la "gente accampata". Secondo un’altra teoria, i Vichinghi sarebbero stati "abitanti delle città" e, poiché gli abitanti delle primissime città erano mercanti-marinai pronti a trattare gli affari sia a suon di moneta che con le armi, il passaggio al significato "pirata" non sarebbe improbabile. Altre ipotesi non mancano. Per esempio, che la parola sia da ricondursi a vikja cioè "muoversi, girare , passare", il che fa venire in mente un pirata che fugge con il suo bottino. Vi è anche una singolare tesi , secondo la quale il primo elemento di Viking deriva dal verbo vikja, "girare da una parte", "deviare". Perciò viking, come sostantivo femminile, in origine significava deviazione, allontanamento; mentre come sostantivo maschile significa "colui che devia, che si assenta da casa". Ma questa acuta etimologia, che si sposa così bene con l’attuale concezione del vichingo, non ha trovato, secondo J. Broendsted, ancora vasta approvazione sebbene meriti di essere presa in considerazione.


    ......... nei poemi........



    Il vento freddo guidò velocemente
    La prua nera della nave
    i vascelli rivestiti in ferro
    Tennero i loro splendidi alberi maestri
    il grande re vide brillare in lontanaza
    i tetti di metallo della citta (Bisanzio)
    - poema di Haraldr scritto (re Handrada III) alla Regina -





    Ar vas alda, that er ekki var, vara sandr né sær né svalar unnir;
    iördh fanns æva né upphiminn, gap var ginnunga, en gras hrvegi.



    Era l'antico tempo, in cui non c'era niente, nè sabbia nè mare nè fredde onde;
    di terra non ce n'era nè c'era l'alto cielo, si spalancava nel vuoto, ed erba da nessuna parte.



    ...l'autore si accinge a descrivere una sorta di genesi del mondo, e ha descritto infatti cosa c'era...quando ancora non esisteva nulla. La Völuspá infatti, che significa "La profezia del veggente", racconta la creazione del mondo e la sua fine secondo i miti scandinavi, narrata tramite una sorta di discorso che una völva, cioè una maga/divinatrice, fa ad Odino, uno degli dèi più conosciuti di questa cultura.





    ......una leggenda........



    Dalla costa calabra che da sullo Stretto di Messina si assiste, molto raramente in verità, ad un fenomeno ottico-meteorologico per cui la costa siciliana appare non solo ravvicinata ma anche riflessa al centro dello stesso mare.
    Il fenomeno deriva da un'irregolare distribuzione dell'indice di rifrazione in alcuni strati dell'aria e si verifica raramente in quanto occorre la combinazione di molti fattori atmosferici ed ambientali. Quando questo fenomeno si verifica oltre alla costa siciliana riflessa nelle acque si vedono anche le case, le persone e gli alberi.
    Il fenomeno è visibile solo dalla costa reggina, quella che fu definita da D'Annunzio "il più bel chilometro d'Italia": un luogo magico, in grado di regalare ai fortunati passanti un vero e proprio incantesimo opera di una fata. È detto infanti della "Fata Morgana" o "Fata delle Acque" e viene abbinato a Morgana fata di Scin, figura celtica, sorellastra e amante di Artù che possedeva il dono dei giochi d'aria e d'acqua.
    Anche questo il ponte ci toglierà.
    Molte sono le leggende fiorite attorno a questo raro e fascinoso evento ma quella più conosciuta, si riferisce a Ruggero il Normanno. È tradizione nel messinese che Ruggero, un giorno di settembre dell'anno 1060, passeggiasse solitario su una spiaggia della Calabria e guardando la costa peloritana meditava sul modo migliore per poter conquistare la Sicilia, allora occupata dagli Arabi che ne avevano fatto una terra ricca e prosperosa e quindi appetibile. Qualche tempo prima, alcuni cavalieri messinesi erano riusciti a raggiungerlo a Mileto e gli avevano esposto il desiderio della gente siciliana di averlo come liberatore e signore.
    Ciò non tanto perché gli Arabi si comportassero da usurpatori o tiranni della povera gente, anzi molto avevano fatto per la Sicilia, per renderla prospera e indipendente, ma perché ultimamente i loro Kaid erano entrati in guerra tra di loro e ciò era causa di stragi, razzie e disordini e a farne le spese erano tutti i Siciliani, ricchi o poveri che fossero. Ruggero, in Sicilia, vi era stato un'altra volta, dal 1038 al 1040, con Giorgio Maniace, generale bizantino che Michele IV, imperatore di Bisanzio, aveva inviato nell'isola con il compito di cacciare gli Arabi e di riportarla sotto la sua sovranità.
    Allora quel tentativo, pur se inframmezzato da piccoli successi era fallito, anche perché i Normanni, insoddisfatti di come procedeva la spartizione del bottino di guerra, si erano dissociati dall'impresa e se n'erano tornati nell'Italia meridionale e in Calabria. Ora Ruggero, pregato dai Messinesi e dal kaid di Catania (che era entrato in contrasto con altri kaid arabi della Sicilia) pensava di ritentare la conquista dell'isola, cacciando i musulmani che la detenevano da quasi duecento anni e di ricristianizzarla in senso latino.
    L'impresa che Ruggero meditava si presentava difficile e rischiosa anche perché poteva contare solo su uno sparuto gruppo di cavalieri e fanti. Narra la leggenda che mentre era intento a meditare su queste cose e a respirare l'intenso odore di zagara che proveniva dagli aranceti in fiore, gli parve udire una musica di guerra, intramezzata da lamenti e sospiri di schiavi, e musica felice. Ruggero si fermò incuriosito e poiché abitava lì nei pressi un vecchio e saggio eremita, Ruggero vi si diresse e, dopo averlo cortesemente salutato, gli domandò notizie su quel fatto così misterioso ed insolito. L'eremita allungò il braccio e con un dito gli indicò la costa siciliana.
    - Lì gli aranci sono in fiore... - gli disse - Lì c'è musica ma anche pianti... Lì ballano i saraceni e piangono i cristiani! Dicono che sei potente e cristiano... Perché non combatti e muori per la tua fede?
    Ruggero non seppe che rispondere, continuò a passeggiare pensieroso. D'un tratto, davanti a lui, il mare prese a ribollire e dalla spuma apparve la testa di una bellissima donna, era Morgana, la fata, sorella carnale di re Artù. Essa ha nel mondo varie regge ma qui, proprio in mezzo allo Stretto, ha il suo più bello e antico palazzo, meta di tutte le fate e maghe del Mediterraneo. Essa, a poco a poco, emerse e Ruggero la vide salire su un cocchio bianco-azzurro tirato da sette cavalli bianchi con la criniera azzurra. Morgana stava per muoversi verso sud, quando vide Ruggero passeggiare sulla spiaggia a passi lenti.
    - Che pensi, o Ruggero? - gli gridò Morgana dirigendosi verso di lui - Se è come immagino, salta sul mio cocchio e subito ti porterò in Sicilia, assieme ad un possente esercito...
    Ruggero sorrise e salutò Morgana poi, gentilmente ma con fermezza rispose:
    - Io ti ringrazio, o Morgana, ma non posso accettare il tuo aiuto. Ma se la Madonna che amo e i santi che mi proteggono mi daranno la loro benedizione, io andrò alla guerra sul mio cavallo e trasporterò l'esercito con le mie navi e vincerò per valore e non per gli incantesimi di una fata.
    Allora Morgana agitò tre volte in aria la sua bacchetta magica e lanciò in acqua tre sassi bianchi.
    - Guarda, o Ruggero, la mia potenza!...
    E in quel punto apparvero sull'acqua case e palazzi, strade e ville, e tutta la costa siciliana apparve così vicina da poter essere raggiunta solo con un solo salto.
    - Eccoti la Sicilia! Salta su di essa, raggiungi Messina ed io farò in modo che in essa troverai il più forte e il più numeroso esercito che tu abbia mai avuto in battaglia.
    Ruggero anche se meravigliato da tanto incantesimo rifiutò ancora l'offerta.
    - O Morgana! Tu sei una grande fata, degna della stirpe da cui discendi. Ma non sarà con l'incantesimo che io libererò la Sicilia dal paganesimo. Essa mi sarà data da Cristo nostro signore e da sua madre, la Vergine Maria che io ho già scelto e adottato come madre mia divina. Ma grazie, per il pensiero...
    Morgana non attese di più , agitò nuovamente la sua bacchetta magica e i castelli, le strade e le ville sparirono di colpo, il suo cocchio si mosse veloce trainato dai sette cavalli verso le spiagge dell'Etna.
    Ruggero, come sappiamo, sbarcò poi in Messina nella primavera del 1061 e in circa 30 anni di guerra, spesso condotta con accanimento e ferocia, senza esclusioni di colpi, riuscì a strappare la Sicilia, una delle terre più ricche e più progredite di quel tempo, ai musulmani.
    - liberamente tratto da "Miti e leggende di Sicilia" di S. Greco -






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